Arte, archeologia e storia urbana Collana a cura di Giovanna Sapori 1
Fondazione Camillo Caetani Roma
GIOVANNA IOELE
PRIMA DI BERNINI
GIOVANNI BATTISTA DELLA PORTA SCULTORE (1542-1597) Prefazione di Giovanna Sapori
ROMA 2016 EDIZIONI DI STORIA E LETTERATURA
Prima edizione: febbraio 2016 ISBN 978-88-6372-763-0 eISBN 978-88-6372-764-7
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SOMMARIO
Giovan Battista Della Porta e le occasioni degli scultori di Giovanna Sapori.......
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Introduzione.......................................................................................................
xiii
I.
Giovanni Battista Della Porta e la cultura artistica Cinquecento........................................................................
del secondo
1. 2. 3. 4. 5. 6.
1
A Roma nell’ambiente artistico degli anni sessanta............................. La famiglia degli scultori Della Porta................................................... La felice stagione delle committenze Caetani...................................... «Faceva dei ritratti assai bene»............................................................. I cantieri sistini...................................................................................... Corrispondenze con i Gonzaga............................................................
3 13 53 85 119 135
II. Statue antiche e marmi colorati fra collezionismo e mercato............
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1. Giovanni Battista Della Porta perito per la raccolta di antichità di Lorenzo Fragni................................................................................. 2. La collezione Della Porta e le sue vicende fino a villa Borghese......... 3. La bottega Della Porta nel mercato delle antichità..............................
149 161 179
III. Catalogo delle opere. .............................................................................
187
IV. Appendice documentaria..........................................................................
235
V. Bibliografia e Indici.................................................................................
331
Bibliografia................................................................................................. Elenco delle schede del catalogo............................................................... Indice dei nomi.......................................................................................... Indice toponomastico................................................................................ Elenco delle immagini................................................................................ Crediti fotografici.......................................................................................
333 365 369 381 385 393
Giovanna Ioele, Prima di Bernini. Giovanni Battista della Porta scultore (1542-1597), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2016 ISBN 978-88-6372-763-0 eISBN 978-88-6372-764-7 – www.storiaeletteratura.it
GIOVAN BATTISTA DELLA PORTA E LE OCCASIONI DEGLI SCULTORI
Il libro di Giovanna Ioele mette in primo piano la personalità di Giovan Battista Della Porta sulla base di una nuova esplorazione della scultura romana della seconda metà del Cinquecento. È una scelta non del tutto scontata nella categoria della monografia anche perché una veridica mappa di questo popoloso territorio della storia dell’arte è, grazie agli studi recenti, in corso di definizione, ma restano ancora tratti di confine incerti, particelle indefinite, tracciati provvisori. Le figure di alcuni artisti sono da studiare, non poche sono le opere senza nome o di incerta paternità. Ritratti, monumenti funebri, altari, statue sono opere che in diversa misura richiedevano un consistente investimento. Il successo degli scultori era legato infatti al gusto di una committenza che vedeva nell’opera in marmo o in bronzo, prescelta per conservare memoria, per celebrare, autorappresentare – in un largo registro esteso dal privato al pubblico, dalla devozione alla politica –, i valori aggiunti della lunga durata e della evidenza dell’impegno concreto implicito nei materiali usati e nella realizzazione. La scelta restava esclusiva di una fascia alta o altissima di committenti, tuttavia si può osservare che vi sono casi in cui la passione per la scultura sia moderna che antica appare come caratterizzante l’attività artistica promossa da una famiglia per più di una generazione. Così è per i Cesi che investono nel marmo e nella pietra fino al finanziamento, per loro rovinoso, della Chiesa Nuova. Il fatto che già nella prima metà del secolo facciano realizzare una cappella di sculture in marmo e in bronzo in Santa Maria della Pace che, proprio accanto a quella Chigi, esibisce anche verso la navata un magnifico apparato marmoreo mi ha sempre colpito come un tratto distintivo, originale della loro committenza, in bilancia con le loro celebri collezioni di antichità, nel contesto romano. Il progetto di nuove ricerche, anche in archivio, sulla lunga consuetudine dei Cesi con gli scultori, in vista di grandi opere come la cappella in Santa Maria Maggiore o del frequente restauro di pezzi antichi, affidato a Livia Nocchi, ha già dato dei primi risultati, ora in corso di pubblicazione. Nel libro su Della Porta sono raccolte notizie, indagati temi, aspetti della sua attività per molti versi paradigmatici. Ad esempio, la carriera, che fin dall’inizio si avvia all’interno della famiglia, calata a Roma, come tanti altri maestri della pietra e del marmo, da terre in cui l’arte e i suoi saperi si tramandavano in gruppi legati
Giovanna Ioele, Prima di Bernini. Giovanni Battista della Porta scultore (1542-1597), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2016 ISBN 978-88-6372-763-0 eISBN 978-88-6372-764-7 – www.storiaeletteratura.it
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PREFAZIONE
da vincoli di parentela e/o dalla provenienza da uno stesso villaggio. È una famiglia però che conta personaggi di primo piano: Guglielmo, Giacomo e Tommaso. Così il giovane, al seguito dello zio Tommaso, cominciò da una posizione di favore, tanto che il primo lavoro autonomo è per il giardino della meravigliosa villa tiburtina di Ippolito d’Este. È solo l’inizio, infatti fra i committenti del gratin italiano negli anni successivi si rivolgono a Giovan Battista papi e cardinali, nobili, ricchi borghesi e anche i signori di Mantova. L’importante incarico di partecipare al completamento del rivestimento marmoreo della Santa Casa di Loreto può essere valutato, a mio parere, in tutto il suo valore soltanto alla luce del grande investimento papale confluito sul santuario, nuova fortezza della fede sotto il nome della Madonna. Molti sono i lavori lì intrapresi negli anni Settanta e Ottanta: si costruiva finalmente la facciata e personaggi eminenti davano testimonianza della loro devozione facendo allestire proprie cappelle. Otto Truchses, cardinale di Augsburg, aveva già chiamato Pellegrino Tibaldi a dipingere Storie del Battista per la sua cappella; i duchi di Urbino si rivolsero a Federico Brandani, a Federico Zuccari e a Barocci; Giovan Battista Altoviti, uno dei personaggi più potenti della finanza papale, a Giovanni Antonio Dosio e a Girolamo Muziano. In parte distrutto l’assetto cinquecentesco delle cappelle, staccati gli affreschi e isolato il tempio di sculture, una sorta di gigantesco scrigno che protegge e onora la Santa Casa, è stato reciso il collegamento d’origine del decoro cinquecentesco. Nondimeno si può osservare che in quegli anni la pittura di Muziano e Zuccari per la fusione, raggiunta con un’individuale, originale elaborazione, di equilibri classici e dosati naturalismi può vedersi anche come una sorta di equivalente dei modi di Della Porta a Loreto (ma anche di alcuni suoi compagni di strada). Più tardi il cardinale Enrico Caetani decise di costruire nella basilica una cappella, anzi la sua cappella funebre, affidandosi all’architetto Francesco da Volterra e allo stesso Della Porta, un’impresa di cui nelle lettere precisa tutti i dettagli dimostrandosi committente solerte, esigente e con idee ben precise. Il lungo rapporto di Della Porta con i Caetani si conclude con due opere di impegno differente, ma molto eloquenti: il rivestimento di preziosi marmi colorati della cappella in Santa Pudenziana dello stesso Enrico Caetani, cardinale del titolo, (già studiata nel suo insieme da L. Gori, 2012) e il busto di Onorato IV. Sono iniziative da considerare all’interno di una fase dinamica della committenza dell’antica famiglia che nella seconda metà del Cinquecento diminuisce sensibilmente l’azione fuori Roma, e soprattutto a Fondi e a Gaeta dove aveva raggiunto risultati notevoli, e si concentra nelle chiese e nelle residenze romane. È naturale quindi affiancare a Della Porta, come scultore Caetani, i due pittori – si può dire in senso letterale – della famiglia, perché provenienti dagli smisurati feudi laziali: Girolamo Siciolante di Sermoneta e Scipione Pulzone di Gaeta. Anche nel campo del ritratto essi seguivano due strade alternative a Della Porta ma se li consideriamo nell’alveo del gusto artistico caetano non c’è dubbio che essi compongano un terzetto intrigante per chi studia la committenza e l’arte a Roma in quegli anni. Pulzone dipinse il nobile
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ritratto del cardinale Enrico, ma non si può escludere che fra gli ancora sconosciuti protagonisti di alcuni suoi dipinti potremo identificare altri componenti della famiglia, magari una delle dame di casa, devote e intraprendenti nell’attività artistica – come indica la cappella della Madonna della Strada alla Vallicella con dipinti di Pulzone e Valeriano. Mentre a Siciolante, ritrattista di un classicismo a composizione mista, potrebbe appartenere il ritratto femminile, già in palazzo Caetani a Botteghe Oscure, purtroppo noto solo da una mediocre fotografia, che Adriano Amendola (2010) riferisce a Pulzone e identifica con Isabella Caetani. Nel catalogo delle opere di Della Porta, ben costruito anche con nuove acquisizioni da Giovanna Ioele, compaiono lavori per cardinali e signori o per opere papali. Nel gruppo sistino domina il formidabile apparato marmoreo della cappella in Santa Maria Maggiore, trionfo dell’ultimo valoroso manipolo della scultura cinquecentesca a Roma, dove collaborano anche Sormani, Valsoldo, Olivieri, Antichi, Vacca. Ho già scritto (2012), sulle affinità e differenze della sfortuna della pittura e della scultura del tardo Cinquecento, anche collegata alle sfolgoranti presenze di Algardi e Bernini, di Carracci e Caravaggio. In questa occasione mi sembra naturale scegliere il busto di Onorato Caetani, scolpito da Della Porta, come espressivo esempio di quella ricca produzione per decenni messa tra parentesi come opera di bravi scalpellini o poco più. Con la sua ruvida, quasi ferina presenza, esaltata dalla resa tecnica e cromatica, il busto mette sotto gli occhi quanto quegli scultori fossero avanzati nella ricerca di una verità fragrante del ritratto immediatamente coinvolgente. È chiaro che una sempre più approfondita conoscenza della scultura del pieno Cinquecento risulterà certamente utile per fluidificare sempre meglio il passaggio a Algardi e a Bernini, nulla sottraendo alla loro sublime diversa qualità. È anche vero che alcuni ritratti di Giovan Battista, come quello, di fine resa, di Onofrio Camaiani possono apparire ‘ineloquenti’, carattere sottolineato da Ioele, ma credo che l’ineloquenza, così frequente nello statuto della scultura – e di molta pittura – del tempo, debba considerarsi come risultato di una generale tendenza al controllo degli effetti e quindi come una delle forme della ricorrente aspirazione ad uno stile ‘classico’ di ordine e armonia. Giovan Battista Della Porta era anche un conoscitore di marmi e pietre pregiate e un virtuosistico creatore di commessi marmorei, come mostrano le sue opere e come raccontano i documenti, pubblicati nel libro, nei quali sono precisati dettagliatamente forme, colori e qualità dei materiali (ed anche i prezzi), innanzitutto quelli pertinenti la cappella Caetani a Santa Pudenziana, opera di punta del nuovo gusto polimaterico e politecnico per il rutilante dispiegamento delle arti del marmo, della pietra e dello stucco – e dell’affresco – sotto l’insegna dell’antico classico e paleocristiano (Sapori 2012). È un gusto che si sviluppa particolarmente in questo periodo e ad esso si lega un altro settore della attività e delle abilità degli scultori e dei loro teams, la produzione degli studioli, dei tavoli ed altri arredi commessi di pietre pregiate e anche ornati di statuette e rilievi in metallo. Magnifici esemplari creati a Roma tra Cinquecento e Seicento per le grandi famiglie romane e migrati in numero
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PREFAZIONE
sorprendente in Inghilterra già all’epoca dei Grand-tourists, sono oggetto di un bel libro di S. S. Jervis e D. Dodd (Roman Splendour. English Arcadia. The English taste for Pietre Dure and the Sixtus Cabinet at Stourhead, Londra 2015). La dice lunga il fatto che un capolavoro come il monumentale, lussuosissimo studiolo di Sisto V (Stourhead, Witshire, National Trust), già nella galleria di villa Peretti Montalto, analizzato a fondo nel libro anche dal punto di vista dei modelli, della costruzione, delle tecniche e dei materiali, sia un’opera senza nomi. Fra gli artisti che sono stati chiamati in campo per le piccole statue in bronzo compaiono personalità, i cui nomi ricorrono nella monografia su Giovan Battista Della Porta, oltre a Guglielmo Della Porta, quelli di Cobaert, i cui modi mi sembra possono effettivamente riconoscersi in una parte dei bronzetti, di Flaminio Vacca e Pietro Paolo Olivieri, che con Giovan Battista Della Porta lavorarono alla mostra della Fontana del Mosé. Mi sembra utile perciò riproporre all’attenzione un tavolo di commessi ancora a Palazzo Caetani (L. Gori, in «Bollettino della Fondazione Camillo Caetani», 2013, pp. 36-38) da aggiungere al consistente gruppo di produzione romana pubblicato da Jervis e Dodd. La pratica quotidiana, diretta, tattile di Giovan Battista comprendeva anche i materiali antichi, egli esercitava occhi e memoria per scegliere, valutare colori, superfici scabre o polite, venature e difetti, patine, forme e tagli per attacchi e assemblaggi. Era frequente che lo scultore, basta ricordare – restando in famiglia – Gugliemo Della Porta, fosse anche un restauratore e un mercante di sculture antiche e Giovan Battista divenne uno dei più reputati conoscitori antiquari al quale ricorrono anche i Caetani e i Gonzaga. Giovanna Ioele si è dedicata sia alla ricerca sul campo, a cominciare dalle chiese romane e non, sia a quella di archivio riunendo e rivedendo documenti già trascritti o solo segnalati e aggiungendone molti nuovi, documenti che con la loro straordinaria ricchezza di dati formano un bedrock che si allarga da Della Porta ad un’area molto più estesa. Inventari e lettere offrono un ricco contributo alla conoscenza della raccolta di antichità che straripava dalla casa di Giovan Battista e per la quale gli eredi chiedevano una somma enorme. È indicativo che tra gli aspiranti compratori Aldobrandini, Gonzaga e Borghese fu quest’ultimo a prendere il blocco dei pezzi più strepitosi. Altri documenti aiutano ad approfondire la conoscenza del mercato romano. Qui voglio sottolineare come vi emerga anche qualche tratto delle pratiche disinvolte, degli espedienti e dei luoghi comuni di Della Porta mercante (ed evidentemente di altri), talvolta messi allo scoperto. Se al gran cliente Gonzaga nel 1583 egli offriva una Venere «anticha eccetto la testa, un braccio e la metà dell’altro et la punta del fodero», cioè poco più di un torso, c’era chi pensava che sui prezzi da lui richiesti «si può credere che il Cavaliere si tenga molto alto, come è solito in tutte le cose» o ironizzava su alcune sue «figurette rare e da principe, che le stima più di tutte le altre cose insieme e salvarle e goderle per suo diletto e simili altre novelle da ridere» (lettera di Diomede Leoni a Jacopo Serguidi, 1581). giovanna sapori
INTRODUZIONE
Nel ricco e trascurato settore di ricerca della scultura a Roma nella seconda metà del Cinquecento s’inserisce questo studio monografico su Giovanni Battista Della Porta intrapreso su suggerimento di Bruno Toscano, presidente della Fondazione Camillo Caetani. La fiorente attività della bottega Della Porta, strettamente legata alla famiglia Caetani e ad altri autorevoli mecenati, come Ippolito d’Este, Sisto V, Vespasiano Gonzaga, raggiunse un ruolo di assoluta preminenza nel virtuosistico allestimento di apparati decorativi marmorei policromi e nello stesso tempo nel restauro e nel mercato di antichità. I risultati delle mie ricerche mettono in luce quanto il caso Della Porta sia altamente indicativo di un aspetto del panorama romano del secondo Cinquecento. Nel delineare la complessa personalità di Giovanni Battista Della Porta, scultore, restauratore, collezionista, architetto, profondo conoscitore dei materiali lapidei antichi e moderni, il mio lavoro si propone di contribuire alla nuova stagione di studi sul tema più ampio della scultura del secondo Cinquecento romano non ancora oggetto di un repertorio sistematico.
Questo lavoro è il risultato delle ricerche avviate nel triennio dottorale (2006-2009) che ho svolto presso l’Università degli studi Roma Tre grazie al sostegno della Fondazione Camillo Caetani di Roma. La tesi di dottorato ha ricevuto il premio Ornella Francisci Osti che mi ha consentito di proseguire le ricerche. Sono grata innanzitutto al presidente della Fondazione Caetani, professore Bruno Toscano, e alla dottoressa Caterina Fiorani, direttrice dell’Archivio Caetani, per avermi dato l’occasione preziosa di pubblicare il volume inserendolo nella collana Arte, Archeologia e storia urbana curata dalla professoressa Giovanna Sapori, guida sapiente per le mie ricerche, acuta, sollecita e saggia nella revisione delle bozze. Inoltre ringrazio i colleghi e le istituzioni ospitanti che mi hanno aiutato concretamente in questi anni, in particolare Grégoire Extermann, per le intelligenti osservazioni nei lunghi colloqui, e Livia Nocchi, amica attenta e disponibile, per l’entusiasmo nella condivisione reciproca dei risultati. In una nota letta poco tempo fa, il professore Luigi Spezzaferro auspicava una ricerca in tale direzione; a lui dedico questo lavoro nel vivo ricordo dell’ultimo forte abbraccio il giorno dell’ammissione al dottorato.
Giovanna Ioele, Prima di Bernini. Giovanni Battista della Porta scultore (1542-1597), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2016 ISBN 978-88-6372-763-0 eISBN 978-88-6372-764-7 – www.storiaeletteratura.it
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Già nel 1954 Valentino Martinelli, in apertura al saggio su Flaminio Vacca (altro protagonista accanto a Della Porta), spiega in breve le radici del deviante giudizio critico che ha declassato in blocco gli scultori della tarda maniera romana osservati «alla luce troppo viva dei capolavori del primo Cinquecento o di quelli ancor più abbaglianti del secolo successivo»1. L’operato di Giovan Antonio Dosio e Camillo Mariani è stato oggetto di studi che ricalcano l’esempio dei due volumi di Sylvia Pressouyre dedicati allo scultore francese Nicolas Cordier e che definiscono la scena romana nella ricostruzione logica del mercato dell’arte, del funzionamento delle numerose botteghe, dell’incidenza dei mecenati2. Segnali, dunque, di un’attenzione recentissima sulla scultura, che indicano un’inversione di tendenza nel diagramma della letteratura sull’arte. Difficile però stare al passo con le numerose pubblicazioni sui pittori, disegnatori e incisori del Cinquecento romano. L’attuale disorganicità degli studi è certo l’esito di un pregiudizio storico: dalla celebre disputa del paragone fra le arti indotta dal Varchi in cui la pittura era ritenuta superiore alla scultura, al ‘vizio’ di valutazione, già della critica seicentesca, di considerare la scultura del Cinquecento all’ombra delle opere di Michelangelo e Gian Lorenzo Bernini. Eppure artisti come Guglielmo Della Porta, Flaminio Vacca, Alessandro Cesati, Leonardo Sormani, Prospero Antichi, Giovanni Antonio Paracca, Giovanni Battista e Tommaso Della Porta seguirono solo in parte le soluzioni formali di Michelangelo, né possono essere considerati precedenti di Bernini se non per ragioni cronologiche. Attorno alle opere e alle biografie di questi scultori e alle problematicità storico-critiche, si è riunito un gruppo di giovani studiosi, dottorandi e dottori di ricerca, afferenti ad istituzioni italiane ed estere messi in dialogo dalla professoressa Giovanna Sapori. Gli studiosi hanno presentato i risultati delle ricerche in una giornata di studio (17 dicembre 2008) appositamente dedicata al tema della scultura del secondo Cinquecento, tenutasi presso il dipartimento degli studi storico-artistici dell’Università degli studi Roma Tre. Risultato concreto di questa iniziativa è il volume recente: Scultura a Roma nella seconda metà del Cinquecento: protagonisti e problemi curato da Walter Cupperi, Grégoire Extermann e da chi scrive3. Dai contributi emerge il dinamismo culturale della città di Roma, meta di scultori di provenienza diversa, abili nelle lavorazioni di metalli, pietre preziose e marmi colorati, in costante dialogo fra milieux professionali differenti. Le ultime pagine del volume sono state dedicate, da Extermann e da chi scrive, alla bibliografia ragionata in cui si profila lo stato
1954, pp. 154-164: 154. 2008a, pp. 21-223; barletti 2011 (in particolare i saggi di sferrazza, lone, conforti, spinelli, silvestri alle pp. 115-146, 155-236); pressouyre 1984. 3 cupperi - extermann - ioele (a cura di) 2012. 1
martinelli
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de lotto
denunzio, va-
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degli studi sul tema4. Altre simili pubblicazioni, unite a lavori monografici potrebbero supplire la mancanza di un repertorio se non sistematico almeno essenziale. Per avviare una nuova stagione di ricerche, si potrà certamente far leva sul lavoro notevole che è stato fatto per le voci del Dizionario Biografico degli Italiani; sulla raccolta erudita dei documenti d’archivio operata alla fine dell’Ottocento da Antonino Bertolotti; sulle edizioni critiche delle fonti5. Nella monumentale opera di Aldolfo Venturi sulla storia dell’arte italiana anche agli scultori del secondo Cinquecento è riservata una specifica trattazione; brevi pagine sono dedicate allo scultore Giovanni Battista Della Porta, e ancora validissimo risulta il confronto proposto con Tommaso da Lugano6. Werner Gramberg ha dedicato molte energie al tema della scultura di fine Cinquecento e in particolar modo alla produzione di Guglielmo Della Porta pubblicandone il corpus grafico e numerosi articoli sulle committenze farnesiane7. Gli importanti contributi di Bergmann, Wittkover, Pope Hennessy, Martinelli, vanno letti parallelamente agli studi più aggiornati di Pressouyre e Petraroia ai quali si uniscono i più recenti risultati di Fratarcangeli, Helfer, Dickerson8. La serie di studi su Sisto V ha avvantaggiato la conoscenza degli scultori attivi in quel pontificato: i contributi di Donati strettamente legate all’attività dell’architetto Domenico Fontana, così come quelli di Ostrow sulla cultura artistica sistina, ed il volume curato da Madonna, esito della mostra dedicata alla Roma di Sisto V, rappresentano solide basi sulle quali ancorare ricerche più approfondite9. Per i decenni di snodo fra Cinquecento e Seicento, è preziosa la lettura della
Ibidem, pp. 323-336. Sui Della Porta, ad esempio, utili sono le voci curate da brentano 1989, pp. 143-147, 153-154, 183-199, 209-216; su Taddeo Landini: doti 2004, pp. 425-428. bertolotti 1863, pp. 169-212, id. 1875, pp. 295-322, id. 1876, id. 1877, id. 1881, id. 1882, id. 1883, pp. 96-120, id. 1884, id. 1885, id. 1886, id. 1890. Sulle fonti cfr. il saggio di Elisabetta Neri in cupperi - extermann - ioele (a cura di) 2012, pp. 299-321. Il lungo saggio di Strinati sulla scultura a Roma nel Cinquecento è senza dubbio un lavoro interessante per le letture stilistiche proposte; tuttavia non è un punto fermo nella storiografia forse per la mancanza di apparati documentari. strinati 1992, pp. 300-552. Indagini preliminari sul tema si desumono da valeri 1998 e ciardi 2007. 6 venturi 1937, pp. 562-567: 562. 7 gramberg 1933, pp. 280-281. Gramberg pubblicò alcuni contributi su Guglielmo Della Porta: id. 1960, pp. 31-52; id. 1964; id. 1965, pp. 79-84, id. 1984, pp. 253-364. 8 bergmann 1930; wittkower 1958 (1993), pp. 108-116; pope hennessy 1966, pp. 85-93; martinelli 1979; pressouyre 1984; petraroia 1993, pp. 371-381; fratarcangeli 1999a, pp. 85-129; ead. 1999b, pp. 259-265; ead. 2000; ead. 2003, pp. 90-107. helfer 2008, pp. 61-77; dickerson III 2008, pp. 25-72. Si segnalano inoltre: durini 1958, pp. 98-104; maniello cardone 1986, pp. 97-114. 9 donati 1939, pp. 15-17; id. 1940; id. 1942; id. 1957; ostrow 1996; id. 2002; id. 2005; id. 2006, pp. 267-291; hertz 1981, pp. 240-262; spezzaferro - tittoni 1991; madonna 1993. 4 5
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monografia di Hibbard su Carlo Maderno insieme all’edizione italiana curata da Scotti Tosini10. Le conoscenze sullo scultore Giovanni Battista Della Porta si basano principalmente sui numerosi documenti pubblicati da Bertolotti. Lo studioso rende noto ad esempio il documento relativo alla cappella di San Pietro in Santa Pudenziana, indica alcuni atti notarili riguardanti la divisione dell’eredità, pubblica il pagamento ricevuto dallo scultore per la tomba al cardinale Niccolò Caetani, e inoltre trascrive il documento relativo alla tomba di Vespasiano Gonzaga a Sabbioneta (opera taciuta da Giovanni Baglione) risultato concreto del legame avviato dallo scultore, già negli anni sessanta, con la corte Gonzaga11. Il primo spoglio dell’Archivio Caetani di Roma è contenuto nel volume di Gelasio Caetani del 1933 dal quale emergono preziose informazioni sulle committenze assegnate al Della Porta dal nobile casato romano12. Fra le documentazioni archivistiche vanno inoltre citate le raccolte sui verbali delle adunanze della Compagnia di San Giuseppe di Terresanta (in cui Della Porta compare per la prima volta nel 1575) che offrono un quadro puntuale delle presenze artistiche a Roma nell’ultimo scorcio del XVI secolo. Infine, i documenti relativi all’Accademia di San Luca, istituita nel 1593 da Federico Zuccari, sono il riflesso della cultura artistica di quegli anni e fra i membri non mancano i nomi di alcuni scultori (Flaminio Vacca, Giovanni Battista e Tommaso Della Porta, Taddeo Landini, Pietro Paolo Olivieri e Giovanni Antonio Valsoldo)13. Per quel che riguarda le fonti fra Cinque e Seicento – argomento trattato di recente da Elisabetta Neri – solo Vasari, nell’edizione giuntina delle Vite (1568), in particolare nelle pagine dedicate a «Lione Lioni aretino e d’altri scultori et architetti», si sofferma su alcuni scultori lombardi attivi negli anni Sessanta14. Dopo aver descritto le opere di Guglielmo Della Porta, Vasari menziona Tommaso Della Porta il Vecchio, zio di Giovanni Battista, come scultore che ha lavorato «di marmo eccellentemente»15. Sull’interesse degli artisti per le antiche rovine e sulle descrizioni delle raccolte di antichità sono celebri gli scritti di Flaminio Vacca e
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hibbard,
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bertolotti
1971; id. 2001. 1881, pp. 180-189; id. 1885, p. 75. 12 caetani 1933. Le notizie sono riprese da Laura Marcucci nei suoi contributi relativi all’architetto Francesco Capriani da Volterra: marcucci 1989, pp. 265-275, ead. 1991, ead., 1999, pp. 501532. L’articolo di cozzi beccarini 1976, pp. 143-158 è frutto di ricerche effettuate presso l’Archivio Caetani di Roma, e al seguito i risultati presentati da gori 2007. 13 tiberia 2000; id. 2002; zuccaro 1604 (1961), p. 98. 14 vasari 1568 (1881), vol. 7, pp. 535-556; neri 2012, pp. 299-321. Si vd. inoltre extermann 2013, pp. 91-101. 15 vasari 1568 (1881), vol. 6, p. 550.
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di Ulisse Aldrovandi16. Bisognerà attendere le Vite di Giovanni Baglione del 1642 per avere la prima raccolta di notizie biografiche sugli scultori attivi a Roma nel secondo Cinquecento ed una pagina è interamente dedicata anche a Giovanni Battista Della Porta17. Le guide settecentesche del Panciroli (1725) e del Titi (1763) offrono solo brevi citazioni sull’operato di Della Porta18. Breve è anche la nota biografica di Giovanni Battista Giovio (1784) nella quale è indicato erroneamente l’anno di morte dello scultore come 154719. Non scoraggiano le parole di Leopoldo Cicognara (1825) che cita velocemente Della Porta nel capitolo sugli artisti lombardi e napoletani in questo modo: «L’artista che però fra tutti i Lombardi meritò come statuario la preferenza fu Guglielmo della Porta che lavorò nella Certosa di Pavia (…). Furono altri scultori di questa famiglia, l’uno de’ quali per nome Tommaso, citato e conosciuto da Vasari, l’altro Giovan Battista, ma non giunsero all’eccellenza di Guglielmo, e non somministrano materia alle nostre ricerche»20.
Campori (1873) accenna al Della Porta citando un documento relativo all’ornamento marmoreo della Santa Casa di Loreto pubblicato in forma estesa dal Gualandi (1856)21; inoltre, nella raccolta di lettere artistiche, Campori rende noti alcuni documenti che attestano i legami dello scultore con la corte Gonzaga22. Negli studi di Merzario (1893) che raccolgono notizie sugli artisti comacini, per la biografia dello scultore nulla si aggiunge rispetto alle informazioni date dal Baglione e su
vacca 1594; aldrovandi 1556. Regine Schallert ha in corso una ricerca dedicata allo scultore Flaminio Vacca. Sull’Aldrovandi cfr. gallo 1992, pp. 479-490, 480. Aldrovandi nel descrivere le più importanti collezioni romane fa riferimento anche ad artisti come: Leonardo Sormani, Giacomo, Guglielmo e Tommaso Della Porta il Vecchio cfr. lo studio di carrara 1998, pp. 31-50: 32 nota 20. 17 baglione 1642 (1995), vol. 1, p. 74. In questa edizione critica delle Vite, Röttgen scrive in nota alcune attribuzioni al Della Porta avanzate da Hess e discusse dallo stesso Röttgen; si sofferma inoltre sulla questione relativa ai Dodici Cesari che stando al Baglione lo scultore avrebbe eseguito per il cardinale Alessandro Farnese, senza citare però lo studio aggiornato di Christina Riebesell del 1989 (röttgen 1995, vol. 3, pp. 565-568; riebesell 1989, pp. 28-30). 18 panciroli - posterla 1725, pp. 46, 112, 126; titi 1763, p. 210. 19 «Porta Giambattista da Porlezza parente di Fra Guglielmo fu valente scultore, ed è noto col nome di cavalier Giambattista. Dopo la morte di Guglielmo servì egli moltissimo il cardinale Farnese. Il Porta vivea con gran fasto, e radunava anticaglie. Non sono molte in Roma le opere di lui, perché parte del tempo il passava in comperare, e vendere pezzi antichi, e perché fu scelto per il Santuario di Loreto. Del cavalier Giambattista veggonsi in Roma il San Domenico, nella basilica di Santa Maria, e dentro al chiesa di Santa Pudenziana Nostro Signore, che dà le chiavi all’apostolo Pietro. Morì d’anni cinquantacinque nel 1547. Vive tuttora a Porlezza un discendente di questa famiglia, da cui io presi un Satiretto, ed una piccola statua»: giovio 1784, p. 190. 20 cicognara 1825, p. 337. 21 campori 1873, p. 307; gualandi, 1856, vol. 3, pp. 70-73. 22 campori 1866, pp. 50, 64-65. 16
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questa tendenza si allinea il Mambretti (1953)23. La nota biografica assai confusa e imprecisa del Riccoboni (1942) si giustifica già nelle premesse in cui scrive: «ma la matassa deve essere ancora sbrogliata per individuare la personalità di ciascuno di questi minori della Porta e dei Cassignola», eppure gli studi di Bertolotti che apportarono importanti novità su questi scultori erano stati pubblicati sessant’anni prima24. Le voci sui Della Porta curate da Brentano per il Dizionario Biografico degli Italiani (1989) rappresentano senza dubbio un considerevole incremento rispetto alle biografie curate da Gramberg (1933)25. Notevole è l’articolo di Panofsky (1993), denso di citazioni archivistiche sullo scultore Tommaso Della Porta (il Giovane), fratello minore di Giovanni Battista26. Nello stesso anno, Brown e Lorenzoni dedicarono un intero volume alla collaborazione fra Cesare Gonzaga e Girolamo Garimberto (entrambi interessati all’acquisto di antichità), inserendo in appendice le biografie dei principali personaggi citati27. In questo testo, così specialistico e più a latere rispetto al tema della scultura cinquecentesca a Roma, troviamo una delle biografie più aggiornate su Giovanni Battista Della Porta pur essendo citato poche volte nei saggi28. Il diagramma storiografico è pressoché identico per quel che riguarda il catalogo dello scultore, fatta debita eccezione per quelle opere legate a contesti più diffusamente studiati come le statue di Sibille e Profeti (figg. 13-25) per l’ornamento marmoreo della Santa Casa di Loreto, e i cantieri sistini (la cappella Sistina in Santa Maria Maggiore e la fontana del Mosè in Piazza San Bernardo, figg. 105,
merzario 1893, vol. 2, pp. 477-478: «Parente forse di Jacopo, certamente di Fra Guglielmo Della Porta, e dello stesso paese fu Giovan Battista, che pare sia stato allevato alla stessa scuola di Guglielmo, e riescì eccellente. Scolpiva i ritratti a maraviglia: per il cardinale Farnese intagliò i dodici Cesari, e così bene che ne ebbe lauti doni, e la nomina a Cavaliere dello Sperone d’oro. Nella mostra dell’acqua Felice a Termini scolpì a fianco del Mosè la storia del testamento antico in bassorilievo nella nicchia verso la strada Pia. Nella cappella Sista a SMaria Maggiore fece il S. Domenico, maggiore del vero; e delle belle statue nella cappelletta di S. Pietro a Santa Pudenziana. Fra i proventi dell’arte sua, e quella dei restauri, e il traffico ch’egli faceva di statue e cose rare antiche, ragunò molto danaro, e potè vivere molto signorilmente. Morì nel 1597 d’anni 55». Vd. anche mambretti 1953, p. 208. 24 riccoboni 1942, pp. 85, 87-88. 25 brentano 1989, vol. 37, pp. 183-188, 192-199, 209-210, 212-216. Su Giacomo Della Porta: schwager 1975, pp. 111-141; bedon 1989, vol. 37, pp. 160-170. 26 panofsky 1993, pp. 119-167. 27 brown - lorenzoni 1993. 28 Ibidem, pp. 228-230. Inaspettata è anche l’attribuzione al Della Porta di alcuni rilievi veneziani proposta da Stefano Tumidei nel catalogo della mostra dedicata ad Alessandro Vittoria e alla scultura veneta (1999): tumidei 1999, pp. 107-125: 121. L’ambiente scultoreo veneziano ha, infatti, una sua specificità, e sembra essere più autonomo rispetto agli altri linguaggi diffusi nella penisola. 23
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107). Un’importante opera come la memoria Alciati (1580) in Santa Maria degli Angeli (fig. 84) fu completamente ignorata dalla critica nonostante Matthiae, già nel 1965, citava il documento di allogazione intestato a Della Porta pubblicato da Schiavo nel 195329. Infine, la collezione di statue e marmi antichi dello scultore, essendo confluita nel primo nucleo della collezione archeologica di Scipione Borghese, ha suscitato un certo interesse fra gli studiosi. I contributi di Kalveram, Moreno e Viacava, che approfondiscono i risultati delle ricerche di Graeven e De Lachenal, sono fondamentali, ma riferiti in primo luogo al mecenatismo del cardinale Scipione Borghese30. La recente mostra I Borghese e l’antico, allestita nelle sale della Gal leria Borghese di Roma (2011-2012) curata da Coliva, Fabréga-Dubert, Martinez, Minozzi che ha visto il ritorno glorioso alla Borghese di alcuni pezzi conservati al Museo del Louvre, è stata un’occasione preziosa per mettere a fuoco vicende e dinamiche del mecenatismo Borghese, ed ha fornito nuovi strumenti di studio che agevolano l’avanzamento delle ricerche, come quella che sto completando sulla collezione di antichità di Giovanni Battista Della Porta31.
matthiae 1965, p. 53; schiavo 1953, pp. 295-296. bernardi salvetti 1965, p. 89 cita erroneamente il monumento Alciati come opera costruita nel 1583 su disegno di Michelangelo. 30 kalveram 1995, pp. 11-16; moreno - viacava 2003; de lachenal 1982, pp. 49-117; graeven 1893, pp. 236-245. 31 coliva - fabréga-dubert - martinez - minozzi 2011. 29
I GIOVANNI BATTISTA DELLA PORTA E LA CULTURA ARTISTICA DEL SECONDO CINQUECENTO
1 A ROMA NELL’AMBIENTE ARTISTICO DEGLI ANNI SESSANTA
Nel ventennio centrale del Cinquecento, Pirro Ligorio (1513-1583), architetto, pittore, antiquario, riuscì a mantenere a Roma una posizione di primo piano nonostante i cambiamenti che ebbero luogo durante i pontificati di Paolo IV, Pio IV e Pio V1. Le due mappe della città di Roma da lui disegnate (1553 e 1561) si fondavano sulla sua formidabile cultura archeologica apprezzata da un appassionato del mondo classico quale fu Pio IV. L’aspirazione ad un ritorno all’aurea aetas significava per Pio IV, come per molti dei suoi predecessori, attuare una politica di pacificazione che ebbe un equivalente propagandistico nelle raffigurazioni della pax, della hilaritas publica, della Roma resurgens impresse nelle medaglie, per lo più a firma del Cesati, del Bonzagni e del de’ Rossi2. Ugualmente l’affresco perduto di Federico Zuccari nel tribunale della Rota celebrava il pontefice fra le immagini della giustizia e dell’equità eternando la sua fama di imparzialità e saggezza3. Il gusto artistico di Pio IV e la cultura archeologica di Ligorio concorsero alla virtuosistica creazione della Casina nei giardini Vaticani, trionfo di decorazioni in stucco, sculture antiche e ‘all’antica’4. In realtà era la trasformazione in ‘delizia’ della dimora fatta costruire da Paolo IV il cui nome, «PAULUS IIII», nell’iscrizione della facciata fu sostituito da quello del nuovo Papa. Una decisione che è stata interpretata come un’esplicita damnatio memoriae, ma che deve essere invece
Paolo IV (Gian Pietro Carafa 1555-1559), Pio IV (Giovannagelo Medici, 1559-1565), Pio V (Michele Ghislieri, 1566-1572). winner 1994; schreurs 2000; coffin 2004. 2 firpo - biferali 2009, pp. 273-372. Sulle medaglie: toderi - vannel 2000, vol. 3, tav. 410, scheda 2154, tav. 411, scheda 2166; modesti 2004, vol. 3, schede 548-549, 494-500. Sul programma di Pio IV si vedano in particolare i contributi di fagiolo e madonna (1972a, pp. 383-402) e (1972b, pp. 237-281: 260-264). 3 acidini luchinat 1998, vol 1, p. 137. 4 smith 1977; fagiolo - madonna 1972a, pp. 237-281; losito 2000; borghese 2010. 1
Giovanna Ioele, Prima di Bernini. Giovanni Battista della Porta scultore (1542-1597), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2016 ISBN 978-88-6372-763-0 eISBN 978-88-6372-764-7 – www.storiaeletteratura.it
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considerata come un ovvio provvedimento di Pio IV5. Al cantiere della Casina lavorarono non solo stuccatori e frescanti, ma anche restauratori e procacciatori di antichità fra i quali i Longhi da Viggiù e lo scultore Tommaso Della Porta il Vecchio6. Nel luglio del 1563, infatti, dalla casa di Tommaso furono inviate alla fabbrica del Boschetto tre statue e undici teste «con li petti di marmo», nel giugno dell’anno successivo otto statue di scavo per settecento scudi, sempre destinate al Vaticano, e il 14 luglio 1565 altre otto statue antiche7. Fra i famigliari di Pio IV si annoverano Giovanni Giacomo Medici, soprannominato Medeghino, valente soldato di ventura (immortalato dal bronzo di Leone Leoni), e Carlo Borromeo, nipote del pontefice, che grazie allo zio ottenne presto incarichi ecclesiastici. Al Papa, profondo conoscitore delle lettere classiche, e al nipote Borromeo doveva essere particolarmente caro il tema dell’Accademia e dei cenacoli. Il 20 aprile 1562 Borromeo fondò ufficialmente l’insigne Accademia delle Notti Vaticane chiamata, con più esattezza, Convivium noctium Vaticanarum: un cenacolo teologico-letterario animato dal Borromeo che radunava laici ed ecclesiastici, tutti interessati alla riforma dei costumi e alla vita virtuosa8. Sull’antico esempio delle Notti Attiche di Aulo Gellio, in riunioni notturne si aprivano discussioni su temi letterari e scientifici. Furono membri: Ugo Boncompagni (che divenne Gregorio XIII nel 1572), Silvio Antoniano, Tolomeo Gallio, Francesco Bonomi, Francesco Alciati, Guido Ferrero, Cesare Gonzaga insieme al fratello Francesco9. Questa cultura si riflette nell’iconografia della decorazione del Casino del Belvedere che vide all’opera un’équipe eterogenea di pittori: i due specialisti di grottesche, Pietro Venale e Giovanni dal Carso, e gli urbinati Pierleone Genga e Federico Barocci, il marchigiano Federico Zuccari, il toscano Santi di Tito, il mantovano Lorenzo Costa, il bolognese Orazio Samacchini10. Nel fervido clima di erudizione archeologica, le incisioni del fiammingo Hieronymus Cock (fig. 1), le due piante di Roma di Ligorio e le raccolte del francese Étienne Dupérac (fig. 2) presentano l’immagine della città come città delle antiche rovine. Per tutta la prima metà del Cinquecento il suolo romano sembrava fosse divenuto «teatro di una sorta di pagana resurrezione dei morti»11, come testimonia
- madonna 1972a, pp. 237-240. 1902-1912, vol. 3, pp. 241-251. 7 Ibidem, p. 244. 8 berra 1915. Si vedano le pagine sulle Notti Vaticane in raponi - turchi 1992, pp. 8-16. Fra i provvedimenti di Pio IV è da ricordare anche la pubblicazione della bolla Benedictus Deus (approvata il 26 gennaio 1564), che confermava tutti i decreti tridentini e proponeva una nuova identità pastorale della Chiesa: aleandri barletta 1964, p. 140; firpo - biferali 2009, pp. 288-289. 9 raponi - turchi 1992, p. 10. 10 smith 1977, pp. 8-19, 64-67; losito 2000, pp. 29 e sgg. 11 rossi pinelli 1986, vol. 3, p. 218, nota 2. 5
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lanciani
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Fig. 1. Hieronymus Cock, Non vullarum antiquarium statuarum reliquiae Romae in horto cuisusdam nobilis Romam, acquaforte, Anversa, 1551.
lo scultore Flaminio Vacca nelle sue Memorie (1594). A Roma si giungeva prestissimo presso le botteghe di tradizione familiare, per ragioni economiche e culturali, per vedere, studiare e copiare l’antico12. Sui vantaggi di un lungo soggiorno a Roma è eloquente quanto scrisse Guglielmo Della Porta, in una lunga lettera, dell’ottobre 1568, indirizzata a Bartolomeo Ammannati: «Ma per grandi et meravigliose che siano queste qualità di Fiorenza, Roma è pur sempre Roma, qui bisogna venire, qui affaticarsi, qui studiare a chi vuol sapere. Et sicuramente è gran cosa, che la finezza, et l’eccelenza de l’arte non può essere altrove ch’à Roma (…) Quest’aere, questo cielo, queste antiche ruine hanno troppo gran forza e troppo gran privilegio. Né altro luogo si trova, dove gl’ingegni nobili et pellegrini facciano maggior progresso che a Roma»13.
Ibidem, pp. 181-250. gramberg 1964, p. 122. Si riportano di seguito alcune parti della lettera di Guglielmo in cui si dichiara il primato artistico di Roma: «leonardo da vinci soleva dire, stando esso in Milano, che Roma è ’l vero mastro de l’arte, che cade sotto il dissegno. Il Gobbo, et Gio. Jacopo scultori affermavano, che nel compor d’ina Istoria coloro i quali, hanno studiato in Roma, si riconoscon da 12 13
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Fig. 2. Étienne Dupérac, Cosidetto Tempio di Romolo, incisione, in I vestigi dell’antichità di Roma, Roma, 1575, tav. 4.
Guglielmo prometteva di spiegare al collega toscano anche «come fu scolpita la colonna istoriata di Traiano»14. A proposito dell’ambiente degli artisti a Roma nel Cinquecento, Antonino Bertolotti, sul finire del XIX secolo, scrisse: «Roma fu il ventre mondiale che di tutti e di tutto usufruì»15. L’‘esercito’ dei lombardi,
gl’altri. Perino del Vaga trovandosi a Genoa più volte esclamo, che egli voleva tornar a Roma à fine di riaquistar ne l’arte quel che n’haveva perduto standone fuori. Baldassare da Siena rassomigliava il maestro, che sta fuori di Roma, al dottore, che non ha libri. Anton da SanGallo predicava, che più imparano i Giovani a Roma andandosi à spasso, che non fanno altrove studiando gran tempo. Ma che più! Alfonso da Ferrara venuto in questa città sotto ’l pontificato di papa clemente, et conosciutovi la prerogativa, ch’ella ha, diceva che tutti coloro che studiano fuori di Roma son simili a chi suol ber con gl’orrecchi, et non gustar con la bocca. Baccio Bandinelli dicea similmente, che quelli che si tengono buoni maestri altrove, subito che giungono à Roma si riconoscono d’esser a pena principianti. Empirici molti fogli, ch’io finissi di registrarvi quanti grandi huomini concorsero in questa medesima oppenione» (ibidem, pp. 122-123). E citando le parole di Michelangelo ‘Principe di tutta l’arte dissegnatoria’, Guglielmo scrive: «chi l’arte lassa, de l’arte è lassato (…) l’arte è simile a una bella Donna, che di molti, che l’amano, più aggredisce chi più l’accarezza. Or fa conto, che Roma sia la vera innamorata di tutti gl’artefici, et concludi che qual di loro, è più sollecito in amarla, in farli vezzi, in servirla, costui senza dubbio sia più favorito da lei, et che per contrario, chi per poco amore ne sta lontano poco similmente goda de l’amor suo» (ibidem, p. 123). 14 Ibidem, p. 127. Alla fine del settimo decennio iniziò la famosa impresa di edizione a stampa di tutti i rilievi della Colonna traiana pubblicata poi nel 1576 presso Bonifacio Breggi curata dall’erudito spagnolo Alfonso Chacon e dal pittore Girolamo Muziano. Cfr. bastianetto 2008, pp. 21-32. 15 bertolotti 1881, vol. 1, p. 3.
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in particolare, fu tale a Roma da dare origine a confraternite, monasteri, chiese, ospedali lasciando dunque vive testimonianze della loro permanenza nella città16. La presenza di alcune famiglie di scultori, scalpellini e lapicidi quali i Buzzi, Fontana, Maderno, Della Porta, Longhi, Galli, Garzoni, Giudici, dimostra quanto la comunità lombarda a Roma fosse ben rappresentata17. Giunto a Roma presso la bottega dello zio Tommaso Della Porta il Vecchio, lo scultore Giovanni Battista Della Porta si ritrovò immerso in questo clima di ‘entusiasmo umanistico’ per le testimonianze di un passato aulico che ebbe appunto in Pirro Ligorio uno dei suoi principali esponenti18. E proprio su progetto del Ligorio, impegnato nella direzione dell’importante cantiere dei giardini di Villa d’Este a Tivoli, Della Porta realizzerà nel 1567 la sua prima opera nota: le dieci Ninfe in stucco per le nicchie della fontana dell’Ovato della stessa Villa (figg. 3-6). Anche sulla scia del modello di Fontainebleau, la decorazione in stucco trionfava nei ponteggi vaticani, sulle pareti della Sala Regia e, come si è visto, della Casina di Pio IV. Già fra il quarto e il quinto decennio del secolo, Giulio Mazzoni, in quanto a stucchi, aveva modellato splendide figure, e proprio nella Sala Regia, intorno al 1561, veniva affiancato a Daniele da Volterra19. In quegli stessi anni, Guglielmo Della Porta e Daniele da Volterra ricevevano importanti incarichi: il primo avrebbe dovuto portare a termine il monumento a Paolo III Farnese e quello per Carlo V, il secondo lavorava al monumento equestre a Enrico II20. Erano loro gli scultori più noti, presto rivali, ormai al termine delle carriere, ai quali bisognava affiancarsi per entrare nei favori delle più alte committenze21. Intanto, il celebre cardinale Alessandro Farnese si apprestava a dare fasto alle sue residenze rivolgendosi al Vignola per il completamento del palazzo di Roma e la progettazione di quello di Caprarola. In punta di piedi entrava nella corte Farnese il giovane scultore di San Gimignano: Giovanni Antonio Dosio che intrat-
fratarcangeli 1999a, pp. 85-129, 165-169; ead. 1999b, pp. 259-265; ead. 2000; ead. 2003, pp. 90-107. Giovanni Agosti ha analizzato il fenomeno dell’afflusso di lombardi a Roma fra il XV e il XVI sec.: agosti 1990, pp. 69-85. Va sottolineato anche il fatto che lo stesso pontefice Pio IV era di origine lombarda. 17 fratarcangeli 2000, pp. xii-xiii. 18 sricchia santoro 1998, p. 35. I ruderi, pur nel loro stato lacunoso, suggestionavano archeologi e letterati. La filologia apriva nuovi orizzonti fornendo un modello di ricostruzione dei frammenti antichi che poteva essere applicato anche al di fuori del campo letterario. E l’integrazione delle gambe dell’Ercole Farnese eseguita da Guglielmo Della Porta può essere considerata il risultato di un clima attento all’esegesi testuale: rossi pinelli 1986, vol. 3, p. 210. 19 strinati 1979, pp. 27-36; pugliatti 1984. 20 dellantonio 2003, p. 182; extermann 2012, pp. 59-111: 64-67. 21 Celebre è l’invettiva di Della Porta al Ricciarelli che coinvolse anche Michelangelo: Discorso contro Danielle pittore, chi s’arrogava di essere scultore e fonditore estimato, di professioni erroneamente in gramberg 1964, pp. 16, 117-118; dellantonio 2003, p. 182. 16
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tenne un lungo legame con Annibal Caro, segretario dei Farnese, del quale fece, nel 1566-1567, il monumento in San Lorenzo in Damaso22. Mentre invece brevissimo fu il soggiorno a Roma per Leone Leoni, 1560-1561, dove ottenne l’incarico di eseguire la tomba per il fratello del Papa, Giovan Giacomo de’ Medici, a Milano23. Il 18 febbraio 1564 moriva a Roma Michelangelo e fra i suoi capolavori in marmo rimanevano in città il Cristo alla Minerva, il Mosè di San Pietro in Vincoli e le Pietà: Bandini, Vaticana e Rondanini. Con Pio IV aveva ideato la trasformazione del frigidarium di Diocleziano nella basilica di Santa Maria degli Angeli dove il pontefice volle essere sepolto24. Da una lettera di Carlo Borromeo a Giovanni Battista Della Porta del 1566, ho potuto identificare il ritratto richiesto con quello inserito nella memoria di Pio IV posta nell’abside della basilica, opera di Alessandro Cioli25. Nella successiva produzione scultorea romana le opere di Michelangelo ebbero una forte risonanza percepibile nell’attività dei suoi più stretti collaboratori, ed anche per il loro tramite si diffusero i modelli michelangioleschi. Ad esempio, la tomba di Cecchino Bracci (1545) nella chiesa di Santa Maria in Aracoeli realizzata su progetto di Michelangelo, ma eseguita principalmente dagli allievi Francesco Amadori, detto l’Urbino, e Pietro Urbano, ebbe qualche riflesso nei ritratti dell’ultimo Dosio26. Più incisiva fu l’azione diretta dal modello sansovinesco: le statue allegoriche ai lati dei numerosi monumenti parietali presenti nelle chiese di Roma reiterano il classicismo della Madonna del Parto in Sant’Agostino di Jacopo Sansovino. Per chi ebbe la fortuna di tornare al Nord, nel Veneto la bottega sansovinesca, dalla quale uscirono Danese Cataneo, Tiziano Minio, Francesco Segala e il trentino Alessandro Vittoria, aveva prodotto abbastanza da poter offrire ai lombardi un registro formale cui attingere per le committenze romane27. Con il sostegno di Filippo II di Spagna e dei cardinali vicini ad Alessandro Farnese, nel 1566 saliva al soglio pontificio Michele Ghislieri (Pio V), celebrato con gli apparati lignei del Ligorio28. Pio V era stato il più fidato collaboratore di Paolo
Il rapporto fra Dosio e Annibal Caro è documentato dal carteggio: caro 1573-1575, ad indicem. Per gli studi sull’ambiente romano post-michelangiolesco cfr.: valone 1976, pp. 528-541 e la recente monografia Giovanni Antonio Dosio, a cura di barletti 2011, pp. 155-167. 23 Sul secondo soggiorno di Leoni a Roma cfr. casati 1884, pp. 56-62; plon 1887, pp. 150-165. Sul monumento a Giangiacomo de’ Medici: bonetti 2002, pp. 21-43. 24 firpo - biferali 2009, p. 324. 25 Ringrazio molto Giulio Dalvit per l’importante segnalazione della lettera. Dalvit ha in corso di pubblicazione un contributo sulla collezione di antichità di Borromeo. matthiae 1965, p. 86; schiavo 1990, vol. 2, p. 996. pedroli 1981, pp. 664-669. 26 L’opera fu realizzata mentre venivano completate le sculture per la sistemazione definitiva della tomba di Giulio II. steinmann 1931, pp. 30-59; schiavo 1990, vol. 1, pp. 483-487. 27 middeldorf 1936, pp. 245-263; boucher 1991; bacchi - camerlengo - leithe-jasper 1999. 28 coffin 2004, pp. 72-73. 22
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IV, con il cui pontificato si proclamava in continuità, tanto da far incidere due medaglie al Bonzagni recanti sul recto il suo profilo e sul verso quello del Carafa, e da avviare subito i lavori coordinati da Pirro Ligorio per il fastoso monumento in marmi colorati per la sepoltura di Paolo IV nella cappella eretta dal cardinale Oliviero Carafa in Santa Maria sopra Minerva29. Il legame con Carafa è all’origine della commissione di Pio V di altre due memorie: quella dedicata ad Alfonso d’Aragona nel Duomo di Napoli e quella a Rodolfo Pio da Carpi nella chiesa della Santissima Trinità dei Monti (fig. 54)30. Per alcuni suoi provvedimenti emanati, Pio V è passato alla storia come profondo dispregiatore della statuaria. In realtà, come mise in luce già Mercati nel 1927, il pontefice considerava le antichità non convenienti all’ornamento del suo palazzo, ma testimonianze del passato da conservare, e si preoccupò di confermare Commissario delle antichità Pietro Tedellini nel 1571 su richiesta dei tre conservatori: Onofrio Camaiani, Ippolito Salviani e Marcantonio Palosci31. Spetta al Papa il merito di aver sancito la Lega Santa unendo le due maggiori potenze navali, la Spagna e Venezia, per costruire la poderosa flotta contro i turchi guidata da Don Giovanni d’Austria. L’episodio della grande impresa a Lepanto fu una vera e propria vittoria ideologica, oltreché militare, della Chiesa che, dopo una lunga crisi morale, tornava a presentarsi come veicolo di salvezza32. Giorgio Vasari avrebbe dedicato alla storia di Lepanto tre affreschi della Sala Regia in Vaticano e, nel 1586, con Sisto V la battaglia fu scolpita in uno dei bassorilievi destinati alla tomba di Pio V nella cappella sistina in Santa Maria Maggiore33. Pio V aveva tentato di imprimere alla Chiesa una compattezza dottrinale; Roma era pronta a riproporsi, ai cittadini e a i pellegrini, come civitas perfecta.
Sul monumento Carafa vd. schallert 2008, pp. 223-294. firpo - biferali 2009, pp. 331-332. 31 mercati 1927-1929, pp. 113-121. 32 Importanti testimonianze della battaglia di Lepanto sono le lettere del duca Onorato IV Caetani pubblicate da carinci 1893 e da diedo 1995. Si rimanda inoltre a: dionisotti 1967 (1999); id., 1971, pp. 127-151; rodhes, 1995-1996, pp. 9-63; rozzo 2000, pp. 41-69. 33 firpo - biferali 2009, pp. 352-354; petraroia, in madonna 1993, pp. 386-390, fig. 11. 29 30
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Fig. 3. Curzio Maccarone, Giovanni Battista Della Porta (su disegno di Pirro Ligorio), Fontana dell’Ovato, 1566-1567, Tivoli, Villa d’Este (foto Danilo Renzulli).
Fig. 4. Giovanni Battista Della Porta (su disegno di Pirro Ligorio), Ninfe, 1567, Tivoli, Villa d’Este, fontana dell’Ovato, particolare (foto del 1930).
A ROMA NELL’AMBIENTE ARTISTICO DEGLI ANNI SESSANTA
Fig. 5. Giovanni Battista Della Porta (su disegno di Pirro Ligorio), Ninfe, 1567, Tivoli, Villa d’Este, fontana dell’Ovato, particolare (foto Danilo Renzulli).
Fig. 6. Giovanni Battista Della Porta (su disegno di Pirro Ligorio), Ninfe, 1567, Tivoli, Villa d’Este, fontana dell’Ovato, particolare (foto del 1930).
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2 LA FAMIGLIA DEGLI SCULTORI DELLA PORTA
Valenti scultori e architetti, i Della Porta, provenienti dalla regione dei laghi, furono attivi a Roma per tutto l’arco del Cinquecento. «Di questo gran sangue, e di questa grande scuola»1, come scrisse Baglione, si distinsero in particolar modo Guglielmo (1515-1577), «custode del piombo»2, e Giacomo (1532-1602) «architetto del Popolo Romano»3, poi Tommaso il Vecchio (1520-1567) ed i suoi nipoti: Giovanni Battista (1542-1597), Tommaso il Giovane (1546-1606) e Giovanni Paolo (†1609), figli questi ultimi di Alessio Della Porta4.
1642, vol. 1, p. 152. 1989, pp. 192-199: 194. 3 bedon 1989, pp. 160-170: 161. 4 panofsky 1993, pp. 119-167. Ai documenti pubblicati da Panofsky che attestano l’origine lombarda dei Della Porta si aggiungono altre fonti in cui Giovanni Battista è genericamente citato come milanese. Nel documento del 27 novembre 1584 relativo alla costruzione dell’altare della cappella Falconi nella chiesa di Santa Maria ai Monti a Roma si legge: «maestro domino equites Giovanni Baptista della porta laico Mediolanensis Architetto seu sculptore in Urbe» (doc. 77, c. 167r). Nel testamento del 30 aprile 1590 è indicato: «Magnifico Giovanni Battista della Porta, della bona memoria signor Alessio della porta milanese et Cittadino Romano del Rione di Campo marzo scultore in Roma et Cavalier di San Pietro» (doc. 83, c. 20r). Nel testamento del fratello Tommaso il Giovane (7 marzo 1606) si legge: «figliuolo del quondam Alessio della Porta, da Porlezza luogo del Stato de Milano» (trascritto in panofsky 1993, pp. 153-162: 153). Tommaso ebbe molta riconoscenza verso i suoi maestri: lo zio Tommaso Della Porta il Vecchio e il fratello maggiore Giovanni Battista. A loro dedicò il gruppo marmoreo della Deposizione dalla Croce (fig. 26) nella chiesa dei Santi Carlo e Ambrogio al Corso: «Ad honore e gloria di Nostro Signore Gesù Christo Crocifisso Thomasino della Porta scultore in memoria de messer Thomaso suo zio e de messer Giovanni Battista suo fratello fece questa opera. Questi doi furono miei maestri e benefattori, e per segno di gratitudine gli dedico la sopra scritta opera» (ibidem, p. 153). Dagli atti di un processo dell’agosto 1560 risulta che Tommaso il Vecchio aveva quarant’anni ed era figlio di Giovanni: «Dominus Thomas quondam Johannis de Porta mediolanensis scultor in urbe propre ecclesiam S. Ambrosii de Mediolano, etatis sue anno rum 40 et ultra, testis pro informatione curiae etc., qui testis mediante tactis etc. dixit et deposuit ut infra, videlicet» in bertolotti 1881, vol. 1, p. 156. 1
baglione
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brentano
Giovanna Ioele, Prima di Bernini. Giovanni Battista della Porta scultore (1542-1597), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2016 ISBN 978-88-6372-763-0 eISBN 978-88-6372-764-7 – www.storiaeletteratura.it
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Guglielmo, al quale Grégoire Extermann ha dedicato importanti studi, si formò a Milano presso la bottega del padre Gian Giacomo e collaborò con lui a Genova dove probabilmente conobbe Perin del Vaga che lavorava alla decorazione del palazzo di Andrea Doria al Fassolo5. Guglielmo giunse a Roma alla fine degli anni trenta per realizzare gli stucchi della cappella Massimo nella chiesa di Trinità dei Monti e nel corso della sua lunga carriera, spesa al servizio dei Farnese, ebbe molti assistenti e allievi: suo figlio Teodoro (1567-1638), il cognato Niccolò Longhi (doc. 1543-1578), Giovan Antonio Buzzi (doc. 1559-1591), Bastiano Torrigiani (ca. 1542-1596), Jacob Cobaert (doc. 1568-1609), e collaboratori occasionali come Giovanni Antonio Dosio (ca. 1533-1610), Willem Danielsz van Tetrode (ca. 1525-1580)6. L’attività a Roma di Guglielmo è nota soprattutto per il progetto della tomba di Paolo III Farnese a San Pietro, per i ritratti allo stesso pontefice, pervasi da un decorativismo sottile e sinuoso alla maniera di Perin del Vaga, e per i numerosi restauri alle antichità farnesiane fra cui divenne celebre l’episodio delle integrazioni delle gambe dell’Ercole Farnese7. Non abbiamo riscontri documentari che attestino legami di parentela fra Guglielmo e Tommaso il Vecchio. Giovanni Baglione nell’incipit della biografia di Giovanni Battista Della Porta (nipote di Tommaso) lo indica come «parente di Fra Guglielmo della porta, in casa del quale egli apparò l’arte della scultura»8; Tommaso, fra il 1564-1565, è inoltre documentato al fianco del cognato di Guglielmo, Nicola Longhi, nel restauro di sculture antiche9. Più certa è la parentela fra Tommaso e Giacomo essendo quest’ultimo figlio di un Bartolomeo scultore fratello di Tommaso, dunque Giacomo è certamente cugino dei nipoti di Tommaso: Giovanni Battista, Tommaso il Giovane e Giovanni Paolo10.
Extermann ha in preparazione una monografia su Guglielmo Della Porta ed ha pubblicato una serie di contributi sullo scultore: extermann 2010, 2011, 2012. Si ricorda inoltre la tesi di helfer 2007. 6 dickerson III 2008, pp. 25-72. Su Teodoro Della Porta: brentano 1989, pp. 209-210; Su Nicola Longhi si veda la nota biografica: fratarcangeli 2003, pp. 90-107, 102 e caglioti 1997. Su Giovanni Antonio Buzzi vd. agosti 1996, pp. 177-182, 179-180; fratarcangeli 2003, p. 94. Su Bastiano Torrigiani: lamouche 2011, pp. 51-58; id. 2012, pp. 203-223. Su Jacob Cobaert: white 2005, pp. 49-65. Su Giovanni Antonio Dosio: barletti 2011. Su Willem Danielsz van Tetrode: scholten 2003. 7 riebesell 2003, pp. 41-51; prisco 2007, pp. 81-133. 8 baglione 1642, p. 74. 9 bertolotti 1881, p. 172. 10 bedon 1989, p. 160. Secondo panofsky 1993, pp. 163-164 della medesima generazione, ma non discendenti dallo stesso ramo Della Porta, dovettero essere Guglielmo, Tommaso il Vecchio e Alessio. Maria Teresa De Lotto ha rilevato un altro legame di parentela fra il vicentino Camillo Mariani e il figlio di Giacomo Della Porta, Bartolomeo che morì nel 1608. Dall’inventario dei beni di Camillo Mariani redatto il 5 luglio 1611, dopo la sua morte, su istanza di Francesco Mochi e Pasquale Pasqualini, risulta che i beni di Mariani si trovavano in casa degli eredi di Bartolomeo Della Porta. de lotto (2008), 2009, p. 102, nota 264. 5
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Al di là del quadro genealogico ancora lacunoso, è possibile affermare che, fra i Della Porta, furono certamente Guglielmo e Tommaso il Vecchio ad inaugurare tradizioni di botteghe che si innestarono a Roma accanto a quelle dei Longhi, dei Buzzi, dei Fontana, dove l’esercizio dell’ars scultoria poteva declinarsi nello studio e nelle collezioni di antichità, nella pratica del restauro, nel riuso dell’antico, nel commercio di pietre e marmi colorati. Fra le notizie di prima mano del Baglione, amico di Tommaso il Giovane, quella della data di nascita di Giovanni Battista Della Porta è stata confermata dalle ricerche archivistiche. Secondo Baglione, Giovanni Battista nacque nel 1542 e morì nel 1597 all’età di cinquantacinque anni; lasciò l’eredità ai fratelli e fu sepolto nella chiesa di Santa Maria del Popolo11. Questi dati sono comprovati dal testamento di Giovanni Battista del 30 aprile 159012. Baglione dovette essere ben informato sulle vicende che seguirono la morte di Della Porta; fu presente alla messa celebratasi circa vent’anni dopo per la commemorazione della morte dello scultore; inoltre Tommaso il Giovane nel novembre 1603 testimoniava al processo intentato da Giovanni Baglione a Onorio Longhi dichiarandosi amico di entrambi13. Mise in dubbio l’attendibilità di Baglione lo studioso Michelangelo Gualandi che s’interrogò sulla data di nascita di Della Porta pubblicando una lettera (21 luglio 1572) riferita allo scultore. La lettera è scritta dal governatore di Loreto, Roberto Sassatelli, per il Granduca di Toscana sui pezzi di marmo per Loreto che Giovanni Battista avrebbe recuperato da Carrara. Nella lettera lo scultore è citato come «huomo pratico»14; Gualandi discute sul fatto che nel 1572, stando al Baglione, Della Porta avrebbe toccato appena il trentesimo anno, un’età non ancora matura o tale da giustificare l’appellativo di «huomo pratico». Dunque secondo il Gualandi, la data di nascita di Della Porta andava anticipata di qualche anno prima del 154215. L’ipotesi del Gualandi non è persuasiva, d’altra parte non abbiamo altri riscontri documentari sull’anno di nascita dello scultore che reputiamo possa essere il 1542, come scrive Baglione. Sulla data di morte di Giovanni Battista (4 ottobre 1597), disponiamo di più fonti. In quel giorno il segretario della compagnia di San
La biografia di Giovanni Battista scritta da Baglione, inserita fra quelle di Flaminio Vacca, Tommaso Laureti, Jacopino del Conte e Pietro Paolo Olivieri, fornisce le seguenti informazioni: «Finalmente da dolori colici assalito, ed estremamente scosso se ne morì, e lasciò il suo alli fratelli; ed in Roma nella Chiesa del Popolo fu sepolto, e la sua fine successe negli anni di sua vita 55 e della nostra salute 1597» (baglione 1642, vol. 1, p. 74). 12 Doc. 83, cc. 20r-23v. 13 bertolotti 1881, vol. 2, p. 66; brentano 1989, p. 215. 14 In gualandi 1856, vol. 3, pp. 71-72, n. 326. Gualandi suggerisce che Don Pietro Zani, Enciclopedia metodica delle belle arti, 1794 seguendo il testo di Giovanni Battista Giovio (Gli uomini della comasca diocesi, 1784, p. 190), indicava erroneamente il 1547 come anno di morte dello scultore. 15 gualandi 1856, p. 72, nota 3. 11
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Giuseppe di Terrasanta, annotò la morte del confratello Giovanni Battista Della Porta: «Fu seppellito al popolo e vi furono molto fratelli che li fecero compagnia come è consueto sino alla Chiesa, et hà lassato alla Compagnia scudi cento con peso che se li debba dire ogn’anno un Anniversario il giorno della sua morte»16. Sylvia Pressouyre nei documenti relativi alla parrocchia di San Lorenzo in Lucina dell’Archivio del Vicariato di Roma recuperò la seguente annotazione: «Cavaliere Della Porta marito di Madama Elisabetta Mariotina morse al Corso seppellito in S. Maria del Popolo a di 4 ottobre 1597»17. La discesa a Roma dei tre fratelli Giovanni Battista, Tommaso il Giovane e Giovanni Paolo, fu certamente legata alle possibilità di lavoro che la città offriva unitamente alla presenza dello zio Tommaso il Vecchio che fu scultore presso i
tiberia 2002, p. 109. Il Segretario annotò anche l’elemosina fatta al sacrestano Domenico affinché facesse celebrare, secondo la volontà del defunto, dieci messe «per questo anno solamente» per l’anima sua (ibidem). Come accennato, Baglione era presente l’8 ottobre 1614 all’annuale commemorazione di Giovanni Battista Della Porta con una messa officiata dal reverendo arciprete di Santa Maria ad Martyres, durante la quale furono distribuite candele accese ai sei confratelli presenti: il reverendo Andrea Gioccardi, Giovanni Baglione appunto, Giovan Maria Licona, il Camerlengo Francesco Matalani, Orazio Borgianni ed il segretario Giovanni Guerra (ibidem, p. 204). 17 AVR, San Lorenzo in Lucina. Morti I (1588-1601), f. 100v. Pressouyre, 1984, p. 431. Altre fonti: il Necrologio romano compilato da Pier Luigi Galletti intorno alla metà del XVIII secolo: «1597 4 ottobre † Gio. Batta. Ditto il Cavaliere della Porta marito di mad.a Elisabetta Mariottina al Corso. Sepolto al Popolo LXXXV» (BAV, Vat. Lat. 7873, c. 111: gramberg 1933, p. 281). Il numero romano posto al termine di ogni annotazione indica la parrocchia di appartenenza, secondo la classificazione specificata dal Galletti nell’ultimo foglio del manoscritto. Nel caso specifico si tratta della parrocchia di San Lorenzo in Lucina (LXXXV). Definito «scultore celeberrimo», la sua morte fu annunciata negli Avvisi Sacri e il sabato 8 ottobre 1597 si diede sepoltura: «Di Roma l’8 ottobre 1597. Sabato sera si diede sepoltura al Cav.re della Porta scultore celeberrimo in questa città» (BAV, Urb. Lat., 1065, s.n in cozzi beccarini 1976, p. 84, nota 139). Dal testamento dello scultore, 30 aprile 1590, apprendiamo che: «Il suo corpo vol sia sepolto nella chiesa di Santa Maria del Popolo appresso l’altare grande verso la sacristia nel loco dove fu sepolta la Barbara sua figliola charissima» (doc. 83, c. 20r.). Purtroppo non è pervenuta alcuna lapide. Dal matrimonio con Elisabetta Mariottini, celebrato nella chiesa di San Giovanni dei fiorentini il 14 novembre 1580, nacquero due figlie: Barbara ed Elena (BAV, Vat. Lat. 8001, b. I, c. 85: Barbara Della Porta fu battezzata l’8 settembre 1581, Elena Della Porta il 17 aprile 1583; panofsky 1993, p. 164, nota 221). Dopo la morte prematura di Barbara, Elisabetta fece scrivere il suo testamento, in data 9 agosto 1591, dove chiese di essere sepolta in Santa Maria del Popolo, vicino l’altare maggiore verso la sagrestia, «dove fu sepolta sua figliola» (panofsky 1993, p. 164, nota 222). Giovanni Battista, nel testamento lasciava i suoi beni mobili alla moglie e la restituzione della sua dote: una vigna a Prati fuori Porta Castel Sant’Angelo, mentre ai fratelli (Tommaso e Giovanni Paolo) l’intera collezione di antichità (doc. 83, c. 21v-r). Elisabetta si risposò presto divenendo la prima moglie del famoso architetto Carlo Maderno e morì il 7 settembre 1602 (panofsky 1993, p. 165, nota 226. donati 1957, p. 86. bertolotti 1881, pp. 186-189). La causa civile fra Carlo Maderno e i fratelli Della Porta sull’eredità di Elisabetta si chiuse il 10 giugno 1604 (panofsky 1993, p. 165, nota 227). 16
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Farnese. Stando al Baglione, nella formazione di Giovanni Battista (fratello maggiore dei tre) dovette incidere Guglielmo, ma è più documentato il rapporto di alunnato con lo zio Tommaso18. Di fatto, l’esordio romano di Giovanni Battista s’intreccia con la carriera, purtroppo poco nota, dello zio Tommaso che nel 1562 era impegnato nella vendita della serie dei Dodici Cesari al cardinale Alessandro Farnese in cambio del cavalierato di San Pietro19. Probabilmente a quella data, Giovanni Battista, appena ventenne, era già sceso a Roma per affiancare lo zio ed è infatti citato come «Cavaliero nipote di Tomasino» in tre documenti, un appellativo con cui Giovanni Battista doveva esser facilmente riconosciuto a Roma anche nella sua età matura, e a distanza di quasi vent’anni dalla morte di Tommaso, il che dà la misura della fama dello zio. Nella lettera del 2 novembre 1567 per Cesare Gonzaga il vescovo di Gallese, Gerolamo Garimberto, raccomandava: «Maestro Giovanbattista scultore, nipote del già Maestro Thomasino»20. Nella minuta di una lettera, non datata, di Giovan Francesco Peranda, allora segretario di casa Caetani, all’architetto Francesco Capriani per il monumento Caetani di Loreto, Della Porta è ancora citato come: «Cavaliero nipote di Tomasino»21. Per entrare nelle grazie del duca Vespasiano Gonzaga egli stesso si presentava in una lettera del 2 febbraio 1583, come nipote di Tommaso, proponendo al duca l’acquisto di «una cosa rara»22. Non sappiamo se Giovanni Battista condivise incarichi con lo zio perché scarse sono le notizie relative all’attività di Tommaso, che tuttavia provano che non fu certo uno scultore di seconda fila. In tal senso indicativo è il passo di Vasari che lo elogia per le sue capacità di perfetto imitatore dell’antico e cita una serie dei dodici busti di imperatori che Giulio III aveva in ‘camera’: «Ha avuto ancora Milano un altro scultore che è morto quest’anno, chiamato Tommaso Porta, il quale ha lavorato di marmo eccellentemente, e particolarmente ha contraffatto teste antiche di marmo che sono state vendute per antiche, e le maschere l’ha fatte tanto bene, che nessuno l’ha paragonato, et io ne ho una di sua mano di marmo posta nel camino di casa mia d’Arezzo, che ogni uno la crede antica. Costui fece di marmo, quanto in naturale, le dodici teste degli Imperatori, che furono cosa rarissima; le quali papa Giulio Terzo le tolse, e gli fece dono della segnatura d’uno uffizio di scudi cento l’anno, e tenne non so che
baglione 1642, p. 74. Non sono stati rintracciati sinora dati d’archivio che confermino il grado di parentela fra Tommaso il Vecchio e Alessio Della Porta (fratelli o cugini in primo grado?). Anche dalla ricostruzione di Gerda Panofsky il ramo genealogico rimane incompleto (panofsky 1993, p. 163). 19 Se il titolo si fosse reso vacante durante la sua vita sarebbe passato al nipote: riebesell 1989, pp. 28-30. 20 Doc. 8. 21 ACR, Fondo generale, 173684, s.d. Sul Peranda si rimanda allo studio di gori 2011, pp. 97-106. 22 campori 1866, p. 64. 18
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mesi le teste in camera sua come cosa rara. Le queli per opera, si crede, di fra’ Guglielmo su detto e d’altri che l’invidiavano, operorono contra di lui di maniera, che, non riguardando alle degnità del dono fattogli da quel Pontefice, gli furono rimandate a casa, dove poi con miglior condizione gli fur pagate da mercanti e mandate in Ispagna. Nessuno di questi imitatori delle cose antiche valse più di costui, del quale m’è parso degno che si faccia memoria di lui tanto più quanto egli è passato a miglior vita, lasciando fama e nome della virtù sua»23.
La serie dei Dodici Cesari, non identificata, fu proposta all’imperatore Massimiliano II e poi mandata in Spagna sotto Pio IV24. A Tommaso il Vecchio è certamente da riferire il mandato di pagamento in cui si specifica che «Magistro Thomae de Porta» doveva ricevere 200 scudi per le due statue della Fede e della Carità ai lati del monumento a Paolo IV25; e le statue, oggi custodite nel corridoio della sagrestia di Santa Maria sopra Minerva, nelle pieghe ampie del panneggio, nella levigatezza dei volti e nel collo taurino, richiamano la produzione romana di Jacopo Sansovino. Dal 1561 al 1563, Tommaso fu al servizio di Cesare Gonzaga come restauratore ed esperto d’antichità26. Il busto di Ferrante Gonzaga (figg. 8-9), risultato della committenza di Cesare Gonzaga, dimostra l’abilità dello scultore nel genere della ritrattistica. Proprio negli stessi anni in cui Tommaso si trovava a Guastalla, arrivava a corte Francesco Capriani da Volterra (1563-1564) che divenne poi architetto ufficiale di Cesare Gonzaga. Tommaso Della Porta e Francesco Capriani, insieme al vescovo Gerolamo Garimberto e al mercante Giovanni Antonio Stampa, furono consiglieri di fiducia del duca Cesare Gonzaga in materia di antichità. Di loro si avvalse quando, fra il 1560-1562, Cesare giungeva appositamente a Roma per acquistare marmi e statue antiche per arredare la sua nuova residenza mantovana. Non sappiamo se anche Giovanni Battista lavorò per Cesare Gonzaga, ma due lettere consentono di ipotizzarlo. Nella fitta corrispondenza fra il vescovo Garimberto e Cesare Gonzaga, una lettera del 2 novembre 1567 è relativa al Della Porta nella quale lo scultore è presentato come valentuomo nell’arte del restauro; lo stesso documento attesta un primo ritorno dell’artista in Lombardia27. Un’altra lettera
vasari 1568, vol. 7, p. 550. Sulla maschera ad imitazione delle antiche posta sul camino della casa di Arezzo cfr. cecchi, in corti - davis 1981, pp. 22, 26-29, n. 4. 24 riebesell 1989, p. 29, nota 45. 25 Sul monumento Carafa: schallert 2006, pp. 223-294. 26 gasparotto, in barbieri - olivato 2007, p. 132, n. 83; brown - lorenzoni 1993, ad indicem. Francesco Capriani lavorò alla corte del duca Cesare Gonzaga fra Roma e Mantova dal 1563-1564 al 1570 ca. cfr. marcucci 1991, pp. 23-45, 353; ead., 1999, pp. 501-532. Precisazioni biografiche sul Capriani si devono a pedrocchi 2009, pp. 373-422, 377. 27 «(…) non voglio però mancare di scriver questa mia con l’occasione del portatore, che sarà maestro Giovanbattista scultore, nipote del già maestro Thomasino, che col tornarsene a riveder la patria l’ho persuaso venir a basciar le mani di quella, la quale se haverà bisogno dell’opera sua, come 23
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a Cesare Gonzaga, questa volta scritta da Venezia dal famoso antiquario Jacopo Strada il 16 giugno 1568, fa pensare che lo scultore in quel momento fosse ancora al Nord e che fosse già stato al servizio di Cesare: «Il presente portator di questa si è Messer Joan Baptista de la Porta, molto servidor di vostra Excellentia Illustrissima il quale per quanto mi dice la supplica di un favore come a bocca intenderà da lui, e perché io desidereria chel suo negozio avesse buon fine, ed anche con quella più prestezza che fosse possibile, l’ariccomando a vostra Excellentia Illustrissima attribuendomi tal favore a me proprio con avercene obbligo infinito. La sua tornata la desidero con hogni sua diligenza. La causa si è che esso lavora alcune cose che attengono a la Maestà del mio padrone, e per tal causa la supplico che la sua espedition gli sia raccomandata, et io dove posso vostra Excellentia Illustrissima servire qui dove di presente mi trovo, overo a la nostra corte che quella si degni di comandarmi, a la quale basio le mani e me gli ariccomando. Il Signor Iddio da mal vi guardi. Di Venetia il 16 Giugno 1568»28.
Seguendo l’ipotesi di Brown, dalla lettera si desume che Giovanni Battista da Venezia va a Mantova nel 1568 e che sarebbe dovuto rientrare presto a Venezia dovendo portare a termine lavori per Massimiliano II29. Il «negozio» di cui parla Strada è senza dubbio relativo al commercio di marmi antichi e dunque da Mantova lo scultore si sarebbe recato a Vienna, passando per Venezia, per essere a disposizione dell’imperatore. Il fatto che Strada sollecitasse il rientro dello scultore a Venezia perché «esso lavora alcune cose che attengono a la Maestà del mio padrone» non basta, a mio avviso, a garantire la partenza dello scultore verso Vienna alla corte di Massimiliano II. Più semplicemente l’Imperatore avrebbe potuto ricevere direttamente le antichità restaurate dallo scultore inviate da Venezia grazie all’intercessione di Jacopo Strada. Inoltre, se Strada, riferendosi a Cesare Gonzaga, indica lo scultore come «molto servidor di vostra Eccellentia», allora forse Della Porta (raccomandato un anno prima dal vescovo Garimberto, nonché nipote di Maestro Tommasino) aveva effettivamente prestato servizio per Cesare Gonzaga. Un dato è certo: essere il nipote di Tommaso il Vecchio aveva garantito al giovane scultore la raccomandazione del vescovo Garimberto. L’architetto Francesco Capriani, come già accennato, poteva aver conosciuto Tommaso Della Porta a Guastalla e forse anche a Roma in occasione dell’arrivo nell’Urbe di Cesare Gonzaga
credo, nel restaurare et rassetar delle sue anticaglie, la non doverà lassarlo andar più inanci senza fermarlo et servirsene, per esser un valentuomo in quest’arte. Et ella, come ho detto, havendone bisogno, come credo, s’egli è vero, come intendo, che lo sia per far trasportar omia bona della sua Galeria di Mantova in quella di Guastalla (…)» (doc. 8). 28 campori 1866, p. 50, n. LXI. La lettera è pubblicata anche in brown - lorenzoni 1993, p. 118, n. 110. 29 Ibidem, pp. 228-229.
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nei primi anni sessanta. Vent’anni dopo, con il Capriani, Giovanni Battista condividerà fra Loreto e Roma le committenze Caetani. Pertanto è lecito supporre che proprio tramite lo zio Tommaso, nel contesto dei lavori per Cesare Gonzaga nei primi anni sessanta, Giovanni Battista conobbe il Capriani. Secondo l’ipotesi di Laura Marcucci, il segretario Giovanni Francesco Peranda potrebbe aver favorito l’inserimento dello scultore Giovanni Battista e dell’architetto Capriani nell’ambiente romano dei Caetani30. Peranda, infatti, fu segretario dapprima del cardinale Francesco Gonzaga (1561), fratello di Cesare, e poi, dal maggio del 1566, del cardinale Niccolò Caetani mantenendo il servizio per trent’anni31. Suppongo che il Peranda, nella corte Gonzaga, ebbe occasione di conoscere lo scultore Tommaso se in quella minuta nomina Giovanni Battista come «nipote di Tomasino», inoltre Tommaso aveva anche lavorato proprio per il cardinale Francesco Gonzaga. L’incontro fra Giovanni Francesco Peranda, Francesco Capriani e Tommaso, potrebbe dunque essere avvenuto nella corte Gonzaga e poi, tramite l’intercessione dello zio, sarebbe stato presentato al Peranda il giovane scultore Giovanni Battista. Ricordiamo inoltre che Tommaso, fra il 1564-1565, lavorava accanto a Giovanni Boccalini – cui sarà affidato, dieci anni dopo, il primo progetto per il monumento a Niccolò Caetani, poi concluso dal Capriani e da Giovanni Battista Della Porta – per stimare la collezione del cardinale Rodolfo Pio da Carpi nella vigna al Quirinale32. Laura Gori valuta anche l’ipotesi che la scelta dei due artisti, Capriani e Giovanni Battista Della Porta, da parte di Niccolò Caetani potesse essere avvenuta in seguito agli stretti rapporti stabiliti con il cardinale Ippolito d’Este33. Il Capriani lavorò per Ippolito a Tivoli a partire dal 1570 e pochi anni prima Giovanni Battista aveva realizzato le Ninfe per la fontana dell’Ovato di Villa d’Este (figg. 4-6). Infatti, nel luglio del 1567 fu stilato il contratto per l’esecuzione di dieci Ninfe in peperino
1991, p. 69. Ibidem; caetani 1933, pp. 103-104. 32 In seguito alla morte del cardinale Rodolfo Pio da Carpi (2 maggio 1564) furono stesi due inventari e due brevi elenchi della sua collezione, divisa tra il palazzo in Campo Marzio e la vigna in Quirinale: Stimma delle anticaglie e pitture heredità del Card. Ridolfo Pio ritrovate in Roma fatta da Boccalino da Carpi, Danielo da Volterra e Messer Tommaso scultore del 2 maggio e uno più tardo del 27 giugno 1565. Come periti vengono chiamati l’architetto carpigiano Giovanni Boccalini e lo scultore Tommaso Della Porta per le sculture della vigna di Monte Cavallo, mentre le antichità e i dipinti conservati nel palazzo di Campo Marzio vengono valutati da Boccalini e da Daniele da Volterra usando «diligentia in considerare la rarità delle cose, et la bellezza et bontà delle antiquità». Come suggerisce Vasari, l’architetto Giovanni Boccalini portò avanti la fabbrica dell’Ornamento della Santa Casa di Loreto proprio sotto il cardinale da Carpi sino al 1563. svalduz 2002, pp. 30-48, 40, nota 79. franzoni 2002; mancini 2003, pp. 37-59. È importante segnalare che al Boccalini, alla fine degli anni settanta, fu assegnato il primo progetto per la tomba parietale di Niccolò Caetani nella basilica di Loreto, l’incarico passò poi a Francesco Capriani da Volterra e Giovanni Battista Della Porta. 33 gori 2007, p. 69. 30 31
marcucci
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coperto di stucco bianco per la fontana dell’Ovato a Villa d’Este a Tivoli34. Delle Ninfe oggi non rimangono che lacerti, corrosi dal continuo fluire di acque calcaree e sepolti dalla proliferazione di muschio. In esse prevale senza dubbio l’impronta di Pirro Ligorio, autore dei disegni delle statue, che nella severità delle pose e nella rigidità dei panneggi si allineano con le altre figure che decorano le fontane della stessa Villa. Per un giovane scultore che tentava di inserirsi nell’ambiente romano, il cantiere di Villa d’Este rappresentava senza dubbio un ottimo punto di partenza, frequentato da maestranze provenienti da ogni dove e diretto per la pittura da maestri celebri come Girolamo Muziano, Federico Zuccari, Livio Agresti. Inoltre per Ippolito d’Este, Della Porta aveva iniziato il restauro di una colossale statua di Tiberio venduta nel 1566 da Mario Ciotto al cardinale, anch’essa destinata ad ornare la Villa di Tivoli35. La statua non fu terminata da Della Porta probabilmente perché nel novembre del 1567 tornò in Lombardia, e fu poi affidata, con un atto del 13 dicembre 1567, ad altri due scultori: Gillio dalla Ulliete (italianizzato Egidio della Riviera) e Agostino Carboni. Sottoscrivono l’atto di obbligazione Cornelio Fochetto e l’antiquario Vincenzo Stampa. La presenza di Giovanni Battista nell’importante cantiere di Villa d’Este presuppone una sua prima produzione romana, non ancora nota, probabilmente in collaborazione con lo zio Tommaso o presso la bottega di Guglielmo come restauratore di antichità. Lo stesso Tommaso, come abbiamo visto, fra il 1564-1565, frequentava la bottega di Guglielmo, lavorando al fianco di Niccolò Longhi (assistente e cognato di Guglielmo) nel restauro di sculture antiche36. Oltre alla corte Gonzaga, Tommaso il Vecchio probabilmente tentò di inserire il nipote Giovanni Battista nella cerchia fastosa e ambita dei Farnese. Nel 1562 Tommaso era impegnato nella vendita della serie dei Dodici Cesari al cardinale Alessandro Farnese in cambio del cavalierato di San Pietro; se il titolo si fosse reso vacante durante la sua vita sarebbe passato al nipote37. Nel novembre del 1567 Giovanni Battista rientrava in patria, rimanendo al Nord almeno fino al giugno dell’anno successivo, pertanto doveva essere sceso a Roma già da qualche anno, forse intorno al 1562, mentre suo zio Tommaso negoziava non solo con il cardinale Farnese, ma anche con il vescovo Girolamo Garimberto e Cesare Gonzaga assicurando al nipote importanti mecenati. Fu dunque in seguito alla morte dello zio, avvenuta negli ultimi mesi del 1567, che Giovanni Battista ricevette l’onorificenza del cavalierato di San Pietro,
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tucci 35 36 37
Doc. 6. Gli interessi antiquari del cardinale Ippolito d’Este sono stati approfonditi da vene2010, pp. 51-75 e cacciotti 2010, pp. 77-111 e più di recente da ferruti 2013, pp. 367-390. Doc. 9. brentano 1989, pp. 212-213. riebesell 1989, pp. 28-30.
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divenendo il «Cavalier Della Porta»38. Secondo il biografo Giovanni Baglione, Giovanni Battista realizzò «li dodici Cesari con li suoi petti, e si portò così eccellentemente che il cardinale Alessandro il regalò, e fecelo Cavaliere dello Speron d’oro»39. Un’imprecisione chiarita prima da Faldi, poi da Riebesell e ulteriormente risolta da Brown40. Il cardinale Alessandro commissionò due serie di busti di imperatori: una per il palazzo di Roma e l’altra per Caprarola. Già Gramberg mise in relazione la serie di Caprarola con la notizia riportata dal Baglione e sulla stessa linea Partridge identificava in Giovanni Battista Della Porta l’autore della serie proveniente dal cortile circolare di Caprarola e poi sistemata nella galleria dei Carracci a Roma41. Gli studi di Riebesell assegnano i busti dei Cesari attualmente nell’ingresso di Palazzo Farnese a Roma a Tommaso Della Porta il Vecchio, un’attribuzione che, pur sostenuta da dati archivistici per l’identificazione dell’autore, rimane problematica per l’incerta provenienza della serie. Sulla vendita dei Dodici Cesari al cardinale Farnese, Riebesell ha indicato il documento, pubblicato da Lanciani, datato 25 febbraio 156242 in cui sono descritti, più nel dettaglio, le condizioni di vendita e di pagamento dei busti; alla banca «eredi di Luigi Rucellai» il cardinale affidava le modalità d’acquisto della serie. Le lettere di Teodoro Rivi al cardinale Farnese, chiariscono ulteriormente la vicenda: «Dopo che ho avisato Vostra Signoria Illustrissima del cavallerato, è stato da me messer Thomaso, con che lei tien obligo per le statue de imperatori, d’un cavallerato simile, et la prega gli vogli dar questo; l’obligo suo è che Vostra Signoria Illustrissima fra 18 mesi gl’habbia a dare un cavallerato di San Pietro et, se tra tanto vacasse uno di San Paolo, cominciando a genaro prossimo passato, et tra tanto, dandogli quatro scudi di moneta il mese, si può trattenere anchor dieci mesi, ma se gli paga i quatro scudi et si corre il pericolo del cavallerato di San Paolo o che anchor non venghi altra vacantia. Però, essendo dubiosa la resolutione, oltre a qualche altro rispecto, non dirò per hora qual mi giudichi il meglio et aspetterò d’essequire quanto lei prudentissimamente in ciò mi commanderà»43.
Nel libro dei conti del cardinale, nel dicembre 1562 sono appuntati 900 scudi da pagare a Tommaso che probabilmente non fece in tempo a riscuotere cedendo
I servitori di Casa Farnese, tramite alcune lettere scritte nel mese di settembre 1566, annunciavano al cardinale Alessandro che maestro ‘Thomasino’ «è amalato grave, ma ci è ancho qualche speranza di salute»: brown - lorenzoni 1993, p. 231, nota 3. Tommaso risulta già morto nella lettera del 2 novembre 1567 scritta dal vescovo Garimberto a Cesare Gonzaga (doc. 8). 39 baglione 1642, p. 74. 40 faldi 1954, p. 50; riebesell 1989, pp. 28-30; brown - lorenzoni 1993, pp. 230-232. 41 gramberg 1933, p. 280; partridge 1971, pp. 480-481. 42 lanciani 1902-1912, vol. 2, pp. 179-180; riebesell 1989, p. 28, nota 38. 43 La lettera è datata 5 settembre 1562, è trascritta in brown - lorenzoni 1993, p. 231, nota 3 e l’attuale segnatura archivistica è ASP, Carteggio Farnesiano Estero, Roma, b. 447, fasc. 2. 38
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così il titolo di Cavaliere al nipote Giovanni Battista44. Pertanto si smentisce la notizia di Baglione secondo cui Giovanni Battista fu l’autore dei busti Farnese. Anche la lettura stilistica smentisce le parole del biografo: i busti, attualmente visibili nell’andito del Palazzo Farnese di Roma, sembrano molto più rifiniti, quasi ritratti al ‘naturale’, rispetto allo stile severo della serie borghesiana realizzata da Giovanni Battista (figg. 66-77). Seguendo Baglione, Della Porta è stato citato più volte come restauratore di antichità al servizio dei Farnese, tenuto in gran considerazione dal cardinale, tanto da essere insignito del titolo di Cavaliere45. Come già precisato, in realtà Giovanni Battista ottiene il titolo solo per la morte dello zio Tommaso al quale l’onorificenza era stata promessa, inoltre gli studi più recenti sulla collezione Farnese di antichità, per la paternità dei restauri, escludono il nome di Giovanni Battista Della Porta citando solo Guglielmo Della Porta e Giovanni Battista Di Bianchi46. Smentire le parole di Baglione non equivale però ad escludere l’ipotesi che Giovanni Battista, giunto a Roma nei primi anni sessanta, si fosse inserito nella corte del cardinale Alessandro Farnese, favorito dal più anziano parente Guglielmo e dallo zio Tommaso. È pur vero che l’assenza del nome di Giovanni Battista nella copiosa documentazione farnesiana lascia pensare che lo scultore non abbia mai lavorato per il ‘Gran Cardinale’47, ma bisogna tener conto del fatto che, a quelle date, lo scultore, essendo ancora troppo giovane, non avrebbe potuto sottoscrivere documenti di allogazione o i pagamenti di un intero lavoro (di restauro, reimpiego od ornamentale). Una conferma, cronologicamente successiva, del legame fra Giovanni Battista e la corte Farnese, può trarsi da una sinora inedita committenza: la realizzazione del monumento funerario al cavaliere Alessandro Guarnelli (fig. 10), segretario del cardinale Alessandro Farnese. Il cavaliere Guarnelli (1531-1591) fu infatti particolarmente legato al cardinale Farnese per tradizione familiare e, da poeta colto, gli dedicò la sua prima opera letteraria pubblicata nel 1554: la traduzione in ottave del primo libro dell’Eneide48. Torquato Tasso scrisse nel 1585 il sonetto Per te, Guarnello, la pietate e l’armi, con l’intento di celebrarne sia la traduzione del poema epico virgiliano sia la protezione farnesiana. Guarnelli venne insignito dell’onorificenza di cavaliere forse per il tramite del Farnese, e poté vantare
1989, p. 29, nota 40. 1971, p. 482. 46 Sui tentativi di attribuzione a Giovanni Battista Della Porta dei restauri delle antichità Farnese come il Toro, l’Atlante, la Flora e l’Ercole Röttgen nelle note alla biografia di Baglione cita studi ormai molto datati e ridiscussi (röttgen 1995, vol. 3, p. 566). Per i restauri Farnese cfr. prisco 2007, pp. 81-134. 47 robertson 1992. 48 Sul Guarnelli vd.: russo 2003, pp. 405-407. 44
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questo titolo già nel 1571, quando pubblicava, come «Cavalier Guarnello», due componimenti per la celebrazione della vittoria a Lepanto49. L’attribuzione del monumento al Della Porta, qui discussa per la prima volta, si basa sul documento inedito, datato 14 aprile 1591, in cui si specifica che Lorenzo Fragni, medaglista parmense e amico di Della Porta, avrebbe dovuto riscuotere alcuni denari per conto dello scultore, in particolare: «Dalli heredi del signor Cavalier Guarnello se li ha speso per far l’opera della sua memoria scudi 59 et non si contentando la facciano stimare se ne è havuto scudi 30 a bonconto»50. Si tratta di una lista di crediti che Della Porta consegna al Fragni affinché provveda alla riscossione dei compensi. Il riferimento al pagamento di 59 scudi dagli eredi del Cavaliere Guarnello «per far l’opera della sua memoria» è dunque da ricondurre con molta probabilità alla costruzione del monumento Guarnelli, ora a Santo Spirito in Sassia, che fu commissionato appunto a Della Porta dagli eredi del Guarnelli dopo la sua morte occorsa, come si legge nell’iscrizione, nel 1591 (fig. 10). Inoltre, nel documento si cita il «cavalier Guarnelli»: Alessandro fu l’unico fra i Guarnelli ad essere insignito del titolo di cavaliere dell’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, come precisato nell’iscrizione, il che rende univoca l’identificazione della memoria con quella conservata a Santo Spirito in Sassia. Il disegno compositivo della memoria Guarnelli realizzata in marmi colorati segue la tipologia assai diffusa della lastra tombale sormontata da timpano spezzato con al centro lo stemma gentilizio (o il ritratto del defunto), come i casi emblematici dei monumenti in commesso marmoreo a Pio IV (realizzato da Alessandro Cioli nel 1582), e al cardinale Giovanni Antonio Serbelloni (1591) posti nell’abside di Santa Maria degli Angeli51. Da recenti studi sulla scultura veneta è emersa poi la presenza di Della Porta nella Serenissima durante gli ultimi mesi dell’anno 157352. A quelle date doveva essere noto a Padova se i Presidenti della Cappella dell’Arca (Basilica del Santo) chiesero informazioni sul suo operato e su quello di Girolamo Campagna (1549post 1617) per completare il rilievo marmoreo con Sant’Antonio che risuscita il giovane di Lisbona, lasciato incompiuto da Danese Cataneo (ca. 1510-1572)53. Lo si deduce da una lettera dei Presidenti dell’Arca, datata 10 novembre 1573, nella quale si fa esplicito riferimento a delle opere fatte da Della Porta per il Cavaliere Mocenigo e l’eccellentissimo Sonica:
Ibidem. Doc. 88, cc. 495r-498v: 496r. 51 Vedi qui p. 8. Cfr. schiavo 1954, pp. 15-42, 35-36, n. 48; schiavo 1990, pp. 515, 996-997. 52 tumidei 1999, pp. 107-125, 121. 53 sartori 1976, p. 37. Su Danese Cataneo e Girolamo Campagna si vedano le pagine aggiornate di Massimiliano Rossi e Andrea Bacchi nel catalogo ‘La bellissima maniera’, a cura di bacchi - camerlengo - leithe-Jasper, pp. 237-248, 399-416. 49 50
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«Desiderando noi di far finir a qualche eccellente sculptore il quadro che già fu cominciato dal quondam mistro Dainese Cathaneo per fi nir la Caphela del glorioso Sant’Antonio, havendo molti partiti s’habbiano rissolto di voler haver informatione delle opere fatte per il Kavalier Giovanni Battista in casa del carissimo Kavalier Mocenigo et dell’eccellentissimo Sonica et anco di quelle fatte per mistro Gerolimo Campagna arlevo di esso Cathaneo in casa del clarissimo messer Giacomo Contarini»54.
