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SCENARI/WHITE SPIRITS

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MERCATO/IRI

MERCATO/IRI

SCENARI/WHITE SPIRITS

IL RE DELLA MIXOLOGY

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IN UNO SCENARIO CHE VEDE I WHITE SPIRITS ASSOLUTI PROTAGONISTI, CON CONSUMI IN ALCUNI CASI PERSINO SUPERIORI AI LIVELLI PRE-COVID, IMPERVERSA LA MODA DEL GIN CHE FA LA PARTE DEL LEONE CON UNA CRESCITA DEL’86% A VOLUME E DEL 98,3% A VALORE

DI VITTORIO FERLA

L’onda lunga del gin non si ferma. È lui – e non da oggi – il distillato protagonista assoluto nel fuori casa, anche se va detto che quasi tutto il mondo degli spirits vive una stagione favorevole. “Si tratta di un mercato in fortissima crescita – afferma Mario Carbone, Account Director di Iri –. Rispetto al pre-Covid, nel 2021 si è registrato +8,1% a valore, contro un -2,5% a volume. Le vendite si spostano sempre più verso i

white spirits, vodka esclusa, con +43,7% in termini di giro

d’affari 2021 rispetto al 2019”. A quantificare l’importanza degli spirits è Lucio Roncoroni, Direttore Generale di Cda. Nel caso del consorzio – che dichiara di detenere il 25% del fatturato totale del beverage nazionale e il 24,3% del mercato superalcolici compresi aperitivi e vermouth – l’incidenza a valore del fatturato Horeca è per il 49% legato al mercato diurno, per il 32% alla

ristorazione e per il 19% al mondo della notte. “In questo ambito merceologico – precisa – riscontriamo un aumento più del fatturato (+40%) che dei volumi (+15%). In pratica, si vendono bottiglie di maggior valore”.

I PRINCIPALI PRODOTTI

Focalizzando l’attenzione sui white spirits, la parte del leone la fa ovviamente il gin, che per la distribuzio-

ne Horeca rappresenta un sell out

intorno agli 80 milioni di euro. “Le vendite – chiarisce Carbone – sono raddoppiate nel 2021 rispetto all’anno precedente: la crescita è stata dell’86% in quantità e del 98,3% in fatturato”. Sul secondo gradino del podio si colloca il rhum: a fronte

di una sostanziale stabilità dei volumi nel canale grossisti (-0,8%) sul 2019, il distillato realizzato con zucchero

di canna è salito del 10,8% a valore. Più nel dettaglio, gli addetti ai lavori segnalano buone performance per i rhum invecchiati e una flessione per i bianchi. Positivo il risultato della tequila (+42,4% in quantità e +58,1% sotto il profilo del giro d’affari) che conta meno nelle scelte dei consumatori, ma qualifica parecchio la propria offerta. Pesa pochissimo la cachaça (peraltro in calo: -12% a volume e -5,4% a valore rispetto al 2019) ed è ancora in difficoltà la vodka, progressivamente rimpiazzata dal gin nei cocktail (-16% a volume e -5,5% a valore). Bassa anche l’incidenza sul totale della tequila (2,5-3%), penalizzata dalla carenza di agave, la sua materia prima. “Quanto

alla grappa – riprende l’Account Director di Iri – paga l’essere polverizzata tra tanti piccoli produttori in assenza di

una grande industria. Il consorzio da poco creato potrebbe realizzare un disciplinare nella speranza di svilupparne i consumi. In generale, la categoria white spirits ha comunque superato i risultati del pre-Covid e il mercato dipende molto dai trend creati dai grandi produttori di bevande alcoliche”. Ad aumentare è la richiesta di referenze con un posizionamento più alto: “Prima una bottiglia di gin

costava mediamente 11 euro in termini di prezzo di vendita al locale – dice Roncoroni –, ora questa cifra è raddoppiata, se non

triplicata. Il consumatore ha voglia di gratificarsi. Durante le chiusure provocate dalla pandemia la gente ha risparmiato e ora ha più da spendere. Resta da capire se la tendenza sarà confermata in futuro”.

PIÙ REFERENZE A MAGAZZINO

“Il consumatore italiano nel locale serale spende cifre elevate – concorda Carbone –. Un cocktail costa 10, 12 o 15 euro, quindi chi lo sceglie vuole un prodotto di qualità. Di riflesso, c’è più marginalità per tutta la filiera. Le marche sanno bene che è la mixology a guidare il mercato e cavalcano il trend, affiancando anche gli analcolici da miscelazione come tonica e ginger. Questo comporta che sul piano dell’assorti-

mento ci sia un incremento degli spirits nei magazzini, a fronte di una razionalizzazione delle birre che hanno

perso quote”. Secondo i dati Iri, le referenze medie settimanali in magazzino nel settore ‘spirits+aperitivi’ lo scorso anno sono ammontate a 264, con un +45 rispetto al 2020. Ancora una volta è da

rimarcare la crescita esponenziale del gin con 38 referenze medie settimanali (+9 rispetto al 2020). “Un fenomeno che, tuttavia, dovrebbe prima o poi fermarsi – avverte Carbone – forse a vantaggio del whisky. Le mode vivono dei cicli e vengono soppiantate da altre, ma molto dipenderà dalle scelte promozionali delle aziende produttrici”.

