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I cavalieri del Nord-Ovest

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di Roberto Lasagna

di Roberto Lasagna

Rincorsa alle ombre. Scritti di cinema

ed il rivoluzionario che canta accompagnandosi con la chitarra (canto che, anche perché ritornerà ad accompagnare la morte dell’eroe, ha un valore lirico a parte il fatto che l’idea di riso e del suo impiego sembra derivata almeno a noi, dal cinema messicano, segnatamente da Enamorada).Alla coerenza dei personaggi nuoce, s’è detto, l’esteriorità di certe soluzioni romanzesche; e ciò è peccato, in quanto pregiudica un’opera vigorosa, ricca pure linguisticamente. La lingua di Huston è costruita in parte su modelli di film-gangster in parte sulle opere messicane. Ma è stata rielaborata da una forte personalità, e lo si comprende dall’ uso ch’egli fa dell’illuminazione e dei mezzi plastici in funzione psicologica (vedi seduta al Senato di Cuba) e dalla scelta delle angolazioni, sempre accuratissima. Doti che, in Stanotte sorgerà il sole, appaiono più che nelle opere precedenti: e questo dato di fatto può, senz ’altro, ragguagliare sulla notevole importanza dell’opera. (Ottobre 1950)

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I cavalieri del Nord-Ovest

regia: John Ford

Ne i Cavalieri del Nord-Ovest sono individuabili alcuni motivi della poetica fordiana, segnatamente dell’ ultimo Ford. Il capitano Nathan Brittles non è più il leggendario eroe del West, come in un altro senso non lo era il colonnello Thursday, ma piuttosto un uomo soggetto a tutte le debolezze e le meschinità umane; l’atteggiamento che l’artista prende nel confronto degli indiani e favorevole: Nathan, l’ uomo bianco, e Pelle di Volpe, il pellerossa sono posti sul medesimo piano in quanto cacciarono assieme il bufalo ed assieme si ubriacarono, ed ora sono entrambi vecchi e stanchi, inetti per la guerra. Immutata è la “simpatia” di Ford per l’esercito, per la “servitù e grandezza militari” , la comprensione per i problemi dei “sacrificati” (l’abito borghese è chiamato ironicamente “ vestito da prete”; e sulla vita militare il capitano fa amare considerazioni: “quando si è comandanti di uno squadrone sono in cento ad ubbidirti e servirti; ma il giorno dopo che sei andato in pensione, il maniscalco ti fa un gran piacere se ti ferra il cavallo”), la polemica con-

Guido Gerosa

tro le accademie militari e le scuole di guerra, i pivellini, i “primi della classe” contrapposti ai soldati formati nell’esperienza. E c’è anche, nel film il Ford poeta della storia, l’artista che alimenta la poesia con la fedeltà alla storia introducendo per incidente personaggi ed eventi (Custer, Sheridan Ulysses Grant presidente degli Stati Uniti, la Guerra di secessione) che danno un senso di concretezza storica alla creazione fantastica; ed è il Ford poeta nazionale, che comprende l’importanza della colonizzazione americana e fa l’apoteosi dei cavalieri del Nord-Ovest, che “dovunque andarono fecero la terra ove si svolgevano le loro imprese terra degli Stati Uniti” . Ma nella filmografia di Ford l’opera in questione è poco più di un’opera minore per la scarsità che vi si nota di analisi e rigore psicologico dei personaggi, per lo più convenzionali. Una figurina della quale Ford avrebbe potuto ricavare molte notazioni, quella di Olivia, - interpretata con freschezza e semplicità da Joanne Dru che ricorderete protagonista de Il fiume rosso - riesce piuttosto fredda, ridotta ad una stupida schermaglia amorosa con due pretendenti, ricalcata pedestremente dalla ragazza che c’è in Western Union (Fred il ribelle, 1941) di Lang. Solo per un momento acquista vitalità: quando, vedendo che il giovane da lei amato sta per rischiare la vita, cessa di stuzzicarlo, di ingelosirlo e lo bacia piangendo.

Mancando l’ unità interiore dei sentimenti, il racconto è tutto esteriore, concepito come un romanzo d’avventura alla maniera di Salgari, Mioni, Cooper. Lo stile è quello solito di forti, riscontrabile nell’ uso dei movimenti di macchina nel modo di rappresentare il movimento attraverso il ritmo interno del quadro. Non mancano brani di singolare bellezza formale: le sfilate dello squadrone, l’avvistamento degli Arrapaohes in marcia della pianura, il guado del fiume. Ma sono parole cinematografiche prive di valore intrinseco, avulse da un contenuto umano quale c’era in Ombre rosse: parole senza un significato, come accade da un decennio nella produzione americana. Ma in questi tempi si sta verificando il mutamento: e forse l’opera di transizione è Cristo fra i muratori che, se non altro, ha il merito di dare alla vecchia parola cinematografica un contenuto, un concetto da esprimere, una dignità rinnovata. (Novembre 1950).

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