Nella lettera è citato un certo «Kavalier Mocenigo», che può essere identificato con Leonardo Mocenigo, collezionista veneto di antichità del secondo Cinquecento, l’unico fra i Mocenigo insignito del titolo di Cavaliere da Ferdinando I55. Il Sonica invece potrebbe essere Francesco Assonica avvocato, collezionista e ‘compare’ di Tiziano, che nelle Vite di Giorgio Vasari è citato come Francesco Sonica proprietario di una villa a Padova così come Leonardo Mocenigo56. In un documento di poco successivo, datato 27 novembre 1573, sono indicate le proposte di quattro scultori ai presidenti dell’Arca per l’esecuzione del bassorilievo e, accanto a Della Porta e Girolamo Campagna, compaiono i nomi di Antonio Gallini e Francesco Segala57. Il documento conferma, inoltre, che il «Cavalier Giovanni Battista» citato nella prima lettera è senza dubbio il Della Porta: «Et dum haec tractarentur sermo quoque inter ipsos r.dos et magnificos praesidentes habitus fuit de persona magnifici equitis d. Io Baptistae Porta pariter sculptoris. Et maturam considerationem habuerunt super ipsis quattuor sculptoribus et ablationibus sive partitis per eos factis, contentis in ipsis scripturis tenoris infrascripti videlicet»58.
La scelta finale cadde poi sul Campagna, che terminò il rilievo nel 1577. Al di là dell’esito della vicenda, occorre domandarsi come mai per quel lavoro si pensò al Della Porta, dato che non sono note opere dello scultore eseguite prima del 1573
1976, p. 37. Puppi precisa inoltre gli estremi cronologici del cavaliere (22 giugno 1523-1575): cfr. puppi 1987, pp. 337-362, 343, 349; id. 1990, pp. 65-69, 67, 68; brown 1999, pp. 55-76. 56 vasari 1568, vol. 7, p. 456; mancini 1995, pp. 141-142; id. 2005, pp. 109-117. 57 sartori 1976, p. 38. 58 Ibidem. Sulla base di questi dati e di affinità stilistiche con le decorazioni di Loreto, Stefano Tumidei propose l’attribuzione al Della Porta per i rilievi al monumento Cornaro nella Chiesa di San Salvador a Venezia (tumidei 1999, p. 121, note 80-81). La costruzione paratattica dell’episodio presuppone piuttosto la mano di uno scultore che aveva assimilato la lezione di Jacopo Sansovino nei rilievi padovani, rimanendo lontano dalle soluzioni molto più sintetiche di Della Porta. Per la genesi complessa dei monumenti a Caterina Cornaro e ai cardinali Marco (m. 1524), Francesco (m. 1527), Andrea (1551), monumenti per i quali stando a Vasari, già Giovanni Maria Falconetto aveva approntato un progetto e che Francesco Sansovino nel 1663 riferisce, quanto all’architettura, a Bernardo Contino, si rimanda agli studi di hochmann 1992, pp. 97-110, 107, nota 55; simane 1993, pp. 128-130. 54 55
sartori
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in Veneto e in Lombardia; per giunta Della Porta non si era ancora cimentato nella scultura in rilievo. Le uniche tracce di un soggiorno veneto dello scultore prima del 1573 si desumono dalla corrispondenza fra Jacopo Strada e Cesare Gonzaga. Nella lettera, già citata, del 16 giugno 1568, da Venezia, l’antiquario raccomandò Della Porta al Gonzaga perché andasse a buon fine il «negozio» (riferendosi al commercio di antichità) dello stesso scultore. A Venezia dunque, oltre alla conoscenza con Jacopo Strada, Della Porta sembra esser stato legato a mecenati quali Mocenigo e Sonica che avrebbero fatto parola di lui nell’ambiente artistico padovano. Allo scadere del settimo decennio, da Porlezza arrivava a Roma il fratello minore di Giovanni Battista, omonimo dello zio e perciò chiamato Tommaso Della Porta il Giovane che, come scrive Baglione, si dedicò «al medesimo traffico del fratello [Giovanni Battista], onde gran quantità di buone cose antiche ritrovavasi; e professò mercanzia di cambiare anch’esso»59. Tommaso affiancherà il fratello Giovanni Battista nelle realizzazione delle Sibille e dei Profeti (figg. 13-25) destinate all’ornamento marmoreo della Santa Casa nella Basilica di Loreto e all’epilogo della carriera, dimostrerà una sua autonomia stilistica nel celebre gruppo della Deposizione della Croce (fig. 26) sull’altare dell’oratorio della chiesa dei Santi Carlo e Ambrogio al Corso60. Il suo apporto nelle statue lauretane dovette essere considerevole, così impregnate di michelangiolismo e al contempo di quella tendenza «settentrionale e sansovinesca che Aurelio Lombardo (1501-1563) aveva trapiantato a Loreto»61. In questa città, centro artistico piuttosto singolare, isola felice delle committenze religiose, crogiolo di tendenze già ben delineate, Giovanni Battista può aver assaporato encomiabili brani di naturalismo e del linguaggio equilibrato ed armonico, principalmente toscano, ivi inaugurato da Andrea Sansovino (14671529). Roma, e più in generale lo Stato della Chiesa, era dunque in grado di offrire lavoro per scultori che fra i cantieri del Nord, dal Duomo di Milano alla Certosa di Pavia, non avevano trovato posto. La lezione lombarda non fu però mai dimenticata dal nostro. L’anatomia delle sibille lauretane, ad esempio, è resa attraverso la ritmica ‘lombarda’ delle pieghe del panneggio, analogamente alle soluzioni adottate da Cristoforo Lombardo (doc. 1510-1555) e dal Bambaia (1483-1548). Della Porta continuerà a confrontarsi con la cultura di provenienza e forse guarderà con interesse al «classicismo gelato» di Giovanni Antonio Buzzi (doc. 1559-1591). Dal classicismo composto delle Ninfe di Tivoli lo scultore evolve verso una resa più naturalistica dichiarata nei Profeti. Se da un lato Giovanni Battista rimane più
1642, p. 152. 1993, pp. 120-125. 61 rotondi 1941, p. 16. Sull’attività di Aurelio Lombardo a Loreto: pp. 219-231; arcangeli 1993, pp. 361-366. 59
baglione
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panofsky
giannatiempo lópez
1992,
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fedele al modello antico nelle pose rigide, cristallizzate, nei volti inerti, per nulla caratterizzati, dall’altro Tommaso sembra più sensibile alla tensione lineare delle forme dialogando con la produzione di Jacopo del Duca62. Il volto espressivo del Balaam (figg. 23-24) dichiara senza dubbio la mano di Tommaso lontano dall’‘imperturbabile’ Isaia (fig. 25), opera invece di Giovanni Battista. In base agli stessi parametri le Sibille Ellespontica, Tiburtina, Persica, Eritrea, Samia, Cumea e Libica (figg. 13, 15-16, 18-19, 20-21) potrebbero dunque essere attribuite a Giovanni Battista, mentre al solo Tommaso è riferibile la sibilla Cumana (fig. 17). Difficile è invece stabilire la paternità delle sibille Delfica e Frigia. Il volto della Delfica (fig. 22) ricorda molto lo stile di Tommaso ma le gambe inerti ne allontanano l’attribuzione, sarà forse un’opera di collaborazione? E così anche la delicata sibilla Frigia (fig. 14), il cui putto avanza leggerissimo in un’elegante torsione, farebbe pensare a Tommaso, ma le pieghe del panneggio così fitte e regolari richiamano lo scalpello del fratello maggiore e dunque si presuppone la mano di entrambi. Contemporaneamente al cantiere di Loreto, Giovanni Battista prese parte ai lavori promossi da Gregorio XIII per il rinnovamento dell’altare del Santissimo Sacramento di San Giovanni in Laterano, coordinati dall’architetto Francesco Capriani da Volterra, e nel 1576 veniva pagato per un Cristo risorto e due angeli. Brentano identificò le statue citate nel documento con quelle che ora coronano l’altare del coro d’inverno (o cappella Colonna, figg. 31-32)63. In queste opere lo scultore sembra allinearsi ad una certa produzione romana, che potrebbe essere il lascito romano della bottega di Jacopo Sansovino. Dai due angeli del Laterano, eseguiti intorno al 1576 (fig. 34), affiora la robusta matrice sansovinesca che ritorna nei due fanciulli del rilievo dell’acquedotto Felice accostabili stilisticamente agli energici putti del monumento Michiel-Orso (1520) in San Marcello al Corso e agli angeli della memoria di Ludovico Grati Morganti (1532) in Santa Maria in Aracoeli64. Nella bottega Della Porta risulta attivo anche il fratello minore Giovanni Paolo che sebbene «di scultura non s’intendeva»65, compare almeno in tre cantieri: la cappella Caetani in Santa Pudenziana, la cappella di San Pietro nella stessa basilica e, nel 1598, il monumento ad Ercole Estense Tassoni per il coro di San Pietro in Montorio realizzato insieme al fratello Tommaso il Giovane66. Se pur alterato nella composizione per il riassetto nel primo chiostro della chiesa e la ricostruzione subita nel secondo Ottocento, il monumento Tassoni dà l’idea della continuità della bottega e può essere facilmente accostato, per linearità compositiva ed uso sapiente
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Su Jacopo Del Duca si veda: frascarelli - testa 1973. brentano 1989, p. 185. strinati 1992, pp. 334-335, nota 1, p. 361, nota 1; donati 2008, pp. 107-134. Come scrive baglione 1642, p. 152. benocci 2011, pp. 41-56.
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dei marmi colorati, al monumento del cardinale Francesco Alciati in Santa Maria degli Angeli (fig. 84) o al monumento ad Alessandro Guarnelli cui si è fatto cenno. Giovanni Paolo Della Porta si occupò del commercio di pietre e marmi mischi destinati al pavimento della chiesa della Madonna dei Monti per il quale fu pagato ben 800 scudi (nella stessa chiesa, a partire dal 1581, sono documentati lavori eseguiti da Giacomo Della Porta, e fra il 1584-1585 Giovanni Battista Della Porta progettò l’altare della cappella Falconi)67. Inoltre, al solo Giovanni Paolo, il 13 marzo 1607, venne commissionata la costruzione in marmi colorati del monumento al cardinale Simone Tagliavia d’Aragona, oggi disperso68. A partire dal 1578 e sino al 1614, questa bottega a conduzione familiare trovò, il suo assetto in un antico casolare all’angolo fra via dei Pontefici e via del Corso, nel rione Campo Marzio (fig. 7), nei pressi dell’antico Mausoleo di Augusto69. Dal testamento di Giovanni Battista Della Porta del 1590 apprendiamo anche i nomi di altri componenti della bottega, curiosamente tutti toscani, definiti «familiari» del testatore: gli scalpellini Francesco de’ Rossi (doc. 15771605) da Fiesole e suo figlio Battista, Domenico De Justi da Montepulciano, Emilio da Foiano «lustratore de pietre» e Achille de Furbatis da Carrara70. La provenienza toscana di questi scalpellini contraddice apparentemente il sistema ramificato professionale lombardo, e forse risponde alle dinamiche di bottega per cui si Fig. 7. Via del Corso e via dei Pon- sceglievano collaboratori lombardi o ticinesi e tefici, disegno, 1656, BAV, Chigi P, aiutanti subalterni toscani. VII, 13, c. 28.
«E più furono vendute dalo Giovanni Pauolo varie Pietre et marmi mischi per fari il Pavimento della Chiesa della Madonna delli Monti, che con il partito di metter in opera il detto Pavimento importo intorno a scudi ottocento di moneta per accordo et Istrumento rogato per il Notaro della Chiesa cioè dico scudi 800» (doc. 115). Nel giugno 1590 Giacomo Della Porta cominciò la costruzione della chiesa della Madonna dei Monti a Roma, finanziata da Gregorio XIII. Nel 1587 curò la decorazione plastica dell’interno e nel 1588 si pose il lanternino della cupola, suo è anche il disegno della seconda cappella sinistra, i cui lavori iniziarono nel luglio 1581: bedon 1989, p. 165. Sulla cappella Falconi guerrieri borsoi, in madonna 1993, p. 231, n. 23a. 68 panofsky 1993, pp. 143, 167. 69 Ibidem, p. 165. 70 Doc. 83, c. 23r. Su Francesco de’ Rossi: lombardi, in madonna 1993, p. 556; fratarcangeli lerza 2009, pp. 211, 254, 255. 67
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Fig. 8. Tommaso Della Porta il Vecchio, Ferrante Gonzaga, 1561-1562 ca., Parma, Liceo artistico «Paolo Toschi» (foto Franco Lori).
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Fig. 9. Tommaso Della Porta il Vecchio, Ferrante Gonzaga, 1561-1562 ca., Parma, Liceo artistico «Paolo Toschi», particolare (foto Franco Lori).
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Fig. 10. Giovanni Battista Della Porta, Monumento ad Alessandro Guarnelli, post 1591, Roma, Santo Spirito in Sassia.
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Fig. 11. Giovanni Battista Della Porta, Monumento ad Alessandro Guarnelli, post 1591, Roma, Santo Spirito in Sassia, particolare.
Fig. 12. Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete nord, 1513-1579, Loreto, Basilica.
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Fig. 13. Giovanni Battista Della Porta, Sibilla Ellespontica, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete nord.
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Fig. 14. Giovanni Battista Della Porta, Tommaso Della Porta il Giovane, Sibilla Frigia, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete nord.
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Fig. 15. Giovanni Battista Della Porta, Sibilla Tiburtina, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete nord.
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Fig. 16. Giovanni Battista Della Porta, Sibilla Persica, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete sud.
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Fig. 17. Tommaso Della Porta il Giovane, Sibilla Cumana, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete sud.
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Fig. 18. Giovanni Battista Della Porta, Sibilla Eritrea, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete sud.
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Fig. 19. Giovanni Battista Della Porta, Sibilla Samia, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete est.
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Fig. 20. Giovanni Battista Della Porta, Sibilla Cumea, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete est.
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Fig. 21. Giovanni Battista Della Porta, Sibilla Libica, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete ovest.
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Fig. 22. Giovanni Battista Della Porta, Tommaso Della Porta il Giovane, Sibilla Delfica, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete ovest.
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Fig. 23. Tommaso Della Porta il Giovane, Profeta Balaam, 1578, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete est.
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Fig. 24. Tommaso Della Porta il Giovane, Profeta Balaam, 1578, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete est, particolare.
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Fig. 25. Giovanni Battista Della Porta, Profeta Isaia, 1578, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete nord.
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Fig. 26. Tommaso Della Porta il Giovane, Deposizione di Cristo, 1600 ca., Roma, Santi Ambrogio e Carlo al Corso.
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Figg. 27-28. Tommaso della Porta il Giovane, Sibille (Vecchio e Nuovo Testamento), 1583 ca., Roma, Santi Ambrogio e Carlo al Corso.
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Fig. 29. Tommaso Della Porta il Giovane, Sibilla (Vecchio Testamento), 1583 ca., Roma, Santi Ambrogio e Carlo al Corso.
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Fig. 30. Tommaso Della Porta il Giovane, Deposizione di Cristo, 1600 ca., Roma, Santi Ambrogio e Carlo al Corso.
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Fig. 31. Giovanni Battista Della Porta, Cristo e due angeli, 1576, Roma, San Giovanni in Laterano, cappella Colonna (foto Pierluigi Mulas).
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Fig. 32. Giovanni Battista Della Porta, Cristo e due angeli, 1576, Roma, San Giovanni in Laterano, cappella Colonna (foto Pierluigi Mulas).
Fig. 33. Marcantonio Ciappi, altare, 1596, disegno, in Compendio delle heroiche et gloriose attioni, et santa vita di Papa Gregorio XIII, Roma 1596, p. 9.
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Figg. 34-35. Giovanni Battista Della Porta, Angelo e Cristo, 1576, Roma, San Giovanni in Laterano, cappella Colonna (foto Pierluigi Mulas).
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Rientrato a Roma dopo i cantieri di Tivoli e di Loreto, lo scultore proseguì la carriera sotto l’egida di illustri mecenati come i Gonzaga (Cesare, Scipione e Vespasiano) e i pontefici che si susseguirono nel ventennio 1572-1592 (Gregorio XIII, Sisto V, Gregorio XIV). Ma furono alcuni membri della famiglia Caetani ad inaugurare la felice stagione di committenze prestigiose affidate allo scultore, stranamente taciuta dal biografo Baglione1. Nell’ambiente colto e raffinato di quella corte romana, gestita in gran parte dal dotto segretario Giovan Francesco Peranda, Della Porta seppe muoversi con agio, lavorando, oltre che come ‘statuario’, anche in qualità di esperto e procacciatore di marmi antichi e lasciando miglior prova come ritrattista2. Gli studi di Laura Gori sul mecenatismo Caetani mettono in luce l’impegno della famiglia nel campo delle arti sul fronte del collezionismo delle antichità, della realizzazione di imprese architettoniche – nella decorazione delle loro residenze (da palazzo Caetani all’Orso alla villa al Quirinale, al Palazzo di Cisterna) – della promozione di cantieri scultorei. Spetta al cardinale Niccolò Caetani il merito di aver dato lustro al casato di Sermoneta, favorendo i nipoti, Enrico, Onorato IV e Camillo, nelle rispettive carriere politiche ed ecclesiastiche. In questo clima culturale – sull’esempio del mecenatismo Farnese – stimolato dal fiorire degli studi antiquari, pervaso dal gusto delle ornamentazioni policrome, secondo un’ideale continuità con il mondo aulico delle antichità classiche, i cantieri artistici promossi dai Caetani rispondevano alla progressiva tendenza della strategia di comunicazione dell’immagine del potere, e contribuirono di fatto all’affermazione del Casato. Cantieri in cui fu all’opera un’équipe eterogenea di architetti, sculto-
baglione 1642, p. 74. Laura Gori ha dedicato la sua tesi di dottorato e alcuni contributi alla committenza dei Caetani nel Cinquecento: gori 2007, 2011, 2012. Inoltre cfr.: caetani 1933; de caro, 1973, pp. 148-155, 197-201, 205-209; lutz 1973, pp. 137-141; aurigemma 2004, pp. 198-199; negro 2007, pp. 193-235; picozzi 2007, pp. 267-282; parlato 2009, pp. 143-164. 2 Sul Peranda vd. gori 2011, pp. 97-106. 1
Giovanna Ioele, Prima di Bernini. Giovanni Battista della Porta scultore (1542-1597), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2016 ISBN 978-88-6372-763-0 eISBN 978-88-6372-764-7 – www.storiaeletteratura.it
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ri, scalpellini, stuccatori, mosaicisti, fonditori e pittori capeggiata dal volterrano Francesco Capriani e da Giovanni Battista Della Porta e Pietro Paolo Olivieri. Si è già discusso sui possibili intermediari che avrebbero aiutato lo scultore Della Porta a giovarsi della protezione dei Caetani e si è avanzata l’ipotesi che ciò probabilmente avvenne per il tramite dello zio Tommaso Della Porta il Vecchio. Nel contesto della corte Gonzaga di Mantova e di Guastalla Tommaso, infatti, potrebbe aver conosciuto il segretario Peranda e l’architetto Capriani entrambi poi al servizio dei Caetani. Il primo incarico assegnato al Della Porta si data all’anno 1578: si tratta della tomba del cardinale Niccolò Caetani destinata alla Basilica di Loreto e realizzata interamente a Roma sotto la vigile supervisione dello stesso cardinale (fig. 36). L’opera, montata a Loreto nel 1580, fu il risultato della stretta collaborazione fra il Della Porta e l’architetto volterrano Francesco Capriani che seppero assecondare le volontà del committente Caetani. Della Porta realizzò le due statue allegoriche poste ai lati del monumento e commissionò ad Antonio Calcagni (1536-1593) la fusione in bronzo della statua centrale del cardinale Niccolò3. Le linee asciutte e sintetiche del volto della statua (fig. 39) rispondono allo stile severo dei ritratti dellaportiani e presuppongono forse un disegno dello scultore, come già intuito da Gelasio Caetani4. Il Caetani è raffigurato quasi di prospetto, inginocchiato su di un cuscino, con il viso rivolto verso la Santa Casa. La mano sinistra è raccolta sul petto, mentre con il braccio destro indica il tabernacolo dell’eucarestia che allora si trovava nell’altare adiacente al monumento funebre. Secondo le disposizioni del cardinale indicate dal segretario Peranda, l’opera doveva rivolgersi alla Santa Casa; disposizioni che avevano destato perplessità all’architetto Giovanni Boccalini (1520 ca.-1580)5 poiché in questa posizione la statua avrebbe voltato le spalle al Santissimo Sacramento, quanto di più inammissibile in quella Basilica. Anche il Capriani nel suo disegno aveva ideato la statua volta al Santissimo Sacramento. La soluzione finale sembra essere un compromesso fra le parti. Niccolò Caetani rivolge lo sguardo alla Santa Casa mentre con la mano destra indica il Sacramento. Nelle statue laterali, raffiguranti le virtù cristiane della Fede e della Carità (figg. 37-38, 40), Della Porta reinterpreta la scultura classica e pare allinearsi al linguaggio lagunare inaugurato dalla bottega di Jacopo Sansovino, recepito probabilmente nel corso dei suoi primi viaggi al Nord; dal paradigma veneto sembra derivare la morbidezza ariosa del panneggio della Fede. Dopo aver realizzato per volere di Gregorio XIV il ritratto del cardinale Federico Cornaro (fig. 97) ed aver visto a Sabbioneta la statua in bronzo di Leone Leoni raffigurante Vespasiano Gonzaga, Della Porta sarà di nuovo al servizio dei Caetani
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Sui dati archivistici cfr. schede nn. 7, 7a, 7b. caetani 1933, p. 172. ceccarelli 2002, pp. 162-176; firpo 1969, pp. 6-8.
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per eseguire il raffinato busto di Onorato IV Caetani (fig. 41)6. Uno State portrait, come direbbero gli anglosassoni, è ciò che realizza lo scultore7. Onorato è esibito alla posterità con una sontuosa lorica squamata, spallacci ornati di teste leonine, la fusciacca rossa tipica dei capitani e una ricca lattuga di foggia spagnola che sottolinea i lineamenti del volto, dallo sguardo fermo e diretto. Evidente è il richiamo alla cultura antiquaria nel sapiente accostamento dei marmi policromi, nonché alla produzione contemporanea – dal naturalismo di Ludovico Lombardi (1509-1575) nel busto in bronzo di Liechtentsein alla poetica del ritratto di Roberto Altemps8 – ed il riflesso della ricercata severità decorativa delle opere di Leone e Pompeo Leoni, imperanti ritrattisti del tempo e scultori di corte di Carlo V e Filippo II di Spagna9. Della Porta e Leone Leoni lavorarono per lo stesso committente: Vespasiano Gonzaga Colonna, il primo fornì al Duca sculture antiche per la sua collezione ed eseguì poi il monumento nella chiesa dell’Incoronata a Sabbioneta (fig. 114), il secondo realizzò la nota effigie del Duca fusa in bronzo il 1574-1577 ed eretta di fronte al Palazzo Ducale nel 1588 (fig. 117)10. Le rotte di alcuni membri della famiglia Caetani s’intrecciarono con quelle di Filippo II e proprio dalla corte spagnola pare originarsi e poi diffondersi il gusto di quella cultura tardo-cinquecentesca che insegue la raffinatezza formale nei limiti della sobrietà e del decoro11. Onorato IV Caetani (1542-1592), duca di Sermoneta, capitano generale delle fanterie pontificie, cognato di Marcantonio Colonna, aveva combattuto tenacemente nella battaglia di Lepanto contro i Turchi (almeno sino alla seconda spedizione del 7 ottobre 1571), dimostrando la rettitudine morale del ‘buon cristiano’; ciò gli valse non solo la menzione di Torquato Tasso, fra gli italiani illustri, nei versi della Gerusalemme conquistata, ma anche il riconoscimento, tanto ambito, di Filippo II di Spagna, nell’investitura dell’ordine del Toson d’Oro (28 ottobre 1587) e, al seguito, ‘laude immortali’ di principi d’Italia e d’Europa12. I versi del Tasso e l’epi-
Cfr. scheda 18. jenkins 1947. 8 venturi 1936, p. 710; torresi 1976, pp. 159-170, 167, nota 22. 9 mezzatesta 1980; urrea 1994; gatti perer 1995; conti 1995, pp. 388-393; carrara 1998, pp. 219-225; pérez de tudela 2000; cupperi 2005, pp. 594-598, 610-612; schröder 2012. 10 mezzatesta 1980, pp. 267-278. 11 checa cremades 1992; id. 1998; pérez de tudela 2000, pp. 249-266; maroto, in checa cremades 2001, pp. 11-41. 12 AC, Fondo generale, 3029, 28 ottobre 1587. Il conte Enrico Olivares de Guzman comunica al cardinale Enrico Caetani che Filippo II ha concesso ad Onorato il Tosone d’oro. de caro 1973, pp. 205-209: 207. Nel 1613 il cardinale Bonifacio Caetani ricordava in merito al titolo che: «Il Tosone fu gran mercede a nostro padre (Onorato) perché l’hebbe in tempo che il Re non l’havea dato se non a principi liberi in Italia et in Roma a Marc’Antonio Colonna et al conte di S.to Fiore in Napoli alli principi di Bisignano et di Solmona et al marchese del Vasto. Ma hora (1613) l’hanno havuti molti che i più in quel tempo erano cavalieri privati». Il passo è citato in caetani 1933, p. 183, nota a. 6 7
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sodio della vittoria a Lepanto del duca Onorato, si rileggono simbolicamente sullo sfondo della pala marmorea (1597-1599) di Pietro Paolo Olivieri nella cappella Caetani in Santa Pudenziana a Roma: le vele delle galee si dispiegano fra le onde e al di sopra trionfa, con la corona d’alloro, l’aquila gloriosa, emblema del casato Caetani. Sebbene sia noto che il Tasso ebbe buoni rapporti con i figli di Onorato, Antonio e Bonifacio, la menzione del Caetani nel poema si spiega probabilmente in quella forte adesione alla fede cattolica che animò tanto il poeta, nella revisione del suo poema, quanto il capitano nell’impresa bellica13. Fede che affiora dal racconto godibile, questa volta di Onorato, della battaglia di Lepanto, nelle lettere scritte allo zio, il cardinale Niccolò Caetani, in cui il duca decantava la sua armata, in toni da epopea, come la più bella che mai sia stata ai tempi dei cristiani. E facendosi portavoce delle raccomandazioni di Pio V, Onorato riferiva allo zio che sopra le galee non si sarebbero condotti giovani senza barba né si sarebbe bestemmiato, perché «le genti di Sua Santità dovevano vivere con tanto zelo di religione e di bontà che dovevano essere esempio a tutti gli altri»14. Messe e benedizioni, presagi celesti e profezie si reiterano nel racconto, quasi nel ricorso all’elemento poetico tassesco del ‘meraviglioso cristiano’. Il segretario di Onorato, Muzio Manfredi, si compiaceva dello spettacolo offerto dall’armata del suo signore e, nel giugno del 1571, scriveva a Giovan Francesco Peranda, segretario di Niccolò: «Il signore [Onorato Caetani] non si armò quella mattina, ma ieri nella mostra della compagnia di Sua Eccellenza si fe’ vedere armato in compagnia del signor Michele [Bonelli]; e certo chi non lo vide in quel suo abito di raso bianco, sotto quelle armi che sono certo belle, e con la picca in spalla, ha perduto di vedere una cosa rara»15.
Il ritratto in arme di Onorato restituito dal Manfredi agevola la lettura formale del busto in marmi colorati dello stesso Onorato (fig. 41) realizzato da Giovanni Battista Della Porta, probabilmente dopo il 1592, a celebrazione del duca dopo la sua morte. Costruito in un sapiente equilibrio cromatico, il ritratto restituisce l’effigie del duca in una forma più duratura e tangibile di quanto avrebbe fatto un corrispettivo in pittura, e si annovera fra i pochi busti in marmo della ricca collezione di ritratti dei Caetani. I lineamenti del viso, leggermente volto a sinistra, disegnano l’imperturbabilità del condottiero valoroso. La barba, segno di virilità e rettitudine morale secondo Pio V, è costruita con brevi segni interrotti di scalpello, meno profondi sulle guance e più incise sul mento. Le arcate sopraciliari accentuano i grandi bulbi oculari, l’iride è cesellata da una doppia trapanatura. La fattura accurata
1933, pp. 181-182. 1893, p. 16. Ibidem, p. 21.
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della medusa scolpita sul petto, che doveva essere nascosta dal toson d’oro (fig. 44), presuppone la realizzazione del busto per sovrapposizioni dei materiali. La collana in marmo giallo, a maglie quadrate e ovali, sarebbe dovuta terminare con il vello d’oro: un ciondolo a forma di ariete simbolo dell’onorificenza del toson d’oro, oggi disperso. Una foto pubblicata nella Domus Caietana, dimostra che fino al 1933 il busto era ancora provvisto del prezioso ciondolo (fig. 42)16. A contatto con il raffinato ambiente di corte Caetani, in quel momento filospagnolo, venne rafforzandosi nello scultore una certa sensibilità per il particolare decorativo come dimostra il trattamento analitico e la rifinitura attenta delle superfici. Non sarà insensato ricordare che fu proprio il fratello di Onorato, Camillo Caetani, inviato come nunzio apostolico in Spagna (1593-1600), a consacrare la chiesa di San Lorenzo all’Escorial (30 agosto 1595) dove ancora oggi si conservano le opere leoniniane17. Camillo Caetani ebbe contatti con la famiglia Della Porta risolvendo le trattative economiche con i fratelli di Giovanni Battista, Tommaso e Giovanni Paolo, per le commissioni eseguite dallo scultore18. Enrico e Camillo intrapresero la carriera ecclesiastica sulle orme dello zio, il cardinale Niccolò Caetani che ottenne il porporato da adolescente, grazie al papa Paolo III Farnese, cugino in primo grado del padre Camillo Caetani. Enrico divenne cardinale nel 1585 e fu affiancato dal fratello Camillo nella legazione in Francia. Camillo ottenne la nunziatura in Spagna e non spezzò mai il legame con la corte romana stabilendo un intenso dialogo epistolare con Enrico, il nipote Pietro (figlio di Onorato IV Caetani), e il cardinale Pietro Aldobrandini19. Il legame diretto di Camillo Caetani con Filippo II, la nobiltà composta e severa che si ravvisa anche in alcuni ritratti pittorici dei membri Cateani (Enrico e Pietro) di derivazione pulzonesca, le tangenze stilistiche con le opere di Leoni sono dati che possono almeno in parte spiegare l’eco di una cultura spagnoleggiante nella produ-
1933, p. 129. Sulla nunziatura in Spagna vd. ibidem, pp. 287-299. Presso l’Archivio Caetani di Roma si conserva un minutario di lettere scritte dal patriarca Camillo Cateani al cardinale Pietro Aldobrandini relative agli affari della nunziatura. AC, Miscellanea, 63 bis, 20061: «All’Ill.mo Card.nale, 9 settembre 1595, Addi 30 di agosto fu consacrata la chiesa di San Lorenzo et durante la cerimonia sua maestà fu sempre presente, et dui altri giorni fece il medesimo alla consacrazione di dui altri altari, hora sedendo, hora in piedi, et mi pare, et nilli altri mi parse di trovarlo con buon colori et con carne nel viso, si bene mi li gambe et pridi la debolezza evidente, fra un mese li partirà dall’escuriale». In un’altra lettera di Camillo del 5 settembre 1595 si legge: «Alli 26 del passato andai a S. Lorenzo perché S.M.tà mi fece dire che voleva che io facessi la dedicatione di quella chiesa, come ho fatto. Mi son trattenuto là dieci giorni, perché oltre la Chiesa, ha anco bisognato consacrare alcuni altari. L’attione è stata fatta con ogni solennità, et S.M.tà ha voluto sempre star presente ad ogni cosa. Ho avuto audienza molto comodamente, et ho trattato de negotii» (AC, Fondo generale, 23655, 22028). 18 Doc. 105. 19 de caro 1973, pp. 148-155; lutz 1973, pp. 137-141. 16 17
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zione più tarda di Della Porta. Probabilmente egli aveva osservato attentamente le rifiniture della statua in bronzo di Vespasiano Gonzaga a Sabbioneta fusa da Leone Leoni nel 1574-1577 (fig. 117). Lo stesso zio Tommaso Della Porta il Vecchio – vero e proprio maestro dello scultore – pare avesse avuto in mano una medaglia di Leoni (1556) per poter realizzare il proprio ritratto in marmo di Ferrante Gonzaga (ca. 15611562, fig. 8)20. In occasione dei suoi ripetuti ritorni in patria Della Porta potrebbe aver osservato anche il celebre monumento del Medeghino realizzato da Leoni e ora nel Duomo di Milano. Il panneggio della fusciacca di Onorato che si dispiega in un elegante nodo dimostra un’acquisita dimestichezza dello scultore nel trattamento delle superfici rispetto ai ritmi ‘normalizzati’ delle vesti delle sibille lauretane. La manifattura del busto di Federico Cornaro (1591, fig. 97) credo vada anteposta al busto del Caetani che rivela una più acuta maturità nelle cesellature. Prendendo come termine post-quem la costruzione del monumento sabbionetano e il busto Cornaro, la forbice cronologica per la datazione del ritratto di Onorato si stringe sullo scadere del 1592, pertanto dopo la morte del Caetani (9 novembre 1592)21. In quella stessa occasione Della Porta fu incaricato di realizzare anche la lastra tombale (fig. 45) del duca Onorato decorata con placchette bronzee raffiguranti trofei militari (1592); la lastra fu dapprima destinata alla chiesa di Santa Maria della Vittoria a Sermoneta (ora nella navata sinistra della Basilica di Santa Pudenziana) insieme ad un elegante stemma (fig. 46) realizzato dallo scalpellino Marcantonio Buzzi (ora nella sala grande del castello di Sermoneta)22. Il cardinale Enrico Caetani appena fu nominato canonico di Santa Pudenziana (15 gennaio 1586) ne avviò lavori di ristrutturazione edificando il sacrario di famiglia (fig. 48) sul luogo più antico della basilica23. Sontuoso esempio di architettura
Il busto di Tommaso Della Porta il Vecchio è pubblicato da gasparotto, in barbieri - olivato 2007, p. 132, n. 83. In una lettera del 16 agosto 1556, indirizzata al Leoni, Ferrante Gonzaga ringraziava l’artista per la medaglia (plon 1887, pp. 127, 267). Sulla medaglia di Leone Leoni si leggono le seguenti iscrizioni: r/: «FER · GONZ · PRAEF · GAL · CISAL · TRIB · MAX · LEGG · CAROLI · V · CAES · AVG», v/: «TV NE CEDE MALIS». attwood 2003, vol. 1, pp. 108-109, nn. 50-51; zanuso, in frangi - morandotti 2002, p. 74, n. 13. 21 de caro 1973, p. 208. 22 Scheda 19. 23 Come scrisse anche Felini: «Questa Chiesa (…) essendo molto mal ridotta, Henrico Cardinal Caetano Titolare di questa la rinovò del tutto, non sparagnando à spesa alcuna, facendovi una Cappella tanto nobile, e magnifica, tenuta delle più belle di Roma, la quale ha più dell’Imperiale, che del Cardinalicio, e elesse quella per se, e suo fratello Patriarca per sepoltura, la tavola dell’Altare è di marmo di basso rilievo di mano dell’Olivieri, la quale rappresenta l’adorazione delli tre Magi, opera molto bella, vicino alla pradella di quest’Altare vi è una graticola d’ottone, sotto la quale vi è la forma d’un Hostia con segno di sangue, per rispetto d’un Prete, il quale celebrando dubitò se in quell’Hostia vi fosse il vero corpo di Christo, e mentre stava in tal dubbio, l’Hostia gli sfuggì di mano, e cadde in terra lasciandovi quel segno» (felini 1610, pp. 188-189). 20
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privata, riflesso del gusto antiquario del committente, la cappella balza agli occhi del visitatore inavvertito dalla sobrietà della basilica che la accoglie e conserva ancora oggi l’assetto seicentesco progettato dall’architetto Carlo Maderno in quella fase dei lavori definita da Oreste Ferrari «il secondo tempo della cappella Caetani»24. Dal ruolo di scultore e ritrattista, Giovanni Battista Della Porta è ora chiamato in veste di ‘marmista appaltatore’ dovendosi occupare del rivestimento marmoreo della cappella per il quale elaborò un importante progetto di decorazione a commesso25. Ancora oggi è possibile ammirare il fastoso arredo di rilievi e intarsi marmorei inseriti nell’ossatura di fasce e lesene che raffigurano aquile con panni (fig. 51), angeli con serti, elementi ovali, croci con monti, vasi con spugne e sangue di Cristo (fig. 52), sull’esempio dell’antica tecnica dell’opus sectile. Nei disegni dell’architetto Capriani, conservati a Stoccolma, tale decorazione non era prevista, salvo cartelle ed «ovati» schematici appena accennati; pertanto la presenza dello scultore fu decisiva anche nella fase progettuale dell’ornamentazione26. Celebri sono inoltre le colonne di lumanchella che incorniciano l’altare messe in opera da Della Porta come riferito in una lettera di sua mano27. Da un’altra lettera del 22 ottobre 1594, questa volta scritta dal servitore Fabio Angelico al cardinale Enrico, in quel momento a Cisterna, si chiarisce lo stato dei lavori della cappella: «A Santa Pudenziana è finito il pilastro quando si entra a man dritta, et lunedì se gli mette il Capp.ello, ‘altro di contro è mezzo fatto, e si lavora. Il pilastro all’altare a mano dritta è finito, et è messo anco tutta la breccia in opera conto. L’altare, che fa bellissima vista, da tutte e due le bande, et l’altro pilasteo ne è fatto un quarto: talche spero la settimana che viene saranno a buon posto tutti doi li mezzi fatti. La pidocchiosa da metter canto le sepolture, si sega con buona diligenza et le armi ancora si lavorano, et già se il lapislazzaro a lavorare all’orefice in Strada Giulia, per commetterlo nel campo dell’aquile sono a bon termine. La Colonna della contessa di Santa Fiora, come dissi fu segata, et lunedì si metterà mano per pigliare quello che bisognerà: altro non ho che dire a Vostra Signoria Illustrissima et humilmente le bacio le mani, che Dio la conservi sana»28.
La trabeazione e il timpano spezzato coronano l’altare sul quale è posta la pala marmorea di Pietro Paolo Olivieri; sul fine bassorilievo è raffigurata l’Adorazione dei Magi con un ampio paesaggio marino che si apre nel fondo29. Giovanni An-
1996, pp. 73-80. Appellativo datogli da caetani 1933, p. 325. Sulla cappella si rimanda ai contributi recenti di parlato 2009, pp. 143-164; gori 2012, pp. 263-298. 26 cozzi beccarini 1976, pp. 143-158. 27 Doc. 90. 28 ACR, Fondo generale, 71938. 29 L’opera fu rifinita dai parenti dello scultore fra i quali Marcantonio Olivieri e lucidata nell’agosto 1599 da un tal Giovanpietro lustratore. caetani 1933, p. 325. 24 25
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tonio Paracca detto il Valsoldino, contribuì anche alla decorazione marmorea, fu autore di due angeli in marmo, di uno stemma, di un bassorilievo posto in uno dei monumenti sepolcrali con al centro un serafino e ai lati festoni e aquile30. Come scrive Gelasio Caetani nei primi anni del Seicento lo scultore Guglielmo Mido scolpì il cherubino in marmo con due aquile, posto sulla sepoltura di destra, simile a quello eseguito dal Valsoldino, sopra la sepoltura di sinistra31. Alla cappella lavorò anche lo scalpellino Francesco de’ Rossi (documentato a Roma fra il 1577-1605)32. Il 29 aprile 1601 viene pagato Matteo Castello per l’epitaffio della sepoltura del cardinale Enrico33. Fra gli stuccatori invece, Stefano Fucheri e Ambrogio Buonvicino lavorarono rispettivamente agli stucchi che incorniciano i mosaici della volta e alle armi. Molti anche gli scalpellini, scultori e fonditori che parteciparono all’impresa i cui nomi sono stati recuperati da Laura Gori34. È presente Bastiano Torrigiani (ca. 1542-Roma 1596) impegnato nella realizzazione di alcuni capitelli di bronzo, gli scalpellini Marco Stati, Francesco de’ Rossi, Stefano Longhi, Pace Naldino, Matteo Castello, Stefano Buzio35. Un’équipe eterogenea dunque per la più impegnativa e onerosa impresa Caetani diretta da Francesco Capriani per la struttura architettonica, Stefano Fucheri, Ambrogio Buonvicino per la decorazione in stucco e da Giovanni Battista Della Porta per l’arredo marmoreo. Se per i nomi dei principali collaboratori ci affidiamo alle annotazioni segnate sul Libro Mastro, altre fonti c’informano della partecipazione dei fratelli di Gio-
Come attesta il documento datato 11 novembre 1600, recante la stima effettuata da Giovanni Battista Bianchi e Silla Longhi: cozzi beccarini 1976, pp. 153, 158; sul Valsoldino cfr. di giammaria 2010. 31 I lavori furono stimati da Silla Longhi e Carlo Maderno, le sculture probabilmente andarono distrutte nel 1668 quando alla tomba del patriarca Camillo fu sostituita quella del duca Filippo: caetani 1933, p. 325. 32 lombardi, in madonna 1993, p. 556. 33 Documentato a Roma fra il 1588-1612 e in Polonia nel 1632 (ACR, Fondo generale, 153168); su Matteo Castello cfr. lombardi, in madonna 1993, p. 554. Nelle quattro nicchie ai lati dei due monumenti sepolcrali si trovano le statue delle virtù cardinali: la Prudenza (del lorenese Claude Adam), la Fortezza (Giovanni Antonio Mari), la Giustizia (Vincenzo Felici) e la Temperanza (Carlo Malavista) tutte eseguite verso il 1650. montini 1959, n. 50, p. 81. 34 Fucheri è documentato a Roma dal 1581 al 1598 (lombardi, in madonna 1993, p. 558). Buonvicino (Milano 1522-Roma 1622) vd. ibidem, p. 553 oltre al contributo di durini 1958, pp. 98-104. 35 Su Torrigiani: lamouche 2012, pp. 203-223. Su Longhi: fratarcangeli 2003, pp. 103-104. Su Matteo Castello, Francesco De’ Rossi, Pace Naldino (Firenze?-documentato a Roma 1567-1596) cfr. le voci: lombardi, in madonna 1993, pp. 554, 556, 551; su Stefano Buzzi (1563-a Roma sino al 1610) cfr. fratarcangeli 2003, pp. 96-97. Come sottolinea Gori, gli scalpellini s’impegnarono anche nell’accurata ricerca dei marmi che impreziosirono il sacello: gori 2012, p. 272. 30
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vanni Battista al cantiere36. Le stime intestate al Cavaliere o ai fratelli, suoi eredi, mostrano la straordinaria varietà dei marmi impiegati, e le alte cifre riportate in calce (scudi 3366; scudi 4751,60; scudi 1066) attestano l’importanza di una tale opera nel quadro complessivo della sua attività. Della Porta fu affiancato da Pietro Paolo Olivieri in qualità di supervisore: la collaborazione era stata già sperimentata nei cantieri sistini37. Senza dubbio un ruolo di primo piano nell’impresa fu rivestito dal segretario di Casa Caetani, Giovan Francesco Peranda, sempre attento nel vigilare i lavori, anche lui impegnato nel recupero di marmi38. Solo il clima culturalmente elevato della corte Caetani – sull’esempio Farnese – avrebbe potuto attirare a sé una cerchia di dotti ed esperti d’antichità impegnati nella ricerca dei materiali più pregiati dando al sacello l’aspetto armonico e maestoso che tuttora conserva. Gremita di marmi e di sculture, la cappella Caetani può essere considerata ancora oggi uno dei più alti esempi di cultura tardo-cinquecentesca romana, espressione delle alte ambizioni della committenza. In questo cantiere s’inserirono, probabilmente, due giovani scultori: il vicentino Camillo Mariani (Vicenza 1567-Roma 1611) e il lorenese Nicolas Cordier (Lorena 1567-Roma 1612)39. Secondo l’ipotesi di Maria Teresa De Lotto, rapporti di amicizia univano i Caetani ai Gualdo (primi committenti del Mariani), confermati dalla presenza di un ritratto del cardinale Caetani nel Palazzo Gualdo di Vicenza. Forse per il tramite del cardinale Enrico Caetani e Camillo Mariani entrerà nella bottega di Pietro Paolo Olivieri in quel momento impegnato nel cantiere di Santa Pudenziana40. Il tramite invece per Nicolas Cordier fu probabilmente lo stesso Giovanni Battista Della Porta. L’ipotesi di Sylvia Pressouyre è argomentata sulla base di Lanciani e Moroni che fra gli scultori presenti nel cantiere ricordano un «lorenese»41. Nell’ambito dei cantieri promossi dai Caetani in cui fu coinvolto il Della Porta, la costruzione della cappella di Santa Pudenziana non fu un episodio isolato. Un
Ai fratelli furono intestati molti pagamenti per la risoluzione delle trattative con la famiglia Caetani: docc. 99, 100, 103, 108-110). 37 Secondo una notizia che la studiosa Marcucci desume da Lanciani, Pietro Paolo Olivieri potrebbe esser stato coinvolto nella realizzazione di una delle quattro fontane del qaudrivio per via dei rapporti tra i Mattei e lo scultore. Marcucci aggiunge poi che nel 1588 alcuni pezzi del Settizonio furono portati dal carrettiere, pagato dai deputati alle fabbriche capitoline a casa dei «due scultori cavaliere Della Porta e Pier Paolo Olivieri per servitio del popolo romano» (in marcucci 2007, pp. 95-139: 129). Credo il cavaliere Della Porta non sia da identificare con Guglielmo (che non ebbe l’onorificenza) ma con Giovanni Battista, viste anche le collaborazioni con Olivieri. 38 gori 2011, pp. 102-103. 39 de lotto 2008, pp. 21-223; pressouyre 1984. 40 de lotto 2008, pp. 58-60. 41 pressouyre 1984, p. 77. 36
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dato archivistico avvalora l’ipotesi che Della Porta possa aver preso parte della decorazione marmorea della cappella Orsini-Caetani nella chiesa della Santissima Trinità dei Monti a Roma (fig. 53). Si tratta del mandato di pagamento, datato 22 dicembre 1601, in cui veniva stabilito che i fratelli di Della Porta, Tommaso e Giovanni Paolo, avrebbero dovuto ricevere dai Caetani più di mille scudi per i lavori «tanto fatti dal detto Cavaliero [scil. Giovanni Battista Della Porta] vivente quanto da detti soi fratelli dopo la sua morte», e cioè: la lapide con inserti in bronzo per la sepoltura di Onorato IV Caetani, i marmi per la cappella in Santa Pudenziana e «quanto fatto» per la cappella in Trinità dei Monti42. Rappresentante e firmatario di parte Caetani era Camillo Caetani (1552-1602), patriarca d’Alessandria, terzogenito di Bonifacio Caetani e Caterina Pio di Savoia, fratello di Onorato IV ed Enrico43. Camillo fu nunzio apostolico in Spagna a partire dal 1592, rientrò a Roma nel giugno del 1600, ed essendo il membro più anziano della famiglia si dedicò quasi esclusivamente all’amministrazione dei beni del casato e al risanamento delle finanze. Fu dunque Camillo a saldare con gli eredi di Della Porta i conti lasciati in sospeso dai fratelli. Ai lati della cappella Orsini-Caetani si conservano ancora oggi le sepolture di Cecilia Orsini e Rodolfo Pio da Carpi (figg. 54-55). Cecilia Orsini (1493-1575) era la nonna (di ramo materno) di Camillo, Enrico ed Onorato IV Caetani. La loro madre, Caterina Pio di Savoia, era infatti figlia di Cecilia Orsini e Alberto III Pio da Carpi, zio quest’ultimo del noto collezionista il cardinale Rodolfo Pio da Carpi44. Nei confronti di Cecilia il nipote Rodolfo Pio, essendo rimasto orfano di madre in tenera età, dimostrò un affetto filiale. Rodolfo ebbe cura, infatti, di dotare e maritare le figlie di Cecilia e ordinò nel suo testamento di essere sepolto accanto alla sua «amatissima zia» nella Chiesa della Santissima Trinità dei Monti45. Cecilia morì alla veneranda età di ottantadue anni e fu sepolta di fronte alla tomba del nipote Rodolfo. Tornando al documento del dicembre 1601, il pagamento ai fratelli Della Porta sarebbe avvenuto tramite un mandato del banchiere Settimio Olgiati, originario di Como. Più avanti si specifica che il pagamento era relativo: «tanto per colonne, quanto per lapide, sepultura Cappella della Santissima Trinità et Santo Pastore, per qualsivoglia altra sorte di pietre lavori opere, et fatture, et mercede di qualsivoglia sorte tanto fatti dal detto Cavaliero vivente quanto da detti soi fratelli dopo la sua morte»46. Le colonne citate nel documento potrebbero essere identificate con quelle utilizzate
Doc. 105, c.1v. Cfr. scheda 5. lutz 1973, pp. 137-141. 44 caetani 1933, p. 47. Per un approfondimento su Rodolfo Pio da Carpi: rossi 2004 in part. il contributo di zanot 2004 alle pp. 85-108. 45 Ibidem, p. 87. 46 Doc. 105, c.1v. 42 43
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per la cappella Caetani, la lapide è invece la lastra in marmo e bronzo per la sepoltura del duca Onorato Caetani. Il riferimento alla cappella Orsini Caetani non è esplicito sul contributo concreto dello scultore né si fa cenno al ritratto di Cecilia Orsini (fig. 57), per il quale gli studiosi hanno fatto il nome di Leonardo Sormani (doc. 1550-1590), autore del monumento a Rodolfo Pio da Carpi (fig. 56)47. Rodolfo morì a Roma il 2 maggio 1564 e al Sormani, il 21 luglio 1567, veniva dato un anticipo «pro confectione sepolture bone memorie Cardinalis Carpensis»48. Meno problematica è la datazione dell’intervento di Della Porta nella cappella. All’ipotesi di Röttgen secondo cui i lavori iniziarono subito dopo il 1575, anno di morte di Cecilia Orsini, si aggiungono i dati ricavati dal documento del 22 dicembre 1601. Il fatto che la chiusura dei pagamenti dei Caetani ai fratelli Della Porta sia avvenuta dopo ventisei anni dalla conclusione del lavoro è ammissibile e l’anno 1601 diventa dunque un terminus ante quem per la datazione della cappella. In una lunga stima dei lavori eseguiti dal cavaliere Della Porta per il cardinale Enrico, oltre al «trasporto delle pietre fatte da casa del Cavaliere», sono menzionati venti scudi per «la tavola del atare [sic] della Trinità de li Monti»49. Purtroppo il documento è senza data, di certo però non può essere stato redatto prima del 1589, anno di inizio dei lavori per la cappella Caetani a Santa Pudenziana. I pochi dati a disposizione ci consentono comunque di inquadrare la cappella Orsini-Caetani come episodio di committenza Caetani che probabilmente vide coinvolto il Della Porta nella scelta calibrata dei marmi policromi. Come già intuito da Gori, la cappella Orsini-Caetani è senza dubbio un antefatto importante per la progettazione dell’arredo marmoreo del sacello di Santa Pudenziana e della decorazione della cappella di San Pietro nella stessa Basilica50. Infatti, mentre lavorava al cantiere Caetani, Della Porta fu incaricato dal prelato francese, monsignor Didier Collin (italianizzato Desiderio Collini), di progettare la decorazione della cappella dedicata a San Pietro nella zona absidale di Santa Pudenziana (fig. 58)51.
riccoboni 1942, p. 98; salerno 1968, p. 14; strinati 1992, p. 409, nota 1; ciardi 2008, p. 182, n. 4.48. Grisebach notava la diversità di mani tra i due busti, e per quello di Cecilia Orsini proponeva un accostamento alla produzione di Giacomo Cassignola: grisebach 1936, p. 102. Per il monumento a Cecilia Orsini, Antony Blunt indica l’anno 1585 senza alcuna argomentazione: blunt 1982, p. 150. 48 lanciani 1902-1912, vol. 3, p. 200. Lanciani, su base documentaria, specifica che il monumento è probabilmente eseguito su disegno di Ottaviano Schiratto (Ibidem, p. 201). venturi 1937, pp. 540-604: 586; fruhan 1986, p. 263, nota 24; zanot 2004, p. 101. Per la decorazione degli stucchi della cappella Orsini-Caetani, Luigi Salerno indica i nomi di Antonio Paracca, detto il Valsoldo, e di Prospero Bresciano: salerno 1968, p. 14. 49 Il documento è trascritto in cozzi beccarini 1976, p. 155, n. A. 50 gori 2012, pp. 267-268. 51 Scheda 21. 47
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Con un contratto del 15 giugno 1596 fra monsignor Collini e il «molto virtuoso signor cavalier Gio. Batt. Della Porta scultore» si stabiliva che il lavoro sarebbe iniziato lunedì 17 giugno e concluso in otto mesi secondo un disegno «sottoscritto dall’una e dal altra parte»52. Nel documento sono indicati, con estrema precisione, tutti i marmi che furono impiegati per la cappella sotto la direzione dell’artista: dal bianco dell’altare alle pietre miste: «porte sante, africane, verdi, gialli, alabastri, di varie sorte broccatelli, et treccie pidocchiose», agli stucchi della volta, al marmo per l’arco di entrata. Nella cappella trionfa il gusto tardo-cinquecentesco per la decorazione marmorea policroma, lavoro per il quale il Della Porta doveva essere particolarmente apprezzato dalla committenza romana; lo scultore seppe coniugare le sue doti di esperto di marmi alle esigenze del committente che però non vide il termine dei lavori poiché morì il 12 novembre 159653. L’equilibrio compositivo del sacello si riflette anche sull’impostazione formale del gruppo scultoreo rappresentante Cristo che consegna le chiavi a San Pietro che non ebbe una felice fortuna critica. Un documento notarile, citato da Gerda Panofsky, attesta la partecipazione dei fratelli Tommaso Della Porta il Giovane e Giovanni Paolo che ricevettero 180 scudi per il completamento dell’opera54. Ma solo il nome di Giovanni Battista risulta comunemente associato al gruppo marmoreo di Santa Pudenziana ma non, ad esempio, al busto di Onorato IV Caetani (fig. 41), inserito per la prima volta nel catalogo dell’artista da Gelasio Caetani, che forse avrebbe garantito un miglior giudizio sul suo operato55. L’equivoco sorse probabilmente a causa del succinto catalogo indicato da Baglione nella biografia di Della Porta. Il pittore romano che si trovò, proprio su questo cantiere, accanto allo scultore, elenca nel catalogo dell’artista solo tre opere: i Dodici Cesari eseguiti per Alessandro Farnese (in realtà realizzati dallo zio Tommaso Della Porta il Vecchio), il ritratto di Federico Cornaro e il gruppo di Santa Pudenziana: «E per la sua virtù da tutti adoperato dentro la chiesa di Santa Pudenziana nella cappelletta di San Pietro, dove è l’Altare privilegiato, e già vi celebrò messa lo stesso San Pietro, formò due statue, cioè Nostro Signore, che dà le chiavi del suo Vicariato all’Apostolo San Pietro, figure di marmo grandi, quanto nel naturale»56.
Doc. 94, c. 660r-v. pressouyre 1984, p. 83, nota 134. 54 Doc. 102. Nel County Museum of Art di Los Angeles è conservato un busto di Cristo (fig. 62), datato ca. 1590 e attribuito a Della Porta: schaefer - fusco - wiens 1987, p. 149. L’attribuzione, a mio avviso, non è sostenibile: alcuni dettagli (come la barba traforata, le linee oculari, le labbra ben definite, le ampie volute della capigliatura) sono troppo ricercati per essere dellaportiani. 55 caetani 1933, p. 270. 56 baglione 1642, p. 74. 52 53
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Ulteriori notizie sul committente francese per la cappella di San Pietro si ritrovano negli studi di Pressouyre, in particolare la studiosa ha messo in relazione alcuni dati a sostegno dell’ipotesi che Nicolas Cordier, appena giunto a Roma, si fosse appoggiato alla rinomata bottega di Della Porta inserendosi negli ultimi cantieri fra i quali la cappella Caetani di Santa Pudenziana, per il tramite del patronato di monsignor Collini57. Negli anni 1580-1590 Desidierio Collini (rettore nel 1596 di San Luigi dei Francesi) aveva il suo palazzo in via dei pontefici, vicino dunque alla bottega di Della Porta. Desiderio Collini fu canonico di Santa Pudenziana – la Basilica che il cardinale Enrico Caetani fece restaurare – ed aveva preso a sue spese la decorazione della cappella di San Pietro dove fu sepolto. Morì senza aver visto la fine dei lavori, ma aveva lasciato tutti i suoi beni al capitolo del collegio, con il compito di terminare l’opera intrapresa. Nicolas Cordier venne a Roma, mandato dal duca di Lorena, fra il 1592 e il 1593, perciò Pressouyre suppose che lavorò anche a Santa Pudenziana – di cui monsignor Collini era canonico – accanto a Della Porta58. A sostegno dell’ipotesi che Cordier abbia lavorato con lo scultore favorito dei Caetani, Pressouyre aggiunge un ultimo dato: nel 1612, il modello in terra di un busto-ritratto del Cavaliere Della Porta (Giovanni Battista?) si trovava ancora nel suo atelier. Non sappiamo quando Cordier venne ad abitare in via dei pontefici, i registri degli stati delle anime, che forniscono la lista degli abitanti del palazzo Collini e degli edifici contigui, sono perduti dagli anni anteriori al 1606 perciò è impossibile verificare se, ancora viventi Giovanni Battista e Collini, Cordier abitava accanto a loro, appunto in via dei pontefici. Insieme al dotto segretario Peranda, Della Porta fu dunque per i Caetani un solido riferimento in materia di antichità. Lo dimostrano, in particolare, alcuni documenti: il 22 giugno 1591 «Carlo de Belhomini» (Carlo Bellomo), maggiordomo di casa Caetani, aveva ottenuto licenza dal camerlengo Enrico Caetani «di far quattro cave fora di porta portese»; le statue in marmo, in bronzo e le colonne rinvenute dovevano essere stimate dal cavaliere Giovanni Battista Della Porta59. Il 26 febbraio 1596 furono trovate alcune statue nella villa di Livia a Prima Porta ed il cardinale Enrico Caetani dava licenza ad Antonio Fontanelli per continuare a scavare ancora nello stesso luogo e poi consegnare le statue sempre al Cavaliere Giovanni Battista Della Porta «acciò le possa liberamente far condurre in casa nostra ò dove da Noi li sarà ordinato»60.
1984, p. 83. Ibidem, pp. 83-85. 59 Doc. 85. Nel documento si specifica che la patente era stata registrata negli atti di «Andrea Martino notaro il 19 di giugno 1591» che può riferirsi al notaio della R.C.A. Andrea Martino. Ho consultato i documenti in ASR, R.C.A., notaio Andreas Martino, officio 6, b. 1235, relativi al Camerlengo Enrico Caetani e all’anno 1591, ma non vi è traccia della licenza di cui sopra. Su Carlo Bellomo cfr. caetani 1933, pp. 107-108, 111, 175, 285-286 e furlotti 2003, ad indicem. 60 Doc. 93. 57 58
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Fig. 36. Francesco Capriani, Giovanni Battista Della Porta, Monumento a Niccolò Caetani, 1578-1580, Loreto, Basilica, cappella Polacca (foto Bruno Longarini).
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Fig. 37-38. Giovanni Battista Della Porta, Fede e Carità, 1578-1579, Loreto, Basilica, cappella Polacca (foto Bruno Longarini).
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Fig. 39. Antonio Calcagni, Niccolò Caetani, 1580, Loreto, Basilica, cappella Polacca, particolare (foto Bruno Longarini).
Fig. 40. Giovanni Battista Della Porta, Carità, 1578-1579, Basilica, cappella Polacca, particolare (foto Bruno Longarini).
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Fig. 41. Giovanni Battista Della Porta, Busto di Onorato IV Caetani, 1592, Roma, Palazzo Caetani, Fondazione Camillo Caetani.
Fig. 42. Giovanni Battista Della Porta, Busto di Onorato IV Caetani (con il ciondolo del Toson d’Oro), 1592, Roma, Palazzo Caetani, Fondazione Camillo Caetani.
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Fig. 43. Giovanni Battista Della Porta, Busto di Onorato IV Caetani, 1592, Roma, Palazzo Caetani, Fondazione Camillo Caetani (foto Pasquale Rizzi).
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Fig. 44. Giovanni Battista Della Porta, Busto di Onorato IV Caetani, 1592, Roma, Palazzo Caetani, Fondazione Camillo Caetani, particolare.
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Fig. 45. Giovanni Battista Della Porta, Lastra tombale di Onorato IV Caetani, 1592, Roma, Santa Pudenziana.
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Fig. 46. Marcantonio Buzzi (su disegno di Giovanni Battista Della Porta), Stemma Caetani, 1589, Sermoneta, Castello Caetani, sala dei Baroni.
Fig. 47. Giovanni Battista Della Porta (bottega), Stemma Caetani, 1608 ca, Cassano allo Ionio CS, Campanile (foto Giuseppe Martire).
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Fig. 48. Cappella Caetani, ca. 1590-1670, Roma, Santa Pudenziana.
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Fig. 49. Cappella Caetani (parete sinistra), ca. 1590-1670, Roma, Santa Pudenziana.
Fig. 50. Cappella Caetani (parete destra), ca. 1590-1670, Roma, Santa Pudenziana.
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Fig. 51. Giovanni Battista Della Porta, 15931597, Aquila Caetani, Roma, Santa Pudenziana, cappella Caetani, particolare.
Fig. 52. Giovanni Battista Della Porta, 15931597, Urna del sangue dei martiri, Roma, Santa Pudenziana, cappella Caetani, particolare.
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Fig. 53. Cappella Orsini-Caetani, 1567-1580 ca., Roma, Santissima Trinità dei Monti (foto Pierluigi Mulas).
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Fig. 54. Leonardo Sormani, Monumento a Rodolfo Pio da Carpi, 1567, Roma, Santissima Trinità dei Monti, cappella Orsini-Caetani (foto Pierluigi Mulas).
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Fig. 55. Giovanni Battista Della Porta, Decorazione marmorea del monumento a Cecilia Orsini, 1575 ca., Roma, Santissima Trinità dei Monti, cappella Orsini-Caetani (foto Pierluigi Mulas).
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Fig. 56. Leonardo Sormani, Busto di Rodolfo Pio da Carpi, 1567, Roma, Santissima Trinità dei Monti, cappella Orsini-Caetani (foto Pierluigi Mulas).
Fig. 57. Scultore attivo a Roma, Busto di Cecilia Orsini, ca. 1575, Roma, Santissima Trinità dei Monti, cappella Orsini-Caetani (foto Pierluigi Mulas).
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Fig. 58. Giovanni Battista, Tommaso il Giovane, Giovanni Paolo Della Porta, Cappella di San Pietro, 1596-1598, Roma, Santa Pudenziana.
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Fig. 59. Giovanni Battista, Tommaso il Giovane, Giovanni Paolo Della Porta, Cristo consegna le chiavi a San Pietro, 1596-1598, Roma, Santa Pudenziana, cappella di San Pietro.
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Fig. 60. Giovanni Battista Cottignola, Cristo consegna le chiavi a San Pietro, 1569, Roma, Sant’Agostino, cappella di San Pietro.
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Fig. 61. Giovanni Battista, Tommaso il Giovane, Giovanni Paolo Della Porta, Cristo, 15961598, Roma, Santa Pudenziana, cappella di San Pietro, particolare.
Fig. 62. Scultore di fine XVI sec., Busto di Cristo, 1590 ca., Los Angeles, County Museum of Art.
Fig. 63. Giovanni Battista, Tommaso il Giovane, Giovanni Paolo Della Porta, San Pietro, 15961598, Roma, Santa Pudenziana, cappella di San Pietro, particolare.
4 «FACEVA DEI RITRATTI ASSAI BENE»
La raffinatezza, la severità e l’attenzione al decoro nel ritratto policromo di Onorato IV Caetani (fig. 41) sono possibili echi della cultura antiquaria romana nonché reiterazioni del gusto imperante spagnolo. Modello figurativo del Caetani, per gli stretti legami familiari e professionali, è certo l’unico ritratto noto ad opera dello zio dello scultore, il busto parmense di Ferrante Gonzaga che Tommaso Della Porta il Vecchio aveva realizzato intorno agli anni 1561-1562 (figg. 8-9)1. Fra i modelli formali occorre guardare anche agli esempi pittorici romani dei primi anni sessanta, come al Francesco II Colonna di Girolamo Siciolante da Sermoneta (artista protetto anch’egli dai Caetani)2. Inoltre, la ricca collezione di antichità offriva allo scultore audaci occasioni di esercizio di emulazione dell’antico: l’intarsio della medusa sul petto del Caetani (fig. 44) quasi coincide con l’uguale dettaglio nel ritratto di Annibale cartaginese ora alla Galleria Borghese (figg. 64-65), e di provenienza Della Porta; parimenti l’austerità della serie moderna dei Dodici Cesari (fig. 66-77), sempre alla Borghese, e le sue perfette integrazioni di teste, gambe, braccia e piedi di alcune statue dichiarano l’abilità dello scultore nella simulazione dell’antico. Non diversamente, aveva saputo mediare modelli scultorei e pittorici, antichi e moderni, Antonio Calcagni che fra il 1566 e il 1572 aveva realizzato in bronzo e marmi colorati l’effige del poeta Annibal Caro ispirandosi ad un dipinto di Jacopino del Conte e forse all’incisiva rugosità del Bruto Capitolino3. Ancor prima un altro altissimo esempio: l’Ercole II (1555) di Prospero Clemente che, insieme all’Ottavio Farnese di Annibale Fontana, non nasconde la tensione verso i modelli
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gasparotto,
2
hunter
in barbieri - olivato 2007, p. 132, n. 83. 1996, pp. 142-143, n. 17; donati 2010, pp. 152-153. Ringrazio Andrea Donati per avermi dato spunti interessanti sul tema della ritrattistica in pittura. 3 pope-hennessy 1966a, pp. 577-580; id. 1967, pp. 13-17.
Giovanna Ioele, Prima di Bernini. Giovanni Battista della Porta scultore (1542-1597), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2016 ISBN 978-88-6372-763-0 eISBN 978-88-6372-764-7 – www.storiaeletteratura.it
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spagnoli proposti dalla rinomata bottega di Leone e Pompeo Leoni4. Sebbene i linguaggi stilistici della ritrattistica tardo-cinquecentesca, romana in particolare, siano ancora da decifrare, il ritratto Caetani sembra dialogare meno con la produzione coeva di Giovanni Antonio Paracca detto il Valsoldo, di Flaminio Vacca, di Leonardo Sormani, ed accostarsi più felicemente, alla maniera internazionale normalizzata, nell’età degli Asburgo, in pittura da Tiziano, Antonis Mor e Alonso Sànchez Coello, ed in scultura dai Leoni, stemperata però da ricchezza decorativa e purificata dalle citazioni insistenti del repertorio classico. Accanto al busto Caetani, il catalogo dello scultore comprende un nucleo di ritratti, ad ornamento dei monumenti funerari, accomunati da una levigata severità formale e da un naturalismo asciutto. Tale cifra stilistica rispondeva forse a particolari esigenze dettate dalla destinazione funebre: le chiese di Roma potevano essere adornate dai monumenti sepolcrali di cardinali e prelati con la loro effige, naturalistica e austera al tempo stesso. Non sono pochi i casi di ritratti, stilisticamente affini a quelli dellaportiani, che affollano le pareti delle navate, delle cappelle, delle controfacciate delle chiese e basiliche romane e che, in parallelo alle novità berniniane, oltrepassano i primi decenni del XVII sec. Possibile esito di un processo culturale, l’ineloquenza di questi ritratti è forse anche motivo di quel silenzio storiografico che ne ha compromesso la fortuna a fronte dei più felici risultati fortemente espressivi raggiunti nella ritrattistica successiva5. Nel tentativo di recuperare le matrici formali del prorompente stile berniniano, la critica registra la lacuna storiografica e utilizzano il testo del Grisebach del 19366. L’aggiornamento sarebbe quanto più necessario se si pensa al fatto che gli studi di Grisebach, se pur validissimi, sono il risultato di una lettura legata all’idea dell’incidenza del clima controriformato sulla produzione artistica. In realtà bisogna prendere in considerazione molteplici istanze culturali poiché «la teoria del ritratto è ovunque»7, come scrisse giustamente Pommier, e non sarà pertanto insensato supporre che ai committenti interessati all’immagine che di sé avrebbero lasciato ai posteri, quel modo di plasmare la materia in forme chiare e linee regolari potesse essere confacente al loro gusto. Intrisi di dottrina umanistica, i personaggi ritratti, laici ed ecclesiastici, partecipavano ai cenacoli inaugurati a Roma da San Carlo Borromeo8. D’altro canto bisogna considerare la funzione dei ritratti
2001, pp. 106-108; agosti 1995b, pp. 70-74. 2009, pp. 21-69, in particolare si vedano le pagine su Modelli e precedenti: pp. 27-35. 6 grisebach 1936. Nel volume Roma di Sisto V un’intera sezione è dedicata alle Memorie e ai Ritratti: cannata, in Madonna 1993, pp. 416-433. Si tratta però solo di quei ritratti realizzati nel quinquennio sistino (1585-1590). Per i busti di primo Seicento vd. ferrari - papaldo 1999. Si vedano inoltre le pagine di ruggero 2006, pp. 41-52. 7 pommier 1998, p. 3. 8 Vedi qui p. 8; cfr. frascarelli 2001, vol. 1, pp. 24-37. 4
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(funeraria, celebrativa, documentaria). Solitamente destinati ad ornare tombe e memorie parietali, i busti venivano realizzati su disposizione di terzi (tranne casi eccezionali) poco dopo la morte dell’effigiato. Quest’ultimo dato potrebbe giustificare ulteriormente l’ineloquenza stilistica del ritratto del defunto e allo stesso tempo però suggerisce interrogativi sull’effettiva incidenza del suo gusto. Incaute e oscillanti attribuzioni sottolineano ulteriormente l’urgenza di studi approfonditi sull’argomento. È il caso, ad esempio, del busto mantovano di Vespasiano Gonzaga, prima indicato come opera di Leone Leoni e poi passato alla bottega di Alessandro Vittoria9; oppure si osservi quella «primizia» del Vittoria confluita nella breve sezione di sculture della National Gallery di Londra, prima declassata come un falso del XIX secolo e poi riferita ad ambito romano del primo ventennio del Seicento10. E per rimanere in questo ambito, si osservino i ritratti di Paolo Mattei e di Turzia Colonna Mattei all’Aracoeli genericamente riferiti alla cerchia di Tommaso Della Porta il Giovane e posti a confronto con i busti di Lucrezia Pierleoni e Andrea Pellucchi a Santa Maria della Consolazione: ritratti che rivelano una tendenza stilistica più sensibile alla resa fisiognomica rispetto a quelli sistini e che attendono ipotesi più persuasive11. Non è certo questa la sede per dirimere la questione, ma dovendo trattare di Giovanni Battista Della Porta che raggiunse nei ritratti alti risultati, destinato come molti ad un «giudizio senza processo»12, il problema storiografico andava qui quantomeno sollevato. «(…) e in tutte le occorrenze di statue egli fu sopraintendente si di ristaurare le antiche, come farne delle nuove, ma specialmente faceva de’ ritratti assai bene»13. Con queste parole il biografo Giovanni Baglione sottolinea l’abilità di Della Porta nel genere del ritratto e ricorda solo la serie dei Dodici Cesari e il ritratto di Federico Cornaro (fig. 97) a San Silvestro al Quirinale, ma probabilmente, per usare quei toni encomiastici, conosceva il corpus dellaportiano. Significativo è il fatto che fra le numerose biografie degli scultori che compongono Le vite, troviamo un elogio simile solo nella descrizione dell’operato di Gianlorenzo Bernini14. L’attribuzione a Giovanni Battista Della Porta del ritratto di Onofrio Camaiani (figg. 78-79, Santa Maria sopra Minerva), che qui discuto per la prima volta,
L’attribuzione al Leoni è di Leandro Ozzola (1950) respinta da Leandro Ventura (1991), cfr. in barbieri - olivato 2007, p. 101, n. 69. Nella recente scheda curata da Leandro Ventura si riconferma l’attribuzione alla bottega di Alessandro Vittoria in ventura, in roggeri - ventura 2008, p. 115, n. 28. 10 cessi 1967, pp. 15-21; thomas 1998; baker - henry 2001, p. 737. 11 russo - carta 1988, p. 207; strinati 1992, p. 400; cannata, in madonna 1993, p. 423, n. 5a. 12 martinelli 1954, p. 154. 13 baglione 1642, p. 74. 14 Ibidem, p. 306. 9
ferlisi,
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aggiunge nel catalogo dello scultore un’opera documentata e al contempo fa da apripista ad un altro caso di studio ancora da identificare. Infatti, il dato che sostiene l’attribuzione del Camiani si desume dal documento inedito di allogazione per un’altra opera commissionata allo scultore: il monumento a Giacomo o Jacopo (Jacobus) Scala che doveva essere collocato nella chiesa di Santa Maria del Popolo e realizzato appunto su modello della memoria al Camaiani. L’incarico al Della Porta per il monumento Scala gli viene dato da Luca Gabrielli e Giulio Scala (fratello del defunto Giacomo) con atto notarile del 15 marzo 1592 in cui si specifica che: «il detto cavalier Giovanni battista della porta faccia a tutte sue spese et posto in opera una sepoltura per la felice memoria del Signor Jacomo Scala fratello di esso signore Giulio posto nella chiesa del Popolo: nel modo, forma, longhezza et larghezza, in qualità di pietre come quella che posto in opera nella Minerva nella felice memoria di monsignor Camaiani posta fatta pur da esso signor Cavaliere»15.
Nel dare istruzioni allo scultore per la realizzazione del monumento Scala, Luca Gabrielli e Giulio Scala menzionano, come modello, la memoria al Camaiani indicandola come opera già realizzata da Della Porta; il monumento a Giacomo Scala doveva dunque essere identico a quello Camaiani non solo nel disegno, ma anche nelle misure e nella qualità delle pietre. Della Porta avrebbe ricevuto cento trenta scudi e dieci giuli: un compenso quasi pari a quello che lo scultore riceverà nel 1591 per il solo ritratto del cardinale Federico Cornaro a San Silvestro al Quirinale. Nello stesso accordo venivano date a Della Porta puntuali indicazioni in merito all’esecuzione del ritratto di Giacomo Scala che doveva essere realizzato con «un poco di petto fatto di marmo nero assomigliato, Cappa et Casaccha, et la testa sia di marmo bellissimo con il collare fatto a lattuga»16. Il documento consente di ascrivere il ritratto Camaiani al Della Porta e fornisce dati su un’altra opera dello scultore, il monumento Scala, eseguito dopo il 1591, destinato alla chiesa di Santa Maria del Popolo, che potrebbe essere stato successivamente smontato e trasferito altrove17. Il ritratto Camaiani mostra un’alta qualità esecutiva e lo scalpello
Doc. 87. Ibidem, c. 482r. 17 Dalle ricerche effettuate presso la chiesa di Santa Maria del Popolo e dallo spoglio della bibliografia sulla chiesa e sulle famiglie Scala e Gabrielli non è emerso alcun dato sul monumento a Giacomo Scala. Il frate agostiniano, Giacomo Alberici, ai primi del Seicento, descrive in dettaglio la chiesa del Popolo con queste parole: «Et per così dire cose assai in poche parole, tutti li muri della chiesa di Santa Maria del popolo, le colonne, e finalmente tutta la chiesa è ornata, e abbellita d’ogni intorno d’arme (sopra tutto di Sisto Quarto s.m.) di eitafii, e altri innumerevoli doni, oltre di ciò, il pavimento è quasi tutto falegato di pietre marmoree d’arme, figure, e epitafi (…)» e per brevità non elenca i 15 16
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si fa finissimo nella punzonatura dei capelli e della barba. Il doppio foro delle pupille è un espediente che ricorre in tutti i ritratti di Della Porta; come aveva notato anche Grisebach: l’espressività è restituita da una più marcata incisione dell’iride, meno comune fra gli esempi della ritrattistica romana databili intorno al settimo e ottavo decennio del Cinquecento18. La direzione verso destra dello sguardo è sottolineata dalla leggera inclinazione della testa. Gli stessi segni incisi per la resa della capigliatura e delle arcate sopraccigliari, la costruzione doppia dell’iride, la linea ampia del padiglione auricolare si riscontrano nel ritratto dell’avvocato concistoriale Girolamo Gabrielli (figg. 80-81), di cui è ignoto l’autore, sempre alla Minerva e messo in opera dal nipote Carlo Gabrielli dopo il 158719. Il ritratto Camaiani fu realizzato probabilmente dopo il 1574, anno di morte dell’effigiato la cui carriera brillante è sintetizzata nella lastra commemorativa: Camaiani, di origine aretina, esercitò la professione di avvocato, fu particolarmente apprezzato da Cosimo I de’ Medici e divenne suo agente a Roma; fece carriera nella corte pontificia come consigliere dell’Inquisizione e della consulta e protonotaro apostolico. Altra carica importante del Camaiani fu quella di conservatore dell’Urbe, a tutela delle antichità, che condivise con Ippolito Salviani e Marcantonio Palosci; grazie a tale carica i loro nomi furono eternati alle basi delle statue semicolossali di Giulio Cesare e d’Augusto al Campidoglio (vestibolo Palazzo dei Conservatori)20. Non sappiamo se il Della Porta realizzò il solo ritratto Camaiani o disegnò l’intera edicola, come fece per il monumento a Francesco Alciati in Santa Maria degli Angeli. Non è superfluo però rilevare che il disegno
personaggi illustri che erano stati sepolti nella chiesa: alberici 1600; Nel volume di Forcella dedicato alla chiesa di Santa Maria del Popolo non compare alcun riferimento a Giacomo Scala (forcella 1869, vol. 1) e così anche negli studi di bentivoglio - valtieri 1976 e di picardi 2009, pp. 347-355. Su Luca Gabrielli, Giulio Scala e Giacomo Scala si conservano molti documenti degli anni 15811592 fra gli atti del notaio Fabrizio de Gatti: ASR, Collegio dei Notai Capitolini, notaio Fabritius De Gattis, b. 839, in particolare cc. 55v- 58r (testamento di Jacobus Scala in data 18 agosto 1591 in cui chiedeva di essere sepolto nella cappella «Ecclesia Gloriosissima Vergina Santa Maria de Populo»), e cc. 58r-62v (inventario di Jacobus Scala del 2 ottobre 1591 che abitava in via cursus). Altri documenti su Luca Gabrielli e Giulio Scala relativi agli anni 1592-1599 si vedono in ASR, Collegio dei Notai Capitolini, notaio Fabritius De Gattis, b. 840. È noto un tale Giulio Scala, letterato fiorentino, figlio di Giuliano, e nipote del più famoso cancelliere Bartolomeo, ma che morì già nel 1585, quindi non può essere identificato con Giulio Scala fratello di Giacomo cfr. bellinazzi 1998, p. 143. Per quel che riguarda la famiglia Gabrielli, nell’articolo di pecchiai 1961, pp. 43-87, in cui sono distinti i due rami: i Gabrielli di Gubbio e i Gabrielli di Roma, non si fa riferimento ad alcun Luca Gabrielli e così anche in brown 1985b, pp. 50-52, e in frascarelli - testa 2004. 18 grisebach 1936, pp. 120-121. 19 Ibidem, pp. 138-139; cannata, in madonna 1993, p. 427, n. 7. 20 mercati 1927-1929, pp. 113-121: 114-115; giansante 1974, pp. 71-72.
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compositivo dell’intero monumento Camaiani (paraste binate con capitelli ionici decorati con ghirlande ed architrave) è identico, nelle misure e nei marmi impiegati (ad eccezione della lastra commemorativa), all’edicola contenente il ritratto di Pietro Ciacconio nella sagrestia di Santa Maria in Monserrato (figg. 82-83), realizzata probabilmente dopo il 1581 (anno di morte di Ciacconio), di cui è ignoto l’autore21. La stretta aderenza dei due monumenti può far pensare ad un medesimo lavoro di bottega o, più semplicemente, che il monumento Ciacconio sia stato esemplato su quello Camaiani, come sarebbe avvenuto per il monumento a Giacomo Scala. Inoltre, questo disegno architettonico si ripete nella memoria a Girolamo Gabrielli, adattata alla forma semicircolare del pilastro (fig. 80). Diversa è invece la memoria per il cardinale Francesco Alciati (fig. 84) in Santa Maria degli Angeli della quale è noto l’atto di convenzione, datato 17 ottobre 1580, stipulato fra gli eredi del defunto e Della Porta22. Il documento attesta il fatto che Della Porta si occupò dell’intera memoria, combinando i marmi policromi prescritti dai committenti, oltre che del ritratto in marmo «finissimo e bello». Nel volto dell’Alciati, levigato e regolare, lo scultore poco concede alla caratterizzazione espressiva e gioca su di un modellato sintetico e compatto, suggellando l’effigiato in un fermo e ineloquente ritratto. Egli guardò probabilmente a Giovanni Antonio Dosio (1533-1610), al Dosio però del Marchese di Saluzzo (1575) in Santa Maria in Aracoeli, rigorosamente costruito su piani geometrici che restituiscono un profilo araldico, sintesi di astratta umanità23. La linearità del Saluzzo rivela uno stile diverso, ad esempio, dal più pittorico ritratto di Annibal Caro che dieci anni prima Dosio aveva realizzato per San Lorenzo in Damaso (1566-1567); il cambiamento di rotta si deve probabilmente al soggiorno fiorentino dell’artista, a partire dal 1574. Il busto Alciati, incorniciato in una tonda modanatura e caratterizzato dal rosso antico della mozzetta, dovette avere una certa risonanza nell’ambiente artistico romano, numerosi sono infatti i busti di cardinali, cronologicamente successivi, che si richiamano a quel precedente nella sinteticità dei lineamenti oltre che nelle pieghe rigide della mozzetta rossa24. Evidenti le affinità stilistiche con il busto di Prospe-
1936, pp. 98-99. Doc. 70. Il documento è interamente trascritto in schiavo 1990, pp. 995-996. 23 acidini luchinat 1992, pp. 516-523: 517; silvestri 2011, pp. 223-233. 24 Ritratti che cadono dunque nel decennio dopo la morte di Guglielmo Della Porta ai quali si riferiva Valentino Martinelli con queste parole: «dalle nicchie, dalle tombe delle chiese romane non s’affacciarono che una serie di austeri busti, in cui la policromia dei marmi cercò di sopperire alla monotonia dell’espressione standardizzata. Ve ne sono alcuni, senza verità e senza poesia, inseriti nel Grisebach nella sua piccola antologia di ritratti del periodo della Controriforma, con una scelta e un ordinamento discutibili ma sufficienti a dimostrare, come già accennai, che dopo il ’70, fra tanti scultori e scalpellini senza conto, l’arte del ritratto rimase in vita a Roma, specialmente per opera di Egidio della Riviera, Nicola Pippi e pochi altri». martinelli - pietrangeli 1955, pp. 25-26. 21 22
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ro Santacroce (†1589)25 attribuito a Prospero Bresciano, il busto di Francisco de Toledo (fig. 89, 1598)26 eseguito da Egidio della Riviera, il busto di Giovanni Aldobrandini (1611) dovuto ad Ambrogio Buonvicino27, il busto di Mariano Pierbenedetti (†1611) di uno scultore non identificato28. E ancora il pendant dell’Alciati: il busto di Pietro Paolo Parisio (fig. 87)29, che ricorda molto il busto di Arcangelo de’ Bianchi in Santa Sabina (†1580, fig. 88)30 sia nell’impianto del volto sia nelle pupille appena disegnate. Avanzando nel primo Seicento, i busti dei cardinali Girolamo e Fabrizio Veralli (1627-1631) realizzati da Egidio Moretti dimostrano come la linea indicata da Della Porta sembra persistere sebbene in episodi isolati31. Su questo comune indirizzo si colloca il busto di Pierfrancesco Ferrero (fig. 90), ora nella controfacciata di Santa Maria Maggiore, per il quale Grisebach giustamente pensò al Della Porta32. Conferma tale attribuzione un dato indiziario: Guido Ferrero, cardinale di Vercelli e nipote di Pier Francesco Ferrero, in occasione della costruzione del monumento Alciati, fece da tramite fra gli eredi e lo scultore e, mentre si trovava nella sua villa di Frascati (oggi Rufinella), si fece portare il progetto da Della Porta, come si legge nel documento: «(…) Ho veduto li capitoli che mi ha portato il Cavalieri et tutto sta bene, aggiongendovi però che esso cavalieri sia obligato pigliari sopra di lui tutta la spesa si della rottura come conciatura del muro dove si ha da metter l’opra che cossi siamo restati d’accordo et vostra signoria farà fare subito l’Instromento che me ne contento. Dalla mia Villa Ferrera di Frascati il dì XV ottobre 1580. Di Vostra Signoria Come fratello Guido Ferreri cardinale di Vercelli»33.
Roma, Santa Maria Maggiore. cannata, in madonna 1993, p. 424, n. 6. Roma, Santa Maria Maggiore. ostrow 1983, pp. 86-96: 88-90. 27 Roma, Santa Maria sopra Minerva: de lotto 2008a, pp. 21-223: 176, n. 7. 28 Roma, Santa Maria Maggiore. pietrangeli 1988, pp. 246, 298. 29 La tomba di Pietro Paolo Parisio fu commissionata dai familiari grazie al lascito dal vescovo di Bitonto Flaminio Parisio intorno al 1604: raggi 1841, p. 240; grisebach 1936, pp. 134-135; bernardi salvetti 1965, p. 90. 30 Roma, Chiesa di Santa Sabina, controfacciata. Arcangelo de’ Bianchi fu frate domenicano vissuto a Santa Sabina, creato nel 1570 cardinale del titolo di San Cesareo, morì il 18 gennaio 1580 e fu seppellito ai piedi del monumento pensile. forcella 1876, p. 306, n. 618. Di recente il ritratto è stato attribuito a Giovanni Antonio Paracca detto il Valsoldo: di giammaria 2012a, pp. 292-317. 31 Roma, Sant’Agostino, navata destra, secondo e terzo pilastro. guerrieri borsoi 2007a, pp. 77-98, 89-90. 32 grisebach 1936, p. 132. Nella scheda del catalogo curata da Pietro Cannata, in madonna 1993, pp. 426-427 i busti Ferrero sono dati a ignoto. Unico e importante contributo sulla distrutta cappella Ferrero è quello di guerrieri borsoi 2007b, pp. 1-12, 11-12 nella quale la studiosa coglie la differente mano dei due volti Ferrero pur citando in chiusura dell’articolo l’attribuzione di Herwarth Röttgen che li riferiva entrambi a Giovanni Battista Della Porta (röttgen 1995, vol. 3, p. 565). L’attribuzione è stata già discussa in ioele 2012, pp. 151-202: 155-156. 33 Doc. 70. 25 26
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È dunque verosimile che il cardinale di Vercelli, già in contatto con lo scultore negli anni ottanta, abbia scelto poi, per sé e suo zio, di affidare a Della Porta il ritratto dello zio. Non è agevole la lettura stilistica dei busti Ferrero ubicati in alto nella controfacciata; sulla base di quanto restituiscono le foto mi limito a sottolineare equivalenze formali fra il ritratto Alciati e il ritratto di Pierfrancesco Ferrero: analoghe le pieghe della mozzetta rossa, l’andamento appena accennato della barba, l’austerità del volto, la fronte alta e senza solchi. Nel trattamento del marmo non c’è alcuna ricercatezza e la terminazione della barba, sia nel Ferrero sia nell’Alciati, completa innaturalmente l’ovale del volto. Il ritratto di Guido Ferrero (fig. 91, pendant del ritratto di Pierfrancesco Ferrero) caratterizzato da un’espressività più accentuata – impropria per la maniera di Giovanni Battista – è forse di altra mano e ricorda quella di Tommaso Della Porta il Giovane, nella Sibilla (fig. 29) che rappresenta l’Antico Testamento, collocata nella nicchia destra della Deposizione (1583 ca. chiesa dei Santi Ambrogio e Carlo al Corso, Roma)34. La memoria dedicata al cardinale Federico Cornaro (fig. 96), nella controfacciata di San Silvestro al Quirinale, fu interamente realizzata dagli scalpellini ticinesi Murzio Quarta e Melchiorre Cremona sotto la direzione dell’architetto Domenico Fontana; il Della Porta fu pagato, a partire dal gennaio 1591 solo per la «testa di marmo del Cardinale Cornaro», con un compenso di ben 125 scudi35. Il volto ieratico del cardinale, dai lineamenti regolari ottenuti grazie all’uso della gradina, è incorniciato in un ovale su cui si erge un’erma, al di sopra un timpano triangolare spezzato, con al centro lo stemma di Gregorio XIV. La differente mano degli scalpellini così dichiaratamente riconoscibile nell’esuberante decorazione della cornice rispetto alla sinteticità del busto, giustifica il giudizio del Venturi secondo il quale il sepolcro risultava: «complicato da troppe linee, da troppi drappi cadenti, da troppe mensole e volute»36. Per il ritratto del Cornaro Della Porta guardò al modello antico della ritrattistica della seconda metà del III secolo; l’astrazione lineare ritorna anche nel volto ‘snaturato’ del Galba della serie dei Cesari (fig. 67)
La datazione del busto di Pierfrancesco Ferrero credo vada anticipata di qualche anno rispetto a quella proposta da Pietro Cannata (post 1585), in madonna 1993, pp. 426-427, n. 6b. Una fonte biellese degli ultimi anni del Settecento c’informa che il corpo di Guido «venne sepolto (…) nella tomba, che fece costrurre pel cardinale zio Pietro Francesco, e per se in S. Maria magg., e nella cappella della B. V. di jus patronato di sua casa con busto, ed epitaffio a mano manca vicino al sacrario secondo la sua intenzione» (tenivelli 1792, p. 237). Il monumento di Pierfrancesco era stato fatto costruire da Guido pertanto esisteva già prima della sua morte quando poi fu realizzato il secondo busto; ciò giustificherebbe la differente mano dei due ritratti. Realizzato dopo la morte di Pierfrancesco (1566), il busto a lui dedicato credo vada riferito ai primi anni ottanta del Cinquecento. 35 Doc. 86: gli scalpellini, Muzio Quarta e Melchiorre Cremona, ricevono 665 scudi. Per un approfondimento cfr. leonardo 1997, pp. 269-300: 291-292, 298. 36 venturi 1937, p. 562. 34
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costruito sulla verticalità dell’asse centrale (la bocca ha quasi la stessa misura delle narici) e l’ovale del mento. Attento alla resa fisionomica Della Porta sembra astenersi da qualsiasi amplificazione retorica e da qualunque eccesso di virtuosismo materico, basandosi su di un chiaro registro forse anche povero nelle soluzioni formali, ma di certo facilmente riconoscibile. La terminazione arrotondata del petto, tipica dei busti romani, la calligrafica incisione dei grandi bulbi oculari, delle arcate sopraciliari e del mento pronunciato e al contempo una contenuta e ferma espressività, caratterizza i ritratti dei Dodici Cesari, di Francesco Alciati e Federico Cornaro (figg. 66-77, 85, 97). Mi sembra evidente che a Della Porta non interessa in prima battuta la resa psicologica del personaggio o quegli effetti che trasformano la materia, il marmo, in una figura palpitante e soprattutto rappresentativa di uno stato d’animo. Il suo obiettivo è invece rendere immediatamente riconoscibile lo stato sociale del personaggio ritratto. Vale la pena ricordare che lo scultore era stato a Venezia nel 1568 e che in quella occasione poteva aver visto alcuni esemplari di busti classicizzanti o all’antica realizzati da Alessandro Vittoria (come il Marc’Antonio Grimani, chiesa di San Sebastiano e il Benedetto Manzino, proveniente dalla chiesa di San Giminiano), di certo più convenzionali rispetto ai successivi, ma pur sempre caratterizzati da una vivacità decorativa che però non dovette incuriosire Della Porta. E al di là del contesto in cui operarono, fra Vittoria e Della Porta esiste una chiara differenza che può aver condizionato scelte stilistiche e formali così diametralmente opposte. I mecenati immortalati da Vittoria furono collezionisti di antichità o alti procuratori per i quali la caratterizzazione fisionomica fino alla rappresentazione dei segni del tempo era sempre stata onorifica in virtù della «gerontocrazia»37. Al contrario gli effigiati di Della Porta, ad esclusione del Caetani, furono tutti cardinali gravitanti nell’orbita di Carlo Borromeo. Guido Ferrero e Francesco Alciati furono membri dell’Accademia delle Notti Vaticane, cenacolo teologico-letterario animato dal Borromeo che radunava laici ed ecclesiastici, tutti interessati alla riforma dei costumi e alla vita virtuosa. Vincoli di parentela legavano i Ferrero al Borromeo38. Francesco Alciati fu maestro di Carlo Borromeo e si fece portavoce delle sue direttive, nonché rappresentante più fidato in Curia quando Borromeo nel 1566 lasciò Roma per governare la sua diocesi di Milano39. Alla morte improvvisa di Carlo, Guido Ferrero raccomandò Federico Borromeo alle cure del cardinale
Come scrisse martin 1999, p. 275. Vedi qui p. 8. Pierfrancesco Ferrero (1513-1566) fu zio di Guido Ferrero (1537-1585). Guido nacque dal matrimonio fra Maddalena Borromeo (zia di Carlo Borromeo) e Sebastiano Ferrero, pertanto Guido Ferrero e Carlo Borromeo erano cugini. gnavi 1997, pp. 35-36: 35; rosselli 1997, pp. 27-29, 27; guerrieri borsoi 2008a, pp. 261-274. 39 Su Francesco Alciati (1522-1580): raponi 1960, pp. 65-67. 37 38
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Alessandro Farnese con una lettera del novembre 158440. E ancora Federico Cornaro, a partire dal febbraio del 1562, prese parte ai lavori del concilio tridentino e a Bergamo si adoperò nel concretare i decreti, intervenne poi ai primi quattro concili provinciali indetti dall’arcivescovo di Milano41. Lo stesso Cesare Gonzaga, che si avvalse di Della Porta come procacciatore di marmi antichi, sposò Camilla Borromeo, sorella di Carlo42. Infine nota è l’amicizia fra il cardinale Ludovico Madruzzo e Borromeo e, non a caso, i busti Madruzzo di Sant’Onofrio al Gianicolo sono stati attribuiti da Luigi Spezzaferro alla bottega dellaportiana43. Se per la scultura di Alessandro Vittoria è stato proposto il confronto con la pittura di Tintoretto, anche sulla base di comuni riflessi michelangioleschi44, nel caso di Della Porta, guardando al busto Caetani (fig. 41), torna utile leggere la famosa pagina su Scipione Pulzone di Federico Zeri per: «(…) quello speciale tipo di ritrattistica giusta il quale le caratteristiche fisiche della persona effigiata vengono fissate ed esaltate in modi di estrema minuzia, e in una messa in posa rigidamente aulica, quasi ieratica, che sottrae la figura alla mutevole condizione dell’atto momentaneo e all’instabile riflesso dello stato d’animo (…). Il risultato finale è che la persona rappresentata, senza perdere nulla dei suoi tratti fisionomici, ritorna ai nostri occhi sotto una nuova specie, immutabile e fuori dell’azione del tempo, dove gli attributi dello stato sociale e del censo – nitidamente descritti nell’abito e nei suoi ornamenti – non hanno parte
«Ill.mo et R.mo S.mio, il caso inaspettato della morte immatura del Cardinale Borromeo ha portato a tutta casa sua, et à me sopratutti quella afflittione che V.S.Ill.ma può imaginarsi poiche non poteva venire evidente nel sangue mio, che più mi aggravasse di questo. Però la maggior consolatione, che possiamo ricever tutti sarà d’intender come teniamo per sicuro che V.S.Ill.ma sia per abbracciar la protezione di quella nobile famiglia, et spezialmente del signor Conte Federico Borromeo fratello del conte Renato mio cugino et amato teneramente dal cardinale per l’innocenza della sua vita, et per haverlo creato sotto la sua disciplina, nella quale ha fatto progresso tale che bene si può sperar da lui ogni gran frutto nella professione ecclesiastica. Et per consolatione di quella famiglia si desideravia di veder rinomata nella persona sua la memoria del Cardinale. Il che si spera con la molta autorità di V.S.Ill.ma la quale ciò mi sforzarei di disporre a favorirlo in questo, se non tenessi per fermo che per se stessa sarà inclinatissima a farlo et per l’affettione ch’ella porta à quella casa, et per questa mia humile intercessione, et potrà assicurarsi, che havrà sempre un soggetto, che ad ogni suo volere lo trovarà prontissimo et alla grandezza di V.S.Ill.ma non dovrà esser difficil cosa à conseguirlo, et la S.tà di N.S.re non può in altro mostrarmi più grato a quella S.ta memoria che in honorare la persona del Conte Federico, et con questo pregandole ogni felicità le basio humilmente le mani. Di Torino il di XI di Novembre 1584. Di V.S.Ill.ma et R.ma. Humil.mo et Devot.mo Cardinale di Vercelli». ASPr, Epistolario Scelto, b. 25, fasc. 18, c. 82r. 41 Su Federico Cornaro (1531-1590): frasson 1983, pp. 183-185. 42 Cesare Gonzaga (1536-1575): brown - lorenzoni 1993, pp. 140-145. 43 Sui cardinali Ludovico e Cristoforo Madruzzo: dal prà (a cura di) 1993, in particolare sui busti Madruzzo spezzaferro 1993, pp. 695-703: 699, nota 20. 44 tumidei 1999, pp. 117. 40
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minore di quella che tocca al volto o alle altre parti del corpo. Un modulo insomma che negli esemplari di più felice e completa riuscita ha più dello stemma o dell’emblema che del ritratto, della rappresentazione cioè di una persona vivente, tanto rigoroso è il principio di etichetta che lo informa»45.