IL RUOLO DEI DISTRIBUTORI

Dal punto di vista dei distributori, Roncoroni racconta che “Il gruppo Cda tratta 27mila referenze gestite a magazzino dai soci e il 70% del fatturato è realizzato da 150 di quelle referenze, mentre il mondo degli spirits vale il 16,9%. Abbiamo rapporti con 590 produttori di superalcolici e 128 di aperitivi e vermouth, per un totale di 8.600 referenze. Quanto ai white

spirits, incidono il 15% sul fatturato di un distributore medio nella famiglia

dei superalcolici”. Viene fatta un’adeguata selezione da parte dei grossisti? “Ni – risponde il Direttore –, ma andrebbe condotta in una logica di efficacia ed efficienza. Prima del Covid la realtà era tranquilla e pianificabile. Ora invece bisogna lavorare molto di più sul digitale e sulla comunicazione. Il problema del distributore è capire se ha a disposizione persone capaci di proporre il prodotto. Spesso il mondo dell’Horeca è più preparato rispetto a chi vende. Il pubblico esercizio ha bisogno certamente di prodotti e di consegne puntuali, ma anche di conoscere le novità e di comprendere come si usano. Insomma, il distributore deve essere un consulente. Chi gestisce un bar, infatti, è un imprenditore e ha bisogno

di concretezza. È necessario alzare l’asticella, capire che si deve dare un servizio. Nella presentazione di un gin c’è un

mondo da raccontare, ecco perché ci vuole più forma-

zione e professionalità. Occorre poi una figura di business analyst in grado di leggere i dati e cogliere le tendenze del mercato”. La distribuzione Horeca è insomma alle prese con il cambiamento: “Gli operatori hanno capito che gli alco-

lici offrono più opportunità degli analcolici – sottolinea

Carbone – e stanno qualificando la loro clientela, perché il bar serale e il mondo I best seller nei white spirits della notte promettono Quota % più valore. Inoltre, in vari a valore su hanno aperto scuole di

categoria

formazione per bartender che favoriscono le vendite e fidelizzano i clienti”. Da ultimo, così come in qualsiasi settore, emergono i timori di rallen-

tamento a causa delle vicende belliche e della

fiammata inflazionistica, che vanno a comprimere il potere d’acquisto del consumatore. Creando effetti persino merceologici: “La guerra in Ucraina accelererà il declino della vodka – profetizza Carbone – innescando una resistenza psicologica e culturale nei confronti del prodotto”. IL GIN È IL DISTILLATO PROTAGONISTA ASSOLUTO “”

NEL FUORI CASA, ANCHE SE VA DETTO CHE QUASI TUTTO IL MONDO DEGLI SPIRITS VIVE UNA STAGIONE FAVOREVOLE

Var. % a valore vs 2020 Var. % a valore vs 2019 Var. % a volume vs 2020

Var. % a volume vs 2019

Gin 41,1 +98,3% +64,4% +86,0% +36,3% Rhum 18,8 +56,2% +10,8% +51,8% -0,8% Tequila 4,5 +110,0% +58,1% +97,9% +42,4% Cachaça 0,5 +49,2% -5,4% +43,9% -12,0% Fonte: Iri – Grossisti Bevande – anno 2021

Spirits, le vendite dei grossisti Quota % a valore su categoria Var. % a valore vs 2020 Var. % a valore vs 2019 Var. % a volume vs 2020 Var. % a volume vs 2019

Spirits 100,0 +56,6% +8,1% +49,3% -2,5% White spirits 37,7 +84,5% +43,7% +74,7% +22,6% Digestivi alcolici 17,6 +34,5% -9,0% +33,1% -10,9% Liquori 17,3 +43,9% -5,2% +40,2% -10,1% Vodka 10,5 +63,5% -5,5% +50,6% -16,5% Whisky 7,1 +44,4% -2,0% +41,0% -8,0% Grappa 6,3 +38,3% -9,4% +35,6% -12,3% Brandy e cognac 3,0 +46,0% +3,7% +40,7% -4,5% Altro spirits 0,3 +47,1% -2,0% +33,3% -14,7% Rtd e rts 0,2 +51,9% +10,7% +39,0% +36,2% Fonte: Iri – Grossisti Bevande – anno 2021

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