Il verismo lenticolare di fonte fiamminga della produzione di Pulzone trova il suo corrispettivo scultoreo forse più nella maniera minuta di Nicolò Piper d’Arras, almeno nei suoi rilievi46. Nella redazione delle Vite di Baglione, Röttgen segnala alcune incerte attribuzioni al Della Porta proposte da Hess ma non seguite dalla storiografia per l’evidente difformità stilistica rispetto ai ritratti sinora analizzati47. I busti di Pietro Antonio Bandini e di Cassandra Cavalcanti nel monumento ad essi dedicato in San Silvestro al Quirinale sono opere giustamente ricondotte da Nava Cellini alla prima attività di Giuliano Finelli48. Il ritratto di Prospero Farinaccio anch’esso in San Silvestro al Quirinale pone problemi di datazione perché eseguito prima della morte del giureconsulto (1618) ma, come già accennato da Röttgen, ragioni stilistiche escludono un’eventuale paternità al Della Porta. Il busto di Paolo Emilio Sfondrato nel monumento in Santa Cecilia in Trastevere, già erroneamente attribuito a Carlo Maderno, fu secondo Hibbard eseguito su disegno di Girolamo Rainaldi49, ma di recente attribuito ad Angelo Pellegrino (1623)50. Appena accennata è l’attribuzione, poco convincente, di Strinati ad un artista prossimo al Della Porta per il monumento a Enrico Petra (1591) nella chiesa di San Girolamo della Carità51. Assai problematica è inoltre l’attribuzione del busto di Cecilia Orsini (fig. 57) che, per affinità stilistiche con il busto di Rodolfo Pio da Carpi realizzato da Leonardo Sormani (fig. 56), è stato attribuito allo stesso autore52. Il Sormani mostra nel genere una particolare sensibilità, a lui è stato attribuito anche l’elegante busto del cardinale Paolo Odescalchi (figg. 98-99) in San Girolamo della Carità53.
1957, pp. 12-13. A Scipione Pulzone è stata dedicata di recente una mostra: acconci 2013. 46 Si veda la biografia: petraroia, in madonna 1993, pp. 562-563. Molte novità sul Piper sono presentate nel recente volume di economopoulos 2013, pp. 27-111. 47 röttgen 1995, vol. 3, pp. 565-566. 48 pietrangeli 1973, vol. 2, p. 38; nava cellini 1960, pp. 9-30, 11-12. 49 röttgen 1995, vol. 3, p. 566; hibbard 1971, p. 237. 50 economopoulos 2001, pp. 23-54, 38. 51 strinati 1992, p. 471. Nel ritratto (se davvero riferito ad Enrico Petra o a Pietro Bassano e monsignore Cacciaguerra, come indicano le iscrizioni sottostanti il monumento) l’artista dichiara una certa sensibilità per la resa espressiva e per la definizione della muscolatura lontana dalle definizione stilistica dei busti di Della porta. 52 Cfr. scheda 5. 53 pressouyre 1984, p. 481; petraroia, in madonna 1993, pp. 420-421, n. 2. 45
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La frontalità del busto di Cecilia, rispetto invece alla torsione del busto di Rodolfo è il primo elemento dissonante. Nel ritratto di Rodolfo, lo scalpello del Sormani si fa finissimo nella bordatura del piviale, nell’indice proteso della mano destra, nella definizione dei lineamenti. Meno sofisticato è il trattamento delle superfici nel busto di Cecilia Orsini; la lunga collana del rosario fra le mani, la cuffia in testa, la cimosa del vestito sono dettagli resi tramite moduli geometrici e così tutte le rughe solcate nel collo e nel viso sono perfettamente simmetriche. Il ritratto non sembra rispondere al confronto con gli altri ritratti noti di Della Porta. In attesa di ulteriori riscontri documentari, lasciamo aperta quindi l’ipotesi attributiva. Infine l’attribuzione al Della Porta del busto mantovano di Scipione Gonzaga (fig. 100) conservato nella chiesa dei Santi Fabiano e Sebastiano (San Martino dell’Argine) è stata avanzata da chi scrive sulla base di un documento noto nel quale si precisa che: «(…) il Cavalier Della Porta, persona molto intendente d’architettura e di statue et quello appunto dal quale io ebbi le due, che l’anno passato presentai a Vostra Altezza se ne viene in Lombardia chiamato dal Signor Principe Stigliano per la sepoltura del Signor Duca di Sabioneta, che sia in cielo, et perché egli ha fatto sempre professione di dipendere dalla casa Gonzaga desidera di esser conosciuto dall’Altezza Vostra per divotissimo servitore et de venire a bacciarle humilissimamente le mani, perciò ha voluto ch’io l’accompagni con la presente si come io fo supplicandole a vederlo volentieri come ella suol fare con tutti gli uomini virtuosi et a gradir quest’affetto dell’animo suo ch’io le ne resterò con particolar obligatione et Dio Nostro Signore conceda a Vostra Altezza perpetuo augumento la grandezza ch’io gliele auguro et con ogni umiltà le bacio le mani»54.
È una lettera di raccomandazione per lo scultore, datata 19 aprile 1591, di mano proprio del cardinale Scipione Gonzaga, in quel momento a Roma e indirizzata al duca di Mantova Vincenzo I Gonzaga. Nel giugno del 1584 Scipione aveva mandato sempre da Roma antichi marmi a Vespasiano Gonzaga in virtù della licenza di esportazione accordatagli dal cardinale camerario Filippo Guastavillani55. Come risulta dal documento sopra citato, l’anno prima aveva inviato due statue al duca Vincenzo Gonzaga forse acquistate dalla bottega Della Porta e lo scultore, richiamato dal principe di Stigliano Luigi Carafa, rientrava in Lombardia per la costruzione del monumento a Vespasiano Gonzaga56. A questa lettera di
Doc. 84. L’attribuzione è stata già discussa in ioele 2012, pp. 151-202: 163-166. Sul ritratto cfr. bertelli, in roggeri - ventura 2008, p. 158, n. 48. Sull’attuale collocazione del busto: cfr. tonini 2003, pp. 51-59. 55 Su Scipione Gonzaga cfr. benzoni 2001, pp. 842-854 e furlotti 2003, p. 45, nota 118. 56 Luigi Carafa sposò, nel novembre 1584, Isabella Gonzaga, unica figlia di Vespasiano Gonzaga: roggeri - ventura 2008, p. 108. 54
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Scipione che, a quanto pare, frequentava la bottega dello scultore a Roma, il duca Vincenzo risponderà il mese successivo (20 maggio 1591) scrivendo: «Il cavagliere dalla Porta senz’altro et per se stesso sarebbe stato ben veduto da me, essendo mio solito d’amare et gradire le persone virtuose»57. Il documento dunque ci fornisce un importante dato: Scipione conosceva Della Porta in quanto scultore, architetto e ‘marmista impresario’ al quale affidarsi per l’acquisizione di pezzi e la costruzione del mausoleo per il cugino Vespasiano. Verosimilmente avrebbe potuto conoscere le sue doti da ritrattista decidendo di farsi immortalare in un busto da erigere poi sul monumento funerario. Il dato archivistico non vincola il nome di Della Porta all’esecuzione del ritratto, ma appare considerevole l’affinità stilistica del pezzo con quelli noti dello scultore, in particolare con il busto di Onorato IV Caetani. Un’affinità talmente aderente che rende i due ritratti molto similari. Gli occhi hanno incisioni analoghe, dal doppio foro delle pupille (visibile anche nel ritratto di Onofrio Camaiani, fig. 79) e del fornice congiuntivale (più accentuati nel ritratto Gonzaga) alle linee delle palpebre. In entrambi i casi la barba è costruita con brevi segni interrotti di scalpello, meno profondi sulle guance e più incise sul mento; allo stesso modo costruisce le arcate sopracciliari, che nel volto di Onorato accompagnano la muscolatura appena evocata nel Gonzaga58. Analogo l’ampio padiglione auricolare e l’inclinazione del lobo, le labbra chiuse ma non serrate. Entrambi i busti poggiano su un’identica base in breccia verde. Non mancano inoltra le affinità fra il busto di Scipione e gli altri ritratti noti di Della Porta, dalle pieghe della mozzetta in rosso antico che ricordano molto quelle del busto di Federico Cornaro (fig. 97) alla direzione dello sguardo verso destra come nel volto dell’Alciati (fig. 85).
2003, p. 181, doc. 115, nota 4. Il dettaglio dell’arcata sopraciliare è ancor più simile nei busti di Ottavia Attavanti e Alessandro Valenti per i quali Giovanna Sapori propone un accostamento alle opere di Giovanni Battista Della Porta. I busti si trovano nella chiesa di San Francesco a Trevi, il contributo di Giovanna Sapori è inserito nel catalogo a cura di Bruno Toscano (toscano 2014, pp. 141-143, n. 22). 57 58
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Fig. 64. Giovanni Battista Della Porta, Ritratto di uomo, 1570-1580 ca., Roma, Galleria Borghese, Sala I.
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Fig. 65. Giovanni Battista Della Porta, Ritratto di uomo, 1570-1580 ca., Roma, Galleria Borghese, Sala I, particolare.
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Fig. 66. Giovanni Battista Della Porta, Cesare, 1570-1580 ca., Roma, Galleria Borghese, salone d’ingresso.
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Fig. 67. Giovanni Battista Della Porta, Galba, 1570-1580 ca., Roma, Galleria Borghese, salone d’ingresso.
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Figg. 68-69. Giovanni Battista Della Porta, Augusto e Caligola, 1570-1580 ca., Roma, Galleria Borghese, salone d’ingresso.
Figg. 70-71. Giovanni Battista Della Porta, Claudio e Domiziano, 1570-1580 ca., Roma, Galleria Borghese, salone d’ingresso.
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Figg. 72-73. Giovanni Battista Della Porta, Nerone e Ottone, 1570-1580 ca., Roma, Galleria Borghese, salone d’ingresso.
Figg. 74-75. Giovanni Battista Della Porta, Tiberio e Tito, 1570-1580 ca., Roma, Galleria Borghese, salone d’ingresso.
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Fig. 76. Giovanni Battista Della Porta, Vespasiano, 1570-1580 ca., Roma, Galleria Borghese, salone d’ingresso.
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Fig. 77. Giovanni Battista Della Porta, Vitellio, 1570-1580 ca., Roma, Galleria Borghese, salone d’ingresso.
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Fig. 78. Giovanni Battista Della Porta, Monumento a Onofrio Camaiani, post 1574, Roma, Santa Maria sopra Minerva.
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Fig. 79. Giovanni Battista Della Porta, Busto di Onofrio Camaiani, post 1574, Roma, Santa Maria sopra Minerva, particolare.
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Figg. 80-81. Scultore attivo a Roma, Monumento a Girolamo Gabrielli, post 1587, Roma, Santa Maria sopra Minerva.
Figg. 82-83. Scultore attivo a Roma, Monumento a Pietro Ciacconio, post 1581, Roma, Santa Maria in Monserrato.
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Fig. 84. Giovanni Battista Della Porta, Monumento a Francesco Alciati, 1580, Roma, Santa Maria degli Angeli (foto Pierluigi Mulas).
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Fig. 85. Giovanni Battista Della Porta, Busto di Francesco Alciati, 1580, Roma, Santa Maria degli Angeli (foto Pierluigi Mulas).
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Fig. 86. Scultore attivo a Roma, Monumento a Pietro Paolo Parisio, 1604, Roma, Santa Maria degli Angeli.
Fig. 87. Scultore attivo a Roma, Busto di Pietro Paolo Parisio, 1604, Roma, Santa Maria degli Angeli.
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Fig. 88. Giovanni Antonio Paracca (il Valsoldo), Busto di Arcangelo de’ Bianchi, 1586-1587, Roma, Santa Sabina.
Fig. 89. Egidio della Riviera, Busto di Francisco de Toledo, 1598, Roma, Santa Maria Maggiore.
Fig. 90. Giovanni Battista Della Porta, Busto di Pierfrancesco Ferrero, 1585 ca., Roma, Santa Maria Maggiore.
Fig. 91. Tommaso Della Porta il Giovane, Busto di Guido Ferrero, 1585 ca., Roma, Santa Maria Maggiore.
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Fig. 92. Giovanni Battista Della Porta (Ritratto), Giovanni Battista Della Porta e collaboratore (Monumento di Pierfrancesco Ferrero), 1585 ca., Roma, Santa Maria Maggiore.
Fig. 93. Tommaso Della Porta il Giovane? (Ritratto), Tommaso Della Porta il Giovane e collaboratore? (Monumento di Guido Ferrero), 1585 ca., Roma, Santa Maria Maggiore.
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Fig. 94-95. Disegni dai monumenti dei cardinali Pierfrancesco e Guido Ferrero, 1766-1792, ASB, Fondo Ferrero, Corrispondenza, b. XXII, cc. 5,51.
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Fig. 96. Giovanni Battista Della Porta (Ritratto), Domenico Fontana, Murzio Quarta, Melchiorre Cremona, Monumento a Federico Cornaro, 1591, Roma, San Silvestro al Quirinale (foto Pierluigi Mulas).
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Fig. 97. Giovanni Battista Della Porta, Busto di Federico Cornaro, 1591, Roma, San Silvestro al Quirinale, particolare (foto Pierluigi Mulas).
Fig. 98. Leonardo Sormani, Busto di Paolo Odescalchi, 1585 ca., Roma, San Girolamo della Carità.
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Fig. 99. Leonardo Sormani (Ritratto), Leonardo Sormani e collaboratori (Monumento a Paolo Odescalchi), 1585 ca., Roma, San Girolamo della Carità.
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Fig. 100. Giovanni Battista Della Porta, Busto di Scipione Gonzaga, 1590 ca., San Martino dall’Argine, Chiesa dei Santi Fabiano e Sebastiano, cappella di Santa Croce (foto Guglielmo Tonini).
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Nel novembre 1584, Giovanni Battista Della Porta progettava l’altare della cappella Falconi (o della Pietà) in Santa Maria dei Monti di cui rimane il disegno autografo (fig. 101-104)1. Tale disegno architettonico allegato al contratto, conservato negli atti del notaio Francesco Silla degli anni 1584-1585, è l’unico esempio noto del corpus grafico di Della Porta. Altri disegni di Della Porta vengono esplicitamente indicati nei documenti: il progetto per la memoria al cardinale Francesco Alciati, quello per la cappella di San Pietro in Santa Pudenziana e i disegni per il medaglione in onore di Sisto V2. Nel disegno per la cappella Falconi, la costruzione rigorosamente geometrica di tutti gli elementi che compongono l’altare (basamento, colonne ioniche, architrave spezzato, cornici e modanature) dimostra l’importanza data dallo scultore al progetto architettonico piuttosto che agli apparati decorativi. Non a caso, Della Porta nel contratto veniva citato come architetto e scultore fra Roma e Milano («Mediolanensis Architetto seu sculptore in Urbe»). Dalla lettura del documento e dal confronto fra il disegno e l’opera, che fortunamente non ha subito rimaneggiamenti, si deduce che Della Porta seguì alla lettera le volontà del committente, Giulio Pietro Falconi, che preferì colonne corinzie a quelle ioniche, volle aggiungere i cherubini sopra l’architrave e diede indicazioni su tutti i materiali da impiegare, in prevalenza marmi colorati. Nello stesso cantiere della chiesa dei Monti aveva già lavorato l’architetto Giacomo Della Porta e, grazie ad un documento inedito, sappiamo ora che il fratello minore di Giovanni Battista, Giovanni Paolo Della Porta,
guerrieri borsoi, in madonna 1993, p. 231. Il documento con disegno allegato è noto a schwa1975, pp. 111-141: 117, n. 51 che attribuisce il disegno a Giovanni Battista Montano restituito a Giovanni Battista Della Porta da Guerrieri Borsoi. Cfr. scheda 10. 2 Cfr. docc. 70, 96, c. 660r, doc. 78. 1
ger
Giovanna Ioele, Prima di Bernini. Giovanni Battista della Porta scultore (1542-1597), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2016 ISBN 978-88-6372-763-0 eISBN 978-88-6372-764-7 – www.storiaeletteratura.it
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sarà pagato ben ottocento scudi per pietre e marmi mischi destinati al pavimento della medesima chiesa3. Il 24 aprile 1585, saliva al soglio pontificio il francescano Felice Peretti con il nome di Sisto V che, nel breve periodo di reggenza, avrebbe restituito a Roma un nuovo assetto urbano avvalendosi delle competenze del ticinese Domenico Fontana (1543-1607) denominato il «cavaliere della guglia» per il trionfale trasporto dell’obelisco vaticano4. Insieme ad un programma di manutenzione e restauro delle chiese, mete di visite e pellegrinaggi, e delle due colonne di Traiano e Antonino Pio, il pontefice ordinò il ripristino di antichi acquedotti e la costruzione di nuove strade, ponti, fontane5. Nel settembre del 1585, Della Porta si presentò al consiglio generale di Camerino con disegni per «una medaglia di Sua Santità con alcuni ornamenti»: si trattava probabilmente del progetto di un medaglione in onore di Sisto V al posto della statua in bronzo che sarà poi preferita dal consiglio e commissionata a Tiburzio Vergelli6. Da Roma, Della Porta andava verso Loreto e, insieme ai disegni, portava al consiglio di Camerino alcune lettere del cardinale Mariano Pierbenedetti (il Martorano) che invitava la comunità a prendere qualche iniziativa a favore del nuovo pontefice. «(…) il Cav. Gio. Battista della Porta statuario, partito ultimamente da Roma per la volta di Loreto, si sia qui presentato quasi rinviato et indirizzato da alcuni signori della Camera et accompagnato con le lettere di Monsignor reverendissimo di Martorano et del nostro agente con mostrare et lassare qui alcuni suoi disegni fatti da esso circa il far qui una medaglia di Sua Santità con alcuni ornamenti largamente, hora si propone quel che par di fare in nome pubblico di questa città per dimostrazione memoria et devozione più degna che sia possibile verso Sua Santità»7.
«E più furono vendute dalo Giovanni Pauolo varie Pietre et marmi mischi per fari il Pavimento della Chiesa della Madonna delli Monti, che con il partito di metter in opera il detto Pavimento importo intorno a scudi ottocento di moneta per accordo et Istrumento rogato per il Notaro della Chiesa cioè dico scudi 800» (doc. 115). Nel giugno 1590 Giacomo Della Porta cominciò la costruzione della chiesa della Madonna dei Monti a Roma, finanziata da Gregorio XIII. Nel 1587 curò la decorazione plastica dell’interno e nel 1588 si pose il lanternino della cupola, suo è anche il disegno della seconda cappella sinistra, i cui lavori iniziarono nel luglio 1581: bedon 1989, p. 165. 4 donati 1939, pp. 15-17; matthiae 1970, pp. 431-444; benedetti 1992, pp. 395-417; barroero 2000, pp. 266-270; pittoni - lautenberg 2002; villata 2007; verde 2008, pp. 81-96. 5 spezzaferro 1983, pp. 353-405; simoncini 1990; manieri elia 1991, pp. 3-13; madonna 1993; hibbard 2001, pp. 24-27. 6 grimaldi 2011, p. 111. 7 Doc. 78; su Mariano Pierbenedetti cfr. zannini, in dal poggetto 1992, pp. 115-117. 3
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Lo scultore fu coinvolto in almeno due dei numerosi cantieri promossi a Roma da Papa Peretti: la cappella Sistina (fig. 105) nella basilica di Santa Maria Maggiore e la fontana del Mosè (fig. 107) in piazza San Bernardo8. Sei statue di Santi decorano le nicchie della sontuosa cappella liberiana eseguite da Prospero Bresciano e Leonardo Sormani (San Pietro e San Paolo), Pietro Paolo Olivieri (Sant’Antonio da Padova), Giovanni Antonio Peracca detto il Valsoldo (San Pietro Martire), Flaminio Vacca (San Francesco d’Assisi) e Giovanni Battista Della Porta (San Domenico)9. Fra tutte le statue quella del San Domenico (fig. 106) non gode di un giudizio critico positivo; secondo Petraroia, essa è un tipico «saggio di classicismo controriformato»10. Il panneggio cadenzato del San Domenico è di certo più convenzionale rispetto alle altre statue della Sistina e l’inespressività del Santo sostiene l’attribuzione al Della Porta. Per la fontana del Mosè, Giovanni Battista Della Porta realizza il rilevo istoriato con Aronne che conduce il popolo ebreo a dissetarsi (fig. 108)11. I due rilievi ai lati della statua centrale del Mosè raffiguranti episodi del Vecchio Testamento, sono apparentemente simili e, ad uno sguardo d’insieme, non rivelano il modus operandi di diverse mani. A progettare la decorazione del cantiere furono gli scultori Flaminio Vacca, Pietro Paolo Olivieri, Lorenzo Sormani e Pospero Bresciano gli stessi ai quali erano state affidate le sei statue di Santi nelle nicchie della Sistina12. Scultori che, nei lavori di équipe, seppero coniugare le proprie inclinazioni verso un risultato tanto equilibrato quanto omogeneo. Ma anche in questi casi, dove l’abbassamento tonale del proprio timbro stilistico rappresentava una conditio sine qua non per l’adempimento al progetto, l’osservazione molto ravvicinata consente di riconoscere le peculiarità stilistiche del singolo scultore. Della Porta dispone le figure su due piani, tutte però alla medesima altezza, tranne le due donne chinate ai piedi di Aronne e i due nudi fanciulli che chiudono l’angolo in basso a destra. Nella fascia più alta inserisce un albero e due file di capanne. Le due donne in basso, nella posa e nel gesto del braccio proteso, si rivolgono alla scena sottostante che rappresenta la sorgente sgorgata miracolosamente dal deserto dalla quale il popolo ebreo, condotto da Aronne, si sarebbe dissetato. Il panneggio di Aronne, nella tunica e nelle maniche, ha una ritmica fin troppo simmetrica e innaturale. Più dinamico è invece il rilievo con Giosuè che fa attraversare agli ebrei il Giordano
Per un approfondimento si veda il catalogo: madonna 1993. Per i nomi e le biografie degli scultori, scalpellini e fonditori coinvolti nelle imprese sistine: pittoni - lautenberg 2002, p. 58; lombardi, in madonna 1993, pp. 551-566. 9 Cfr. le relative schede in madonna 1993. 10 Cfr. scheda 11. petraroia, in madonna 1993, p. 393. 11 Scheda 12a. 12 d’onofrio 1986, pp. 210-220. 8
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asciutto di Flaminio Vacca e Pietro Paolo Olivieri. Entrambe le scene ricordano i rilievi di Marco Aurelio dell’Arco di Costantino. In particolare il rilievo di Giosuè, nella convulsa disposizione di animali e soldati, sembra citare la scena della lustratio exercitu, nella facciata dell’Arco rivolta verso il Palatino, le cui teste di soldati furono rifatte da Pietro Bracci fra il 1732-173313. Grazie ad un recente restauro sulla fontana del Mosè (promosso dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Roma) sul rilievo di destra è emersa la firma di Flaminio Vacca (fig. 110). In realtà dai documenti di pagamento risulta che, per quel rilievo, furono pagati sia Pietro Paolo Olivieri sia il Vacca e in una nota del 29 agosto 1589 compare solo il nome del Vacca14. È abbastanza singolare il fatto che su un’opera a doppia mano il Vacca decise di lasciare la sua firma. D’altro canto, i documenti in cui si registra il saldo dei conti non sempre attestano il reale esecutore dell’opera. E per il naturalismo dei personaggi, a volte aggrottati nell’espressione, e l’ariosità dell’intera composizione, a mio parere, è più logico supporre la sola mano del Vacca. Probabilmente l’incarico fu affidato da principio all’Olivieri e poi interamente realizzato dal Vacca. C’è poi da considerare un altro importante elemento: presso il Teylers Museum di Haarlem è conservato un disegno con al centro Aronne che conduce gli Israeliti a raccogliere l’acqua (fig. 109), giustamente attribuito da Meijer e van Tuyll al pittore Cesare Nebbia per l’esplicita iscrizione sul verso, oltre che per ragioni stilistiche15. Gli studiosi hanno inoltre messo a confronto il disegno di Haarlem con il rilievo di Aronne nella fontana del Mosè realizzato da Della Porta per le evidenti analogie compositive. Quasi identica la costruzione spaziale con al centro la figura di Aronne, in basso a sinistra una donna intenta a raccogliere l’acqua, sulla destra un’altra donna inginocchiata che regge un vaso, un israelita in piedi accanto ad Aronne (nell’atto di bere nel rilievo e in dialogo con Aronne nel disegno), le donne sullo sfondo che sorreggono le anfore in capo. Le leggere varianti (nel disegno la presenza del fanciullo al centro e in primo piano, la posa di Aronne più concitata, la figura maschile sulla destra che si rivolge alla donna inginocchiata) hanno indotto gli studiosi a ipotizzare che si tratta di un disegno d’après, ma che probabilmente fosse il progetto per l’altorilievo. L’ipotesi è persuasiva, Nebbia fu di fatto responsabile insieme a Giovanni Guerra di altre imprese sistine. Dunque, un caso interessante che attesta la collaborazione di un pittore, attraverso i disegni, alla realizzazione di un cantiere prettamente scultoreo
- panella 1999, pp. 150-151. ASR, Camerale I, Fabbriche, b. 1527, f. 49, c. 10: la segnatura archivistica è indicata in d’onofrio 1977, p. 228. D’Onofrio indica il fascicolo 40, il pagamento è invece inserito nella documentazione del fascicolo 49. L’errore è ripetuto in id. 1986, p. 216, nota 8. 15 meijer - van tuyll 1983, pp. 162-163, n. 70; meijer, in de liedekerk 1995, p. 54, n. 78. 13 14
pensabene
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ed architettonico, e che potrebbe far capo ad una pratica molto diffusa e, purtroppo, scarsamente documentata. «Fece a Termine nella mostra del’acqua Felice, su l’alto dell’Arme del pontefice Sisto, un Angelo; e nella nicchia, collaterale a quella del Moisè, la storia del Testamento vecchio in bassorilievo verso la strada Pia»16.
In questo passo tratto dalle Vite di Baglione, il biografo attribuisce a Della Porta, relativamente ai lavori per la mostra dell’acquedotto Felice, oltre al rilievo di sinistra anche uno dei due angeli in alto che sostengono lo stemma papale (fig. 111)17. I nomi degli esecutori degli angeli e dei rilievi che compaiono nei registri dei Mandati Camerali non corrispondono però a quelli citati da Baglione. Dai documenti, gli scultori che complessivamente ricevono in tre mandati 500 scudi per i due angeli risultano Flaminio Vacca e Pietro Paolo Olivieri; in alcuni fogli è segnato il nome di un certo Giovanni Paolo Olivieri, forse solo un errore del computista18. In particolare nel mandato del 14 maggio 1588 è specificato che sarebbero stati pagati duecento scudi agli scultori, Flaminio Vacca et Giovanni (?) Paolo Olivieri, «a conto delli due angeli di marmo che da essi si fanno per tener le nostre armi in su la fontana dell’acqua Felice a Termini in luogo di quelli di stucco che al presente vi si trovano»19. Dunque, gli angeli in marmo avrebbero rimpiazzato i modelli in stucco. L’osservazione diretta mi ha persuasa sulla possibile attribuzione al Della Porta per l’angelo di sinistra, corrispondente al suo rilievo; nonostante le sue imprecisioni, sarei tentata di seguire le parole di Baglione non fedeli al dato documentario20. Anche Cesare D’Onofrio conviene con le parole del biografo; lo studioso pur definendo le Fame opere «legnose, nonostante gli svolazzi» indica
1642, p. 74. Ibidem. Giovanni Battista Mola segue l’indicazione del Baglione: «Listoria de basso rilievo verso strada assieme con un Angelo acanto larme, e de Giovan Batta dela Porta» (mola 1663, p. 80). 18 Doc. 79, c. 48r; doc. 80, cc. 53, 110. 19 Doc. 80, c. 53. 20 In baglione 1639, p. 117, a proposito della cappella di San Giovanni Evangelista del Battistero lateranense, Giovanni Baglione scrive: «Nell’altare la statua di metallo, che rappresenta San Giovanni Evangelista, è modello di Giovanni Battista della Porta», mentre nelle Vite cita la statua come opera di Ambrogio Buonvicino, riferisce il modello in piccolo a Taddeo Landini e la fusione in bronzo ad Orazio Censore: id. 1642, vol. 1, p. 325. Più precisamente nella biografia di Tommaso Della Porta il Giovane, Baglione scrive: «fece il modello della statua di metallo di San Giovanni Evangelista in atto che scriva, messo in San Giovanni in Fonte» (ibidem, p. 152), ma si corregge in coda alle Vite: «non fu il Porta, ma il Landino e il Buonvicino» (ibidem, vol. 1, p. 310, vol. 3, pp. 491-492). Per Filippo Titi l’opera è di Giovanni Battista Della Porta (titi 1763, pp. 4, 145, 211). Non è emersa documentazione relativa alla statua (corbo 1970, pp. 139-144: 140), e nella voce di Gerardo Doti essa è attribuita a Taddeo Landini: doti 2004, pp. 425-428: 427. 16 17
baglione
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come esecutori i nomi di Vacca e Della Porta21. Ad un esame ravvicinato i due angeli (figg. 112-113) risultano molto diversi: le folte ciocche ondulate, il panneggio aderente, l’espressione più naturale rendono l’angelo di destra più elegante, più rifinito nei dettagli – e nel complesso più proporzionato – rispetto al suo pendant. In alcuni dettagli, l’angelo di sinistra richiama lo scalpello di Della Porta (fig. 112). La resa asciutta e legnosa del panneggio è di simil fattura alle pieghe delle vesti delle figure del rilievo sottostante. La capigliatura, a ciocche larghe, così come le ali stilizzate che si chiudono in un semplice ovale ricordano gli angeli lateranensi di Della Porta (fig. 34). Il collo taurino che marca i ritratti dei Dodici Cesari Borghese è qui oltremodo enfatizzato. La gamba sinistra poco riuscita non giustificherebbe lo scalpello di Pietro Paolo Olivieri o del Vacca che invece è di certo, per armonia di linee, l’autore dell’angelo di destra (fig. 113). Suppongo sia uno di quei casi in cui i destinatari dei pagamenti non sempre coincidono con i reali esecutori delle opere e l’ipotesi diventa più plausibile se si pensa al fatto che nei lavori d’équipe non sempre vi è concordanza fra coloro che riscuotono il pagamento (a volte anche solo il capomastro) e le diverse mani impegnate nel cantiere.
21
d’onofrio
1986, p. 220.
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Fig. 101. Giovanni Battista Della Porta, Altare, 1584-1585, Roma, Santa Maria ai Monti, cappella della Pietà (o Falconi).
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Fig. 102. Giovanni Battista Della Porta, Altare, 1584-1585, Roma, Santa Maria ai Monti, cappella della Pietà (o Falconi), particolare.
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Fig. 103-104. Giovanni Battista Della Porta, Progetto dell’altare per la cappella Falconi in Santa Maria ai Monti, 1584, in ASVR, Pia Casa dei Catecumeni e Neofiti, Instrumentorum 1584-1585, notaio F. Silla, b. 78, cc. 170-172.
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Fig. 105. Giovanni Battista Della Porta, San Domenico, 1587, Roma, Santa Maria Maggiore, cappella Sistina.
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Fig. 106. Giovanni Battista Della Porta, San Domenico, 1587, Roma, Santa Maria Maggiore, cappella Sistina.
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Fig. 107. Domenico e Giovanni Fontana, Fontana del Mosè, 1587-1588, Roma, Piazza San Bernardo.
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Fig. 108. Giovanni Battista Della Porta, Aronne che conduce il popolo ebreo a dissetarsi, 1588, Roma, Piazza San Bernardo, fontana del Mosè.
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Fig. 109. Cesare Nebbia, Aronne che conduce il popolo ebreo a dissetarsi, 1588, penna, inchiostro bruno acquerellato, matita nera, B 80, 305 x 189 cm, Haarlem, Teylers Museum.
Fig. 110. Flaminio Vacca, Giosuè che fa attraversare agli ebrei il Giordano asciutto, 1588, Roma, Piazza San Bernardo, fontana del Mosè, particolare.
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Fig. 111. Giovanni Battista Della Porta, Flaminio Vacca, Pietro Paolo Olivieri, Angeli reggistemma, 1588, Roma, Piazza San Bernardo, fontana del Mosè.
Fig. 112. Giovanni Battista Della Porta, Angelo reggistemma, 1588, Roma, Piazza San Bernardo, fontana del Mosè, particolare.
Fig. 113. Flaminio Vacca, Angelo reggistemma, 1588, Roma, Piazza San Bernardo, fontana del Mosè, particolare.
6 CORRISPONDENZE CON I GONZAGA
«Ho fatto fare il peduzzo all’Antonino, che insieme col resto de’ petti finiti, che sono in mano di maestro Thomasino compreso ancora il petto con la testa del Tito, si manderanno fra tre giorni senza fallo che sono Giulia Mamea, Tiberio, Elio et quell’altro senza nome. Trattando attenderà a vuotar bene il petto del Signore felice memoria, col peduzzo di verde che è riuscito bellissimo»1.
Nella lettera del 4 settembre 1562, il vescovo di Gallese, Girolamo Garimberto, aggiornava il duca di Guastalla, Cesare Gonzaga, circa l’avanzamento dei lavori di maestro Thomasino (Tommaso Della Porta il Vecchio): il peduccio in marmo verde del «bellissimo» busto di Ferrante Gonzaga (padre di Cesare) era stato terminato, ed anche la base dell’Antonino e di altri ritratti antichi. Ma la «poltroneria» del Maino (così viene citato Tommaso Della Porta nella corrispondenza successiva), dovette infastidire il vescovo Garimberto che nel dicembre del 1564, relativamente al lavoro di una tavola in porfido, scriveva sempre al Gonzaga: «Tuttavia tengo sollecitato quel pezzo d’asino di Maino, perché dia fine alla tavola di porfido et hora, che saranno passate le feste et che ha spedito i suoi imperatori colossacci in Belvedere, non havrà più scusa alcuna, maggiormente havendogli io trovato il verde per far l’ornamento alla detta tavola»2.
Nel luglio dell’anno successivo il lavoro della tavola di porfido non era stato ancora completato e Tommaso giustificava il suo ritardo con l’assenza di garzoni, tutti occupati «nell’opra di Palazzo e di Belvedere»3 (la Casina di Pio IV in Vaticano).
- lorenzoni 1993, p. 73, n. 2. Ibidem, p. 101, n. 73. 3 Il 3 febbraio 1565 Garimberto scriveva al Gonzaga: «Vista la durezza e rusticità di Maino nel dar fine alla tavola, ho pregato il signor Cortese che voglia fargli una bravata mantovana, ancor che questo tristaccio si scusa che non trova lavoranti per segare il verde ch’io gli ho dato, essendo tutti 1
brown
2
Giovanna Ioele, Prima di Bernini. Giovanni Battista della Porta scultore (1542-1597), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2016 ISBN 978-88-6372-763-0 eISBN 978-88-6372-764-7 – www.storiaeletteratura.it
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«Io non vedo l’hora che questa benedetta tavola di porfido esca di Roma, perché stando incassata nel cortiletto di quel poltrone di Maino, corre pericolo di qualche alterazione causata dall’umido o dal caldo; il che sarebbe a compimento della poltroneria del detto Maino, il quale dopo uno stratio di tanti mesi et anni, l’ha assettata assai disgraziatamente et per pagare della solita sua ingratitudine l’Eccellenza Vostra et Monsignor Illustrissimo suo fratello [cardinale Francesco], in havergli fatto un cavalier di San Piero dal Papa in pagamento d’una dozina di quelle testazze d’imperatori ch’ella si degnà di mirare in casa sua»4.
La serie dei Dodici Cesari, citata in quest’ultima lettera del Garimberto del luglio 1565, sembra far riferimento ad un acquisto che il duca Cesare Gonzaga aveva fatto insieme al cardinale Francesco, suo fratello, grazie al quale Tommaso ottenne il titolo del cavalierato di San Pietro dal pontefice Pio IV. I documenti per la fabbrica del Boschetto e la menzione vasariana danno prova di una serie di Dodici Cesari realizzata da Tommaso per Giulio III, poi data in dono al re cattolico Filippo II, come da avviso del 24 gennaio 15685. Stando invece ai documenti farnesiani, fu grazie alla vendita fatta da Tommaso al cardinale Alessandro Farnese sempre di una serie di Dodici Cesari, che lo scultore ottenne il cavalierato di San Pietro e che sarebbe passato al nipote Giovanni Battista Della Porta in caso il titolo si fosse reso vacante. La serie degli imperatori segnalata nella lettera di Garimberto al Gonzaga non è menzionata in altre fonti e non sappiamo se sia da identificare con le altre serie realizzate da Tommaso per la fabbrica del boschetto e per il cardinale Farnese6. Ad ogni modo, l’attività documentata di Tommaso per Cesare Gonzaga da l’avvio alle corrispondenze fra la Corte gonzaghesca di
occupati nell’opra di Palazzo e di Belvedere; non dimeno non me gli distacarò d’intorno ch’io gliela farò finire» (ibidem, p. 103, n. 77). 4 Lettera del 7 luglio 1565: ibidem, p. 108, n. 92. 5 lanciani 1902-1912, vol. 3, p. 244; vasari 1568, vol. 7, p. 550; «li 12 imperatori che con tanta diligentia erano custoditi in Belvedere da Pio IV, sono stati tutti incassati et si mandano per ordine del Papa a donare al re catholico» (von pastor, 1938-1961, vol. 17, p. 111, nota 1). 6 Nel catalogo della mostra su Ferrante Gonzaga sono stati presentati tre busti d’imperatori che attualmente si trovano nei depositi della Galleria Nazionale di Parma (gasparotto, in barbieri olivato 2007, pp. 130-131, n. 80-82). D’indubbia provenienza gonzaghesca, furono probabilmente acquistati da Cesare Gonzaga sul mercato romano. Per l’attribuzione, Gasparotto esclude il nome di Tommaso Della Porta il Vecchio. I busti parmensi di fatto non reggono il confronto con la serie di Palazzo Farnese eseguita da Tommaso e non credo siano paragonabili alle serie della Galleria Borghese eseguiti da Giovanni Battista Della Porta (cfr. scheda 3). L’«angoloso plasticismo» dei ritratti parmensi, come scrive giustamente Gasparotto, credo vada accostato piuttosto ad alcuni esemplari conservati a Mantova nelle sale del Palazzo Ducale (cfr. rausa 2008, figg. 7, 19, 21, 22) e tutti di ascendenza romana per i quali credo si possa avanzare l’ipotesi della loro provenienza dalla bottega di Della Porta: Publio Scipione Africano, Pseudo Vitellio e due busti di Tito (ibidem, schede 7, 19, 21, 22).
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Mantova e dei rami cadetti di Gustalla e Sabbioneta e la fiorente bottega romana dei Della Porta, i cui esiti concreti ben si ravvisano nella realizzazione del busto di Ferrante Gonzaga, sopra citato, e nella commissione a Giovanni Battista Della Porta nel 1591 del monumento al duca Vespasiano Gonzaga nella chiesa dell’Incoronata a Sabbioneta (fig. 114). Dopo aver soggiornato a lungo a Mantova, Cesare Gonzaga volle trasportare la sua collezione nella Galleria delle antichità del Palazzo ducale di Guastalla intorno al 1567-1568 avvalendosi in particolar modo delle competenze dell’antiquario Garimberto, che il 2 novembre del 1567 scriveva al duca: «(…) non voglio però mancare di scriver questa mia con l’occasione del portatore, che sarà maestro Giovanbattista scultore, nipote del già maestro Thomasino, che col tornarsene a riveder la patria l’ho persuaso venir a basciar le mani di quella, la quale se haverà bisogno dell’opera sua, come credo, nel restaurare et rassetar delle sue anticaglie, la non doverà lassarlo andar più inanci senza fermarlo et servirsene, per esser un valentuomo in quest’arte. Et ella, come ho detto, havendone bisogno, come credo, s’egli è vero, come intendo, che lo sia per far trasportar omia bona della sua Galeria di Mantova in quella di Guastalla»7.
Giovanni Battista Della Porta, presentato come «nipote del già maestro Thomasino» e «valentuomo» nell’arte del restauro, con l’occasione di tornarsene in patria, avrebbe portato questa lettera di Garimberto al Gonzaga. Da Roma Garimberto continuava la raccolta delle statue «le quali mi sono sobrabondate tanto che fra pochi giorni temo non habbino a cacciar fuor di casa», dialogando con altri collezionisti e amatori come Giovanni Antonio Stampa che si sarebbe presentato a corte «carico di molte belle cose»8. In una lettera del 16 giugno 1568, questa volta scritta dall’antiquario Jacopo Strada in quel momento a Venezia, Della Porta veniva raccomandato a Cesare Gonzaga perché andasse a buon fine il «negozio» (riferendosi probabilmente sempre al commercio di antichità) e sarebbe poi dovuto rientrare subito a Venezia per portare a termine un lavoro destinato all’Imperatore Massimiliano II9. Circa
Doc. 8. «Et tornando alla pratica dell’antigheria, le dirò c’havendo detto a Giovannatonio Stampa l’intentione ch’ella ha di richiamarlo, servirsene et contentarlo, il buon huomo è intrato in tanta dolcezza che dice voler venir carico di molte belle cose, ma soprattutto di un Scipione Africano bellissimo, con tutta la gola e mezzo il petto, per donarlo a Vostra Eccellenza» (ibidem). 9 campori 1866, p. 50. Negli studi di Franchini sul collezionismo mantovano si fa cenno ad un lavoro di «maestro Giovanni Battista che sta a Roma» che Ulisse Aldrovandi vide nel 1571 nella Camera di Nettuno a Mantova. Si trattava, in particolare, di un «serpe lunghissimo con un tridente involto in esso, fatto di marmore veronese». È plausibile che lo scultore citato dall’Aldrovandi potesse essere il Della Porta. Cfr. franchini 1979, pp. 200-201, nota 115. 7 8
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un anno dopo il cardinale Michele Bonelli dava licenza di esportazione a Cesare Gonzaga per «duas marmoreas figuras seu statuas»10. Forse le due statue erano state acquistate nella bottega Della porta, e nel febbraio 1573 lo scultore Giovanni Battista ricevette l’ultimo pagamento sempre per due statue, ma questa volta destinate al duca Guglielmo Gonzaga (cugino di Cesare) per la Galleria dei Mesi nel palazzo ducale di Mantova, edificata ad imitazione della Galleria di antichità che Cesare aveva allestito a Guastalla11. Per entrare nelle grazie del duca Vespasiano Gonzaga, anch’egli intenzionato a raccogliere antichità per la Galleria degli Antichi nel suo palazzo a Sabbioneta, Giovanni Battista si presentava con una lettera del 2 febbraio 1583, come nipote di Tommaso e proponeva al duca «una cosa rara (…) per l’eccellenza del Maestro, et poesia», ovvero una «Venere qual volendo compiacere a Marte volse armarsi cacciò mano alla spada»; la statua era antica «eccetto la testa, un braccio et la metà dell’altro et la punta del fodero». Nella lettera lo scultore aggiunse: «quando non sia a suo gusto la si degnerà favorirme farmene scrivere che ne pigliarò recapito appresso a qualche Signore et quella havrà cognosciuto et conoscerà il desiderio mio che ho de servirla offerendomele a ogni gusto di quella provederla di altre statue d’Herculi, Bacchi, Imperatori et Imperatrici belli et di altre statue di grandezza naturali et maggiori quali al presente si trovano appresso di me che con facilità si condurrebbono a Vostra Eccellenza IIlustrissima in carri sino in Ancona, con che humilmente le fo reverenza»12.
Giovanni Battista faceva omaggio al duca Vespasiano aspirando in realtà al suo clienterato. La statua di Venere era stata proposta qualche anno prima, per il tramite di Giovanni Antonio Dosio, al granduca Francesco I de’ Medici13. Veniva indicata nella licenza di esportazione di marmi antichi da Roma del 31 gennaio 1583 e sarebbe arrivata a Sabbioneta grazie al noto collezionista veronese Mario
1927-1929, pp. 113-121: 117. ASM, b. 910 (brown 1987, pp. 32-58, 52, n. 19). Sempre nel 1573 il nome di Della Porta compare nelle lettere di Alessandro Grandi nella lista degli uomini d’arte: «Lista di gentil’Huomini come d’huomini dell’arte: Ms. Tomao del Caval: gentiluomo romano. Ms Flaminio galgano Ms Dedalino romani. Ms Fabio antiquario romano. Ms Severo Severi già Segretario dell’Illustrissimo Cardinale Sermoneta. Ms Giovanni Federico Gianzani frate del piombo. Ms Giovanni Battista della Porta che vendé la Tavola del pidocchioso all’Eccellentissimo Signore Duca. Mro Andrea Scoltore. Maestro Flaminio Scoltore. Maestro Leonardo scoltore. Lettere di Alessandro Grandi al conte Scipione Sacrati» (doc. 47). 12 campori 1866, p. 64, n. LXXIII. 13 Cfr. doc. 71: «il Cavaliere Della Porta, scultore in Roma, ha dua figurette antiche di un braccio e mezzo di grandezza, che sono una Venere e un Marte, le quali le vole vendere, che ne ha scritto qua a Messer Giovanni Antonio Dosio, che le manderebbe se Sua Altezza Serenissima se ne contentava». 10 11
mercati
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Bevilacqua, come si legge in una lettera scritta da Verona il 20 marzo 1583 da Bevilacqua a Vespasiano Gonzaga: «Illustrissimo et eccellentissimo signore, Perche hora da Roma si è stato scritto dal signor Porta scultore, che insieme con i marmi di Vostra Signoria Eccellentissima ha mandato una statuetta di Venere, et che ha avuto aviso essere gionta costì con quelli a salvamento, qual essendomi dal sudetto mandate, e scrittomi che con la presente supplichi Vostra Signoria Illustrissima et Eccellentissima a commettere che sia consignata al presente mio commesso. Il che facendo con quella confidenza che mi prometto dalla sua infinita cortesia, con la presente le baccio le mani, et offerendomela devotissimo servitore me le raccomando in gratia»14.
A questo primo invio di opere antiche ne seguirono probabilmente altri, uno dei quali documentato da una lettera dello scultore a Vespasiano del 14 aprile 1584, in cui si citano genericamente alcune statue ottenute a buon mercato e i quattro pezzi del rilievo istoriato che Vespasiano aveva richiesto per adornare il suo Camerino15. Lo scultore ebbe rapporti commerciali anche direttamente con il conte Bevilacqua che si era mostrato interessato all’acquisto della cosiddetta Venere Cesarini16. I lavori della bottega Della Porta per Cesare Gonzaga, poi le vendita di antichità fatte a Guglielmo e a Vespasiano, sono certamente antefatti significativi per l’ultima committenza Gonzaga a Giovanni Battista Della Porta: la tomba parietale di Vespasiano Gonzaga nella chiesa dell’Incoronata a Sabbioneta, attestata da una lettera del 19 aprile 1591, scritta dal cardinale Scipione Gonzaga, in quel momento a Roma, al duca di Mantova Vincenzo I Gonzaga (figlio di Guglielmo)17. Il cardinale Scipione nel giugno del 1584 aveva mandato da Roma antichi marmi a Vespasiano Gonzaga in virtù della licenza di esportazione accordatagli dal cardinale camerario Filippo Guastavillani. Stando alla lettera dell’aprile 1591, al duca Vincenzo Gonzaga, il cardinale Scipione aveva inviato due statue acquisite dalla bottega Della Porta e lo scultore, richiamato dal principe di Stigliano Luigi Carafa (marito di Isabella Gonzaga, unica figlia di Vespasiano), rientrava in Lombardia18.
Doc. 75. franzoni 1970; favaretto 1990, pp. 124-127. campori 1866, p. 65, n. LXXIV. 16 Cfr. documenti trascritti da franzoni 1970, p. 124. Sulla Venere Cesarini: bruschini 1993, pp. 9-11. Su Bevilacqua: favaretto 1990, pp. 124-127. 17 Doc. 84. Ringrazio Alberto Sarzi Madidini (Coordinatore Pro Loco Pro Loco bacino Oglio Po) per la disponibilità dimostrata nel reperimento del materiale fotografico. 18 A proposito delle due statue Barbara Furlotti (2003) rimanda alla lettera (doc. 100, p. 174) di Paolo Emilio Cesi al Duca Vincenzo Gonzaga (Roma, 28 aprile 1590) e relativa ad alcuni marmi inviati in dono a Mantova. Non credo che le due sculture alle quali si riferiva Scipione Gonzaga siano le medesime statue inviate dal Cesi (quest’ultime identificate con un Cupido e una Diana che 14 15
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In un’altra lettera di Scipione al duca Vincenzo (3 marzo 1590) il cardinale forniva notizie di statue disponibili a Roma e indicava le botteghe e gli studi da lui visitati come ad esempio quello di Giovanni Francesco Peranda: «L’ultimo studio ch’io ho veduto et che avanza tutti di bellezza è quello del Peranda, già segretario del signor cardinale Francesco nostro di Felice memoria, et che ora serve i signori Caetani. Questo ha cose assai et bellissime, ma non siamo ancora sicuri se voglia vendere, né vendendo se voglia dar tutte le cose insieme o separate»19.
Peranda conosceva bene la bottega e la collezione di Della Porta. I due, nel maggio 1591, furono firmatari di una convenzione insieme a Giovanni Brunengo de’ Fiorini e Clementina Gentile riguardante lo scavo «di diverse statue antique di marmo et forse di bronzo et altre antiquità»20 e verosimilmente il segretario di Casa Caetani, non ancora intenzionato a vendere la sua collezione, indirizzò il cardinale Scipione nella bottega di Della Porta dove acquistò le due statue. Questi dati sostengono l’attribuzione del ritratto di Scipione Gonzaga (fig. 100) a Giovanni Battista Della Porta, che aveva «fatto sempre professione di dipendere dalla casa»21. A quella lettera di Scipione dell’aprile del 1591 il duca Vincenzo risponderà il mese successivo (20 maggio 1591) scrivendo: «Il cavagliere dalla Porta senz’altro et per se stesso sarebbe stato ben veduto da me, essendo mio solito d’amare et gradire le persone virtuose»22. Al Cavaliere Della Porta fu affidato tutto il progetto architettonico del mausoleo di Sabbioneta ivi compresa la decorazione scultorea. Della Porta seguì lo schema dell’amico Capriani per la tomba Caetani a Loreto (fig. 36) giocando sull’accostamento e sulla policromia dei marmi colorati (dal cipollino al rosso di Siena, dal giallo antico al serpentino, dal bianco di Carrara al paragone), per cui aveva sempre mostrato doti di particolare maestria. Aveva già sperimentato l’espediente del timpano spezzato nel monumento Alciati e nell’altare della cappella della Pietà in Santa Maria dei Monti, e tali esperienze in campo architettonico gli valsero ad acquisire una maggiore padronanza dei mezzi, in virtù di un risultato formale più
poi giunsero, nel maggio 1590, a Mantova distrutte). Scipione nella lettera dell’aprile 1591 scrive a proposito di Della Porta «quello appunto dal quale io ebbi le due che l’anno passato presentai a vostra altezza», perciò direttamente dalla bottega di Della Porta Scipione doveva aver comprato le due statue. Per le statue Cesi vedi furlotti 2003, pp. 33-40. Su Luigi Carafa: roggeri - ventura 2008, p. 108. 19 furlotti 2003, pp. 173-174, doc. 99. 20 ACR, Fondo generale, 150142, 8 maggio 1591. Il documento è citato in brown - lorenzoni 1993, p. 229, nota 3; l’intera trascrizione è in gori 2007, p. 133, doc. VII. 21 furlotti 2003, p. 181, doc. 115. 22 Ibidem, p. 181, nota 4.
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dinamico e di possente vigore; scomparve la bidimensionalità dei precedenti progetti a favore di una maggiore tensione verso l’alto dell’intera struttura. Addossato alla seconda cappella di sinistra, il monumento a Vespasiano Gonzaga comunica con lo spazio circostante attraverso un chiaro equilibrio cromatico e i riverberi della luce provenienti dalle due fonti principali: la lanterna della cupola e l’oculo al centro dell’arco della parete retrostante creano un sapiente gioco luministico che stupisce il visitatore, inavvertito dalla sobrietà esterna dell’Incoronata. Non balza agli occhi invece il monumento Caetani di Loreto, incastonato com’è nella parete destra della zona presbiteriale. Mentre la statua del Caetani di Loreto, che proprio il Della Porta commissiona ad Antonio Calcagni, ha misure e proporzioni perfettamente coincidenti con il complesso architettonico e lascia vuota la parte superiore dell’arco centrale, Della Porta costruisce per Vespasiano una nicchia meno profonda rispetto all’aggetto della statua bronzea. Un espediente o un’imprecisione? Vero è che il dinamismo della statua leoniniana, dato dall’energico gesto del braccio proteso che pare avanzare verso lo spettatore, è in questo modo enfatizzato, in un effetto finale forse appositamente voluto da Della Porta. Le corrispondenze fra la bottega Della Porta e i Gonzaga di Mantova continuarono anche dopo la morte di Giovanni Battista, allorquando il duca Vincenzo, desideroso di ornare la sua galleria di antichità, volle raccogliere proposte di acquisto fra cui l’intera collezione che Giovanni Battista aveva lasciato in eredità ai fratelli: «il cavalier della porta, che morì due anni sono in circa, persona che attendeva a questa professione di antichità più che huomo di Roma, perché era anche scultore, ha lasciato a’ suoi heredi una quantità di statue che, per quanto intendo, devono esser forse centoventi et forse assai più pezzi di statue intere, delle quali essi hanno voluto far vendita più volte, ma quando sono venuti alle strette, hanno adimandate le pazzie, com’a dire più di trecentocinquemila scudi»23.
Il Duca fu poi dissuaso da tale acquisto perché l’ingente numero di pezzi, non tutti di buona qualità, avrebbe comportato seri problemi di trasporto, e perché il rilascio della licenza di esportazione da Roma di una raccolta tanto consistente si sarebbe rivelata un’impresa impossibile24.
23 24
Ibidem, p. 310, doc. 390. Ibidem, p. 316, doc. 399.
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Fig. 114. Giovanni Battista Della Porta, Mausoleo di Vespasiano Gonzaga, 1591, Leone Leoni, Statua di Vespasiano Gonzaga, 1574-1577, Sabbioneta, Incoronata (fotostudio Danilo Sabbioneta).
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Fig. 115. Giovanni Battista Della Porta, Giustizia, 1591, Sabbioneta, Incoronata, particolare del Mausoleo di Vespasiano Gonzaga (fotostudio Danilo Sabbioneta).
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Fig. 116. Giovanni Battista Della Porta, Fortezza, 1591, Sabbioneta, Incoronata, particolare del Mausoleo di Vespasiano Gonzaga (fotostudio Danilo Sabbioneta).
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Fig. 117. Leone Leoni, Vespasiano Gonzaga, 1574-1577, Sabbioneta, Incoronata, particolare del Mausoleo di Vespasiano Gonzaga.
II STATUE ANTICHE E MARMI COLORATI FRA COLLEZIONISMO E MERCATO
1 GIOVANNI BATTISTA DELLA PORTA PERITO PER LA RACCOLTA DI ANTICHITÀ DI LORENZO FRAGNI
Per stimare un’esigua raccolta di antichità i tre nipoti del medaglista parmense Giovan Federico Bonzagni1: Lorenzo Fragni2, Francesco Silva3 e Giovan Fran-
Medaglista e orafo, più comunemente citato come Federico Bonzagni o Federico Parmense. Nato a Parma in data imprecisata ma di certo dopo il 1507, anno di nascita del fratello maggiore Giovan Giacomo. È a Roma nel 1554 dove collabora con il fratello come aiuto incisore della zecca, poco dopo dividerà l’incarico con Alessandro Cesati. Esegue medaglie per Paolo IV, Pio V, Gregorio XIII, il cardinale Cesi, Ippolito II d’Este, Pier Luigi Farnese, Ottavio Farnese e il cardinale Alessandro. Muore a Parma nel maggio 1588. Gli studi di Amadio Ronchini rappresentano ancora oggi un valido contributo: ronchini 1874, pp. 321-328. pollard 1970, vol. 12, pp. 480-481 e bibliografia; grazzi 1972, pp. 17-57; madonna 1993, p. 553; toderi - vannel 2000, pp. 680-706; tiberia 2000, ad indicem; id. 2002, pp. 138-139. 2 Nato a Parma nel 1548, figlio di Barbara Bonzagni, sorella di Giovan Giacomo e Federico, muore a Roma nel 1619. Richiamato a Roma dallo zio Federico nel 1568, fu impressore e stampatore della zecca dal 1572. Lavorò soprattutto nel decennio 1575-1585, realizzando molte medaglie per Gregorio XIII; istituto dell’enciclopedia italiana 1997, vol. 49, pp. 584-586. tiberia 2002, p. 105, nota 19. toderi - vannel 2000, vol. 2, pp. 733-743. 3 Non si hanno notizie su Francesco Silva. Suppongo sia il figlio di Dorotea Bonzagni, sorella di Federico e moglie di Ippolito Silva; la notizia del matrimonio si legge in un documento notarile del 29 ottobre 1586 sull’affitto di alcune terre a Vicopò (scarabelli zunti 1911, p. 15). Dorotea Bonzagni ereditò insieme alla sorella Barbara, a Lorenzo Fragni e a Giovan Francesco Bonzagni i beni del fratello Federico come risulta dal testamento redatto a Roma il 7 aprile 1584, ASR, Trenta Notai Capitolini, uff. 19, vol. 13, cc. 198v-201v (pollard 1970, vol. 12, pp. 481-482: 481). Il figlio di lei Francesco Silva risolse le trattative con i cugini, cfr. ASR, Trenta Notai Capitolini, uff. 19, vol. 19, c. 295. Fra gli atti del notaio Andrea Bonvicini conservati presso l’Archivio di Stato di Parma ho ritrovato un documento, datato 5 giugno 1588, in cui si ribadisce la parte di eredità dei beni di Federico Bonzagni spettante Francesco Silva. ASP, Notai di Parma, b. 3727, notaio Andrea Bonvicini. Esiste infine un omonimo scultore originario di Morbio Inferiore, documentato come plasticatore nella cappella del Sacro Monte di Varese e allievo di Guglielmo Della Porta, che visse fra il 1560 e il 1641: mambretti 1953, p. 218; suida 1993, p. 133. 1
Giovanna Ioele, Prima di Bernini. Giovanni Battista della Porta scultore (1542-1597), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2016 ISBN 978-88-6372-763-0 eISBN 978-88-6372-764-7 – www.storiaeletteratura.it
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cesco Bonzagni4 si rivolsero allo scultore Giovanni Battista Della Porta. Come si legge per inciso nel concordato rogato il 9 settembre 15885 «mediante persona domini Iohannis Baptisti equitis de Porta» furono stimate «omnium et singulorum honorum ut statuarum et fragmentorum laboratorum et non laboratorum et repertis» che si trovavano presso la casa di Giovan Francesco Bonzagni erede universale dello zio Federico. All’atto notarile segue l’inventario degli arredi, delle statue e degli argenti venduti e relativa stima sottoscritta da Della Porta6. Non è specificata l’ubicazione del Palazzo dove si trovavano le statue; da alcuni documenti si desume che Giovan Francesco aveva una casa a piazza Montedoro in Campo Marzio, ereditata dallo zio e che venne affittata da Lorenzo Fragni, nominato procuratore dello zio Federico7, al vescovo di Avellino Pietro Antonio Vicedomini il 20 aprile 15878. L’affitto della casa fu riconfermato con un atto notarile del 21 ottobre dello stesso anno, al quale prese parte, in qualità di testimone, lo scultore Della Porta9. Nello stesso atto si stabilì che Lorenzo Fragni avrebbe potuto ritirare «quando a lui piacerà» i sette marmi antichi che si trovavano nell’abitazione. Si trattava di: «(…) sette statue di marmo cioè tre femine vestite senza bracci et senza teste e nel Cortile doi torsi ignudi et un Cupido che dorme intiero et in capo alla schala una femina vestita cum tutti li suoi membri di tutte le sette statue di marmo et questa conditione che sia lecito a questo M. Laurenzio a sua requisitione cum quando a lui piacerà levare dette statue et farne la licenza»10.
Tre figure femminili mutile della testa e delle braccia, due torsi, un Cupido dormiente e una statua femminile vestita compaiono anche nell’inventario del 9 settembre 1588 redatto da Della Porta:
(Parma 1551-7 maggio 1638) fu dottore in legge. lasagni 1999, vol. 1, p. 616. Figlio di Giovan Giacomo Bonzagni, possedeva a Roma una casa in piazza Montedoro, ebbe un figlio Giovan Giacomo che ebbe a sua volta una casa in via Croce contesa con Lorenzo Fragni e i suoi eredi. pollard 1970, vol. 12, pp. 482-483: 483. Erede dello zio Federico, Giovan Francesco il 20 agosto 1618 stipulò con il duca di Parma un contratto di vendita di gemme e medaglie per 700 scudi. Ibidem, pp. 481-482. 5 ASR, Trenta Notai Capitolini, uff. 19, b. 19, c. 295. Il notaio dell’ufficio 19 relativo agli anni 1567-1589 è Fabritius Summaripa. 6 ASR, Trenta Notai Capitolini, uff. 19, b. 19, cc. 300r-303r. 7 In data 15 aprile 1587. istituto dell’enciclopedia italiana 1997, vol. 49, p. 585. 8 ASR, Trenta Notai Capitolini, uff. 19, b. 16, cc. 476, 480, 500. istituto dell’enciclopedia italiana 1997, vol. 49, pp. 585-586. Notizie del vescovo Pietro Antonio Vicedomini sono contenute in quadrio 1756, p. 308. 9 ASR, Trenta Notai Capitolini, uff. 19, b. 17, cc. 550-555. istituto dell’enciclopedia italiana 1997, vol. 49, pp. 585-586. 10 Come specificato nel documento datato 20 aprile 1587 (ASR, Trenta Notai Capitolini, uff. 19, b. 16, c. 500v). 4
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«E più una figura de una femina a la casa de la piaza de […] | E più uno Cupito che dormo moterne | E più dui torse de marmero | E più tre femine senza desta et senza brase de marmoro»11.
Che le statue siano le medesime viene confermato da un codicillo del 30 agosto 1588 in cui è attestato il ritiro da parte di Lorenzo Fragni dei sette marmi classici che si trovavano nella casa di piazza Montedoro12. Nell’inventario compilato da Della Porta, corrispondente alla terza lista, si aggiungono ai marmi sopra citati le statue di Tiberio, Livia, Scipione Nasica, Balbino, Giove Capitolino, Giulia Augusta, Apollo, Pallade, Esculapio, Cupido con ghirlanda, poi un’aquila, due figurine di Bacco, una testa di Caligola, una statua femminile, «un quadro ovado con li figure adorno de li pianeti de marmo», «una figurina in una grota», «un donto di baserileve con una forduna sopra uno capricornio», «una figura di base che camina cor uno coltelo in mano», una curiosa testa femminile con «capilatura stravagande», e due «termine de marmoro»13. Sono segnati infine molti frammenti di marmi diversi e pietre dure «lavorate e non» che il Fragni compra da Giovanni Francesco Bonzagni. In tutto una trentina di pezzi, forse non di altissima qualità, stimati duecento scudi (valore più alto rispetto alle valutazioni fatte dallo scultore per gli oggetti d’arredo e degli argenti). La prima lista riguarda la «roba et mobile», cioè tavoli, sedie, oggetti di uso domestico e di arredo come «un quadro de pitura de una madona che veno dal parmisanino» acquistate da Giovan Francesco Bonzagno e stimate centosessantatre scudi; la seconda di oggetti simili acquistati da Lorenzo Fragni e stimati quarantasette scudi14. Le ultime due liste riguardano oggetti di poco valore in bronzo e in argento come un «delfino picolo» segnati da Lorenzo Fragni come cose che «non se sono potute vendere per nulla» e infine le robe «vendute adiversi persone» stimate in tutto cinquantasei scudi15. Fra i compratori è indicato l’«illustrissimo Paulo Sanvidale», identificabile con Paolo Sanvitale, originario di Parma e vescovo di Spoleto nel 1591, collezionista ed antiquario, vicario del cardinale Alessandro Farnese nell’arcipresbiteriato di San Pietro16. Sanvitale acquistò per sei scudi una lastra di argento e una in metallo decorata con bassorilievi. Ad un certo «Mariano» banchiere furono venduti piccoli oggetti d’argento per cinque scudi e a «messer Pietro Paolo» gioielli di poco valore.
Doc. 82, c. 301v. ASR, Trenta Notai Capitolini, uff. 19, b. 19, cc. 295-303 (30 agosto 1588). istituto dell’enciclopedia italiana 1997, vol. 49, pp. 585-586. 13 Doc. 82, c. 301v. 14 Ibidem, cc. 300r-300v, 301r. 15 Ibidem, cc. 302r, 303r. 16 toscano 1963, ad indicem; lasagni 1999, vol. 4, p. 325 e bibliografia. 11 12
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Della Porta chiamato dunque come consulente per stimare non solo sculture ma anche oggetti di uso domestico e argenti, nello stesso atto del 1588 è citato come «perito»17 e pochi anni dopo, nel 1591, nella corrispondenza Gonzaga, come «persona molto intendente d’architettura e di statue»18. La sua attività di restauratore e commerciante dell’antico, piuttosto documentata, induce a pensare che alla fine degli anni ottanta godesse a Roma di una certa fama come esperto di sculture e che molti si sarebbero affidati a lui per stimare un’eredità di pezzi antichi se già nel 1567 è ricordato come «valentuomo» nell’arte del restauro19. D’altrocanto bisogna tener presente che fra lo scultore e il medaglista Federico Bonzagni e poi anche Lorenzo Fragni dovette esserci un rapporto di amicizia e forse anche di vicinato. Ho già segnalato la presenza di Giovanni Battista, come testimone, nell’atto notarile del 21 ottobre 1587 in cui si riconferma l’affitto da parte del Fragni della casa di piazza Montedoro. Della Porta è di nuovo testimone dell’accordo stipulato dai tre nipoti di Federico Bonzagni per la divisione dell’eredità (ori, argenti, medaglie, antichità e altri beni mobili e immobili presenti nella città di Parma) come si legge nel documento del 22 ottobre 1588, rogato a Roma dal notaio Fabrizio Summaripa20. Il Fragni ricevette un prestito di 242 scudi da uno scultore Giovanni Antonio Paracca detto il Valsoldino, figlio di Pietro Paracca, di Valsolda21. In questo caso l’atto notarile fu rogato proprio a casa di Della Porta che compare ancora come testimone insieme a Giorgio e Antonio Sichale scultori milanesi22. Al margine sinistro del documento sono segnati i giorni in cui il debito venne saldato; il Fragni restituì la somma in quattro rate, tra l’agosto e il settembre del 1589 e l’agosto e il dicembre del 159223. Non meraviglia la presenza questa volta però del «Mag.co s.r Lorenzo Frangi parmigiano et cittadino romano» come esecutore e protettore testamentario dello scultore Della Porta nell’atto del 30 aprile 159024. Altro dato importante si deduce da un documento inedito del 14 aprile 1592: lo scultore incaricò il Fragni di riscuotere i danari e saldare i conti per lavori conclusi o sospesi; all’atto notarile Della Porta allegò una lista di
«Fecerunt extimationem per dictum dominum Iohannem Baptistam peritum» (ASR, Trenta Notai Capitolini, uff. 19, b. 19, c. 295v). 18 Si tratta della lettera che il cardinale Scipione Gonzaga scrive a Vincenzo I Gonzaga, duca di Mantova (cfr. doc. 84). 19 Lettera del 2 novembre 1567 di Girolamo Garimberto a Cesare Gonzaga (cfr. doc. 8). 20 ASR, Trenta Notai Capitolini, uff. 19, b. 19, cc. 458-460. 21 di giammaria 2012b, pp. 225-261: 226. 22 ASR, Trenta Notai Capitolini, uff. 19, b. 21, c. 192 (17 agosto 1589). Dalle ricerche sinora effettuate non ho trovato traccia di questi due scultori. 23 Questa volta, insieme al Della Porta, compare come testimone Giacomo Antonio Guarnerio. 24 Doc. 83, c. 22r. 17
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statue «antiche et alcune restaurate in qualche parte» che sarebbe stata consegnata al Fragni per occasioni di vendite25. Inoltre, le rispettive proprietà immobiliari, acquistate o ereditate a Roma fra gli anni settanta-ottanta, erano piuttosto vicine, dislocate lungo via del Corso. Sappiamo che il 15 aprile 1587 Lorenzo Fragni ricevette dal fratello Cristoforo la parte della casa, in via della Croce, comprata dieci anni prima26. Abitava nella via fra la strada della Croce e via del Leoncino, in una casa soggetta a canone annuo pagato al monastero di San Silvestro in Capite27. Anche nell’inventario post-mortem l’abitazione del Fragni è indicata in «via tendenti a via Crucis ad viam Leoncinam»28. Non molto distante dal Fragni è indicata la casa di Della Porta «sita in Regione Campi Martis in via Pontificum»29 in cui lo scultore viveva con la moglie Elisabetta Mariottini dal giugno del 1582. Nel documento del 15 giugno 1596 relativo alla cappella di San Pietro in Santa Pudenziana lo scultore Della Porta è citato come «habitante in Roma a capo della strade dello Pontefice del rione di Campo Martio»30. In piazza Montedoro, perciò a pochi isolati da via dei Pontefici, si trovava la casa di proprietà di Giovan Francesco Bonzagni e Lorenzo Fragni. Nonostante la frammentarietà dei dati, possiamo supporre che la casa, la bottega e le proprietà dello scultore e del medaglista fossero vicine e che pertanto la loro frequentazione dovette essere molto usuale. Avvalora tale ipotesi
«Ricordo a messer Lorenzo Frangi mi facci appiacere di riscotere l’infrascritti denari» (doc. 88, cc. 495r-498v, 495r). 26 istituto dell’enciclopedia italiana 1997, vol. 49, p. 585. 27 bertolotti 1882, p. 75; bulgari 1958, vol. 1, p. 456. 28 ASR, Trenta Notai Capitolini, uff. 19, b. CIX, cc. 67-73. istituto dell’enciclopedia italiana 1997, vol. 49, p. 585. 29 Pagando una rendita annua di 130 scudi a Giovanni Battista Maccarani. panofsky 1993, p. 133, nota 95. Il 28 aprile 1606, il fratello di Giovanni Battista, Tommaso, acquistò una grande proprietà in Campo Marzio dagli eredi del pittore Sebastiano del Piombo, adibita anche a bottega. Situata al nord del Mausoleo di Augusto comprendeva tre edifici: il ‘palazzetto’ in via dei Pontefici, dietro una dimora più piccola e un’altra casa su via del Corso; il grande cortile ad angolo fra le due strade era ‘ad uso dello scultore’. Anche Lorenzo Fragni si aprì un’officina privata di «medagliaro» ma non sappiamo dove fu ubicata. madonna 1993, p. 557. Bertolotti cita anche un rogito dell’8 ottobre 1578 dal quale risulta che Giovanni Battista condivise con i figli dell’architetto Nanni di Baccio Bigio: Annibale e Claudio Lippi, una casa in via dei Pontefici proprietà degli eredi di Sebastiano del Piombo (trascrizione doc. 65). Altra fonte in cui è indicata l’abitazione di Della Porta in via dei Pontefici è il manoscritto settecentesco di Pier Luigi Galletti, BAV, Vat. Lat. 8001, b. I, c. 85: «1583 17 aprile B. Helena magnifici domini Iohannis Baptistę Porte mediolanensis et magnificę dominę Elisabethę de Mariottinis in via Pontificum», la fonte è citata in gramberg 1933, p. 281. 30 Doc. 94. Nell’inventario dei beni dello scultore redatto poco dopo la sua morte è scritto: «Inventarium non nullo rum honorum massaritiarum et suppellectilium domus repertorum in domo solitiae habitationis q.d. Joannis Baptistae della Porta et Elisabettae Mariottinae conjugum sita in via Cursus» (doc. 96, cc. 502r-503v, 520r-521r: 502r). 25
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la trattativa del 1589 fra il Fragni e il Valsoldino risolta proprio a casa dello scultore Della Porta, come si legge nel documento in chiosa finale: «Actum Rome in regione Campi Martiis in domo m. Ioannis Baptiste della Porta sculptoris»31. E ancora, un altro dato si aggiunge alla ricostruzione dei legami fra lo scultore e la famiglia parmense, desunto dal manoscritto settecentesco di Pier Luigi Galletti32. L’archivista c’informa che il giorno 17 aprile 1583 fu celebrato, nella chiesa di San Lorenzo in Lucina, il battesimo di Elena, figlia di Giovanni Battista Della Porta ed Elisabetta Mariottini33. Padrino e madrina furono «Federicus Bonzanus parmensi e Lucrezia Bonziana de Circiis de Vallemontone»34 da identificare con Federico Bonzagni e sua sorella Lucrezia Bonzagni35. È lecito pensare che a quella data i rapporti fra lo scultore e la famiglia Bonzagni erano già ben consolidati e
ASR, Trenta Notai Capitolini, uff. 19, b. 21, c. 192. Gli studi del bibliotecario e archivista Pier Luigi Galletti (Roma 1722-1788) furono dati alle stampe solo in parte. I suoi manoscritti si conservano alla Biblioteca Apostolica Vaticana con la seguente segnatura archivistica: Vaticani latini 7869-8066. I manoscritti con i codici Vaticani Latini 7871-7899 rappresentano il Necrologium Romanum: un elenco di tutti coloro che, illustratisi per qualche merito, erano morti a Roma. ceresa 1998, vol. 51, pp. 586-587. Nel manoscritto Vaticano Latino 7873, f. 111 è indicato il giorno di morte dello scultore Della Porta: «1597 4 ottobre † Gio. Batta. Ditto il Cavaliere della Porta marito di mad.a Elisabetta Mariottina al Corso. Sepolto al Popolo LXXXV», la segnatura archivistica è indicata in gramberg 1933, p. 281. 33 Le nozze fra Giovanni Battista Della Porta ed Elisabetta Mariottini erano state celebrate il 14 novembre 1580 come si legge dal manoscritto di Galletti: «1580 14 novembre m. dominus Iohannes Baptista della Porta sculptor florentinus et domina Elisabeth domini Iuiani Mariottini testibus domino Iosepho Zeola novariense milite Sanctorum Mauritii et Lazari Hierosolimitanorum et domino Iohanne vigevano piacentino milite Sancti Petri» (BAV, Vat. Lat. 8001, b. I, c. 85) gramberg 1933, p. 281. Nei volumi Vat. Lat. 7957-8017 Galletti raccolse notizie di famiglie tratte da manoscritti, protocolli e libri delle chiese parrocchiali di Roma. Della Porta è citato anche in BAV, Vat. Lat. 8001, b. III, c. 17: «1590 23 settembre B. Dominicus domini Mutii de Quartis romani et dominę Margarite Caronice rom. in via Cursus Patr. Dominus Ioannes Baptista Porta mediolanense et domina Clizia Glacciola romana. LXXXV». 34 «1583 17 aprile B. Helena magnifici domini Iohannis Baptistę Porte mediolanensis et magnificę dominę Elisabethę de Mariottinis in via Pontificum. Patr. Magnificus Federicus Bonzanus parmensi set magnifica domina Lucrezia Bonziana de Circiis de Vallemontone. LXXXV» (BAV, Vat. Lat. 8001, b. I, c. 85) gramberg 1933, p. 281. Com’è noto gli stati delle anime della parrocchia di San Lorenzo in Lucina furono compilati solo a partire dal 1607. zicarelli 2005, pp. 33-48. 35 Nata nel 1516, sposò Giovanni Alberto de Pini orefice. pollard 1970, vol. 12, p. 482. Giovanni Alberto de Pini portò avanti la rinomata officina dei Bonzagni situata vicino al tempio della Steccata. ronchini 1874, p. 323, nota 1. Stimato anche da Alessandro Farnese, terzo duca di Parma e Piacenza, come risulta da questa lettera inedita del duca Alessandro al figlio Ranuccio: «Per informatione di far la Zecca in Parma non posso dir altro a V.A. se non che m.Giovanni Alberto de Pini già orefice mi ha detto haver da un sui amico che verrà à far la Zecca dandogli la Casa pagata come s’è fatto da qui indietro quando la si è fatta, battendo conforme a Milano cioè alla valuta di quel batte, come s’è anco fatto et che hoggi fa Piacenza». Il documento è senza data. ASP, Zecca Farnesiana, sez. 31 32
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che forse all’origine di questo legame ci sia traccia del più famoso Guglielmo Della Porta, parente di Giovanni Battista. La presenza a Roma di Federico Bonzagni come aiuto incisore della zecca accanto al fratello Giovan Giacomo Bonzagni si data al 155436; Luigi Grazzi sostiene che il trasferimento a Roma di Federico fu dovuto alla delusione per la mancata vittoria all’appalto della zecca ducale di Parma; il concorso bandito dal duca Pier Luigi Farnese fu vinto dal medaglista imperante Leone Leoni37. A Roma Giovan Giacomo Bonzagni fu nominato incisore della zecca papale l’8 gennaio 1546 succedendo a Giovanni Bernardi da Castelbolognese38. Al servizio di Paolo III prima e del cardinale Alessandro Farnese poi39, Giovan Giacomo usufruì della protezione dei Farnese anche per vicende personali40. A partire dagli anni quaranta, lo scultore più noto presso i Farnese, attivo anche come restauratore, fu Guglielmo Della Porta con il quale il Bonzagni condivise il lucroso ufficio di Piombatore Apostolico, carica ottenuta prima da Della Porta nel 1547, dopo la morte di Sebastiano del Piombo e poi da Bonzagni nel 155241.
I, b. I, fasc. b.6. Rossella Cattani e Stefania Colla attribuiscono al Pini una Croce astile conservata nella chiesa dell’Assunzione di Maria Vergine a Corniglio, in fornari schianchi 2005, pp. 452-453. 36 pollard 1970, vol. 12, pp. 482-483. 37 grazzi 1972, pp. 17-57. Luigi Grazzi restituisce in breve il quadro di orafi e medaglisti che Giovan Giacomo Bonzagni trovò a Roma: «Nell’ambiente professionale dell’Urbe, il nostro sentì dire di Giulio Romano (che fuse una medaglia per Giulio II nel 1506); sentì raccontare dello stravagante Benvenuto Cellini, modellatore delle celebri medaglie di Clemente VII, dopo aver schernito gli zecchieri rivali Giovanni Bernardi da Castel Bolognese e Giampiero Crivelli; gli lodavano i pezzi pure “clementini” di Francesco Ortensi e di Girolamo Da Prato; incontrò il Cesati soprannominato “grechetto” ma, un giorno, incontrò anche Leone Leoni (suo antagonista per la zecca di Parma) che gli narrò come anche Andrea Spinelli – deluso delle lungaggini del duca – avesse lasciato Parma, riparando a Venezia, ov’era ancora in auge la tecnica di “fondere” le medaglie» (ibidem, p. 46). 38 bertolotti 1882, p. 70; pollard 1970, vol. 12, p. 482. 39 Ibidem. Giovan Giacomo Bonzagni riceve pagamenti nei lavori per il Palazzo Farnese: «15 luglio 1549 a M. Gio.zacomo de Parma orefice per indoratura e mettitura in opera le lettere del camino di moschio della Camera del Cantone verso S.Girolamo le quali sono di metallo scudi 4, b.5. Registri di entrata e uscita del Palazzo Farnese 1549, f.24.» (bertolotti 1882, p. 70). 40 «Et io, come servitor di molt’anni ch’io sono et sempre è stata casa mia de la Ill.ma casa Farnese» è in questi termini che Giovan Giacomo Bonzagni si rivolge al cardinale Alessandro Farnese. La lettera non datata, indirizzata a Caprarola, è trascritta in ronchini 1874, p. 321 e l’attuale segnatura archivistica è ASP, Epistolario scelto, b. 23. 41 gramberg 1964, p. 14, nota 18. Vasari nella nota biografica su Guglielmo Della Porta a proposito dell’ufficio di piombatore scrive: «In somma ha costui avuto et ha occasione grandissima di affaticarsi e fare dell’opere, avenga che l’uffizio del Piombo è di tanto gran rendita, che si può studiare et affaticarsi per la gloria, il che non può fare chi non ha tante comodità». vasari 1568 (1967), vol. 7, p. 426. Lo stesso Guglielmo nel gennaio 1557 scrisse in una lettera al cardinale Farnese: «se
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«Frate Gio.Giacomo del Piombo et fra Guglielmo compagno» ricevettero, nel giugno del 1553, novantatre scudi per lavori eseguiti a Villa Giulia e collaborarono per la costruzione di un Santo Sepolcro da porre nella cappella Paolina in occasione della settimana santa del 155642. Dell’opera oggi non rimane nulla; René Ancel ne trovò traccia in alcuni pagamenti nei registri della Tesoreria segreta43. Ignoriamo la forma del Santo Sepolcro; doveva trattarsi di un’opera smontabile con figure di angeli e profeti da riprodurre su scala colossale per volere di Paolo IV che desiderava fonderle in bronzo, ma non andarono oltre i modelli in gesso e sparirono44. Le quattro statue dei profeti e quelle degli angeli che ornavano il sepolcro furono eseguite dai «frati del piombo»45. L’opera fu altamente celebrata: il 29 marzo 1559 Marchio Valerii scrive al cardinale Farnese citando il sepolcro della cappella Paolina come lavoro «bellissimo» e il 22 marzo un altro familiare dei Farnese scrive: «per il Sepolcri si spenderà tanto che non si è speso per 20 anni a dreto»46. Certo è dunque il legame fra lo scultore di Casa Farnese e Giovan Giacomo Bonzagni, nessun dato però ci conferma che Guglielmo conosceva anche Federico Bonzagni pur essendosi, quest’ultimo, «giovato delle raccomandazioni de’ Farnese» tramite il quale ottenne anche lui nel 1570 l’ambito ufficio di Piombatore Apostolico47. In una lettera della primavera del 157548, scritta da Guglielmo per un agente di Ottavio Farnese, lo scultore promette di inviare al più presto le statue e
il piombo frutase come era solito, io non domandaria mai dinari». borzelli 1920, p. 12. L’attuale segnatura archivistica è ASP, Epistolario scelto, b. 23, fasc. 13. 42 bertolotti 1882, p. 71. 43 ancel 1908, pp. 1-24 (il Santo Sepolcro è citato alle pp. 15-16). Pollard erroneamente riferisce i pagamenti per le figure di angeli e profeti a Giovan Giacomo Bonzagni, citati da Bertolotti, come lavori per la tomba di Paolo III. pollard 1970, p. 482. 44 gramberg 1965, pp. 79-84. 45 «Tesoreria segreta, 1556. A di 29 di marzo a fra Jo Jacomo dal Piombo per residuo et intero pagamento di tutte le giornate messe per far li profeti et li Angeli per il sepolcro della Cappella Paulina, scudi 50» in bertolotti 1875, p. 320. Il pagamento è anche citato in ancel 1908, p. 15, nota 6. «26 aprile 1557, alli frati del Piombo a buon conto di scudi 39 di moneta che tanto montano le giornate delli scultori a far li angeli del sepolcro et il Dio Padre» (ibidem, p. 16). «29 dicembre 1557 a fra Guglielmo dal Piombo scudi 6 di moneta per resto di scudi 39 della spesa del Dio Padre e degli Angeli del sepolcro passato» (ibidem, p. 16, nota 3). 46 Ibidem, p. 16, nota 4. 47 per usare le parole di ronchini 1874, p. 322. gramberg 1964, p. 14, nota 18; pollard, 1970, p. 480. 48 Ringrazio Grégoire Extermann per avermi segnalato il documento. gramberg 1964, p. 107, doc. 199.
DELLA PORTA PERITO PER LA RACCOLTA DI ANTICHITÀ DI LORENZO FRAGNI
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le «teste di metallo»49, spera nello stesso mese di poter far visita al duca di Parma e conclude ricordando di salutare «il virtuoso horefice et altri amorevoli dell’arte disegnatoria». A quale orefice Guglielmo si riferisse dandogli anche l’appellativo di «virtuoso» non è noto. Di certo dovette trattarsi di un artista che in quel momento lavorava a Parma per Ottavio Farnese e che Guglielmo può aver conosciuto a Roma. Il più lodato fra gli orefici dal Della Porta fu Antonio Gentili da Faenza suo allievo, ma non abbiamo notizie di lavori di oreficeria o numismatica eseguite per il duca di Parma e Piacenza50. Alessandro Cesati detto il Grechetto condivise con Giovan Giacomo Bonzagni la carica di incisore della zecca papale e a partire dal 1554 ebbe accanto Federico Bonzagni51. Riaperta la zecca di Parma da Ottavio Farnese per i coni delle monete fu chiamato il Cesati52. A lui prodigarono lodi nomi autorevoli come Vasari e Michelangelo53 ma non può essere quel «virtuoso orefice» citato dal Della Porta poiché nel giugno del 1574, in una lettera, già si parla del Cesati al passato54. Sappiamo che Federico Bonzagni fu spesso a Parma per incidere i conii delle medaglie di Pier Luigi e Ottavio Farnese richiamato anche da Margherita d’Austria moglie di Ottavio e che morì a Parma (e non a Roma) nel maggio 158855. Una lettera inedita di Federico del 27 marzo 1573 indirizzata al duca Ottavio ci conferma il suo legame con la corte di Parma, nella lettera è citato anche un certo «Andrea orefice» già al servizio del duca:
49
Sulla vendita di statue in bronzo di Guglielmo Della Porta al duca di Parma: jestaz 1995, pp.
49-67. Sui medaglisti che lavorarono per Ottavio Farnese uno studio specifico è quello di marini 1913, pp. 145-159. Più in generale sugli artisti che lavorarono per Ottavio Farnese cfr. de grazia 1992, pp. 265-275; meijer 1988. Su Antonio Gentili da Faenza: gramberg 1960, pp. 31-52; grigioni 1988, pp. 84-118; cipriani 1999, pp. 180-182; dickerson III 2008, pp. 25-72: 37-39; kuberskypiredda 2013, pp. 103-127. 51 balbi de caro 1980, vol. 24, pp. 229-231 e bibliografia; pigorini 1872, pp. 8-13; armand 1879, pp. 102-103. Cesati lavorò fra il 1530 e il 1564 per Paolo III, Pier Luigi Farnese, Alessandro e Ottavio Farnese. calveri 2000, pp. 349-354. 52 balbi de caro 1980, vol. 24, p. 230. 53 vasari 1568 (1967), vol. 5, pp. 385-386. Da una minuta non datata del cardinal Farnese al Commendator Cornaro in Cipro si legge: «Tra gli miei più cari servitori, et de’ quali io mi vaglio maggiormente et con più soddisfattione è M. Alessandro Cesati, un giovane molto virtuoso et molto intendente di gioie et di disegno». ronchini 1864, p. 4. L’attuale collocazione archivistica è ASP, Epistolario scelto, b. 23, fasc. 11. 54 La lettera, datata 5 giugno 1574, fu scritta da un certo Scaramuccia ad Ottavio Farnese ed è citata in ronchini 1864, p. 10, nota 5. 55 Come si apprende dal compromesso stipulato dai tre nipoti in data 22 ottobre 1588: ASR, Trenta Notai Capitolini, uff. 19, b. 19, cc. 458-460 cfr. pollard 1970, p. 481; spinosa 1996, p. 284; marini 1913, p. 161, nota 1. 50
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«Ill.o et Ecc.ll.o Signor mio, ho avuto per grandissimo favore che V. Eccellentia si sia degnata di commandarmi come ad amorevole et fedele vassallo che io gli sono, V. Eccellentia mi commanda che io sia con m. Andrea suo orefice per mostrargli della professione mia qualche cosa, veramente m’incresce pur assai, che io non sappia quanto vorrei per far utili a lui et servir a V. Ecc.ta. Imperò di quel poco che io so a lui et a ogni altro suo servitor, sero sempre pronto ad operarmi in ogni guise, pregandola che di continuo si degni commandarmi, con che io bascio humilmente le mani di V. Ecc. augurandoli lunga e felice vita. Roma il di 27 marzo 1573. Di V. Ecc. Fidel, Servitore Federico Bonzagno frati del Piombo»56.
Se riconosciamo un legame fra Guglielmo Della Porta e Federico Bonzagni allora l’asserzione del Baglione nella biografia di Giovanni Battista Della Porta che lo vuole servitore del cardinale Alessandro Farnese e della sua casa, dopo esser morto Fra Guglielmo, induce a pensare che Giovanni Battista conobbe i Bonzagni nel contesto dei lavori per la corte Farnese a Roma57. Dubbia, ma non da escludere, è l’ipotesi che la frequentazione fra il medaglista Federico Bonzagni e Giovanni Battista Della Porta possa essere avvenuta nel contesto di casa Farnese; documentata è invece la loro partecipazione alle congregazioni della Compagnia di San Giuseppe di Terrasanta, com’era nominata l’attuale Pontificia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi del Pantheon, dove i due compaiono per la prima volta nello stesso anno 1575. Un circolo di pittori, scultori, architetti, ma anche maestri «dell’arte metallaria, lignaria e fusoria e delle diverse arti»58 che, se pur legato a cerimonie religiose, garantiva puntuali occasioni d’incontro. Solo «huominj excellentissimi tanto in architettura, scoltura, et pittura, quanto in ogni altro exercitio degno di alti ingegni»59 avrebbero potuto riunirsi in sodalizio nel Pantheon. Nel 1549 risulta membro Gu-
ASP, Epistolario scelto, b. 23, fasc. 4, c. 4. Ringrazio Grégoire Extermann per avermi anticipatamente segnalato il documento. Presso l’Archivio di Stato di Parma ho consultato il Carteggio Farnesiano estero per gli anni 1574-75-76 ma non ho trovato traccia di Federico Bonzagni. Nel 1577 è a Roma e scrive ai signori Anciani di Parma come risulta da questa lettera inedita: «Molti Mag.ci S.ri et Patroni Hon. | Aviso le s.rie vostre come io havuto una sua per conto di quelle R.da madre dela campana et mi sieno anco una suplica da presentar al Papa, circa, il presentar detta suplica, io non me ne voglio, in piaciare per che so che io non naverei honor S.S.ta mi diria, che io andasi ala congragationi dili vescovi, dove già mi son travagliato altre volte per questa R.da madre, et ancora M.Giovanni Domenico Amitta, dottor parmigiano et mio nipote hanno solicitato più di sei mesi con ogni diligenza et favore et non hanno mai potuto ottenere più di quello che essi scrisero a dette monache, si che per tanto, a me pare che non vi sia la miglior via che andar dal nostro Ill.mo vescovo di Parma; vie qui in Roma uno frate Valerio guardiano di S.to Apostolo, ordine franceschino che mi a solicitato. Io sarò con lui et tutto quel io potuto far dal conto mio non mancherò et con questo farò fine basando le mani per infiniti ale S.V.re | Di Roma ali 18 di dicembre 1577 | Dallo S. V.re servitor | Giovanni Federico Bonzagno frati del piombo». ASP, Antica Comunità, Autografi illustri, b. 4394, s.n. 57 baglione 1642, vol. 1, p. 74. 58 tiberia 2000, p. 25. 59 Ibidem, p. 20. 56
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glielmo Della Porta e l’anno successivo Tommaso Della Porta il Vecchio, chiamato «scultore milanese»60. Il 14 agosto 1575 parteciparono alla congregazione tredici confratelli fra cui Marcello Venusti, Flaminio Vacca, Giovanni Battista e Tommaso Della Porta il Giovane e «Giovanni Federico del Piombo», reggente nel 157661. La presenza di Lorenzo Fragni è registrata la prima volta l’8 febbraio 1579 e fra i ventitre confratelli compaiono lo zio Federico e Giovanni Battista Della Porta62. Insieme a diverse teste e busti in marmo, nell’inventario del Fragni sono ricordate ventitre medaglie «fatte all’antica» probabilmente provenienti dall’eredità dello zio Federico. L’Aldini nelle Istituzioni glittografiche (1785), Zaccaria nell’Istituzione antiquario-numismatica (1793), Vermiglioli nelle Lezioni di archeologia (1823) citano Lorenzo Fragni tra i più abili contraffattori di medaglie antiche63. Leopoldo Cicognara, nel capitolo sulla numismatica ed i lavori in metallo, fra gli artefici parmensi ricorda Giovan Giacomo e Federico Bonzagni come «famosissimi» falsari citando le lodi che ne fece il contemporaneo Enea Vico: «Ma Giovan Jacopo di costui fratello, che oggi per merito della sua virtù tiene in Roma l’ufficio del segnare il piombo, ha superati tutti i moderni in così fatte arti: della cui maniera chi grandemente non è pratico, resterà facilmente ingannato, e le sue medaglie prenderà per antiche»64.
Sembrano risuonare le parole di Vasari nel breve cenno a Tommaso il Vecchio inserito nella biografia di Leone Leoni: «particolarmente ha contraffatto teste antiche di marmo che sono state vendute per antiche, e le maschere l’ha fatte tanto bene, che nessuno l’ha paragonato, (…) Nessuno di questi imitatori delle cose antiche valse più di costui, del quale m’è parso degno che si faccia memoria di lui tanto più quanto egli è passato a miglior vita, lasciando fama e nome della virtù sua»65.
Ibidem, pp. 96, 104, nota 57. Lo scultore è erroneamente confuso con Tommaso Della Porta il Giovane per l’esecuzione della statua bronzea di San Pietro sulla colonna Traiana. 61 Ibidem, pp. 129-131, nota 82. I tredici confratelli sono: «Battista battirolo, Giambattista Raimondi, Giovanni Federico del Piombo, Marcello Venusti, Lucio da Todi, Cesare Tarcone, Giambattista Della Porta, Flaminio Vacca, Antonio Batacchioli, Tommaso Della Porta, Durante Alberti, Lorenzo De Ferrari, Mario Labacco» (ASVPR, I libro delle congregazioni 1547-1597, f. 34v). Ibidem, p. 25. 62 Ibidem, p. 144. Dal 1597 al 1602 Lorenzo Fragni viene richiamato più volte dai membri della Compagnia per la restituzione di una dote lasciata dallo zio Giovan Federico (ibidem, pp. 107-139). 63 Le fonti sono citate da ronchini 1874, pp. 327-328. 64 vico 1555, la citazione è in cicognara 1825, vol. 5, cap. 7, p. 453. Nell’epigrafe sepolcrale eretta a Roma nella chiesa di San Rocco per Giovan Giacomo Bonzagni gli si attribuisce il titolo di «antiquorum numismatum imitator excellentissimus». ronchini 1874, p. 328. 65 vasari 1568, vol. 7, pp. 550-551. 60
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L’abilità nel simulare l’antico si riflette anche nella rigidità stilistica dei ritratti realizzati da Giovanni Battista Della Porta, e ugualmente nelle medaglie di Federico Bonzagni e Lorenzo Fragni: i tratti fisionomici degli effigiati sono piuttosto attenuati da uno stile «freddo e accademico»66. Uniti da interessi comuni, dalla raccolta di marmi e medaglie antiche alla riproduzione degli stessi, l’attività di Giovanni Battista Della Porta e quella di Lorenzo Fragni vanno dunque lette nel contesto delle rispettive tradizioni familiari innestate a Roma già negli anni quaranta del Cinquecento.
66
Come scrive panvini rosati 1996, vol. 4, p. 340.
2 LA COLLEZIONE DELLA PORTA E LE SUE VICENDE FINO A VILLA BORGHESE
Nel Trattato dell’erudito e teologo cremonese Pietro Martire Felini (1610) sono elencate le più note collezioni private al tempo del pontificato di Paolo V Borghese fra le quali quella del Cavaliere Della Porta: «In casa poi de molti Cardinali, e altri signori Titolati, e particolari sono de belle cose, come statue, Antichità, e altre cose degne d’essere viste, come un Cavallo di bronzo molto nobile nel palazzo del Rucellai su’l Corso, belle statue, e altro nel palazzo del Duca Altemps, in casa del Cavalliere della Porta pur nel Corso, in casa di Monsignor Verospi, in quella di Monsignor Strozzi, e d’altri infiniti, quali per brevità si lasciano»1.
Situata all’angolo fra via del Corso e via dei Pontefici (fig. 7), la bottega della Porta, gremita di statue, busti, marmi antichi, era ormai considerata, ai primi del Seicento, fra i luoghi a Roma che una guida doveva citare, dove poter ammirare antichità «degne d’essere viste»2. Il primo fra i Della Porta a raccogliere statue antiche fu probabilmente Giovanni Battista. Ne dà prova la lunga «Nota delle statue del Cavalier Giovanni battista della Porta scultore» registrata negli atti del notaio Alessandro De Grassi alla data 14 aprile 15923. Si tratta di una lista di statue «antiche et alcune restaurate
1610, p. 221; per ulteriori notizie sulla fonte: ceresa 1996, pp. 92-94. Riferimenti bibliografici per la storia della collezione Della Porta sono: graeven 1893, pp. 236245; de lachenal 1982, pp. 49-117; kalveram 1995, pp. 11-16; moreno - viacava 2003; in ultimo il catalogo della mostra I Borghese e l’antico, curato da coliva - fabréga-dubert - martinez - minozzi 2011 in particolare il saggio di gasparri 2011, pp. 75-87 e bibliografia. Inoltre l’argomento è stato trattato da chi scrive in occasione del convegno sui Marmi policromi. Il gusto del colore nella scultura dal XVI al XIX secolo (Roma 2012), a cura di Grégoire Extermann - Ariane Varela Braga, Istituto Svizzero, Roma, di cui gli atti sono in corso di pubblicazione. 3 Doc. 88. 1
felini
2
Giovanna Ioele, Prima di Bernini. Giovanni Battista della Porta scultore (1542-1597), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2016 ISBN 978-88-6372-763-0 eISBN 978-88-6372-764-7 – www.storiaeletteratura.it
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in qualche parte» che Giovanni Battista compilò per Lorenzo Fragni4. L’elenco è preceduto dal mandato al Fragni per la riscossione dei compensi per dei lavori realizzati da Della Porta: trenta scudi da Giulio Scala (dieci scudi al mese da aprilegiugno)5, cinquantanove scudi dagli eredi del Cavaliere Alessandro Guarnello per la memoria in Santo Spirito in Sassia (fig. 10), venti scudi dal collezionista Riccardo Riccardi per «le doi teste de philosophi et li tre episcophi», e altri conti sospesi: «Rescoter anco scudi 3 b. 25 da mr. Paulo emilio Vigevano quale dice pagarli alli 18 del presente. Pagarete scudi 20 al figliolo de m.o francescho devosi p. pagar p. ordine del suo pro. ratore essene fara far quietanza al detto figliolo bastano. A m.o Polito lascio a lavoro et li do cinque guilij d’argento il di A. Pompeo il Medesimo lavorava et li do Julij 3 1/2 il dì; de quali basta darne la metà di quello lavoreranno che così si contentano. Li lasso Ampia et missione che venendo occasione di vendere tutto o in parte delle mie antiquità conforme a una lista et suoi prezzi. Mi contento si di […] 15 o 20 per cento la qual lista è sottoscritta di mia mano. Pagarete il numero delle migliaia delle Canne per la Vigna a 14 Giulij al migliaio de argento al nepote che fu de Gio: Paulo orefice del quale haveva le canne al mio servitore»6.
Nella lista di antichità, che sarebbe servita al Fragni in occasioni di vendite, vengono descritte più di quaranta statue antiche, frammenti, tavole, colonne e vasi con precisazioni sul soggetto, le dimensioni (in palmi) e il valore (in scudi). Grazie a questo documento da me rinvenuto, cronologicamente il primo sulla storia della collezione, è possibile farsi un’idea concreta delle antichità citate nel testamento di Giovanni Battista del 1590 che egli destina interamente ai fratelli, Tommaso e Giovanni Paolo7. Poiché gli stessi pezzi ricompaiono negli elenchi successivi si
«Ricordo a messer Lorenzo Frangi mi facci appiacere di riscotere l’infrascritti denari». Ibidem, c. 496r. 5 «Dal S.r Giulio Scala scudi trenta in questo modo cioè. Alla fine del presente mese d’aprile scudi dieci alla fine maggio scudi dieci e alla fine de giugno scudi 10 et tutto sia in un mandato qualsiasi diretto a m.r Fabrizio Gatti nostro notaro de Ripetta» (ibidem). Negli atti di Fabrizio Gatto consultati in ASR non è stato rinvenuto il mandato di cui si fa menzione: ASR, Collegio dei Notai Capitolini, notaio Fabritius De Gattis, b. 839 (documenti dal 1581-1592) e 840 (1592-1599). 6 Doc. 88, cc. 496r-v. Su Riccardo Riccardi (1558-1612) cfr. saladino - buccino 2000, pp. 7-27. 7 Nel testamento Giovanni Battista specifica la parte di eredità lasciata alla moglie Elisabetta Mariottina ad eccezione delle «figure et statue di pietra, marmo, metallo, o altra sorte, qualità quantità genere et spetie se siano et loro fragmenti stigli Marmi, Pietre, ferri, Medaglie di qualunque sorte, e tutte altre et singole cose concernente et pertinente alla scoltura, oro et argento monetato, e crediti da riscotersi, quali tutti sempre se intendano reservati et non compresi in conto alcuno nel sopradetto legato de mobili, quale legato essa madonnaa Elisabetta, sel possa pigliar da se stessa e de sua propria autorità senza altra licenza delli heredi infrascritti» (doc. 83, cc. 20v-21r). Più avanti è scritto: «[Giovanni Battista] instituisce fa et vole che siano suoi heredi universali li Magnifici Signori Giovan Paolo et Thomasso della porta suoi fratelli carnali». Ibidem, c. 22r. 4
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deduce che nessun’opera fu venduta fino al 1609. Poco dopo la morte di Giovanni Battista, occorsa nel 1597, fu probabilmente Tommaso ad incrementare la collezione proponendola all’attenzione del duca di Mantova, Vincenzo Gonzaga, e di Carlo Emanuele di Savoia8. Presto arrivarono proposte di acquisto, ma di fatto quel gruppo di antichità in cui spiccava, per pregio e qualità, l’Orante del Louvre (fig. 118), non andò oltre i confini del rione di casa Della Porta, Campo Marzio, poiché fu poi venduto nel 1609 dal fratello minore di Tommaso, Giovanni Paolo, ai Borghese che lì avevano il proprio Palazzo9. L’operazione commerciale fu assolutamente illegittima poiché Tommaso aveva disposto nel suo testamento del 1606 che la collezione, destinata al fratello Giovanni Paolo, non poteva essere alienata10. Nello stesso testamento ne aveva indicato il valore: due milioni d’oro, ma riconosceva che, essendo i tempi «miserabili», poteva essere battuta sul mercato a cinquantamila scudi11. Dopo la morte di Tommaso (24 novembre 1606), la collezione venne nuovamente inventariata: più di 700 pezzi, quasi esclusivamente opere in marmo, tra cui molte lastre colorate12; ma la lista non è completa poiché alcune pagine dell’inventario del 3 marzo 1607 sono state brutalmente strappate. Qualche anno più avanti, Giovanni Paolo, spinto dall’esigenza di trasformare la sua eredità in denaro, riuscì a vendere la collezione, tramite alcuni intermediari, al
2003, pp. 309-311, doc. 390; pp. 316-317, doc. 399; waźbiński 1994, vol. 1, p. 544. Il cardinale Pietro Aldobrandini, ad esempio, si mostrò subito interessato all’acquisto della raccolta, come racconta Giulio Cesare Foresto, agente del duca di Mantova a Roma, in una lettera del 4 novembre 1600 indirizzata al consigliere Annibale Chieppio: «Queste statue so che con la volontà sono, si può dir, impegnate all’Illustrissimo Aldobrandino il quale l’ha considerate già et vi disegna sopra grandemente ma non è mai venuto a risoluzione alcuna, perché ancora non ha comprato il pallazzo» (furlotti 2003, p. 310). Giulio Cesare Foresto già nel luglio del 1600 inviava al consigliere Annibale Chieppio la lista delle sculture antiche che componevano lo studio di Giovanni Francesco Peranda (segretario di Casa Caetani) poiché il duca Vincenzo Gonzaga desiderava ornare la sua galleria di antichità, e intanto raccoglieva altre proposte di acquisto, come la collezione della bottega Della Porta. Vincenzo I Gonzaga fu però dissuaso dall’acquisto della collezione perché l’ingente numero di pezzi, non tutti di buona qualità, avrebbe comportato seri problemi di trasporto. Ibidem, p. 67, nota 218. 10 «(…) ordino e voglio che sia herede Universale, e succeda in tutta la mia heredità messer Giovanni Pauolo della Porta, mio fratello carnale, con espressa prohibitione di poter vendere, overo alienare, ancor in qualsi voglia minima parte di essa mia heredità se non ad effetto de reinvestirla come si è detto di sopra, e de frutti dedutti però li legati sopradetti, esso messer Giovan Pauolo ne sia libero et assoluto padrone et de quelli ne possa disporre ad ogni suo volere, e cosi li suoi figliuoli legitimi però e naturali, e descendenti per linea retta masculina legitima e naturale, ma non legitimati dal Prencipe, overo altra persona, overo per subsequente matrimonio né meno adottati mà descendenti e nati, ex proprio corpore dì detto messer Giovanni Pauolo mio fratello» (panofsky 1993, p. 155). 11 Ibidem. 12 Doc. 114 (trascrizione integrale). La segnatura archivistica è indicata in panofsky 1993, p. 142, nota 154, il documento è analizzato alle pp. 142-143. 8 9
furlotti
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pontefice Paolo V al prezzo sicuramente sottostimato di 6.000 scudi e il contratto si chiuse il 2 ottobre 160913. Un esito che indusse Baglione a scrivere: «ond’esso [Tommaso] avendo nelle mani tanta quantità di statue e d’anticaglie, tennesi il maggior uomo del mondo, e cominciò (come si suol dire) a far castelli in aria; e valutava quelle statue più di 60 mila scudi, e con questo presupposto fece testamento, e a diversi luoghi pii, e per fondar Seminarii e simil cose lasciò di legati più di 60 mila scudi. Ma essendo morto il fratello Tommaso, Giovanni Paolo volendo far esito delle statue, non ne trovò se non sei mila scudi a fatica; e il gran testamento andossene in fumo»14.
Vicende simili sono testimoniate dai molti documenti noti sui collezionisti di antichità che cercavano di vendere al miglior prezzo. Come raccontano gli avvisi, l’acquisto della collezione Della Porta da parte dei Borghese generò una lunga controversia che coinvolse, oltre tutti gli eredi, anche la Reverenda Fabbrica di San Pietro che sin dal tempo di Leone X era chiamata a vegliare sui Legati Pii15. In quell’occasione la collezione fu inventariata a due riprese per un totale di circa quattrocento statue, antiche e moderne, e una ricca campionatura di marmi colorati16. Certamente la collezione Della Porta per la varietà e preziosità dei materiali si segnala da più punti di vista. L’importanza e la ricchezza della collezione sono percepibili dagli inventari che vennero compilati nell’arco di vent’anni, fra il 1592 e il 1613. Nella prima lista dell’aprile 1592 sono elencati molte statue a grandezza naturale o maggiori del naturale di imperatori o figure mitologiche; ritratti, frammenti di fontane, quattro colonne gialle, due tavole di alabastro, un vaso istoriato, ed, in tutta la sua grandiosità, la statua in porfido, così descritta: «Una statua di Porfido vestita di Grandezza maggior del naturale cioè di palmi 10 qual può servire per Vergine Maria in tre modi cioè Annunziata, Ammirativa et il figlio in braccio, et Assunta. Può servire anco per una Santa Vergine facendoli la sua impresa in mano per Città o per Provincia scudi 2000»17.
Il Papa, cinque giorni dopo, la cedette al fratello, Giovanni Battista Borghese: kalveram 1995, p. 12, nota 34. L’epilogo francese si deve a Camillo Borghese, marito di Paolina Bonaparte, allorché il 27 settembre 1807, consegnò molte antichità alla Francia, e l’anno dopo furono trasportate a Parigi. panofsky 1993, pp. 149-152, in part. 152. 14 baglione 1642, vol. 1, p. 152. 15 L’intera controversia giuridica è analizzata in dettaglio da panofsky 1993, p. 155. 16 ASV, Archivio Borghese, 346, n. 32, 1609, s.n. «Compra fatta da Gio. Batta Borghese di molte statue, et pietre provenienti da Giovanni Paolo Della Porta e Suo Breve di conferma di Paolo V»: de lachenal 1982, pp. 92-94, appendice Vb. ASV, Archivio Borghese, 456, Mazzo 17, n. 2 «Statue e marmi dell’Ecc.ma Casa Borghese. Doi Inventarii delle statue e pietre di Giovanni Paolo Della Porta»: ibidem, pp. 87-92, appendice Va; kalveram 1995, pp. 147-151. 17 Doc. 88, c. 497v, n. 21. 13
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A quella data l’Orante del Louvre era ancora mutila (mani, piedi, plinto, parte della testa furono aggiunte successivamente), e sarebbe stata integrata in funzione delle esigenze iconografiche che avrebbe dovuto rappresentare; ma anche senza le integrazioni, essa doveva apparire maestosa: il panneggio dell’armelchiton, aderente e sinuoso, si dispiega in un elegante mantello che ne avvolge le spalle e la parte alta del busto. La preziosità del materiale (il porfido) e le dimensioni, «maggiore del naturale», ne decretavano il valore: duemila scudi su un totale di circa novemila e duecento scudi, un quarto dunque dell’intero corpus. Dà conto dell’altissima qualità della statua anche Tommaso nel suo testamento: «(…) che se gl’huomini periti consideraranno bene, la maravigliosa arte e diligenza con la quale è fatta la sola mia statua di Porfido, troveranno al sicuro essere di inestimabile valore, e se si andarà scorrendo per tutte le case de Prencipi d’Italia non vi si trovarà migliore statua di questa, né opera più stupenda di questa sino a questi tempi si è vista con tanta altra quantità di nobilissime statue, et altre cose di grandissimo valore, et io sono di questo parere, che si havesse a rifare queste opere, non bastariano doi millioni d’oro altra alla eccellenza. Ma perché questi tempi sono miserabili, mi pare tutto il mio al manco valerà cinquantamila scudi detto in oro et questo per facilitare la vendita di dette cose mie senza le pietre da lavorarsi e da finirsi e tavole, e colonne, di molto valore»18.
Nell’inventario del marzo 1607 la statua è descritta «integra» e «con la testa et mani di marmoro», un dato molto importante per la storia conservativa dell’opera, poiché se ne deduce che la testa (fig. 119) e le mani in marmo bianco furono aggiunte ‘moderne’ e furono fatte dalla bottega Della Porta19. L’opera è inoltre un ottimo esempio di restauro dell’antico, le integrazioni sono riconoscibili e denotano, al tempo stesso, l’abilità degli scultori (i Della Porta, Vincenzo Moretto nel 1627 e Vincenco Pacetti nel 1780) nell’imitazione del prototipo antico e nell’attenzione filologica: i piedi con i sandali in verde antico sono probabilmente eseguiti dalla bottega Della Porta (fig. 120) in mancanza di un altro elemento alla base per il trasporto, la parte posteriore del mantello e la manica sinistra sono in marmo rosso antico anziché porfido20. Alcune lettere del cardinale Francesco Maria del Monte al granduca Ferdinando de’ Medici dei primi mesi del 1599 attestano la notorietà della statua fra i grandi collezionisti, in particolare il 27 febbraio 1599 il cardinal Del Monte scrisse: «(…) Questi dalla Porta hanno pratica con Savoia, et con il Popolo romano per conto delle loro statoe, et lo darebbono volentieri a V. A. per havere il denaro senza fastidio, et dicano
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1993, p. 155. Doc. 114, c. 343r ex 515r. panofsky 1993, p. 142, nota 156. malgouyres - blanc-riehl 2003, pp. 56-58, n. 10. panofsky
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che daranno la lista che V. A. S. metta li prezzi a suo modo; la statoa di profido mal volentieri la separano dalle altre (…)»21.
Del Monte ritornerà sulla statua in porfido, facendo cenno alla sua ‘versatilità’ iconografica, in una lettera di poco successiva: «(…) Quanto alla statoa di porfido costoro stanno su le pazzie, di mille scudi, dicendo che non l’hanno voluta dare al Riccardi che gl’offerse ottocento scudi però Vostra Altezza comandi; io l’ho rivista et è cosa degna veramente, et per una Madonna anco con il putto in braccio si accomandaria mirabilmente»22.
Nella lista del 1592 il valore più alto dopo l’Orante è dato alla «statua antica di Metallo di Geta col manto alla Imperiale et la sua base alt. palmi 5 et un posamento triangolare historiato alto palmi 4 ½ tutti insieme scudi mille» in cui si riconosce la statua in bronzo della Galleria Borghese23. Cinquecento scudi erano state stimate le fontane in marmo riccamente ornate e le quattro colonne in marmo giallo24. Anche gli studi più recenti, come quelli di Moreno, Kalveram, De Lachenal, hanno fornito nuovi elementi per le identificazioni di alcune statue famose antiche come provenienti dalla collezione Della Porta. Oltre la statua in porfido è stata riconosciuta nella «Ninpha che sta a sedere mezza nuda e mezza vestita quasi del naturale» la statua della Galleria Borghese che rappresenta una Ninfa che si deterge25; nella «statua di Hercole nuda con spoglia di leone sopra un braccio et l’altro la mazza» l’Ercole conservato nei depositi del Louvre26; nel «gruppo della medesima altezza di Venere Marte e Cupido abbracciati insieme tutti nudi eccetto la Venere che è mezzo vestita» il gruppo di Marte, Venere e Cupido della Borghese27. Anche il famoso Cupido Dormiente del Museo di Antichità di Torino, di recente esposto in mostra nel Palazzo Ducale di Mantova come copia cinquecentesca dell’antico, apparteneva alla collezione Della Porta28. Indicato anche come originale di epoca romana, il Cupido può a mio parere essere considerato una copia cinquecentesca attenta al prototipo antico. Brown fu il primo a collegare il pezzo al nome di Tommaso Della Porta il Vecchio sulla base dei disegni del manoscritto
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1994, vol. 2, p. 544. 13 marzo 1599, in ibidem, p. 545. Doc. 88, cc. 497v, n. 21c. e 498r n. 26. moreno - viacava 2003, pp. 267-269, n. 259. Doc. 88, c. 497r, nn. 1-3. moreno - viacava 2003, pp. 159-160, n. 128. kalveram 1995, p. 224, n. 122. moreno - viacava 2003, p. 198, n. 180. pidatella, in trevisani - gasparotto 2008, p. 246, n. VI.16. waźbiński
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1564 conservato alla Biblioteca Angelica di Roma29. Bisogna precisare inoltre che negli inventari Della Porta sono citati tre diversi esemplari dello stesso soggetto: «Doi cupidi compagni un dorme et l’altro và à volo cose belle p. 3 ½ incirca»30 e «una statua di Cupido che dorme de grandezza de p. 3»31. Uno di questi potrebbe essere identificato con il Cupido dormiente (inv. CVIIIC) conservato nei depositi della Galleria Borghese. L’altro Cupido, quello del Museo di Torino, fu venduto al Duca di Savoia, ed il terzo potrebbe forse essere identificato con quello conservato presso il Museo della città di Mantova, Palazzo San Sebastiano, che già Davide Gasparotto lo aveva collegato alla bottega di Giovanni Battista Della Porta sulla base della provenienza dal Palazzo di Sabbioneta e dai documentati rapporti fra Della Porta e i Gonzaga riguardo all’invio di statue antiche32. Il secondo inventario della collezione Della Porta, erroneamente datato da alcuni studiosi al 1573, fu compilato fra il 1597 (anno di morte di Giovanni Battista) e il 1606 (anno di morte di Tommaso), quando le antichità erano già passate agli eredi del cavaliere Giovanni Battista ed alcune si trovano nelle stanze di messer Tommaso33. L’inventario comprende più di centocinquanta statue e potrebbe essere quello citato nella lettera del cardinale Del Monte del febbraio 1599, dunque compilato a scopi commerciali; ma non è completo, è una minuta con molte annotazioni, aggiunte, correzioni. Un terzo inventario pressoché contemporaneo è molto simile al precedente, ma esclude il gruppo di quaranta statue che lì sono registrate nella maggior parte con una grafia diversa dal resto dell’inventario e presenti nelle stanze di messer Tommaso34. In ogni caso, bisogna osservare l’incremento considerevole del numero di opere registrate nel primo inventario del 1592 e quelli successivi. Aumenta in particolar modo il numero delle statue in marmi colorati fra cui:
Copia cinquecentesca sul modello di Michelangelo, il Cupido del Museo di Torino probabilmente passò da Tommaso il Vecchio a Giovanni Battista. brown 1993, pp. 59-63. 30 Doc. 111: graeven 1898, p. 240, n. 38. 31 Ibidem, p. 241, n. 80. 32 Il pezzo è stato esposto recentemente alla mostra: canti, in crescentini - strinati 2010, pp. 348-349; gasparotto, in fornari schianchi 2008, p. 88, n. I.9. 33 Doc. 111: «Anticaglie et statue di marmo in casa delli heredi delo cavaliere Della Porta» già trascritto integralmente da graeven 1893, pp. 239-242. La datazione del 1573 è nata da un’errata lettura del testo di Graeven e precisamente dalle pagine in cui lo studioso, ragionando sulla natura del documento, fa riferimento in realtà ad un altro inventario, datato 1573, della raccolta di marmi che Giovanni Antonio Stampa e Vincenzo Stampa scritto per la vendita al Duca di Ferrara per mezzo di Pirro Ligorio (ministero della pubblica istruzione 1879, vol. 2, p. 163). Ho verificato il documento originale trascritto da Graeven sul quale non compare alcuna datazione. 34 Doc. 112: «Anticaglie et Statue in casa dell’heredi del Cavaliere de la Porta e prima nel cortile grande» trascritto da de lachenal 1982, pp. 84 (app. I), 94-96 (app. Vc). 29
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«(…) un vaso paonazzo de marmo trasparente fatto à foggia di bicchiere alto p. 1 et long. p. 6. Quattro animali d’acconciare un lione di marmo giallo un lupo una capra et una cavallo di grandezza del naturale; (…) Una statua di color di selice di un Bono Cignale maggior del naturale (…) Dodici Imperatori armati moderni con soi petti di marmo et peducci de mischio maggior del naturale (…) Un cameo con dui Ninfe legato in marmo nero cosa rara alte p. 2 ½ incirca (…) Una statua Egiptia à sedere de granito orientale cosa non piu vista di p. 4 incirca (…) Una testa col suo petto de Alabastro orientale de Cleopatra della grandezza del naturale (…) Quattro teste di Tigre con i soi mezzi petti di alabastro orientale di conserere cosa rara alti un p. 1 ½»35.
Fra i «quattro animali d’acconciare», il leone in marmo giallo è stato identificato con il Leone (fig. 121) in alabastro ora alla Galleria Borghese, che al momento della vendita doveva accompagnare un Dioniso36. A questo gruppo è stata associata la Lupa in rosso antico del Louvre caratterizzata da una forte tensione espressiva nella posa e nella resa cromatica degli occhi. La qualità tecnica dello stile è stata attribuita allo scultore francese, Nicolas Cordier, abilissimo nella lavorazione dei marmi colorati, che fu al servizio dei Borghese e che, secondo l’ipotesi di Pressouyre, si sarebbe formato nella bottega di Della Porta giunto a Roma nel 159337. La «statua di color di selice di un Bono Cignale maggior del naturale» è stata identificata con il Cinghiale (fig. 122), in marmo bigio, ora nei depositi del Louvre, che corrisponde alle indicazioni documentarie sia nel materiale sia nelle dimensioni38. I «Dodici Imperatori moderni con soi petti armati maggiori del naturale, et coi peducci di mischio» sono stati identificati con quelli oggi nel salone d’ingresso della Galleria Borghese (figg. 66-77)39. L’incremento delle statue in marmi colorati nella collezione Della Porta corrisponde certamente alla richiesta di mercato. I collezionisti infatti si dimostrarono interessati all’acquisto di pezzi policromi perché di maggior pregio, piuttosto che all’intero gruppo di antichità, e non è certo un caso che negli inventari siano soprattutto opere in marmi colorati ad essere accompagnate dagli aggettivi di «rara, rarissima, cosa non più vista». In occasione della vendita ai Borghese nel 1609, prima ricordata, la collezione fu inventariata quando i pezzi furono trasportati e sistemati nel Palazzo, con due elenchi di circa quattrocento opere già sistemate nel Palazzo Borghese e di pro-
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Doc. 111, nn. 5, 6, 12, 16, 32, 45, 48, 57. moreno - viacava 2003, p. 194, n. 175. rossi - fabréga-dubert, in coliva - fabréga-dubert -
martinez
-
n. 46. 38 39
Rossi - Fabréga-Dubert - Martinez, in ibid., pp. 328-329, n. 41. Doc. 112, n. 18. faldi 1954, pp. 49-51.
minozzi
2011, pp. 340-341,
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venienza Della Porta40. Unitamente alle statue antiche e moderne, è descritta una campionatura eccelsa di marmi colorati che ammonta a più di duecento pezzi: lastre di paragone, pidocchioso, breccia, portasanta, fior di persico, africano, verde, bianco e nero, lumachella e vari tipi di alabastro. Incrociando i risultati delle ricerche confluite nella mostra recente I Borghese e l’antico, è possibile precisare la provenienza Della Porta a circa quaranta opere, statue e rilievi antichi, conservate al Louvre e alla Borghese, fra cui «il ritratto di Annibale Cartaginese», e cioè il Ritratto di uomo, della Galleria Borghese (fig. 64)41. A mio parere, i particolari del volto e la resa dei dettagli del busto (la medusa, gli spallacci, il nodo del mantello) richiamano la maniera fredda dei ritratti di Giovanni Battista Della Porta. L’identificazione di «una Zingara di alabastro con mani e piedi e testa di nero» ha finora oscillato fra la Zingarella (fig. 123) in marmo pentelico e il Camillo (fig. 124) in alabastro entrambe al Louvre42. Kalveram esclude che l’opera sia da identificare con la Zingarella che è in marmo bianco e non in alabastro, a favore invece del servo Camillo43. Fra Cinque e Seicento il prototipo antico del Camillo veniva solitamente descritto come zingara a causa della capigliatura e dell’abbigliamento femminei44. A favore dell’ipotesi di Kalveram aggiungo altri due dati: la descrizione della statua con mani e gambe in bronzo nei documenti Borghese e le misure. Nell’inventario di primogenitura della collezione Borghese sono indicate mani e gambe in bronzo anziché solo i piedi, come si riscontra nel Camillo e non nella Zingarella45. Per quanto riguarda le misure invece la «Zingara di alabastro» è alta palmi sei, un palmo è circa venti cm, dunque la statua doveva essere alta senza il suo piedistallo circa centoventi cm. Misura che coincide con l’altezza del Camillo e non con la Zingara più alta di venti cm. Al gruppo dei marmi colorati Della Porta sono stati affiancati l’altro Camillo del Louvre (fig. 125) e la Moretta Borghese (figg. 126-127). Il Camillo è infatti pendant
ASV, Archivio Borghese, 346, n. 32, 1609, s.n. «Compra fatta da Gio. Batta Borghese di molte statue, et pietre provenienti da Giovanni Paolo Della Porta e Suo Breve di conferma di Paolo V» (de lachenal 1982, pp. 92-94, appendice Vb); ASV, Archivio Borghese, 456, Mazzo 17, n. 2 «Statue e marmi dell’Ecc.ma Casa Borghese. Doi Inventarii delle statue e pietre di Giovanni Paolo Della Porta»: ibidem, pp. 87-92, appendice Va; kalveram 1995, pp. 147-151. 41 moreno - viacava 2003, pp. 155-156, n. 122. 42 rossi - fabréga-dubert - martinez, in coliva - fabréga-Dubert - martinez - minozzi 2011, pp. 354-357, n. 52; pellini - Fabréga-Dubert, in ibid., pp. 264-265, n. 14. 43 Kalveram 1995, p. 150, nota 41, nn. 88, 102, 103. 44 Pellini - fabréga-dubert, in coliva - fabréga-dubert - martinez - minozzi 2011, p. 264. 45 «Una figura di Alabastro, con mani, piedi e testa di nero p. 6 ½ e suo peduccio sotto intagliato p. 3 ¾» (de lachenal 1982, p. 94, n. 328); «Una Zingara di alabastro con mani e piedi e testa di nero alt. p 6 con suo peduccio sotto intagliato alt. p. 3 ¾» (kalveram 1995, p. 150, n. 106); nell’inventario di primogenitura de lachenal 1982, p. 96, n. 32 «La Zingara di Alabastro con testa mani e gambe di bronzo con piedistallo alt. p. 6». 40
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di una statua molto simile, ma non documentata, ornata di un bellissimo mantello in rosso antico che si annoda sul dorso46. La cosiddetta Moretta della Galleria Borghese è riferita alla mano di Cordier per il sapiente contrasto fra chiari e scuri e l’eleganza degli inserti di pietre dure nella cinta; le ciocche simmetriche e regolari della capigliatura richiamano le striature della Testa di giovane moro della galleria di Giovanni Pratesi ricondotta a Cordier sull’esempio del Moro del Louvre47. Dopo aver cercato di precisare le vicende della vendita ai Borghese, dobbiamo chiederci che cosa è rimasto nella casa abitata dal nipote di Tommaso. L’ultimo inventario della casa Della Porta in via de pontefici, del 12 settembre 1613, abitata da Giovanni Battista Brasca dà l’idea di quanto la vendita ai Borghese avesse spogliato la bottega Della Porta di tutte le antichità48. Nell’elenco, steso in occasione del controllo della Confraternita di Sant’Ambrogio dei Lombardi in Roma, si menzionano circa ottanta opere in gesso e terracotta, duecento disegni «di scultura, sepoltura et architettura», alcune stampe, nonché copie da Michelangelo tra cui: «Una mano del Profeta del profeta del buona rota che sta in S. Pietro in Vincolo (...) busto della Minerba del bona rota m.la ben formato quale p. conservarlo dice haverlo messo in Casa d’Ippolito Buzio scultore»49.
Dunque fino a quel momento Brasca aveva conservato tutto ciò che Tommaso gli aveva lasciato in eredità come espresso nel suo testamento: «beni miei eccetto però li ferri et ordegni pertinenti all’arte mia, come terre cotte, gessi, disegni, modelli et altre cose, quali voglio siano conservate da Giovanni Battista Brascha mio nepote»50.
pellini - fabréga-dubert - martinez, in coliva - fabréga-dubert - martinez - minozzi 2011, pp. 266-265, n. 15. 47 Bisogna precisare che la Moretta Borghese non deriva dalla collezione Della Porta bensì dall’acquisto da parte dei Borghese della collezione Ceoli ed è così indicata nel rispettivo inventario del 1607: «Una zingara con un puttino et cagnolo alt. p. 3 ½ con il piedistallo di gialdo, dal valore di scudi 60»: mazzella in ibidem, pp. 376-377, n. 60. rossi - fabréga-dubert - martinez, in ibidem, pp. 350-353, n. 51. Va inoltre ricordato che Pressouyre accostò alla Moretta Borghese la statua policroma di Spinario appartenente ad una collezione privata fiorentina (pressouyre 1984, pp. 463-464). 48 Doc. 116 (trascrizione integrale), la segnatura archivistica è indicata in brentano 1989, p. 215. 49 Doc. 116, c. 89v. Nel documento è interessante l’indicazione del busto del Cristo della Minerva conservato in casa dello scultore Ippolito Buzzi che in quegli anni abitava in via Capo le Case (cfr. sickel 2001, pp. 125-130) non distante dall’abitazione di Brasca in via dei Pontefici. 50 In panofsky 1993, p. 154. 46
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Fig. 118. Orante, II sec., h 202 cm, porfido, marmo rosso antico e marmo bianco, sandali in verde antico, plinto in giallo antico, Paris, Musée du Louvre.
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Figg. 119-120. Orante, II sec., Paris, Musée du Louvre, particolari.
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Fig. 121. Leone, I sec. (corpo) XVI sec. (testa), h 44 cm, alabastro, Roma, Galleria Borghese, Sala III.
Fig. 122. Cinghiale, I-II sec., h 108 cm, marmo bigio, Paris, Musée du Louvre, Département des Antiquités grecques, étrusques et romaines.
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Fig. 123. Zingarella, fine IV sec. a.C., h 158 cm, marmo pentelico (corpo), bronzo (testa, braccia, piedi) Paris, Musée du Louvre.
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Fig. 124. Camillo (Sacrificante, Servo, Zingara), II sec., integrazioni del XVI sec., h 137 cm, alabastro fiorito (corpo), bronzo (testa, braccia, gambe), marmo rosso antico (cintura), Paris, Musée du Louvre.
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Fig. 125. Camillo (Sacrificante, Servo, Zingara), II sec., integrazioni del XVI sec., h 137 cm, alabastro fiorito (corpo), bronzo (testa, braccia, gambe), marmo rosso antico (cintura e mantello), Paris, Musée du Louvre.
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Figg. 126-127. Nicolas Cordier, Giovane mora con bambino e cagnolino, (Moretta Borghese), XVI sec., h 70 cm, marmo bianco e nero antico, pietre dure, Roma, Galleria Borghese, Sala XIX.
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3 LA BOTTEGA DELLA PORTA NEL MERCATO DELLE ANTICHITÀ
Oltre che per l’acquisto di statue, lavori d’intaglio, restauri di antichità, ci si appellava alla bottega Della Porta anche semplicemente per la fornitura di marmi policromi. In tal senso, chiara testimonianza è la documentazione del 1594-1595 relativa alla costruzione della cappella per il cardinale Girolamo Rusticucci nella chiesa del Gesù a Roma1. Stando all’elenco analitico delle pietre, la cappella doveva essere stata ideata dall’architetto Carlo Maderno con un elegante gioco di incrostazioni marmoree, che, secondo la ricostruzione di Hibbard, rispondeva al disegno progettuale oggi conservato all’Albertina di Vienna2. Prezioso è l’inventario dei marmi e pietre colorate utilizzate per il sacello, posto in appendice all’atto notarile stipulato fra il cardinale Rusticucci e gli scalpellini Francesco de’ Rossi e Matteo Castello, in cui venivano stabiliti tempi e modi di realizzazione dell’impresa3. Nell’inventario, accanto la specifica delle pietre, sono indicati i nomi dei fornitori e la quantità dei pezzi ricevuti: marmi gentili e bianchi, bisi (bischi), cipollini, fior di porfidi, pavonazzi, gialli, verdi, rossi, neri e bianchineri di Carrara, broccatelli, brecce, porte sante, africani, pietre dure (amatiste e diaspri). Fra i fornitori compare il Cavaliere della Porta, dunque Giovanni Battista4, per due lastre di alabastro, insieme agli architetti Ottaviano Mascherino (1524-1606) e Domenico Fontana (1543-1607), al pittore (Giovanni Battista) Crescenzi, al duca (Giangiorgio) Cesarini, nonché rappresentanti del ceto umile, Ambrogio Gallo «fruttarolo», Fabriano «pizzicarolo», Antonio «brigliozzaro», Giovanni Maria muratore, Berna scalpellino, Antonio pittore, e alle congreghe religiose: le monache di Santa Susan-
ASR, Tribunale dell’Auditor Camerae, notaio Diomedes Riccius, b. 6230, cc. 374r-v e 391r (8 agosto 1594), 613r-618v (27 febbraio e 20 marzo 1595) la segnatura archivistica è in hibbard 1971, p. 110. Sul cardinale Rusticucci si veda inoltre: prete 2001-2002, pp. 153-165. 2 hibbard 1971, p. 110, fig. 3. 3 ASR, Tribunale dell’Auditor Camerae, notaio Diomedes Riccius, b. 6230, cc. 617r-618v. 4 Ibidem, c. 618v. 1
Giovanna Ioele, Prima di Bernini. Giovanni Battista della Porta scultore (1542-1597), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2016 ISBN 978-88-6372-763-0 eISBN 978-88-6372-764-7 – www.storiaeletteratura.it
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na e di Santa Lucia in Selci, i padri di San Pietro in Vincoli e dei Santi Giovanni e Paolo5. Questo interessante spaccato della popolazione romana dimostra come il commercio di pietre colorate coinvolgeva i vari strati sociali dell’Urbe. Altra fonte, ben più significativa, che attesta la fiorente attività della bottega Della Porta nel commercio di statue e marmi colorati è la lunga nota scritta da Teodoro Della Porta, figlio di Guglielmo, nella quale furono registrate le vendite effettuate da Tommaso e Giovanni Paolo sino all’anno 16106. L’interesse di Teodoro nel rendicontare i guadagni di questa bottega si giustifica solo se riconosciamo, oltre al legame di parentela, anche un rapporto di scambio e collaborazione fra le due botteghe capeggiate da Tommaso il Vecchio e Guglielmo7. Inoltre, Teodoro dovette essere particolarmente incline all’amministrazione e alla gestione del denaro se nel 1589 aveva anche avviato una lunga pratica con i Farnese per entrare nel pieno possesso dell’eredità paterna8. In apertura alla nota, Teodoro precisa che saranno registrate le vendite di «statue antiche, tavoli, colonne, et Marmi» smembrate dallo studio di antichità dei fratelli Della Porta, Tommaso e Giovanni Paolo «con occasione di varie vendite fatte da loro in diversi tempi sino all’anno 1610 che successe la morte del detto Giovanni Pauolo»9. Nelle singole annotazioni non è indicata la data della vendita, ma l’intestazione suggerisce un termine antequem: il 1610, anno che seguì la morte di Giovanni Paolo, sepolto in San Lorenzo in Lucina il 23 dicembre 160910. Sul margine sinistro del documento Teodoro rimanda, a volte, ad una documentazione più ampia, di natura notarile, relativa ad ogni singolo commercio. Sul lato destro è sempre indicato in scudi l’introito economico ad affare compiuto. La prima nota è riferita al Principe di Caserta al quale furono vendute «molte statue antiche, quali furono condotte a Napoli»; dalla vendita fu ricavato un lu-
Su Ottaviano Mascherino si veda il recente contributo di bilancia 2012, pp. 103-120; su Domenico Fontana: fagiolo - bonaccorso 2008; su Giovanni Battista Crescenzi: von bernstorff 2010; su Giangiorgio Cesarini: radcliffe 1966, pp. 60-72. 6 Doc. 115 (trascrizione integrale) la segnatura archivistica è indicata in kalveram 1995, p. 11, nota 29, p. 14, nota 41. 7 Teodoro è anche citato nel testamento di Tommaso Della Porta il Giovane (7 marzo 1606): «Prego il signor Theodoro della Porta a favorire questa mia ultima voluntà con la bellezza del suo ingegno, e di trovarsi cosù in Porlezza a situare e fundare suddetto tempietto facendosi li quattro lati di esso tempietto massicci per più sicurtà; io mi trovai vedere fondare il suo, e per quanto mi ricordo vi correva un acqua, quale facea impedimento, per questo vorrei vi fosse sotto il scoglio, e se ancora tornarà bene a Sua Signoria agiutare et ampliare con tutto quello ha lasciato suo padre sudetto monasteiro, sa il bisogno del povero paese», in panofsky 1993, p. 162. 8 brentano 1989, pp. 209-210. 9 Sul verso si legge: «Nota delle statue et altri marmi che sono stati venduti in più volte e a diverse persone dalli Porta la qual nota e stata data dal Cavalier Thoedoro della Porta» (doc. 115). 10 brentano 1989, p. 215. 5
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croso compenso pari a ottocento scudi. Andrea Matteo Acquaviva d’Aragona fu nel 1570 secondo principe di Caserta, il titolo passò alla figlia Anna Acquaviva d’Aragona nel 1596 che sposò Francesco IV Caetani, ottavo duca di Sermoneta nel 1618; forse a lei o al padre furono vendute le statue per il tramite della famiglia Caetani11. Segue una nota del marzo 1601 di duecentotrenta scudi per «due colonne di marmo giallo di palmi 13 incirca, che furono condotte à Napoli». Si aggiunge inoltre che «il negotio passò per mano di Avanzino Pittore» da identificare con il pittore di Città di Castello Avanzino Nucci (1558-1629) che giunto presto a Roma al fianco di Niccolò Pomarancio fu per breve tempo a Napoli12. Veniamo ora ad un dato interessante: per trecento scudi furono venduti al cardinale Bonifacio Caetani due statue antiche più grandi del naturale che rappresentano i due antichi personaggi romani Lucio Arrunzio e Neratio Ceriale in abito consolare; le statue avrebbero completato la galleria di imperatori e di uomini illustri che i Caetani avevano allestito nella residenza di Palazzo dell’Orso13. Le opere stimate trecento scudi furono pagate duecento perché gli altri cento scudi avanzarono dal pagamento dei marmi della cappella di Santa Pudenziana. Nel giornale dei mandati del 1603, si conferma il pagamento ai due fratelli, Tommaso e Govanni Paolo, per due statue14. Per quaranta scudi era stato acquistato, con il tramite dell’agente del cardinale Caetani, un pezzo di marmo antico (alto nove palmi, spesso tre e largo cinque) che servì per fare «l’Arme del Signore Cardinale quale fu mandata a Cassano in Colonia Vescovato del detto et fu posta nel Campanile della chiesa principale di detta città». Grazie a Filippo III, Bonifacio diventa vescovo di Cassano Allo Ionio (CS) l’8 ottobre 159915. Il campanile di Cassano fu costruito, per volere del vescovo nel 1608, come recita l’epigrafe sotto lo stemma. In base a quanto precisato, è possibile attribuire la fornitura della lastra per lo stemma Caetani, ancora oggi sul campanile di Cassano (fig. 47)16, alla bottega Della Porta.
2007, pp. 193-235: 214. in dal poggetto 1992, pp. 452-455; bolzoni 2012, pp. 3-18. 13 Le due statue credo possano essere messe in relazione con quelle rappresentate sul disegno di Parocel pubblicate in picozzi 2007, p. 274 e nota 35. 14 ACR, Fondo economico, n. 1636, Giornale di mandati di pagamento firmati dal duca di Sermoneta per gli anni 1602-1606, p. 156, 1603: «Giovanni Paolo e Tommaso della porta heredi del Cav. Giovanni Battista Della Porta 1200 scudi [p. 192], pagamento di scudi 20 per Gio. Antonio Valsoldo scultore per lavori fatti da lui nella cappella di S. Pastore della chiesa di Santa Pudenziana. p. 348, pagamento a Gio Paolo e Tommaso della Porta per due state scudi 100 p. 289 pagamento a Valsoldo p. 304 pagamento a Gio Paolo e Tommaso della Porta per due state scudi 100». 15 caetani 1933, p. 298. 16 Ringrazio il dottore Enrico Cirianni della Biblioteca Diocesana di Cassano allo Ionio per la segnalazione dello stemma. L’autore della foto n. 47 è Giuseppe Martire che ringrazio per la collaborazione insieme al Responsabile dell’Archivio di Cassano, Leone Viola, per la disponibilità nel recupero di documenti. 11
negro
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Probabilmente la lastra, in marmo antico, destinata allo stemma, fu acquistata dall’agente del vescovo Caetani nella bottega Della Porta, lavorata a Roma e poi spedita a Cassano. Un altro stemma di Casa Caetani, attualmente nella sala grande del castello di Sermoneta (fig. 46) ci suggerisce il nome dello scalpellino Marcantonio Buzzi come possibile autore dello stemma di Cassano. In realtà i due esemplari sono molto diversi, se non nei simboli del Casato posti al centro (onde ed aquile). L’elegante soluzione aggettante e i dettagli più curati del marmo di Sermoneta (pagato venti scudi in più) presuppongono diverse mani per i due stemmi. La soluzione in basso dell’epigrafe con inciso il nome del cardinale Caetani e l’anno 1608 è presente solo nello stemma di Cassano. Credo sia possibile ipotizzare che il blasone calabrese fu realizzato interamente a Roma sotto la vigilanza della bottega Della Porta, non più da Giovanni Battista però perché morto nel 1597, ma dai due fratelli Tommaso e Giovanni Paolo. Per ben quattrocento scudi fu pagato il lavoro per gli ornamenti, oggi riconoscibili, del primo altare della navata sinistra della chiesa di Santa Maria in Monserrato: «due colonne di Verde e nero alte palmi 13 incirca (…) con altri marmi per ornamento di quel Altare, frontespizio, pilastrato et basamenti, come in detto Altare si vede». Le due colonne in marmo verde e nero e le altre tarsie sono ancora in loco, ed incorniciano il gruppo statuario con Sant’Anna, la Madonna col Bambino, e il committente Pietro de Velasco realizzato nel 1544 da Tommaso Boscoli (1501-1574)17. È indicata inoltre una donazione «per certi interessi fra loro» al Cavaliere Caffarelli di due statue antiche: due putti sopra delfini che avrebbero decorato una fontana del valore di cento scudi18. Conservava la nota di acquisto e la ricevuta Camillo Curto, abitante a Corte Savella, «per due Tavole, una intarsiata di Alabastri orientali breccie, mischie et altre pietre, et l’altra di pidocchioso assoluta ambe finiti con le sue cornici atorno» vendute al prezzo di duecento scudi al duca del Vito19. Incompleta purtroppo è la nota del deposito di trecento scudi fatto per la chiesa della Madonna di Costantinopoli per «memoria del Illustrissimo Cardinale Terranova, dove adorno varii marmi», con molta probabilità si riferisce al cardinale Simone Tagliavia (1500-1604), dei duchi di Terranova, che morì a Roma nel 1604 lasciando molti benefici alla chiesa della Madonna di Costantinopoli di Roma pari a cinque mila scudi20. Secondo quanto precisato nei documenti, sappiamo inoltre che la memoria al cardinale Tagliavia, oggi dispersa, commissionata a Giovanni Paolo Della Porta nel 1607, doveva es-
2008, pp. 21-26, in part. 22-23. Il cavalier Caffarelli potrebbe identificarsi con il nobile romano Giovan Pietro Caffarelli, cavaliere di Santiago, che morì nel 1625 cfr. Sickel 2001, pp. 125-130, nota 10. 19 Il duca del Vito potrebbe essere identificato con Tolomeo I Gallio (1568-1613), I duca d’Alvito nipote dell’omonimo cardinale. Cfr. rizzini 1991, pp. 151-154; belloni zecchinelli - belloni 1993. 20 Sul cardinale Simone Tagliavia: panofsky 1993, p. 167. 17 18
ghisetti giavarina
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sere in marmo bianco e pietre intarsiate, con putti in peperino ed al centro una tavola in marmo nero contenente l’iscrizione21. E ancora, fu venduta una serie di busti di dodici Imperatori (con peduccio), mandati in Francia, stimati 300 scudi, comprati da Mons. Antonio Franzese. Al famoso cardinale Francesco Maria Del Monte, protettore di Tommaso il Giovane, furono venduti «due Fauni con le sue teste antiche grandi del naturale e una Tavola di Pidochioso con le cornici di Paragone»22. Nella nota successiva, purtroppo incompleta, si fa menzione anche dell’illustre cardinale de Cesis, forse Bartolomeo Cesi. Da Giovanni Paolo Della Porta fu venduto nel 1610 al maggiordomo del cardinale Alessandro Peretti, meglio noto come il cardinale Montalto, la statua di San Giovanni Battista seduto in marmo bianco di Carrara scolpita da Prospero Bresciano23. Sempre Giovanni Paolo si occupò del commercio di pietre e marmi mischi per fare il pavimento della chiesa della Madonna dei Monti per il quale fu pagato ben ottocento scudi; nella stessa chiesa il fratello maggiore, Giovanni Battista, aveva lavorato in qualità di architetto per l’altare della cappella Falconi (1584-1585)24. In chiusura Teodoro restituisce altre informazioni: alla moglie di Giovanni Paolo, Veronica Murtula (1589-1635), rimasta vedova, furono lasciati alcuni oggetti antichi ricavati dalle rovine del Palazzo di Nerone (Domus Aurea) e conservati nella bottega come pezzi della collezione di antichità. Si tratta di alcune statuette da camera, due tesoriere di metallo, due vasi di metallo ben conservati e altri «fragmenti di marmi et piedi et gambe di metallo antichi». Al seguito di Giovanni Paolo, come amministratore della bottega, è indicato il nipote Giovanni Battista Brasca (o Braschi, 15701615)25, che si occupò di vendere: «varii Alabastri, et marmi mischi, e neri di paragone, breccie gialli, et altri verde e marmi rossi antichi, et bianchi di Carrara, pezzi grandi, e piccoli, quando a scalpellini e quando à particolari, prima di ordine di detto quondam Giovanni Pauolo, che possono importare de molti scudi che si sono spesi per man sua dissi per servito della Cassa, et anco dopo la
Ibidem. Sul cardinale del Monte si vedano gli studi di waźbiński 1994, voll. 1-2; spezzaferro 1971, pp. 57-92. 23 Dagli inventari si deduce che Tommaso della Porta possedeva «una bozza di S. Gio. Batta. sedente di Prospero Bresciano p. 5 Bozzo di figura moderna di Micchel’Angelo p. 3» (de lachenal 1982, pp. 49-117: 93, nn. 210-211, p. 90, nn. 248-249). 24 «E più furono vendute dalo Giovanni Pauolo varie Pietre et marmi mischi per fari il Pavimento della Chiesa della Madonna delli Monti, che con il partito di metter in opera il detto Pavimento importo intorno a scudi ottocento di moneta per accordo et Istrumento rogato per il Notaro della Chiesa cioè dico scudi 800». Sulla cappella Falconi guerrieri borsoi 1993, p. 231, n. 23a. 25 Figlio di Caterina Della Porta (sorella di Tommaso, Giovanni Paolo e Giovanni Battista) e di Jacopo Brasca: panofsky 1993, pp. 145-149, 163. 21 22
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morte di esso Giovanni Pauolo ha scanzato alcuni pezzi di marmo di varie sorte, che ha venduti, et anco certe teste antiche et torsi di figurette, che è andato ristaurando, et tuttavia restaura per vendere alla giornata, quali così fanno insieme notabil valori».
Giovanni Paolo insieme alla sua giovane moglie Veronica Murtula visse nella domus magna al Corso dal 1607 al 1610, sempre con il nipote di Tommaso, Giovanni Battista Brasca, che vi rimase fino al 1614. La proprietà era stata assegnata nel 1614 agli eredi fidei commissum di Tommaso Della Porta e fu poi confiscata dalla Fabbrica di San Pietro26. Il restauro ed il commercio di pietre e marmi colorati fu dunque un’attività assai redditizia per la bottega Della Porta, attività che coinvolse e diede agio a molti membri della famiglia. Meno retoriche diventano ora le parole di Baglione secondo il quale Giovanni Battista: «molto tempo consumava a cambiar cose antiche che, e in questo negotio, nel che egli molto prevaleva, si bene guadagnar solea, che il faticarsi poco curava»27. Di fatto, Giovanni Battista, già nel 1573 aveva acquisito notevoli competenze sul commercio delle antichità, tanto da comparire, accanto ai nomi di Tommaso de’ Cavalieri, Flaminio Vacca e Leonardo Sormani, nella lista degli intenditori d’arte che Alessandro Grandi (ambasciatore estense a Roma) aveva inviato al duca Alfonso II d’Este intenzionato ad incrementare la sua collezione d’antichità28. Nella stessa lista si fa inoltre riferimento alla vendita di una tavola di pidocchioso da parte di Della Porta al duca Alfonso. Tornando agli ultimi appunti di Teodoro un interessante dato riguarda il commercio di pietre di varia natura acquistate dai pittori per ornare i loro quadri (esplicito riferimento alla cosiddetta pietra paesina), mercato in cui ebbero il primato le botteghe fiorentine: «Alesandro della Porta uno dei parenti nominati nel testamento del detto quondam Thomasso della Porta, mentre se andavano facendo l’ultimo inventario per la vendita seguita scanzò diversi pezzi di alabastro antichi, cotognini et venati da segare per far tavoli, quali per esso ha segati in varii quadri che ha venduti a Pittori per Roma per dipingere che ne ha cavati de molti scudi et detti Alabastri per tal cagione erano tinuti in prezzo dalli detti fratelli della Porta, insieme con varii fragmenti di pietre antiche di gialli, rossi, verdi, e bianchi e neri per intarsiari tavoli».
Ibidem, pp. 142-149, 165. baglione 1642, vol. 1, p. 74. 28 Doc. 47; nell’elenco si identificano inoltre Severo Severi, segretario del cardinale Niccolò Caetani; Giovan Federico Bonzagni, frate del piombo; Andrea scultore (Andrea Brasca) cfr. tiberia 2000, p. 134. 26 27
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Il commercio sembra essere gestito da Alessandro Della Porta e date le ingenti somme derivanti dalle vendite dei pezzi di alabastro per le tavole (sulle quali i pittori avrebbero poi dipinto ad olio sfruttando le venature del marmo), giunsero a Roma gli altri eredi per la divisione dei denari29. Le altissime cifre sinora elencate attestano la fervida attività della bottega Della Porta il cui commercio si rivolgeva ad un pubblico colto e agiato. Il mercato dei marmi antichi a Roma fra Cinque e Seicento era assai fiorente sia per le numerose richieste da parte dei collezionisti laici ed ecclesiastici sia per i fortuiti e numerosi ritrovamenti di oggetti antichi nel corso degli scavi e lo stesso Baglione, non a caso, in chiusura alla biografia di Giovanni Battista, scrive: «Hoggi in Roma lo studio delle memorie di pietre, de bassi rilievi, e delle statue antiche ad essempio, e emulatione di questi antiquari si è così fortemente disteso, e da per tutto accresciuto, che le muraglia de’ Palazzi, i cortili, e le stanze ne sono piene, e dovitiose; e i giardini, come son vaghi d’ordini di piante, così sono ricchi d’opere di marmi; e col loro testimonio al mondo fanno anch’oggi fede delle grandezze di questa Reggia dell’Universo»30.
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Alessandro Della Porta è citato in panofsky 1993, p. 148, nota 192. baglione 1642, vol. 1, p. 74.
III CATALOGO DELLE OPERE
1. Giovanni Battista Della Porta, su disegno di Pirro Ligorio Ninfe (figg. 3-6) 1567 Marmo peperino, stucco bianco h 120 cm Tivoli, Villa d’Este, fontana dell’Ovato
Giovanni Battista Della Porta fu incaricato di eseguire dieci Ninfe, in peperino coperte di stucco bianco, e una statua di Roma, su disegno di Pirro Ligorio, a decoro dei giardini della sontuosa villa a Tivoli del cardinale Ippolito II d’Este. Nel contratto del 4 luglio 1567 (doc. 6), sottoscritto da Della Porta e da Giulio Strozzi, Giovanni Battista Gaeta, Scipione Velo, Vincenzo Stampa, si specifica che per ogni Ninfa lo scultore avrebbe ricevuto dieci scudi, per un totale di cento scudi, mentre per la sola statua di Roma sarebbe stato pagato settanta scudi. Cinque Ninfe dovevano essere terminate alla fine di agosto, una era stata già realizzata, come conferma il pagamento del 2 maggio 1567 (doc. 5), e le quattro rimanenti dovevano essere completate alla fine di settembre. Le Ninfe sarebbero state utilizzate come ornamento della fontana dell’Ovato di villa d’Este, la statua di Roma fu poi affidata, nell’agosto 1568, al fiammingo Pierre de la Motte (seni 1902, pp. 66-69, nota 1). A causa del continuo fluire di fonti calcaree, le Ninfe sono oggi molto deteriorate e sepolte dalla proliferazione di muschio (fig. 5). Il processo di corrosione dovette accelerarsi nell’ultimo secolo, come attestano foto degli anni trenta del Novecento (figg. 4, 6) che, insieme ad alcune acqueforti secentesche, restituiscono l’assetto iniziale del progetto di Pirro Ligorio (lombardo 2005, pp. 37, 39, 40). Dalla rigidità dei panneggi delle statue è possibile arguire il disegno archeologizzante di Ligorio ravvisabile anche nella severità delle pose che accomuna quasi tutte le figure poste ad ornamento del giardino. Secondo l’ipotesi di Occhipinti, è possibile che Ligorio pensasse a queste Ninfe come alle dieci Sibille, annunciatrici della venuta di Cristo, sulla base della coincidenza numerica, e ciò troverebbe conferma in una fonte secentesca: «Et in detto muro stanno nicchie dieci alte palmi sedici, larghe sette (…). Queste [statue] alcuni vogliano che siano le Muse, ma s’ingannano perché le Muse sono solo nove, e non buttano acqua; e queste sono dieci, e buttano acqua con vasi; ma sono ninfe custodi delle fonti nominate Napee perché appresso i Persiani afferma Giovan Bocaccio Napte vuol dire Fomite, e così queste Ninfe siano dette Napee quasi NAΠTE, cioè fornite d’acqua, e soggiunge che a loro fu dedicato il Fonte Castalio» (del re 1611, vol. 1, pp. 50-51; occhipinti 2009, pp. 364-365). La fontana dell’Ovato, detta anche di Tivoli, fu realizzata fra il 1567 e il 1570 da Curzio Maccarone (seni 1902, p. 121, nota a), celebrata nell’anonima Descrittione di Tivoli come «principalissima di tutte le fontane di questo giardino, et forse di tutta Italia» (il passo è citato in occhipinti 2009, p. 369). Caratterizzata da scenografici effetti d’acqua, la fontana
Giovanna Ioele, Prima di Bernini. Giovanni Battista della Porta scultore (1542-1597), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2016 ISBN 978-88-6372-763-0 eISBN 978-88-6372-764-7 – www.storiaeletteratura.it
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rappresenta le bellezze naturali di Tivoli e si contrappone idealmente alla Rometta che la fronteggia una volta attraversato il viale delle cento fontane. La presenza delle Ninfe realizzate da Della Porta risponde al programma iconografico ligoriano: nel registro superiore, i tre fiumi Albuneo, Aniene ed Ecolaneo, rappresentati dalle statue scolpite da Giovanni Malanca e da Egidio della Riviera (occhipinti 2009, p. 361, note 94-95), sfociano nell’esedra sottostante; fra gli archi si alternano dieci nicchie dove trovano posto le Ninfe, o Nereidi, protettrici del mare, che, attraverso delle anfore, versano acqua nella vasca centrale. Al centro, in una conchiglia, un genio alato di marmo. La vasca è chiusa da un parapetto con ceramiche decorate da gigli e aquile, simboli del casato estense. Dall’incisione di Antoine Lafréry (1575) e dalle acquaforti di Dominique Barriere (1618), Gabriel Perelle (1682) e Giovan Francesco Venturini (1684) si deduce che la balaustra superiore della fontana fu distrutta negli anni 1682-1684, e ricostruita ad inizio Novecento (ribouillault 2009, p. 345, fig. 3; lombardo, 2005, pp. 36-40). 1611, vol. 1, pp. 50-51; venturi 1889, p. 254; seni 1902; pacifici 1923, pp. 168-169, 188, 400401; caetani 1933, p. 172, nota b; coffin 1960; madonna 1981, p. 190; madonna 1991; brizzi 1998, pp. 55-58; barisi - fagiolo - madonna 2003; coffin 2004; lombardo 2005, pp. 36-40; hollingsworth 2008; frommel, in ceccarelli - folin 2009, pp. 305-339; ribouillault, in ceccarelli - folin 2009, pp. 341-371; occhipinti 2009, pp. 358-373; mazzetti di pietralata 2009, pp. 145-148. del re
2. Giovanni Battista Della Porta, Tommaso Della Porta il Giovane Statue per l’ornamento marmoreo della Santa Casa di Loreto (figg. 12-25) 1570-1578 Marmo bianco di Carrara 165 x 72 cm (nicchia) Loreto, Basilica, navata centrale
Fra il 1570 e il 1578, Giovanni Battista Della Porta affiancato dal più giovane fratello Tommaso, lavora alle dieci Sibille e ad alcuni Profeti destinate all’ornamento marmoreo della Santa Casa nella basilica di Loreto. L’intera decorazione, che avevo visto all’opera celebri scultori come Andrea Sansovino, Baccio Bandinelli, Raffaello da Montelupo, rispondeva all’intento iconografico di narrare episodi della vita della Vergine e glorificare l’incarnazione di Cristo. Profeti e sibille, che avevano presagito l’avvento del Salvatore, figuravano nel ciclo ornamentale come collegamenti ideali fra Nuovo e Vecchio Testamento, fra mondo pagano e mondo cristiano. La presenza delle Sibille è stata anche associata alla diffusione cinquecentesca del culto degli oracoli sibillini testimoniato dalla raccolta in otto libri di Xisto Betuleio nel 1545 (lunardi 1983, p. 372). Ai dieci Profeti previsti nelle nicchie della prima fascia ornamentale avevano già lavorato i fratelli Lombardi: Aurelio e Girolamo a partire dagli ultimi anni trenta del Cinquecento. A completare la decorazione mancavano tre Profeti e dieci Sibille destinate al registro superiore. Molti i documenti di pagamento ai due Della Porta (pubblicati da brandt 1977 e grimaldi 1999). A partire dall’8 aprile 1570 Giovanni Battista riceve un primo acconto di cinquanta fiorini (doc. 10). Lo scultore riceverà 200 scudi per ogni Sibilla pur avendone chiesto 250. Il 24 maggio 1572 ne aveva già scolpite sei delle quali
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cinque erano state collocate nelle nicchie sopra i Profeti di Aurelio e Girolamo Lombardi, mentre altre tre stavano per essere condotte a termine (doc. 26). Il fratello più giovane Tommaso, giunto a Roma da poco, talvolta compare sugli atti come unico destinatario dei pagamenti: un primo conto a suo favore è segnato il 12 aprile 1571 (grimaldi 1999, p. 89). Una Sibilla, già iniziata da Tommaso, è ultimata da Giovanni Battista in data 2 ottobre 1572 che riscuote il compenso (doc. 33); la Sibilla veniva messa in opera quello stesso giorno. Il 16 dicembre 1572 risultano condotte a termine tutte e dieci le Sibille e il Della Porta si riteneva soddisfatto al pagamento di 1.800 scudi; inoltre pare avesse donato una statua per «limosina e per sua divotione» (doc. 37). Per ultimare tutte le ‘figure’ dell’ornamento marmoreo della Santa Casa, rimanevano ancora da scolpire tre Profeti, ed essendo esaurita la provvista dei blocchi di marmo, la cui ultima fornitura risaliva al giugno del 1523, fu mandato Giovanni Battista Della Porta a Carrara per cavarne «quattro pezzi» nel mese di novembre del 1572 (doc. 34). Con una lettera del 21 giugno 1572 di Roberto Sassatelli, governatore di Loreto, Della Porta veniva raccomandato al granduca di Firenze per ricevere «quattro pezzi di marmo di Carrara per compire l’ornamento della Cappella di Nostra Donna di quattro Profeti» (doc. 32). «Due pezzi di marmo» furono acquistati dal «capitan Jacomo Diana (…) per fare due profeti» con l’anticipo da parte di Della Porta di una caparra di 48 fiorini, che gli furono rimborsati dalla Santa Casa l’8 novembre 1572, assieme ai 37 fiorini e 17 bolognini che avevano speso per il viaggio (doc. 35). Dei quattro blocchi, tre vennero utilizzati per scolpire le figure dei Profeti ancora mancanti. Nel dicembre 1576 Della Porta veniva pagato per il trasporto di «4 marmi di far profeti» da Napoli a Recanati (doc. 53). Nel maggio 1578 gli veniva dato un anticipo per un altro profeta e nel luglio dello stesso anno riceveva due pagamenti di cui uno di 690 fiorini (docc. 55-59). Il 31 dicembre 1578 Tommaso veniva pagato anche lui per un profeta e nel dicembre dell’anno successivo Girolamo Lombardo era pagato per un altro profeta (doc. 66-67; brandt 1977, vol. 1, p. 99). I documenti sinora citati che attestano pagamenti ai Della Porta fanno riferimento solo a due profeti, il terzo e il quarto blocco di marmo furono probabilmente usati da Girolamo Lombardo. 1856, vol. 3, pp. 70-73; rotondi 1941; brandt 1977; lunardi, in dupré dal poggetto - dal 1983, pp. 366-372, n. XLIX; frulli, in dupré dal poggetto - dal poggetto 1983, pp. 378380; grimaldi - sordi 1987; brentano, 1989, pp. 183-188; grimaldi 1991; giannatiempo lópez, in dal poggetto 1992, pp. 219-231; arcangeli 1993, pp. 361-366; grimaldi 1994; grimaldi 2005, pp. 514-516. gualandi
poggetto
2a. Giovanni Battista Della Porta, Tommaso Della Porta il Giovane Sibille (Ellespontica, Frigia, Tiburtina, Persica, Cumana, Eritrea, Samia, Cumea, Libica, Delfica), figg. 13-22 1570-1572 Marmo bianco di Carrara 165 x 72 cm (nicchia) Loreto, Basilica, part. dell’ornamento marmoreo della Santa Casa
Molti studiosi si sono interrogati sugli autori delle statue lauretane – soprattutto per quel che riguarda i Profeti – poiché i documenti si riferiscono genericamente a sibille e
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profeti e non possono essere utilizzati, come già sottolineato da Arcangeli, a sostegno di ipotesi attributive (arcangeli 1993, p. 361). Sulle statue delle Sibille realizzate dai due fratelli Della Porta, Giovanni Battista e Tommaso Della Porta, tentò un distinguo brentano 1989, p. 187. Prendendo come riferimento le figure del rilievo della Fontana del Mosè ed il San Domenico della cappella Sistina (figg. 108, 106), la studiosa attribuisce alla mano di Giovanni Battista le sibille Tiburtina, Delfica, Eritrea e Samia (figg. 15, 22, 18, 19) riconoscendo la stretta aderenza ai modelli figurativi realizzati da Jacopo Sansovino, Guglielmo Della Porta e Michelangelo. La studiosa avanza inoltre l’ipotesi di un’esecuzione a più mani, anche di aiutanti meno noti, e accenna all’eventuale presenza di disegni o bozzetti realizzati da altri, come il Tribolo o i Lombardi. Per i Profeti Balaam e Mosè esistono, infatti, bozzetti in terracotta (frulli 1983, pp. 378-380; rotondi 1941, pp. 7, 19). Da un confronto stilistico studiato su altri parametri, l’ipotesi appena enunciata convince meno. Penso, ad esempio, alle statue della Fede e della Carità (figg. 37-38) del monumento Caetani nella stessa Basilica di Loreto, opere certe di Giovanni Battista, e alle Sibille di Tommaso Della Porta il Giovane che rappresentano l’Antico e il Nuovo Testamento poste ai lati della Deposizione nell’oratorio della chiesa dei Santi Ambrogio e Carlo al Corso (figg. 27-28). Lo stile del fratello maggiore evoca maggiormente la statuaria antica nelle pose rigide, cristallizzate, nei panneggi striati a bande strette e regolari, nei volti inerti, asciutti, inespressivi. Tommaso dimostra invece un maggiore naturalismo, e nelle Sibille di Santi Carlo e Ambrogio rivela una certa sensibilità nelle tensioni formali. Le Sibille Tiburtina, Eritrea, Samia, Ellespontica, Libica, Persica e Cumea (figg. 15, 18, 19, 13, 21, 16, 20) potrebbero dunque essere attribuite a Giovanni Battista, mentre al solo Tommaso indichiamo la sibilla Cumana (fig. 17). Il volto della sibilla Delfica (fig. 22) ricorda la mano di Tommaso, ma le gambe inerti respingono l’attribuzione (potrebbe forse trattarsi di un’opera di collaborazione). E così anche la delicata sibilla Frigia (fig. 14), il cui putto avanza leggerissimo in un’elegante torsione, farebbe pensare a Tommaso, ma le pieghe del panneggio della Sibilla così fitte e regolari richiamano lo scalpello del fratello maggiore e dunque presuppone la mano di entrambi. Le Sibille, infine, nel panneggio aderente e nelle pose calibrate, non solo ricordano i modelli antichi di età adrianea, ma anche soluzioni lombarde di primo Cinquecento; non si esclude infatti l’ipotesi che prima di giungere a Roma o nel suo primo ritorno in patria (1567-1568) Della Porta possa aver guardato con interesse opere del Bambaia, Cristoforo Lombardo o Giovanni Antonio Buzzi. In base all’indicazione documentaria in cui si specifica che in data 9 maggio 1560 Girolamo Lombardo riceve 200 fiorini per il completamento della statua di un profeta e per una sibilla (grimaldi - sordi 1987, p. 37, n. XLIX), Arcangeli attribuisce a Girolamo anche la Sibilla Delfica sulla fronte occidentale: «che tradisce rigidezza e un certo impaccio nell’adottare la tipologia romana statuaria, in confronto alla ben diversa disinvoltura con cui tale tipologia viene fatta rivivere dai Della Porta nelle loro matrone» (arcangeli 1993, pp. 361-362, nota 3). Credo invece che, se fra le Sibille debba esser riconosciuta la mano del Lombardi, allora forse bisognerebbe guardare alla sibilla Cumana (fig. 17), più energica delle altre anche se, nelle rughe del volto e nelle pieghe cadenzate, ricorda la Sibilla che rappresenta il Vecchio testamento, realizzata da Tommaso Della Porta il Giovane per la chiesa dei Santi Carlo e Ambrogio al Corso (fig. 29).
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2b. Giovanni Battista Della Porta, Tommaso Della Porta il Giovane Profeti (Isaia, Balaam), figg. 23-25 1577-1578 Marmo bianco di Carrara 165 x 72 cm (nicchia) Loreto, Basilica, part. dell’ornamento marmoreo della Santa Casa
I profeti Isaia, Balaam e Mosè sono attribuiti usualmente a Giovanni Battista e Tommaso Della Porta il Giovane sulla base di confronti stilistici benché i bozzetti, conservati rispettivamente a Roma (collezione Gaudioso), e ad Urbino (Museo Nazionale), non richiamino in particolare lo stile dei due scultori (come scrive brentano 1989, p. 185). Pasquale Rotondi, in un saggio del 1941, relativamente agli autori dei Profeti, riporta in nota le seguenti attribuzioni: «Due statue furono compiute da Simone Cioli: la prima gli fu allogata con scrittura del 4 ottobre 1537 e fu da lui consegnata nel maggio 1540; la seconda fu invece consegnata nel settembre 1541. Due statue furono compiute da Aurelio Lombardo: la prima (Geremia) gli fu allogata nel 1539 e fu da lui consegnata nel 1542; la seconda (Daniele), per quanto non documentata, gli è concordemente attribuita dalle Guide e dai Critici. Sei statue furono compiute da Girolamo Lombardo: la prima (Ezechiele) gli fu allogata nel gennaio 1543 e fu da lui consegnata nel 1544; la seconda (Malachia) fu da lui consegnata nell’ottobre 1546; la terza (Zaccaria) fu consegnata nel giugno 1548; la quarta (David) fu consegnata nel 1558; la quinta (Mosè) fu consegnata nel maggio 1560; la sesta infine (Amos) gli fu allogata nel marzo 1578 e fu consegnata il 31 dicembre 1579. Le due statue di Simone Cioli furono rifatte da Giovanni Battista (Isaia) e da Tommaso Della Porta (Balaam)» (rotondi 1941, p. 9, nota 1). L’ipotesi del Rotondi sembra convincente e coincide, ad eccezione del profeta Daniele, con la più recente ricostruzione di grimaldi 1999, pp. 399-404. Brentano annovera anche il Mosè come opera dubbia di Giovanni Battista Della Porta (brentano 1989, p. 185) ed il corrispettivo bozzetto in terracotta conservato a Urbino (Galleria Nazionale delle Marche) è attribuito sempre al Della Porta da Brandt, ipotesi messa in discussione da Frulli (brandt 1977, vol. 1, pp. 318-377; frulli 1983, p. 380). Giannatiempo López attribuisce a Girolamo Lombardi anche il profeta Daniele (ugualmente a grimaldi 1999, p. 401) e per Zaccaria suppone la collaborazione di Ludovico Lombardi, citato nei pagamenti (giannatiempo lópez 1992, p. 220). Gli studi di Luciano Arcangeli, spostano, non di poco, le attribuzioni. L’ipotesi dello studioso, basata principalmente sull’analisi stilistica, addita ai fratelli Della Porta i profeti Isaia e Mosè e per gli altri otto profeti identifica tre raggruppamenti: il primo (anni quaranta), dominato da Aurelio Lombardi, con le figure di Geremia ed Ezechiele; il secondo, alla metà del secolo, con Girolamo Lombardi ed i profeti Zaccaria, Davide e Malachia; e poi il terzo periodo, a partire dalla seconda metà degli anni cinquanta, rappresentato dalle figure di Daniele, Balaam e di Amos, realizzate da Girolamo Lombardi (arcangeli 1993, pp. 361-362). Senza entrare nel merito delle attribuzioni degli otto Profeti oscillanti fra Aurelio e Girolamo Lombardi, è opportuno rilevare semplicemente come il profeta Zaccaria sembra, per certe soluzioni formali, fuori dal coro: ha misure poco proporzionate, il gesto delle braccia protese in avanti è piuttosto innaturale, il volto è poco caratterizzato da poter presupporre lo scalpello di Girolamo maturo. Ad ogni modo, dovendo ragionare sui due Profeti realizzati dai fratelli Della Porta, tenendo presente alcuni riferimenti come il gruppo della Consegna delle chiavi in Santa Pudenziana
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(fig. 59), i profeti Isaia e Balaam (figg. 23-25) non hanno quel naturalismo minuzioso dei fratelli Lombardi e rispondono pertanto agli stilemi della produzione dellaportiana: le pose sono poco sviluppate, i gesti meno enfatizzati, l’espressione ferma e controllata. Condivido l’ipotesi attributiva di grimaldi 1999, pp. 401 e 404 che indica il Balaam come opera eseguita da Tommaso (trovo conferma nelle pieghe naturali e nel volto più caratterizzato) e l’‘imperturbabile’ Isaia come opera di Giovanni Battista (il meno michelangiolesco di tutti). L’attribuzione ai Della Porta dell’energico Mosè non convince, a mio parere, se non nell’espediente della barba striata in superficie con solchi sinuosi e regolari. Rimane valida dunque l’ipotesi di Rotondi che, pur non avendo ben chiara la distinzione dei due Tommaso (il Vecchio e il Giovane), giustamente riconosceva un apporto considerevole a Tommaso il Giovane per le statue lauretane, così impregnate di michelangiolismo e al contempo di quella tendenza «settentrionale e sansovinesca che Aurelio Lombardo (1501-1563) aveva trapiantato a Loreto» (rotondi 1941, p. 16). Probabilmente i due fratelli Della Porta realizzarono solo due Profeti pur avendo acquistato nel giugno del 1572 «quattro pezzi di marmi» per quattro profeti (doc. 32, 34); nessun dato infatti esclude l’ipotesi che Giovanni Battista recuperava i marmi che sarebbero stati poi utilizzati da altri scultori.
3. Giovanni Battista Della Porta Busti dei Dodici Cesari (figg. 66-77) 1570-1580 ca. Marmo statuario (teste), marmi policromi (busti e peducci) h 78 cm Roma, Galleria Borghese, Salone d’ingresso
La serie moderna dei busti dei Dodici Cesari faceva parte della collezione di sculture antiche di Giovanni Battista Della Porta lasciata in eredità ai fratelli Tommaso il Giovane e Giovanni Paolo. Il 2 ottobre 1609 Paolo V Borghese comprò l’intera collezione che venne subito trasferita nel palazzo Borghese in via di Ripetta e poi nella villa Borghese al Pincio (kalveram 1995, p. 11). Ad un lungo elenco scritto entro il 1606 delle statue che si trovavano nel Palazzo Borghese in Campo Marzio segue la nota sulle «Anticaglie et statue del Cavaliero Della Porta», e proprio «nella bottega, dove si lavora la scoltura» sono indicati: «Dodici Imperatori moderni con soi petti armati maggiori del naturale, et coi peducci di mischio» (doc. 112). Nel 1615 i busti erano sistemati nel salone d’ingresso della villa pinciana, sopra piedistalli di noce, con l’arme del cardinale Scipione Borghese a intaglio eseguiti da Giovanni Battista Soria (faldi 1954, p. 50. Sul Soria si veda: matthiae 1938, pp. 412-420). Infatti il 18 agosto Soria riceve dal cardinale Borghese 280 scudi: «per haver fatto numero 14 piedistalli di noce per mettere sopra le teste di marmore de Imperatori nella sala grande alti l’una palmi 6 ½ l’altra palmi 2 ½. fatti quadri scorniciati per tutte le faccie con le cornicie davanti che resaltano et cornicione colorami che esaltano per tutte le bande con scuri coperchi sopra et fattovi n.ro 2 mensole con mascherine intagliate per li pilastri et un arme con le imprese di sua Signoria Illustrissima et sotto un festone grande tutto di noce con solari per ciasched’uno insieme scudi 280» (ASV, Archivio Borghese, b. 4173, s.n. La segnatura archivistica e la trascrizione parziale sono rese note da faldi 1954, p. 51, doc.
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III). Alla serie dei Cesari furono affiancati altri due busti, Scipione l’Africano e Annibale Cartaginese, non compresi nel nucleo originale della raccolta Della Porta, dispersi dopo il riordino della collezione Borghese avvenuto alla fine del Settecento, secondo le disposizioni di Marcantonio Borghese, su progetto di Antonio Asprucci (gonzàlez-palacios 1994, p. 304). In tale occasione i dodici busti furono sistemati in alte nicchie dello stesso salone e da quel momento in poi compaiono puntualmente nelle descrizioni della Villa Borghese e nei relativi inventari della raccolta di antichità (a tal proposito si veda la scheda dettagliata di faldi 1954, pp. 49-51). Nel volume di Antonio Nibby (1832), ad esempio, nella descrizione del Salone, si legge: «otto colonne di ordine ionico di granito del Sempione, sostenute da piedistalli impellicciati di quella bellissima breccia che gli scalpellini sogliono chiamare seme santo, servono di ornamento alle porte ed alle due edicole principali. Sopra le porte e le fenestre sono collocati i busti moderni de’ dodici Cesari, colle teste di marmo bianco ed i panneggi di belli antichi marmi colorati» (nibby 1832, p. 38). Giovanni Baglione riferisce che Della Porta aveva realizzato per il cardinale Farnese: «li dodici Cesari con li suoi petti, e si portò così eccellentemente che il cardinale Alessandro il regalò, e fecelo Cavaliere dello Speron d’oro» (baglione 1642, vol. 1, p. 74). La serie dei Dodici Cesari indicata dal Baglione è probabilmente quella realizzata da Tommaso Della Porta il Vecchio, attualmente nell’andito di Palazzo Farnese (si veda il contributo di Riebesell 1989, pp. 28-30), per il cardinale Alessandro Farnese in cambio del cavalierato di San Pietro (onorificenza poi acquisita dal nipote Giovanni Battista Della Porta). Tommaso realizzò altre serie di Imperatori, una per il Belvedere commissionata da Giulio III (15501555) e un’altra per il cardinale Francesco Gonzaga (cfr. brown - lorenzoni 1993, p. 230). Tornando alla serie Borghese, l’attribuzione dei busti a Giovanni Battista Della Porta, accertata dalle carte borghesiane, viene confermata anche stilisticamente dal Faldi: «apparendovi palese, entro lo schema iconografico prescritto, nella scolastica, generica imitazione dei modelli antichi, la sua frigida, archeologizzante maniera» (faldi 1954, p. 50). Probabilmente questi busti d’imperatori costituirono un primissimo esercizio per lo scultore che non tentò nessun tipo di caratterizzazione rispetto agli esempi di Tommaso il Vecchio e Guglielmo Della Porta, ma che divenne poi particolarmente versato nella resa fisiognomica del ritratto. Il busto di Vitellio (fig. 77) è l’unico della serie per il quale è stato individuato il prototipo antico (il busto del Museo Archeologico di Venezia particolarmente noto fra il XVI-XVII secolo come attestano i disegni e i dipinti di Tintoretto, Palma il Giovane, Rubens; faldi 1954, p. 50; moreno - stefani - coliva 2000, p. 59). In base al confronto con i ritratti di Della Porta (cfr. schede 4, 8, 14, 15, 18), penso che la serie Borghese sia da datare nell’ottavo decennio del Cinquecento. Se per il Vitellio è evidente il riferimento al modello antico, anche negli altri busti è possibile cogliere riflessi della scultura tardo-imperiale come la verticalità dell’asse centrale (la bocca ha quasi la stessa misura delle narici), i lineamenti squadrati, i muscoli contratti e l’ovale del mento. Grazie all’ultima campagna fotografica compiuta in occasione della mostra I Borghese e l’antico (2011-2012) è possibile notare in alcuni busti dei Cesari (figg. 67, 68, 70, 73, 74, 76-77) la soluzione tecnica del doppio foro per la definizione dell’iride, soluzione che ritorna in tutti i ritratti di Della Porta. 1642, vol. 1, p. 74, vol. 3, pp. 566-568; nibby 1832, p. 38; matthiae 1938, pp. 412-420; faldi 1954, pp. 49-51; de lachenal 1982, n. 4, pp. 49-117; riebesell 1989, pp. 28-30; brown - lorenzoni 1993, p. 230; gonzàlez-palacios 1994, pp. 300-343; kalveram 1995, pp. 11-16; moreno - Stefani coliva 2000, p. 59. baglione
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4. Giovanni Battista Della Porta Monumento a Onofrio Camaiani (figg. 78-79) post 1574 marmo grigio, alabastro fiorito, verde antico, rosso antico, bianco di Carrara 51 x 48 cm (busto) Roma, Santa Maria sopra Minerva, transetto destro D.O.M. | ONUPHRIO CAMAIANO ARETINO | GENERIS NOBILITATE VITAE INTEGRITATE | ET MULTIPLICI ERUDITIONE INSIGNI | QUATUOR PONTIFICIBUS ET COSIMO MEDICI MAGNO | ETRURIAE DUCI OB EXIMIAS ANIMI ET CORPORIS DOTES | RERUMQUE AGENDARUM EXPERIENTIAM VALDE CARO | MAIORIS PARCI ABBREVIATORI ADVOCATO CONSISTORIALI | FISCI S . INQUISITIONIS ET SACRAE CONSULTATAE CONSILIARIO | PROTONOTARIO APOSTOLICO ET SUMMORUM LABORUM | UBERIORES FRUCTUS PCEPTURO | IMPORTUNA MORTE SUBLATO | ANNO LVI . MENS . V. D . XVIII . MDLXXIV . IIII . KAL . MAII | LAELIUS CAMAIANUS F GENITORI OPT. MAESTISS. P.
L’attribuzione a Giovanni Battista Della Porta del ritratto di Onofrio Camaiani in Santa Maria sopra Minerva, qui proposta per la prima volta, è sostenuta da un dato archivistico desunto dal documento di allogazione per un’altra opera commissionata allo scultore (non ancora identificata): il monumento a Giacomo (Jacobus) Scala che doveva essere collocato nella chiesa di Santa Maria del Popolo e realizzato appunto su modello della memoria al Camaiani. L’incarico al Della Porta per il monumento Scala gli viene dato da Luca Gabrielli e Giulio Scala (fratello del defunto Giacomo) con atto notarile del 15 marzo 1592 in cui si specifica che: «il detto cavalier Giovanni battista della porta faccia a tutte sue spese et posto in opera una sepoltura per la felice memoria del Signor Jacomo Scala fratello di esso signore Giulio posto nella chiesa del Popolo: nel modo, forma, longhezza et larghezza, in qualità di pietre come quella che posto in opera nella minerva nella felice memoria di monsignor Camaiani posta fatta pur da esso signor Cavaliere» (doc. 87, c. 482r). Nel dare indicazioni allo scultore per la realizzazione del monumento Scala, Luca Gabrielli e Giulio Scala citano come modello la memoria al Camaiani menzionandola come opera già realizzata da Della Porta, rivelando così l’autore del monumento Camaiani, sinora ignoto. Il monumento a Giacomo Scala doveva essere identico a quello Camaiani non solo nel disegno, ma anche nelle misure e nella qualità delle pietre. Secondo l’accordo stipulato fra le parti, Della Porta avrebbe ricevuto centro trenta scudi e dieci giuli (un compenso quasi pari a quello che Della Porta riceverà nel 1591 per il solo ritratto del cardinale Federico Cornaro a San Silvestro al Quirinale) e nello stesso accordo al Della Porta venivano date puntuali indicazioni in merito all’esecuzione del ritratto di Giacomo Scala: «l’accordo fatto del prezzo et mercede di scudi cento trenta di moneta e dieci iulii per scudi d’argento, et in particolare esso signor Cavalier deve fare il retratto dell’effigie del defunto con un poco di petto fatto di marmo nero assomigliato, Cappa et Casaccha, et la testa sia di marmo bellissimo con il collare fatto a lattuga» (doc. 87, c. 482r). È chiaro che il documento è rivolto in primo luogo al monumento Scala, ma rimane significativa la dichiarazione sulla memoria al Camaiani che consente di ascrivere l’opera al Della Porta, autore probabilmente dell’intero monumento Camaiani, come avvenne per la realizzazione della memoria al cardinale Francesco Alciati del 1580, e non del solo ritratto, come nel caso del Cornaro (cfr. schede 8 e 15). Il monumento ad Onofrio Camaiani è incorniciato da paraste binate in marmo grigio coronate da capitelli ionici e ghirlande, al di sopra un architrave a tre fasce e un fregio in marmo verde, le paraste poggiano su una
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mensa con plinto e base ionica, al di sotto due lastrine in marmo giallo con cornici in marmo bianco e al centro un cartoccio anch’esso in marmo giallo con cornice bianca. La cartella centrale è occupata per metà da una lastra in marmo giallo, che fa da cornice al ritratto di Camaiani incastonato in una nicchia circolare, e nella restante metà dall’iscrizione in marmo bianco. Già nell’iscrizione è sintetizzata la carriera brillante del Camaiani: di origine aretina, esercitò la professione di avvocato, fu particolarmente apprezzato da Cosimo I de’ Medici e divenne suo agente a Roma; fece carriera nella corte pontificia divenendo consigliere dell’inquisizione e della consulta e protonotaro apostolico. Altra nomina importante del Camaiani fu quella di Conservatore dell’Urbe che condivise con Ippolito Salviani e Marcantonio Palosci (mercati 1930, pp. 114-115; ridley 1992, p. 122). In origine probabilmente il monumento Camaiani doveva essere coronato da un timpano come dimostra il confronto con il monumento a Pietro Ciacconio ora nella sagrestia di Santa Maria in Monserrato (fig. 82). L’impianto generale delle due edicole coincide perfettamente sia nelle misure, sia nei materiali ad eccezione della lastra (in pietra di paragone per il Ciacconio) contenente l’iscrizione funeraria, e del busto. Il monumento al Ciacconio non è attribuito, e potrebbe essere stato realizzato dopo il 1581, anno di morte dell’effigiato. Tornando al ritratto del Camaiani, il busto non è particolarmente lavorato, forse un lavoro di bottega, diversamente dalla testa in aggetto. Il volto è costruito con espedienti riscontrabili negli altri ritratti di Della Porta: la doppia foratura delle pupille, la calotta dei capelli costruita per solchi graduali, la barba squadrata ai bordi, le linee leggere delle labbra, tornano nel ritratto di Onorato IV Caetani e in quello al cardinale Federico Cornaro (figg. 41, 97). La testa del Camaiani è leggermente inclinata verso destra e lo sguardo segue la stessa direzione, l’orecchio sinistro del Camaiani è purtroppo danneggiato. La datazione del Camaiani potrebbe sicuramente cadere dopo il 1574, anno di morte del Camaiani. La parte superiore del monumento è stata sacrificata per lasciar spazio alla lastra con epitaffio dedicato al vescovo di Mende, Guglielmo Durand (1230-1296), inserita da Camillo Ceccarini che provvide al restauro nel 1817 (guardo 2008, pp. 112-124). forcella 1869-1884, vol. 1, pp. 36, 467; mercati 1927-1929, pp. 113-121, 114-115; grisebach 1936, pp. 120-121; giansante 1974, pp. 71-72; ridley 1992, pp. 117-153, 122; guardo 2008, pp. 112-124.
5. Giovanni Battista Della Porta Decorazione marmorea del monumento a Cecilia Orsini (fig. 55) ca. 1575 210 x 180 cm (edicola) Roma, Santissima Trinità dei Monti, navata destra, cappella Orsini-Caetani HONORATVS HENRICVS | ET CAMILLVS CAETANI | EX CATERINAE NEPOTES | AVIAE BENEMERENTI | POSUERUNT | ET SACELLUM AB EA | ANNUO CENSU AUCTUM | EXORNARUNT | VIXIT POSI MARITUM ANN L | OBIIT AN AETATIS LXXXII | DIE XIX MARTII MDLXXV
La presenza di Giovanni Battista Della Porta nei lavori promossi dai Caetani per la cappella Orsini in Trinità dei Monti è attestata da un documento, datato 22 dicembre 1601, in cui è stabilito che i fratelli Della Porta, eredi di Giovanni Battista, avrebbero ricevuto 1.000 scudi
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e 66 baiocchi per «molti negotij tanto di colonne et lapide fatta sopra la sepoltura della bona memoria del Signor Duca Honorato Caetano quanto della Cappella fatta nella Chiesa della Santissima Trinità delli Monti et di qualsivoglia altra sorte di pietre per la fabrica che sua Signoria Illustrissima faceva nella Cappella di Santo Pastore nella chiesa di Santa Potenziana, et tanto per viagi et condutture di dette robbe quanto per altri simili negozij» (doc. 105). Si tratta della quietanza finale sottoscritta dai fratelli del Cavaliere, Giovan Paolo e Tommaso della Porta, per i lavori già eseguiti: la lapide con inserti in bronzo di Onorato Caetani, i marmi per la cappella in Santa Pudenziana e «quanto della Cappella fatta» a Trinità dei Monti. Rappresentante e firmatario di parte Caetani è il patriarca d’Alessandria, Camillo Caetani, terzogenito di Bonifacio Caetani e Caterina Pio di Savoia, fratello di Onorato ed Enrico. Camillo fu nunzio apostolico in Spagna a partire dal 1592; nel giugno 1600 rientrava a Roma ed essendo il membro più anziano della famiglia, si dedicò quasi esclusivamente all’amministrazione dei beni della Casa e al risanamento delle finanze (lutz 1973, p. 140). La madre di lui, Caterina, era a sua volta figlia di Cecilia Orsini (1493-1575) e Alberto III Pio da Carpi, zio quest’ultimo del noto collezionista il cardinale Rodolfo Pio da Carpi. Cecilia Orsini era dunque la nonna (di ramo materno) di Camillo, Enrico ed Onorato. A lei fu molto legato il nipote Rodolfo Pio che, rimasto orfano di madre in tenerà età, dimostrò nei suoi confronti un affetto filiale; ebbe cura, infatti, di dotare e maritare le figlie di Cecilia e ordinò nel suo testamento di essere sepolto accanto alla sua «amatissima zia» nella chiesa della Santissima Trinità dei Monti (zanot 2004, p. 87, nota 17). Sulla cappella dedicata alla Pietà, Cecilia, rimasta vedova nel 1531, esercitò il diritto di patronato; la contessa si premurò di garantire una rendita annua di 360 scudi per la celebrazione di alcune messe in occasione delle feste della Beata Vergine Maria. Inoltre, s’impegnò a dare tre scudi per la ricreazione dei frati «expendenda in rebus comestelibus», come attesta l’atto di concessione rogato il 6 novembre del 1537 dal notaio Stefano de Amannis (benvenuto 2003, p. 203). Sotto il pontificato di Alessandro VII (1655-1667) la cappella fu dedicata ai Santi Girolamo ed Enrico (benvenuto 2003, p. 203). Cecilia morì alla veneranda età di 82 anni nel 1575 e fu sepolta nella cappella ai Monti, di fronte alla tomba del nipote Rodolfo. Tornando al documento del dicembre 1601, il pagamento ai fratelli Della Porta sarebbe avvenuto tramite un mandato del banchiere Settimio Olgiati, originario di Como. Più avanti si specifica che il pagamento avveniva: «tanto per colonne, quanto per lapide, sepultura Cappella della Santissima Trinità et Santo Pastore, per qualsivoglia altra sorte di pietre lavori opere, et fatture, et mercede di qualsivoglia sorte tanto fatti dal detto Cavaliero vivente quanto da detti soi fratelli dopo la sua morte» (doc. 105, c.1v.). Le colonne citate nel documento potrebbero essere identificate con quelle utilizzate per la cappella Caetani, la lapide è invece la lastra in marmo e bronzo per la sepoltura del duca Onorato Caetani (cfr. schede nn. 19-20). Il riferimento alla cappella Orsini Caetani non è esplicativo sul contributo concreto dello scultore né si fa cenno al ritratto di Cecilia Orsini (fig. 57), per il quale gli studiosi hanno fatto il nome di Leonardo Sormani (doc. 1550-1590), autore del monumento a Rodolfo Pio da Carpi (fig. 56). Rodolfo morì a Roma il 2 maggio 1564 e al Sormani, il 21 luglio 1567, veniva dato un anticipo «pro confectione sepolture bone memorie Cardinalis Carpensis» (lanciani 1902-1912, vol. 3, p. 201). Nel ritratto di Rodolfo, lo scalpello del Sormani si fa finissimo nella bordatura del piviale, nell’indice proteso della mano destra, nella definizione dei lineamenti. Meno sofisticato è il trattamento delle superfici nel busto di Cecilia Orsini (fig. 57), dove il riferimento all’antico si fa più evidente nella rigidità frontale della posa. La lunga collana del rosario fra le mani, la cuffia in testa, la cimosa del vestito sono dettagli resi tramite moduli geometrici e così tutte le rughe solcate nel collo e nel viso sono perfettamente
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simmetriche. D’altro canto, il busto di Cecilia non risponde al confronto con gli altri ritratti noti di Della Porta. In attesa di ulteriori riscontri documentari, lasciamo quindi aperta l’ipotesi attributiva. Meno problematica è la datazione dell’intervento di Della Porta nella cappella. All’ipotesi di Röttgen secondo cui i lavori iniziarono subito dopo il 1575 (röttgen 1995, vol. 3, p. 716; gori 2007, p. 75), anno di morte di Cecilia Orsini, si aggiungono i dati ricavati dal documento del 22 dicembre 1601. Il fatto che la chiusura dei pagamenti dei Caetani ai fratelli Della Porta sia avvenuta dopo ventisei anni dalla conclusione del lavoro è ammissibile e l’anno 1601 diventa dunque un terminus ante quem per la datazione della cappella. In una lunga stima dei lavori eseguiti dal Cavaliere Della Porta per il cardinale Enrico, oltre al «trasporto delle pietre fatte da casa del Cavaliere», sono menzionati venti scudi per «la tavola del atare [sic] della Trinità de li Monti» (doc. 105). Purtroppo il documento è senza data, di certo però non può essere stato redatto prima del 1589, anno di inizio dei lavori per la cappella Caetani a Santa Pudenziana. Che la risoluzione delle trattative fra gli eredi di Della Porta e i Caetani si sia protratta ben oltre la morte di Giovanni Battista occorsa nel 1597, è ulteriormente comprovato dalle note di pagamento del settembre 1604 e del 1603 recuperate nel fondo economico dell’archivio Caetani (docc. 109-112). L’ipotesi cronologica dell’intervento di Della Porta nella cappella Orsini-Caetani dopo il 1575 trova conferma anche nel fatto che fra le Sibille di Loreto, terminate nel 1572 e il lavoro per i Profeti, iniziato nel 1576 (cfr. scheda 2), si registra una breve pausa nella quale il Della Porta potrebbe essere rientrato a Roma perché richiamato da altri incarichi. Al 1573 si data il suo primo soggiorno veneto e nel marzo del 1576 viene pagato per un Cristo e due angeli in San Giovanni in Laterano (cfr. scheda 6). Pur non essendo chiaro l’intervento di Della Porta nella decorazione della sepoltura a Cecilia Orsini, i pochi dati a disposizione ci consentono comunque di inquadrare la cappella Orsini-Caetani come un altro importante episodio di committenza Caetani, e di supporre che lo scultore fu coinvolto per la scelta dei marmi ad ornamento della sepoltura di Cecilia Orsini. 1642, vol. 1, p. 89; melchiorri 1834, p. 322; nibby 1838, vol. 1, p. 744; forcella 1873, vol. 3, n. 344; bertolotti 1884, p. 102; lanciani 1902-1912, vol. 3, p. 201; bonnard 1933, p. 38; salerno 1968; lutz 1973, pp. 137-141; cozzi beccarini 1975, pp. 143-158, 158; blunt 1982, p. 150; fruhan 1986, p. 281, nota 25; gavallotti cavallero - d’amico - strinati, 1992, p. 409, nota 1; petraroia, in madonna 1993, pp. 564-565; röttgen 1995, vol. 3, p. 716; litteri 2000, pp. 23-54; franzoni 2002; negro - di matteo, in bruley 2002, pp. 86-87; benvenuto 2003, pp. 189-240; dellantonio, in romani 2003, pp. 175-176; aurigemma 2004, pp. 198-199, 194; sénéchal, in rossi 2004, pp. 296-308; zanot, in rossi 2004, pp. 85-108: 87; gori 2007, pp. 74-76. baglione
6. Giovanni Battista Della Porta Cristo e due angeli (fig. 32) 1576 Marmo bianco h 150 cm ca. Roma, San Giovanni in Laterano, cappella Colonna (coro d’inverno), altare
Durante il pontificato di Gregorio XIII (1572-1585) furono intrapresi i lavori per la ristrutturazione dell’altare del Santissimo Sacramento di San Giovanni in Laterano, coordinati
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dall’architetto Francesco Capriani da Volterra (marcucci 1991, pp. 73-77). L’11 marzo 1576 Della Porta, insieme ad altri scultori, fu pagato 133 scudi per «doi Angeli et un Cristo che resuscita» (doc. 51). Il saldo finale fu di 200 scudi. L’altare lateranense venne poi distrutto nel 1599 (brentano 1989, p. 185), pertanto lo schizzo di Marcantonio Ciappi (fig. 33) inserito nel Compendio delle heroiche et gloriose attioni, et santa vita di Papa Gregorio XIII (1591) assume un importante valore documentario (ciappi 1596, p. 9). Brentano identificò le statue citate nel mandato di pagamento con quelle che ora coronano l’altare del coro d’inverno (o cappella Colonna, costruita nel 1625 brentano 1989, p. 185) della stessa Basilica lateranense (fig. 31). L’ipotesi della studiosa è, a mio avviso, ulteriormente comprovata dalle analogie stilistiche delle suddette statue con il resto della produzione di Della Porta. Bisogna tener presente però che le statue sono poste a coronamento dell’alto timpano dell’altare, posizione poco felice per un’attenta lettura. Per il Cristo è, infatti, difficile avanzare confronti stilistici che ne comproverebbero l’esecuzione al Della Porta. Gli angeli sono accostabili ai fanciulli del rilievo dell’acquedotto Felice che lo scultore avrebbe eseguito dieci anni più tardi (fig. 108) ed ai particolari di monumenti romani dei primi decenni del Cinquecento: si vedano ad esempio gli angeli del monumento Michiel-Orso in San Marcello al Corso (donati 2008) e gli angeli della memoria di Ludovico Grati Morganti in Santa Maria in Aracoeli (gavallotti cavallero - d’amico - strinati 1992, p. 361, nota 1, tav. CCXXX). 1596, p. 9; brentano 1989, pp. 183-188, 184-185; marcucci 1991; di castro - peccolo - gazza1994, pp. 168-170; donati 2008, pp. 107-134.
ciappi niga
7. Francesco Capriani, Giovanni Battista Della Porta Monumento al cardinale Niccolò Caetani (fig. 36) 1578-1580 Marmo bianco, nero e rosa antico, bronzo Loreto, Basilica, zona presbiterale (cappella Polacca, parete esterna) 600 x 400 cm D.O.M | NICOLAUS CAETANUS CARD. SERMONETA GENTILIS BONIFACII P. P. VIII | CUM ET SUB ID TEMPUS QUO ILLE PONTIFICATUM INIIT SANCTAM HANC DOMUM HIC TANDEM DIVINITUS CONSEDISSE | ET MULTA SE A DEO OPT. MAX BENEFICIA BEATAE VIRGINIS DEIPARAE PRECIBUS OBTINUISSE MEMINISSET | SPERANS EIUSDEM OPEM MORIENTI SIBI NON DEFUTURAM | MONUMENTUM HOC MARMOREUM VIVENS ET INCOLUMIS SIBI FACIENDUM CURAVIT ATQUE | IN EO UBI MORTALITATEM EXVISSET CORPUS SUUM RECONDI VOLUIT | ANNUM AGENS QUINQUAGESIMUM QUARTUM | A. D. MDLXXX | OBIIT ANNOS NATUS LIX MEN. II DIES VII | MDLXXXV KLEN. MAII.
Prestigiosa commissione Caetani, il monumento funebre del cardinale Niccolò Caetani, situato nella parete esterna della cappella Polacca della Basilica di Loreto, fu il primo risultato della stretta collaborazione fra lo scultore Giovanni Battista Della Porta e l’architetto Francesco Capriani da Volterra. Il monumento ha una struttura a edicola, poggia su di un alto basamento, al centro due colonne con capitelli corinzi delimitano la nicchia che accoglie la statua bronzea del
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cardinale (fusa da Antonio Calcagni fra il 1579-1580). Nelle nicchie laterali si trovano le statue della Fede (fig. 37) e della Carità (fig. 38), scolpite a Roma da Giovanni Battista Della Porta. La parte alta è coronata da un timpano la cui cornice è interrotta dallo stemma in bronzo dei Caetani. Le fasce laterali sono raccordate in alto da volute ad arco che culminano con dei piramidoni. I marmi impiegati conferiscono all’opera un equilibrato tono cromatico bilanciato fra il nero antico e le sottili venature del marmo rosa. Per la Basilica di Loreto Giovanni Battista Della Porta aveva già eseguito, insieme al fratello Tommaso, le statue di Sibille e Profeti dell’Ornamento della Santa Casa (cfr. scheda 2). Per i Caetani invece non risulta alcuna collaborazione antecedente alla realizzazione del monumento funerario di Loreto, ma è plausibile che la conoscenza con Francesco Capriani, architetto di Casa Caetani, fosse già avvenuta nel contesto della corte Gonzaga di Guastalla negli anni sessanta. Forse tramite Giovanni Francesco Peranda, segretario dei Gonzaga e poi dei Caetani, il Capriani prima e il Della Porta poi ricevettero la commissione dell’opera. Peranda potrebbe aver indicato al cardinale Niccolò i due artisti già conosciuti in Casa Gonzaga, dopo che lo stesso cardinale aveva declassato i disegni dell’architetto Giovanni Battista Boccalini, primo ideatore del monumento per Loreto (firpo 1969, pp. 6-8). L’intera vicenda della realizzazione del monumento laureano è stata ricostruita da Laura Gori nel contesto di una più ampia ricerca sul profilo di alcuni membri Caetani, committenti d’arte del secondo Cinquecento (gori 2007, pp. 66-93). In base ai precedenti studi di Laura Marcucci, l’inizio della collaborazione dell’architetto Capriani al progetto era stato fissato all’anno 1578 (marcucci 1991, p. 132). Grazie al rinvenimento di alcune lettere, Laura Gori ha potuto anticipare di qualche anno il coinvolgimento del Capriani, in qualità di consulente, nell’impresa del monumento di Loreto. Una lettera del Capriani al Peranda (datata 2 luglio 1578), nella quale l’architetto ricorda di aver avuto «anni fa» il disegno del Boccalini e di averlo poi smarrito, ha permesso alla Gori di retrodatare sia l’assegnazione al Boccalini del progetto per la sepoltura sia il coinvolgimento del Capriani, almeno inizialmente in qualità di consulente e poi di effettivo ideatore (Gori 2007, pp. 68-69; il documento è anche citato da negro 2007, p. 205, nota 44 ed era già noto a Gelasio Caetani che indica la lettera come scritta nel mese di giugno, l’errore è ripetuto da Negro; caetani 1933, p. 172, nota b e da tafuri 1976, p. 191). Fu sempre il Peranda a dare disposizioni al Capriani per il progetto chiedendo all’architetto di accordarsi con il Cavaliere Della Porta, come si legge in questa lettera (non datata): «Da Loreto venne un altro disegno del N. per la sepoltura del signor Cardinale, il qual disegno è appresso di me, non entrò a dirvene il mio giudicio, perche quando saremo insieme, lo giudica rete voi, et con miglior fondamento; ha gran similitudine co’l primo, et dove è diverso da quello, non porta invenzione, che meriti laude, et nel vero si conosce la povertà dell’auttore, et la sterilità del ingegno, al qual non dà nessun aiuto ne l’artificio, ne l’osservanza. Il Caudatario del Sig. Cardinal mi ha detto, che voi ancore ne havete fatto un disegno, et gli par molto bello: Io gli ho prestato fede assai facilmente, sapendo quello, che si deve aspettar dalle vostre mani. Ne ho datta notitia à S. Signoria Illustiss. la qual desidera di vederlo, et vi farà intendere, quando sarà il tempo, di venir qua; intanto vorrebbe, che vi abboccaste co’l Cavallier della Porta, et conferissino la intention vostra con lui per intendere, se l’opera si farà con manco spesa à Loreto, che in Roma, considerato tutto quello, che vi può correr per manifatture, vetture, et comparere de sassi, et altro; et credo, che M. Pietro Americi vi scrivera il medesimo per parte di S. Sig. Illustris. la qual avendo inteso da me, che nel disegno ponete la sua statua volta al Santissimo Sacramento, mi ha detto, che le piacerebbe
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più se ella riguardasse la Santa Casa, et in questo sarà bene, che habbiate considerazione, perché questo Signor vorrebbe, che fusse così, et lo vorrà in ogni modo, quando accetti il disegno, et tanto io dico d’ordine suo. Ho qui la pianta della Chiesa di Loreto, et se vi piacerà, che possa servirvi, me ne scriverete, che subito la farò capitar in man vostra, dicendovi di più, che il sito, dove si hà da poner la sepoltura è largo palmi Romani ventisei, et mezzo; di maniera che lo spatio è tre palmi, et mezzo maggior che non fu detto. Ho giudicato che sia bene di scrivervi tutto questo per il fine, al qual camminiamo, et voi, et io come servitori d’un medesimo Patrone, vi bacio le mani, et vi prego à raccomandarmi à Madonna Diana vostra, ringratiandola delle sue salutationi» (peranda 1603, pp. 106-107, in marcucci 1991, p. 133). Nella minuta di questa lettera rinvenuta nell’Archivio Caetani di Roma, identica alla forma ufficiale, lo scultore Della Porta è citato come: «Cavaliero nipote di Tomasino» (ACR, Fondo generale, 173684, s.d.). Pur trattandosi solo di una minuta, la presentazione dello scultore come nipote di Tommaso Della Porta il Vecchio induce a rafforzare l’ipotesi che il Capriani e forse anche il Peranda, prima ancora della committenza Caetani, erano già in contatto con lo zio di Giovanni Battista, operante nella corte dei Gonzaga. Per tale ragione poteva venir spontaneo riferirsi allo scultore citandolo semplicemente come «nipote di Tomasino». Il Capriani avrebbe dovuto accordarsi con Giovanni Battista Della Porta sul bilancio delle spese da affrontare per l’esecuzione della tomba, considerando le due alternative: realizzare l’opera direttamente nel luogo di destinazione o idearla a Roma e poi montarla e rifinirla a Loreto, come poi avvenne. Il coinvolgimento del Cavaliere Della Porta avvenne immediatamente dopo quello del Capriani se il primo ottobre 1578 lo scultore veniva già pagato ben 1650 scudi (doc. 64). L’effettiva realizzazione dell’opera in cui Della Porta fu coinvolto per la sue competenze sui marmi, iniziò a partire dal giugno del 1578 dopo che il cardinale Niccolò aveva ottenuto dal cardinale d’Urbino la «necessaria licenza per poter dar corso ai lavori» (caetani 1933, p. 172, nota 2). Una lettera inedita, purtroppo poco leggibile perché lacunosa, scritta dal servitore Paolo Roscio, in data 16 luglio 1578 (doc. 60) e indirizzata al cardinale Niccolò, ci consente di fissare con certezza il momento in cui Della Porta venne coinvolto nel progetto. In toni confidenziali il servitore Roscio si rivolge al cardinale per aggiornarlo sullo stato dei lavori. L’architetto Boccalino pare fosse esageratamente pretenzioso nella stima dell’opera, come riferisce il Roscio: «già io so che il Boccalino apre troppo la bocca nel prezzo della sepoltura come credo haver cennato nella prima lettera, et toccato anche in parte nella seconda con la quale se l’è mandata il secondo disegno contra l’informazione sua. Ma il ragguaglio dato a Vostra Signoria Illustrissima, che la sepoltura da farsi secondo il disegno di esso Boccalino si possa mettere in opera solamente con 1500 scudi credo sarà conforme a quello che si suol dar da coloro che si dilettano di dannari le opere d’altri ma essi non si offeriscono mai». Prima ancora di fare i conti con le spese valutando sia la possibilità di allestire l’opera a Roma sia di eseguirla direttamente a Loreto, il Roscio consigliava al cardinale di rivolgersi a più persone e vedere più disegni «perché dovendo farla così grossa in un loco tanto celebre a vista di tutta la christianità, giusta cosa è che l’opera sia molto ben considerata conforme al loco dove starà et alla persona perché si farà». Stando ancora alle parole del Roscio, il Boccalini si mostrava poco propenso al dialogo e per nulla disposto alla revisione del progetto: «l’Architetto è tanto sospettoso, de li suoi disegni mandati et pauroso che l’opera non se gli levi di mano, che quando io gli chiedessi la pianta della chiesa secondo l’ordine di Vostra Signoria Illustrissima non mi serviria. Lo lassarò dunqua
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stare et vederò se il cavaliere scultore vorrà servirmi più che altri non ha quel loco a proposito sabato a sera sarò alla Madonna et vederò quello posso fare et daronne avviso» e più avanti scrive: «se il primo disegno non si trova l’Architetto sospettoso, si despererà» riferendosi al disegno dato al Capriani. Il «cavaliere scultore» rapidamente citato dal Roscio è senza dubbio Giovanni Battista Della Porta che probabilmente aveva già dimostrato una certa disponibilità nella collaborazione. Grazie al cardinale d’Urbino, al Roscio era stata comunicata l’autorizzazione necessaria per il luogo destinato alla sepoltura. Dalla lettera emergono alcuni dati: Della Porta venne coinvolto nel luglio 1578; il Boccalini, architetto della Santa Casa, non aveva intenzione di rivedere il progetto e forse sospettava anche la collaborazione del Capriani che in effetti di lì a poco avrebbe preso il suo posto. Il primo disegno del Boccalini effettivamente fu dato sottobanco al Capriani che nella lettera al Peranda del 2 luglio 1578, prima citata, l’architetto dichiara di averlo perso in casa propria. Ancora una lettera del 25 giugno 1579, recuperata da Laura Gori, scritta sempre da Paolo Roscio, ci consente di fissare con più certezza la datazione delle statue, Fede e Carità, poste nelle nicchie laterali del monumento. Il Roscio aggiornava il cardinale sullo stato di avanzamento dell’opera, in particolare sulle due statue, in questo modo: «le statue tuttavia si lavorano, et la prima cominciata è a termine che ve ne manca poco a finire ma ancora non si può far giudicio di essa comparendo il lavoro ancora grosso. Il cavaliere scultore spera a mezzo settembre averla messa tutta in opera et io non mancarò di sollecitarlo» (doc. 68). Un ultimo dato rilevante sui lavori e gli spostamenti di Della Porta si evince da una lettera inviata da Roma, scritta dal protonotario Vincenzo Casali (e non dal Roscio, gori 2007, p. 72; ACR, Fondo generale, 29071-8277) indirizzata al cardinale Caetani di Sermoneta e datata 8 ottobre 1579: «Però come il Cavalier della Porta verrà per dar complimento alla sepoltura, havrà tutte quelle commodità, che li faranno bisogno, et che sarà in poter mio di dargli, et li assisterò con ogni diligentia, acciò che V. s. Ill.ma sia compitamente servita. Alla quale con ogni debita riverenza bacio le mani» (doc. 69). Probabilmente da lì a poco lo scultore Della Porta sarebbe andato a Loreto «per dar complimento alla sepoltura». Il cardinale Niccolò in una lettera, non datata, espresse la volontà «di non voler l’immagine della Madonna perché è lavoro che viene di sopra alla cornice cosa sopra la quale ho osservato in tre sepolture di pontefici che non vi si pone altr’opera e queste sono la sepoltura di Leone di Clemente e di Paolo II tutte e tre fatte da valentaomini» (gori 2007, p. 73). I monumenti citati sono stati identificati da Gori con le sepolture di Leone X e Clemente VII de’ Medici nella chiesa di Santa Maria della Minerva a Roma – eseguite da Raffaello da Montelupo e Nanni di Baccio Bigio su disegno di Antonio da Sangallo il giovane – e la tomba di Paolo II Barbo nelle Grotte Vaticane realizzata da Mino da Fiesole e Giovanni Dalmata (gori 2007, pp. 73-74). Quest’ultima, purtroppo frammentaria, doveva avere al centro, come nel monumento Caetani, la statua del pontefice e ai lati le statue della Fede e della Carità. È interessante però anche il resto della lettera di cui si legge una frammentaria trascrizione di Gelasio Caetani nell’inventario dell’Archivio Caetani di Roma dove il cardinale si mostra premuroso per tutte le occorrenze necessarie alla sepoltura e chiede al destinatario della lettera (il Cavalier: che potrebbe essere il servitore Paolo Roscio o il Della Porta) di domandare al Capriani «di quali cose farà bisogno che ci provvederemo a Roma per la sepoltura» (doc. 62). Il cardinale scrivendo questa volta al Capriani, anticipa le parole che l’intermediario Paolo Roscio riferirà all’architetto: «M.co amico carissimo il cavalier Paulo Roscio mio gentiluomo che sarà il dator di questa vi dirà quello che m’occorre di farvi intendere intorno al dissegno mandatovi da voi per la mia sepoltura. Vi piacerà di credergli come a me proprio perché mi rimetto a lui et vi prego
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felicità». Le preoccupazioni che il committente riferisce sono sintomatiche sia della particolare incidenza dello stesso nella realizzazione dell’opera. Al di là delle precisazioni documentarie, occorre in questa sede chiarire l’effettivo ruolo di Della Porta nell’impresa e i soli dati sinora elencati: l’accordo con il Capriani per le spese, il generoso compenso ricevuto (complessivamente ebbe 1950 scudi), l’esecuzione a Roma delle due statue laterali (Fede e Carità), la commissione al Calcagni della statua del cardinale sono sufficienti a sostenere l’ipotesi che al Della Porta spettò un ruolo non marginale nell’impresa e, di certo, non inferiore al Capriani. Laura Marcucci, indagando la produzione del Capriani e riconoscendo una stretta collaborazione fra lo scultore e l’architetto, suppose che il monumento a Vespasiano Gonzaga di Sabbioneta (cfr. scheda 17) fu realizzato dietro la consulenza del Capriani (marcucci 1991, p. 134). Non credo si possa esser così certi di un coinvolgimento del Capriani nell’impresa sabbionetana; del resto i rapporti fra lo scultore Della Porta e molti membri Gonzaga, documentati già dal 1567, giustificano il completo affidamento dell’impresa sabbionetana allo stesso. Il monumento sabbionetano si presenta, infatti, come l’esito concreto del legame fra lo scultore e i Gonzaga percepibile dagli scambi epistolari per il commercio di marmi antichi. Inoltre, a mio parere, la tomba Gonzaga ha in comune con quella Caetani solo le linee compositive (cfr. figg. 36, 114); la policromia dei marmi è molto più accentuata nel monumento Gonzaga. Secondo un’ipotesi di Gelasio Caetani, il Della Porta modellò la figura in bronzo del cardinale (caetani 1933, p. 172). Della Porta commissionò direttamente ad Antonio Calcagni l’opera e non abbiamo prove di un modello o un disegno dello scultore; più semplicemente nelle Notizie di Filippo Baldinucci sono attestati pagamenti al Calcagni (4 gennaio 1579 e 4 gennaio 1580, cfr. grimaldi - sordi 1987, pp. 144-145, docc. VI e VIII) in cui lo scultore dichiara: «il cavalier Gio. Battista dalla Porta mi dette a gettar la statua del cardinale di Sermoneta». Certo le linee sintetiche del volto della statua (fig. 39) ricordano molto lo stile dei ritratti dellaportiani e suppongo che Della Porta fu supervisore del lavoro, fedele alle disposizioni del cardinale. Il Caetani è raffigurato quasi di prospetto, inginocchiato su di un cuscino, con il viso rivolto verso la Santa Casa. La mano sinistra è raccolta sul petto, mentre con il braccio destro indica il tabernacolo dell’eucarestia che allora si trovava nell’altare adiacente al monumento funebre. Secondo le disposizioni del cardinale indicate dal segretario Peranda, l’opera doveva rivolgersi alla Santa Casa (peranda 1603, pp. 106107, in marcucci 1991, p. 133); disposizioni che avevano destato perplessità al Boccalini perché in questa posizione la statua avrebbe voltato le spalle al Santissimo Sacramento, quanto di più inammissibile in quella Basilica. Anche il Capriani nel suo disegno aveva ideato la statua volta al Santissimo Sacramento (ibidem). La soluzione finale sembra essere un compromesso fra le parti. Niccolò Caetani rivolge lo sguardo alla Santa Casa mentre con la mano destra indica il Sacramento. Il 4 gennaio 1579 Antonio Calcagni, allievo e collaboratore di fratelli Lombardi nelle Marche, riceve da Della Porta 250 scudi, in due rate, per l’esecuzione della statua del cardinale Caetani (grimaldi - sordi 1987, p. 144, doc. VI). Alcuni pagamenti sembrano attestare il coinvolgimento di Tiburzio Vergelli nell’opera, del resto Calcagni e Vergelli lavorarono nella Santa Casa realizzando in società quasi tutte le commissioni relative agli anni 1577 e 1589 (ibidem, p. 115). Di fatto il 26 gennaio 1580 l’uno e l’altro, dinnanzi al notaio Pompilio Servanni, si accordarono sulle modalità di finitura delle tre opere già in lavorazione e sul calcolo degli utili spettanti a ciascuno. Pattuirono la divisione di mille scudi ricevuti per la scultura dei dieci apostoli, del quadro e dei medaglioni della cappella Massilla e per la statua del cardinale di Sermoneta, Niccolò Caetani. Tale accordo lascia
Tav. 1. Giovanni Battista Della Porta, Cesare, 1570-1580 ca., Roma, Galleria Borghese.
Tav. 2. Giovanni Battista Della Porta, Galba, 1570-1580 ca., Roma, Galleria Borghese.
Tav. 3. Giovanni Battista Della Porta, Busto di Onorato IV Caetani, 1592, Roma, Palazzo Caetani, Fondazione Camillo Caetani (foto Pasquale Rizzi).
Tav. 4. Giovanni Battista Della Porta, Busto di Onorato IV Caetani, 1592, Roma, Palazzo Caetani, Fondazione Camillo Caetani, particolare.
Tav. 5. Francesco Capriani, Giovanni Battista Della Porta, Monumento a Niccolò Caetani, 15781580, Loreto, Basilica, cappella Polacca (foto Bruno Longarini).
Tav. 6. Giovanni Battista Della Porta, Mausoleo di Vespasiano Gonzaga, 1591, Leone Leoni, Statua di Vespasiano Gonzaga, 1574-1577, Sabbioneta, Incoronata (fotostudio Danilo Sabbioneta).
Tav. 7. Giovanni Battista Della Porta, Carità, 1578-1579, Basilica, cappella Polacca, particolare (foto Bruno Longarini).
Tav. 8. Cappella Caetani, ca. 1590-1670, Roma, Santa Pudenziana.
Tav. 9. Giovanni Battista, Tommaso il Giovane, Giovanni Paolo Della Porta, Cappella di San Pietro, 1596-1598, Roma, Santa Pudenziana.
Tav. 10. Giovanni Battista Della Porta, Domenico Fontana, Murzio Quarta, Melchiorre Cremona, Monumento a Federico Cornaro, 1591, Roma, San Silvestro al Quirinale (foto Pierluigi Mulas).
Tav. 11. Giovanni Battista Della Porta, San Domenico, 1587, Roma, Santa Maria Maggiore, cappella Sistina.
Tav. 12. Giovanni Battista Della Porta (Ritratto), Giovanni Battista Della Porta e collaboratore (Monumento di Pierfrancesco Ferrero), 1585 ca., Roma, Santa Maria Maggiore.
Tav. 13. Tommaso Della Porta il Giovane? (Ritratto), Tommaso Della Porta il Giovane e collaboratore? (Monumento di Guido Ferrero), 1585 ca., Roma, Santa Maria Maggiore.
Tav. 14. Orante, II sec., h 202 cm, porfido, marmo rosso antico e marmo bianco, sandali in verde antico, plinto in giallo antico, Paris, Musée du Louvre.
Tav. 15. Orante, II sec., Paris, Musée du Louvre, particolari.
Tav. 16. Nicolas Cordier, Giovane mora con bambino e cagnolino (Moretta Borghese), XVI sec., h 70 cm, marmo bianco e nero antico, pietre dure, Roma, Galleria Borghese.
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supporre una diretta collaborazione fra i due per la fusione della statua del cardinale così come aveva già intuito Gelasio Caetani (caetani 1933, p. 172). La società fra i due scultori provocò poi una lunga diatriba fra i discendenti per la divisione dell’eredità (cfr. grimaldi - sordi 1987, pp. 216-233). Conclusa l’opera del Calcagni che nel gennaio del 1580 riceveva sempre da della Porta 350 scudi, nel febbraio dello stesso anno l’intero monumento fu rifinito e montato nel luogo dove ancora si trova come risulta dai libri contabili dell’Archivio Santa Casa. Al Della Porta è registrato un primo conto di 14 fiorini e mezzo per 2000 mattoni e un altro di 12 fiorini per 24 some di gesso e calce vendutagli dalla Santa Casa per la sepoltura del cardinale (grimaldi - sordi 1987, p. 116, nota 5). Sul monumento il cardinale fece incidere l’iscrizione latina da lui personalmente composta, aiutato dall’umanista l’abate Marcantonio Mureto; più tardi venne aggiunta sull’epigrafe la data di morte del cardinale: 1° maggio 1585 (caetani 1933, p. 172, nota e). pisani dossi 1895, pp. 95-96; salvi 1981, pp. 81-82; pantanelli 1909; caetani 1933; firpo 1969, pp. 6-8; tafuri 1976, pp. 189-195; grimaldi - sordi 1987; santarelli 1988, p. 43; marcucci 1991; negro 2007, pp. 193-235; gori 2007, pp. 66-93; grimaldi 2011, pp. 99-100.
7a. Giovanni Battista Della Porta Fede (fig. 37) 1578-1579 Marmo bianco 150 cm ca. Loreto, Basilica, part. del monumento al cardinale Niccolò Caetani
Per le statue decorative da collocare nelle nicchie laterali del monumento a Niccolò Caetani nella Basilica di Loreto, si preferirono le allegorie della fede e della carità, virtù del vero cristiano. Il cardinale Niccolò, dopo un suo viaggio a Loreto, aveva dato disposizioni di farsi seppellire accanto e verso la Santa Casa e seguì con meticolosità l’avanzare dei lavori (cfr. scheda 7). Nel 1578 Giovanni Battista Della Porta era stato già coinvolto accanto all’architetto Francesco Capriani per le spese della sepoltura. In una lettera del 25 giugno 1579 scritta dal servitore Paolo Roscio al cardinale Niccolò sono citate le due statue: «il lavoro riesce molto nobile essendo lavorato con delicatura; né altro manca alla sepoltura, delle statue in fora, che li peducci che sostentano la cassa» (gori 2007, p. 72. La data del documento è citata in caetani 1933, p. 172, nota 3). E ancora sulle due statue Roscio scrive: «la prima cominciata è a termine che ve ne manca poco a finsciva ancora non si può far giudicio di essa comparendo il lavoro ancora grosso» (gori 2007, p. 72). Volta verso la Santa Casa la statua della fede segue lo sguardo del cardinale mentre le braccia vanno in direzione opposta. Con la sinistra regge in mano le chiavi e le sacre scritture. Il panneggio è particolarmente voluminoso rispetto, ad esempio, alla Sibilla Libica (fig. 21), quasi improprio per il Della Porta; la statua riempie lo spazio della nicchia, mentre il bronzo al centro del Caetani lascia vuota la parte superiore. Il manto che avvolge la figura è ampio e rigonfio, soprattutto sul lato sinistro, il lembo scende dal capo, gira dietro la spalla e si
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annoda sul fianco. La gamba destra flessa si scorge dalle trasparenze del panneggio che si fa più sottile e sinuoso; si ravvisano echi della lezione veneta assorbita probabilmente dallo scultore nei suoi viaggi a Venezia (1568 e 1573). E la morbidezza tutta sansovinesca di quel panneggio era stata osservata senza dubbio nella stessa Basilica lauretana. Agli occhi dello scultore, l’ornamento marmoreo della Santa Casa, per il quale lui stesso aveva lavorato, dovette essere un ottimo banco di prova e di confronto con illustri precedessori quali Andrea e Jacopo Sansovino, Raffaello da Montelupo, Francesco da Sangallo, Aurelio e Girolamo Lombardi.
7b. Giovanni Battista Della Porta Carità (figg. 38-40) 1578-1579 Marmo bianco 150 cm ca. Loreto, Basilica, part. del monumento al cardinale Niccolò Caetani
Pendant della Fede nel monumento al cardinale Niccolò Caetani Caetani di Loreto (cfr. schede 7-8), la statua rappresenta la virtù della carità. Nel giugno del 1579 risulta ancora incompleta e fu conclusa probabilmente nel dicembre dello stesso anno se nel febbraio del 1580 l’intero monumento fu montato nella Basilica lauretana (per i documenti cfr. scheda 7). L’allegoria è rappresentata da una figura femminile con due fanciulli, uno in braccio e l’altro si sostiene in piedi al lato sinistro della donna. La Carità ha uno sguardo immobile e severo rispetto anche al suo pendant, e il panneggio vibrante e naturalistico, richiama la maniera di Tommaso Lombardo (Madonna con il Bambino e il San Giovannino, Venezia, chiesa di San Sebastiano, cappella Melio, datata prima del 1555, extermann 2008, p. 129). La linearità dell’arco sopraciliare e la verticalità del volto, accentuata dall’uguale misura di naso e labbra dell’opera veneta, sono soluzioni che ritornano nei ritratti realizzati da Della Porta. E a Venezia aveva osservato forse anche Francesco Segala se quell’avanzare così incerto del fanciullo è davvero una citazione del fanciullo della Carità di Palazzo Ducale, opera collocata in una nicchia della Scala d’Oro (oscillante fra i primi anni del 1570: bacchi 1999, p. 389). Nella carriera dell’artista, altri richiami a fonti lombardo-venete si avvertiranno più avanti, in particolare nelle statue laterali del monumento a Vespasiano Gonzaga.
8. Giovanni Battista Della Porta Monumento al cardinale Francesco Alciati (fig. 84) 1580 Marmo bianco, portasanta, africano, nero antico, giallo antico, verde antico, rosso antico 400 x 200 cm ca. (edicola), 60 x 50 x 30 cm (busto) Roma, Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, vestibolo
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D. O. M. S | ET MEMORIAE FRANCISCI ALCIATI MEDIOLANENSIS | VIRTVTE, HVMANITATE OFFICIO | TIT. S. MARIAE IN PORTICV S. R. E. PRESBYTERI CARDINALIS | I. V. SCIENTIA AC CAETERIS OMNIBVS DISCIPLINIS FLORENTISSIMI | CARTHVSIENSIS FAMILAE PROTECTORIS | VIXIT ANN. LVIII. M. II. D. XVIII. | OBVIT AN. SOL. M. D. LXXX. XIII. KAL. MAII. [Nel basamento] VIRTVTE VIXIT | MEMORIA VIVIT | GLORIA VIVET.
È noto l’atto di convenzione, datato 17 ottobre 1580, stipulato fra gli eredi del cardinale Francesco Alciati e Giovanni Battista Della Porta (doc. 70). Nel documento sono riportate precise indicazioni su come doveva essere realizzata l’opera per cui lo scultore sarebbe stato pagato 450 scudi: «l’altezza d’essa dal primo piano sin alla sumità sia di marmi gentili: et li ornamenti cioe li quatro pilastri siano di mischio chiamatto porta Santa alti palmi nove largi palmi uno per ciascuno: la cassa del Corpo sia di mischio chiamato africano lunga palmi otto alta e larga alla proportione della lunghezza con le soi Zampe di marmo incastrate dentro. Il coperchio sia del medesimo marmo et nelli angoli della cassa et di tuta l’opra siano incastrate pietre nobili. La tavola del epitafio sia lunga e larga alla proportione di l’opera di marmo negro bello et le lettere siano Intagliate et adoratte et circa essa sia una cornicetta di marmo gialo: La nichia dove va il ritratto sia di mischio affricano con la cornice intorno del detto marmo gentile. Il fregio sia di mischio verde: Il ritratto del Cardinale et li doi angelli che vano in cima siano un poco magiori del naturale di marmo finissimo e bello: Et tute le pietre colorite siano lustre di bona maniera et li marmi impomiciati secondo si ricerca». Come indicato nel documento, mediatore dell’impresa fu il cardinale di Vercelli Guido Ferrero amico dell’Alciati. Oggi il monumento si presenta con quattro lesene in pietrasanta, l’arca e la nicchia che contiene il busto in marmo africano. L’iscrizione è su una lastra di marmo nero, con una cornice in marmo giallo. Il fregio in mischio verde e il timpano spezzato con al centro lo stemma cardinalizio coronano il monumento. Della Porta realizzò l’opera seguendo le indicazioni suggerite dai committenti, ad eccezione dei due angeli previsti come coronamento al posto dell’architrave spezzato. Pochi anni più tardi per l’altare della cappella Falconi unirà le due soluzioni (cfr. scheda 12). Francesco Alciati (1522-1580) fu sepolto in Santa Maria degli Angeli essendo protettore dell’ordine dei certosini. Nipote del famoso giureconsulto Andrea Alciati, ereditò giovanissimo dallo zio la cattedra nell’Università di Pavia e fra i discepoli più illustri ebbe San Carlo Borromeo, «dalla stima ed affezione che questo suo grande discepolo gli conservò, ebbe egli aperta la via a molte ecclesistiche dignità che lo portarono fino a quella della sacra porpora» (raggi 1841, p. 243). Sono note alcune descrizioni del cardinale: Il Mureto che lesse l’orazione funebre lo definì «ornamento del secolo, sostegno delle lettere, vero modello della virtù e delle erudizione» (ibidem). Piccinelli, parlando dell’Alciati, disse: «benché giovinetto, per dottrina invecchiato, meritò la prima cattedra di Pavia, alla dottrina aggiunse tale soavità di tratto, così benigna, cara ed amorosa che quasi catena d’oro, legava i cuori di chiunque con esso lui praticasse. Io dirò poi che ad onta di certi stolti i quali, come i ciechi biasimassero la luce perché non la veggono, riprendono coloro che dati agli studi della giurisprudenza, coltivano altresì le lettere, egli l’Alciato le coltivò grandemente e fu pure nel greco eruditissimo» (ibidem). Nel busto (fig. 85) in Santa Maria degli Angeli Della Porta seppe restituire il carattere intellettuale e quella soavità di cui parlava il Piccinelli. Il volto dell’Alciati è levigato e regolare, pervaso da un naturalismo astraente reso tramite un sintetico e compatto modellato. L’effigiato è così suggellato in un fermo e ineloquente ritratto. Un busto, che si ritiene raffiguri Francesco Alciati, è conservato a Milano nella sagrestia della
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chiesa di Sant’Alessandro in Zebedia (sant’ambrogio 1905; raponi 1960, p. 67). L’opera in realtà non sembra avere affinità con il ritratto di Francesco Alciati sinora analizzato. raggi 1841, pp. 243-245; sant’ambrogio 1905; 1965, p. 53; schiavo 1990, pp. 995-996.
grisebach
1936;
raponi
1960, pp. 65-67;
matthiae
9. Giovanni Battista Della Porta, Tommaso Della Porta il Giovane Ritratti dei cardinali Pierfrancesco Ferrero e Guido Ferrero (figg. 90-91) 1580-1585 ca. 60 x 50 cm ca. (busto) marmo bianco di Carrara, rosso antico Roma, Santa Maria Maggiore, navata sinistra, controfacciata
Prima dei lavori di ristruttazione della Basilica liberiana attuati da Ferdinando Fuga intorno agli anni quaranta del Settecento, il busto di Pierfrancesco Ferrero si trovava, insieme al suo pendant, il ritratto di Guido Ferrero, nella cappella della Madonna (o Ferrero) come scrive Baglione nelle Nove Chiese di Roma (1639): «Congiunta a questa [riferendosi alla cappella Cesi] è la cappella della Madonna con varie istorie a fresco dipinta, opera di Baldassar Croce da Bologna. Il Papa inginocchiato con li puttini avanti la Vergine a olio sopra l’ormesimo dipinto, è di mano di Paolo da Faenza; dalle bande vi sono i monumenti de’ Cardinali Pier Francesco, e Guido Ferreri con ritratti di marmo: ed all’incontro in terra c’è una lapide con figura di profilo del Canonico Cerosini, opera di Donatello famoso scultore, ed architetto Fiorentino» (baglione 1639, p. 172). Tramite fonti archivistiche, Maria Barbara Guerrieri Borsoi ricostruì la storia della distrutta cappella Ferrero e identificò gli scalpellini del sacello con i nomi di Pace e Pier Michele Naldini (guerrieri borsoi 2007, p. 6). Si occuparono della parte figurativa lo stuccatore Stefano Fuccari e il pittore Baldassarre Croce. Come rilevato dalla studiosa, fra i tanti documenti relativi all’eredità Ferrero non si fa mai cenno ai due busti né sono menzionati fra i beni inventariati alla morte del cardinale Guido. In seguito ai lavori del Fuga le memorie parietali dei Ferrero furono poi sistemate nella controfacciata della Basilica e per il busto di Pierfefrancesco Ferrero Grisebach per primo pensò giustamente al Della Porta (grisebach 1936, p. 132). Conferma tale attribuzione un nuovo dato indiziario: Guido Ferrero, cardinale di Vercelli e nipote di Pier Francesco Ferrero, in occasione della costruzione del monumento Alciati (cfr. scheda 10) fece da tramite fra gli eredi e lo scultore e, mentre risiedeva nella sua villa di Frascati, la cosidetta Rufinella (guerrieri borsoi 2008), si fece portare il progetto da Della Porta, come si legge nel documento: «(…) Ho veduto li capitoli che mi ha portato il Cavalieri et tutto sta bene, aggiongendovi però che esso cavalieri sia obligato pigliari sopra di lui tutta la spesa si della rottura come conciatura del muro dove si ha da metter l’opra che cossi siamo restati d’accordo et vostra signoria farà fare subito l’Instromento che me ne contento. Dalla mia Villa Ferrera di Frascati il dì XV ottobre 1580. Di Vostra Signoria Come fratello Guido Ferreri cardinale di Vercelli» (doc. 70). Già in contatto con lo scultore negli anni ottanta, è dunque verosimile che il cardinale di Vercelli abbia scelto poi, per sé e suo zio, di farsi fare il ritratto da Della Porta, famoso in questo genere o che gli eredi (come
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fu per l’Alciati) si affidarono a lui. Si notano equivalenze formali fra il ritratto Alciati (fig. 85) e il ritratto di Pierfrancesco Ferrero (fig. 90): analoghe le pieghe della mozzetta rossa, la direzione e l’austerità dello sguardo, l’andamento appena accennato della barba, la fronte alta e senza solchi. Il trattamento è assai poco disegnato, la terminazione della barba, sia nel Ferrero sia nell’Alciati, completa innaturalmente l’ovale del volto. Sull’attribuzione del Grisebach, Röttgen scrisse: «Questa attribuzione fu proposta al Grisebach da W. Gramberg il quale, però, non l’aveva ancora inclusa nel suo articolo del Thieme-Becker; essa comunque non pare infondata, tenendo conto delle forme nude, lisce e freddamente tagliate del viso; mancano però le linee secche, incise delle rughe del ritratto Cornaro che conferiscono al viso un carattere pensoso e teso e che derivano senza dubbio dall’influsso di Guglielmo della Porta; stilisticamente molto vicino al ritratto di Pierfrancesco Ferreri è anche quello di Guido ferreri nella navata sinistra di Santa Maria Maggiore» (röttgen 1995, vol. 3, p. 565). L’attribuzione è ripresa da sickel 2003, p. 125, n. 48. Borsoi colse la differente mano dei due volti Ferrero pur citando in chiusura dell’articolo l’attribuzione di Herwarth Röttgen che li riferiva entrambi a Giovanni Battista Della Porta (guerrieri borsoi 2007, pp. 11-12; röttgen 1995, vol. 3, p. 565). Il volto di Guido Ferrero (fig. 91), caratterizzato da un’espressività quasi caricaturale – impropria per la maniera del Cavaliere – è probabilmente di altra mano e ricorda quella di Tommaso Della Porta il Giovane nella Sibilla (fig. 29) della Deposizione (1583 ca. chiesa dei Santi Ambrogio e Carlo al Corso, Roma) che rappresenta l’Antico Testamento (panofsky 1993, p. 126, tav. 16c.). Altri importanti documenti sulle memorie Ferrero sono alcuni disegni d’après conservati alla Royal Library di Windsor e all’Archivio di Stato di Biella (figg. 94-95) che riproducono le memorie Ferrero. I disegni di Windsor, pubblicati recentemente da Fabrizio Federici (2011, pp. 112 e 115, nn. 46 e 49), databili fra il secondo e il quarto decennio del Seicento, documentano pertanto lo stato delle opere prima delle manomissioni del Fuga. Almeno due sono le anomalie fra i disegni e le opere: nel disegno un vaso fiammeggiante corona il frontone non presente nei monumenti, diversa è inoltre la posizione degli stemmi. I disegni di Biella, recuperati grazie alla dott.ssa Alessandra Montanera, possono essere datati sullo scadere del XVIII secolo. Caratterizzati da un segno preciso e lineare, i disegni riproducono i monumenti Ferrero in maniera rigorosa, entrambi riportano anche le iscrizioni e in particolare il disegno della memoria del cardinale Guido ha delle interessanti annotazioni. Con lettere alfabetiche (A, B, C, D, E) sono indicati i vari marmi utilizzati: verde antico, rosso brecciato, alabastro fiorito «a rosa», africano, bigio. In basso a destra leggiamo la seguente nota: «Le cornici, fascie, averra a testa sono di marmo bianco. Il Busto segnato colla lettera F è di marmo sanguigno ossia rosso antico e La Lapide di marmo nero colli caratteri dorati, ed incavati nel detto marmo». Nelle scritte sul retro dei fogli è citato il testo di Pietro Aloisio Galletti: Inscriptiones Pedemontanae infimi aevi Romae exstantes (dato alle stampe nel 1766) e sono indicate alcune anomalie fra le iscrizioni dei monumenti trascritte da Galletti e quelle dei disegni. La fonte citata è un termine post-quem per la datazione dei disegni. Il disegno della memoria del cardinale Pietro Francesco è molto più definito, l’effetto chiaroscurale di luci e ombre è ottenuto grazie all’uso dell’acquerello bruno e della china. La precisione dei disegni suggerisce per la loro esecuzione un artista che può aver avuto occasione di osservare da vicino le opere, forse inviato a Roma da un erudito biellese particolarmente interessato alle memorie Ferrero. Intorno al 1778 il medico di Biella Giovanni Tommaso Mullaterra si apprestava a pubblicare le Memorie cronologiche e corografiche della citta di Biella includendo nella seconda parte le biografie di illustri personaggi biellesi. Sono inseriti entrambi i cardinali Ferrero, in chiusare della nota biografica su Pierfrancesco
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scrive: «morì in Roma a’ 12 Novembre 1566, il di cui corpo venne depositato nella Chiesa di Santa Maria Maggiore» (mullaterra 1778, p. 174) mentre per Guido scrive: «Cessò di vivere questo insiegne porporato nell’anno 1585 in Roma, dove il suo cadavere venne depositato nella tomba medesima del cardinale Pier Francesco» (ibidem). Dunque il medico Mullaterra era ben a conoscenza delle tombe Ferrero nella Basilica liberiana. In alcuni casi riporta l’intera iscrizione apposta sulla memoria (ibidem, p. 176). Le note nel retro dei disegni non menzionano gli studi del Mullaterra ma sembrano riferirsi ad un’apposita verifica fatta in loco dell’iscrizione tombale messa poi a confronto con il testo del Galletti. Prendendo in mano un’altra fonte biellese come la Biografia Piemontese (1792) di Carlo Tenivelli troviamo molte più aderenze rispetto al Mullaterra. In chiusura della biografia di Guido Ferrero, Tenivelli riporta l’epitaffio in Santa Maria Maggiore ricordando le fonti fra cui proprio «la raccolta fatta dal p. abate Galletti delle inscrizioni de’ piemontesi esistenti in Roma e da una copia mandata all’abate Ferrero della Marmora dall’architetto Cavalleri, unita al disegno del tumulo» (tenivelli 1792, p. 250). La fonte restituisce anche il nome dell’autore di quei disegni, l’architetto Cavalleri, e sulla base del testamento del Ferrero c’informa che Guido fu sepolto nella tomba: «che fece costrurre pel cardinale Pietro Francesco, e per se in Santa Maria magg, e nella cappella della B. V. di jus patronato di sua casa con busto, ed epitaffio a mano manca vicino al sacrario secondo la sua intenzione» (ibidem, p. 237). Se effettivamente quei disegni furono eseguiti come verifica per una pubblicazione sulla memoria di illustri personaggi biellesi e se verosimilmente questo testo coincide con quello del Tenivelli allora il range cronologico per la datazione dei disegni si stringe fra il 1766 (essendo citato il Galletti) e il 1792, anno in cui Tenivelli diede alle stampe il suo testo. Al di là di tale ipotesi, nei limiti della presente ricerca, i disegni assumono un importante valore documentario in quanto attestano la conoscenza in terra biellese delle memorie romane di quei cardinali e ci forniscono notizie sulla storia conservativa degli stessi; dalla fine del Settecento ad oggi le tombe parietali dei Ferrero nella Basilica liberiana non subirono alterazioni. 1639; mullaterra 1778; tenivelli, 1792; grisebach 1936, pp. 131-132, 136-137; cannata, 1993, pp. 426-427, n. 6b; röttgen 1995, p. 565; sickel 2003, p. 125, n. 48; guerrieri borsoi 2007, pp. 1-12; guerrieri borsoi 2008, pp. 259-274; federici - garms 2010. baglione
in
madonna
10. Giovanni Battista Della Porta Altare (fig. 101) 1584-1585 Marmo bianco, nero, verde, giallo, breccia gialla, alabastro 600 x 400 cm ca. Roma, Santa Maria ai Monti, navata destra, cappella della Pietà (o Falconi)
«La Cappella della Pietà, la terza a destra, non ha mai attratto su di sé l’attenzione degli studiosi sebbene conservi integralmente la sua decorazione cinquecentesca» è quanto scrive Maria Barbara Guerrieri Borsoi sulla cappella della Pietà o Falconi di Santa Maria ai Monti in apertura della relativa scheda del catalogo per la mostra dedicata a Sisto V (guerrieri borsoi 1993, p. 231). La cappella merita una particolare attenzione anche nel quadro della
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ricostruzione delle committenze affidate a Della Porta. Il 27 novembre 1584 fu steso il contratto per la costruzione dell’altare della cappella. L’artista a cui venne affidato l’appalto fu il cavaliere Giovanni Battista Della Porta citato anche come «Mediolanensis Architetto». Del committente Giulio Pietro Falconi purtroppo non si hanno notizie. È noto invece il disegno di Della Porta (figg. 103-104), unico progetto pervenuto dello scultore, segnalato dagli studi, ma ancora non pubblicato. Il disegno è allegato al documento notarile e citato nello stesso in questi termini: «che l’altare sia conforme al disegno che si è fatto che resterà in mano di me notaro, solamente havera da essere differente nelli capitelli che hanno da esser di corinzio o composito come più piacerà al detto Giulio Pietro et sia col frontespizio aperto et sopra ci sarà un serafino di marmo statuale, il tabernacolo del frontespizio sarà ripieno di negro chiamato paragone con queste lettere intagliate et indorate, trae me post te, o altre che piacerà al detto Giulio p.o sotto il qual tabernacolo sarà ripieno di broccatello, et il fregio di mischio verde, et le colonne di giallo bello, et ben colorito della grandezza, et grossezza di quelle del sudetto Maestro Antonio Sabatino, li contropilastri saranno di bianco et nero. Il tellaro sarà di marmo bianco et pavonazzo, li zocoli et la predella correnti saranno ripieni di breccia gialla o vero broccatello, li ripieni delli piedistalli saranno ripieni di allabastro, cioè della facciata dinnanzi, li canti saranno di altri mischi, il restante sarà tutto di marmo gentile et salino si come tornerà meglio, et ancora la pietra ovvero tavole del altare cioè quella che va in piano sarà del medesimo marmo, perché sotto detta tavola andera di muro fatto a spesa di detto Giulio Piero» (doc. 77). Lo scultore rispetto alla realizzazione finale sembra tener fede alle specifiche richieste del committente come conferma l’aspetto attuale dell’altare, fedele al progetto. In sei mesi lo scultore avrebbe dovuto portare a termine il lavoro, ma solo nel luglio dell’anno successivo l’altare fu completato, come dimostra la registrazione del saldo finale (guerrieri borsoi 1993, p. 231). L’appellativo ‘architetto’, qui usato per la prima volta, ha indotto gli studiosi ad additare il lavoro al più noto Della Porta, Giacomo, con il quale spesso Giovanni Battista è stato erroneamente confuso. Come indicato da Guerrieri Borsoi è noto un tal Giovanbattista che nel 1608-1610 lavora al pavimento della chiesa dei Monti (guerrieri borsoi 1993, p. 231) ma il titolo di Cavaliere con il quale l’autore è citato nei documenti può riferirsi solo al Della Porta. Il documento con disegno allegato è noto anche a schwager 1975, p. 117, n. 51 che attribuisce erroneamente il disegno a Giovanni Battista Montano. Borsoi ha inoltre recuperato i documenti della pala d’altare della cappella; Il dipinto ad olio raffigurante una deposizione è di Antonio Viviani detto il sordo d’Urbino commissionato da Giulio Falconi il 26 gennaio 1585; l’ultimo saldo per la tela risale al settembre del 1587. schwager 1975, pp. 111-141, 117, n. 51; 2008, pp. 106-107.
guerrieri borsoi,
11. Giovanni Battista Della Porta San Domenico (fig. 106) 1587 marmo di Carrara h 180 cm ca. Roma, Santa Maria Maggiore, cappella Sistina
in
madonna
1993, pp. 231-233;
villani
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Giovanni Battista Della Porta fece parte della nutrita équipe di scultori che lavorarono nei cantieri sistini coordinati dall’architetto Domenico Fontana. Per la decorazione della cappella Sistina in Santa Maria Maggiore eseguì la statua del San Domenico (1587) e nella mostra della fontana del Mosè suo è il rilievo di sinistra con Aronne che conduce il popolo ebreo a dissetarsi (1588) (cfr. scheda 12a). Le sei statue di Santi che decorano le nicchie della cappella liberiana furono eseguite da Prospero Bresciano e Leonardo Sormani (San Pietro e San Paolo), Pietro Paolo Olivieri (Sant’Antonio da Padova), Giovanni Antonio Peracca detto il Valsoldo (San Pietro Martire), Flaminio Vacca (San Francesco d’Assisi) e Della Porta (San Domenico). Dal luglio 1587 al settembre del 1588 si registrano i pagamenti per le statue: «Et a di 23 di settembre [1587] scudi 700 di moneta per resto di scudi 2400 [in interlinea scudi 2100] simili pagati da detti signori depositari alli sopradetti Leonardo Sormano, Prospero Bresciano, Pietro Pauolo Olivieri, Giovanni Battista della Porta, Flaminio Vacca et Giovanni Antonio Valsoldo scultori per resto delle sei statue di Santi cioè San Pietro, San Pauolo, San Francesco, Sant’Antonio da Padova, San Domenico, San Pietro martiri» (doc. 79). Baglione già nelle Nove chiese di Roma (1639) indica la statua eseguita da Della Porta: «Tra i pilastri di marmi misti vi sono a man dritta la statua di San Pietro Martire scoltura di Gio. Antonio Valsoldo, e l’altra di S. Domenico del Cavalier Gio. Battista della Porta. Sopra S. Domenico l’istorietta è pittura del Pozzo; e sopra S. Pietro Martire, è dell’Ercolino» (baglione 1639, pp. 176-177). E nelle Vite scrive: «Scolpì nella cappella Sista della Basilica di S. Maria Maggiore il San Domenico, maggiore del vivo» (baglione 1642, vol. 1, p. 74). Nelle leggere varianti stilistiche delle diverse statue è possibile cogliere le diverse soluzioni adoperati da questi scultori. Nel caso specifico, il panneggio del San Domenico ha pieghe molto convenzionali rispetto alle altre statue della Sistina; l’ineloquenza espressiva ed il volto idealizzato del Santo ricordano i ritratti noti di Della Porta: soluzioni formali particolarmente ricorrenti nella decorazione marmorea dei cenotafi policromi romani dove al centro campeggia il busto del defunto. 1639, pp. 176-177; baglione 1642, vol. 1, p. 74; d’onofrio 1977, p. 228; petraroia, in ma1993, p. 393, n. 1e; ostrow 1996, pp. 57-59.
baglione donna
12. Giovanni e Domenico Fontana, Flaminio Vacca, Pietro Paolo Olivieri, Leonardo Sormani, Pospero Antichi detto il Bresciano, Giovanni Battista Della Porta Fontana del Mosè (fig. 107) 1588 Travertino, marmo bianco, stucco 850 cm x 650 cm Roma, Piazza San Bernardo
Negli anni del papato di Sisto V (1585-1590), Giovanni Battista Della Porta partecipò a due cantieri promossi dal pontefice e diretti dagli architetti Giovanni e Domenico Fontana: la cappella Sistina in Santa Maria Maggiore e la Mostra dell’acquedotto Felice in Piazza San Bernardo (meglio nota come Fontana del Mosè). Per la cappella Sistina, Della Porta realizzò la statua del San Domenico (cfr. scheda 11), mentre per la fontana del Mosè
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eseguì il rilevo istoriato alla destra della statua centrale con Aronne che conduce il popolo ebreo a dissetarsi. A progettare la decorazione del cantiere Giovanni Battista Della Porta fu chiamato insieme agli scultori Pospero Antichi (Bresciano), Leonardo Sormani, Flaminio Vacca, Pietro Paolo Olivieri, gli stessi ai quali erano state affidate le sei statue di Santi nella cappella Sistina. La Fontana è composta da tre fornici chiusi scanditi da colonne ioniche in marmo cipollino e breccia grigia, la nicchia centrale ospita l’imperante statua del Mosè (tanto discussa a partire dalle Vite di baglione 1642, vol. 1, pp. 43-44), in quelle laterali trovano posto i rilievi di Vacca e Della Porta che raffigurano espisodi del Vecchio Testamento scelti per l’aderenza iconografica al tema dell’acqua. Prospero Antichi iniziò la statua del Mosè che fu poi terminata dal Sormani, Flaminio Vacca ebbe novecento scudi per il rilievo istoriato alla destra della statua centrale con Giosuè che fa attraversare agli ebrei il Giordano asciutto (sull’identificazione dei soggetti cfr. marder 1992, pp. 521-543), Della Porta ottenne mille scudi per il rilievo di Aronne, ed il Sormani altri mille scudi per il resto del lavoro. Alla base dei fornici è scolpita una finta scogliera in cipollino dalla quale sgorga l’acqua che fluisce nelle vasche sottostanti. In asse con le colonne ioniche, alla base della fontana, trovavano posto originariamente quattro leoni antichi in porfido e marmo provenienti dal Pantheon e dal Laterano, sostituiti nel 1850 da quelli in marmo bardiglio eseguiti da Adamo Tadolini. Alla base della fontana vi è una balaustra in travertino, inizialmente destinata per volere di Pio IV (1559-1565) al cortile del Belvedere in Vaticano. Sul cornicione al di sopra delle colonne si legge la data di realizzazione dell’opera (1585-1587) e l’esecutore. Al di sopra, l’attico con l’iscrizione commemorativa è sovrastato da un’edicola che presenta all’interno lo stemma pontificio sorretto da due angeli e culmina con due obelischi. A coronamento della fontana una croce in rame dorato, elemento ricorrente nelle fabbriche sistine. 1642, vol. 1, p. 74; bertolotti 1875, p. 321; bertolotti 1886, p. 19; d’onofrio 1977, p. 228; D’Onofrio 1986, pp. 210-220; Lanciani 1902-1912, vol. 4, p. 182; meijer - van tuyll 1983, pp. 162-163, n. 70; marder 1992, pp. 519-543; pittoni - lautenberg 2002; ostrow 2006, pp. 267-291.
baglione
12a. Giovanni Battista Della Porta Aronne conduce il popolo ebreo a dissetarsi (fig. 108) 1588 Marmo bianco 300 cm x 280 cm Roma, Piazza San Bernardo, part. della fontana del Mosè
Nel rilievo istoriato che raffigura l’episodio di Aronne che conduce il popolo ebreo a dissetarsi, Giovanni Battista Della Porta dispone le figure su due piani, tutte però alla medesima altezza, tranne le due donne chinate ai piedi di Aronne e i due nudi fanciulli che chiudono l’angolo in basso a destra. Nella fascia più alta inserisce un albero e due file di capanne. Le due donne in basso, nella posa e nel gesto del braccio proteso, richiamano il rilievo sottostante che rappresenta la sorgente sgorgata miracolosamente dal deserto dal quale il popole ebreo, condotto da Aronne, si sarebbe dissetato. Più dinamico è invece il
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rilievo con Giosuè che fa attraversare agli ebrei il Giordano asciutto di Flaminio Vacca e Pietro Paolo Olivieri. Nella struttura compositiva entrambi i rilievi richiamano quelli di Marco Aurelio dell’Arco di Costantino. In particolare il rilievo di Giosuè, nella convulsa disposizione di animali e soldati, ricorda la scena della lustratio exercitu nella facciata dell’Arco rivolta verso il Palatino le cui teste di soldati furono rifatte da Pietro Bracci fra il 1732-1733 (pensabene - panella 1999, pp. 150-151). Grazie ad un recente restauro della fontana del Mosè, sul rilievo di destra è emersa la firma di Flaminio Vacca (fig. 110). Dai pagamenti risulta che, per quel rilievo, furono pagati sia Pietro Paolo Olivieri sia il Vacca, ma in una nota del 29 agosto 1589 compare solo il nome del Vacca (doc. 81, c. 10). Probabilmente l’incarico fu affidato da principio all’Olivieri e interamente realizzato dal Vacca. In corrispondenza, l’angelo reggistemma di destra (fig. 113), meglio riuscito rispetto al suo compagno, è senza dubbio opera del Vacca e anche in questo caso i pagamenti risultano sia per Vacca sia per Olivieri – in alcuni fogli è indicato il nome di Gio. Paolo Olivieri, forse solo un errore del computista. Tornando al rilievo di Della Porta, esso è indicato anche da Baglione nelle Vite: «Fece a Termine nella mostra del’acqua Felice, su l’alto dell’Arme del pontefice Sisto, un Angelo; e nella nicchia, collaterale a quella del Moisè, la storia del Testamento vecchio in bassorilievo verso la strada Pia» (baglione 1642, vol. 1, p. 74). Della Porta ricevette i pagamenti dal novembre 1588 al marzo 1590 per un totale di 1000 scudi (cfr. doc. 81). L’opera fu stimata da Giovanni Battista Di Bianchi e Silla Longhi 1.350 scudi, ridotta poi, il 3 marzo 1590, per volere di Sisto V, a 1000 scudi (doc. 79, c. 76v). Il rilievo di destra invece fu stimato da Giovanni Battista Bianchi e Pietro della Motta 1177 scudi e poi il 29 agosto 1589 gli scultori furono pagati 900 scudi (doc. 79, c. 77v.). Dunque Della Porta ricevette cento scudi in più rispetto a Vacca e Olivieri e il suo lavoro era stato stimato 173 scudi in più rispetto all’altro. Una differenza che stride con la qualità esecutiva dei rilievi. Forse la costruzione paratattica della scena e quel panneggio innaturale di Aronne rispondevano ad una chiarezza compositiva volutamente ricercata. Meijer e van Tuyll pubblicarono il disegno del pittore Cesare Nebbia (fig. 109) conservato presso il Teylers Museum di Haarlem che potrebbe corrispondere al progetto per il rilievo di Della Porta (meijer - van tuyll 1983, pp. 162-163, n. 70). Nebbia fu responsabile, insieme a Giovanni Guerra, di altre imprese sistine.
12b. Giovanni Battista Della Porta Angelo reggistemma (fig. 112) 1588 Marmo bianco 180 cm ca. Roma, Piazza San Bernardo, part. della fontana del Mosè
Giovanni Baglione nella biografia di Giovanni Battista Della Porta scrive: «fece a Termine nella mostra dell’acqua Felice, su l’alto dell’Arme del pontefice Sisto un Angelo; e nella nicchia, collaterale a quella del Moisè, la storia del Testamento vecchio in bassorilievo verso la strada Pia» (baglione 1642, vol. 1, p. 74). Il biografo attribuisce dunque a Della Porta, oltre al rilievo di sinistra della fontana del Mosè che raffigura Aronne che conduce il popolo ebreo a
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dissetarsi (cfr. scheda 12a), anche uno dei due angeli che in alto sostengono lo stemma papale. Nelle Vite Baglione esclude, dal cantiere della fontana, il nome di Pietro Paolo Olivieri che invece compare nei documenti. Sui nomi degli esecutori degli angeli e dei rilievi, i registri dei Mandati Camerali non coincidono con quanto scrive Baglione; per quel che riguarda invece gli autori delle statue dei Santi per la cappella Sistina non vi sono contraddizioni. Dai documenti gli scultori che complessivamente ricevono in tre mandati 500 scudi per i due angeli risultano Flaminio Vacca e Pietro Paolo Olivieri; in alcuni fogli è segnato il nome di un certo Giovanni Paolo Olivieri, forse solo un errore del computista (doc. 79, c. 48r; doc. 80, cc. 53, 110). In particolare, nel mandato del 14 maggio 1588 è specificato che sarebbero stati pagati duecento scudi agli scultori, Flaminio Vacca et Giovanni (?) Paolo Olivieri, «a conto delli due angeli di marmo che da essi si fanno per tener le nostre armi in su la fontana dell’acqua Felice a Termini in luogo di quelli di stucco che al presente vi si trovano» (doc. 80, c. 53). Dal documento apprendiamo la notizia che gli angeli in marmo avrebbero rimpiazzato i modelli in stucco. Approfittando dei ponteggi allestiti per il restauro della fontana del Mosè (restauro del 2007-2010 Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Roma) ho avuto occasione di osservare da vicino le statue dei due angeli (figg. 112-113). L’osservazione diretta mi ha persuasa sulla possibile attribuzione al Della Porta per l’angelo di sinistra (fig. 112), corrispondente al suo rilievo. L’attribuzione è ipotizzata anche da Gramberg e D’Onofrio (gramberg 1937, p. 280; d’onofrio 1986, p. 220). Ad un esame ravvicinato i due angeli risultano molto diversi: le folte ciocche ondulate, il panneggio aderente, l’espressione più naturale rendono l’angelo di destra più elegante, più rifinito nei dettagli e nel complesso più proporzionato rispetto al suo pendant. In alcuni dettagli, l’angelo di sinistra richiama lo scalpello di Della Porta. La resa asciutta e legnosa del panneggio è simile alla resa delle vesti delle figure del rilievo sottostante. La capigliatura, a ciocche larghe, così come le ali stilizzate che si chiudono in un semplice ovale richiamano alla mente gli angeli di Della Porta nella Basilica di San Giovanni in Laterano (fig. 34). Il collo taurino che marca i ritratti dei Dodici Cesari Borghese (figg. 66-77) è qui oltremodo enfatizzato. La gamba sinistra poco riuscita non giustificherebbe lo scalpello di Pietro Paolo Olivieri o del Vacca che invece è di certo, per armonia di linee, l’autore dell’angelo di destra (fig. 113). Credo sia uno di quei casi in cui i destinatari dei pagamenti non sempre coincidono con i reali esecutori delle opere e l’ipotesi diventa più plausibile se si pensa al fatto che nei lavori d’équipe non sempre vi è concordanza fra coloro che riscuotono il pagamento (a volte anche solo il capomastro) e le diverse mani impegnate nel cantiere.
13. Marcantonio Buzzi, Giovanni Battista Della Porta Stemma Caetani (fig. 46) 1589 Marmo bianco h 130 cm ca. Sermoneta, Castello Caetani, Sala dei Baroni
Lo stemma di Casa Caetani è attualmente conservato nella sala dei Baroni del Castello di Sermoneta. Nel documento, datato 17 novembre 1589, citato da Gelasio Caetani e relativo
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allo stemma realizzato da Marcantonio Buzzi, non compare il nome di Giovanni Battista Della Porta (ACR, Fondo generale, 177458: caetani 1933, p. 270, nota a). Secondo Gelasio lo stemma fu realizzato su disegno di Della Porta. Il documento citato è una lista dei «lavori di scarpello quali son fatti per servitio dello illustrissimo et eccellentissimo Signore Duca di Sermoneta fatti per mezzo Marcantonio Buzzi scarpellino fatti parte per Roma e parte mandati fora per commissione de m.re Francesco Volterra architetto della casa» in cui è menzionata «un arme di marmo di Lucha mandata fora di Roma alli cappuccini di Sermoneta con l’elmetto e la corona e tosone e sua impresa» (ACR, Fondo generale, 177458, già citato in negro 2007, p. 203, nota 33, la trascrizione parziale del documento di Gelasio Caetani è riportata in gori 2007, p. 79, nota 61). Dunque nella lista non compare lo scultore Della Porta ma l’architetto Francesco Capriani come stimatore dei lavori e così anche nella lista del 10 febbraio 1590 che segue il documento appena citato: «lista delli lavori di scarpello, quali sono fatti a Santa Pudenziana per commissione dell’illustrissimo et Reverendissimo cardinale Caetano et illustrissimo patriarca suo fratello fatti da maestro Marcantonio Buzzi scarpellino di poi l’ultima stima fatta da messer Francesco Volterra» (ACR, Fondo generale, 177458). Come scrive Gelasio Caetani, lo stemma fu collocato sopra la porta d’ingresso della chiesa di Santa Maria della Vittoria (ora distrutta), quando la salma di Onorato IV Caetani era stata trasportata a Sermoneta e tumulata al centro della navata con sopra la lapide ornata di bronzi: «fu collocato il bellissimo stemma di marmo di Lucha, eseguito dalla scarpellino Marcantonio Buzzi nel 1589 su disegno dello stesso Della Porta; esso nel 1900 fu da me trasportato nella grande sala della rocca di Sermoneta, avendo avuto notizia che volevano rubarlo. Si noti la caratteristica ed elegante forma data dal Della Porta alle onde Caetani tanto nello stemma quanto nei bronzi della tomba» (caetani 1933, p. 270, nota a). Nell’Archivio Caetani di Roma non vi è traccia del disegno. Il compenso al Buzzi, che sembra essere specializzato nella produzione di stemmi (fratarcangeli 2003, p. 96) di 60 scudi e 46 baiocchi induce a pensare che lo scalpellino abbia iniziato e concluso da solo il lavoro. Le linee dei simboli di Casa Caetani (le onde e le aquile) nei quadrati dello stemma conferiscono all’opera una forma aggettante che ne accentua la solennità. La firma del Capriani in qualità di stimatore dello stemma lascia ipotizzare la presenza vigilante dell’architetto nei lavori eseguiti da Marcantonio Buzzi. E forse in base a questo dato che Gelasio Caetani pensò al Della Porta come ideatore dell’opera. In effetti, per quel che riguardava i marmi e le sculture di Casa Caetani, al Capriani si affiancava sempre il Della Porta ed è dunque probabile che per lo stemma Caetani, come per la statua bronzea a Niccolò Caetani, il Della Porta abbia contribuito con un disegno; o ancora, più semplicemente, la bottega Della Porta può aver fornito la lastra antica di marmo, come avvenne per lo stemma Caetani destinato al campanile di Cassano allo Ionio dedicato al cardinale Bonifacio Caetani (fig. 47). caetani
1933, p. 270; brentano 1989, p. 186; fratarcangeli 2003, p. 96; Negro 2007, p. 203.
14. Giovanni Battista Della Porta Ritratto del cardinale Scipione Gonzaga (fig. 100) 1590 ca.
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Marmo bianco e rosso antico 90 x 65 x 28 cm San Martino dall’Argine, Santi Fabiano e Sebastiano, cappella di Santa Croce
In occasione della mostra I Gonzaga delle nebbie, curata da Roggero Roggeri e Leandro Ventura, è stato esposto, nell’ultima sala del Palazzo pubblico di Rivarolo Mantovano, il busto di Scipione Gonzaga, proveniente dalla chiesa dei Santi Fabiano e Sebastiano di San Martino dall’Argine. Nella scheda di Paolo Bertelli il busto viene presentato come di anonimo scultore del XVI secolo (bertelli, in roggeri - ventura 2008, p. 158, n. 48). Ho proposto l’attribuzione a Giovanni Battista Della Porta nel volume recente sulla scultura a Roma nel secondo Cinquecento (ioele 2012, pp. 163-166). L’ipotesi si basa su corrispondenze stilistiche con i ritratti noti dello scultore e su alcuni dati desunti dai documenti d’archivio. Dalla lettera, datata 19 aprile 1591, di mano proprio del cardinale Scipione Gonzaga, in quel momento a Roma e indirizzata al duca di Mantova Vincenzo I Gonzaga, si legge: «(…) il Cavalier Della Porta, persona molto intendente d’architettura e di statue et quello appunto dal quale io ebbi le due, che l’anno passato presentai a Vostra Altezza se ne viene in Lombardia chiamato dal Signor Principe Stigliano per la sepoltura del Signor Duca di Sabioneta, che sia in cielo, et perché egli ha fatto sempre professione di dipendere dalla casa Gonzaga desidera di esser conosciuto dall’Altezza Vostra per divotissimo servitore et de venire a bacciarle humilissimamente le mani, perciò ha voluto ch’io l’accompagni con la presente si come io fo supplicandole a vederlo volentieri come ella suol fare con tutti gli uomini virtuosi et a gradir quest’affetto dell’animo suo ch’io le ne resterò con particolar obligatione et Dio Nostro Signore conceda a Vostra Altezza perpetuo augumento la grandezza ch’io gliele auguro et con ogni umiltà le bacio le mani» (doc. 84). Si tratta di una lettera di raccomandazione per lo scultore Della Porta il quale, richiamato dal principe di Stigliano Luigi Carafa, rientrava in Lombardia per la costruzione del monumento a Vespasiano Gonzaga (cfr. scheda 17). Al Cavaliere, presentato da Scipione come «persona molto intendente d’architettura e di statue», sarà affidato tutto il progetto architettonico del mausoleo. Il cardinale Gonzaga conosceva dunque Della Porta in quanto scultore, architetto e ‘marmista impresario’ al quale affidarsi per l’acquisizione di pezzi e la costruzione del mausoleo per il cugino Vespasiano. Verosimilmente avrebbe potuto conoscere le sue doti da ritrattista decidendo di farsi immortalare in un busto da ergere poi sul monumento funerario. Considerevole è poi l’affinità stilistica del pezzo con gli altri ritratti noti dello scultore, in particolare con il busto di Onorato IV Caetani (fig. 41). Gli occhi hanno incisioni analoghe, dal doppio foro delle pupille e del fornice congiuntivale (più accentuati nel ritratto Gonzaga) alle linee delle palpebre. In entrambi i casi la barba è costruita con brevi segni interrotti di scalpello, meno profondi sulle guancie e più incise sul mento; allo stesso modo costruisce le arcate sopracciliari che nel volto di Onorato accompagnano la muscolatura appena evocata nel Gonzaga. Analogo l’ampio padiglione auricolare e l’inclinazione del lobo, le labbra chiuse ma non serrate. Entrambi i busti poggiano su un’identica base in breccia verde. Altri confronti rafforzano l’attribuzione: dalle pieghe della mozzetta in rosso antico che ricordano molto quelle del busto di Federico Cornaro (fig. 97) alla direzione dello sguardo verso destra come nel volto dell’Alciati (fig. 85). bertolotti 1885; benzoni 2001, vol. 57, pp. 842-854; furlotti 2003; bertelli, in roggeri - ventura 2008, p. 158, n. 48.
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15. Giovanni Battista Della Porta Ritratto del cardinale Federico Cornaro (fig. 97) 1591 Marmo bianco e rosso antico 75 x 70 cm ca. (busto), 527 x 211 cm (edicola) Roma, San Silvestro al Quirinale, controfacciata GREGORIUS XIIII PONT MAX | FEDERICO CORNELIO S.R.E. PRESB. CARD | EPISCOPO PATAVINO | HOC CONIUNCTISSIMAE AMICITIAE MONUMENTUM | POSUIT | ANNO M D LXXXXI PONT I
La memoria funebre del cardinale Federico Cornaro, addossata alla contrafacciata della chiesa di San Silvestro al Quirinale, fu interamente realizzata dagli scalpellini ticinesi Muzio Quarta e Melchiorre Cremona sotto la direzione dell’architetto Domenico Fontana. Lo scultore Giovanni Battista Della Porta fu pagato, a partire dal gennaio 1591, solo per la «testa di marmo del Cardinale Cornaro» con un compenso di ben 125 scudi (donati 1942, p. 41). I pagamenti si chiusero il 10 luglio 1596 e gli scalpellini, Muzio Quarta e Melchiorre Cremona, ricevettero 665 scudi (ibidem). La spesa affrontata dal pontefice Gregorio XIV non risultava particolarmente onerosa, come venne riferito anche al duca di Mantova Vincenzo Gonzaga in una lettera scritta da Tullo del Carreto il 19 ottobre 1591: «In fabbriche non ha speso altro che mille et ducento scudi nella cuppola di San Pietro, puochi danari nella sepoltura del cardinale Cornaro» (furlotti 2003, p. 187, doc. 127). Il monumento è formato da un’edicola di marmo bianco fiancheggiata da due pilastrini rastremati in basso; in alto il timpano spezzato conserva al centro il raffinato stemma di Gregorio XIV Sfondrati, sullo stesso asse verticale lo stemma della famiglia Cornaro. Nella parte inferiore vi è un’urna di marmo africano posta su un basamento recante l’iscrizione. Al centro dell’edicola, entro una nicchia, è posto il ritratto del Cornaro, con la testa in marmo bianco e il busto rosso antico. Il volto ieratico del cardinale, perfettamente levigato, dai lineamenti regolari ottenuti grazie all’uso della gradina, è incorniciato in un ovale su cui si erge un’erma. La differente mano degli scalpellini, così dichiaratamente riconoscibile nell’esuberante decorazione della cornice (fig. 96) rispetto alla sinteticità del busto, può spiegare il giudizio di Adolfo Venturi secondo il quale il sepolcro risultava: «complicato da troppe linee, da troppi drappi cadenti, da troppe mensole e volute» (venturi 1937, p. 562). Federico Cornaro, patrizio veneto, nacque nel 1530, fu cardinale di Malta, conseguì il priorato di Cipro, divenne vescovo di Trau nella Dalmazia poi di Bergamo e di Padova. A partire dal febbraio del 1562, prese parte ai lavori del concilio tridentino e a Bergamo si adoperò per l’applicazione dei decreti, intervenne poi ai primi quattro concili provinciali indetti da Carlo Borromeo. Il 18 dicembre del 1585, Sisto V gli diede la porpora cardinalizia di Santo Stefano nel Montecelio. Morì il 4 ottobre del 1590 e fu sepolto nel Duomo di Padova. A memoria di lui, il suo fedele alleato Gregorio XIV fece innalzare il mausoleo nella chiesa di San Silvestro al Quirinale, con epitaffio composto dallo stesso pontefice (moroni romano 1843, vol. 17, p. 144; frasson 1983, pp. 183-185). Pendant del monumento Cornaro è quello del giureconsulto Prospero Farinacci (famoso difensore di Beatrice Cenci) eretto nel 1618, che certamente deriva dal monumento Cornaro (donati 1939, p. 17).
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1843, vol. 17, p. 144; venturi 1937, p. 562; donati 1939, pp. 15-17; donati 1942, p. 41; frasson 1983, vol. 29, pp. 183-185; pressouyre 1984, pp. 95-96; leonardo 1997, pp. 269-300; furlotti 2003, p. 187, doc. 127. moroni romano
16. Giovanni Battista Della Porta Monumento ad Alessandro Guarnelli (figg. 10-11) post 1591 Marmo bianco, nero, giallo, breccia gialla h 190 cm Roma, Santo Spirito in Sassia, navata centrale, secondo pilastro a sinistra DOM. | ALEXANDRO . GUARNELLO | ROMANO EQUITI | LECTISS. EQUITUM . ORDINE . SANCTI LAZARI | ET ILLUSTRISS. AULAE . ALEX . FARNESII . CARD . | CVI . FUIT . A SCRIBENDIS . EPISTOLIS | POETAE . ETRUSCO | CUM LATINIS . VETERIBUS . CONFERENDO | OCTAVIUS . GUARNELLUS . PARENTI . OPT. POS. | VIXIT . ANN. LX | OBIIT . VIII. KAL . MAIAS . M . D . XCI
Il monumento funerario al cavaliere Alessandro Guarnelli (1531-1591) è collocato sul lato sinistro della navata centrale della chiesa di Santo Spirito in Sassia, addossato al pilastro che divide la seconda e la terza cappella. L’iscrizione funeraria è delineata da cornici in marmo giallo, nero e bianco ed è fiancheggiata da due grandi volute in marmo bianco. Al di sopra, un timpano spezzato termina con motivi a girali e custodisce al centro lo stemma aggettante del Guarnelli. Il disegno compositivo della memoria Guarnelli è fedele alla tipologia, diffusa non soltanto in ambito romano, della lastra tombale sormontata da timpano spezzato con al centro lo stemma gentilizio (o il ritratto del defunto), come i casi emblematici dei monumenti in commesso marmoreo a Pio IV (realizzato da Alessandro Cioli nel 1582, cfr. schiavo 1954, pp. 35-36, n. 48) e al cardinale Giovanni Antonio Serbelloni (1591) posti nell’abside di Santa Maria degli Angeli. L’attribuzione del monumento Guarnelli a Giovanni Battista Della Porta, qui discussa per la prima volta, si basa sul documento inedito, datato 14 aprile 1591, in cui si specifica che Lorenzo Fragni, medaglista parmense e amico di Della Porta, avrebbe dovuto riscuotere alcuni denari per conto dello scultore, in particolare: «Dalli heredi del signor Cavalier Guarnello se li ha speso per far l’opera della sua memoria scudi 59 et non si contentando la facciano stimare se ne è havuto scudi 30 a bonconto» (doc. 88, c. 496r). Si tratta di una lista di crediti che Della Porta consegna al Fragni affinché provveda alla riscossione dei compensi; fa seguito l’elenco delle «statue antiche et restaurate in qualche parte», utile alla ricostruzione delle vicende della collezione Della Porta. La necessità da parte dello scultore di conferire al Fragni il suddetto incarico è giustificata dal fatto che Della Porta, nei primi mesi del 1591, dovette lasciare Roma per andare in Lombardia, chiamato dal principe Luigi Stigliano per la costruzione del monumento al duca Vespasiano Gonzaga destinato alla chiesa dell’Incoronata a Sabbioneta (cfr. scheda 17). Il riferimento alla riscossione di 59 scudi dagli eredi del Cavaliere Guarnello «per far l’opera della sua memoria» è dunque da ricondurre con molta probabilità alla costruzione del monumento Guarnelli ora a Santo Spirito in Sassia che fu commissionato appunto a Della Porta dagli eredi del Guarnelli dopo la sua morte occorsa, come si legge nell’iscrizione, nel 1591. Inoltre, nel documento si cita il «cavalier
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Gaurnelli», Alessandro fu l’unico fra i Guarnelli ad essere insignito del titolo di cavaliere dell’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro come precisato nell’iscrizione, il ché rende univoca l’identificazione della memoria con quella conservata a Santo Spirito in Sassia. Le notizie biografiche sul Guarnelli raccolte da Russo lo identificano come un poeta colto, particolarmente legato alla figura del cardinale Farnese per tradizione familiare (russo 2003, pp. 405-407). Guarnelli divenne di fatto il segretario del cardinale Farnese e a questi dedicò la sua prima opera letteraria pubblicata nel 1554: la traduzione in ottave del primo Libro dell’Eneide. Torquato Tasso scrisse nel 1585 il sonetto Per te, Guarnello, la pietate e l’armi, con l’intento di celebrarne sia la traduzione del poema epico virgiliano sia la protezione farnesiana. Come ipotizzato da Russo, Guarnelli venne insignito dell’onorificenza di cavaliere forse per il tramite del Farnese, e poté vantare questo titolo già nel 1571, quando pubblicava, come «Cavalier Guarnello», due componimenti per la celebrazione della vittoria a Lepanto. forcella,
1869-1884, vol. 6, p. 402, n. 1239; 87-118: p. 89, nota 24.
russo
2003, pp. 405-407;
guerrieri borsoi
2008, pp.
17. Giovanni Battista Della Porta Monumento a Vespasiano Gonzaga (fig. 114) 1591 Marmo cipollino, serpentino, rosso di Siena, pietra di paragone, giallo antico, bianco di Carrara, africano antico, broccatello di Spagna, verde antico serpentino, pietra di paragone, moscato d’ardesia 600 x 395 cm (edicola), 163 x 55 x 120 cm (statua centrale) Sabbioneta, Incoronata
«(…) ed il mio corpo, quando piacerà al Sommo iddio di separar l’anima da quello, io voglio, ordino, e comando, che sai seppellito nella Chiesa dell’Incoronata dell’Ordine de’ Servi, con quella pompa funebre, la quale parerà alla infrascritta mia Figliuola, ed Erede sia tenuta, ed obbligata far fare in detta Chiesa un sepolcro di marmo, nel quale s’abbia da riporre il mio cadavere, per la costruzione del quale, ed ornamento di esso lei sia tenuta, ed obbligata spendere scudi mille cinquecento, oltre le pietre necessarie per ornamento di detto sepolcro, le quali a questi dì passati ho fatto condurre da Roma in questa città, e frattanto che si farà detto sepolcro, voglio che il mio corpo sia deposto in essa Chiesa, volendo ancora che nel luogo di detto mio sepolcro sia portata la Statua mia di bronzo, che di presente è sulla piazza di Sabbioneta; di più voglio, ed ordino, che detta mia Figliuola, ed Erede sia tenuta, ed aggravo a spendere in ornamento della Chiesa delli suddetti Frati, ed a decoro di essa, nella quale ho eletto la mia sepoltura, come di sopra, altri scudi duemila cinquecento» (affò 1780, pp. 57-58). Con queste parole il Duca Vespasiano Gonzaga diede ordine di essere seppellito a Sabbioneta nella chiesa dell’Incoronata; il 25 febbraio 1591 consegnò al notaio il suo testamento e il giorno dopo si spense. 1.500 scudi dovevano essere spesi per il sepolcro e il Duca aveva già ordinato da Roma i marmi necessari per l’ornamento. Altri 2.500 li avrebbe riservati per il ‘decoro’ della chiesa ospitante il mausoleo. La statua bronzea di Leone Leoni, raffigurante Vespesiano seduto su un’elegante
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sella curulis, in quel momento si trovava davanti al Palazzo Ducale, a destra della scala di accesso (ventura 1991, p. 58). A Giovanni Battista Della Porta, presentato da Scipione Gonzaga nella lettera, datata 19 aprile 1591, a Vincenzo Gonzaga, duca di Mantova, come «persona molto intendente d’architettura e di statue», sarà affidato tutto il progetto architettonico del mausoleo ivi compresa la decorazione scultorea. Il monumento sabbionetano è, infatti, il risultato concreto del legame fra i Gonzaga e lo scultore che aveva «fatto sempre professione di dipendere dalla casa» (doc. 84). Chiamato dal principe di Stigliano Luigi Carafa – marito di Isabella, unica figlia di Vespasiano – nell’aprile 1591, Della Porta rientrava in Lombardia. Forte delle esperienze romane in campo architettonico, l’artista nel disegno del monumento sabbionetano seguirà lo schema dell’amico Francesco Capriani per la tomba Caetani a Loreto (fig. 36) giocando sull’accostamento e sulla policromia dei marmi colorati. Aveva già sperimentato l’espediente del timpano spezzato nel monumento Alciati (fig. 84) e nell’altare della cappella della Pietà in Santa Maria dei Monti (fig. 101) e tali esperienze gli valsero ad acquisire una maggiore padronanza dei mezzi in virtù di un risultato formale più dinamico e di possente vigore; scompare la bidimensionalità dei precedenti progetti a favore di una maggiore tensione verso l’alto dell’intera struttura. Il mausoleo costruito in marmi policromi è suddiviso in tre nicchie di cui quella centrale, fra due colonne di serpentino con capitello corinzio, contiene la statua di Vespasiano; ai lati le statue della Giustizia e della Fortezza (schede 20a-b). La nicchia centrale ha una trabeazione con timpano spezzato e ornato dallo stemma in bronzo di Vespasiano; le due nicchie laterali terminano con un acroterio angolare portante un vaso con fiamme. Il sarcofago è posto su di un alto basamento, l’arca presenta due sostegni a zampa leonina ed è sormontata da due volute che trattengono un drappo, al centro è incastonato un elmo in bronzo, forse non previsto inizialmente – in data imprecisata il marmo venne poi trapanato per contenere l’elmo. L’opera comunica con lo spazio circostante attraverso un chiaro equilibrio cromatico, i riverberi della luce provenienti dalle due fonti principali: la lanterna della cupola e l’oculo al centro dell’arco della parete retrostante creano un sapiente gioco luministico che stupisce il visitatore inavvertito dalla sobrietà esterna dell’Incoronata. Mentre la statua di Niccolò Caetani di Loreto che proprio il Della Porta commissionò al Calcagni ha misure e proporzioni perfettamente speculari al complesso architettonico e lascia vuota la parte superiore dell’arco centrale, Della Porta costruisce per Vespasiano una nicchia più piccola, soprattutto alla base, rispetto alle dimensioni della statua bronzea. Un espediente o un’imprecisione? Vero è che il dinamismo della statua leoniniana dato dall’energico gesto del braccio proteso che pare avanzare verso lo spettatore è oltremodo enfatizzato. Giuseppe Merzario cita erroneamente il mausoleo come opera di Gian Giacomo Della Porta: «L’esimio scultore Gian Giacomo della Porta ricevette invito nel 1591 a Sabbioneta a preparare una nobile sepoltura al suocero suo Vespasiano Gonzaga, signore di quella terra; la sepoltura sorse ricca ed elegante nella chiesa dell’Incoronata fatta erigere dallo Stigliano; Leone Leoni fuse in bronzo la figura di Vespasiano, che è intera e sta nel mezzo» (merzario 1893, p. 134). Riportarono tale attribuzione Vittorio Matteucci (matteucci 1902, p. 230) e Adolfo Venturi (venturi 1937, p. 442); Gian Francesco Marini (marini 1914, p. 240) invece cita l’opera come del Cavaliere Giovanni Battista Della Porta. affò 1780; merzario 1893, p. 134; marini 1914, p. 240; matteucci 1902, p. 230; venturi 1937, p. 442; marani 1965, p. 139, note 83-86; bertolotti 1885, p. 75; chambers - martineau 1981, pp. 3-13; asinari 1991, p. 28; ventura 1991, pp. 56-59; asinari 1999, pp. 15-17; barbieri, in gatti perer 1995, pp. 75-77; furlotti 2003, p. 181, doc. 115; cupperi 2005, pp. 594-598; ventura 2008, p. 115, n. 28.
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17a. Giovanni Battista Della Porta Fortezza (fig. 116) 1591 Marmo bianco 107 x 51 x 35 cm Sabbioneta, Incoronata, part. del monumento a Vespasiano Gonzaga
Collocata nella nicchia sinistra del Mausoleo di Vespasiano Gonzaga, la statua rappresenta allegoricamente la fortezza. Con la mano destra afferra un fusto di colonna e con la sinistra si regge su di un sostegno. Leggermente flessa è la gamba sinistra e il piede fuoriesce appena dalla veste. Il bordo della tunica di foggia romana scende sulla spalla sinistra e lascia scoperto il seno. Il capo è coperto dal panneggio le cui pieghe sono modulate solo sul bacino che accentuano il leggero sfiancamento. Secondo Adolfo Venturi le due figure della Giustizia e della Fortezza hanno: «pieghe cordonate al modo proprio di Tommaso da Lugano, scultore sansovinesco in Venezia» (venturi 1937, p. 562). Probabilmente Venturi aveva in mente il panneggio ‘alla lombarda’ del San Girolamo dell’Altare Priuli dove lo scultore, citato anche come Tommaso Lombardo «ha poco a che fare con le sfaccettature derivate da Andrea del Sarto di Sansovino, e sembra in sintonia con il classicismo paludato degli scultori lombardi attivi a Roma a fine Cinqucento (Ambrogio Bonvicino, Giovan Antonio Paracca o Giovanni Battista Della Porta)» come scrive extermann 2008, p. 127. Il panneggio della Fortezza, lavorato a superfici lisce, è poco ricercato e fin troppo convenzionale. Della Porta, infatti, rispetto alle soluzioni già sperimentate nelle due allegorie del monumento Caetani di Loreto (figg. 37-38), sembra fare un passo indietro. Il risultato è certamente a vantaggio della maestosità della statua centrale di Leone Leoni che rappresenta Vespasiano Gonzaga che avrebbe acquistato maggiore risalto se fiancheggiata da due statue ridotte e con chiara funzione allegorico-decorativa.
17b. Giovanni Battista Della Porta Giustizia (fig. 115) 1591 Marmo bianco di Carrara 115 x 47 x 28 cm Sabbioneta, Incoronata, part. del monumento a Vespasiano Gonzaga
Statua allegorica del monumento a Vespasiano Gonzaga, in origine probabilmente era decorata con gli attributi della giustizia e quindi nella mano destra avrebbe retto una spada, mentre con la sinistra una bilancia. Il dinamismo, enfatizzato dal braccio sinistro alzato che fuoriesce dalla nicchia, è leggermente accentuato rispetto alla statua della Fortezza, suo pendant, e il panneggio appena disegnato è di certo meno convenzionale. La capigliatura, dalle folte ciocche ondulate, ricorda la maniera di Tommaso Lombardo e le linee della Madonna di Tommaso da Lugano appartenente al gruppo con il Bambino e San
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Giovannino (Venezia, Chiesa di San Sebastiano, cappella Melio) eseguita prima del 1555 (foscari 1995, p. 142; extermann 2008, p. 129). In effetti, il modello di Della Porta, senza dubbio prossimo alla maniera di Jacopo Sansovino, credo possa essere individuato nelle opere degli allievi del Sansovino che avrebbe potuto osservare nei suoi viaggi al Nord.
18. Giovanni Battista Della Porta Ritratto di Onorato IV Caetani (fig. 41) 1592 Marmo bianco, diaspro, verde, giallo antico 56 x 63 x 26 cm (busto) 20 x 20 x 20 cm (piedistallo) Roma, Palazzo Caetani, Fondazione Camillo Caetani
Nell’analisi complessiva della produzione scultorea di Giovanni Battista Della Porta sinora nota, il busto di Onorato IV Caetani assume, per l’alta qualità esecutiva, un posto di rilievo. Non è nota la data di commissione dell’opera né il compenso per lo scultore; pochi documenti sono riferibili al ritratto. Il primo, purtroppo senza data, è un «Sumario de quello che Li eredi del Cavaliero della Porta deve abere dalli Ill.mi Sig.ri Gaetani como si chiarirà a cosa per cosa» (doc. 106). Si tratta di una breve nota in cui sono elencati i lavori del Cavaliere per i Caetani fra cui quelli stimati da Pietro Paolo Olivieri per la decorazione della cappella Caetani in Santa Pudenziana. Chiude la lista il «retrato fatto per la ecc.za del Sig:duca Onorato». Che si tratti di una semplice nota lo si deduce anche dall’assenza di cifre sul lato destro del foglio; manca dunque la stima del pezzo ma la buona fattura lascia ipotizzare un compenso oneroso per lo scultore. Della Porta purtroppo non fece in tempo a riscuotere il guadagno poiché morì nell’ottobre del 1597 e furono gli eredi, i fratelli di lui, Tommaso e Giovanni Paolo, a risolvere le ultime trattative economiche con il nobile casato come indicato anche nel titolo della nota. Al di là della natura del documento esso assume un certo peso nell’attribuzione e la paternità del pezzo al Della Porta giustifica il giudizio del Baglione secondo il quale lo scultore: «faceva de’ ritratti assai bene» (baglione 1642, vol. 1, p. 74. Baglione non menziona però i lavori dello scultore per i Caetani). Il secondo documento invece è L’Instrumentum Ampliationis Primogeniturae del 7 novembre 1621 (picozzi 1992, pp. 237-238; picozzi 2007, p. 269, nota 13) di cui esiste una copia in Archivio Ceatani (ACR, Miscellanea 95/22, cc. 81-84, citata da picozzi 2007, p. 269, nota 13; negro 2007, p. 204, nota 41; la trascrizione del documento è in gori 2007, pp. 195-196). Si tratta dell’inventario di Palazzo dell’Orso, redatto nell’ultimo periodo di residenza dei Caetani, relativo all’ampliamento della primogenitura e fidecommesso voluto dal cardinale Antonio II Caetani insieme ai nipoti, il duca Francesco IV, il cardinale Luigi ed Onorato V (picozzi 2007, p. 268). Sotto la voce «Statue» sono indicate una novantina di sculture fra cui: «un altro fauno ignudo del natural di palmi otto e mezzo di altezza compagno del primo et più tre testine de putti con suo petto et peduccio. Un retratto del signor Duca di Sermoneta Honorato con suo petto, et tosone con peduccio, Una figura di un Mercurio ignudo intiero di sette palmi circa» (AC, Miscellanea, 95/22, c. 81). Dalle liste delle statue si deduce che il busto di Onorato sarebbe stato esposto accanto ad altre statue antiche, fra cui busti e rilievi. Come già intuito da Maria Grazia Picozzi, l’intento dei Caetani proba-
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bilmente era quello di avere nel Palazzo dell’Orso una galleria di uomini illustri, antichi imperatori, filosofi e poeti fra i quali ebbe posto anche Onorato IV Caetani (picozzi 2007, p. 269). Il busto è puntualmente descritto anche nell’inventario di Palazzo Caetani del 1688: «Una testa con busto di marmo colorito d’oro, con una cinta à traverso le spalle di diaspro rosso, con corazza, in su le spalle una testa di leone, con piedestallo tondo di pietra verde, d’altezza p.mi 31/2 in circa» (il passo è citato in picozzi 1995, p. 103, nota 70). Il ritratto è stato sottoposto nel 2010 ad un eccellente restauro di manutenzione curato da Alessandri Restauri s.r.l., sotto la direzione di Alessandra Alessandri e la collaborazione di Tanja Priebe. Il restauro ha riportato in luce la reale cromia dei materiali ed ha consentito di tutelare l’opera da un grave stato d’instabilità, evidenziandone le lesioni alla base, del tutto invisibili nella collocazione precedente (appartamento al piano nobile di Palazzo Caetani sede dell’Ambasciata del Brasile). Il rilievo storico del personaggio Caetani giustifica le scelte formali dello scultore. Onorato IV Caetani (1542-1592), duca di Sermoneta, sposò Agnesina Colonna, divenendo il cognato di Marcantonio IV Colonna. Nominato capitano generale delle fanterie pontificie, Onorato aveva combattuto tenacemente nella battaglia di Lepanto contro i Turchi (almeno sino alla seconda spedizione del 7 ottobre 1571), dimostrando la rettitudine morale del ‘buon cristiano’; ciò gli valse non solo la menzione di Torquato Tasso, fra gli italiani illustri, nei versi della Gerusalemme conquistata, ma anche il riconoscimento, tanto ambito, di Filippo II di Spagna, nell’investitura dell’ordine del Toson d’Oro e, al seguito, ‘laude immortali’ di principi d’Italia e d’Europa. Costruito in un sapiente equilibrio cromatico, il ritratto restituisce l’effigie del duca in una forma più duratura e tangibile di quanto avrebbe fatto un corrispettivo in pittura, e si annovera fra i pochi busti in marmo della ricca collezione di ritratti dei Caetani. Onorato è rappresentato con una sontuosa lorica squamata, spallacci ornati di teste leonine, la fusciacca elegantemente annodata, e una ricca lattuga di foggia spagnola. I lineamenti del viso, leggermente volto a sinistra, disegnano l’imperturbabilità del condottiero valoroso. La barba, segno di virilità e rettitudine morale secondo Pio V, è costruita con brevi segni interrotti di scalpello, meno profondi sulle guance e più incise sul mento. Le arcate sopraciliari accentuano i grandi bulbi oculari, l’iride è cesellato da una doppia trapanatura. La raffinata fattura della medusa scolpita sul petto, che doveva essere nascosta dal ciondolo dell’ariete, presuppone la realizzazione del busto per sovrapposizioni dei materiali. L’analisi tecnica, effettuata nel corso del recente restauro, conferma la composizione del ritratto per assemblaggio di pezzi autonomi: il piedistallo in verde antico, la corazza in marmo bianco, la fusciacca in diaspro e il collare in marmo giallo, e infine la testa e la lattuga sono un blocco unico di marmo bianco. La colonna su cui poggia il busto è in gesso (finto marmo). La collana in marmo giallo, a maglie quadrate e ovali, sarebbe dovuta terminare con il vello d’oro: un ciondolo a forma di ariete simbolo dell’onorificenza del Toson d’oro, oggi disperso. Una foto pubblicata nella Domus Caietana (fig. 42), dimostra che fino al 1933 il busto era ancora provvisto del prezioso ciondolo. Come osservato dalla restauratrice, la collana presenta fratture e pezzi mancanti nella parte anteriore, forse dovute al trafugamento del ciondolo. In particolare, la sezione anteriore destra sembra essere stata rincollata in epoca moderna: si nota infatti la presenza, sotto le maglie, del mastice originale di colore grigio (identico a quello visibile nella parte corrispettiva sinistra) a cui si sovrappone un altro tipo di mastice di colore giallo di difficile datazione. Sempre in questa sezione della collana si notano alterazioni cromatiche di colore rossastro dovute ad una trasformazione della materia in seguito a combustione, alle quali corrispondo due fratture. Inoltre, la sezione sinistra non è complanare con la sezio-
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ne destra: un’anomalia che può essere giustificata solo da un intervento di assemblaggio grossolano e sicuramente successivo all’esecuzione dell’opera. La restauratrice ha infine osservato la posizione fuori asse di una maglia della collana, sulla spalla destra, che devia la curvatura disegnata dalla sezione posteriore; quest’ultima risulta invece meglio conservata, perfettamente allineata nella concatenazione delle maglie che ben aderiscono al marmo bianco. Nell’analisi complessiva dello stato di conservazione, e nei saggi di pulitura, è stata rilevata la presenza di una ceratura antica che ha protetto l’opera. Si è resa necessaria solo la rimozione del particolato atmosferico, effettuata tramite pulitura con soluzione leggera di carbonato di ammonio diluito in acqua. Il bordo inferiore della corazza, particolarmente sporco, è stato trattato con un impacco in polpa di cellulosa lasciato in posa per trenta minuti. È stata rilevata una lesione importante sul piedistallo in verde antico e microfratture sulla fusciacca, sulla corazza e sulla collana. Un quarto della circonferenza della base, nella parte posteriore, era infatti costituito da un frammento non assemblato al resto, facilmente rimovibile, che comprometteva la stabilità dell’opera. Il pezzo è stato fissato al perno originario ed incollato con resina per marmo. Le lacune della base sono state integrate con stuccature di resina, pigmenti e polvere di marmo. Sono state effettuate stuccature del marmo bianco nel punto di congiunzione tra piedistallo e busto, mentre le microfratture su tutta la superficie sono state stuccate con polvere di marmo, granelli di travertino, carbonato di calcio e calce (composta da calce idraulica più grassello) poi integrate con acquerello e quindi tonate per il marmo. Il mastice sottostante al collare è stato livellato nella parte sinistra. Infine è stata applicata una ceratura all’opera e alla base. Guardando agli altri ritratti noti di Della Porta (Francesco Alciati a Santa Maria degli Angeli, Federico Cornaro a San Silvestro al Quirinale, figg. 85, 97) il busto di Onorato, per l’alta qualità esecutiva, è certo opera matura dello scultore. La manifattura del busto di Federico Cornaro (1591) credo vada anteposta al busto del Caetani che rivela una più acuta maturità nelle cesellature. Prendendo come termine post-quem la costruzione del monumento sabbionetano (1591) e il busto Cornaro (1591), la forbice cronologica per la datazione del ritratto di Onorato si stringe sullo scadere del 1592, pertanto dopo la morte del Caetani (9 novembre 1592). La datazione proposta invece da Angela Negro oscilla fra il 1587 e il 1592 (Negro 2007, p. 205), riferendosi, per l’anno 1587, al momento in cui Onorato ricevette l’onorificenza del Toson d’Oro. caetani 1933, p. 129; de caro 1973, pp. 205-209; picozzi, in pietrangeli 1992, pp. 237-238; picozzi 1995, p. 103, nota 70; negro, in fiorani 2007, pp. 193-235; picozzi, in fiorani 2007, pp. 267-282.
19. Giovanni Battista Della Porta Lastra tombale di Onorato IV Caetani (fig. 45) 1592 Marmo bianco, inserti in bronzo 256 x 166 cm Roma, Santa Pudenziana, navata sinistra DOM | HIC IACET | HONORATUS | CAETANUS | DUX SERMONETA ET | EQUES VELLERIS AVREI | QUI IN NAUPACTAE VICTORIA | CONTRA TURCHAS | FUIT IN CLASSE PON-
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TIFICIA | UNIVERSI PEDITATUS | CAPITANEUS GENERALIS | ORATE DEUM PRO EO | OBIIT DIE NONA NOVEMBRIS | MDLXXXXII | ANNUM AGENS QUINQUAGESIMUM
Il duca Onorato IV Caetani fu sepolto nella chiesa di Santa Maria della Vittoria a Sermoneta e sopra la tomba fu collocata la lapide ornata di bronzi realizzata da Giovanni Battista Della Porta (caetani 1933, p. 270). Lo scultore fu pagato, a fine gennaio 1593, 150 scudi, come indicato nel Libro Mastro «Cav. Giovanni Battista della porta deve adi 27 du gennaio scudi centocinquanta di moneta ha havuti dal sig. Castellano Pinelli a conto della lapide che fa per la sepoltura del Duca nostro bona memoria» (ACR, Mastro 1, c. 51, la segnatura archivistica è citata in caetani 1933, p. 270, nota a) ricevendo un totale compenso di 250 scudi. I bronzi sulla lapide evocano la partecipazione del Duca Onorato alla battaglia di Lepanto (7 ottobre 1571); la stessa chiesa di Sermoneta, oggi distrutta, dove Onorato fu sepolto, venne eretta in adempimento del voto fatto dal Duca durante la battaglia (caetani 1933, p. 270). La morte di Onorato IV Caetani (28 novembre 1592) fu celebrata a Roma con solenni esequie nella chiesa di Santa Maria in Aracoeli. Sotto la direzione dell’architetto di Casa Caetani, Francesco Capriani da Volterra, nella navata centrale della chiesa, fu innalzato un grande catafalco a più livelli con statue agli angoli, «i ricchi drappeggi, appesi alle pareti della Chiesa e sul tumulo, erano cosparsi di centinaia di stemmi dipinti a mano con le armi gentilizie, con croci e teste di morto e con l’emblema del Toson d’Oro. Ai piedi del monumento il pittore Annibale dipinse la storia dei profeti», come scrive Gelasio Ceatani (ibidem, p. 269). Il racconto di Gelasio Caetani lascia immaginare la composizione del catafalco: un’opera imponente e maestosa come dimostrano anche i generosi pagamenti per l’architetto e per i falegnami. Nell’inventario Caetani si leggono altre annotazioni di Gelasio: «Furono dipinti in numero grandissimo di stemmi e di emblemi della morte col teschio e le ossa incrociate: un migliaio furono stampati e poi colorati a mano ed altre centinaia furono dipinti su grandi fogli di carta e appesi nelle pareti della chiesa sui drappeggi e sul catafalco alla base del quale Annibale dipinse la storia dei profeti» (ACR, Inventario Cronologico, vol. 22, doc. 22751-2 del 28 novembre 1592). Dopo la cerimonia, la salma fu trasportata a Sermoneta e tumulata al centro della navata di Santa Maria della Vittoria, con sopra la lapide ornata di bronzi. Al di sopra della porta d’ingresso, fu collocato lo stemma in marmo, eseguito dalla scalpellino Marcantonio Buzzi nel 1589 (fig. 46) probabilmente su disegno dello stesso Della Porta (cfr. scheda 13); trasportato poi nel 1900 da Gelasio Caetani nella grande sala della rocca di Sermoneta per preservarlo da atti vandalici (caetani 1933, p. 270). Sul trasferimento della salma voluto dal padre di Gelasio Caetani e sulle manomissioni subite dalla tomba, Gelasio lascia un puntuale scritto: «Onorato riposò indisturbato per quasi tre secoli, finché, verso il 1885, alcuni malvagi di Sermoneta penetrarono di notte nella chiesa, oramai da anni abbandonata infransero la lapide, ne svelsero i bronzi e, aperta la cassa del morto, ne sparpagliarono le ossa sul pavimento per rubare i pochi ori che forse ornavano la salma» (ibidem). Ancora più precisi sono gli appunti nell’inventario: «verso il 1880 la tomba fu violata, l’armatura di Onorato ed i bronzi della lapide furono rubati e le ossa sparpagliate per il pavimento della chiesa deserta. Pochi giorni dopo Ada Wilbraham, Duchessa di Sermoneta avuto notizia del misfatto, penetrò con sua sorella Lady Crawford nella chiesa e costatato il fatto diede ordini che la lapide e le ossa fossero trasportati a Cisterna. Il pittore Rossignani amico della famiglia, si incaricò di questo pietoso dovere. Le ossa e la lapide rimasero per molti anni nella cameretta ove è la lapide di Clemente XIII. Nel 1900 furono trasportate a S. Pudenziana. Le ossa rinchiuse
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in una cassetta di noce con un’iscrizione su lastra d’argento furono chiuse nel camerino a destra dell’entrata della cappella e la lapide fu murata nella chiesa. Lo scultore Ferrari riprodusse i bronzi da due pezzi che erano stati rinvenuti dalla Duchessa. Il Sig. Fitzhenry comprò la maggior parte dei bronzi rubati a Parigi e li donò al Victoria and Albert Museum a Londra ove ora stanno» (ACR, Inventario Cronologico, vol. 22, tombe 1592). In questa nota Gelasio indica il luogo in cui ancora oggi si conservano gli originali bronzi che raffigurano stemmi e trofei militari di Della Porta e ci fornisce il cognome dell’esecutore delle copie sostitutive che può essere identificato con Ettore Ferrari. Nella Domus Caietana inoltre Gelasio specifica quali sono i bronzi realizzati dal Ferrari; partendo dall’aquila dell’angolo in alto a sinistra e continuando in senso orario Gelasio indica i numeri 2, 4, 7, 9, 11, 13, 15, 17 (caetani 1933, p. 270, nota c). Al di là delle manomissioni che ne hanno alterato le linee, nel complesso Della Porta, con il suo fare rigoroso e cadenzato, realizzò un’opera in marmo, con inserti in bronzo, tanto solenne quanto austera; il bronzo poi fu utilizzato solo in questa circostanza. caetani
1933, pp. 269-270; brentano 1989, p. 186.
20. Giovanni Battista Della Porta Decorazione marmorea della cappella Caetani (figg. 48-52) 1593-1597 900 cm x 1400 cm x 700 cm Roma, Santa Pudenziana, navata sinistra
Il cardinale Enrico Caetani (1550-1599), nominato canonico di Santa Pudenziana il 15 gennaio 1586 (caetani 1933, p. 325), avviò lavori di ristrutturazione della Basilica edificando, sul luogo più antico, il sacrario di famiglia. Come giustamente scrisse Renzo Ugo Montini, chi entra oggi nella cappella Caetani, così adorna di marmi preziosi, di statue, bassorilievi, stucchi e mosaici difficilmente può pensare di trovarsi nell’ambiente più antico di tutta la chiesa, in quell’oratorio del Pastore che fu probabilmente il primo locale della domus di Pudente adibito al culto cristiano, prima ancora che fosse ridotta a basilica la sala termale (montini 1959, p. 32). Sontuoso esempio di architettura privata, riflesso del gusto antiquario e raffinato del committente, la cappella balza agli occhi del visitatore inavvertito dalla sobrietà della Basilica che la accoglie (fatta debita eccezione per il mosaico absidale). Il sacello conserva ancora oggi l’assetto di primo Seicento restituito dall’architetto Carlo Maderno in quella fase dei lavori definita da Oreste Ferrari «il secondo tempo della cappella Caetani» (ferrari 1996). La cappella è impostata su uno spazio principale a pianta rettangolare, integrato da un atrio e da una scarsella, entrambe a pianta rettangolare e volta a botta; lo spazio centrale è sormontato da una pregevole volta a stucchi con mosaici. Sul pavimento, lo stemma Caetani. Le pareti sono scandite da otto lesene per le quali si è scelto un rivestimento costituito da una sola campitura di marmo; alle lesene corrispondono quattro arconi che conferiscono un aspetto trionfale all’insieme. Elaborato è l’arredo di rilievi e intarsi marmorei inseriti nell’ossatura di fasce e lesene che raffigurano aquile con panni, angeli
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con serti, elementi ovali, croci con monti, vasi con spugne e sangue di Cristo. Ai lati dello spazio centrale i due monumenti seplocrali del cardinale Enrico e del patriarca Camillo, quest’ultimo poi sostituito da quello del duca Filippo Caetani. La trabeazione e il timpano spezzato coronano l’altare sul quale è posta la pala marmorea di Pietro Paolo Olivieri; sul fine bassorilievo è raffigurata l’Adorazione dei Magi con un ampio paesaggio marino che si apre nel fondo (l’opera fu rifinita dai parenti dello scultore fra i quali Marcantonio Olivieri e lucidata nell’agosto 1599 da un tal Giovanpietro lustratore: caetani 1933, p. 325). Nella parte alta del finissimo rilievo s’intravedono galee dalle vele spiegate e un’aquila in volo con una corona d’alloro, chiaro riferimento allo stemma del Casato e alla celebre battaglia di Lepanto che ebbe fra i condottieri un esponente Caetani: il duca Onorato IV, capitano generale delle truppe pontificie imbarcate sulla squadra del cognato Marcantonio Colonna. Celebri sono le colonne di lumanchella che incorniciano l’altare, messe in opera da Della Porta come riferito in una lettera di mano dello stesso scultore (doc. 92). Giovanni Antonio Paracca, detto il Valsoldino, contribuì anche alla decorazione marmorea, fu autore di due angeli in marmo, di uno stemma, di un bassorilievo posto in uno dei monumenti sepolcrali con al centro un serafino e ai lati festoni e aquile (come attesta il documento datato 11 novembre 1600, stimato da Giovanni Battista Bianchi e Silla Longhi in cozzi beccarini 1976, pp. 153, 158, doc. I; sul Valsoldino cfr. pressouyre 1984, p. 442). Lo scultore fiammingo Guglielmo Mido scolpì il cherubino in marmo con due aquile, posto sulla sepoltura di destra, simile a quello eseguito da Giovanni Antonio Paracca, il Valsoldino, sopra la sepoltura di sinistra (lavori stimati da Silla Longhi e Carlo Maderno, caetani 1933, p. 325; gori 2007, p. 85). Sculture che probabilmente andarono distrutte nel 1668, quando alla tomba del patriarca Camillo fu sostituita quella del duca Filippo (caetani 1933, p. 325). Alla cappella lavorarono anche lo scalpellino Francesco de’ Rossi (documentato a Roma fra il 1577-1605; lombardi 1993, p. 556) e lo stuccatore Stefano Fucheri (documentato a Roma dal 1581 al 1598; ibidem, p. 558). Il 29 aprile 1601 aprile 29 viene pagato Matteo Castello (documentato a Roma fra il 1588-1612 e in Polonia nel 1632) per l’epitaffio della sepoltura del cardinale Enrico (ACR, Fondo generale, 153168; su Matteo Castello cfr. ibidem, p. 554). Nelle quattro nicchie ai lati dei due monumenti sepolcrali si trovano le statue delle virtù cardinali: la Prudenza (del lorenese Claude Adam), la Fortezza (Giovanni Antonio Mari), la Giustizia (Vincenzo Felici) e la Temperanza (Carlo Malavista), tutte eseguite verso il 1650 (montini 1959, p. 81). Il sacello è stato oggetto di studi specifici riguardanti la storia dell’edilizia ecclesiastica e privata e l’uso invalso, nella Roma di fine Cinquecento, di pietre dure e marmi commessi. Degni di nota sono gli studi di Antonietta Cozzi Beccarini (1975), di Alberto Di Castro (1994), di Robert Senecal (1995), di Oreste Ferrari (1996-1999), Laura Marcucci (1999), Maria Giulia Aurigemma (2004) e di Enrico Parlato (2007). Gli studi di Antonietta Cozzi Beccarini, condotti principalmente presso l’Archivio Caetani di Roma, hanno messo in luce molte novità archivistiche sulla cappella ed i recenti studi di Laura Gori inquadrano il cantiere scultoreo nella cornice storica della committenza (gori 2007, pp. 66-93 ed ead., 2012, pp. 263-298). Ben più delineata è ora la nutrita équipe di cui Francesco Capriani da Volterra e Giovanni Battista Della Porta furono i principali protagonisti almeno fino allo scadere del XVI secolo. Della Porta aveva già eseguito per i Caetani la tomba a Loreto per il cardinale Niccolò, il busto di Onorato IV e ora, nel ruolo di architetto e ‘marmista appaltatore’, appellativo datogli da caetani 1933, p. 325, fu chiamato per i lavori di muratura, il rivestimento marmoreo e la decorazione minuta. Nei disegni dell’architetto Capriani, discussi da Cozzi Beccarini (1976), conservati a Stoccolma, tale decorazione non
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era prevista, salvo cartelle ed «ovati» schematici appena accennati. Considerazione che lascia ipotizzare l’importanza del ruolo dello scultore anche nella fase progettuale. Come già indicato da Cozzi Beccarini è necessario tener presente però che se Giovanni Battista Della Porta era un eccellente scultore, anche il Capriani vantava ottime qualità nel settore e Giorgio Vasari, nell’edizione giuntina delle sue Vite (1568), a proposito di un lavoro del Capriani per Cesare Gonzaga scrisse: «ha ottimamente d’ebano e d’avorio lavorato un Francesco Volterra, che in simili opere non ha pari» (cozzi beccarini 1976, p. 51, la fonte è citata alla stessa pagina) come confermano gli studi di marcucci 1989. Dal 1593 al 1594 in quello stesso cantiere troviamo anche il pittore Cristoforo Roncalli e Antonio Circignani (e non Federico Zuccari come erroneamente indicato in Mancini e Baglione; cfr. gori 2007, p. 87) impegnati nei cartoni per i mosaici della volta. Probabilmente vi fu anche Annibale Corradini, registrato nei libri contabili «come pittore della Casa» (Gori 2007, p. 87). Fra gli stuccatori invece, Stefano Furcheri e Ambrogio Buonvicino lavorarono rispettivamente agli stucchi che incorniciano i mosaici della volta e alle armi (ibidem, p. 89). Molti anche gli scalpellini, scultori e fonditori che parteciparono all’impresa i cui nomi sono stati recuperati da gori 2007, p. 89. È presente Bastiano Torrigiani (petraroia 1993, p. 565; lamouche 2012), impiegato per la realizzazione di alcuni capitelli di bronzo, gli scalpellini Marco Stati, Francesco de’ Rossi, Stefano Longhi (fratarcangeli 2003, p. 103-104), Pace Naldino, Matteo Castello, Stefano Buzio (cfr. le voci curate da lombardi 1993, pp. 554, 556, 551; su Stefano Buzzi cfr. la nota biografica di fratarcangeli 2003, pp. 96-97). Un’équipe eterogenea dunque per la più impegnativa e onerosa impresa Caetani diretta da Francesco Capriani per la struttura architettonica, Stefano Furcheri per la decorazione in stucco e da Giovanni Battista Della Porta per l’arredo marmoreo. Non sono pochi i documenti relativi alla partecipazione di Della Porta (la maggior parte sono trascritti nel contributo di cozzi beccarini 1976, pp. 155-158) ai quali si aggiungono i dati di una fonte coeva al cantiere: si tratta del primo Libro Mastro di Casa Caetani conservato presso l’Archivio Caetani di Roma in cui sono registrati i pagamenti per lo scultore elargiti fra gli anni 1593-1595 (ACR, Libro Mastro 1, 1593-1597; gori 2007, pp. 87, 91). Nonostante gli altri documenti inerenti la risoluzione delle trattative economiche siano datati all’inizio del Seicento, è plausibile che alla morte dello scultore (4 ottobre 1597) almeno l’assetto dell’arredo marmoreo era già stato ultimato. Nei pagamenti sono indicati i marmi pregiati che Della Porta forniva agli scalpellini e che spesso trasportava nella sua abitazione prima di lavorarli nella fabbrica. A volte sono precisati anche i venditori di marmi, come in questa nota: «marmi compri da Riscelai pagati al Cavalier della Porta» (gori 2007, p. 90). Cozzi Beccarini trascrive in appendice un documento che si riferisce alla diretta partecipazione nel cantiere dei fratelli di Giovanni Battista: Tommaso e Giovanni Paolo. I fratelli «confessano de aver recevuto dall’Ill.mo e Rev.mo Sig. Card. Gaietano scutti cento moneta per fenire abonconto della Capella de S.ta Potenciana» (cozzi beccarini 1976, p. 157, doc. F). Sebbene il documento fosse poco esplicito sull’effettiva partecipazione dei due scultori, è lecito supporre che Tommaso e Giovani Paolo terminarono il lavoro per i Caetani. Inoltre, la somma di cento scudi lascia pensare ad un intervento non troppo limitato. Del resto, un documento del 29 dicembre 1598 attesta che Tommaso e Giovanni Paolo avrebbero contribuito anche alla realizzazione della cappella di San Pietro nella stessa Basilica (bertolotti 1881, p. 201; panofsky 1993, p. 123, nota 29), cantiere che Della Porta seguiva contemporaneamente alla cappella Caetani. Nell’inedita trascrizione della quietanza finale fra i fratelli Della Porta e il patriarca d’Alessandria Camillo Caetani si
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legge che il conto veniva fatto per: «qualsivoglia altra sorte di pietre lavori opere, et fatture, et mercede di qualsivoglia sorte tanto fatti dal detto Cavaliero vivente quanto da detti soi fratelli dopo la sua morte» (doc. 105). Ai fratelli furono intestati molti pagamenti per la risoluzione delle trattative con la famiglia Caetani (cfr. docc. 97-99, 101, 105-108). Pietro Paolo Olivieri, scultore romano con il quale Della Porta aveva già lavorato nei cantieri sistini, l’1 maggio 1598 stimò 3.366 scudi alcuni lavori fatti da Giovanni Battista Della Porta (per la trascrizione inedita del documento si veda in appendice: doc. 101; cozzi beccarini 1976, p. 157, doc. G in realtà trascrive l’indicazione del documento presente nell’inventario dell’Archivio dalla quale non emerge la stima dell’Olivieri). Nel documento, datato 20 ottobre 1597, relativo alla «Misura delli lavori di scarpello fatti in la chiesa di Santa Pudenziana nella Capella di San Pastore per servitio dell’Illustrissimo et Reverendissimo Signore Cardinale Caetano del g. Cavalier della Porta solo di sua manifattura misurati da me Pietro Paulo Olivierio» è presente un elenco vastissimo e dettagliato, pure concernente la costosa decorazione marmorea (doc. 98). Interessante è l’uso delle pietre e marmi policromi sapientemente accostati da Della Porta che, ad una fase matura dei suoi lavori, ottenne un risultato elegante ed equilibrato. La stima dell’Olivieri, confrontata con quanto rimane della cappella, ci consente di stabilire con più certezza i marmi impiegati dallo scultore: pietra serena, marmo africano, breccia dorata, broccatello, breccia di Tivoli, pidocchioso, marmo bianco, alabastro listato, breccia di Aleppo. La cromia varia dai toni dorati del giallo antico fino alle screziature bianche e nere della lumachella, al marmo rosso dei «doi triangoli commessi dove sono le 4 rose (…) in detta facciata verso il convento». Per quel che riguarda la decorazione minuta, costituita da due vasi intarsiati, da cherubini con serti, aquile, croci, conchiglie e festoni, Della Porta fu pagato «per li doi quadri delle bande della sepoltura (…) dentro incassate doi aquile di basso rilievo con un pannino di marmo giallo, e con londa di alabastro trasparente» (fig. 51) poi per «uno delli putti di marmo (…) fatto di mezzo rilievo con l’ale, et una ghirlandetta in mano con suo ripieno di marmo nero (…)», e ancora «per il ripieno di alabastro dove e l’ovato commesso di lapislazari e matreperli anirite fatto una testa di serafino e un festoncino di marmo (…) per il ripieno di alabastro dove e l’ovato commesso di lapislazari e matreperle simile all’altro». E inoltre «per il ripieno del commesso dove è il vaso di man mancha dell’altare con un festone di frutti sotto di basso rilievo di marmo con sue nappe fatte con sue orecchie fatta sotto una nuvola di alabastro trasparente con suoi spichi di marmo giallo e anelli sopra sue sponghe di alabastro con suoi pannjni sotto e in testa del Cherubino di marmo biancho». Proprio quest’ultima iconografia (fig. 52), più drammatica rispetto alle altre, è stata messa in relazione da Cozzi Beccarini con il significato spirituale del sangue di Cristo e quindi con la responsabilità dell’uomo di fronte alla redenzione dei peccati (cozzi beccarini 1976, p. 148). La tradizione vuole che anche nella cappella Caetani si è verificato un analogo miracolo a quello della messa di Bolsena. La provenienza dei materiali fu certamente disparata; gli studi citano un tale Tiberio de Vecchi, che fornì «diverse pietre di marmo», Paullo «che ha fatto venire i marmi da Carrara», Antonio di Domenico Bortolotto, Giovanni Torrigiani o ancora Bernardo scalpellino e «Romagnolo di Trastevere», molto presente fra i fornitori (gori 2012, p. 273). Fra i fornitori vi furono anche privati come il signor Bernardo de Cavaliere che fu pagato «per far levar due colonne dalla casa (…) per la fabrica di Sta Potenciana» (ibidem). Senza dubbio un ruolo di primo piano nell’impresa fu rivestito dal segretario di Casa Caetani, Giovan Francesco Peranda, sempre attento nel vigilare i lavori. Dal 1593 al 1596 a lui vengono elargiti rimborsi per l’acquisto di pietre preziose che egli stesso forniva alle
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maestranze (gori 2011, pp. 97-106). Fu probabilmente lo stesso Peranda, primo segretario di Casa Gonzaga, ad introdurre nelle committenze Caetani, sia il Capriani che il Della Porta. E forse lo stesso Della Porta introdusse nel cantiere il giovane lorenese: Nicolas Cordier (Lorena 1567-Roma 1612). L’ipotesi plausibile è sostenuta da Sylvia Pressouyre sulla base di Lanciani e Moroni che fra gli scultori coinvolti nel cantiere ricordano un «lorenese» (pressouyre 1984, p. 77). È bene precisare però che nei documenti relativi alla cappella in cui sono indicati tutti i nomi della nutrita équipe, non si fa riferimento a Nicolas Cordier. 1725; caetani 1933; montini 1959, n. 50; cozzi beccarini 1975, pp. 143-158; 1984, p. 77; marcucci, in spagnesi 1989, pp. 265-275; lombardi, in madonna 1993, pp. 551-566; panofsky 1993, pp. 119-167; di castro - peccolo - gazzaniga 1994; senecal 1995, pp. 37-43; ferrari 1996, pp. 73-80; borghini 1998; ferrari - papaldo 1999; marcucci, in fiorani 1999, pp. 501-532; fratarcangeli 2003, pp. 90-107; aurigemma 2004, pp. 198-199; gori 2007, pp. 66-93; negro, in fiorani 2007, pp. 193-235; parlato 2009; gori 2011, pp. 97-106; gori 2012, pp. 263-298. panciroli
-
posterla,
pressouyre
21. Giovanni Battista Della Porta, Tommaso Della Porta il Giovane, Giovanni Paolo Della Porta Cappella di San Pietro (fig. 58) 1596-1598 Marmi giallo, verde, bianco antico, bigio morato, nero del Belgio, portasanta, broccatello, alabastro, lumachella orientale 510 x 282 cm (cappella); 160 cm x 50 cm (Cristo); 119 cm x 67 cm (San Pietro) Roma, Santa Pudenziana, transetto
La decorazione della cappella di San Pietro in Santa Pudenziana fu commissionata allo scultore Giovanni Battista Della Porta da monsignor Desiderio Collini, protonotario e segretario apostolico. Con atto notarile del 15 giugno 1596 fra monsignor Collini e il «molto virtuoso signor cavalier Giovanni Battista Della Porta scultore» si stabiliva che il lavoro sarebbe iniziato lunedì 17 giugno e concluso in otto mesi, secondo un disegno «sottoscritto dall’una e dal altra parte» (doc. 94). Lo scultore avrebbe ricevuto per l’intera opera mille e trecento scudi. Tenendo fede alla nota di Bertolotti, per tale incarico Della Porta ricevette pagamenti mensili fino al 12 ottobre 1596 (bertolotti 1881, p. 186); ma risultano pagamenti al Della Porta anche dopo la morte di Collini (12 novembre 1596): 200 scudi il 5 di giugno del 1597, 50 il 9 luglio e altri 80 l’11 settembre dello stesso anno (doc. 95). Per l’esecuzione della cappella Della Porta avrebbe dovuto attenersi alle specifiche disposizioni del committente, come si legge nel documento, ad esempio, riguardo al gruppo marmoreo: «le due statue saranno l’una di N. Sig.re quale dia la chiave a S. Pietro, di una pietra integra alta di palmi otto; l’altra di Santo Pietro pur integra, et tutte dua a imitazione di quelle che sono nella chiesa di S. Agostino di Roma, qual sonno di marmo bianco, del quale il detto Monsignor ne tien la mostra». In questo documento sono indicati, con estrema precisione, tutti i marmi che furono impiegati per la cappella sotto la direzione del Cavaliere, dal bianco dell’altare alle pietre miste: «porte sante, africane, verdi, gialli, alabastri, di varie sorte broccatelli, et breccie pidocchiose» – agli stucchi della volta, al marmo per l’arco di entrata. Secondo quanto riportato dall’epigrafe trascritta da For-
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cella e purtroppo oggi dispersa («D.O.M DESIDERIUS COLLINUS PRESBY VIRDUNEN PROTHONOTARIUS ET SECRETARIUS APOSTOLICUS HOC SIBI MONUMENTUM IN SACELLO A SE ORNATO ET DOTATO VIVENS POSUIT ANNO DOMINI MDXCV ETATIS ANN. LVII»: forcella 1892, vol. 11, p. 142, n. 276), Desiderio Collini fece iniziare i lavori nel 1595, anche se, come si è detto, il coinvolgimento del Della Porta avvenne non prima del 15 giugno 1596. Lo scultore rispose fedelmente alle richieste del committente che però non vide il termine dei lavori poiché morì il 12 novembre 1596, come già indicato da Pressouyre 1984, p. 83, nota 134. Il gruppo scultoreo che rappresenta la Consegna delle Chiavi (fig. 59) è posto entro uno nicchia sopra l’altare ed occupa quasi interamente la parete di fondo. Nel caso specifico, Cristo ha già consegnato le chiavi a San Pietro e come recita il passo del vangelo di Matteo (Matteo 16, 13-20), Cristo, riferendosi all’apostolo, dice: «tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Le mani del Cristo sono in direzioni opposte, il gesto si fa molto più netto nel gruppo di Sant’Agostino realizzato da Giovanni Battista Cassignola o Cottignola nel 1569 (fig. 60, cfr. montevecchi 1985, p. 151, nota 3) al quale Della Porta avrebbe dovuto fare esplicito riferimento: «le due statue saranno l’una di Nostro Signore quale dia la chiave a San Pietro, di una pietra integra alta palmi otto; l’altro di San Pietro pur integra, et tutte due a imitazione di quelle che sono nella chiesa di Sant’Agostino di Roma qual sonno di marmo bianco, del quale il detto Monsignor ne tien la mostra» (doc. 94, c. 660r). Della Porta instaura un dialogo più intimo fra i due personaggi, ruota leggermente il Cristo che si rivolge con la mano destra e con lo sguardo a San Pietro. Molto più imperioso è il Cristo del Cottignola nella posizione quasi frontale del corpo cui si contrappone solo la testa verso sinistra. Il San Pietro inginocchiato di Santa Pudenziana è anche lui di tre quarti, sorregge le chiavi ricevute e porta la mano sinistra verso il petto, il suo sguardo è in completa adorazione verso Cristo. Il San Pietro di Sant’Agostino è invece di profilo in un atteggiamento di remissiva sottomissione. Il gruppo di Sant’Agostino è forse più aderente al passo biblico; Della Porta ha spostato il fulcro della scena sulla consegna delle chiavi, grazie all’espediente del braccio destro del Cristo rivolto verso Pietro. L’unico a omaggiare l’opera fu il Riccoboni che a tal proposito scrive: «Il gruppo ha una serrata e logica composizione nelle due figure accostate: l’una, quella di Gesù, dominante sulla sinistra, in piedi, entro l’ampio giuoco del manto, d’impostazione michelangiolesca e con riflessi michelangioleschi anche nel volto severo ma sereno; l’altra, tutta subordinata alla precedente, raffigura San Pietro inginocchiato, nell’atto di ricevere le chiavi, assai vivo per la espressività del volto. È questa forse l’opera migliore di Giambattista» (riccoboni 1942, p. 87) e poi citando il lavoro di Cottignola, non mostra riserve: «Si giudica questa scultura simile a quella di Santa Pudenziana. A noi però sembra opera assai più fiacca e tormentata» (ibidem, p. 88). La cappella, come già indicato da Montini, è stata costruita per omaggiare la tradizione dalla permanenza di San Pietro, in casa del senatore Pudente, a commemorazione del luogo dove si supponeva che il principe degli Apostoli avesse celebrato una messa (montini 1959, p. 82). Una fonte dei primi del Settecento, nel descrivere la Basilica di Santa Pudenziana, conferma tale dato: «l’altare laterale al maggiore, sopra del quale celebrò San Pietro fu effettivamente dedicato al medesimo: le statue in esso furono scolpite da Giovanni Battista Della Porta» (panciroli - posterla 1725, p. 126). Le due lapidi alle pareti laterali documentano che Pietro ebbe qui il suo primo ricetto romano e vi celebrava la sinassi eucaristica. Nell’andito che ammette alla cappella sono conservate altre importanti iscrizioni: una lastra tombale, proveniente dal cimitero di Callisto, di una tale Cornelia
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Pudentianeti che è stata messa in relazione con i Pudenti; i frammenti delle tavole marmoree con i nomi di Ilicio, Leopardo e Massimo, nonché l’epigrafe commemorativa dei lavori di Gregorio VII, già esistente nell’oratorio del Pastore. Il pavimento del sacello è musivo, le pareti incrostate di marmi preziosi, la volta riccamente ornata di stucchi incorniciano una serie di affreschi – oggi scomparsi – nei quali si narravano episodi della vita di San Pietro (montini 1959, p. 82). La decorazione ad affresco nelle lunette, quasi interamente perduta, fu realizzata dal celebre pittore romano Giovanni Baglione (smith o’neil 2002, pp. 198-199). Come scrive Montini: «al di sopra dell’altare (dentro il quale sono conservati come reliquia i resti di un altarolo ligneo, che la pia tradizione afferma esser quello su cui celebrava il Pescatore di Galilea) si leva il gruppo marmoreo de La consegna delle chiavi (1596), modesta scultura di uno di quei numerosi lapicidi che affluirono a Roma nell’ultimo Cinquecento e precisamente di quel Giovanni Battista della Porta (1542-97), la cui opera migliore è il San Domenico della tomba di Pio V in Santa Maria Maggiore. Sono due figure goffe e inerti – specie il Cristo troppo corto di gambe –, dal panneggio convenzionale: tipico esempio del “manierismo” plastico che sarebbe stato sgomitato di lì a pochi anni dal genio innovatore di Gian Lorenzo Bernini» (montini 1959, p. 82). Ad un giudizio così marcatamente negativo sulla scarsa qualità del risultato finale, concorda anche pressouyre 1984, p. 123 che biasima lo scultore per non aver affatto badato al gruppo di Sant’Agostino eseguito dal Cottignola come richiesto dal committente e che a forza di rotondità, di pesantezza e di banalità, ha ‘spurgato’ il suo modello di tutte le raffinatezze d’espressione. Anche Röttgen, tralasciando la sua confusione fra scultori omonimi, descrive l’opera in questi termini: «Il gruppo presenta la solida fredda perfezione del lavoro scultoreo di Giovanni Battista Della Porta, sebbene non sia molto ben riuscito, per via delle infelici proporzioni delle gambe di Cristo. Esso appare, inoltre, meno libero di quello di San Agostino, eseguito poco dopo prima da Giovanni Battista Cotignola, conosciuto anche come Giovanni Battista Bianchi» (röttgen 1995, p. 569). Tale giudizio compromise, di fatto, la fama dello scultore che con questa sfortunata opera chiuse la sua carriera. Un documento notarile attesta inoltre la partecipazione dei fratelli Tommaso Della Porta (il Giovane) e Giovanni Paolo ai lavori della cappella che ricevettero 180 scudi per il completamento dell’opera (doc. 102; bertolotti 1881, p. 201; panofsky 1993, p. 123, nota 29). 1642; panciroli - posterla 1725; caetani 1933; bertolotti 1881, p. 201; riccoboni 1942; 1959; pressouyre 1984; montevecchi 1985, p. 151, nota 3; panofsky 1993, pp. 119-167; röttgen 1995. baglione montini
IV APPENDICE DOCUMENTARIA
Abbreviazioni ACC ACR ASB ASCL ASCR ASF ASLR ASMn ASMo ASPd ASPr ASR ASV ASVr ASVR ASVPR BAM BAV
= Archivio comunale, Camerino = Archivio Caetani (Fondazione Camillo Caetani), Roma = Archivio di Stato, Biella = Archivio Storico della Santa Casa, Loreto = Archivio Storico Capitolino, Roma = Archivio di Stato, Firenze = Archivio di San Luca, Roma = Archivio di Stato, Mantova = Archivio di Stato, Modena = Archivio di Stato, Padova = Archivio di Stato, Parma = Archivio di Stato, Roma = Archivio Segreto Vaticano, Città del Vaticano = Archivio di Stato, Verona = Archivio Storico del Vicariato, Roma = Archivio Storico della Pontificia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon, Roma = Biblioteca Ambrosiana, Milano = Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano
BEM BMG DBI
= Biblioteca Estense, Modena = Biblioteca Maldotti, Guastalla = Dizionario Biografico degli Italiani
b. = c. / cc. = ca. = cfr. = col./coll. = doc. = fasc. / fascc. = inv. = ms. mss. = n. / nn. = r = s.l. = s.n. = s.d. = s./ss. = trascr. = v =
busta carta/e circa confronta colonna/e documento in appendice fascicolo/i inventario manoscritto/i numero/i recto senza luogo di edizione senza numerazione senza data seguente/i trascrizione verso
1. 1562 febbraio 25-26 ASCR, Archivio Urbano, Sezione I, notaio Melchiorre de Valeriis, b. 767, s. n., segue c. 709v Il cardinale Alessandro Farnese stipula l’ordine di compenso al banco eredi di Luigi Rucellai destinato a Tommaso Della Porta il Vecchio per la vendita di una serie di busti di Dodici Cesari. Tommaso in cambio riceve il cavalierato di San Pietro che doveva passare in eredità al nipote Giovanni Battista Della Porta. Bibl. lanciani 1902-1912, vol. 4, p. 180 (trascr. parziale); riebesell 1989, pp. 28-30.
Magnifici Heredi di messer Luigi Rucellai e compagni di Roma vi piacerà promettere a messer Tomaso della Porta schultore che caso che fra diciotto mesi prossimi, chominciando all primo di gennaro prossimo passato 1562, noi non gli dessimo uno chavalieri di Sampietro o di San Pauolo libero et spedito di compositione et patente, vancandone infra tale tempo, di pagarli la valuta di uno di san pietro quello valeva a tal tempo, aceptando che se prima in tale tempo vacassi uno di San Pauolo vogliamo sia il suo ma che lui ci paghi quello valerà più quello di sanpietro con la detta compositione et patente et vogliamo ancora che se piacessi addio che il detto chavalieri sia di Giouanbatista dellaporta suo nipote e similmente in tali casi pagare a detto Giouanbatista a detto tempo la detta valuta come è detto et inoltre sino al tempo che a dargliene o di Sanpietro e di sanpauolo o che paghassi la valuta a qual si voglia de nominati messer Tomaxo o Giovambatista delaporta vogliamo paghiate loro come di sopra è detto scudi quatro di moneta illmese e tutto questo per chausa della vendita et consegna fattoci delle dodici teste de primi imperadori laureati con li lor busti o peducci così concordati e di tutto quello pagherete cene darete debito fuora dell conto ordinario che venerimborseremo ad ogni vostro comodo e così avendo a paghare la detta valuta per la quale vi prometiamo dare quella assegniazione che vorrete liberamente e senza alchuna eceptione e così per questa ci oblighiamo che sarà sottoscritta di nostra propria mano e sigillata del nostro sigillo del nostro palazo della chancellaria alli XXV di febrajo. Noi ereti di Luigi Rucellai e compagni di Roma abbiamo ricevuto el retroscripto mandato originale e promettiamo paghare al retroscripto messer Tommaso della Porta et in caso di sua morte come di la e detto a Giovan Batista suo nipote la valuta del retroscripto chavalieri di sanpietro all sudetto tempo quello vera spedito di compositione copatente come di la e detto nel retroscripto, et in caso così gli sarà pagato all mese come è detto et ogni volta che sarà dato loro da sua signoria Reverendissima uno de dua chavalieri che nell mandato edito questa resta di nulo valore come se fatta e di tuto paghassimo ce ne avremo a rimborsare dal sudetto reverendissimo cardinale Farnese a stanza di chi si fa questa in virtù dell detto
Giovanna Ioele, Prima di Bernini. Giovanni Battista della Porta scultore (1542-1597), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2016 ISBN 978-88-6372-763-0 eISBN 978-88-6372-764-7 – www.storiaeletteratura.it
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mandato et infede se fatta la presente che sarà soscripta di mano del nostro Piero daghagliano questo di XXVI di febbraio 1562. Heredi di Rucellai e compagni.
2. 1562 febbraio 27 ASCR, Archivio Urbano, Sezione I, notaio Melchiorre de Valeriis, b. 767, cc. 709r-v Tommaso Della Porta il Vecchio vendeva ad Andrea Recuperato (mastro di casa del cardinale Alessandro Farnese) la serie di busti di Dodici Cesari in cambio del cavalierato di San Pietro che doveva passare al nipote Giovanni Battista Della Porta in caso di vacabilità. Bibl. bertolotti 1881 (1970), vol. 1, pp. 168-169; lanciani 1902-1912, vol. 4, pp. 179-180 (trascr. parziale); brentano 1989, vol. 37, pp. 184, 212; riebesell 1989, pp. 28-30.
[c. 709r] 1562, 27 februarius. In nomine Domini, amen. Anno a nativitate Domini 1562, indictione quinta, die vero 27 mensis februarii, pontificatus sanctissimi in Christo patris et domini nostri domini Pii divina providentia papę quarti anno tertio, constituti etc. coram me notario etc. reverendus dominus Andreas Recuperatus, utriusque iuris doctor, prothonotarius apostolicus et magister domus illustrissimi et reverendissimi cardinalis de Farnesio, et dominus Thomas della Porta sculptor exposuerunt quod dictus dominis Thomas della Porta scultor vendidit et tradidit etc. prefato illustrissimo et reverendissimo cardinali de Farnesio a presenti etc. duodecim imperatores coronatos lapideos marmoreos pro pretio et nomine pretii unius offitii Militum Sancti Petri de Urbe expeditum a compositione et aliis expensis, dandum et consignandum et conferrendum seu conferri faciendum dicto domino Thome sculptori infra annum cum dimidio incipiendum in calendis ianuarii proximi presentis, et interim dare et solvere eidem domino Thome scuta quatuor in quolibet mensi, et si intra dictum tempus unius anni cum dimidio vacaverit aliquid offitium dictorum Militum Sancti Petri su Militum Sancti Pauli spectans ad collocationem ipsius illustrissimi cardinalis vicecancellarii, tunc et eo casu dictus dominus cardinalis teneatur eidem domino Thome conferre et litteras patentes expeditas in solidum ei gratis dare, et si erit offitium Militis Sancti Pauli tunc dictus dominus Thomas teneatur solvere eidem illustrissimo et reverendissimo cardinali id pluris quod valet ultra pretium Militis Sancti Petri, et facta huiusmodi collocatione dictus cardinalis ulterius non teneatur ad solutionem dictorum quatuor scutorum, et casu quo dictus dominus Thomas infra dictum tempus unius anni et cum dimidio et antequam conferatur seu prevideatur eidem de uno [c. 709v] ex dictis offitiis Sanctorum Petri vel Pauli dictus dominus Thomas moriretur, quod Deus avertat, tunc et eo casu dictus cardinalis teneatur solvere Iohanni Baptiste etiam della Porta nepotis dicti Thome dicta scuta quatuor in quolibet mense per totum tempus predictum unius anni cum dimidio, et si interim vaccaverit aliquod offitium de quibus supra spectans ad collocationem dicti cardinalis, tunc et eo casu dictus reverendissimus cardinalis teneatur conferre dictum offitium dicto Iohanni Baptiste et illi gratis dare, pro ut teb tenebatur dicto Thome, et si non vaccaverit, finito dicto anno cum dimidio, nihilominus teneatur dare unum
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offitium ut supra eidem domino Iohanni Baptistae, et idem dominus Thomas promisit de evictione dictarum statuarum imperatorum, et dictus dominus Andreas uti magister domus et procurator, ut asseruit, omnia bona dicti cardinalis hypothecavit, pro quibus etc. ambe partes, videlicet dominus Thomas et se ipsum et sua bona et dictus dominus Andreas dictum cardinalem et sua bona oblig in forma Camerae Apostolicae obligaverunt respective iurantes et dantes potestatem etc. rogantes etc. Actum Romae et in cancellaria apostolica ac in camera mei notarii infrascripti, presentibus ibidem domino Bescio Raffo Baccio Roffia de Sancto Armintuato Miniato Lucanensis diocesis aromatorio in Urbe et Martio Felicis Petri Angeli laico Spoletano testibus etc. Melchior de Valeriis notarius rogatus subscripsit.
3. 1566 agosto 7 ASR, Tribunale Criminale del Governatore di Roma, Fideiussioni, b. 22, c. 123r Tommaso Della Porta il Vecchio, con il titolo di cavaliere di San Pietro e di «portonaro de Ripa», si presentava fideiussore per il nipote Giovanni Battista Della Porta accusato di aver sporcato la porta di Giulia Romana. Bibl. bertolotti 1881 (1970), vol. 1, pp. 169-170; brentano 1989, vol. 37, pp. 184, 213.
Fideiussio pro Iohanne Baptista della Porta de stando iuri cum Curia parte et fisco et solvendo iudicatum ac se representando sub pena 100 scutorum prout infra cadit sub die mercurii 7a augusti. In mei etc. personaliter constitutus dominus Thomas della Porta Mediolanensis, habitans ad Sanctum Ambrosium, eques Sancti Petri et portionarius ripe, prout asseruit, qui sciens etc. sed sponte etc. omni modo meliori etc. promisit mihi notaio presenti etc. quod dictus Iohannes Baptista stabit iuri cum Curia parte et fisco et soluit iudicatum super eo quod pretendatur ipsum deturpasse stercore portam Iulie Romane necnon personaliter se representabit coram reverendissimo domino gubernatore totiens et quotiens sub pena centum scutorum auri Camere Apostolice ac mihi notario presenti etc. in eventum controversie aplicande pro quibus omnibus etc. se suisque bona etc. obligavit in forma Camere Apostolice cum clusulis solitis etc. renuntiavit etc. promisit etc. iuravit etc. rogavit super quibus etc. Actum in offitio presentibus sotiis testibus etc.
4. 1567 ASMo, Cam. Duc., Amm. dei princ., 849, c. 100v [registro di spese del 1567] Nota di spesa del cardinale Ippolito II d’Este per una statua (Ninfa) realizzata da Giovanni Battista Della Porta a decoro della fontana dell’Ovato di Villa d’Este a Tivoli. Trascr. occhipinti 2009, p. 364, nota 105. Bibl. pacifici 1923, p. 400.
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Spese de statue che si comprano e altre anticaglie. Illustrissimo e Reverendissimo monsignor nostro per conto della sopradetta spesa deve dare addì II de maggio scudi dieci […] a messer Giovanni Battista della Porta per il prezzo di una statua di peperigno che lui ha promesso di dare per XV giorni prossimi coperta di stucco con olio.
5. 1567 maggio 2 ASMo, Cam. Duc., Amm. dei princ., 993bis, c. 94v [registro di spese del 1567] Nota di pagamento di dieci scudi a Giovanni Battista Della Porta da parte del cardinale Ippolito II d’Este per una statua (Ninfa) realizzata da a decoro della fontana dell’Ovato di Villa d’Este a Tivoli. Cfr. ASMo, Registri, Pacco 118, Giornale de 1567, f.liii (coffin 1960, p. 31, nota 48). Trascr. occhipinti 2009, p. 364, nota 105.
E a di detto [2 maggio] scudi dieci […] pagati a messer Giovanni Battista dalla Porta scultore per il prezzo d’una statua di peperino proporzionata in una delle nicchie dell’ovato coperta di stucco bianco a olio, la quale s’è obligato darla per tutto li XV giorni prossimi a venir.
6. 1567 luglio 4 ACR, Miscellanea, b. 25, cc. 52-53 Copia dell’originale: ASMo, Cam. duc., Fabbr. e vill., 70, parte IV, c. 3r. Contratto stipulato fra gli agenti del cardinale Ippolito II d’Este e Giovanni Battista Della Porta per l’esecuzione di dieci Ninfe su disegno di Pirro Ligorio destinate alla fontana dell’Ovato di Villa d’Este a Tivoli. Bibl. seni 1902, pp. 66-68, nota 1 (trascr.); caetani 1933, p. 172, nota b. Sul doc. orginale cfr. occhipinti 2009, p. 364, nota 105.
Gio. Battista della Porta scultore, si obbliga di fare dieci Ninfe, di peperigno pel prezzo di scudi dieci ciascuno, e la statua della Roma, pel prezzo di scudi 70; tutte secondo il disegno dell’architetto Pirro Ligorio. Al Nome di Iddio Amen 1567 Dieci statue di peperigno Io Giovanni Baptista della Porta, scultore in Roma per la presente confesso haver preso dalli agenti di Monsignore Illustrissimo et Reverendissimo Cardinal di Ferrara, il cottimo di fare 10 statue di peperigno coperte di stucco bianco secondo il disegno di messer Pjrrho, che rappresentino dieci Ninphe, di altezza di palmi sei luna, quali vanno nelli dieci Nicchi della logia sotto il monte dell’Ovato, che fa Curtio nel Giardino di Sua Signoria Illustrissima in Tivoli; per prezzo di scuti dieci di moneta luna, quale statue prometto farle secondo
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il tenore delli infrascritti capitoli, et condizioni, alli quali mancando voglio essere tenuto, et obligato à quanto in essi si contiene. Et prima mi obbligo fare dette Dieci statue di peperigno coperte di stucco per prezzo come di sopra, quali hanno da essere finite da tre bande cioè davanti, e dalli fianchi, et saranno ben fatte à giudizio de ogni perito nell’arte, imitando et osservando il disegno di messer Pjrrho quale ho presso di me, et mancando ò in tutto ò in parte, mi contento che Sua Signoria Illustrissima a mie spese, possi far fare da altri, quanto io havessi mancato, in essi, et questo prometto di osservare inviolabilmente. Item mi obbligo dar finite di tutto punto, tutte le sopra dette dieci figure di Ninphe, per tutto il mese di Settembre proximo, et non le dando finite (per lo incomodo che Sua Signoria Illustrissima ne patirebbe, non le havendo al sudetto tempo) mi contento di fare le sudette dieci statue, per scudi cinquanta solamente et questo prometto haver raro et fermo, et non mi pentire per qualsivogli causa; Eccettuando però ogni necessario impedimento di malattia, et in questo caso, stando ferma la obligatione delli 3 mesi cioè per tutto settembre: ma che mi si debbiano surrogare, altri contanti giorni, quanti io fussi stato amalato. Item che Sua Signoria Illustrissima mi debba dare al presente scuti cinquanta di moneta per poter abbozzare le suddette Ninfe, pagare li peperigni, et fare altre spese necessarie et io prometto dare finite cinque delle sudette figure; avanti la fine del mese di Agosto * non vi mettendo nel numero di cinque una che già io ho fatto, et ne sono stato pagato come appare per un mandato di scudi 10 sottoscritto di mia mano; et da Agosto per tutto settembre prometto dare finite le altre quattro, con questo che Sua Signoria Illustrissima quando io gli harò consegnato le sudette sei Ninfe, mi debbia dare ò far dare li quaranta scudi avanti et subbito fattoli la consegnatione delle sei al suddetto tempo acciò io mi possi aiutare in far lavorare, et finire dette Figure, altrimenti mancandomisi di pagare di suddetti dinari alli suddetti tempi, ch’io non habbi da incorrere in pena alcuna, cioè d’havere à fare per 50 scuti solamente tutte le sudette 10 statue, per non haverle potute fare attempo per il defetto di danaro: Et in fede della verita ho fatto fare la presente poliza, quale voglio habbi forza d’obligo in forma camera, con tutte sue clausole, pigliando le censure, dando autorità ad ogni notaio che la possi estendere, et così giuro toccando queste scritture, in presentia delli infrascritti testimonij, quali saranno presenti quando io la sottoscrivere et accettare come fosse di mia propria mano in Roma questo dì 4 di Luglio 1567. * Et non le dando per tutto il detto mese voglio incorrere nella suddetta pena e cioè d’havere a fare le sudette cinque statue per scudi 25 solamente per le cause dette di sopra. Io Giovanni Batista de la porta scultore sopradeto ho fato scrivere la presente quale afermo come se fusi de mia mano e prometo de hoservare quanto in essa se contene. Io Giulio Strozzi fu presente à quanto di sopra si contiene. Io Giovanni Battista Gaeta fuj presente a quanto di sopra se contiene. Io Scipione Velo fui presente a quanto di sopra si contiene. Io Vincenzo Stampa prometto; et mi obligo, che messer Giovanni Battista della porta, osservare quanto in questa poliza si contiene altrimenti voglio esser tenuto del mio et questa promissione l’ho fatta ad sua istanza, et lui si oblighera levarmi de ogni danno, che io per lui ne patisse; Io Giovanni batista Dela porta prometo de levare de honi dano detto messer Vincenzo patise per me, così me hobligo.
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7. 1567 luglio 10 ASMo, Cam. Duc., Amm. dei princ., 993bis, c. 22v [registro di spese del 1567] Nota di spesa del cardinale Ippolito II d’Este per le dieci statue (Ninfe) realizzata da Giovanni Battista Della Porta a decoro della fontana dell’Ovato di Villa d’Este a Tivoli. Trascr. occhipinti 2009, p. 364, nota 105.
[10 luglio 1567] A messer Giovanni Battista Della Porta scultore scudi cinquanta moneta a lui […] a buon conto et capara di diece statue di peperigno coperte di stuco sì come si vede per l’obligho per lui fatto.
8. 1567 novembre 2 ASPr, Raccolta Manoscritti, Garimberti, b. 112, s.n. Lettera di presentazione di Giovann Battista Della Porta scritta dal vescovo Girolamo Garimberto e indirizzata a Cesare Gonzaga. Cfr. ASP, Raccolta Ronchini, b. 1, f. 12 (trascrizione di Amadio Ronchini, direttore dell’Archivio di Parma dal 1849 al 1890). Bibl. partridge 1971, p. 484, nota 75 (trascr. parziale); brown - lorenzoni 1993, pp. 117-118 (trascr. parziale); brentano 1989, vol. 37, p. 184 (cit. la lettera indicando erroneamente l’anno 1566).
Illistrissimo et Eccellentissimo Signore mio ossequissimo Il Signore Cesare Gonzagga Illustrissimo et Eccellentissimo Signore mio ossequiassimo. Se bene l’ultima lettera ch’io hebbi più giorni sono da Vostra Eccellenza fosse risposta d’una mia, nondimeno il desiderio, accompagnato dal debito, ricercava ch’io havessi risposto prima d’adesso, s’io non fossi stato ritenuto da certi impedimenti, che non salvano la spesa in tediarne l’orecchie dell’Eccellenza Vostra, alla quale non voglio però mancare di scriver questa mia con l’occasione del portatore, che sarà maestro Giovanbattista scultore, nipote del già maestro Thomasino, che col tornarsene a riveder la patria l’ho persuaso venir a basciar le mani di quella, la quale se haverà bisogno dell’opera sua, come credo, nel restaurare et rassetar delle sue anticaglie, la non doverà lassarlo andar più inanci senza fermarlo et servirsene, per esser un valentuomo in quest’arte. Et ella, come ho detto, havendone bisogno, come credo, s’egli è vero, come intendo, che lo sia per far trasportar omia bona della sua Galeria di Mantova in quella di Guastalla; dove, oltre quel che la mi ha scritto, mi vien referto da altri che ella fabrica perpetuamente, di modo che per rispetto della Fortezza et del Palazzo, et d’altre cose singolari, et proprie sue fatture, mi par di posser concludere che se per inanci ella era Signora di Guastalla, che per l’avvenire la ne sarà signora et cittadina, cosa veramente ch’io posso dire d’haver proveduto un pezzo fa, considerata la qualità di questi tempi di graziosi nei quali sarà uffizio della prudenza sua il saper conservare la sanità
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per servirsene poi a miglior occasione di quelle che si presentano in questa mala staggione, massimamente alla natione italiana. Ma non più di questo per adesso. Et poiché l’Eccellenza Vostra si lascia tirrar tant’oltre dall’affetion sua verso della servitù mia, che desidera mie lettere più di quel che meritano, io all’incontro riceverò sempre per ventura grandissima, quando io haverò suggetto di servirla in qualche cosa o almeno dilettarla in qualch’altra, ma nell’una ella non mi commanda mai, et nell’altra non so ancor come posser incontrar cosa che le apporti delettatione. Ma, come si sia, non mancherò di ubidirla scrivendo et, mancandomi qualsivoglia suggetto, non mi può venir meno mai quel dell’Antiquità, le quali mi sono sobrabondate tanto che fra pochi giorni temo non habbino a cacciar fuor di casa, sì come mi cacceranno poi finalmente rispetto alla madre vecchiaia che gionse un pezzo fa. Con tutto ciò io spero di trovarmi alle esequie degli Ugonotti di Francia, in caso che quel re non sia tanto tenero di schiena, che di novo si lasci fare un altro impiastro mediante il quale col tempo sia per perderne la vita, insieme col Regno. Il Papa attende ad aggregar danari per aiutarlo; ne l’aiuto sarà manco di CCC scudi così piacerà a Dio che col danaro della sede apostolica non si compre la pace con gl’Ugonotti così sotto Pio V come si fece sotto Pio IIII et perché sono vari i pareri et molti i discorsi che si possono fare di quel che verisimilmente sia per seguir da queste pratiche, però rimettendomene al giuditio del tempo, me ne rimetterò ancora ai prudenti discorsi che si possono fare di quel che verissimilmente sia per seguir da queste pratiche, però rimettendomene al giuditio del tempo, me ne rimetterò ancora ai prudenti discorsi, che molte volte ho sentito fare all’Eccellenza Vostra in proposito ai maneggi di Stato et de travagli della guerra; Et tornando alla pratica dell’antigheria, le dirò c’havendo detto a Giovannatonio Stampa l’intentione ch’ella ha di richiamarlo, servirsene et contentarlo, il buon huomo è intrato in tanta dolcezza che dice voler venir carico di molte belle cose, ma soprattutto di un Scipione Africano bellissimo, con tutta la gola e mezzo il petto, per donarlo a Vostra Eccellenza. Il poveretto pensava, come si suol dire, di far doi servitii in un viaggio, che era di venir a basciarle le mani in Mantova con le dette cose et di là passar in Francia chiamato dalla Reina per mezzo di questo suo ambasciator, essendo Sua Maestà entrata ancor essa in humore dal quale facilmente si sarà scaricata per un pezzo con questi sciropi ugonotti. Vostra Eccellenza si ricordi delle due teste ch’io ho in casa, ancor che sarà ben diferir fin alla primavera il metterle in camino. Trattanto le bascio humilmente le mani, suplicandola a tenermi nella sua buona gratia. Di Roma alli II di Novembre MDLXVII Di Vostra Eccellenza Illustrissimo servitore Il Vescovo Garimberto
9. 1567 dicembre 13 ACR, Miscellanea, b. 28, c. 59 Copia dell’originale: ASMo, Cancelleria Ducale, Scultori; ASMo, Fabbriche, b. 70, s.n. Gli agenti del cardinale Ippolito d’Este affidano a Egidio della Riviera e Agostino Carboni il completamento del restauro di una statua colossale di Tiberio imperatore lasciato interrotto da Giovanni Battista Della Porta.
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Bibl. venturi 1889, p. 254; seni 1902, pp. 68-69, nota 1; pacifici 1923, p. 401, nota 2.
Per la presente noi infrascritti confessiamo et dichiariamo haver preso dalli Agenti di Monsignor Illustrissimo di Ferrara a finire la statua colossale di Tiberio Imperatore già cominciata da Giovan Battista della Porta per prezzo di scuti dieci di moneta cioè da accómodarvi la sua testa Antica sopra il busto, et fare il naso alla testa di novo et finire una mano cominciata et fare un braccio di novo et finire di condurre la gamba, et nettarla et darli la tinta accio accompagni lantico, attutte nostre spese ecetto il marmo et promettiamo darla finita per tutto Gennaro proximo con questo che ci sia dato scuti Cinque al presente, et il resto quando sara finita promettiamo che ogni cosa stara bene di quello che havremo fatto noi, conforme all’antico et in fede sottoscriveremo la presente quale vogliamo che habbi forza di obligo càmerale con tutte sue clausole et censure, et cosi Juramo. Questo di xiij di Dicembre 1567 in Roma, presenti gli infrascritti testimonij Io gillio della uliete fiammingo scultore afermo quanto di sopra si contiene Io agostin carboni schultore afermo quanto di sopra si chontiene Io cornelio Focchetti foie presente quanto di sopra si contiene Io Vincentio Stampa fui presente a quanto di sopra si contiene
10. 1570 aprile 8 ASCL, Depositario 15, 1569-1570, 1570 aprile 8 Pagamento di 50 fiorini a Giovanni Battista Della Porta per le Sibille della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Mastro A, 1568-1570, c. 313 (Giovanni Battista Della Porta), c. 311 (Agostino Filago depositario); ASCL, Giornale, 1568-1570, c. 319. Trascr. grimaldi 1999, p. 270.
Cavalier Agostino Filago depositario pagate al cavalier Giovanni Battista Della Porta scoltore delle sibille che fa per ornamento della santissima cappella di Santa Casa fiorini cinquanta a buon conto della sua mercede e fatevi fare di ricevere. Fiorini 50.
11. 1570 maggio 29 ASCL, Depositario 15, 1569-1570, 1570 maggio 29 Pagamento di 100 fiorini a Giovanni Battista Della Porta per le Sibille della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Mastro A, 1568-1570, c. 313 (Giovanni Battista Della Porta), c. 320 (Agostino Filago depositario); ASCL, Giornale, 1568-1570, c. 338. Trascr. grimaldi 1999, p. 270.
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Cavalier Agostino Filago depositario pagate al cavalier Giovanni Battista Della Porta scoltore fiorini cento a buon conto et per sua mercede delle sibille che fa per ornamento della santissima cappella della gloriosissima madonna, et fativi fare di ricevere. Fiorini 100.
12. 1570 ottobre 2 ASCL, Depositario 15, 1569-1570, 1570 ottobre 2 Pagamento di 50 fiorini a Giovanni Battista Della Porta per le Sibille della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Mastro A, 1568-1570, c. 313 (Giovanni Battista Della Porta), c. 343 (Agostino Filago depositario); ASL, Giornale, 1568-1570, c. 378. Trascr. grimaldi 1999, p. 270.
Cavalier Agostino Filago depositario pagate al cavaliero Giovanni Battista Della Porta scultore fiorini cinquanta a buon conto delle sibille che fa per santa cappella di Loreto e fatene fare di ricevere. Fiorini 50.
13. 1570 ottobre 14 ASCL, Depositario 15, 1569-1570, 1570 ottobre 14 Pagamento di 100 fiorini a Giovanni Battista Della Porta per le Sibille della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Mastro A, 1568-1570, c. 313 (Giovanni Battista Della Porta), c. 343 (Agostino Filago depositario); ASCL, Giornale, 1568-1570, c. 380. Trascr. grimaldi 1999, p. 270.
Cavalier Agostino Filago depositario pagate al canonico Giambattista della Porta scultore a buon conto delle sibille che fa per santa cappella fiorini cento e fate fare di ricevere. Fiorini 100.
14. 1571 gennaio 1 ASCL, Mastro A, 1568-1570, c. 313 (Giovanni Battista Della Porta), c. 363 (bilancio) Pagamento di 300 fiorini a Giovanni Battista Della Porta dalla Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 42 (Giovanni Battista Della Porta). Trascr. grimaldi 1999, p. 270.
Giovanni Battista Della Porta di contro deve havere al primo di gennaro per tanti fatonelo debitore al libro grande segnato B 42 dal bilancio in questo 363. Fiorini 300.
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15. 1571 aprile 12 ASCL, Depositario 17, 1571-1572, c. 43 Pagamento di 40 fiorini a Giovanni Battista Della Porta e al fratello Tommaso per le Sibille della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 42 (Giovanni Battista Della Porta, c. 77 (Agostino Filago depositario); ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 32. Trascr. grimaldi 1999, p. 270.
Cavalier Agostino Filago depositario pagate a messer Giovanni Battista Della Porta e per lui a messer Thomaso suo fratello fiorni quaranta li quali sono a buon conto delle sibille che fa per ornamento della santissima cappella de Loreto et fate fare di ricevere. Fiorini 40.
16. 1571 giugno 7 ASCL, Depositario 17, 1571-1572, c. 99 Pagamento di 150 scudi a Giovanni Battista Della Porta per le Sibille della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 42 (Giovanni Battista Della Porta), c. 77 (Agostino Filago depositario); ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 47. Trascr. grimaldi 1999, p. 270.
Cavalier Agostino Filago depositario pagate a messer Gianbattista della Porta scultore scudi centocinquanta di pauli dieci per scudo sono a buon conto delle sibille che ha fatte e fa per santa cappella e per fare fare di ricevere. Fiorini 313, bl. 25, den. 2.
17. 1571 novembre 14 ASCL, Depositario 17, 1571-1572, c. 122 Pagamento a Giovanni Battista Della Porta di 200 fiorini per le Sibille della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 42 (Giovanni Battista Della Porta), c. 109 (Vincenzo Lucini depositario); ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 102. Trascr. grimaldi 1999, p. 271.
Messer Vincenzo Lucino depositario pagate al cavaliere Giovanni Battista dalla Porta scultore fiorini ducento sono a buon conto di sibille che ha fatto e farà per ornamento della santissima cappella di Loreto e fate fare di ricevere. Fiorini 200.
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18. 1571 dicembre 18 ASCL, Depositario 17, 1571-1572, c. 130 Pagamento a Giovanni Battista Della Porta di 50 fiorini per le Sibille della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 42 (Giovanni Battista Della Porta), c. 109 (Vincenzo Lucini depositario); ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 116. Trascr. grimaldi 1999, p. 271.
Messer Vincenzo Lucino depositario pagate al cavaliere Gianbattista dalla Porta scultore fiorini cinquanta sono a buon conto di sibille che ha fatte e farà per ornamento della santissima cappella e fate fare di ricevere. Fiorini 50.
19. 1572 febbraio 4 ASCL, Depositario 17, 1571-1572, c. 140 Pagamento a Giovanni Battista Della Porta di 50 fiorini per la manifattura di alcune statue di marmo per l’ornamento della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 42 (Giovanni Battista Della Porta), c. 124 (Vincenzo Lucini depositario); ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 136. Trascr. grimaldi 1999, p. 271.
Messer Vincenzo Lucino depositario pagate al cavaliere Gianbattista dalla Porta scultore fiorini cinquanta sono a buon conto della manifattura di alcune statue di marmo che fa per ornamento della santa cappella di Santa Casa e fate fare di ricevere. Fiorini 50.
20. 1572 febbraio 22 ASCL, Depositario 17, 1571-1572, c. 142 Pagamento a Giovanni Battista Della Porta di 50 fiorini per le Sibille della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 42 (Giovanni Battista Della Porta), c. 124 (Vincenzo Lucini depositario); ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 141. Trascr. grimaldi 1999, p. 271.
Messer Vincenzo Lucino depositario pagate al cavaliere Gianbattista dalla Porta scultore fiorini cinquanta sono a buon conto delle sibille che ha fatte e farà per ornamento della santissima cappella di Loreto e fate fare di ricevere. Fiorini 50.
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21. 1572 marzo 5 ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 42 (Giovanni Battista Della Porta), c. 129 (mensa universale di Santa Casa) Giovanni Battista Della Porta deve dare 196 fiorini alla mensa della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 144. Trascr. grimaldi 1999, p. 271.
[Giovanni Battista Della Porta deve dare] fiorini centonovantasei bl. 15 sono per il prezzo di più robbe da mangiare havute dalla dispensa di Santa Casa vino et altro a buon conto delle sibille che fa per ornamento della santissima cappella in giornale 144 havere mensa in questo 129. Fiorini 196, bl. 15.
22. 1572 marzo 26 ASCL, Depositario 17, 1571-1572, c. 148 Pagamento a Giovanni Battista Della Porta di 50 fiorini per le statue della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 42 (Giovanni Battista Della Porta), c. 138 (Vincenzo Lucini depositario); ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 152. Trascr. grimaldi 1999, p. 271.
Messer Vincenzo Lucino depositario pagate al cavaliere Giovanni Battista dalla Porta scultore fiorini cinquanta sono a buon conto delle statue che ha fatto e fa per ornamento della santissima cappella di Loreto e fate fare di ricevere. Fiorini 50.
23. 1572 aprile 5 ASCL, Depositario 17, 1571-1572, c. 151 Pagamento a Giovanni Battista Della Porta di 100 fiorini per le statue della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 42 (Giovanni Battista Della Porta), c. 138 (Vincenzo Lucini depositario); ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 159. Trascr. grimaldi 1999, p. 271.
Messer Vincenzo Lucino depositario pagate al cavaliere Giovanni Battista dalla Porta scultore fiorini cento sono a buon conto delle statue che ha fatto e farà per ornamento della santissima cappella di Santa Casa e fate fare di ricevere. Fiorini 100.
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24. 1572 aprile 17 ASCL, Depositario 17, 1571-1572, c. 152 Pagamento a Giovanni Battista Della Porta di 100 fiorini per le statue della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 42 (Giovanni Battista Della Porta), c. 144 (Vincenzo Lucini depositario); ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 162. Trascr. grimaldi 1999, p. 271.
Messer Vincenzo Lucino depositario pagate al cavaliere Giovanni Battista dalla Porta scultore fiorini cento sono a buon conto delle statue ch’ha fatto e farà per ornamento della santissima cappella di Santa Casa et fate fare di ricevere. Fiorini 100.
25. 1572 aprile 29 ASCL, Depositario 17, 1571-1572, c. 153 Pagamento a Giovanni Battista Della Porta di 100 fiorini per le statue della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 42 (Giovanni Battista Della Porta), c. 144 (Vincenzo Lucini depositario); ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 166. Trascr. grimaldi 1999, p. 272.
Messer Vincenzo Lucino depositario pagate al cavaliere Gianbattista dalla Porta scultore fiorini cento sono a buon conto di statue che ha fatto e farà per ornamento di santa cappella e fate fare di ricevere. Fiorini 100.
26. 1572 maggio 24 ASCL, Governo Santa Casa, Antichi regimi, Titolo XIV Accordo sul pagamento a Giovanni Battista Della Porta per le Sibille della Santa Casa di Loreto. Trascr. grimaldi 1999, pp. 272-273.
In nome di Dio amen. A di 24 di maggio 1572 in Loreto. Sia noto, e manifesto a chi legerà la presente scrittura come per essa si dechiara, che essendo stato condotto due anni sono il cavalier Gianbattista dalla Porta scultore al servigio di santa Casa per far le sibille di marmo a riempitura de nicchi in ornamento della s.ma cappella di Nostra Donna di Loreto, questo di oggi havendone il detto scultore compite sei, et ridottene tre a buon termine, desiderando egli che sia fatto il prezzo alle fatture di esse, avanti che più oltre si passi et fattone più volte instanza. Perciò monsignor Sassatello di Santa Casa presente governatore
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per sodisfar detto cavaliere in ogni cosa ragionevole, volendo dechiarare e stabilire questo negotio, sentita la dimanda di 250 scudi il pezzo fatta da detto cavaliere sentito il parere di molti homini della professione, havuta informatione del prezzo delli profeti posti nelle medesime facciate fatti da messer Girolamo, e fratelli scultori come nelli libri della computistaria, inteso ancho di quanto gli detti messer Girolamo, e fratelli si sarebbono contentati di lor factura per far dette sibille per la presente di sua propria mano sottoscritta a perpetua memoria dechiara con l’intervento di detto cavaliere scultore, che il prezzo di dette sibille tanto fatte, e messe in opra quanto da farsi da esso cavaliere sia, et esser debba di sua fattura scudi docento il pezzo a tutte sue spese. Quale dechiaratione, e prezzo esso cavaliere accetta, e conferma, riservando però esso monsignor governatore che questa conclusione sia di nessun valore sintanto che non viene approvata et ratificata da monsignore illustrissimo et reverendissimo cardinale d’Urbino perpetuo protettore di Santa Casa et in fede del tutto io Horatio Serafino cancelliere della prefata Santa Casa di commissione del predetto monsignor governatore et di volontà di detto cavaliere scultore ho fatto la presente di mia mano. Ita est Robertus Sasatellus gubernator. Io Giovan Batista de la Porta scultore aceto e me contento di quanto è stato conchluso come di sopra.
27. 1572 maggio 24 ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 175 Pagamento a Giovanni Battista Della Porta di 2400 fiorini per sei Sibille della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 151 (ornamento della cappella), c. 152 (Giovanni Battista Della Porta). Trascr. grimaldi 1999, p. 273.
A ornamento della santissima cappella della Madona deloreto scudi mille docento si fanno buonj al cavalliere Giovanni Battista dalla Porta scultore sono per sej sibille di marmo fatte per ornamento della detta et messe cinque delle dette persino aquesto dì sopra li profeti a fiorino 400 luna secondo al detto cavalli ero. Fiorini 2400
28. 1572 maggio 24 ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 175 Pagamento a Giovanni Battista Della Porta di 523 fiorini per sei Sibille della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Depositario 17, 1571-1572, c. 156; ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 152 (Giovanni Battista Della Porta), c. 144 (Vincenzo Lucini depositario). Trascr. grimaldi 1999, p. 273.
Al cavaliere Giovanni Batista dalla Porta scultore fiorini cinquecento ventitre bl. 25.2 da
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Vincenzo Lucino depositario sono prezzo di fattura di sibille sej fatte per ornamento della santissima cappella persino a questo dì che 5 messe al presente inopera mandati n. 183. Fior. 523, bl. 25.2.
29. 1572 maggio 24 ASCL, Depositario 17, 1571-1572, c. 156 Pagamento a Giovanni Battista Della Porta di 100 fiorini per tre Sibille della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 152 (Giovanni Battista Della Porta), c. 144 (Vincenzo Lucini depositario); ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 175. Trascr. grimaldi 1999, p. 273.
Messer Vincenzo Lucino depositario pagarete al cavaliere Giovanni Batista dalla Porta scultore fiorini cento sono a buon conto di tre sibille di marmo che il detto fa per ornamento della santissima cappella di nostra Donna di Loreto e fate fare di ricevere. Fiorini 100.
30. 1572 giugno 30 ASCL, Depositario 17, 1571-1572, c. 163 Pagamento a Giovanni Battista Della Porta di 400 fiorini per le Sibille della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 152 (Giovanni Battista Della Porta), c. 153 (Vincenzo Lucini depositario); ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 187. Trascr. grimaldi 1999, p. 273.
Messer Vincenzo Lucino depositario pagarete al cavaliere Gianbattista dalla Porta scultore fiorini quattrocento sono a buon conto delle sibille di marmo che ha fatte e farà per ornamento della santissima cappella di Santa Casa e fate fare di ricevere Fiorini 400.
31. 1572 luglio 20 ASCL, Depositario 17, 1571-1572, c. 168 Pagamento a Giovanni Battista Della Porta di 200 fiorini per le Sibille della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 152 (Giovanni Battista Della Porta), c. 157 (Vincenzo Lucini depositario); ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 194. Trascr. grimaldi 1999, p. 273.
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Messer Vincenzo Lucino depositario pagarete al cavaliere Giovanni Battista dalla Porta scultore fiorini docento sono a buon conto di sibille che ha fatte e farà per ornamento della cappella di Santa Casa e fate fare di ricevere. Fiorini 200.
32. 1572 luglio 21 ASF, Archivio Mediceo, Carteggio Universale di Cosimo I Granduca, Filza 247, c. 283 Collazionata ec., concorda ec., li 16 luglio 1851, F. Moisè Archivista. Lettera di Roberto Sassatelli al Granduca di Firenze, Cosimo I de’ Medici, concernente la Santa Casa di Loreto. Trascr. gualandi 1856, vol. 3, pp. 70-72.
Serenissimo Principe. Essendomi io questo marzo passato ritrovato presente quando la felice memoria di Pio V commise a Monsignore Illustrissimo mio d’Urbino che dovesse ad un mandato di Vostra Altezza consignare una cappella in questa santa Chiesa di Loreto da fabricarsi a sua memoria, son stato sempre aspettando da quell’hora che io tornai di Roma che Vostra Ser.tà mandasse a pigliarne il possesso per assegnarnele una la più bella, la maggiore e nel miglior sito di tutta la chiesa, quando Vostra Altezza continui in questo santo pensiero potrà a suo piacere mandare a riconoscerla, che le sarà consegnata molto volentieri, e come prima sarebbe meglio. Facendo di bisogno a questa Santa Casa di quattro pezzi di marmo di Carrara per compire l’ornamento della capella di Nostra Donna di quattro profeti che mancano, mandiamo il cavaliere Giovanni Battista dalla Porta a levarli essendo scultore et huomo pratico; la supplichiamo a restar servita di fargli ogni favore che gli bisognasse, e se Sua Altezza risolvendosi fare detta cappella volesse mandare marmi et altre pietre in queste parti, la supplichiamo a far tanta carità a questa Santa Casa, che si contenti che questi quattro pezzi siano condotti con gli suoi che oltre che farà opera degna di Lei Monsignore Illustrissimo mio, et io le ne resteremmo sempre obbligarmi facendo pregare sempre in questo santo luogo per la conservazione di Vostra Altezza et sua casa e con ogni riverenza le bacio le mani. Di Loreto il dì 21 Luglio 1572. Di Vostra Altezza Humilissimo et Devotissimo Servitore. Roberto Sassatello Governatore di Loreto. Al Serenissimo Principe il Gran Duca di Toscana.
33. 1572 ottobre 2 ASCL, Depositario 17, 1571-1572, c. 179 Pagamento dalla Santa Casa di Loreto a Giovanni Battista Della Porta e a Tommaso Della Porta il Giovane di 360 fiorini per una Sibilla realizzata da Tommaso. Cfr. ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 152 (Giovanni Battista Della Porta), c. 170 (Vincenzo Lucini depositario); ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 218.
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Trascr. grimaldi 1999, pp. 273-274.
Vincenzo Lucini depositario pagate al cavaliere Giovanni Battista Della Porta scultore e per lui a messer Thomaso suo fratello et di sua commissione come per lettera diretta al computista di Santa Casa fiorini trecentosessanta bl. 24 sono per il resto di una sibilla fatta dal detto messer Thomaso e messa in opera questo dì per ornamento della santissima cappella a fiorini 400 l’una e fate fare di ricevere. Fiorini 360, bl. 24.
34. 1572 novembre 8 ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 151 (ornamento della cappella), c. 170 (Vincenzo Lucini depositario) Pagamento dalla Santa Casa di Loreto a Giovanni Battista Della Porta di 37 fiorini per il viaggio a Massa Carrara per l’acquisizione di quattro pezzi di marmo. Cfr. ASCL, Depositario 17, 1571-1572, c. 182; ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 227. Trascr. grimaldi 1999, p. 274.
Paoli 179 da Vincenzo Lucini depositario pagati al cavaliere Giovanni Battista sopradetto [Della Porta] per tanti spesi da lui per andare a Massa di Carrara per cavare quattro pezzi di marmo per metterli in opera per detto ornamento in giornale 227 mandati 120 havere in questo 170. Fiorini 37, bl. 17.
35. 1572 novembre 8 ASCL, Depositario 17, 1571-1572, c. 182 Pagamento dalla Santa Casa di Loreto a Giovanni Battista Della Porta di 48 fiorini per la caparra di due pezzi di marmo acquistati a Massa Carrara da Giacomo Diana. Cfr. ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 175 (Giacomo Diana), c. 170 (Vincenzo Lucini depositario) ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 227. Trascr. grimaldi 1999, p. 274.
Messer Vincenzo Lucini depositario pagate al cavalier Giovanni Battista dalla Porta scultore scudi 20 d’oro in oro a grossi 24 per scudo per altre tanti pagati da lui a Massa di Carrara al capitan Jacomo Diana per caparra di due prezzi di marmo comprati in detto luogo per fare due profeti in ormanto di santa cappella di Loreto e fate fare di ricevere. Fiorini 48.
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36. 1572 dicembre 15 ASCL, Governo Santa Casa, Antichi regimi, Titolo XIV Accordo sul pagamento a Giovanni Battista Della Porta per le Sibille della Santa Casa di Loreto. Trascr. grimaldi 1999, p. 274.
Al nome di Dio e di Nostra Donna. Adì 15 decembre 1572 in Loreto. Havendo il cavalier Giovanni Battista dalla Porta controscritto fatto per ornamento di santa cappella di Nostra Donna di Loreto dieci sibille, et dovendo havere per sua fattura scudi docento del pezzo secondo la controscritta dechiaratione fatta dall’illustrissimo et reverendissimo monsignore Sassatello governatore di Loreto, approvata dall’illustrissimo et reverendissimo cardinale d’Urbino protettore et confirmata et accettata da esso cavaliere dovrebbe havere dalla Santa Casa scudi duemila, ma per haverne egli donato un pezzo alla Santa Casa per sua divotione, restarebbe la sua mercede solo di scudi mille ottocento quali havendo di già havuti in contanti parte, et parte in diverse robbe comestibili et altre cose necessarie al vitto sicome n’appare per mandati et altre scritture apresso il computista di Santa Casa di qui è che detto cavaliere chiamandosi ben pagato, e sodisfato ne fa piena quetanza al predetto monsignore Sassatello presente et detta quetanza accettante a nome di Santa Casa, et in fede di ciò io Horatio Serafino cancelliere della predetta Santa Casa di commissione del predetto monsignore et di volontà del predetto cavaliere ha fatto la presente polizza sottoscritta dallo cavaliere a perpetua memoria. Io Giovan Battista de la Porta scultore e cavaliere sopradeto dicho et afermo quanto di sopra.
37. 1572 dicembre 16 ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 239 Pagamento a Giovanni Battista Della Porta di 200 scudi per una Sibilla della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 152 (Giovanni Battista Della Porta), c. 135 (limosine di Santa Casa). Trascr. grimaldi 1999, p. 274.
Al cavaliere Giovanni Battista [Della Porta] sopra detto scudi docento sono per il prezzo di una delle sopradette quatro sibille che egli dona alla Santa Casa per limosina et per sua divotione. Fiorini 400.
38. 1572 dicembre 16 ASCL, Depositario 17, 1571-1572, c. 39 Nota della Santa Casa di Loreto per conto di Giovanni Battista Della Porta.
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Cfr. ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 152 (Giovanni Battista Della Porta), c. 177 (Vincenzo Lucini depositario); ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 239. Trascr. grimaldi 1999, p. 274.
Messer Vincenzo Lucini depositario ricevete dal cavaliere Giovanni Battista dalla Porta scultore fiorini tredici bl. 27.4. li quali deve dare per saldo del suo conto vecchio delle dieci sibille che ha fatto per ornamento della santa cappella e fate di ricevere. Fiorini 13, bl. 27.4.
39. 1572 dicembre 16 ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 151 (ornamento della cappella), c. 152 (Giovanni Battista Della Porta) Pagamento a Giovanni Battista Della Porta di 1600 fiorini per quattro Sibille della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 239. Trascr. grimaldi 1999, p. 275.
[Ornamento della cappella de dare] fiorini milleseicento si fanno buoni al cavaliere Giovanni Battista [Della Porta] detto per 4 sibille da lui fatte et messe in opera per detto in giornale 239 in questo 152. Fiorini 1600.
40. 1572 dicembre 16 ASCL, Depositario 17, 1571-1572, c. 188 Nota della Santa Casa di Loreto per conto di Giovanni Battista Della Porta. Cfr. ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 178 (Giovanni Battista Della Porta), c. 177 (Vincenzo Lucini depositario); ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 240. Trascr. grimaldi 1999, p. 275.
Messer Vincenzo Lucini depositario pagarete al cavaliere Giovanni Battista [Della Porta] scultore fiorini cento quali segli danno parte a buon conto delli profeti che farà per ornamento della santissima cappella et parte aciò vada tra due mesi a Massa Carrara per far condurre pezzi quattro di marmi a Loreto et per servirsene in spese che gi potranno occorrere in simil viaggio et fare fare di ricevere. Fiorini 100.
41. 1573 febbraio 25 ASMn, b. 910, s.n. Lettera di Camillo Capilupi a Pietro Martire Cornacchia sul commercio di antichità.
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Trascr. brown 1987, p. 52, doc. 19. Bibl. brown - lorenzoni 1993, p. 228, nota 6.
Ho voluto ad ogni modo avisar Vostra Signoria come hoggi ho fatto una lettera di cambio a Vostra Signoria di scudi 135 d’oro in oro, dico scudi centotrentacinque et un soldo, come vederà che riesce di moneta centocinquanta, computandovi il cambio et l’agio, quale ho pagato, d’ordine di Monsignor Garimberto, a Maestro Tomaso [sic. Giovanni Battista] dalla porta scultore per finito pagamento di due statue comperate per Sua Eccellenza, et credo che con questi hormai resterà poco poco dei mille scudi della polize, per cui ci sono anchor quei 25 scudi rimessi ultimamente in luogo di quelli che diedero al cantore Palestrina.
42. 1573 settembre 22 ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 379 Nota della Santa Casa di Loreto per due blocchi di marmo per due Profeti consegnati a Giovanni Battista Della Porta. Cfr. ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 151 (ornamento della cappella), c. 177 (Giacomo Diana); ASCL, Depositario 18, 1573-1575, c. 99. Trascr. grimaldi 1999, p. 275.
Al ornamento della santa cappella fiorini cento sesanta otto per ducati 70 doro in oro si fanno buonj al capitano Jacomo Diana sono per 2 petre per fare 2 profeti per detta capella consegnate al cav. Giovanni Battista della Porta come per riceuto. Fiorini 168.
43. 1573 settembre 22 ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 380 Pagamento di 81 fiorini a Giovanni Battista Della Porta per quattro blocchi di marmo per i Profeti della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Depositario 18, 1573-1575, c. 99; ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 151 (ornamento della cappella), c. 178 (Giovanni Battista Della Porta). Trascr. grimaldi 1999, p. 275.
A lornamento della santa cappella fiorini ottantauno bl. 24 per ducati 34 doro in oro se fanno buoni al cavalier Giovanni Battista della Porta sono per nolo di 4 pezzi di pietra per fare profeti per detta capella da Lavenza di Massa a Livorno come per ricevuto si vede. Fiorini 81, b. 24.
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44. 1573 settembre 22 ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 380 Nota della Santa Casa di Loreto per spese di viaggio di Giovanni Battista Della Porta. Cfr. ASCL, Depositario 18, 1573-1575, c. 99; ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 151 (ornamento della cappella), c. 178 (Giovanni Battista Della Porta). Trascr. grimaldi 1999, p. 275.
A detto [ornamento della cappella] fiorini cento bl. vinti si fanno buoni a detto cavalier Giovanni Battista sono per sua spesa di andare a Massa stare là 2 mesi col servitore a fare alegerire i marmi tornare in Loreto […]. Fiorini 100, bl. 20.
45. 1573 settembre 22 ASCL, Giornale, 1571-1574, c. 380 Nota della Santa Casa di Loreto per spese di viaggio di Giovanni Battista Della Porta. Cfr. ASCL, Depositario 18, 1573-1575, c. 99; ASCL, Mastro B, 1571-1574, c. 178 (Giovanni Battista Della Porta), c. 247 (Vincenzo Lucini depositario). Trascr. grimaldi 1999, p. 275.
Al cavalier Giovanni Battista della Porta fiorini dugentodui bl. 4 da Vincenzo Lucini depositario sono per resto delle spese fatte a Massa per fare 2 pezzi di pietra per fare 2 profeti della santa capella. Fiorini 202, bl. 4.
46. 1573 settembre 22 ASCL, Depositario 19, 1573-1575, c. 99 Nota della Santa Casa di Loreto per conto di Giovanni Battista Della Porta. Trascr. grimaldi 1999, pp. 275-276.
Messer Vincenzo Lucini depositario. Il cavalier Giambattista dalla Porta scultore dovrebbe avere da Santa Casa fiorini trecento cinquanta bl.4, per il prezzo di due pezzi di marmo per lui comprati a Massa di Carrara per scudi 70 d’oro in oro che sono. Fiorini 168. Per nolo di haver fatti condurre detti due pezzi con due altri a Livorno per li 4 profeti che si hanno a fare per santa cappella scudi 34 doro in oro. Fiorini 8, bl. 2, den. 24. Per spese fatte in andare stare e tornare per 2 mesi a far sbozzare detti marmi. Fiorini 100, bl. 20. Ma per
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haver havuto fiorini centiquarantotto in due mandati resta havere fiorini docentodue et bl. quattro quali li pagarete et fate fare di ricevere. Fiorini 2020, bl. 4.
47. 1573 settembre 28 ASMo, Cancelleria Ducale Estense, Ambasciatori, Roma, b. 112, s.n. Lettere di Alessandro Grandi al conte Scipione Sacrati. Trascr. corradini 1985, p. 185.
Lista di gentil’Huomini come d’huomini dell’arte Ms. Tomao del Caval: gentiluomo romano. Ms Flaminio galgano Ms Dedalino romani. Ms Fabio antiquario romano. Ms Severo Severi già Segretario dell’Illustrissimo Cardinale Sermoneta. Ms Giovanni Federico Gianzani frate del piombo. Ms Giovanni Battista della Porta che vendé la Tavola del pidocchioso all’Eccellentissimo Signore Duca. Mro Andrea Scoltore. Maestro Flaminio Scoltore. Maestro Leonardo scoltore.
48. 1573 novembre 10 ASPd, Archivio dell’arca, b. 968, s.n. Lettera dei Presidenti dell’Arca ad un signore di Venezia (forse Marco Mantova Benavides) per il completamento del rilievo marmoreo con Sant’Antonio che risuscita il giovane di Lisbona iniziato da Danese Cataneo. Trascr. sartori 1976, pp. 37-38.
Magnifico et eccellentissimo signore. Desiderando noi di far finir a qualche eccellente sculptore il quadro che già fu cominciato dal quondam mistro Dainese Cathaneo per fi nir la Caphela del glorioso Sant’Antonio, havendo molti partiti s’habbiano rissolto di voler haver informatione delle opere fatte per il Kavalier Giovanni Battista in casa del carissimo Kavalier Mocenigo et dell’eccellentissimo Sonica et anco di quelle fatte per mistro Gerolimo Campagna arlevo di esso Cathaneo in casa del clarissimo messer Giacomo Contarini. Et essendo sicuri dell’amor di vostra magnificentia verso di noi et che particolarmente per amor di San Antonio la sarà contenta di far qualche faticha, acciocché esso quadro si riduchi in somma eccellenza per honor anco et della chiesa di esso glorioso santo et di questa magnifica città, vogliamo pregarla essere insieme con qualche gentiluomo honorato praticho di scultura, over qualche perito in simil cose et cum il reverendo padre che la verità a trovare, al quale è stà scritto da questi reverendi padri, a veder dette opere et poi rescriverne con quella fedeltà che siamo sicuri la farà, qual di esse si trovi più laudabile et
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perfeta. Restandoli sempre obligati et a lui dio core basandoli la mano si raccomandiamo et offerimo. Di Padoa, il dì X novembre 73. Di v. e. li presidenti della ven. Arca del glorioso Sant’Antonio di Padoa.
49. 1573 novembre 20 ASPd, Archivio dell’arca, Reg. 6, cc. 15-16 Offerte di scultori ai Presideni dell’Arca per completare del rilievo marmoreo con Sant’Antonio che risuscita il giovane di Lisbona iniziato da Danese Cattaneo. Trascr. sartori 1976, p. 38.
Post habitum longum colloquium circa quadrum marmoreum olim caeptum per q. Daynesium Cathaneum, intendentes ipsum dare alicui scultori ad preficiendum, comparavit d. Hieronymus Campagna scultori ad preficiendum, comparavit d. Hieronymus Campagna sculto discipulus dicti q. d. Daynesii praediciti et praesentavit infrascriptas litteras manu ut videtur d. Joseph Coffrata simul cum scriptura incipiente «R.di padri et Magnifici et Eccell. Signori Massari et Protettori». Indeque comparavit d. Antonius Gallini sculptor et aliam scripturam praesentavit incipientem molto r.di padri et voi magnifici et excell.mi signori sino sotto il regimento. Postea comparavit s. Franciscus sculptor et pariter praesentavit suam scripturam incipientem: Molto r.di padri et magnifici signori deputati all’Arca. Et dum haec tractarentur sermo quoque inter ipsos r.dos et magnificos praesidentes habitus fuit de persona magnifici equitis d. Io Baptistae Porta pariter sculptoris. Et maturam considerationem habuerunt super ipsis quattuor sculptoribus et ablationibus sive partitis per eos factis, contentis in ipsis scripturis tenoris infrascripti vide licet. Molto Magnifico et Eccll.mo Signor mio oss.mo. Da giovinetto già molti anni fui a Padova a basciar le mani a V. S. et doppo sempre gli son restato aff.mo si per il suo valore come anco per haversi dilettato continuamente di scultura et della pittura et esserne dell’una e l’altra intendente; hora havendo inteso che V. S. insieme con altri deputati all’Arca del Santo è per dar a finir l’opera de scultura già cominciata da m. Danese Cathaneo, mio carissimo amico, raccomando a V. S. m. Ger.mo Campagna scultore et discepolo del predetto m. Danese, et facio fede che è persona sufficiente a finir honoratamente la detta opera, e d’imitar più la maniera del suo maestro, et con più affettione et studio che nissun’altro, essendo che desidera l’honor del precettore et di se stesso, et le dico tanto più che essa opera quando m. Danese l’havesse finita che la maggior parte sarebbe stata fatta da questo giovane perché è sufficiente et ho visto l’esperienzia di lui in latre cose d’importantia sì che non tanto lo raccomando a V. S. per lui solo, ma anco per l’honore di m. Danese acciò che tal opera sia finita secondo che era la sua intentione, come sarà da questo che vi ha amore et che n’è come instrutto, et quella a favorire questo giovane oltre che sarà beneficio a tal opera et n’haverà honore. Io poi gli ne resterò obbligatissimo et di core a quella mi offero et li bascio le mani. Da Venezia alli 27 novembre 1573. Di V. S. Eccell. aff.mo servitore Iosepho Salviati. [Tergo] Al Molto Magnifico et Eccell. Signor mio oss.mo il Signor Marco Mantova. A Padova.
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50. 1575 dicembre 22 ASCL, Mastro C, 1575-1577, c. 115 (Andrea Arigucci), c. 167 (Giovanni Battista Della Porta) Nota della Santa Casa di Loreto per conto di Giovanni Battista Della Porta. Trascr. grimaldi 1999, p. 277.
[Andrea Arigucci e compagni denno avere] fiorini quarantanove bl. 11 per ducati 23.57 1/6 di paoli X che tanti anno fatto pagare in Napoli al cavaliere Giovanni Battista della Porta scultore per condurre marmi per profeti a 167. Fiorini 49, bl. 11.
51. 1576 marzo 11 ASR, Camerale I, Tesoreria Segreta, b. 1303, c. 53v Pagamento a Giovanni Battista Della Porta di 200 scudi per il Cristo e due angeli per la cappella del Santissimo Sacramento di San Giovanni in Laterano. Bibl. brentano 1989, vol. 37, pp. 184, 187.
[11 marzo 1576] E a di detto scudi centotrentatre fiorini 50 di moneta pagati per ordine come di sopra a Messero Giovanni Battista della Porta et i scultori sono presto et intero pagamento di scudi 200 per haver fatti doi Angeli et un Cristo che resuscita alla Cappella del Santissimo Sacramento in Santo Giovanni Laterano.
52. 1576 novembre 13 ASCL, Mastro C, 1575-1577, c. 167 (Giovanni Battista Della Porta) c. 115 (Andrea Arigucci e compagni) Nota della Santa Casa di Loreto per conto di Giovanni Battista Della Porta. Trascr. grimaldi 1999, p. 278.
[Giovanni Battista Della Porta de dare] fiorini ducentotrentuno bl. 18 sono per ducati 96 1/4 doro in oro che gl’hanno pagato li detti [Arigucci e compagni] d’ordine dell’illustrissimo monsignor cardinale d’Urbino disse per pagare li noli di 4 marmi da Napoli in Ancona vagliono ducati 122 1/2 di moneta di regno a 115. Fiorini 231. bl. 18
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53. 1576 dicembre 21 ASCL, Mastro C, 1575-1577, c. 252 (ornamento della cappella) c. 167 (Giovanni Battista della Porta) Nota della Santa Casa di Loreto per conto di Giovanni Battista Della Porta. Trascr. grimaldi 1999, p. 278. Bibl. brentano 1989, p. 185.
[Ornamento della santa cappella de dare] fiorini trecentoventitre bl. 3 si fanno buoni al cavaliere Giovanni Battista dalla Porta scultore per diverse spese fatte in far condure li 4 marmi da fare profeti da Napoli fino al Porto di Recanati a 167. Fiorini 323, bl. 3.
54. 1578 febbraio 21 BAM, D. 423 inf., cc. 43-44 Lettera Fulvio Orsini a Vincenzo Pinelli sul commercio di antichità. Trascr. brown 1999, pp. 72-73, doc. 42.
Messer Guglielmo Bos (...) tuttavia alloggia in casa, ha da trattare qua per conto del signor Alvisi la recuperatione di certi denari di alcune teste di marmo et d’un tappeto che vale 300 scudi da un Certo Cavaliere Della Porta. Starà qualche giorno per questo effetto (...). Io non viddi huomini più impudenti et pieni di bugie tanto li patroni come li servitori (...).
55. 1578 maggio 20 ASCL, Depositario 20, 1576-1579, c. 192 Pagamento di 80 fiorini a Giovanni Battista Della Porta per i Profeti della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Mastro D, 1578-1580, c. 8 (Giovanni Battista Della Porta), c. 112 (Giovanni Albini depositario); ASCL, Giornale, 1578-1580, c. 20. Trascr. grimaldi 1999, p. 279.
Messer Giovanni Albino depositario pagate al cavaliere Giovanni Battista dalla Porta scultore fiorini ottanta a buon conto de profeti che fa in ornamento di santa capella. Fiorini 80.
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56. 1578 luglio 3 ASCL, Mastro D, 1578-1580, c. 60 (Tommaso Della Porta), c. 129 (Giovanni Albini depositario) Pagamento di 60 fiorini a Tommaso Della Porta il Giovane per lavori alla Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Giornale, 1578-1580, c. 27; ASCL, Depositario 20, 1576-1579, c. 204. Trascr. grimaldi 1999, p. 279.
[Thomasso scultore deve dare] a Giovanni Albino fiorini sessanta a bon conto de lavori che fa per Santa Casa. Fiorini 60.
57. 1578 luglio 5 ASCL, Depositario 20, 1576-1579, c. 204 Pagamento di 120 fiorini a Giovanni Battista Della Porta per i Profeti della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Mastro D, 1578-1580, c. 8 (Giovanni Battista Della Porta), c. 131 (Giovanni Albini depositario); ASCL, Giornale, 1578-1580, c. 27. Trascr. grimaldi 1999, p. 279.
Messer Giovanni Albino depositario pagate al cavaliere Giovanni Battista dalla Porta scultore fiorini centoventi a buon conto de profeti che fa per Santa Casa. Fiorini 120.
58. 1578 luglio 16 ASCL, Mastro D, 1578-1580, c. 137 (statue per la chiesa), c. 8 (Giovanni Battista Della Porta) Pagamento di 690 fiorini a Giovanni Battista Della Porta per un Profeta della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Giornale, 1578-1580, c. 30. Trascr. grimaldi 1999, p. 279.
Statue al cavaliere Giovanni Battista Porta adì 16 di luglio scudi trecento de paoli 11 per scudo per un profeta fatto per la facciata della santissima cappella così saldato seco d’accordo a 8. Fiorini 690.
59. 1578 luglio 16 ASCL, Mastro D, 1578-1580, c. 8 (Giovanni Battista Della Porta), c. 22 (Andrea Arigucci e compagni)
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Pagamento di 233 fiorini a Giovanni Battista Della Porta per un Profeta della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Giornale, 1578-1580, c. 30. Trascr. grimaldi 1999, pp. 279-280.
[Giovanni Battista Della Porta de dare] a Andrea Arigucci e compagni di Roma scudi 121 baiocchi 66 de paoli 10 per scudo fattoli pagare per lettera di mons. Amici per resto del profeta allo incontro a 22. Fiorini 233.
60. 1578 luglio 16 ACR, Fondo generale, 90821, cc. 1r-2v Lettera di Paolo Roscio al cardinale Niccolò Caetani sul monumento di Loreto.
[c. 1r] Già io so che il Boccalino apre troppo la bocca nel prezzo della sepoltura come credo haver cennato nella prima lettera, et toccato anche in parte nella seconda con la quale se l’è mandata il secondo disegno contra l’informazione sua. Ma il ragguaglio dato a Vostra Signoria Illustrissima, che la sepoltura da farsi secondo il disegno di esso Boccalino si possa mettere in opera solamente con 1500 scudi credo sarà conforme a quello che si suol dar da coloro che si dilettano di dannari le opere d’altri ma essi non si offeriscono mai. Perché quando l’opera si dovesse fare a Roma dove la materia è in fatto. Ma facendosi alla Madonna, ove di diversi […] 150 miglia et 200 miglia et forse trecento miglia lontano bisogna condur la roba con infinita spesa et disagi et pericolo anco di perdita per mare io non so questi si risolveriano quando venessero alla conclusione del pagamento con Vostra Signoria Illustrissima. Pure perché queste son cose che non s’impiastrano così alla prima, io so del medesimo parere di Vostra Signoria Illustrissima cioè che prima si metta mano alla spesa, ella ascolti più persone, veda più disegni et si soddisfi a modo suo, perché dovendo farla così grossa in un loco tanto celebre a vista di tutta la christianità, giusta cosa è che l’opera sia molto ben considerata conforme al loco dove starà et alla persona perché si farà. [c. 1v] Crederò bene che a longo […] Vostra Signoria Illustrissima dopo aver molto pensato et […], non trovarà miglior partita che dall’istessi che stanno alla Madonna i quali havendo praticato parecchi anni il Santissimo loco, saperanno con longa sperienza molto più donde cavare la robba et condurla con avantaggio, che qual si voglia altro lontano non avvezzo a lavorar la robba se non dove la trova da presso o poco di longi. Havendo Vostra Signoria Illustrissima […] in altri, all’Architetto della Madonna si poterà dare […] della fatiga fatta nelli disegni mandati et così […] io non haverò da far altro che obedire a Vostra Signoria Illustrissima con preghiera di comandarmi se bene bisognasse star qua un po’ d’anni a tornarci più volte che in ogni modo sto in casa mia. L’Architetto è tanto sospettoso, de li suoi disegni mandati et pauroso che l’opera non se gli levi di mano, che quando io gli chiedessi la pianta della chiesa secondo l’ordine di Vostra Signoria Illustrissima non mi serviria. Lo lassarò dunqua stare et vederò se il cavaliere scultore vorrà servirmi più che altri non ha quel loco a proposito sabato a sera sarò alla Madonna et vederò quello posso fare et daronne avviso.
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Per via del cardinale d’Urbino io ho avuto avviso che quel signore ha già dato ordine [c. 2r] al governatore della Santissima Casa che Vostra Signoria Illustrissima sia compiaciuta del loco per la sepoltura. Io crederò che a quest’hora vostra Vostra Signoria Illustrissima, haverà havuto risposta della sua. Se il primo disegno non si trova l’Architetto sospettoso, si despererà. con che io bascio a Vostra Signoria Illustrissima le mano. Di Sirolo a di 16 di luglio 1578 Di Vostra Signoria Illustrissima Intendo che il Signore Cardinale d’Urbino ha già dato ordine per la sepoltura sua nel loco che sta in contro […] Devotissimo servitore Paulo Roscio [c. 2v] All’Illustrissimo et Reverendissimo signore mio Padrone Osservandissimo Il Cardinale di Sermoneta
61. 1578 luglio Peranda 1603, pp. 106-107 Lettera di Giovan Francesco Peranda a Francesco Capriani da Volterra sul monumento a Loreto per il cardinale Niccolò Caetani. Cfr. ACR, Fondo generale, 173684, s.d. (minuta) Bibl. marcucci 1991, p. 133; gori 2007, p. 132. (…) Da Loreto venne un altro disegno del N. per la sepoltura del signor Cardinale, il qual disegno è appresso di me, non entrò a dirvene il mio giudicio, perche quando saremo insieme, lo giudica rete voi, et con miglior fondamento; ha gran similitudine co’l primo, et dove è diverso da quello, non porta invenzione, che meriti laude, et nel vero si conosce la povertà dell’auttore, et la sterilità del ingegno, al qual non dà nessun aiuto ne l’artificio, ne l’osservanza. Il Caudatario del Signor Cardinal mi ha detto che voi ancore ne havete fatto un disegno, et gli par molto bello. Io gli ho prestato fede assai facilmente, sapendo quello, che si deve aspettar dalle vostre mani. Ne ho datta notitia à Sua Signoria Illustrissima la qual desidera di vederlo, et vi farà intendere, quando sarà il tempo, di venir qua; intanto vorrebbe, che vi abboccaste co’l Cavalier della Porta, et conferissino la intention vostra con lui per intendere, se l’opera si farà con manco spesa à Loreto, che in Roma, considerato tutto quello, che vi può correr per manifatture, vetture, et comparere de sassi, et altro; et credo, che Messero Pietro Americi vi scrivera il medesimo per parte di Sua Signoria Illustrissima la qual avendo inteso da me, che nel disegno ponete la sua statua volta al Santissimo Sacramento, mi ha detto, che le piacerebbe più se ella riguardasse la Santa Casa, et in questo sarà bene, che habbiate considerazione, perché questo Signor vorrebbe, che fusse così, et lo vorrà in ogni modo, quando accetti il disegno, et tanto io dico d’ordine suo. Ho qui la pianta della Chiesa di Loreto, et se vi piacerà, che possa servirvi, me ne scriverete, che subito la farò capitar in man vostra, dicendovi di più, che il sito, dove si hà da poner la sepoltura è largo palmi Romani ventisei, et mezzo; di maniera che lo spatio è tre palmi, et mezzo maggior che non fu detto. Ho giudicato che sia bene di scrivervi tutto questo per il fine, al qual camminiamo, et voi, et io come servitori
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d’un medesimo Patrone, vi bacio le mani, et vi prego à raccomandarmi à Madonna Diana vostra, ringratiandola delle sue salutationi.
62. 1578 luglio ACR, inventario G. Caetani, ordinamento cronologico, vol. 19, tombe 1584 (il documento in originale, Fondo generale, 157364, non è stato rintracciato) Lettera del cardinale Niccolò Caetani per il monumento di Loreto. Bibl. gori 2007, p. 73.
P.G. al Cavalier. Mi rissolvo anco di non voler l’imagine della Madonna perché è lavoro che viene di sopra alla cornice cosa sopra la quale ho osservato in tre sepolture di pontefici che non vi si pone all’altra opera e queste sono la sepoltura di Leone di Clemente e di Paolo 2° tutte tre fatte da valantuomini. Direte anco all’architetto che mi faccia intendere di quali cose farà bisogno che ci provvederemo a Roma per la sepoltura scrivo anco all’Architetto in credenza vostra all’Architetto. Magnifico amico carissimo il cavalier Paulo Rossi mio gentiluomo che sarà il dator di questa vi dirà quello che m’occorre di farvi intendere intorno al dissegno mandatovi da voi per la mia sepoltura. Vi piacerà di credergli come a me proprio perché mi rimetto a lui et vi prego felicità.
63. 1578 agosto 23 ASCL, Depositario 20, 1576-1579, c. 210 Pagamento di 50 fiorini a Tommaso Della Porta il Giovane per un Profeta della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Mastro D, 1578-1580, c. 27 (Tommaso Della Porta), c. 145 (Giovanni Albini depositario); ASCL, Giornale, 1578-1580, c. 35. Trascr. grimaldi 1999, p. 280.
Messer Giovanni Albino depositario pagate a messer Thomasso dalla Porta scultore fiorini cinquanta sono a buon conto del profeta che fa per santa capella. Fiorini 50.
64. 1578 ottobre 1 ASR, Notai A. C., b. 1696, atti notai Rodolphus Cellesius, c. 1r
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Pagamento di 1650 scudi a Giovanni Battista Della Porta per il monumento al cardinale Niccolò Caetani nella Basilica di Loreto. Bibl. bertolotti 1881 (1970), vol. 1, p. 180.
Die prima octobris 1578. Magnificus dominus Eques Johannes Baptista della Porta sponte etc. ad bonum computum scutorum millesexcentorum quinquaginta monete sibi promissorum pro opera constructionis sepulchri quod fieri facit illustrissimus et reverendissimus dominus cardinalis Sermoneta in venerabili ecclesia Beate Marie Virginis Lauretane et pro prima paga sibi promissa die hodierna iuxta formam instrumenti celebrati inter eos in loco Cisterne per ser Franciscum Cucullum notarium publicum seu alium die 27 septembris proxime preterita confessus fuit habuisse et recepisse a dicto illustrissimo et reverendissimo domino cardinali per medium banchi magnificorum dominorum de Banchinis scuta tricenta monete ad iulios .X. pro scuto, de quibus […] quietavit etc., et pro dicto Iohanne Baptista ac eius intuitu et contemplatione ibidem presens.
65. 1578 ottobre 8 ASR, Collegio dei notai Capitolini (Palmerius Fabritius), b. 1201, cc. 455r-v Giovanni Battista Della Porta, Annibale e Claudio Lippi presero per quattro anni una casa in via de’ Pontefici dagli eredi di Sebastiano del Piombo, al prezzo annuo di 115 scudi e ne fecero la divisione. Bibl. bertolotti 1884 (1965), p. 17.
[c. 455r] Die mercurij octava octobris 1578. Essendo Concorde messero Giovanni baptista della porta milanese, et messero Hanibale et messero Claudio de lippis cittadini romani asseriscono haver pigliato una casa in compagnia dell’heredi di fra bastiano del piombo posta in roma nella strada delli pontefici del rione di campo marzo per quattro anni à ragione e per annua pensione di scudi cento quindici di moneta da pagarse comunamente sicome dicono costare per instrumento rogato per messere Nicolo Piroti notario del signor Primo Collaterale et volendo le sopraddette parti venire alla divisione di detta Casa, acciò per alchuni tempo fra di loro non ne habbi da nascere scandalo alchuno viengono alla infrascritta divisione, cioè inprima di sopraddette parti si contentano che al sopraddetto messero Gio Baptista habbj davere tutti l’appartamenti dabasso di detta Casa à mandritta entrando dalla porta grande della strada di pontefici; et mezzo il cortile pure a man dritta et la remessa del Cocchio, ed questo che detto messero Gio Baptista s’habbi a servir in remetter detto cocchio per la porta del vicolo, et che la porta del cortile che va alla detta remessa del detto cocchio habbi à star serrata, et anche al detto messero Giovanni Bapista habbi da possedere il giardino item al detto messer Giovanni Bapista una stanzia sopra alla cucina al piano della Sala et versa vice alli sopradetti messero Hanibale [ora] messero Claudio habbino d’avere et gl’habbino a toccare l’instrada della porta libera della detta strada di ponte-
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fici con tutte le altre stanzie rappartamenti tanto di sopra quanto di sotto di detta casa Item che le cantine habbiano ad esser Comune, servando ognuno il loro appartamento secondo sono stati d’accordo tra di loro. Item che nel cortile s’abbi da fare un muro di mattoni in Cortello o mattoni in piano et che ognuno abbi da pagare la sua rata parte, Item evento che per accomodar detta divisione bisognando far cosa necessaria in detta Casa et ognuno delli sopradetti siano obbligati a pagare la loro rata parte, nel modo, et forma, sicome sono stati d’accordo, Item che l’intrata principale dell’appartamento del sopraddetto mastro Giovani bapta habbi da esser per la porta del giardino verso la via del corso, Item ed in evento che per Comodita del sopradetto messero Giovanni Baptista l’heredi patroni di detta Casa volessero far far una porta senza Concio et m. Hanibale [c. 455v] et messero Claudio habbino da decorrere alla rata parte di detta spesa et detta porta s’habbi da fare nel giardino del detto messero Giovanni Baptista verso la strada delli pontefici, et non facendosi di detta porta, et detto messero Giovanni Baptista volendo far una finestra et la sua ferrata di palmi Cinque per ogni verso presso la porta del giardino per vedere le persone che bussano et detti messero Hanibale et messero Claudio siano tenuti alla meta della spesa et si farrasi accomodar detta finestra et si farrà di detta locatione tutti miglioramenti fatti Comuni tra li sopradetti s’habbino medesimamente à dividere per metà, Item in evento che detto messero Giovanni Baptista voless sublocare le sopradette stantie ad altra persone che detto messer Giovanni Baptista sia obligato prima recercare detti messer Hanibale et messer Claudio, alli quali debbia farli pagare di pigione quel tanto che detto messer Giovanni Baptista ne paga lui, et versa vice, in evento che detti messero Hanibale et messero Claudio volendosi partire dalla soprascritte stantie, che non le possino suttrar ad altri, se prima non sia accenato detto messer Giovanni Baptista, et farli pagare la pigione che detti messer Hanibale et messer Claudio ne paga come nel detto instrumento rogato per il sopradetto messero H[…] Peroti, ad quod etc., quae omnia etc., quia sic actum etc., pro quibus etc., suprascripti omnes sese etc., ac ipsorum bona etc., in ampliori forma Camerae Apostolicae cum clausulis solitibus excetta formula clausula constituti procuratoris ad confitendum debi[itum] obligaverunt etc., renuntiantes omni et cuicumque appositioni et terminis statutariis et allis quibuscumque dilationibus, consentientes quod contra eos possit rela[xari] mandatum exequtorium unica citatione precedente, iuraverunt etc., super quibus etc. Actum Romae, in supradicta domo etc., presentibus etc., domino Laurentio de Frangispane Parmensi et domino Bernardino de Merisiis Romano regionis Campi Martis testibus.
66. 1578 dicembre 31 ASCL, Mastro D, 1578-1580, c. 137 (statue per la chiesa), c. 177 (Tommaso Della Porta) Pagamento di 690 fiorini a Tommaso Della Porta il Giovane per un Profeta della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Giornale, 1578-1580, c. 55. Trascr. grimaldi 1999, p. 281.
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Thomaso Porta fiorini seicentonovanta per un profeta fatto per la facciata di santa cappella. Fiorini 690.
67. 1578 dicembre 31 ASCL, Depositario 20, 1576-1579, c. 231 Pagamento di 690 fiorini a Tommaso Della Porta il Giovane per il resto di un Profeta della Santa Casa di Loreto. Cfr. ASCL, Mastro D, 1578-1580, c. 177 (Tommaso Della Porta), c. 180 (Giovanni Albini depositario); ASCL, Giornale, 1578-1580, c. 55. Trascr. grimaldi 1999, p. 281.
Messer Giovanni Albino depositario pagate a messer Thomasso Porta scultore e per lui a monsignor reverendissimo governatore fiorini quattrocentodicinove bl. 35 fattogli pagare da Sua Signoria reverendissima a Roma sono per resto del profeta fatto e messo da lui nella facciata di santa cappella. Fiorini 419, bl. 35.
68. 1579 giugno 25 ACR, Fondo generale, 78964, s.n. Lettera di Paolo Roscio per le statue Fede e Carità ai lati del monumento a Niccolò Caetani di Loreto. Bibl. gori 2007, p. 72.
Illustrissimo et Reverendissimo Singnore Padrone osservandissimo. Se bene messer Francesco, mastro di casa deve haver dato conto a Vostra Signoria Illustrissima del fatto della sepoltura, nondimeno, per non preterir l’ordine datomi da messer Pietro a nome di lei, io gli dico, che ho veduto li conci di essa sepoltura non ancora mandati, ma messi tutti in casse di legname per inchiodarli subito che ritornano li mulattieri che hanno fatto l’appalto del porto di tutta detta sepoltura, quali ne hanno già portate otto sepolture some et devono a quest’hora essere giunti. Il lavoro riesce molto nobile essendo lavorato con delicatura; né altro manca alla sepoltura, dalle statue in fora, che li peducci che sostentano la cassa; et a quest’altra settimana che li mulattieri doveranno essere di ritorno se ne mandaranno più di dodici some. Le statue tuttavia si lavorano, et la prima cominciata è a termine che ve ne manca poco a finire ma ancora non si può far giudicio di essa comparendo il lavoro di essa ancora grosso. Il cavaliere scultore spera a mezzo settembre haverla messa tutta in opera et io non mancarò di sollecitarlo. Domani io parto per la Marca. Ho aspettato sin hora per haver una licenza de grani; et hoggi l’ho havuta con la grazia di Dio; et con questa occasione, vi bascio a Vostra Signoria illustrissima la mano, supplicandola a conservarmi nella grazia
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sua. Di Roma a di 25 di giugno 1579. Di Vostra Signoria Illustrissima et Reverendissima. Devotissimo servitore Paolo Roscio. [sul retro] Cavalliere Paolo 25 di giugno 79. All’Illustrissimo et Reverendissimo signore mio Padrone Osservandissimo. Il Signore Cardinale di Sermoneta a Cisterna.
69. 1579 ottobre 8 ACR, Fondo generale, 29071-8277, s.n. Lettera del protonotario Vincenzo Casali e indirizzata al Cardinale Niccolò Caetani di Sermoneta. Bibl. gori 2007, p. 72.
Illustrissimo et Reverendissimo Signore et padrone mio osservandissimo. Sapendo Vostra Signoria Illustrissima quanto io sia servitore a lei et a tutta la sua casa, può anco rendersi sicura che io non lassarò mai passare occasione alcuna, ove io la possa servire, et massime ove io conosca inclinarsi la sua volontà. Però come il Cavalier della Porta verrà per dar complimento alla sepoltura, havrà tutte quelle commodità, che li faranno bisogno, et che sarà in poter mio di dargli, et ci assisterò con ogni diligentia, acciò che V. s. Ill.ma sia compitamente servita. Alla quale con ogni debita riverenza bacio le mani. Dalla Santa Casa li VIII d’ottobre 1579. Di Vostra Signoria Illustrissima et Reverendissima. Servitore et devottissimo. Il protonotario Casale. [sul retro] Protonotario Casali 8 d’ottobre 79. All’Illustrissimo et Reverendissimo Signore et padrone mio osservandissimo. Il Signore Cardinale di Sermoneta. Roma
70. 1580 ottobre 17 ASC, Archivio Urbano, Sezione I, b. 143, s.n. Atto di convenzione per la costruzione del monumento al cardinale Francesco Alciati in Santa Maria degli Angeli da parte di Giovannni Battista Della Porta. Bibl. schiavo 1990, pp. 995-996.
Conventiones. Die 17 octobris 1580. Magnificus dominus Annibal Paulinus Juris utriusque Doctor dominorum Aurelij et Terentij fratum ed Alciatis heredum bone memorie Jllustrissimi et Reverendissimi cardinalis Alciati tutor ut per acta domini Galdini Burlaschini notarij palatini sub die 4 mensis Maij presentis anni Ac virtute literarum familiarum Jllustrissimi et Reverendissimi Cardinalis Vercellensis, ipsi domino Annibali Paulino directarum et penes ipsum dominum Annibalem existentium tenoris infrascripti videlicet a tergo: Al molto magnifico signor Conte fratello onorabile messe Annibal Paulini Roma.
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Intus vero: Ho veduto li capitoli che mi ha portato il Caualieri et tutto sta bene, aggiondoui pero che esso caualieri sia obligato pigliarsi sopra di lui tutta la spesa si della rottura come conciatura del muro doue si ha da metter l’opra che cossi siamo restati d’accordo et vostra signoria farà fare subito l’Jnstromento che me ne contento Dalla mia Villa Ferrera di Frascati il dì XV ottobre 1580. Di Vostra Signoria Come fratello Guido Ferreri Cardinale di Vercelli. ex una et Magnificus dominus eques Joannes baptista a porta in urbe sculptor parti bus ex altera sponte etc. Ad pacta et capitula in quadam papyri cedula ibidem lecta et intellecta contenta et expressa et penes me notarium infrascriptum dimissa ac manibus ipsorum dominorum Annibalis tutori set Joannis baptiste subscripta quorum tenor de uerbo ad uerbum sequitur et est talis deuenerunt videlicet. Capitoli da osservarsi nella fabrica della sepoltura della bona memoria dell’Jllustrissimo et Reverendissimo Cardinale alciatti da farsi nella chiesa di Santa maria delli angeli in terme dal magnifico signor Cauaglieri Giouanni batista della porta scultore in roma. Prima che detto Cauaglier debbia fare detta sepoltura secondo il disegno datto da lui et sotto scritto da tute due le parti: et l’altezza d’essa dal primo piano sin alla sumità sia di marmi gentili: et li ornamenti cioe li quatro pilastri siano di mischio chiamatto porta Santa alti palmi noue largi palmi uno per ciascuno: la cassa del Corpo sia di mischio chiamato africano lunga palmi otto alta e larga alla proportione della lunghezza con le soi Zampe di marmo incastrate dentro. Jl coperchio sia del medesimo marmo et nelli angoli della cassa et di tuta l’opra siano incastrate pietre nobili. La tauola del epitfio sia lunga e larga alla proportione di l’opera di marmo negro bello et le lettere siano Jntagliate et adoratte et circa essa sia una cornicetta di marmo gialo: La nichia doue ua il ritratto sia di mischio affricano con la cornice intorno del detto marmo gentile. Jl fregio sia di mischio uerde: Jl ritratto del Cardinale et li doi angelli che uano Jn cima siano un poco magiori del naturale di marmo finissimo e bello: Et tute le pietre colorite siano lustre di bona maniera et li marmi impomiciati secondo si ricerca. Che il detto cauaglieri sia obligatto dar principio a l’opra subitto stipulato l’Jnstromento che sopra questi capitoli s’ha da fare et finirla fra sei mesi auanti da cominciarsi dal di della detta stipulatione: a tute sue spese si del portare come mettere in opra tagliatura et conciatura del muro et altre spese se ui fossero bisogno tal che li heredi del sudetto Jllustrissimo Cardinale non habino a sentire alcuna altra spesa per conto di detta sepoltura eccetto che l’Jnfrascritto pagamento del prezzo di essa. Che per il prezzo di detta sepoltura finita et posta in opra come di sopra si habia a pagare al sudetto Signor Cauaglieri scudi quattrocento cinquanta di moneta per li qualli il cauaglieri debia pigliare li panni de razza che sono apresso messer Bartholomeo nespeli a questo effetto che sono d’alle ducentouenticinque a ragione di scudi doi l’alla che fano a suma de scudi 450 detti di sopra: delli quali panni et prezzo il detto canaglie si contenta: et dice hauerli uisti et considerati et se gli debino consegnare fatta la stipulazione del Jnstromento. Che finita l’opra come di sopra sia in arbitrio delli heredi di farla estimare da persona del arte Jnteligente et caso che fosse stimata manco della sopradetta suma di scudi 450 Jl cauaglier sia obligatto a restituire tutto quello che fosse stimatta manco di detta suma di scudi 450 et se fosse più Jl Cauaglieri non possa adimandare quel piu: perché lo rimette et dona graziosamente alli sudetti heredi et alla memoria del sudetto Jllustrissimo Cardinale. Et Jn fede et obseruanza delle cose dette di sopra li presenti capitoli saranno sottoscritti daambodoi le parti in roma questo di 17 octobre 1580.
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Jo Annibale Pauolinj Tutore delli sopradetti heredi: affermo et prometto quanto di sopra si contiene. Jo giouan batista della porta afermo et prometo quanto di sopra si Contiene.
71. 1581 luglio 9 ASF, Mediceo del Principato, 749, c. 110 Lettera di Niccolò Gaddi ad Antonio Serguidi sul commercio di antichità. Trascr. barocchi - gaeta bertelà 1993, p. 199, doc. 217.
Molto Illustre Signor mio, Il Gran Duca Nostro Signore, questa sera mi ha detto che io scriva a Vostra Signoria che il Cavaliere Della Porta, scultore in Roma, ha dua figurette antiche di un braccio e mezzo di grandezza, che sono una Venere e un Marte, le quali le vole vendere, che ne ha scritto qua a Messer Giovanni Antonio Dosio, che le manderebbe se Sua Altezza Serenissima se ne contentava. Ora Sua Altezza mi ha comesso che io li dica che la scriva domani a Messer Diomede Leoni che le vegga e ne dia vaglio così della bontà, come dell’esser conservate e quello che giudica che vaglino, in caso che siano da pigliarle. Vostra Signoria mi scusi se non liene dico più cose, che sono tornato tardi da palazzo e le bacio le mani. Di Vostra molto Illustre Servitore. Niccolò Gaddi. Di casa il IX di luglio 1581.
72. 1581 luglio 22 ASF, Carteggio d’Artisti I, c. 247 Lettera di Diomede Leoni a Iacopo Serguidi sul commercio di antichità. Trascr. barocchi - gaeta bertelà 1993, p. 200, doc. 218.
Illustre Signor mio Osservandissimo, Ricevuta la lettera di Vostra Signoria de 15, sottomisi subito uno intendente de l’arte, amico mio, a vedere il Marte e la Venere et altre cose ancora del Cavaliere de La Porta, per ricoprire meglio la veduta di questi, i quali però furono considerati beni e fattone poi la macchia, ch’io mando con la presente, aveva ordine anco saggiare del prezzo, ma perché il Cavaliere non era in casa si lassò questo da parte, che si farà ben presto e ne darò avviso. Un suo lavorante disse che il Signor Giovanni Giorgio Cesarino, che continua ne lo umore, aveva fatto già gran procaccio per averle, ma non seguito altro si può credere che il Cavaliere si tenga molto alto, come è solito in tutte le cose. Chi le ha vedute dice che si potrebbero comprare quaranta scudi, ma per voglia cinquanta. Da quello che ho scritto sotto la macchia potrà Sua Altezza Serenissima giudicare a suo gusto e fare comandare a me, che di fede, di volontà e di obligazione, non credo a nessuno in servirla. Et in buona grazia di Vostra Signoria mi raccomando strettissimamente pregandole
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dal Nostro Signor Iddio, ogni felicità, sempre. Di Vostra Illustre Signoria vero servitore. Diomede Leoni. Di Roma li 22 di luglio 1581.
73. 1581 luglio 28 ASF, Carteggio d’Artisti I, c. 248 Lettera di Diomede Leoni a Iacopo Serguidi sul commercio di antichità. Trascr. barocchi - gaeta bertelà 1993, p. 200, nota.
Illustre Signore mio Osservandissimo, con la mia de 22, la Signoria Vostra averà ricevuta la macchietta del Marte e de la Venere e intesa la opinione del mezzano intendente sopra la onesta valuta, de la quale poi ha dimandato il Cavaliere [Giovanni Battista Della Porta] scultore, che, secondo il suo solito, gli ha risposto che sono figurette rare e da principe, che le stima più di tutte le altre cose insieme, ch’egli abbia, che voleva finire di mettere insieme e salvarle e goderle per suo diletto e simili altre novelle da ridere, sì come si rise il mezzano che lo conoscie. E gli cavò di bocca finalmente che non voleva manco di centocinquanta scudi. E perché è prezzo eccessivo di due terzi almeno, fu replicato dal mezzano, che credeva che la persona, ch’egli aveva indutta a pensare piuttosto a quelle che ad altro, non arriverebbe alla terza parte. Pure gli riferirebbe, ma per sua opinione crede, che si ridurrebbe forse a cento, che sarebbe anco la metà, troppo. In questo termine sta la cosa, la quale si continuerà di pedonare, senza mostrare voglia e con stare ne la bassezza del prezzo, secondo che mi sarà comandato. E quando Sua Altezza Serenissima pur le voglia, sarò ardito in ricordare che meglio sarebbe pigliarle ne lo stato che ora si ritrovano, che lassarle finire di mettere insieme al Cavaliere, che non sa nulla, massimamente rispetto al braccio sinistro, similmente staccato e male inteso dal primo artefice, al quale costui ora pensa aggiungere targa e fodero di spada, per coprire un membro, nudo, che mascherato. Et in buona grazia di Vostra Signoria mi raccomando strettissimamente pregandole da Nostro Signore Iddio ogni felicità sempre. Di Vostra Illustre Signoria vero servitore Diomede Leoni. Di Roma li 28 di luglio 1581.
74. 1583 febbraio 2 BEM, Autografoteca Campori, fasc. Giovanni Battista Della Porta, s.n. Lettera di Giovanni Battista Della Porta a Vespasiano Gonzaga. Trascr. campori 1866, pp. 64-65, doc. LXXIII; ventura 1997, p. 103, doc. 6.
Illustrissimo et Eccellentissimo Signor mio Colendissimo Rammentandomesi la servitù che la bona memoria di Maestro Thomasso della Porta mio Zio teneva appresso a Vostra Signoria Illustrissima et Eccellentissima, et con la presente oc-
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casione desideroso di ravvivare essa servitù, essendome capitata una cosa rara, et parendomi secondo esso desiderio mio cosa a proposito di quella et per la rarità, per l’eccellenza del Mastro et poesia ch’è Venere qual volendo compiacere a Marte volse armarsi cacciò mano alla spada. Qual statuina è anticha eccetto la testa, un braccio et la metà dell’altro et la punta del fodero, che piacendo a Vostra Eccellenza Illustrissima se ne compiaccia in quel miglior modo che le parerà, et quando non sia a suo gusto la si degnerà favorirme farmene scrivere che ne pigliarò recapito appresso a qualche Signore et quella havrà cognosciuto et conoscerà il desiderio mio che ho de servirla offerendomele a ogni gusto di quella provederla di altre statue d’Herculi, Bacchi, Imperatori et Imperatrici belli et di altre statue di grandezza naturali et maggiori quali al presente si trovano appresso di me che con facilità si condurrebbono a Vostra Eccellenza IIlustrissima in carri sino in Ancona, con che humilmente le fo reverenza. De Roma questo dì 2 de febraro 1583. Di Vostra Eccellenza Illustrissima humilissimo et devotissimo servitore Giovanni Battista Della Porta.
75. 1583 marzo 20 BMG, Daolio-Marani, b. 6, fasc. 28 Lettera scritta da Mario Bevilacqua a Vespasiano Gonzaga. Trascr. ventura 1997, p. 104, doc. 7.
Illustrissimo et eccellentissimo signore, Perche hora da Roma si è stato scritto dal signor Porta scultore, che insieme con i marmi di Vostra Signoria Eccellentissima ha mandato una statuetta di Venere, et che ha avuto aviso essere gionta costì con quelli a salvamento, qual essendomi dal sudetto mandate, e scrittomi che con la presente supplichi Vostra Signoria Illustrissima et Eccellentissima a commettere che sia consignata al presente mio commesso. Il che facendo con quella confidenza che mi prometto dalla sua infinita cortesia, con la presente le baccio le mani, et offerendomela devotissimo servitore me le raccomando in gratia. Di Verona, alli XX di Marzo MDLXXXIII. Di Vostra Signoria Illustrissima et Eccellentissima. Devotissimo servitore Mario Bevilacqua.
76. 1584 aprile 14 BEM, Autografoteca Campori, fasc. Giovanni Battista Della Porta, s.n. Lettera di Giovanni Battista Della Porta a Vespasiano Gonzaga. Bibl. campori 1866, p. 65, doc. LXXIV (trascr.); ventura 1997, p. 105, doc. 11.
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Illustrissimo et Eccellentissimo Signore et patron singolarissimo Sono mandato da Vostra Eccellenza Illustrissima in gran diligenza e venuto qua dove comparve giovedì per tempo e io ancora non ho mancato della solita mia diligenza perché le statove che li trovai comodisimamente verano suso de litica e già quel condutiero come Vostra Eccellenza Illustrissima scrive si è obbligato portarle così come sono: quanto del prezo ela si po inmaginare che io abi fato oni posibele ma non ho potuto averle per minore prezo di quello che li scrise. Hora rispondo al particulare de quatro pezi del istoria che ella mi cede [chiede] per adornare el camerino: io in questo ancora disidero di farmi conoscere da lei per diligente perché se serà posibile mi forzarò mandarli per questa conduta la quale non è per partirse de qui sino a 5. o 6. giorni avendo l’andata del Signore Cardinale de Medici impediti tuti i muli. Mi resta ora che per mia consolacione come averà riceute le statove mi scriva come li sono piaciute e ancora così la prego a favorirmi con comandarmi speso che non mi potrà fare gracia più singolare e in oni altra cosa rimetendomi al suo corero per non fare più longa letera con quella umiltà mi si conviene li bacio la mano e da Nostro Signore li prego felicità. Da Roma alli 14 di Aprile 1584 Di Vostra Eccellenza Illustrissima devotissimo Signore Giovanni Battista Della Porta
77. 1584 novembre 27 ASVR, Pia Casa dei Catecumeni e Neofiti, Instrumentorum 1584-1585, notaio F. Silla, b. 78, c. 167 Atto di convenzione per la costruzione dell’altare della cappella Falconi in Santa Maria ai Monti da parte di Giovannni Battista Della Porta. Bibl. guerrieri borsoi, in madonna 1993, p. 231.
Die 27 Novembris 1584 Cum fuerit et sit p. Ill.mus et R.mus d. Gugls tituli S.ti Laurentii m. Panisperna S. R. E. prespitero Cardinalis Sirlettus nuncupatus Protector ac Reliquii d. d. deputati Congregationis venerabilis Archiconfraternitatis Cathecumenorum de Urbe, cui est annecsa auctoritas apostolice ecclesia Beat.mae virginis Mariae de montibus, Concesserint domino Giulio Petro de Falconiis per se suis quondam heredibus et successoribus quibus cumquae ad habendum possidendum et ornandum ad eiusdem domino Juliu Petri libertus et voluntatem, unam ex capellis eiusque eccellentissima Beata Maria Vergine illam que est lato dextero contigua domino Marci Antonio Sabatini Bononienses ac D. Andrea de Monti. Volens que idem domino Julius Petrus in Illa altare constru et quondam tractavis et convenivit cum maestro domino equites Gio. Bapta della porta laico Mediolanensis Architetto seu sculptore in Urbe, per teneretur illud altare facere infra 23. che l’altare sia conforme al disegno che si è fatto che resterà in mano di me notaro, solam. te havera da essere differente nelli capitelli che hanno da esser di corinzio o composito
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come più piacerà al detto Giulio Pietro et sia col frontespizio aperto et sopra ci sarà un serafino di marmo statuale, il tabernacolo del frontespizio sarà ripieno di negro chiamato paragone con queste lettere intagliate et indorate, trae me post te, o altre che piacerà al detto Giulio p.o sotto il qual tabernacolo sarà ripieno di broccatello, et il fregio di mischio verde, et le colonne di giallo bello, et ben colorito della grandezza, et grossezza di quelle del sud.o M. Antonio Sabatino, li contropilastri saranno di bianco et nero. Il tellaro sarà di marmo bianco et pavonazzo, li zocoli et la predella correnti saranno ripieni di breccia gialla o vero broccatello, li ripieni delli piedistalli saranno ripieni di allabastro, cioè della facciata dinnanzi, li canti saranno di altri mischi, il restante sarà tutto di marmo gentile et salino si come tornerà meglio, et ancora la pietra ovvero tavole del altare cioè quella che va in piano sarà del medesimo marmo, perché sotto detta tavola andera di muro fatto a spesa di detto Giulio Piero. Et per questo altare havera d’havere detto s. Cavalliere dugento sessanta scudi di moneta a per tutto detto, cioè dugentoventi in danari contanti dal detto Giulio Pietro, et li quaranta in tanto pietre et marmi della Madonn Santissima che gli darà il magnifico Vincenzo Jachino Camerlengo di detto luogo ad stima di persona perita, delle quali li consegna al presente certi pezzi di colonna di Africano che sono alla Madonna dove era il forno, per scudi venti. Et a buon conto delli sudetti 220 scudi di moneta detto Giulio Piero in mia et de testimoni presenza da et sborza a buon conto scudi ottanta simili, et li 140 permettere pagarglieli quando sarà finito del detto altare. Et sono convenuti le suddette parti, che nascendo qualche differenzia fra di loro si rimettono al parer et giudicio del detto Signore Vincenzo. Et di più si sottomette ciascuno di loro al tribunale di detto Illustrissimo et Reverendissimo Signore Cadinale protettore, con pena di 100 scudi simili per le parti che mancherà, de applicarsi et per le sudette cose ciascuno obbliga se F.S. in amp.ri forma cam.a ap.ae cum presentibus. Illistrissimi d.d.Camillo Cerna Romano, et Francesco Bureanus campostellano de testibus
78. 1585 settembre 10 ACC, A 17, Riformanze, cc. 679-681 Il consiglio generale della comunità di Camerino prende in considerazione la proposta di Giovanni Battista Della Porta di fare un medaglione in onore di Sisto V e infine delibera di erigere una statua in bronzo dedicata a Sisto V. Trascr. grimaldi - sordi 1987, pp. 147-148, doc. XIII. Bibl. santoni 1905, pp. 19-21; grimaldi 2011, pp. 111-113.
Concilio generali in sala palatiis prioralis sevatis servandis (...) congregato. Essenso a prinicipio di questo pontificato, alli 28 di aprile p.p. risoluto dal general doversi fare alcune arme in pietra a memoria et honore della Santità di Nostro Signore et poi considerando esser bene di fare qualche dimostrazione maggiore a perpetua memoria
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di un tanto pontefice nostro amorevolissimo, come questo è già più giorni penetrato in Roma a notizia di molti de’ signori padroni, et perciò il cavaliere Giovanni Battista Della Porta statuario partito ultimamente da Roma per la volta di Loreto si sia qui presentato quasi rinviato et indirizzato da alcuni signori della Camera et accompagnato con le lettere di monsignor reverendissimo di Martorano, et del nostro agente con mostrare et lassare qui alcuni suoi disegni fatti da esso circa il far qui una medaglia di sua Santità con alcuni ornamenti, largamente hora si propone quel che par di fare in nome pubblico di questa città per dimostrazione memoria et devozione più degna che sia possibile verso Sua Santità. Vincentius Ugolini super primo dixit. Si deve, et si ha da honorare la Santità di Nostro Signore. Et per mostrarle la vera devozione et confidenza di questa città se la faccia una statua di bronzo da collocarsi o nella piazza della corte, o del palazzo priorale, o altrove a giudizio de’ periti, mai più non si potrà forse havere una occasione tanto bella degna et honorata quanto questa (...). Pompilius Rodulphinus super i confirmavit addens che la statua si metta dentro il nostro palazzo (...). Marianus Cella super primo confirmavit addens che la statua si faccia intera perché si vedano le braccia e et li piedi, da pigliarsi il modello in Campidoglio (...).
79. 1587-1588 ASR, Camerale I, Fabbriche, b. 1528, cc. 48r-v, 76r-v, 77r-v Pagamento a Leonardo Sormano, Prospero Bresciano, Pietro Pauolo Olivieri, Giovanni Battista della Porta, Flaminio Vacca e Giovanni Antonio Valsoldo per le statue di Santi della cappella sistina in Santa Maria Maggiore. Sul primo foglio della busta: «Libro mastro delle fabbriche tenuto da Hermes Cavalletti computista. 1585-90. Fabbriche volute da Sisto V. Conti per Domenico Fontana». Bibl. d’onofrio 1977, p. 228.
[c. 48r] 1587. Lorenzo Sormano et scultori devona dare addi 29 di Novembre 87 scudi trecento di moneta a loro conto da m.ci Pinelli depositari generali di N.S. aconto delle statue per la cappella del presepio in Santa Maria Maggiore scudi 300 Et addi 22 di dicembre scudi trecento da detti scudi 300 1588 Et addi 4 di febraro da detti scudi trecento di moneta scudi 300 Et addi 2 di Marzo scudi trecento di moneta da detti scudi 300 Et addi 16 di Aprile da detti scudi trecento simili scudi 300 Et sino li 22 di Agosto scudi dugento di moneta da Mons.re Frangipani Tesoriere secreto per conto di N.S. per la prima pagha scudi 200 Et addi 14 di Maggio scudi dugento di m.ta da SS.ri Pinelli depositari cont. Flaminio Vacca e Gio.Pauolo Olivieri aconto delli dui Angioli di marmo che si fanno per tener l’Arme sopra la fontana del’Acqua Felice a Monte Cavallo scudi 200
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Et addi XI di luglio scudi dugento di moneta da detti conti a detti aconto come di sopra scudi 200 Et addi 23 di settembre scudi 700 di moneta per resto di scudi 2400 [In interlinea scudi 2100] simili pagati da detti signori depositari alli sopradetti Leonardo Sormano, Prospero Bresciano, Pietro Pauolo Olivieri, Giovanni Battista della Porta, Flaminio Vacca et Giovanni Antonio Valsoldo scultori per resto delle sei statue di Santi cioè San Pietro, San Pauolo, San Francesco, Sant’Antonio da Padova, San Domenico, San Pietro martiri scudi 700 1589 Et addi 24 di maggio scudi cento di moneta cont. a Pietro Pauolo Olivieri e Flaminio Vacca scultori per resto di scudi 500 per prezzo di due angioli scudi 100 scudi 2.900 Leonardo Sormano deve dare addi 26 di settembre 1588 scudi 450 hauti per mandato di N.S. da SS.ri Pinelli per resto et intero pagamento di scudi 1000 per la statua di Mioyse alla fontana di termini che li restanti scudi 550 gli furono pagati da Giovanni Fontana delli danari dell’Acqua Felice al qual conto gli furno fatti boni come si vede con questo a scudi 450 [c. 48v] A di 1588 Leonardo Sorman, Prospero Bresciano, Pietro Pauolo Olivieri, Giovanni Battista della Porta, Flaminio Vacca et Giovanni Antonio Valsolda scultori di contro deveno havere scudi duemila quattrocento di moneta per le sei statue cioè San Pietro, San Pauolo, San Francesco, Sant’Antonio da Padova, San Domenico, San Pietro martiri posti nella Cappella del Santissimo Presepio in Santa Maria Maggiore scudi 2.400 Et deveno havere scudi cinquecento di moneta per il prezzo delli dui angioli di marmo saldatoli da N.S. in detta somma alli 24 di maggio 1589 come ppare per ultimo mandato fattoli pagare da SS.ri Pinelli alli quali resta in mano detto saldo scudi 500 scudi 2.900 Leonardo Sormano di contro deve havere li medesimi scudi 450 per resto di scudi 2000 per la statua di Miojse fatta alla fontana di termini come si fa mentione per il mandato di N.S. dalli 26 di settembre 1588 appresso de SS.ri Pinelli scudi 450 [c. 76r] 1588 Il Cavalier Giovanni Battista della Porta a conto della Istori di Aron che fa a man dritta del Moyse alla fontana di Termini deve dare addi 29 di Novembre scudi cento di moneta pagatoli con mandato di N.S. da M.ci SS.ri Pinelli depositari generali di SS.ta scudi 100 Et addi 24 di dicembre scudi cento di moneta a conto come di sopra scudi 100 1589 Et addi 26 di Agosto scudi cento di moneta per mandato 3°scudi 100 1590 Et addi 12 di Marzo scudi settecento di moneta pagatoli da detti per mandato di N.S. di sudetto per resto di scudi mille per l’opera di manifattura alla Istoria di Aron fatta alla fontana Felice scudi 700 scudi 1000 [c. 76v] 1590 Il Cav.re Giovanni Battista della Porta di contro deve havere scudi mille di moneta per la Istoria di Aron fatta di marmo e posta alla fonte Felice sulla Piazza di Santa Susanna la quale Istoria fu stimata da Giovanni Battista Bianchi e Silla Longhi scultori per scudi 1.350
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di moneta da N.S. è stata ridotta e saldata alli sopradetti scudi mille come appare nel fine del conto per una poliza sottoscritta da SS.tà sotto li 3 di marzo 1590 scudi 1000. [c. 77r]1588 Flaminio Vacca e Pietro Pauolo Olivieri devono dare addi 29 di Novembre 1588 scudi cento di moneta pagatoli per mandato di n.S. da m.ci ss.ri Pinelli depositari generali di N.S. aconto della Istoria di Giosuè che fanno alla fontana di termini nella banda manca del Moyse scudi 100 Et addi 24 di dicembre scudi cento di moneta aconto come di sopra scudi 100 Et addi 4 di settembre 1589 scudi settecento di moneta pagatoli da detti per mandato di N.S di 2 del presente per resto et intero pagamento della Istoria del Giosuè di marmo posta alla fontana felice sula Piazza di Santa Susanna scudi 700 scudi 900. [c. 77v] 1589 Flaminio Vacca Pietro Pauolo Olivieri scultori di contro devono havere scudi novecento di moneta per la Istoria del Giosuè di marmo fatta da loro e posta alla fonte felice sulla Piazza di Santa Susanna la quale Istoria fu stimata da Giovanni Battista Bianco e Pietro della Mota scultori per scudi 1177 di moneta e da N.S. è stata ridotta e saldata alli sopradetti scudi 900 come appare nel fine di conto per una Poliza sotto scritta da S.S.tà sotto li 29 di Agosto 1589 scudi 900
80. 1587-1589 ASR, Camerale I, Mandati Camerali, b. 936, cc. 33, 39, 44, 50, 53, 83, 125 Pagamenti per le statue di Santi della cappella sistina in Santa Maria Maggiore e per i lavori alla mostra dell’acquedotto Felice. Bibl. d’onofrio 1977, p. 228.
[c. 33] Mons.re Pepoli nostro tesoriere generale ordinarete a Castillano et Giovanni Antonio Pinelli che paghino a m.Leonardo Sormano scultori scudi trecento di moneta quali li doverà ripartire con m. Prospero Bresciano et m. Pietro Paolo Olivieri, m. Giovanni Battista della Porta, m.Flaminio Vacca, et Giovanni Antonio Valsoldo, quali sono a buon conto delle statue che essi fanno di santi per la nostra Cappella del Presepio, che così pagati vogliano li siano fatti boni nelli conti et resto (...). A di 8 luglio 1587. Sistus PP.V. Magni. SS.ri Pinelli piacerà pagari al sopradetto m.Leonardo Sormano scultore li sopradetti scudi trecento di moneta per detti alli nominati m. li sopradetto ordine di […] che con pagamenti et saranno fatti boni menziona della depositeria generale […] D.Casali 18 di novembre 1587. S.Pepoli thesoriere. [c. 39] Mons.re Pepoli nostro tesoriere generale ordinarete a Castillano et Giovanni Antonio Pinelli che paghino a m. Leonardo Sormani scultori scudi trecento di moneta quali dovrà ripartire con m. Pospero Bresciano et m. Pietro Paolo Oliviero, m. Giovanni Battista della Porta, m.Flaminio Vacca et Giovanni Antonio Valsolda quali sono a conto delle statue che essi fanno dei Santi per la nostra cappella del presepio che così pagati vogliano li siano fatti boni
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nei loro conti della depositeria generale et resto assegnali […] alli questo di 17 dicembre 1587. Sistus PP.V. Magni.ci SS.ri Castellani et Giovanni Antonio Pinelli dovrà pagari alli sopradetti m. Leonardo et compagni scultori li sudetti scudi trecento di moneta conforme all’ordine soprascritto […] 23 dicembre 1587. S.Pepoli thesoriere. [c. 44] Mons.re Pepoli tesoriere generale ordinarete a Castillano che paghino a Leonardo Sormano scultore scudi trecento di moneta quali poi dovrà ripartirsi con Prospero Bresciano, Pietro Paolo Oliviero, Giovanni Battista della Porta, Flaminio Vacca et Giovanni Antonio Valsolda quali sono a conto delle statue che essi fanno de santi per la nostra cappella del presepio a Santa Maria Maggiore che con pagamenti di nostro palazzo apostolico di 29 gennaio 1588. Sistus PP.V. Magnifici ss.ri Pinelli piacerà pagare al sopradetto m.Leonardo Sormano scultore li sudetti scudi trecento di moneta conformi all’ordine sopradetto […] il 10 di febbraio 1588. S.Pepoli tesoriere. [c. 50] Scultori scudi 300. Mons.re Pepoli nostro tesoriere generale ordinarete a Castillano che paghino a Leonardo Sormano scultore scudi trecento di moneta quali poi dovrà ripartirsi con Prospero Bresciano, Pietro Paolo Oliviero, Giovanni Battista della Porta, Flaminio Vacca et Giovanni Antonio Valsolda quali sono a conto delle statue che essi fanno de santi per la nostra cappella del presepio a Santa Maria Maggiore che così pagati di nostro palazzo apostolico li 9 aprile 1588. Sistus PP.V. Magnifici ss.ri Pinelli piacerà pagare al sopradetto m.Leonardo Sormano scultore li sudetti scudi trecento di moneta conformi all’ordine sopradetto […] 26 di aprile 1588. S.Pepoli tesoriere. [c. 53] Per li doi angeli i marmo a termini pagati scudi 200 Mons.re Pepoli nostro tesoriere generale ordinarete a Castillano et ss.ri Pinelli nostro depositari generali che paghino a Flaminio Vacca et Giovanni Paolo Olivieri scultori scudi duecento di moneta quali sono a conto delli due angeli di marmo che da essi si fanno per tener le nostre armi in su la fontana dell’acqua Felice a Termini in luogo di quelli di stucco che al presente vi si trovano, che così pagati vogliano che siano fatti boni nei tesori. Della nostra Vigna questo di 13 di maggio 1588. Sistus PP.V. Magnifici ss.ri Pinelli piacerà pagare alli sopradetti Flaminio Vacca e Giovanni Paolo Oliviero scultori li sudetti scudi duecento di moneta conformi all’ordine sopradetto […] 14 di maggio 1588. S.Pepoli thesoriere. [c. 83] Per l’istoria dell’Aron a Termini. Scudi 100 primo mandato. Mons.re Pepoli nostro tesoriere generale ordinerà a Castellino che paghino a Giovanni Battista della Porta scultori scudi cento di moneta quali sono per resto dell’Istoria che dicesi si fa a man dritta del Moyse alla fontana di Termini, quali così pagati vogliani li siano fatti boni. Di nostro palazzo apostolico 17 novembre 1588. Sistus PP.V. Magnifici ss.i Pinelli piacerà pagare li sudetti scudi cento di moneta al sopradetto Giovanni Battista della Porta conforme all’ordine sopradetto di modo che ne saranno fatti boni. Di Casa li 18 novembre 1588. S.Pepoli tesoriere [c. 89]: A Giovanni Battista della Porta scultore scudi cento per l’Istoria dello Aron a Termini. 2° mandato a motu propri alli 23 dicembre 1588. [c. 125] 3°mandato per l’Historia d’Aron scudi 100. Mons.re Pepoli ordinato alli Pinelli che paghino à Giovanni Battista della Porta scultore scudi cento di moneta quali sono à bon conto dell’Historia d’Aron à Termine, et scudi pagati vogliano li siano accettati di Montecavallo questo di 22 agosto 1589. Sistus PP.V. Magnifici signori Pinelli pagarete al sopradetto Giovanni Battista della Porta li sopradetti scudi cento di moneta conferma di sopradetto ordine di N.S. di Casa questo di 9 agosto 1589. S. Pepoli Thesoriere.
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81. 1588-1589 ASR, Camerale I, Fabbriche, b. 1527, fasc. 49, cc. 10, 13 Pagamenti per i lavori alla mostra dell’acquedotto Felice. Sul primo foglio del fasc.: «Libro del Cavaliero Domenico Fontana Architetto ove sono notate tutte le spese fatte nelle fabriche inalzato dalla gloria mem. di Papa Sisto V dall’anno 1585 al 1589». Bibl. d’onofrio 1977, p. 228 (è indicato il fasc. 40, anziché 49. L’errore è ripetuto in d’onofrio 1986, p. 216, nota 8).
[c. 10] Acqua Felice e Fonte di Terme M. Matteo da Castello per tutte le spese in tempo della sua amministrazione, come in un conto saldato a di 15 di Dicembre 1588, che è apresso m. Hermes scudi 126782.16 M. Giovanni Fontana per tutte le spese in tempo della sua amministrazione come in un conto saldato a di 28 di Genaro 1589, che è apresso m. Hermes scudi 101681.36 Sig.re Murtio Colonna per l’acqua a di 8 di Maggio 1589 apresso li Pinelli scudi 25000 Leonardo Sormano per resto di scudi 1000 che importa la statua del Moisè scudi 450 che gli altri scudi 550 furono pagati da m. Giovanni Fontana delli denari venuti in sue mani per conto dell’acqua come per mandato di 16 di settembre 1588 apresso li Pinelli scudi 450 Il medesimo per li due angeli di marmo alla fonte come in un conto saldato adi 24 di Maggio 1589 che è apresso li Pinelli scudi 500 Flaminio Vacca per l’Istoria di Giosuè come in un conto saldato adi 29 di Agosto 1589 che è apresso m. Hermes scudi 900 Antonio Mambrilla per armatura delle cinque porte che servono alli condotti come in un conto saldato adi 28 di Novembre 1589 che è apresso m.Hermes scudi 27 90 scudi 255341.42 Cavalier Giovanni Battista della Porta per l’Istoria di Aron scudi 1000 [c. 13] Cappella del Presepio in Santa Maria Maggiore Leonardo Sormano per le sei statue di marmo come in un conto saldato a di 23 di decembre 1588 che è apresso li ss.ri Pinelli scudi 2400
82. 1588 settembre 9 ASR, Trenta Notai Capitolini, uff. 19, b. 19, cc. 295r-303r Inventari delle eredità di Giovan Francesco Bonzagni e Lorenzo Fragni stimate da Giovanni Battista Della Porta. Bibl. brentano 1989, vol. 37, p. 187; istituto dell’enciclopedia italiana 1997, vol. 49, p. 586.
[c. 300r] Lista de la roba et mobile che conpra messer Giovanni Francesco Bonzagnio estimade et dacordio presentia al cavaliero Giovanni Badista de la Porda 1588
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Prima doi stancie de corame de oro et argende estimade per il valore de scudi 55 fiorini – E più una dovalia sudila da davolino scudi 1 fiorini 2 E più salviede sudile numero 6 […] 15 lana in soma scudi – fiorini 90 E più 4 paia e meze de linzoli usade estimade in soma scudi 12 fiorini – E più 5 […] et fodrete vege estimade scudi 2 fiorini E più 7 salviede nove grose scudi – fiorini 70 E più 3 sucarole picole scudi – fiorini 15 E più 2 dovale vege da tavoline scudi 7 fiorini 20 E più 4 sucadore vege scudi – fiorini 40 E più 2 forcere vege cuparde de corame biancho scudi 2 fiorini – E più 2 tapede da tavoline scudi 7 fiorini – E più uno davolino como uno tapede vege et una caseda depinda scudi 2 fiorini – E più una ledene come 3 madaraze como al paiarice et la cuparda et al […] verte vege dovo dormeva al frade scudi 9 fiorini – E più 4 sedie de corame vege scudi 2 fiorini 40 E più uno paie de capefocho con li suoi fornimendi da […] otone finiti scudi 6 fiorini – E più 6 scabele de noza vege scudi – fiorini 90 E più uno quadro de pitura de una madona che veno dal parmisanino scudi 8 fiorini – E più 3 para de linsole per servidore scudi 4 fiorini 5 E più 7 cuparde dra bone et vege scudi 7 fiorini – E più 3 madaraze como dui paiarece et panchere e davole scudi 7 fiorini – E più n. 65 de piate de stagnio de varie sorde […] scudi 8 fiorini 4 E più 3 candiliere di otone scudi 1 fiorini 5 E più uno pare de cusino scudi – fiorini 30 E più una cuparda bianca de banbase sudila scudi 2 fiorini – E più uno quadro de pitura de una femina scudi 1 fiorini – E più 6 delare da inpanada scudi 3 fiorini – E più 2 davolini uno in sala et l’altro di sopra scudi - fiorini 70 E più la cassa de noso quadra che era del zio frade scudi 1 fiorini 30 E più uno vezo signiada di botoncino duo como como […] scudi 3 fiorini – E più n. 26 de piate de stagnio de vare sorte da cusina che si adoparaveno a fiorini 13 per g. mondano che ereno numero 17 scudi 3 fiorini 38 Somma de ogni cosa scudi 154 fiorini 18 [c. 300v] E più ramo de più sorde n. 8 pecie che pesano g. 30: a f. 12 per g. scudi 3 fiorini 60 E più uno caltaio che pesa g. 6 ½ a f. 12 per g. monda scudi – fiorini 78 E più 2 sege dal pozo et la badilia che pesano g. 20 a f. 12 per g. monta scudi 2 fiorini 40 E più 2 padele vege scudi 0 fiorini 30 E più una cadena dal fuoco scudi 0 fiorini 30 E più uno 3 piete et la gradichola scudi 0 fiorini 25 E più una cardenza in cucina scudi 0 fiorini 50 E più una vidina grande da aqua scudi 1 fiorini – soma. scudi 9 fiorini 13 scudi 154 fiorini 18 Soma de ogni cosa scudi 163 fiorini 31
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Io Giovan Batista della Porta fui presente quanto di sopra [c. 301r] Lista de le robe et mobile che conpra Lorenzo de Fragnio estimade et dacordio presentia al cavalero Giovanni Badista de la Porda 1588 Prima una dovalia sudila da davolino estimada scudi 1 fiorini 2 E più salviede sudile n. 6 a fiorini 15 luna in soma scudi – fiorini 90 E più per 3 suchadori a la durchescha scudi – fiorini 40 E più per 7 salviede grose scudi – fiorini 70 E più per 3 sucarole picolesimo scudi – fiorini 15 E più una dovalia vegia scudi – fiorini 60 E più 3 dapete vege estimade scudi 7 fiorini – E più 4 sedie vege de corame scudi 2 fiorini 40 E più 5 scabeli vege de noza scudi – fiorini 7 E più 3 para de lincoli grose per servidore a giuli 15 per paro scudi 4 fiorini 50 E più per g. 60 de piade de stagnio de più sorde a fiorini 13 per g. mondano scudi 7 fiorini 80 E più per 3 candiliero de hotone scudi 1 fiorini 50 E più per uno paro de cusino scudi – fiorini 3 E più per una cuparda vegia de dafeda […] scudi 3 fiorini – E più per 2 quadro de madona de pitura scudi 5 fiorini – E più per piade de stagnio varie sorte che ereno in cugina che sono n. 16 che pesano g. 23 a f.13 per g. mondano scudi 2 fiorini 99 E più per rame de più sorde pesi n. 11 pesano g. 35 a fiorini 12 per g. mondano scudi 4 fiorini 20 E più una caltara de ramo peso g. 8 ½ a fiorini 12 per g. monda scudi 1 fiorini – E più una lastra de ramo peso g. 5 a scudi 12 per g. monda scudi – fiorini 60 E più uno pare de capo foco da cucina et una paleda et uno paio de […] scudi – fiorini 7 E più 2 tre piede de fere scudi – fiorini 30 E più una gradichola scudi – fiorini 20 E più doi padele una granda et una picola scudi – fiorini 40 E più uno […] et una stadera scudi – fiorini 60 soma de ogni cosa scudi 47 fiorini 36 Io Giovan Batista della Porta fui presente quanto di sopra si contine [c. 301v] Qua da baso che serà sgride dute le figure de marmoree t deste et altre fragumende comparado per me Lorenzo de Fragnio per scudi 200 Prima uno Tiberio di marmo col petto E più una Livia con al petto di marmo E più uno Sipiono nasicho con uno pocho di peto E più uno Balbino con uno poco di peto di marmo E più uno Jovo Capitolino con petto de marmo E più una femina coronata di lauoro con uno poco di peto E più una Julia Augusta con uno poco di petto E più uno Apolo con uno poco di peto E più uno quadro ovado con li figure adorno de li pianeti de marmo E più una desta de Palade col peto picola
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E più una figurina in una grota de marmo E più uno Cupido che vola con una girlanda in mano E più una aquila de marmo E più 2 Bachi figurine alte doi palmi l’una E più un donto di baserileve con una forduna sopra uno capricornio de marmo E più una figura di base che camina cor uno coltelo in mano E più una desta picola de Calicola E più una testa picola de una femina col peto con capilatura stravagande E più uno Esculapio di marmo E più due termine de marmoro E più una figura de una femina a la casa de la piaza de Montedoro E più uno Cupito che dormo moterne E più dui torse de marmero E più tre femine senza desta et senza brase de marmoro E più parege fragumende de marmero di diverse sorde et altre pietre de diverse sorde lavurade et non lavurade che io Lorenzo le ho comprade da messer Giovan Francesco Bonzagni per la stima del signore cavaliere Giovanni Batista de la porta che luio li ha estimade de accordio in la suma de sguti ducento di moneta così daccordio dicho scudi 200 moneta Io Giovanni Batista della Porta ho stimato quanto di sopra. [c. 302r] Io Lorenzo di Fragnio me rimane cerde robe apressa di me de li quali serano sodo scritte qua da baso quali non se sono podute ventre per nulla et vedetisi io ne darò bon cundo a cosa per cosa. Prima lié uno bastono di bronzo como una vida adorno atordiliata come le grape de una como uno poco de piete aquista de manto forada dabaso sina in cima modarno no sevenderà mai più dal peso a guisa de […] E più li sono parege bronzo de varie sorte che sono numero 23 pezzi, lie uno tre piede trinagolo como le zampe de lione li è cerde figurino piccolissimo cerde piede cerde zampe de lione picole certe deste a quisa de pese che in dute sono de pochisime valore ch’io penso che non se ne cavarà mai più che al peso per quattrini per che sono cose gofe et altre cose stravagande. E più li è uno scadolino como quadro pece de bronzo doi in quisa de nebebie da sonare et altre dui figurine picole et rode et uno dalfine de argente picole che dute valeno pocho valore quelo poco argento dal dalfino. E più li è uno dorso de uno Archolo como la desta de marmoro in una scadola de cartono nigra de pocho valore. E più li è una scadoletta como doi corono de acata et cerde altre Patrenostre de le quale non ne o mai drovato uno giulio. E più cinque garde de medali andiche et motarne dute fruste che non sono bone non ma da guastare et vendere alipiù non valeno nulla non ma per lo dono per guastare. E più una garda como 15 medaliete de argente base che valeno l’argente solo ma eargende baso valeno da giuli sete. E più li è uno […] como le dalie dore dal quale como si venderà se ne derà condo et così di ogni cosa a cosa per cosa qua di sopra sgrito. Io Lorenzo de Fragnio manu propria
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[c. 303r] Lista de le robe vendute adiversi persone. Prima venduta al Illustrissimo Signore Paulo Sanvidale uno peduzo como una lasta de argente adorno de baserelevi lavorada como 4 figurino sopra de argendo piccolissime et una di medalo in mezo de aldeza de doi dita le figurine lo pacho scudi 6 fiorini – E più vinduto a li giudei dute li vesti mende dal frade che ereno da 13 overe 14 pece de vestimende de varie sorte dra […] et nigre dute vege et darmade et rovinade de la vegeza et altri fragumende vege ogni cosa de vestimende pachare in soma scudi 30 fiorini – E più ebe al dito giudei una insignia de dafeda de 3 colore como una meza peza de mocaiado biancho como l’onda et uno paro de calce vege le pacho scudi 6 fironi – E più per avere vendute carde e altre strace vege a uno altro giudei scudi 1 fiorni – E più per avere vendute a messere Mariano banchero 3 […] et una forcina et uno […] picole de argente como 3 lucarde de argente in uno scadolino pacho ogni cosa scudi 5 fiorni 1 – E più per avere vindute a messer Giovano orefice uno concolo de pietre in daliade de varie sorde gioie et di più uno scadolino […] como dentre diverse sorde piete et gioie de pocho momende dute scudi 4 fiorini 5 – E più per avere vindute a messere Piedro Pauolo coronaro doi corono de grestalo de mondagnia dramezado de pedoncini d’oro che ereno in uno scadolino de […] como uno anelo de corniola et tre bodono de gioia varie colore in soma scudi 2 fiorini 5 – E più al dite messere Piedre Pauolo comprò doi […] da candela de gioia et ne […] altre cose […] scudi 1 fiorini – soma scudi 56 fironi – Io Giovanni Batista della Porta fui presente quanto di sopra.
83. 1590 aprile 30 ASR, Collegio dei Notai Capitolini, notaio Alexander De Grassis, b. 867, cc. 20r-23v Testamento di Giovanni Battista Della Porta. Bibl. bertolotti 1881 (1970), vol. 1, p. 181; panofsky 1993, p. 119, nota 2.
[c. 20r] Die trigesima Aprilii 1590 Pont. S.mi Sixti pape V anno eius V Ind.3. In mei etc. Il Molto Magnifico Giovanni Battista della Porta, della bona memoria signor Alessio della porta milanese et Cittadino Romano del Rione di Campo marzo scultore in Roma et Cavalier di San Pietro sano dio gratia della mente del corpo, mente et intelletto volendo de suoi beni disporre e testare fa questo suo ultimo nuncupativo testamento, disposizione et ferma deliberazione dell’animo suo in vulgar idioma in questo modo et forma come seguita. Primo l’anima sua come cosa più degna raccomanda humilmente al onipotente Dio, supplicandolo e chiedendoli perdono de tutti i suoi peccati, et a ciò, invoca l’aiuto et intercessione della gloriosa sempre vergine Madre Maria e tutti i Santi, Apostoli evangelisti, Vergini, Martiri e confessori della celleste corte. Et esso testatore ordina che per l’anima sua si dicano le messe a San Lorenzo e a San Gregorio solite dirsi per l’anima de fedeli defunti. Il suo corpo vol sia sepolto nella chiesa di Santa Maria del Popolo appresso l’altare grande verso la sacristia nel
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loco dove fu sepolta la Barbara sua figliola charissima. Item esso testatore lega e lassa alla venerabile Compagnia di S.Iosephe de Terrasanta in la chiesa di S.Maria Rotonda in Roma, scudi cento di moneta da pagarsi una volta sola con peso però d’una messa et anniversario particolare con suoi responsori e luminari ogni anno in perpetuo per l’anima di esso testatore il giorno della sua deposizione. Alla Compagnia del S.mo Crocefisso in San Marcello scudi dieci di moneta. Alla Compagni di San Roccho scudi dieci di moneta. Alla Compagni del S.mo Corpo di Cristo in San Lorenzo in Lucina scudi dieci di moneta con carico et peso peso a tutta [c. 20v] et singule quattro compagnia sopradette, di Accompagnar il corpo di esso testatore alla sepoltura et per l’anima sua dir dieci messe piccole per ciasche compagnia la prima settimana della morte di esso testatore una messa sola e non più e mancando caschino dal presente legato: quali legati non possino riscuotere se non un anno dopo la morte di esso testatore. Item esso testatore per raggion de legato et in ogni altro meglior modo A Madonna Elisabetta Mariottina sua diletta moglie lassa e lega tutti et singoli vestimenti e a paramenti di esso testatore e di essa m.a Elisabetta tanto di drappo, seta, panno, lano o lino, quanto di qual si voglia altra sorte e tutte et singole robbe, Mobile, Massaritie, e suppellettili della casa di esso testatore di qualsivoglia sorte e conditione se siano, quadri, Pitture, Panni de lana, Lino, Arazzo, corami, seta, drappi, Gioie, Catene, Collane, franzette, Vezzi, Pendoli, Perle, Cinture, Anelli, oro et argento non monetato, Lettiere, letti forniti et non forniti, studioli, casse, sedie, Banche, Armadi, Tappeti, Cortinaggi, tutte robbe de la Cucina et tutte altre cose mobile suppellettile et masseritie di qualunque sorte se siano et si trovano in sala camera, anticamera, logge, cocine, cantine, cortili, et in tutta la casa di esso testatore non exceptuando cosa alcuna. Salvo però et reservato: Figure et statue di pietra, Marmo, Metallo, o altra sorte, qualità quantità genere et spetie se siano et loto fragmenti stigli Marmi, Pietre, ferri, Medaglie di qualunque sorte, e tutte altre et singole cose concernente et pertinente alla scoltura, oro et argento monetato, e crediti da riscotersi, quali tutti sempre se [c. 21r] intendano reservati et non compresi in conto alcuno nel sopradetto legato de mobili, quale legato essa m.a Elisabetta, sel possa pigliar da se stessa e de sua propria autorita senza altra licenza delli heredi infrascritti. Alla quale m.a Elisabetta ancora Ordina et lassa se li restituisca la sua Vigna de prati e de più esso s.r testatore vole ordina e comanda che ad essa m.a Elisabetta sua moglie si restituisca la sua dote che ha una casa posta in Roma in banchi appresso al banco di scarlotti valutatali scudi doi mila in circa come ne appare in istrumento rogatone m.r Stefano Latino notaro de Camera il di 28 de ottobre 1580 qual Vigna et Casa essa m.a Elisabetta se la possa pigliar de sua propria autorità senza licenza delli heredi come di sopra. Et oltre la dote, ad essa m.a Elisabetta sua consorte carissima lassa il suo quarto dotale, per il quale quarto et per ogni et qualunque altra cosa che da esso testatore potessi pretendere, lega da, et Consegna Cinque lochi de Monti Pii recuperabili compri de prima compra a scudi cento dicisette per loco senza la patente et senserie che in tutto detti cinque lochi importano scudi sei cento, de quali cinque lochi esso detto testatore ne ha doi patente appresso di se, cioè una de scudi doicento sotto il di XI de aprile del presente anno compro per lui dal s.r Fabritio Amorino et l’altra de scudi trecento sotto il di VI de aprile pur del presente anno over più vero tempo compro per lui dal s.r Raynaldo Mantorio et item insiemi anco esso s.r testatore lega et lassa a detta m.a Elisabetta [c. 21v] sua carissima consorte tutti et singoli miglioramenti et spese per esso testatore fatti tanto in la casa quanto in la Vigna sopraddetti quanto anco nelle liti per causa di dette casa et Vigna per esso testatore fatta
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ancor che siano di grandissimo valore et importanza excedente la somma de scudi Cinquecento volendo esso testatore che sopra tutte et singole cose predette essa m.a Elisabetta non possa esser molestata in conto alcuno imponendo perciò a suoi heredi perpetuo silenzio et interdicendoli ogni azione di sorte tale che essa m.a Elisabetta sia et esser et restar debba libera et assoluta persona di quanto si è detto di sopra et di quello disporre ad arbritio suo come vera libera et assoluta patrona. Et esso s.r testatore in tutti et singuli li altri suoi beni et robbe, Mobili Immobili Raggioni, Potesta, nomi et debitori, attioni, petizioni, pretensioni et crediti tanto presenti quanto d’avenire posti et dovuti in qualsivoglia parte del mondo oro argento monetato or in tutta la sua integra heredita et robba a questo excepto li legati et altre cose sopraddette di sua bocca per prima nomina fa instituisce et vuole che siano suoi heredi universali, il ventre di essa m.a Elisabetta sua moglie in evento che sia gravida, et li figlioli che nasceranno del comune matrimonio di esso testatore et m.a Elisabetta. Et caso che non sia gravida et non nascano figlioli da questo lor comune matrimonio esso testatore in tutti li suoi beni robbe et in tutta la sua heredita [c. 22r] predetta con li legati et altre cose nel modo et forma come di sopra di sua bocca propria nomina instituisce fa et vole che siano suoi heredi universali li Mag.ci SS.ri Giovan Paolo et Thomasso della porta suoi fratelli carnali, alli quali lassa tutta la sua robba et integra et universal heredità excepto li legati et altre cose sopradette in tutti i modi quali legati et altre cose sopradette in tutti i modi debbano haver l’integro lor compimento etiam che questa sua heredità fossi presa o accettata o no over repudiata, o in qualsivoglia modo giacessi et senza alcuna lor deminutione o detrattione. Excutori et protettori di questo suo testamento fa et priega che siano, il Mag.co s.r Lorenzo Frangi parmigiano et cittadino romano, et il Mag.co s.r Cavalier Joseph Zerla et ciaschedun di loro insolido, con libera facultà et potestà di exguire in tutto e per tutto et proteggere quanto in questo suo testamento si contiene, con tutte le amplissime facultà che sopra ciò sono necessarie et opportune. Et per questo presente suo testamento esso s.r testatore vol che sia et esser debbiaa suo ultimo nuncupativo testamento ultima volontà et libera dispositione quale a qualunque altro suo testamento, codicilli, donatione, et qual si voglia [c. 22v] altra disposizione tanto infra li vivi quanto in qualsi voglia altro modo li abbi da provader sempre, et perpetuamente in genere et in spetie si per ragion et titulo di testamento sua ultima volontà codicilli donation per causa di morte ovvero tra li vivi come anco per ogni altra ragione titulo, et qualsivoglia altra sua ultima dispositione et volontà, et altramente vaglia et debba valere in ogni miglior modo sia raggion titulo causa in forma mediante i quali più, meglio et efficacemente di raggion si e possuto et douto, et può et deve, era da esso testatore e stato licito et permesso fare; ancor in ogni miglior modo et come di sopra per mantenimento di questo suo presente inviolabil testamento ultima volontà e dispositione, Cassando perciò, revocando et annullando ogni altro suo testamento, donatione, codicillo, volontà et dispositione per esso testatore fatto in qualsivoglia modo sin al presente giorno per mano di qualsivoglia notaio, o altra persona et con qualsivoglia sorte di cautela, parole, segni contrasegni a quali tutti et singoli et altri che fossi in contrario potessero apparire deroga; et questo suo testamento et dispositione antepone e vol che si [c. 23r]. Osservi in ogni miglior modo come di sopra per che cosi fu et è espressamente la sua libera volontà et non altramente, et in specie tutto quello che ha disposto in favor de M.a Elisabetta sua diletta moglie, come di sopra, sopra la quale tutte et singole cose esso s.r testatore roga me not.o per che ne debba fare uno instrumento o più come meglio sarà conveniente et ne sarò ricercato. E tutto questo
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fu fatto in Roma nel rion de Campo Marzo in la sala della casa della solita abitazione di esso testatore presenti audienti et intelligenti li infrascritti testimoni cioè Mastro Francesco del q. Sebastiano De Rossi da Fiesole scarpellino fiorentino et Mastro Battista scarpellino suo figliolo Mastro Domenico de Horatio de Justi da Montepulciano scarpellino Mastro Emilio de Domenico da Foiano lustratore de pietre Mastro Achille figlio di Domenico de Furbatis da Carrara scultore. Tutti cinque familiari di esso s.r testatore Mastro Francesco figlio del q. Giovan Pietro de Tolli novarese herbarolo et Mastro Lorenzo del q. Antonio Cesari da Montepulciano matarazzaro ambi doi vicini tutti per testimoniare da esso testatore [c. 23v] da esso testatore a questo suo presente testamento chiamati et specialmente rechiesti et rogati. Alexander de Grassis Not.s Pub. Roms. De premissis ragatus manu propria
84. 1591 aprile 19 ASMn, Archivio Gonzaga, b. 954, f. IX, cc. 702-703 Lettera del cardinale Scipione Gonzaga al duca Vincenzo Gonzaga. Trascr. bertolotti 1885 (1969), p. 75. Bibl. furlotti 2003, p. 181, doc. 115.
Il Cavalier [Giovanni Battista] Della Porta, persona molto intendente d’architettura e di statue et quello appunto dal quale io ebbi le due, che l’anno passato presentai a Vostra Altezza se ne viene in Lombardia chiamato dal Signor Principe Stigliano per la sepoltura del Signor Duca di Sabioneta, che sia in cielo, et perché egli ha fatto sempre professione di dipendere dalla casa Gonzaga desidera di esser conosciuto dall’Altezza Vostra per divotissimo servitore et de venire a bacciarle humilissimamente le mani, perciò ha voluto ch’io l’accompagni con la presente si come io fo supplicandole a vederlo volentieri come ella suol fare con tutti gli uomini virtuosi et a gradir quest’affetto dell’animo suo ch’io le ne resterò con particolar obligatione et Dio Nostro Signore conceda a Vostra Altezza perpetuo augumento la grandezza ch’io gliele auguro et con ogni umiltà le bacio le mani.
85. 1591 giugno 22 ASR, Collegio dei Notai Capitolini, notaio Alexander De Grassis, b. 867, cc. 295r-296v Carlo Bellomo, maggiordomo della famiglia Caetani, aveva ottenuto licenza dal camerlengo Enrico Caetani di fare quattro cave fuori Porta Portese; le statue in marmo, in bronzo e le colonne rinvenute dovevano essere stimate dal cavaliere Giovanni Battista Della Porta.
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[c. 295r] Die 22 giugnii 1591. Illustrissimo Carlo de Belhomini quale ha ottenuto patente et libera licentia di far quattro cave fora di porta portese et a quelle pigliar compagni et operari come più ampiamente in detta patente sottoscritta dall’Illustrissimo et Reverendissimo Signore Cardinale Camerlengo per li atti di messero Andrea Martino notaro il 19 di giugno 1591. A detta cava riceve et admette per liberi veri et assoluti compagni messero Lorenzo de Radischi et messero Nicola Gramiccia da Magnano secondo la forma de detta patente come li infrascritti capitoli V3. Che de tutte le cose che si trovaranno in dette cave, eccettuato solamente l’oro, l’argento et le gioie, se ne abbiano a fare doi parte eguale, una delle quali sia del Signore Carlo et l’altra sia libera di essi compagni con conditione et obbligo che esso Signore Carlo satisfaccia alla p della sua parte a quella che alla Reverenda Camera tutto quello che si perviene di sorte che la parte di detti compagni sia libera da quello obbligo. Trovandosi oro, argento e gioie, esso Signore Carlo insieme con detti doi compagni siano obbligati a satisfar la Reverenda Camera di quello che li perviene che è un terzo et del settanta si habbia a dividere tra di loro tre, egualmente tanto per uno. Trovandosi statue et o di metallo o marmoro o Colone [c. 295v] o altre cose che si riviene divisione si debban fare stimare da soi amici elegendo da adesso et nomenando per soe amico il molto magnifico Sr. Gio Cavaliere Giovanni Battista della Porta: et tra loro si habbia a pattuire il prezzo come di sopra: et accadendo che solo statue colonne e altro che sono indivisibili et si stimerarono come di sopra, che il Singore Carlo le volessi, Sua Signoria essi compagni obbligati venderli prima a lui che ad altri, pagandoli il medesimo prezzo che stimato tutte le spese che si faranno: le parti debbano attribuire e pagarne ognuno di loro un terzo. Nella qual cava esso Signore Carlo promette non metter altri compagni: né far cosa alcun altra in giudizio di essi compagni. Et detti compagni ebbero dal detto ill Signor Carlo la originale patente sopradetta: que omnia et singula supradicte partes promiserunt habere rata etc., et observare contraque non facere etc., sub pena damnorum, de quibus etc., quod iurans certis aliis etc., quia sic actis, pro quibus etc., obligarunt in forma Camere etc., cum clausulis et renunciatoriis solitis etc., iuraverunt etc., rogaverunt etc. Actum Rome, in regione Pontis, in domo solite habitationis dicti illustris domini Caroli, presentibus Iacobo filio Marzocchi de Lesio Marchiano et Ioseph quondam Laurentii Cocco de Sancto Laurentio in campo Urbinatensis sost eiusdem illustris domini Caroli familiaribus testibus. Alexander de Grassis notarius rogatus subscripsi. [c. 296r] Henricus tituli Sancte Pudentiane presbiter cardinalis Caetanus, Sancte Romane Ecclesie camerarius dilecto nobis in Christo magnifico domino Carolo de Belhominibus familiari et continuo commensali nostro salutem in Domino. Humilibus nomine tuo nobis porrectis precibus moti, tibi specialem gratiam facere volentes, de mandato sanctissimi domini nostri pape, vive vocis oraculo nobis facto et auctoritate nostri camerariatus officii, tibi ut per quoscumque a se infrascripto operi adtribuendos operarios extra portam Portuensem per spatium duorum miliarium in quatuor locis publicis tibi bene visis quoscumque lapides marmoreos et porfireticos offiticos tiburtinos et piperinos aut alterius cuiuscumque speties figuratos et non figuratos, ac quascumque statuas marmoreas enneas vel alias quamcumcumque pretiosas necnon aurum et argentum cuiuscumque generis ac lapillos et gemmas locis sacris exceptis ac dummodo transitus non impediatur ac fovee in gripte modum non fiant, que vicinis damnum inferant ac citra antiquitatum et edificiorum letionem cum interventu seu scientia domini Horatii Boarii commissarii ad hoc a
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nobis deputati vel eius substituti effodere et excavare libere et licite valeas tenore presentium, quas ad beneplacitum nostrum durare volumus gratiose concedimus et indulgimus stricte propterea inhibendo mandantes illustribus dominis Alme Urbis Conservatoribus iarumque dicte Urbis magistris ceterisque ad quos spectat seu spectabit quomodolibet in futurum, sub 500 ducatis auri Camere Apostolice inferendis, aliisque nostri arbitrii penis ne se aut suos predictos in premissis quoquo modo impediant, remorentur vel molestent alioquin, contrariis non obstantibus, quibuscumque volumus autem quod quicquid seu operarios predictos in dictis foveis contentum fuerit dicto domino Horatio seu eius substituto denunciare, illudque detracta parte Camere Apostolice obveniente in suos proprios usus convertere, et opere absoluto dictas foveas replere ac ad id se apud acta [c. 296v] infrascripti nostri et dicte Camere notarii obligare tenearis, possis et valeas. Datum Rome in Camera Apostolica, die .xix. iunii 1591. Henricus cardinalis camerarius. + Loco sigilli predicti illustrissimi cardinalis camerarii cera rubea impressi. Andreas Martini notarius. Die 21 mensis iunii 1591 supradictus magister dominus Carolus obligavit se iuxta formam supradictam in frima. A. Martini. Licentia efodiendi a Martini. Gregorius ubique. A tergo: registratus in libro diversorum Gregorii pape .xiiii., folio 149.
86. 1591-1596 ASR, Camerale I, Fabbriche, b. 1533, cc. 40r-v Pagamenti a Murzio Quarta, Melchiorre Cremona e Giovanni Battista Della Porta per i lavori alla sepoltura del cardinale Federico Cornaro in San Silvestro al Quirinale. Bibl. donati 1942, p. 41.
[c. 40r] 1591. Murzio Quarta e Melchiorre Cremona scalpellini devono dare addi 31 di gennaio scudi 175 di moneta pagatoli da Signori Erera e Costa. Depositari generali di Nostro Signore a conto de lavori di scarpello per la sepoltura del Cardinale Cornaro scudi 175. Et addi 18 di marzo scudi dugento di moneta come sopra scudi 200. Et addi 8 di luglio scudi 200 di moneta come sopra scudi 200. 1597. Et addi 31 di luglio scudi 90 per resto di detti lavori scudi 90. Scudi 665. Giovanni Battista della Porta scultore deve dare addi ultimo di gennaio scudi 25 di moneta pagatoli da Signori Erera e Costa. Depositari generali di Nostro Signore aconto della testa di marmo del Cardinale Cornaro scudi 25. Et addi 6 di luglio scudi 25 di moneta scudi 25. Et addi 30 detto scudi 75 di moneta per resto di scudi 125 per pagamento della testa di detto Cardinale che si ha da ponere sopra la sua sepoltura a San Silvestro a Monte Cavallo scudi 75 scudi 125. [c. 40v] 1596. Murzio Quarta di contro deveno havere addi 10 di luglio 1596 scudi 665 di moneta per lavori fatti da loro nella sepoltura della fe. me. Cardinale Cornaro come per il conto saldatoli e sentenza data dalli R.mi Lante e Buonuiso […] sotto questo di scudi 665.
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Giovanni Battista della Porta scultore di contro deve havere scudi 125 di moneta per il prezzo della testa di marmo del Cardinale Cornaro bone memorie posta sopra la sua sepoltura in San Silvestro a Monte Cavallo come per al di contro ultimo mandato et si dice scudi 125.
87. 1592 marzo 15 ASR, Collegio dei Notai Capitolini, notaio Alexander De Grassis, b. 867, cc. 482r-v Atto di convenzione per la costruzione della memoria sepolcrale dedicata a Jacobus Scala per Giovanni Battista Della Porta da parte di Luca Gabrielli e Giulio Scala.
[c. 482r] Die XV mazij 1592. Pont. S.mi D.N. pp. Clementii 8 annij 10 In mej Mag.u d.d. Lucas Gabrielli S. N. B. et Jilius Scala uti executori testamentarij q. d. Jacobi Scala et uti et magnificus d. eques Jo Bapta a porta convenerunt modo et forma in partis. Che il detto Signore Cavalier Giovanni Battista della porta faccia a tutte sue spese et posto in opera una sepoltura per la felice memoria del signor Jacomo Scala fratello di essi signor Giulio posto nella chiesa del Popolo: nel modo, forma, longhezza et larghezza, in qualità di pietre come quella che posto in opera nella minerva della felice memoria di monsignor Camoiano posta fatta pur da esso signor Cavalier, et l’accordo fatto del prezzo et mercede di scudi cento trenta di moneta e dieci iuli per scudi d’argento, et in particolare esso signor Cavalier deve fare il retratto dell’effigie del defunto con un poco di petto fatto di marmo nero, assimigliato, Cappa et Casaccha et la testa sia di di marmo bellissimo, con il collare fatto a lattuga, et il pagamento sarà a questo modo al presente scudi trenta come al presnete hebbe effettualmente in contanti et alla fine de aprile scudi dieci et alla fine di maggio scudi 10 et alla fine di giugno scudi dieci et alla fine di luglio il restante sino la soma di sudi centro trenta come d’adesso esso signore Giulio ne fa una poliza de pagamento diretta a notaro Fabrizio. Et esso signore Cavalier Giovanni Battista habbi fatto et messo in [c. 482v] opera detta opera per tutto il mese di giugno prossimo avvenire et non mettendola che non possa domandar più di cento scudi et sia obligato farla per tutto il mese di luglio et non facendolo ne in l’uno ne in l’altro modo essi signori Luca e Giulio la possano far fare ad ogni sua spesa et interesse, et così mancando detti signori Luca et Giulio di pagar li denari come di sopra esso signor cavalier possa pigliarli a compagnia d’offitio, cambio et scambio ad ogni loro spesa et interesse senza altra citazione o intimazione. Quia sic actum etc., pro quibus etc., obligaverunt in solidum etc., sese heredesque, successores et bona etc., et bona dicti quondam domini Iacobi heredumque etc., in forma Camere etc., cum clausulis et renunciatoriis solitibus etc., iurarunt etc., rogantes etc., consuetis in mandato unica citatione etc., et in solido provideri etc., iurarunt etc., rogantes etc. Actum Rome, in regione Campi Martis, in sala domus solite habitationis dicti magnifici domini Luce presentibus illustri domino Iohanne Francisco Pellino de terra Fontane Sorane diocesis et magnifico domino Laurentio Frangipane cive Romano re et Parmensi regionis Campi Martii testibus etc. Alexander de Grassis notarius rogatus subscripsi.
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88. 1592 aprile 14 ASR, Collegio dei Notai Capitolini, notaio Alexander De Grassis, b. 867, cc. 495r-498v Licenza di Giovanni Battista Della Porta a Lorenzo Fragni per la riscossione dei compensi di lavori in essere, e inventario delle statue di antichità di Della Porta.
[c. 495r] Die .xiiii. aprilis 1592. In mei etc. Magnificus dominus eques Iohannes Baptista de Porta sculptor in Urbe eximius Romanus regionis Campi Martis sponte etc. fecit, constituit etc. procuratorem suum etc. magnificum dominum Laurentium Frangi Parmensem et Romanum civem, presentem, ad exigendum etc. omnes et singulas pecuniarum, rerum et bonorum summas qualitatis et quantitatis ipsi domino constituenti debitas et debendas a quavis persona etc. quacumque de causa et occasione etc. et de exactis etc. quietandum etc., necnon ad vendendum statuas, unam vel plures, et alia bona omnia et singula ipsius domini constituentis pro pretio, modo et forma prout melius sibi dicto procuratori placuerit, pretium seu pretia exigendum et quietandum etc. bonaque propria ipsius constituentis obligandum necnon exigendum fructus officii cavaleratus ipsius domini constituentis necnon quascum, et quietandum etc., necnon quascumque differentias civiles, criminales et mixtas inter ipsum dominum constituentem et quamcumque aliam personam componendum, transigendum, concordandum et diffiniendum alte et basse prout melius sibi placuerit, easque omnes et singulas compromittendum in unum vel plures arbitros etc. de iure et facto vel de iure tantum compromissumque fide, pena, obligatione tempore et iuramento vallandum et ipsum dominum constituentem et eius bona propria obligando et generaliter ad omnia et singula ipsius domini constituentis negocia cuiuscumque generis et spetiei sint faciendum, dicendum, gerendum et exercendum qui ipsemet dominus constituens faceret et facere posset si premissis omnibus et singulis presens et personaliter interesset etiam si talia forent que mandatum exigerent magis speciale quam personaliter sit expressum, et cum pleno libero speciali et generali mandato plenaque libera speciali et generali administratione in et super omnibus et singulis premissis necessaria et oportuna etc. et si necesse fuerit etc. in amplissima clausula ad lites etc. et potestate substituendi etc. quo ad litis tantum etc. et generaliter [c. 495v] promittens etc. relevans etc. iurans etc. rogans etc. Actum Rome in regione Campi Martis in domo solite habitationis dicti domini constituentis, presentibus magistro Armenio de Iudicibus de Vigni et Francisco quondam Baptiste de Papis ambobus scarpellinis testibus etc. Alexander de Grassis notarius rogatus subscripsi. [c. 496r] A di 14 aprile 1592 in Roma Ricordo a messero Lorenzo Frangi mi facci appiacere di riscotere l’infrascritti denari e prima Dal Signor Giulio Scala scudi trenta in questo modo cioè. Alla fine del presente mese d’aprile scudi dieci alla fine maggio scudi dieci e alla fine de giugno scudi 10 et tutto sia in un mandato qualsiasi diretto a messer Fabrizio Gatti nostro notaro de Ripetta Dalli heredi del signor Cavalier Guarnello se li ha speso per far l’opera della sua memoria scudi 59 et non si contentando la facciano stimare se ne è havuto scudi 30 a bonconto Dal Singor Riccardo riccardi mi contento delli scudi venti offertomi per le doi teste de
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philosophi et li tre episcophi. Rescoter anco scudi 3 b. 25 da messero Paulo emilio Vigevano quale dice pagarli alli 18 del presente Pagarete scudi 20 al figliolo de messero francescho devosi p. pagar p. ordine del suo pro. ratore essene fara far quietanza al detto figliolo bastano A m.o Polito lascio a lavoro et li do cinque guilij d’argento il di A. Pompeo il Medesimo lavorava et li do Julij 3 1/2 il dì; de quali basta darne la metà di quello lavoreranno che così si contentano. Li lasso ampia commissione che venendo occasione de vendere tutto o in parte delle mie antiquità conforme a una lista et suoi prezzi. Mi contento si difalchi 15 o 20 per cento la qual lista è sottoscritta di mia mano. [c. 496v] Pagarete il numero delle migliaia delle Canne per la Vigna a 14 Giulij al migliaio de argento al nepote che fu de Gio: Paulo orefice del quale haveva le canne al mio servitore. [c. 497r] Nota delle statue del Cavalier Gio. battista della Porta scultore A di 14 di aprile 1592 [1] In pa. Nel Giardino Una fontana de Marmo de altezza palmi 17 con doi tazze una sopra l’altra con li suoi balaustri et da basso nel piede 4 zampe son sue teste di tigre traforate per buttar acqua. La tazza maggiore è di lunghezza palmi 12 ¼ e di larghezza palmi nove. [2] L’altra minore di pal. 7 ½ e palmi cinque per l’altro verso et un finimento de una tigre e Bacco a cavallo di Prezzo de scudi 500 d’oro in oro che così se intenderanno li altri prezzi scudi 500 [3] Nella stanza dove si restaura vi sono quattro colonne di marmo giallo tutte compagne d’altezza di palmi 12 ¾ tutte insieme scudi 500 [4] Una statua di Apollo nuda d’altezza di palmi 7 ½ scudi cento [5] Una statua de Giulio Cesare nuda col manto sulla spalla et avolto al braccio manco di altezza maggior del naturale cioè palmi dieci scudi 400 [6] Una statua della medesima altezza de Giunio Bruto vestito in habito consolare scudi doicento [7] Un’altra statua della medesima grandezza e compagna della suddetta in habito consolare di Neratio Ciriale scudi 200 [8] Un’altra statua di Apollo nuda differente di attitudine dalla sudetta e della medesima altezza scudi cento [9] Una statua di Ninpha che sta a sedere mezza nuda e mezza vestita quasi del naturale scudi 100 [10] Una statua di Nerone quasi de altezza de palmi dieci armata alla Imperiale cò il manto simile alla sudetta di Giulio Cesare et compagna di grandezza scudi 400 [11] Nel Primo stanzino. Una statua di Hercole nuda con spoglia di leone sopra un braccio et l’altro la mazza di altezza palmi 6 ½ scudi 100 [12] Un’altra statua della medesima altezza di Esculapio mezza nuda et mezza vestita col vestigio de Hippocrate al piede scudi Cento [c. 497v] [13] Una statua Nuda di Un Buffone di altezza di palmi 5 ½ scudi ottanta [14] Una statua Vestita di Una Musa di palmi 5 ½ scudi 80 [15] Una statua della figlia di Esculapio vestita di palmi 6 ½ compagna al padre scudi 100 [16] Una statua d’Un Pastore Nuda et un ma.to de pal. 3 ¾ scudi 30
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[17] Una statua de un sileno de altezza de pal 4 ¼ nuda tien unita una pelle di capra et in grembo de frutti scudi 40 [18] Nella seconda stanza 4 delphini et li cupidi a cavallo forati per fontana scudi cento fra tutti quattro scudi 100 [19] Due statue Nude in un gruppo poco meno del naturale Una il Re Tenedo del nome della sua isola in Grecia e l’altra è il dio Apollo scudi 400 [20] Una statua Nuda di altezza de palmi 7 di Antinoo favorito de Adriano imperatore scudi 200 [21] Una statua di Porfido vestita di Grandezza maggior del naturale cioè di palmi 10 qual può servire per Vergine Maria in tre modi cioè Annunziata, Ammirativa et il figlio in braccio, et Assunta. Può servire anco per una Santa Vergine facendoli la sua impresa in mano per Città o per Provincia scudi 2000 [22] Una leda mezza Nuda e mezza Vestita col cigno in braccio di altezza di palmi 6 scudi 100 [23] Un’altra della medesima grandezza mezza nuda e mezza vestita con un vaso in braccio per fontana come può anco servir la detta Leda scudi 100 [c. 498r] [24] Una Tavola d’Alabastro di longhezza l’uno palmi 7 ¼ et longa palmi 5 ½ con cornice de paragone scudi 300 [25] Un’altra tavola minore longa palmi 5 ¾ et longa 4 ½ scudi 300 [26] Nella terza stanza una statua antica di Metallo di Geta col manto alla Imperiale et la sua base alt. palmi 5 et un posamento triangolare historiato alto palmi 4 ½ tutti insieme scudi mille [27] Un Cupido Nudo che ha tirato l’arco della medesima grandezza del detto Geta et con simil posamento scudi 300 [28] Pallade vestita di Bronzo di altezza di palmi 2 ½ scudi 200 [29] Un Groppetto di una statua nuda de Co’modo in modo de Hercole qual ha ammazzato un leone et ammazza l’altro con vestigij d’Armento che rubo al Re cò la Cervia et Toro ornamento delle sue forze de altezza di palmi tre scudi docento [30] Un altro gruppo della medesima altezza di Venere Marte e Cupido abbracciati insieme tutti nudi eccetto la Venere che è mezzo vestita scudi 200 [31] Un Vaso Historiato in forma tonda serviva per sepoltura delle Ceneri dell’Imperatorii antichi di altezza palmi 3 1/3 scudi 80 [32] Apollo e li 4 cavalli correnti di pietra bianca et pavonazza di altezza di palmi doi scudi 80 [33] Una testa di Grandezza del Naturale di Geta col manto Imperiale nel petto scudi 40 [34] Una testa di Cesar Augusto di grandezza maggiore del naturale col suo petto e’ manto alla Imperiale scudi 60 [35] Una statua di Giulia di Tito Vespasiano in habito della dea Venere tutta nuda col Delphino alli piedi di gradezza maggiore del naturale cioè palmi 9 scudi 400 [c. 498v] [36] Un’altra statua di Venere simile alla sudetta della medesima altezza Nuda et un Vaso alli piedi et un panno sopra et è senza testa scudi 300 [37] Una statua de Livia moglie di Augusto vestita di altezza di palmi 7 scudi 100 Tutte le suddette statue sono antiche et alcune restaurate in qualche parte Io Gio Battista Della Porta mi contento che m.r Lorenzo Fragni facci quello vorrà lui venendo l’acconto della vendita
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89. 1592 settembre 26 ASVr, Archivio Bevilacqua, b. 41, s.n. [segnatura originaria: calto MN, n. 2]. Lettera di Giovanni Battista Della Porta a Mario Bevilacqua per l’acquisto della Venere Cesarini. Trascr. franzoni 1970, p. 124.
Illustrissimo Signore mio et patrono osservandissimo, per ben che io non abi scrito a Vostra Signoria dopo la mia partita di Verona non ho però mancato usare la diligenza di fare fare acquisto a Vostra Signoria di quella stattua di Venere del Signor Duca Cesarino quale se guarda delle parti di detro, et venendo al facto del precio, avendo io oferto scudi 200 di oro in oro, che sono scudi 240 di moneta, se resoluto darla per scudi 300 di moneta, che sono scudi 60 di più di quello sarebbe animo di Vostra Signoria. Non sa deto Signor Duca per chi deve servire et io lo tacio sino che Vostra Signoria o quello che mi comanderà che sono prontissimo eseguire a quanti dalli soi comandi mi serà comeso et così questo fine li basio le mani, di Roma questo dì 26 di settembre 1592. Di Vostra Signoria Illustrissima. affermo signore Giovanbatista della Porta.
90. 1592 ottobre 16 ASLR, b. 41, f. 28v, rigo 27 La compagnia di San Luca vende a Giovanni Battista Della Porta due rilievi istoriati.
Denari che piglio dalli tavertini di Santa Martina. e più a di 16 di ottobre 1592 ho ricevuti scudi quaranta quattro di moneta quali sono dele doi storie rotte che erano in Santa Martina che forno venute al cavalieri de la porta scultore per lo prezzo detto cioè 44 scudi.
91. 1593 gennaio 27 ACR, Fondo economico, n. 1701, Libro mastro, 1593-1597, cc. 51, LI Giovanni Battista Della Porta fu pagato dai Caetani 150 scudi per la lapide in marmo e bronzo dedicata al duca Onorato IV Caetani. Bibl. caetani 1933 p. 270, nota a.
Cavaliere Giovanni Battista della porta deve adi 27 du gennaio scudi centocinquanta di moneta ha havuti dal signor Castellano Pinelli a conto della lapide che fa per la sepoltura del Duca nostro bona memoria. 150 […] A 7 maggio scudi cento moneta ha havuti come sopra per resto di detta lapide 100.
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[c. LI] Cavaliere Giovanni Battista della porta deve havere scudi doicento cinquanta di moneta per una lapide fatta da metter sopra la sepoltura della bona memoria del duca Honorato la quale su fu a Cisterna.
92. [1595] ottobre 6 ACR, Fondo generale, 155890 Nota di pagamento a Giovanni Battista Della Porta per i lavori nella cappella Caetani di Santa Pudenziana. Bibl. caetani 1933, p. 326, nota 2 (errore nella segnatura: 155896).
Nostro Ill.re S.re mio patroni oss.mo Li presenti fachini hano portato in S.ta Potenciana le doi colone per l’altare di pidocioso e li doi contro pilastri di nero e di doi colone di verde e per sua merce sono stato da cordo in scudi sete e mezo di co scudi 7 e 50 nò altro li basio le mani di cassa el di 6 di 8bre D.N.S. Molto Ill.re All.mo S.re Giova.n batista della porta
93. 1596 febbraio 26 ASR, Camerale I, Diversorum del camerlengo, b. 417, c. 108r Il cardinale Enrico Caetani dà licenza ad Antonio Fontanelli per lavori di scavo e recupero di antichità da consegnare a Giovanni Battista Della Porta. Bibl. lanciani 1902-1912, vol. 4, p. 39 (trascr. parziale).
Henrico Camerlengo. Licenza escavandi et effodiendi pro Antonio Fontanelli. Per tenor delli presenti di concessione di nostro Signore datoci a boca et predetto del nostro officio di camerlengato vi concediamo licenza et comandiamo a voi Antonio Fontanelli che avendo voi trovato nel horto del hostaria di Prima Porta una statua di un Consolo con licenza però del nostro secretario dobbiate continuare a cavare nel medesimo loco si per ritrovare il medesimo loco si per ritrovare il Compimento di essa statua come altre statue et antiquita et la detta statua et altre che ritroverete le consignarette al Cavalier Gio: Batta
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della Porta acciò le possa liberamente farle condurre in casa nostra ò dove da Noi li sarà ordinato et tanto consignerette nonostante qualsivoglia ordine o prohibizione facisse in contrari che. Die 26 febbraio 1596. Henrico Cardinale Camerlengo. A. Martini.
94. 1596 giugno 15 ASR, Notai A.C., b. 1234, atti Marcus Antonius Brutus, cc. 659r-661r Atto di convenzione per la costruzione della cappella di San Pietro in Santa Pudenziana da parte di Giovannni Battista Della Porta su richiesta di monsignore Desiderio Collini. Bibl. bertolotti 1881 (1970), vol. 1, pp. 182-185.
[c. 659r] Die .xv. mensis iunii 1596. Magnificus dominus eques Ioannes Baptista della Porta scultor sponte etc. promisit et se obligavit conficere vel confici facere in ecclesia Sancte Potentiane de Urbe in cappella Sancti Petri opus cum omnibus aliis de quibus in quadam apoca manu eiusdem domini equitis Ioannis Baptistę et reverendissimi patris domini Desiderii Colleni prothonotarii apostolici et secretarii apostolici subscripta sub die hodierna, quam mihi notario consignarunt tenoris etc. et idem revendissimus dominus Desiderius promisit iuxta formam dictę apoce solvere summam in ea contentam ac modo et forma et tempore in ea expressis dicto magnifico domino equiti Ioanni Baptiste presenti etc. hic Rome libere etc. alias etc. de quibus etc. pro quibus iidem eques Iohannes Baptista et reverendissimus dominus Desiderius sese etc. heredes etc. bona etc. vera etc. in ampliori forma Camere Apostolice cum clausulis solitis in solidum obligarunt etc. ceteris etc. renunciando etc. consensierunt etc. relaxationi mandati executivi unica citatione et intimatione precedente [c. 659v] iurarunt etc. super quibus etc. Actum Rome in officio mei presentibus dominis Dorotheo de Sanctis et Blasio de Mencis testibus. [c. 660r] Die 15 junii 1596. Memoria del opera, quale si farà nella Chiesa di Santa Potentiana di Roma nella cappella Santo Pietro per Monsignor Reverendissimo Desiderio Collini Protonotario e segretario Apostolico dal molto virtuoso signor cavalier Giovanni Battista Della Porta scultore habitante in Roma a capo della strada delli Pontefici del rione di Campo Martio. Prima si cominica l’altare: quale sarà di altezza da terra sino alla sommità del fronte-spitio, palmi vintidue, in circa, et tutte le sue circustantie a cosa per cosa sarà notato, et messo in esegutione da detto sig. Cavaliere, l’altare sarà alto di terra palmi cinque. La larghezza palmi otto in circa: la pietra del altare sarà di marmo bianco di un pezzo integro, li basamenti di detto altare saranno di marmo saligno, tra le cimose et basamento di detto altare una pietra nera di palmi tre et mezzo, nel mezzo la Croce rossa: et di qua, et di là di detto altare nel medesimo piano et facciata, due altre pietre compagne, a giuditio di detto Monsignore; ricorerà sopra di esso altare un’altezza minore di un palmo, nominata pietrella dove posarà le basa delle colonne, saranno diassate di varie pietre miste. Le colonne saranno alte palmi nove et mezzo, saranno di pietra nominata biso della quale il detto Monsignor Desiderio ne tiene apresso di sé la mostra. Li capitelli saranno di ordine ionici: li cntropilatri gialli finissimi: il fregio ed il ripieno del fronte-spitio sarà di giallo finissimo: li doi triangoli saranno di boccatello et
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questo s’intende ha una colonna, e l’altra il riccio a proporzione et qualità delle statue. L’ornamento dello riccio dove vanno le due statue sarà di Porta santa: le due statue saranno l’una di Nostro Signore quale dia la chiave a San Pietro, di una pietra integra alta di palmi otto; l’altra di Santo Pietro pur integra, et tutte dua a imitazione di quelle che sono nella chiesa di Sant’Agostino di Roma, qual sonno di marmo bianco, del quale il detto Monsignor ne tien la mostra. L’archetrave, cornice, fronte-spitio saranno di marmo gentile bellissimo di colore come piacerà al detto Monsignore. Li membretti dal’ luna, et dal altra banda di esso altare saranno similmente di marmo gentile: li altri ornamenti di qua, et di là di esso altare saranno come si dimostra nel disegno, saranno di varie pietre miste, et legate in marmo. Nelle quattro cantonate di esso li piastrelli saranno di marmo biso oscuro, o vero di Porta santa, dall’una e dal [c. 660v] altra banda delle due facciate di essa cappella saranno tutte dua, a un modo, cioè una pietra nel mezzo di nero, tutta di un pezzo et nero parragone, di altezza di cinque palmi e mezzo, et la longhezza di palmi quatro, o meno un’oncia, et li sarà una fascia torno di giallo dove in detta pietra nera, saranno intagliate et dorate le lettere, ornamento e li ricinge detta pietra nera sarà di marmo bianco a modo di detto Monsignore Desiderio, et di qua et di là di esso ornamento saranno varie pietre mistie, sì come dimostra nel disegno, et di sopra di esso ornamento li suoi festoni, et altri ornamenti, dimostra in detto disegno quale sarà sottoscritto dall’una e dal altra parte, et da terra sino alla sommità di esso due facciate saranno palmi sedici. La volta di essa cappella sarà adornata di stuchi dorati e pitture finissime del historia di S. Pietro di fini colori, sarà fatta una tomba et una cameretta fatta di mano et votata quale serviva per la sepultura dove sarà tagliata nel chiusino l’arme di detto Monsignore con inscriptione tale che dal medesimo sarà ordinato. Se farà un ornamento nel pavimento a quanto sarà di bisogno di varie pietre. L’arco di essa cappella cioè del entrata sarà fatta di marmo, da terra sino al altezza di palmi sedici incassate di varie pietre: tanto di qua quanto di là et nel mezzo sarà fatto una ferrata grossa et alta conveniente con le sue foglie, et scartocci, con una porta, serratura et chiave, per aprire et serrare a chiave, pur di ferro, et dalla cima di sedici palmi in su sino alla rotondità del’arco di stuchi indorati et pitture finissime. Li marmo saranno arrotati, et impanicciati et le pietre mistiate di varii colori lustrate, come si conviene, a guisa di piedi il nome delle suddette varie pietre mistie et di varii colori se intende porte sante, affricane, verdi, gialli, alabastri, di varie sorte broccatelli, et breccie pidocchiose, et altre pietre nobilissime che saranno messe se bene non se ne fa mentione, con acconciamento della finestra di detta Cappella, et sarà la cornice di detta [c. 661r] cappella di pietre finissime, secondo che dimostra il modello, et se farà una intrata alla fenestra bellissima et farà il detto signor Cavalliero una pila a pico con il suo canale per recevere l’acqua a canto l’altare. Et il detto signor Cavaliere cominciara l’opera di detta cappella lunedì alli 17 di questo mese, promettendo di fornirla in tutto et per tutto fra otto mesi prossimi avvenire et esso monsignore Desiderio darà in mano scudi cento di moneta al detto signor Cavaliere et de poi secondo il lavoro mostrarà esser nella detta Cappella darà altri scudi cento simili o più o meno, et finito l’opera in tutta perfettione esso Monsignore Desiderio pagarà interamente il restante delli mille trecento scudi di moneta per li quali sonno insieme convenuti per detta opera et adesso esso monsignor reverendissimo ha consegnato al detto Cavaliere un mandato di scudi cento di moneta diretto al signor Tiberio Ceuli a bon conto come sopra. Et così prometto io Desiderio Collini manu propria. Io Giovanni Battista Della Porta prometto come di sopra.
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95. 1597 giugno 5-1597 settembre 11 ASR, Cistercensi di Santa Pudenziana, b. 4, s.n. Pagamenti a Giovanni Battista Della Porta per i lavori nella cappella di San Pietro in Santa Pudenziana.
Al cavalliere la Porta scultore in deduttione delli ottocento scudi che gli sono dovuti per fornire la Capella di San Pietro di detto Monsignore gli ne ho pagato quattro cento quattro scudi come appare per sua quietanza però scudi 404. Item alli cinque di giugno dato al detto Cavalliere la Porta scultore in deduttione di detti otto cento scudi, doi cento scudi come appare per sua quiettanza però scudi 200. Più à detto Signore Cavalliere la Porta in deduttione delli detti otto cento scudi et per li balaustri, ho pagato alli 9 di luglio come appare per sua quiettanza scudi 50. Più alli undici di settembre 1597 ho pagato a detto Signore cavaliere la Porta in deduttione, et a buon conto di quello che gli resta come appare per sua quiettanza scudi 80.
96. 1597 ottobre 15 ASR, Notai A.C., atti Marcus Antonius Brutus, b. 1241, cc. 502r-503v, 520r-521r Inventario dei beni di Giovanni Battista Della Porta. Bibl. bertolotti 1881 (1970), vol. 1, pp. 186-189.
[c. 502r] Die 15 8bris 1597. Inventarium non nullorum honorum massaritiarum et suppellectilium domus repertorum in domo solitae habitationis q. d. Joannis Baptistae della Porta et Elisabettae Mariottinae conjugum sita in via Cursus, dum viveret equitis S. Petri per eum dictae dominae Helisabettae eius uxori relictorum pro ut etc. quod condidit Testamento rogato p. d. Alexandrum de Grassis notarium Capitulinum sub die 20 aprilis 1590 etc. fact. ad instantiam di D. Helisabettae Mariottine pro suo interesse assistenti bus d. d. Io Paulo et Thoma della Porta frati bus d. q. Equitis Jo. Baptistae della Porta et heredibus nec non Morotto Mariottino patruo predictae Elisabettae et primo. Nella prima stanza 4 pezzi di corami usati attaccati attorno a detto camerino. Una labarda usata – Una zaggalia piccola Nella seconda stanza Cormai usati con fregi d’oro, pezzi cinque Un quadro con l’effigie del Signor con la croce in spalle con cornice usata Quadri tre grandi di deversi paesi usati con le loro cornice Un altro quadro d’una donna vedova usato con le sue cornice Sedie di corame usate 3 – Sedie di corde usate da donna 2
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Scabilli usati dipinti con arme e nome del defunto 6 Un panno di tavolato rigato d’una canna et mezzo Un quadretto di panno verde usato attaccato dietro alla statua di porfido Nella terza stanza Corami usati d’oro et argento che la cuoprano tutta con la portiera Un quadro dell’immagine del defonto [c. 502v] Un altro quadro d’una donna grande con le sue cornice Un quadro d’un Ganimede con le cornice indorate Un altro quadro de Golia et David Un altro quadro grande della Madonna, del San Giuseppe et Sant’Anna con le loro cornici Una spada vecchia. Uno specchio Un forzierotto piccolo usato Un studiolo usato col suo piede di noce Quattro casse di nuoce intagliate usate con quattro tappeti sopra usati Una latteria usata con le sue colonne di noce Nella cassa presso la porticella del camerino Tre firaioli di panni usati negri. Una cappa di tubi usata Una gasacca, et un par di calzone di damasco usati Un’altra gasaccha usata di rascia Una sottana di rosata guarnita d’oro Una sottana di cataluffo bianco guarnita d’oro Una sottana di cataluffo leonato et bianco guarnita d’oro Una zimarra d’armesino nero usata Una zimarra di perpignano mischio guarnaita d’oro falso Una zimarra di dobletto nero [c. 503r] Una sottanella di raso a catanello Cinque canne in pezzo di damasco lionato cremesino Tre par di maniche diverse Una mantillina di damasco cremesino fodrata di tela ranciata Una camisciola usata di bombace bianca Quattro cuscini di damasco cremesino Duoi cuscini di cataluffo bianco et lionato Nell’altra cassa intagliata somigliante all’altra Un padiglione di tafetà cremesino col suo tornaletto, et cappelletto del medesimo con le sue frangie di seta Una coperta di damasco cremesino. Un pomo di padiglione Duoi guarda cuore di rivesco bianco. Un altro di rivesco bigio Un par di calzone, una casacca d’armesino velutato grezzo usato Un par di calzone et gasacca velutati a scacchi usati Un altro par di calzone et gasaccha d’armesino usati Un giuppone et calzone usati di sacca di seta Una camigiola rossa, doi cappelli, un feltro et l’altro vellutato
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Tre par di calzone usate di seta Zimarre due di panno romanesco, un’altra zimarra de cambelotto nera usata Le due altre casse sopranominate dissero esser piene di biancaria per servizio di Madonna Helisabetta Nel camerino posto presso la cucina Corami usati attorno rossi con oro. Un quadretto piccolo del Signore, senza cornice [c. 503v] Un quadro grande della Madonna imperfetto con certi segni attorno attorno Un altro quadretto senza cornice con la Madonna col bambino nudo Un altro quadretto con la testa della Madonna Un quadretto della Madonna andando in Egitto, con cornice Una lettiera di noce con le sue mezze colonne usata Quattro matarazzi usati, suo capezzale, un par di lenzuola bianchi Due coperte di lana usate una rossa, et l’altra bianca Uno inginocchiatore, una cassa bianca grande usa da bicchieri Un tavolino piccolo dipinto con scacchi sopra Un padiglione usato di panno giallo col suo capelletto et tornaletto Una spada, uno ombrello usati Una cassettina da piedi per donna Un tamburro usato, un porta cappa di corame Un scaldaletto usato Nella cucina Un par di capifuochi d’ottone. Una catina da fuoco Fornimenti da camino, candellieri d’ottone n. 6 Due lucerne d’ottone grande Tre scaldavivande d’ottone Una caldara grande, tre altre piccole Brocche di rame n. 3 piccole Una secchetta overo lavamano Due ghiotte Doi rinfrescatori grandi [c. 520r] Tielle diverse piccole e grandi di rame n. 7 Un schiumaruolo di rame da strufoli, una statera di ferro vecchia Un mortarellino di ferro col suo pistello Piatti di stagno fra grandi e piccoli, et due scodelle n. 53 sopra la credenza usata Un tavolino piccolo usato con un straccio di panno sopra Sedie di paglia fra grandi e piccole usate n. 7 Cuscini di corami usati sopra dette sedie n. 5 Piatti bianchi fra grandi et piccoli diversi n. 40 Un pezzo di tela turchina attorno al camino Nell’altro stanzino attaccato a detta cucina per andar di sopra Un tavolino piccolo, et una credenza piccola tutto vecchi Un scabello vecchio, un mortaro di marmo col suo pistone Una gratta cascia grande. Un uncino da pozzo Pignatte fra grande et piccole n. 15. Una padella Due graticole, una grande et una piccola
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Lanterne di ferro Lucerne da oglio di ferro n. 3 Nel soffitto sopra il cortile Tre botte vecchie, Un tavolino con suoi piedi Nello stantiino a mezza scala Un matarazzo usato, con fodera et lana vecchia […] un altro Un capezzale, et doi cuscini usati Una coperta di lana bianca vecchia Una valdrappa di panno vecchio. Una sedia di paglia Due campane usate da stillare, un par di capifuochi vecchi di ferro [c. 520v] Due secchiarelli da pozzo usati. Duoi trepiedi di ferro Un ar acarcolo a mezza scala usato Nella stanza del cocchiero: un letto con banche et tavole, un pagliariccio, doi matarazzi, doi capezzali, doi lenzuola, tre coperte di lana ogni cosa vecchia. Quattro cassaccie vecchie. Un’arca vecchia da far pane. Un quadro vecchio antico con diverse pitture Nella stanza a capo alla casa: un tavolino vecchio, una cassa vecchia Un cappellatto di un vinchi usato, due vettine da oglio Due casaccie vecchie, uno scabillo, doi sacchi da portar grandi usati Due ruggia di vino mezzano Nel cortillo: Due secchie grandi di rami da trarre acqua dal pozzo Una vettina da oglio, due tinozze da far bugata usate Un schiumarello de ferro vecchio da far bugata Delle quattro casse intagliate, che sono nella soprascritta essa stanza et delle robbe contenute in esse et delle loro chiave essa medesima Elisabetta se ne chiama contenta e soddisfatta, circa le altre robe scritte et contenute nel presente inventario, promettino li sopraddetti fratelli della porta renderne bon conto come anche promette essa madama Elisabetta per conto delle robe et massaritie della sopradetta cucina et non altro con detti suoi parenti obbligandosi tutti rispettivamente in forma de Camera et giurando, presenti in casa della solita habitatione delli sopradetti quondam Messero Giovanni Battista Della Porta et Helisabetta sua moglie [c. 521r] posta nel Corso, Angelo Brallo da Retio in Toscana cocchiere di detti marito e moglie et Paolo Massano milanese scalpellino testimone.
97. [1597] ACR, Fondo generale, 183382, s.n. Elenco e stima dei lavori di Giovanni Battista Della Porta nella cappella Caetani in Santa Pudenziana. Bibl. caetani 1933, p. 325, nota b; cozzi beccarini 1976, p. 155, doc. A.
Conto di tutti i lavori fatti dal cavaliere Giovanni Battista Della Porta alla cappella di Santa Pudenziana per ordine del cardinale Enrico […] e comprendono la muratura e tutti i marmi, le due colonne di verde (scudi 200), gli stemmi, i panni del sudario con spugne etc.
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Danari che deve avere li eredi del cavaliro dela porta dali Illustrissimi Signori gaetani che no sono nela mesura della Capella di Santa potenziana a cosa per cosa. Per doj quadri di marmo brezio miso sotto ali doj tavolle di alabastro costano anoj luno s. 5 importa insiemi - scudi 10 E piu doj pezi di collona di fiore di percigo longi palmi 7 costano – scudi 12 E piu una collona di brezio adorata siu gli frisi costano – scudi 25 E piu per 3 pezi di Africano 1 sui gli schalini e 2 sui per lorro sotto costano – scudi 14 E piu per 2 teste con doj petti di filosofi 1 Socrate e 1 D.o costano – scudi 30 E più per 1 tavola marmo bianco sui sotto ali vasi costano acasa – scudi 10 E piu per 1 tavola di verde compra del Signor otaviano mascarino costa – scudi 10 E piu per doj pezi di marmi sui sotto ali festoni costano – scudi 6 E piu per doj pezi di colonella di ametista costorno scudi 8 luno operanda – scudi 16 E piu per marmi sotto ale nizie e fustoni mesurate per maestro Francesco scharpelino comesati 3 palmi 6 1/6 importano insiemi – scudi 21 E piu per marmi comesate 2 mesurate per il detto francesco sui dove va le annodate – scudi 14 E piu per marmi giali e rosi per le rose e annodate insimemi n. 4 scusi 2 luna – scudi 8 E piu per 1 pezo marmo per fare li 4 quadri apreso ale sepolture dove sono le aquile mesurato per maestro Francesco palmi 38 insiemi costano – scudi 8 E piu per 1 pezo di marmo per fare il fine atorno ale nizie dove va li brocateli – scudi 7 E piu per 1 pezo di marmo per fare le cimase ale nizie mesurato per maestro Francesco palmi 16 - scudi 3.50 E piu per tante giornate como apare al libro per lavorare le colone rosa e faranno op. da scudi – 94.30 Scudi 308:80 Tuti li lavori che A fatto il Cavaliere gianbatista Della porta A la Capella delo Lustrissimo Cardinale gaetano quali ne sono messi inella misura vanno Astima. Prima per li 2 vasi che sono insieme palmi 140 e ci sono insieme li detti dua vasi . 2 . Cerubini e ci sono 4 Aquile e 2 panni con sua crocie e 2 festoni con sua crocie e e cartella e insieme spunge enugole emonti comesso dentro e suno Auto A fare le casse e tuta dua vaglono – scudi 200 E p li 4 festoni sotto lenicie vagliono tuti insieme – scudi 50 E p le 4 Cochiglie delle nicie intagliate sono palmi 50 in pelle vaglono tuta 4 – scudi 90 E sopa le ditte Cochiglie cie. 4. Cartelle . 4. panni scudi e 16 borcie vaglono insieme – scudi 30 E p le 4 Crocie sono palmi 80 in pelle Comisso di dette Crocie lancie spunge emonti vaglono – scudi 120 E sotto di dette Crocie e cie. 4 fioretti Con circhi viticci e 4. panni .8 borcie. 16 rose vaglono insieme – scudi 30 E p le 4 Aquile canto A la sepoltura sono palmi 44, in pelle comesso uno panno di Ciano elinpe sia del cardinale dalabastro vaglono – scudi 90 E p li 4 ornati dalabastro che sono sopra ditte Aquile sono palmi 100. A pelle Concomesoni detro 4 Cerubini 4 panni e corone e molte cose di Comissi come si vede vaglono – scudi 200 E p li 2 triangoli sopa l’arcio di mezzo dove sono li dua Angioli sono p 50 in pelle vale – scudi 125
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E p le dua Cartella indorato di giallo di dentro ed fora vaglono – scudi 16 Scudi 937 E p la Crocie fatta di rosso insulaltare vale – scudi 6 E p la dua Arma di Comissi ineli piedistalli delaltare come si vetono vaglono – scudi 70 scudi 76 scudi 937 Inportano tute lestime – scudi 1013 E p la fatura di p 4 946 di pietra marmi e misti di più sorte sotospra A li 60 in pelle montano Insieme tuti scudi domila 9oveciento sesanta sette di 60 di moneta – scudi 2967 – 60 – E p tuta lealtre robe e tempi e spese come si vede i laltra faccia montano tute insieme senza la fatura delle due colonne di pidocioso – scudi 771 Monta tuto elavoro scudi 4751 – 60 – E p Avere murato tuta la opera che sono 5000 palmi in pelle che di spese fanno per tuta la capella Canne 46 incir che di tuta robba vale scudi quarzo lacanna che monta tuto la muratura – scudi 180 E p la taglatura di tuta la muraglia vecia e nova che dove sono lenicie. retaglatto tuto elmuro e pontelato el vecio e ancora acanto A le ditte li due pilastri sanno tuto A tagliare del tuto e pontelare alrcho di detta Capella sauto a taglare e pontelare e fare le centina e armadura e p tuto taglare novo evecio vale - scudi 50 E p 1300 ispange di tuta robba vaglono di quatro luna tuta – scudi 52 E p lo giesso e piombo per ditte ispange – scudi 50 E per li due pilastri di travertino sono insieme A detti p 60 largi p.3 grossi p 2 ½ fanno tuta doi p 450 sono caretate 15. vaglono - scudi 26 E per li due Contro pilastri delle Colonne di pidocioso di marmo nero sono p 70 – in pelle vaglono – scudi 35 E per le doi Colonne di verde sono palmi 12. luna vaglono – scudi 200 E p li do pilastri di paragone pietra e fatura perché sono palmi 47 tutadoi – scudi 50 E p la brecia dorata che ricorra tuta la Capella solo la pietra che del Cavaliere vale scudi 12 E p li 2 quadri di breccia valorsi tuta robba scudi dc p.io vale – scudi 10 E p p.44 delli 4 quadri di pidocioso la pietra – scudi 50 E p la pietra di 4 quadri sopa cornice di brecia di valersi sono p 40 vale – scudi 16 E p le portature delle pietre fatte da casa del cavaliere – scudi 20 E p la tavola delatare della trinità deli Monti – scudi 20 Scudi 771 [Sul retro del foglio] Li lavori del cavaliere della porta tutti A Santa Potenziana estima.
98. 1597 ottobre 20 ACR, Fondo generale, 185020, 185017, 183458 Stima dei lavori di Giovanni Battista Della Porta nella cappella Caetani in Santa Pudenziana sottoscritta da Pietro Paolo Olivieri. Bibl. caetani 1933, p. 325, nota b; cozzi beccarini 1976, pp. 156-157, doc. E.
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Misura delli lavori di scarpello fatti in la chiesa di Santa Pudenziana nella Capella di Santo Pastore per servitio dell’Illustrissimo et Reverendissimo Signore Cardinale Caetano dal g. Cavalier della Porta solo di sua manifattura misurati da me Pietro Paulo Olivierio per ordine di sua signoria illustrissima e delli […] heredi del dr. Cavalier della Porta. Comincia la misura nella facciata verso il convento. sc. Per la guida di marmo salino al piano di terra della facciata verso il Convento. sc. Per la guida sotto lo scalino che sale all’altare di marmo salino con quello che va sotto la porta e zoccolo del piano dell’altare verso il Convento. sc. Per il dato piano di Africano sopra detta guida per la detta facciata. sc. l’atro pelletto che gira verso la porticella. sc. Per il basamento di marmo sopra detto di marmo gentile scorniciato […] detta facciata. sc. Per il recinto dell’epitaffio nero della sepoltura di detta facciata. sc. Per li cantucci atorno alla detta sepoltura […] la sua pelle. sc. Per il recinto dell’epitaffio che fa la sepultura di nero che sarà la discritione. sc. Per la camiscia sopra detta di marmo gentile. sc. Per il dato sopra detta camiscia di breccia dorata. sc. Per li doi quadri di qua e di la da detta sepoltura di broccatello. sc. Per il recinto intorno alli detti quadri. sc. Per la camisa sopra […] l’una quanto tiene detti quadri. sc. Per dato da tutte le bande di breccia dorata. sc. Per il pidocchioso sotto la nicchia verso l’altare attaccato sotto la lavagna con il gessato […] con un li stellino di nero a torno, e con doi falsetti acanto di breccia di Tivoli alti. sc. Per li regoli intorno di marmo biancho con un guscio. sc. Per la camisa sopra detta di marmo biancho. sc. Per il dato di breccia dorata sopra detta camisa Per il pidocchioso sotto l’altra nicchia con soi regoli intorno, e cimasa, e dato di breccia simile alle 4 partite soprascritte fa. sc. Per il quadro di bianco e nero accanto al pilastro verso l’altare con soi listarelle gialle atorno. sc. Per il recinto p. 3 faccie atorno il detto biancho e nero. sc. Per la cimasetta sopradetta. sc. Per il dato sopradetto di breccia dorata. sc. Per il biancho, e nero incontro al detto verso la porta simile con soi ricinti e cimasa, e dato di breccia dorata simile alle 4 partite soprascritte fa insieme. sc. Per doi ripieni acanto alla porticella, vicino all’altare, alti […] insieme con doi listelli a di nero in mezzo. sc. Per doi pezzetti di cimasa sopradetto insieme. sc. Per doi listelli di marmo biancho dalle bande della porta dabasso in detta facciata tutto insieme. sc. Per la porta di marmo mischiato acanto all’altare in detta facciata alta. sc. Per doi ripieni di bancho con un pocho di verde dalle bande della detta porta. sc. Per l’altra porta da piedi di simile manifattura quali e in detta facciata e va dalla Cappella al Convento. sc. Per doi soglie di marmo sotto dette doi porte. sc.
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Per il scalino d’Africano di tre faccie sopra il piano di detti doi scalini sotto la predella dell’altare. sc. Per doi gionte di detti scalini delle bande dell’altare. sc. Per il basamento scorniciato dalle bande di detto altare sotto li piedistalli dalle bande. sc. Per li doi piedistalli sopra detto basamento con suo guscio to insieme. sc. Per doi ripieni di breccia da doi bande, e doi sfondati dove vanno l’arme to luno. sc. Per la cimasa sopradetta per doi faccie to con soi membretti p doi faccie. sc. Per il basamento sotto l’altare per 3 faccie al piano della predella. sc. Per la pietra che fa fascie all’altare. sc. Per la cimasa sopradetta per 3 faccie di detto altare. sc. Per la pietra che fa piano all’altare. sc. Per li doi ripieni che arrivono alli mezzi pilastri delli cantoni. sc. Per il dato sopra detto altare di breccia dorata con doi listelli di nero. sc. Per li doi triangoli commessi dove sono le 4 rose di marmo rosso in detta facciata verso il convento. sc. Per la cimasetta sopra detto triangolo. sc. Per il quadro dove è il festone al paro di detto triangolo comesi di nero. sc. Per la cimasetta sotto detta nicchia. sc. Per il piano della nicchia fondo nel sfondato al piano della detta cimasetta. sc. Per li doi quadri dalle bande della sepultura […] dentro incassate doi aquile di basso rilievo con un pannino di marmo giallo, e con londa di alabastro trasparente. sc. Per la cimasetta sopra la detta aquila. sc. Per il quadro dove è il festone al paro del triangolo. sc. Per la cimasetta sotto detta nicchia. sc. Per il piano della nicchia fondo nel sfondato. sc. Per li doi quadri dalle bande della sepoltura. sc. Per la cimasetta sopra detta aquila. sc. Per la predella dell’altare di marmo gentile. sc. Per il piano di sopra da predella. sc. Per il ripieno di alabastro con soi ricinti di biancho e nero e rosso. sc. Per il marmo pavonazzo che recinge il primo pilastro nell’intrar della Cappella ripieno di porta santa. sc. Per il ripieno che e dentro […] di porta Santa. sc. Per il marmo pavonazzo dell’altro pilastro. sc. Per il ripieno di d.a. S.ta in d.o to. sc. Per li quattro recinti del pilastro che fa cantone, e 3 faccie alla Cappella di marmo pavonazzo alti insieme tutti 4 con il recinto di sopra, e suo corallino. sc. Per il ripieno di verde in […] 3 facie to insieme. sc. atacati sule lavagne. sc. Per la cimasetta di giallo sopra detto pilastro. sc. Per la cimasetta simile che ricorre fra un pilastro e l’altro. sc. Per l’altra cimasetta sul pilastro del cantone. sc. Per l’archo che è sopra dette cimasette. sc. Per il recinto di marmo che serra a torno all’archo, e acanto il pilastro. sc.
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Per uno delli putti di marmo […] fatto di mezzo rilievo con l’ale, et una ghirlandetta in mano con un suo ripieno di marmo nero. sc. Per il collarino sopra li detti triangoli di marmo biancho. sc. Per il freggio di giallo che è fra il pilastro, e l’altro. sc. Per li doi recinti di marmo biancho. sc. Per il ripieno del detto pilastro. sc. Per quattro ricinti di marmo fatti e doi altri pilastri. sc. Per doi altri ricinti del pilastro ultimo verso l’altare. sc. Per il recinto che fa il canto per le doi faccie del detto pilastro. sc. Per il ripieno del detto pilastro di alabastro. sc. Per doi recinti fatti nelli mezzi pilastri nil angolo dell’altare. sc. Per il ripieno di detta breccia. sc. Per il recinto del marmo del quadro comesso che è nel canto sotto la Croce. sc. Per il ripieno di comesso di detto marmo. sc. Per la cimasetta di marmo sopradetto. sc. Per il recinto sopradetto di marmo che recigne la Croce. sc. Per il ripieno di biancho e nero dove e la Croce e la lancia con le spine. sc. Per un pezzo di cantuccio di marmo biancho. sc. Per il recinto di marmo dalli bande delle nicchie. sc. Per le pietre di Africano della nichia. sc. Per la cimasetta che recigne le bande e tutta la nichia. sc. Per il cappello della nichia dove è intagliata la cochiglia. sc. Per lo scorniciamento che ricorre sopradetto. sc. Per il ripieno sopra la nichia dove è comisso il brocatello nelli angoli sopra la cornicetta della nichia riquadrate insieme. sc. Per doi recinti di marmo dalli dette bande che arivano di sula cimasetta sin sotto il collarino. sc. Per il ripieno sopra la nichia dove e fatto un quadro ripieno della breccia. sc. Per il collarino di marmo che piglia del pilastro d’alabastro sino al pilastro che viene acanto alla sepoltura. sc. Per fregio di giallo fatto della medesima larghezza […] Per il recinto di marmo che vanno atorno all’ovvati acanto alla sepoltura. sc. per il ripieno di alabastro dove e l’ovato commesso di lapislazari e matreperli anirite fatto una testa di serafino e un festoncino di marmo. sc. Per la cimasetta sopradetto di marmo. sc. Per la misura delle pietre in pelle dall’altra parte dove è la nicchia. sc. Per il ripieno di biancho e nero dove è la croce e le spine simile al altro Per il ripieno di alabastro dove e l’ovato comesso di lapislazari e matreperle simile all’altro. sc. Per il freggio di giallo che è tra il membretto e pilastro della sepoltura. sc. Per il collarino di marmo bancho. sc. Per doi cartelli di marmo giallo una di qua e una di la del retroscritto archo. sc. Per il ripieno del commesso dove è il vaso di man mancha dell’altare con un festone di frutti sotto di basso rilievo di marmo con sue nappe fatte con sue orecchie fatta sotto una nuvola di alabastro trasparente con suoi spichi di marmo giallo e anelli sopra sue sponghe
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di alabastro con suoi pannjni sotto e in testa del Cherubino di marmo biancho. sc. Per il recinto di doi facie di marmo biancho della porta in su alta. sc. Per la finestra fatta recinta. sc. Per la cornice di marmo sopra detta finestra. sc. Per il recinto attorno alla detta finestra. sc. Per il freggio di giallo sopra la cornice. sc. Per il fregio di marmo giallo fatto sul pilastro nel angolo acanto all’altare e su una faccia del pilastro di alabastro. sc. Per il collarino di marmo simile de detti pilastri. sc. Per li doi contropilastri dietro alle colonne dell’altare di marmo nero. sc. Per la cornice di marmo biancho che va sopra detto altare. sc. Per un pezzo di risvolta di detta cornice. sc. Per la bocha del pozzo scorniciata fatta in Chiesa. sc. Lavori fatti nella morte del Cavaliere non finiti Per lavere spianati doi quadri dove sono comessi le glorie squadrate. sc. Per il frigio sotto detta cornice spianato, e commesso di bianco e nero con stucco a foco su la fodera di marmo salino. sc. Sommano li palmi in pelle della metà della cappella […] che raddoppiati per l’altra metà fanno. sc. Sono li palmi in pelle dell’altare. sc. Per la bocca del pozzo fatta in chiesa. sc. Per li 4 triangoli dove sono le rose di marmo rosso, nelli cantoni di detta cappella. sc. Per li 4 festoni sotto le nicchie commessi di nero. sc. Per li 4 quadri dove sono l’aquile con li panni di giallo, dove sono l’arme. sc. Per li doi putti fatti sopra li triangoli dell’arco con sue ghirlandette in marmo, e suo ripieno di marmo nero. sc. Per li quattro vasi dove sono la croce con la lancia e spine. sc. Per li 4 cappelli delle niccie dove sono intagliate le cochiglie d’africano. sc. Per li 4 ovati ripieni d’alabastro incassati atorno di madreperle, et ametiste (fatte con serafini festoncini e pannini). sc. Per doi cartelle di marmo giallo (che fanno seraglio all’arco da tutte doi le bande). sc. Per li doi vasi che sono uno di qua e l’altro di la del’altare con soi festoni (con nuvole di alabastro trasparente sponghe e pannini). sc. Per le doi arme alli doi piedistalli sotto alla colonna del altare (una di qua et l’altra di la). sc. Io Pietro Paulo Oliviero mano propria.
99. 1597 novembre 17 ACR, Fondo generale, 150697 Ricevuta di Giovanni Paolo e Tommaso Della Porta, fratelli eredi di Giovanni Battista. Bibl. caetani 1933, p. 325, nota b; cozzi beccarini 1976, p. 157, doc. F.
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Io Giovanni Paullo della Porta e Tomaso fratello confesano de avere recevuto dall’Illustrissimo e Reverendissimo Signor Cardinale Gaietano scutti cento moneta per finire aboncoto della Capella de Santa Potenciane e detti scuti ne li a pagati il Signore Oratio Cordono maestro di casa e in fede della verita avemo fato la presente di mano propria e sera sotto schrito di tuti doj questo di 17 Novembre 1597. Io: Paullo mano propria Jo Tomaso sopradetto mano propria
100. 1597-1600 ASR, Cistercensi di Santa Pudenziana, b. 4, s.n. Note di pagamento a Giovanni Battista Della Porta per i lavori nella cappella di San Pietro a Santa Pudenziana.
Ligati 7 oblighi titulari del S.re Desiderio: Al Cavaliero per fornire la Capella scudi 900 […] Al Cavaliero Porta scudi 200 Illustrissimo Dom. Priori di Santa Potentiana ha pagato al Signore Cavaliero La porta scultori per far contiuare ha rinovare la Capella San Pietro sicondo l’ordine di esso Monsignore come contenne suo testamento scudi 200. Di poi e bisogno pagari 120 scudi che ristano al Cavalliero la porta con la balostri in una pitura della Capella San pietro sopra di secondo che sarà stimata sopra dal che gli ho già avanzato per detti ballostri che quello che gli potrà restare saranno in moneta di scudi 150 talmente che restano a pagare scudi 3.250 In questa maniera resterà franco al monastero di Santa Potentiana pagati tutti i debiti il detto sottoscritto scudi 27768 che frutaranno al manto 1360 scudi. Per sette altri luoghi del monte di Orbietto venduti per fornire di pagare detti legati, et per pagare anco il Singnore Cavaliere la Porta, per fornire la Capella di San Pietro della chiesa di Santa Potentiana fatta incominciare per detto Mons.re a raggione di Cento uno scudi monta per luglio però scudi 707. Al cavaliero Porta per un legato lasciatogli medesimamente per testamento da detto Monsingnore gli è stato pagato due cento scudi come appare, per la quietanza che m’ha fatta però scudi 200 Per il testamento, Instrumento d’accordia della Camera, Breve et rinovatione della Patente di monti et altre scritture […]. Al secretario del monte di Orbieto per rinovare la patente delli quatorderi luoghi di detto monte che provenghino di essa heredità ho pagato scudi cinque di quali monti ne sono stati venduti sette per pagare il legato di san Luigi et il Cavalliere la Porta però scudi 5. Debiti pagati per detto monsignore ritrovati a sua morte […]. Al cavalliere la Porta scultore in deduttione delli ottocento scudi che gli sono dovuti per fornire la Capella di San Pietro di detto Mons.re gli ne ho pagato quattro cento quattro scudi come appare per sua quietanza però scudi 404. Item alli cinque di giugno dato al
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detto Cavalliere la Porta scultore in deduttione di detti otto cento scudi, doi cento scudi come appare per sua quiettanza però scudi 200. Più à detto Signore Cavalliere la Porta in deduttione delli detti otto cento scudi et per li balaustri, ho pagato alli 9 di luglio come appare per sua quiettanza scudi 50. Più alli undici di settembre 1597 ho pagato a detto Signore cavaliere la Porta in deduttione, et a buon conto di quello che gli resta come appare per sua quiettanza scudi 80
101. 1598 maggio 1 ACR, Fondo generale, 149731 Dichiarazione di stima di 3.366 scudi dei lavori della cappella Caetani in Santa Pudenziana eseguiti da Giovanni Battista Della Porta. Bibl. caetani 1933, p. 325, nota b; cozzi beccarini 1976, p. 157, doc. G (trascrizione parziale: note di Gelasio Caetani nell’inventario dell’Archivio Caetani).
Essendosi per ordine dell’Illustrissimo signor Cardinale Gaetano et per la parte delli eredi et fratelli del quondam cavalier della Porta misurato tutto il lavoro in pelle di fattura già fatta da detto cavaliere, nelle incrostature i diversi lavori della cappella di San Pastore in Santa Potentiana et havendo io Pietro Pavolo Oliverio misurato per il Signor Cardinale, et per ordine di detti eredi et misurato datone relatione, hor contentandosi essi di quella recognitione et quantità di prezzo che piacerà a Sua Signoria Illustrissima, di dargli così essendone certificato per parere di diversi periti quali hanno diligentemente veduto detta opera, di qui e che Sua Signoria Illustrissima dichiara volergli dare in tutto la somma di scudi 3366. Come ne conti fra loro si vedrà de denari dati et riceuti, dichiarando che si intenda della manifattura di tutto il lavoro che si trova in detta cappella computandoci insieme le dua arme che vanno delle bande sotto l’altare quale sono in casa loro et vole che si intenda ancora della mettitura in opera et di ogni cosa che potessero pretendere in questo fatto. Eccettuando le colonne di pidocchioso le quale Sua Signoria Illustrissima pretende vadano, in altro conto ne vole che si comprenda in questo se ci sarà prezzo di altre pietre date dal detto cavaliere ho’ da loro o’ altra robba perché si devera intendere in altri conti. Così Sua Signoria Illustrissima dichiara in ogni miglior modo questo di primo di maggio 1598.
102. 1598 novembre 14 ASR, Trenta Notai Capitolini, ufficio 29, notaio Petrus Martinus Trucca, b. 45, cc. 372r-v Pagamento di 180 scudi per la cappella Collini ai fratelli Tommaso e Giovanni Paolo Della Porta. Bibl. bertolotti 1881, p. 201; panofsky 1993, p. 123, nota 29.
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Die 14 novembris 1598. Suprascriptus dominus Thomas de la Porta, nominibus quibus supra et cum dicta rata promissione, sponte etc., omni meliori modo etc., addendo inventario alias me etc. facto, dixit repens […] hereditatem et bonos dicti quondam domini Iohannis Baptiste della Porta eius fratris creditum scutorum centum octuaginta monete per ipsum post mortem dicti Iohannis Baptiste exactum a reverendis monacis Sancti Bernardi ecclesie Sancte Pudentiane pro residuo partis Cappellae quondam reverendi domini Desiderii Collini abbatis dicte ecclesie etc., omni meliori modo etc., et in tactis etc., iuravit super quibus etc. Presentibus in officio mei etc., domino Bernardino Crispoldo Urbevetano etc domino Octavo Racta Romano etc.
103. 1600 novembre 4 ASMn, Archivio Gonzaga, b. 973, f. I11, cc. 469-473 Lettera di Giulio Cesare Foresto ad Annibale Chieppo: accordi per il pagamento delle statue acquistate da Giovanni Francesco Peranda e notizia della collezione di statue Della Porta. Trascr. furlotti 2003, pp. 309-311, doc. 390.
(…) Poiché sono intrato in questa materia di statue, mi resta dar conto che il cavalier della Porta, che morì due anni son incirca, persona che attendeva a questa professione di antiquità più che huomo di Roma, perché era anche scultore, ha lasciato a’ suoi heredi una quantità di statue che, per quanto intendo, devono esser forse centoventi et forse assai più pezzi di statue intere, delle quali essi hanno voluto far vendita più volte, ma quando sono venuti alle strette, hanno adimandate le pazzie, com’a dire più di trecentocinquemila scudi. Queste statue so che con la volontà sono, si può dir, impegnate all’Illustrissimo Aldobrandino il quale l’ha considerate già et vi disegna sopra grandemente ma non è mai venuto a risoluzione alcuna, perché ancora non ha comprato il pallazzo, et all’incontro il signor cardinale San Giorgio, concorrente in questa stessa materia di antichità, dessignava sopra queste poche del signor Peranda, se ben gl’è riuscito fallace il suo disegno. Hora che questi heredi del cavalier della Porta, particolarmente un fratello del cavaliere, hanno saputo che l’altezza serenissima ha fatto acquisto delle statue del signor Peranda, m’importuna ch’io vada a veder le loro et che, se l’altezza serenissima vorrà attendervi, ne faranno partito ragionevole, et perché mi hanno detto che per ordine dell’altezza serenissima, forse venti giorni sono, un cavaliere, passato di qua e mandato aposta, è stato a veder dette statue, dicendoli che sua altezza le vole comprare, se ben so che loro sono al bisogno, ma perché dall’altro canto so che il signor cardinale Aldobrandino le vole et che, quando pure vi fusse stato un simile disegno, sarebbe stato necessario trattar il negotio destramente, nonostante che mi habbia importunato più volte, non ho mai voluto andarle a vedere et ho risposto che l’altezza serenissima non ha questi pensieri di acquistare statue, ancorché queste del signor Peranda, come di persona che professa devotissima et antichissima servitù verso la serenissima casa di sua altezza, all’istessa hebbe dedicate l’antiquità sue, havendoli all’incontro
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sua altezza usata quella ricognitione che le pareva convenirsi alla prontezza di detto signor Peranda, ma che per altro non pensasse che l’altezza serenissima havessi questi pensieri di voler distatuar Roma. Con tutto ciò credo che non potrò fuggire di andarle a vedere et, quando pure fusse vero che sua altezza havesse simili pensieri sopra dette statue, è cosa da trattare molto delicatamente perché non servirebbe ad altro che a voler far saltare il signor cardinale Aldobrandino et forse anche costoro che hanno bisogno et che vedono che il medesimo signor cardinale li tiene così impegnati senza volerli risolvere, al fine di farsene padrone con vile prezzo, non vorrebbeno altro se non un’occasione simile et per ogni buon fine mi pare necessario che l’altezza serenissima sia informata del tutto, per sapere come poter meglio far guidare questo negotio, quando pure sia vero che vi habbia sopra disegno. Questo fratello del cavalier della porta mi ha descritta la persona che d’ordine di sua altezza, ment’era a Firenze, è venuto a vederle, et avendo questa settimana ricevuta una lettera del signor Marc’Antonio Berni, che da Napoli mi raccomanda alcune lettere per monsignor vescovo d’Ascoli [Girolamo Bernieri], vado pensando che forse questo gentilhuomo, nel suo passare di qua per Napoli, sia quello che è stato a veder queste statue, et in ogni caso sia questo o altro, a me pare che così sulle prime non era da scoprirsi per li rispetti sodetti (...).
104. 1600 dicembre 16 ASMn, Archivio Gonzaga, b. 973, f. I12, cc. 545-548 Lettera di Giulio Cesare Foresto a Vincenzo I Gonzaga: giudizio sulla qualità delle statue lasciate in eredità da Giovanni Battista Della Porta; Pietro Facchetti veniva interpellato per valutare e disegnare le sculture della collezione di Giovanni Battista Della Porta, di cui era stato proposto l’acquisto al duca. Trascr. furlotti 2003, pp. 316-317, doc. 399. Bibl. furlotti 2002, p. 325, nota 64; brown 1991, p. 63; luzio 1913, p. 129.
Ho veduto tutte le statue et ogni sorte di marmi degl’heredi del cavaliere Della Porta, havendone presa l’occasione come ricercato da loro, che me ne pregarono anche il giorno innanzi che vi andassi. Le cose che hanno sono in numero tante che a levarle non basterebbeno duoi navi grandi, ma in bontà si riducono a così poco numero che da quindici o venti pezzi in poi statue intere et anche di queste la singolarità si riduce a sei pezzi in circa. Il resto non mi pare considerabile per il longo viaggio et anche perché di Roma s’hanno da cavar in questo genere di statue cose singolari overo lasciarle. Hanno una statua grande di porfido vestita, che si può ridurre in una imagine santa, come una santa Barbara o una Madonna, et è insomma la più degna cosa che habbiano; un Ercule intiero; un Apoline; due giovani che fanno alla lotta, ch’essi, per rispetto dell’antichità grande chiamano Romulo et Remo; un Sesto Pompeo nudo, quasi statua di colosso; qualche Venere; ninfe, fauni et cose simili favolose che pure io saprei cavare sino al numero di venti pezzi, ma chi volesse pensar di haverli, tanto costarebbero li soddetti pezzi come se si comprassero tutte le statue et marmi che hanno. Né è a dire che il mio gusto sia singolare perché, dopo che sono intrato a
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convenirmi far qualche intelligenza in questa sorte di cose, trovo che quest’istesso giuditio vien dato da tutti i periti di simil arte et in tanta quantità di cose non hanno sei teste, et neanche quattro da equiparar per singolarità a queste che devo inviar a vostra altezza, sì come alla giornata l’altezza vostra se ne andarà meglio certificando, quando piacerà a Dio che siano giunte nel serenissimo suo dominio a salvamento, et pure i suddetti eredi tengono in credito et in prezzo le cose loro più di trentamilla scudi, se ben sin qui non sono discesi a partito alcuno con me. Insomma, ho mostrato di non haver quel gusto ch’essi aspettavano, sì com’è in effetto, perché degli imperatori non hanno una testa che vaglia, essendo tutte fatte di mano dei predetti, come persone dell’arte che anche hoggi lavorano. Li bassirilievi, che pure di questi hanno molte cose, et le cose framentate, che sono anche in quantità, l’un et l’altra delle sodette cose che non sono il fine di un simil acquisto, se non in quanto vengono in conseguenza nel contratto, non muovono anche a farvi consideratione, di modo che riduco la somma a poco numero, come ho detto. Con tutto ciò, non lasciando i sudetti heredi di farmi pregare a proporre un simile acquisto a vostra altezza, se ben mi faccio alieno con loro da tal pensiero, non escludo però di sentirli et so certo che verranno a parlarmi, nel qual caso, se conoscerò che siano per cader a un partito accetabile, anderò trattenendo così il negotio, dandone conto a vostra altezza con un inventario distinto di tutte le cose, et delle più principali, per più distinta informatione di vostra altezza, se ne farà cavare li disegni da messer Pietro Facchetti, né mancarò di far tutto quello che potrò conoscere che torni in honorato et utile servitio di vostra altezza, ma et la qualità del negotio et le persone con che si tratta, le quali m’assicurano che verranno a cader da loro, ricerca che l’altezza vostra si degni compatir alquanto, senza mostrar volontà di voler possibile vantaggio et per diverse vie possa vostra altezza haver una continuatione di cose buone. Trattai con l’illustrissimo San Marcello [Paolo Emilio Zacchia], al quale presentai la lettera di vostra altezza pertinente all’estrattione delle statue, per le quali mi disse che havrebbe servito a vostra altezza, ma che bisognava parlarne primo a nostro signore et che mi contentassi di aspettar la risolutione et l’ordine che havrebbe dato la seguente settimana, in che credo non vi debba esser difficoltà.
105. 1601 dicembre 22 ACR, Fondo generale, 194310, 161744, s.n. Quietanza fra gli eredi del Cavaliere Giovanni Battista Della Porta e Camillo Caetani. Bibl. caetani 1933, p. 325, nota b; cozzi beccarini 1976, p. 158 doc. n. (trascrizione della nota archivistica di Gelasio Caetani presente nell’inventario dell’Archivio Caetani).
[c. 1r] A di 22 di Xbre 1601 Essendo che sia la bona memoria dell’Illustre Signore Cardinale Caetano et il Cavaliero Giovanni Battista della porta mentre vissero fossero occorsi molti negotii tanto di colonne et lapide fatta sopra la sepoltura della bona memoria del Signor Duca Honorato Caetano quanto della Cappella fatta nella Chiesa della Santissima Trinità delli Monti et di qualsivoglia altra
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sorte di pietre per la fabrica che sua Signoria Illustrissima faceva nella Cappella di Santo Pastore nella chiesa di Santa Potenziana, et tanto per viagi et condutture di dette robbe quanto per altri simili negozii et essendo anche che per detto Cavaliero sua Signoria Illustrissima habia dato alcune volte danari al detto Cavaliero et essendo poi come a Dio e piaciuto morti l’uno, et l’altro, et desiderando l’Illustrissimo Signore Camillo Caetano Patriarca d’Alexandria, et soi signori nepoti heredi del detto signore Cardinale da una banda et li Signori Giovanni Paulo, et Thomasso della porta fratelli et heredi del detto Cavaliero fare resi final conto, et saldo di tutto le dette cose avendo viste et fatto vedere stimare et calcura più volte da persone intelligenti li sopradetti conti Colonne lapide pietre, lavori, et opere, son venuti di comune concordo all’infrascritto saldo, et final quietanzate et liberazione dell’una, et l’altra parte nel modo infrascritto cioè Che detto Illustrissimo Signore Patriarca tanto in nome suo quanto de soi signori nipoti per li quali promette derato altrimenti vuol esser tenuto di suo proprio pagare alli detti Signori Giovanni Paolo et Thomaso scudi 1000, et 66 baiocchi 20 di moneta, di Giuly dice per scudo nelli termini infrascritti cioè scudi 300 a natale prossimo del presente Anno 1601 et altri scudi 400 a Natale del 1602 et il restante scudi 366. et baiocchi 20 a Pasqua di resurrezione dell’anno1603 et per magior cautela di essi Signori Della porta il presente Illustrissimo Signor Patriarca li da et consigna un mandato de simil summa diretto al Signor Settimio Olgiati da pagarseli nel modo sopra detto senza eccezione alcuna, altrimenti in evento che detto Signore Setimio non pagasse o in tutto o in parte la detta somma nelli termini sopradetti il presente Illustrissimo Signore Patriarca come herede ha pagarli delli beni hereditarii vol esser tenuto [c. 1v] a pagarli quali scudi 1000 et 66 et baiocchi 20 si convengono che sia presto et intiero pagamento di tutto quello che potessero pretendere della porta sino al presente giorno tanto per colonne quanto per lapide sepultura Cappella della Santissima Trinità et San Pastore, per qualsivoglia altra sorte di pietre lavori opere, et fatture, et mercede di qualsivoglia sorte tanto fatti dal detto Cavaliero vivente quanto da detti soi fratelli dopo la sua morte, talche detti della Porta non possino per alcun tempo dimandare ne pretendere alcuna altra cosa da detti Illustrissimi Signori Caetani ne revisione de Conti, ne allegare alcuna sorta di lazione ma perpetuamente haver rato, grato et fermo il sopra detto saldo perché essi così si contentano per restar serviti dell’Illustrissima Casa Caetana come principal lor patroni et dall’altra banda detti Signori Caetani non possino in alcuni modo ne in alcun tempo dimadare o pretendere alcuni altra cosa dalli detti della porta tanto per colonne quanto lapide o per qualsivoglia altra sorte di pietre, o vero manifatture delli lavori ne dimandare ò pretendere da detti della porta altre pietre ò residui ò qualsivoglia altra cosa ma in tutto e per tutto li quietano, et liberano totalmente da ogni pretenzione tanto per le sopra dette Cose quanto per ogni soma de danari che detti della porta havessero ricevuti quali della porta giurano a ciascuno di essi testi scritti, at Santa Dei Evangeli giurano non haver ricevuto ne tener in mano colonne sassi ne pietre di sorte alcuna spettante à detti Illustrissimi Signori ne più di quella somme, et partite di danari di quelle che hanno date in nota ad esso Illustrissimo Signor Patriarca talmente che detti Signori Cateani ancor loro non possino pretendere alcuna revisione de conti, o qualsivoglia sorte di lezione et l’una e l’altra parte s’acquieta alli sudetti conti et promettono haver sempre per ogni tempo rato grato et fermo detto saldo et à quello mai contravvenire, et cossì hinc inde se quietano per generale, et generalissima quietanza ultimata et finale adesso per allora qando saranno pagati li detti danari di tutto quello havessero havuto che fare in sieme sino al giorno presente, et cossì promettono s’obligano,
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in ampliori forma Camerare [c. 2r] con giuramento cioè e il detto Signore Patriarca toto pectore et detti della porta dattis scritturis et consentono, l’una et l’altra parte che da tutte le sopradette cose contenute in questa scrittura ciascuna delle parti ne possa far fare pubblico istrumento per mano di pubblico notario con la medesima obbligazione in forma Cameraria et con tutte le clausole necessarie et opportune, ancora at sensi sapientii et intanto se debeno fare doi di questa scrittura simile sotto scritte, da l’una, et l’altra parte della quali ne rimandino una per parte, et in fede del nome si sono sottoscritti di loro proprie mani questo di 22 Xbre 1601 in Roma. Approbo. Io. Giovanni Paullo dela porta Camillo Caetani Patriarcha Alex Io. Giovanni Paullo della porta Afermo quato di sopra egiuro non esere venuto in mano mia ne sapere sai venuto inmano del Cavaliro mio fratello altre forme di danari ne cose se non quelle de quali sie dato in notta Io Tomaso dela porta sopradeto affermo e giuro come di sopra 318. 1601. Quitanza dell’heredi del cavaliere Giovanni Battista della Porta
106. [1602] ACR, Fondo generale, 191344, s.d. Nota di pagamento da parte dei Caetani agli eredi di Giovanni Battista Della Porta. Bibl. caetani 1933, p. 270, nota c; negro 2007, p. 203, nota 39.
Sumario de quello che Li eredi del Cavaliero della Porta deve abere dalli Illustrissimi Signori Gaetani como si chiarirà a cosa per cosa Per la fattura di pL 5368 Como apare per la mesura e sotto scritta di maestro pietro paulo Oliviero architetto dist Illustrissimo signor Cardinale gaietano di pietra lavorata a pelle importa […] E piu per lavori fatti astima como apare […] Che li da la lista inposta scudi 2206 E piu per pietre date como apare per la lista e altra cose date como si vedera a cossa per cosa imposta E piu per le collonne di pidocchioso di mo sono stimati E piu per il retrato fatto per la eccellenza del Signor duca Onorato similmente scudi
107. 1602 settembre 24 ACR, Fondo economico, n. 1702, Libro mastro generale dal 1602 al 1604, c. 96 Pagamento a Giovanni Paolo e Tommaso Della Porta (eredi Cavaliere Giovanni Battista Della Porta) di trecento scudi per i lavori eseguiti per i Signori Caetani.
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Giovanni Paolo e Thomaso della porta heredi del Cavaliere Giovanni Battista della porta devono havere di 24 di settembre 1602 scudi trecento di moneta lavori con mandato alle R. fol. 369 da Settimio Olgiatti a conto del credito di conto per la predetta paga 122. Scudi 300. [cc. 122 e CXXII] e a di 24 di detto [settembre] scudi 300 di moneta A Giovanni Paolo e Thomaso della porta 96. scudi 300
108. 1603 marzo 16 ACR, Fondo economico, n. 1636, Giornale di mandati di pagamento firmati dal duca di Sermoneta per gli anni 1602-1606, c. 156 Pagamento a Giovanni Paolo e Tommaso Della Porta (eredi Cavaliere Giovanni Battista Della Porta) di settecentosessantasei scudi e venti giuli per i lavori eseguiti per i Signori Caetani.
Illustrissimo Signore Filippo Guicciardini piacerà a Vostra Signoria di pagare alla fine dello giorno prossimo venturo alli Magnifici Giovanni Paolo e Tomaso della porta fratelli et heredi di Signor Cavaliere Giovanni Battista Della Porta scudi settecento sessanta sei et giuli venti di moneta quali se li fanno pagare per resto et final pagamento di scudi millesessantasei et venti giulii che restavano d’havere dell’eredità della bona memoria del signore cardinale Caetano nostro zio per lavori di pietra dati a detto signore cardinale et lavori fatti nella cappella do Santo Pastore dentro la chiesa di Santa Pudenziana per detto cavaliere Giovanni Battista della Porta et doppo sua morte da detto Giovanni Paolo et Tomaso come per conti saldi d’accordo con la bona memoria di monsignore Patriarca nostro zio dal quale fu fatto mandato di tutta la suddetta somma di scudi millesessanta sei et venti giuli a detti della porta diretti dal Signore Settimio Olgiati havuti in tre paghe sotto li 22 di dicembre dell’anno passato 1601 al quale ci raportiamo et vogliamo che detto pagamento di scudi 776.20 giuli sia fatto con intervento del nostro computista et non altrimenti accettando et rattificando per altro saldo et final pagamento questo fu quello et futuro mandato li contiene et tali ne doveranno pigliare per quietanza fra eredi delli beni. Di Casa. A di XVI di marzo 1603 scudi 776.20 Il Duca di Sermoneta Bonifacio Caetani vescovo di Cassano
109. 1603 settembre 24 ACR, Fondo economico, n. 1636, Giornale di mandati di pagamento firmati dal duca di Sermoneta per gli anni 1602-1606, c. 348 Pagamento a Giovanni Paolo e Tommaso Della Porta di scudi cento per la vendita di due statue ai Signori Caetani.
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Illustrissimo Signore Filippo Guicciardini piacerà a Vostra Signoria di pagare alla fine dello giorno prossimo venturo alli Magnifici Giovanni Paolo e Tomaso fratelli della porta scudi cento di moneta quali gli facciamo pagare a buon conto di che hanno d’havere da noi per il prezzo di due statue comprate da loro per generale quietanza che si faranno boni. Di Casa A di 24 di settembre 1603 scudi 100 Il Duca di Sermoneta Bonifacio Caetani vescovo di Cassano
110. 1604 febbraio 23 ACR, Fondo economico, n. 1636, Giornale di mandati di pagamento firmati dal duca di Sermoneta per gli anni 1602-1606, c. 304 Pagamento a Giovanni Paolo e Tommaso Della Porta di scudi cento per la vendita di due statue ai Signori Caetani.
Illustrissimi Signori heredi di Alessandro Doni piacerà a Sua Signoria Vostra di pagare alli Magnifici Giovanni Paolo e Tomaso della porta fratelli scudi cento di moneta quali gli facciamo pagare per resto et intero pagamento di scudi 200 moneta per il prezzo di due statue comprate da loro atteso gli altri scudi cento moneta gli sono stati pagati con mandato dal banco del Signore Filippo Guicciardiani sono sotto li 8 di settembre dell’anno prossimo passato 1603 per generale quietanza che si faranno boni. Di Casa A di 23 di febbraio 1604 scudi 100 Il Duca di Sermoneta Antonio Caetano
111. [1597-1606] BAV, Barb. Lat. 3168, 72, s.n. Minuta dell’inventario di statue e antichità in casa degli eredi di Giovanni Battista Della Porta. Bibl. graeven 1893, pp. 236-245 [Il testo in corsivo indica aggiunte con calligrafia diversa].
Anticaglie et statue di marmo in casa delli heredi dello Cavaliere della Porta [1] Prima un Istoria del trionfo di Germanico con molte figure alta p.10 et lon. p. 20. [2] Doi Pili istoriati con molti putti che corrono lon. p. 3 ½ l’uno et alt. p. ½. [3] Una fontana con tre ordini l’un sopra l’altro con molti ornamenti alt. p. 14 inc. [4] Doi statue di altezza di p. 10 ½, un Domitiano Imperatore et l’altra una Vittoria compag. [5] Un vaso paonazzo de marmo trasparente fatto à foggia di bicchiere alto p. 1 et long. p. 6.
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[6] 4 Quattro animali d’acconciare un lione di marmo giallo un lupo una capra et una cavallo di grandezza del naturale. Nella bottega dove si lavora [7] Una statua di Giulio Cesare in habbito consulare alt. p. 8 inc. [8] Una statua di Ninfa che si lava i piedi a sedere di grandezza del naturale. [9] Doi statue compagne in habbito consulare. Un Neratio Cereale et un Bruto alta p. 9 ½ l’una. [10] Una statua ignuda de Sesto Pompeo in habbito Imperiale cosa rara alt. p. 11 [11] Doi statue compagne un Baccho et un Apollo di grandezza del naturale. [12] Una statua di color di selice di un Bono Cignale maggior del naturale. [13] Doi statue di filosofi à sedere maggior del naturale. Demostene e Diogene. [14] 8 Otto teste con li suoi petti maggior del naturale Imperatori et Imperatrici. [15] Doi altre teste maggior assai del naturale con soi petti et peducci [16] 12 Dodici Imperatori [armati] moderni con soi petti di marmo et peducci de mischio maggior del naturale. [17] 4 Quattro colonne di marmo giallo compagne alte p. 13 ¼ il paio. Nel stantino [18] Doi statue compagne un Ercole et un Exculapio alt. p. 6 ½ l’una. [19] Doi statue compagne una Musa et una Egidia figlie di esculapio della med.a grandezza. Nella prima Stanza [20] Doi statue compagne una Leda che tien il Cigno abbracciato et una Ninfa che tien un vaso per fonte de grandezza del naturale. [21] Una statua della Venere genitrice con un putto attaccato alta p. 6 ½. [22] Doi statue compagne una [faustina] livia Imperatrice immantata et una Pallade alta p. 6 della med. Grandezza. [23] Due statue compagne un Bacco et un [Giovane] putto che tien un Coccodrillo della med. grandezza. [24] Una statua di Porfido cosa rara alta p. 11 incirca. [25] Doi statue abbracciate compagne Romolo e Remolo de grandezza del naturale. [26] Una statua de Antinoo overo Ermafrodito cosa rara alta del naturale. [27] Doi statue un Aelio Adriano con la Corazza à i piedi et un Bacchetto alte p. 4 ½ incirca. [28] Una statua del Diodella Abundanza alt. p. 5. [29] Una statua d’un Cupido che pescha à sedere di grandezza di p. 3 incirca. [30] Doi statuette un Faunetto che tiene un Camello à piedi et un Satirino che tien un putto in grembo di grandezza di p. 3 incirca. [31] 5 Cinque teste con suoi petti antiche magg. del naturale. [32] Un cameo con dui Ninfe legato in marmo nero cosa rara alte p. 2 ½ incirca. [33] Una sepoltorina sotto col suo coperchio istoriato. [34] Doi tavole de Alabastro orientale trasparente con soi cornice de diversi colori cose rarissime una longa p. 6 ½ et larg. p. 5 ½ et l’altra p. 6 ½ et et larga p. 4 ½ con molti ornamenti. Nella camera grande [35] Doi statue di compagne di Venere alt. p. 9 l’una cose rarissime. [36] Una statua di Venere che tiene una cochiglia alta p. 6 ½ incirca.
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[37] Una statua d’un Cavallo con Alessandro Magno à cavallo d’altezza di p. 6 incirca. [38] Doi Cupidi compagni un dorme et l’altro và à volo cose belle di p. 3 ½ incirca. [39] Un gruppo con tre figure abbracciate Venere Marte et Cupidine cose belle alt. p. 3 ½ incirca. [40] Un altro gruppo di 2 figure abbracciate Sileno e Bacco della medema grandezza. [41] Un altro gruppo Comodo in habbito d’Ercole che amazza doi leoni della medema grandezza. [42] Doi statue compagne una Minerva et un Putto che tiene un ucello nelle mani della medema grandezza. [43] Dui statue compagne coi posamenti storiati sotto una Geta Imperatore di Bronzo et un Cupido di Altezza di p. 5 ½ incirca cose rarissime. [44] Una statua di Minerva de Bronzo alta p. 2 cosa bella. [45] Una statua Egiptia à sedere de granito orientale cosa non piu vista di p. 4 incirca. [46] 3 Tre delfini con 3 putti à cavallo per fontana de altezza de p. 3 incirca l’uno. [47] Doi teste coi soi petti compagni un Alessandro magno et la moglie la reggina delle Amazzone meggiori del naturale. [48] Una testa col suo petto de Alabastro orientale de Cleopatra della grandezza del naturale. [49] Una testa col suo petto de Augusto Imperatore magg. del naturale. [50] Doi teste col suo petto maggior del naturale una faustina vecchia et la moglie di Giulio Cesare. [51] Doi bellissimi vasi istoriati che erano sepolture cose bellissime. [52] Una Istoria con cinque figure di Alessandro Magno et Filippo suo padre cosa bella. [53] 4 Quattro bellissimi vasi di metallo conservati [che erā di Nerone]. [54] Un bel vaso per metter li frutti in fresco tutto istoriato. [55] Una Zampa de leone con una bellissima testa sopra alta p. 4 ½. [56] Una testa [grossa di colosso] maggior del nat. con doi faccie [cosa bellissima] cioe Jano. [57] 4 Quattro teste di Tigre con i soi mezzi petti di alabastro orientale di conserere cosa rara alti un p. 1 ½. [58] 25 Vinti cinque torsi di statue da conciare di più sorte. [59] 6 Sei Zampe de Leoni con sue teste attacchate alte p. 3 incirca l’una. [60] 15 Quindici teste senza petto da conciare di diverse figure. Nelle Stanze di ms. Tomasso. [61] Prima doi statue de Fauni compagni cose rare [alt. p. 8 l’una]. del nat. incirca [62] Doi statue un Ercole et un Aventino [l’Ercole alto p. 9 et l’Aventino alto] del naturale – iincirca. [63] Dui statue Una Venere et l’altro un Ermafrodito di grandezza del naturale. [64] Doi statue compagne una Cerere et un Baccho del naturale. [65] Doi statue maggior del naturale un Alessandro magno et la Regina delle Amazzone sua moglie. [66] Doi statue compagne d’Imperatori maggior del naturale. [67] Doi statue compagne d’Imperatrice magg. del naturale. [68] Doi statue à seder maggior del naturale. [69] Doi statue che finiscono in termini compagne magg. assai del naturale. [70] Doi statue compagne Apollo et Diana della grandezza del naturale.
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[71] Doi statue compagne un Esculapio et un Villano della grandezza del naturale. [72] Doi statue di Ninfe con i vasi in spalla compagne per fonte di altezza di p. 4 ½ incirca. [73] Una statua di Venere nascente dal mare con tosamento storiato sotto casa rarissima della grandezza del naturale. [74] Una mezza figura con un vaso in testa magg. assai del naturale. [75] Doi Gladiatori compagni di altezza di p. 4 ½ inc. [76] Una statua di un putto con un [animale] utro in braccio per fonte alta p. 3 ½ incirca. [77] Una statua della Giudea capta à sedere alta p. 4 ½. [78] Una statua di Venere che si lava nella med. grandezza. [79] Una statua di Venere che si veste cosa rarissima alta p. 5. [80] Una statua di Cupido che dorme de grandezza de p. 3. [81] Una statua de Sileno con un utro per fonte p. 3. [82] Doi teste coi soi petti ignudi de filosofi magg. del naturale – cioè alcibiade et pericle capitani. [83] Doi fontane in triangolo cosa rara con molte figure [una alta p. 20 et l’altra] alta p. 12 incirca [84] 7 Sette teste con i soi petti antichi magg. del naturale cose nobilissime. [85] 11 [Undi]sei statue et cinque [caproni et sei statue compagne per fonte del naturale.] animali cioe 2 cervi 2 caproni et un tigre del naturale per fonte. [86] Una testa [di Colosso] magg. assai del n. di Giulio Cesare cosa bellissima. [87] Una statua di Vertuno Dio delli orti del naturale. [88] Doi teste di filosofi con li soi mezzi petti ignudi maggiori del naturale scipione e silla. [89] Vi sono anco molte teste senza petti per metter sopra a diverse statue che se ne darà poi inventario. [90] Una statua moderna per fontana che se ne preme il petto con doi leoni attaccate cose bellissime di grandezza del naturale. [91] Doi statuette de putti moderni che van accompagnati alla da statua per fontana. [92] Quattro teste con li petti moderni cioe Traiano Commodo Crespino e Faustina moglie di Antonino pio. [93] Una testa di Cleopatra senza petto cosa rarissima. [94] Doi teste de fauni che ridono compagne. [95] Una statua di cacciatrice di altezza del naturale incirca.
112. [1600-1606] ASV, Archivio Borghese, b. 348, t. III, n. 30, s.d. Inventario delle statue e antichità in casa degli eredi del Cavaliere Giovanni Battista Della Porta. Bibl. de lachenal 1982, app. I, p. 84, app. Vc, pp. 94-96.
Nota di statue (certamente scritta al tempo del Cardinale Scipione Borghese primo fondatore della Galleria del Museo), le quali si dice – a San Lorenzo in Lucina – intendo di
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quelle statue che stavano allora nel palazzo in Campo Marzio a San Lorenzo in Lucina, cioè sotto la parrocchia di San Lorenzo in Lucina, sotto di cui allora stava il Palazzo Deza, poi Borghese, ossia il principe. Altra nota delle Anticaglie et statue del Cavaliero Della Porta, le quali comperò il Cardinale suddetto come da relativa memoria nell’Archivio Storico. Nota de le Statue a San Lorenzo in Lucina Doi fauni d’altezza del naturale in circa Hercole, et Aventino del naturale in circa Venere, et l’ermafrodito del naturale in circa Cerere, et Bacco Alessandro, et la Regina dell’Amazzoni Doi statue d’Imperatori poco maggiori del naturale Doi statue d’Imperatrici poco maggiori del naturale Doi statue a sedere del naturale in circa Doi statue che finiscono in termini maggiori del naturale Apollo, et Diana del naturale in circa Un Esculapio, et un villano poco minor del naturale Doi Ninfe co li vasi in spalla minor del naturale Venere nascente dal mare con posamento istoriato Venere che si veste Venere che si lava Giudea capta con Doi Gladiatori Un putto per fonte Un cupido, che dorme Una statuetta di Sileno Doi fontane in triangolo Un conserto di sei statue e cinque animali per fontana Otto teste con li petti antichi cioè Giulio Cesare, Ottaviano, M.Aurelio, Alessandro Severo, Gordiano Pio, Giulio Massimino, Silla e Scipione Africano Una statua d’Antonino Pio in habito consolare Una mezza statua con un vaso in testa per fontana Una statua moderna de la Dea Cibele, che si preme il petto con doi putti per fontana Cinque quadri di pittura cioè uno di Tiziano, un di Giulio Romano, uno del Rosso di Fiorenza, e doi del maestro di Rafaello Restano alcun’altre cose Anticaglie et Statue in casa dell’heredi del Cav.re de la Porta e prima nel cortile grande [1] Una historia del trionfo di Germanico cō molte figure alta palmi 15 longo palmi 20 [2] Un montone fora del portone maggiorn del naturale di meo rilievo [3] Una historia con 3 figure di altezza di palmi 4 ½ in circa [4] Doi pili historiati con molti putti, che corrono, lunghi palmi 3 ½ alti palmi 2 ½ l’uno [5] Una fontana con doi vasi uno sopra l’altro cō molti ornamenti alta palmi 15 [6] Doi statue di altezza di palmi 10. Domiziano, et una Vittoria
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[7] Un vaso di marmo pavonazzo fatto a bicchiere alto palmi 7 largo palmi 6 [8] Quattro animali da conciare. un leone di marmo giallo, un lupo, una capra, et un cavallo del naturale. Nella bottega, dove si lavora la scoltura [9] Una statua di Giulio Cesare in habito consolare alta palmi 8 in circa [10] Una statua di ninfa à sedere che si lava li piedi di grandezza del naturale [11] Doi statue compagne in habito consolare, Neratio Ceriale et Bruto alta palmi 9 ½ l’una [12] Una statua nuda di Sesto Pompeo in habito imperiale alta palmi 11in circa [13] Doi statue compagne. Bacco, et Apollo di grandezza del naturale [14] Una statua di colore di selce di cinghiale maggior del naturale [15] Doi statue compagne di filosofi a sedere maggior del naturale [16] Otto teste con soi petti antichi d’Imperatori e Imperatrici, maggiori, et minori del naturale [17] Doi altre teste cō soi petti moderni maggiori del naturale [18] Dodici Imperatori moderni con soi petti armati maggiori del naturale, et coi peducci di mischio Nel Stanzino [19] Doi statue cōpagne. Hercole, et Esculapio et Socrate attaccato alto palmi 6 ½ l’una [20] Doi statue compagne. una Musa, et una Egidia figlia d’Esculapio alta palmi 6 ½ Nella prima camera [21] Doi statue a sedere, una Leda con il cigno abbracciato, et una ninfa con un vaso per fonte, d’altezza del naturale [22] Una statua di Venere genitrice et un puttino attaccato di palmi 6 ½ [23] Doi statue compagne. Faustina imperatrice ammantata, et Pallade della mede.ma grandezza [24] Doi statue cōpagne. Bacco et un giovine che tiene un cocrodillo di palmi 5 [25] Una statua di porfido di altezza di palmi 11 in circa [26] Doi statue cōpagne abbracciate. Romolo et Remo di grādezza del nat.le [27] Una statua di Antino, overo Hermafrodito di grandezza del naturale [28] Doi statue. Elio Adriano, et Bacco cò la tazza in mano di palmi 4 [29] Una statua del Dio dell’Abondanza alta p.4 ½ in circa [30] Una statua a sedere di Cupido, che pesca alta palmi 3 in circa [31] Doi statuette, un satirino et un faunetto in grembo, et un faunetto con un cervo attaccato [32] Cinque teste con soi petti antichi diversi, maggiori del naturale [33] Un cameo con doi ninfe legate in marmo nero di grandezza di palmi 2 [34] Una sepoltura antica istoriata sotto al cameo [35-36] Doi tavole di alabastro trasparente con sue cornici. una longa palmi 7 larga palmi 5 l’altra palmi 5 ½ longa, et palmi 3 larga [37] Un tavolone senza cornice di broccatello per fare doi tavole lōgo palmi 8 largo palmi 5 [38] Doi par di colonne di marmo giallo alte palmi 13 ¼ grosse palmi 1 ½ [39] Un par di colonne di pidocchioso alte palmi 14 grosse palmi 1 ½ Nella camera grande [40] Doi statue compagne di Venere di altezza di palmi 9 l’una
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[41] Una statua di Venere cō una conchiglia per fonte alta palmi 6 ½ in circa [42] Una statua di un cavallo di Alessandro Magno posto a cavallo di palmi 4 [43] Doi statue di Cupido, uno dorme e l’altro va à volo di grandezza di palmi 3 [44] Un groppo con 3 figure, Venere, Marte e Cupido di grandezza di palmi 3 [45] Un altro groppo con doi figure. Sileno, e Bacco abbracciati della med.a grandezza [46] Un altro groppo Comodo in habito d’Hercole che amazza li due leoni d. la med.a gr.zza [47] Doi statue compagne ū putto che tiene ū uccello in mano, et una Minerva d. la m. gr.zza [48-49] Doi statue cōpagne cō soi posamenti historiati. un Cupido, che ha tirato l’arco, et una statua di brōzo di Geta Imperadore di altezza di palmi 5 ½ [50] Una statuina di brōzo di Minerva alta palmi 2 in circa [51] Una statua egittia à sedere di granito orientale alta palmi 3 ½ in circa [52] Tre delfini cō tre putti a cavallo per fonte [53] Doi teste con soi petti maggiori del naturale. Alessandro Magno, et la Moglie [54] Una testa cō il petto di Alabastro orientale di Cleopatra del naturale [55] Una testa con il petto maggior del naturale di Augusto Imperadore [56] Doi teste con soi petti maggiori del naturale. una Faustina vecchia, et la moglie di Cesare. [57] Doi vasi historiati, in uno vi è un’aquila sopra [58] Una historia cō 5 figure di basso rilievo di Filippo, et Alessandro di Macedonia [59] Molti vasi di metallo [60] Un vaso di marmo a foggia di tazza per mettere li frutti
113. 1607 febbraio 9 ASR, Trenta Notai Capitolini, ufficio 19, notaio Petrus Martinus Trucca, b. 72, c. 345r. Mandato del Secondo Collaterale della Curia di Campidoglio, emesso su richiesta dei custodi della Confraternita di Sant’Ambrogio dei Lombardi in Roma ed esecutori testamentari del fu Tommaso della Porta scultore, con cui si ordina all’Esecutore della Curia di recarsi con un notaio presso l’abitazione del detto Tommaso con l’incarico di redigere l’inventario dei beni presenti in essa. Bibl. panofsky 1993, p. 142, nota 154.
[c. 345r ex 517r] De mandato illustris et excellentis domini Secundi Collateralis Curię Capitolii et ad instantiam illustrium dominorum custodum venerabilis societatis Sancti Ambrosii nationis Lombardie de Urbe executorum testamentariorum quondam Thomę della Porta sculptoris, que in actis, tenore presentium mandatur tibi Executori Curię, ad quem spectat et qui primo pro parte dictorum instantium requisitus fuerit quatenus statim visis presentibus sub pena 500 ducatorum auri Camere Urbis applicanda aliisque etc., (…) debeas accedere una cum infrascripto notario ad domum seu habitationem ubi dictus quondam Thomas inhabitabat et omnia et singula bona cuiusvis generis et speciei et scripturas [scritto alla fine del testo, seguito dalla nota di autentica del funzionario: Approbo idem
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Honorius substitutus ibidem existentia seu alibi ad dictam bo inventariasse et descripsisse, ac inventariari et describi per notarium infrascriptum fecisse et curasse et presentibus paruisse. Quoniam stante testamento dicti quondam Thomę in actis rogato dicta mandavit hac die 9 februarii 1607. Antonius Barthol[…]. Pro domino Petro Martino Truccha notario, Honorius Stella substitutus.
114. 1607 marzo 3 ASR, Trenta Notai Capitolini, ufficio 19, notaio Petrus Martinus Trucca, b. 72, cc. 341r-344r Inventario dei beni presenti nella casa di Tommaso della Porta scultore, redatto dall’Esecutore della Curia di Campidoglio Pietro Angelo de Peruscinis su mandato del Secondo Collaterale, in seguito a richiesta dei custodi della Confraternita di Sant’Ambrogio dei Lombardi in Roma ed esecutori testamentari del detto Tommaso. Bibl. panofsky 1993, p. 142, nota 154.
[c. 341r ex 513r] Die tertia mensis martii 1607 Inventarium bonorum quondam Thome della Porta factum ad instantiam illustrium dominorum custodum societatis Sancti Ambrosii nationis Lombardie. Dominus Petrus Angelus quondam Petri Iohannis de Peruscinis de Mazzotta exequtor Curie illustrissimi domini gubernatoris Urbis accessit una me[c]um notario etc. ad domum ubi inhabitabat quondam Thomas della Porta, et vigore mandati de inventarizzando de[scribendo] relaxati per dominum 2um Collateralem Curie Capitolii sub die 9a februarii proxima preterita per acta mei etc., ad instantiam illustrium dominorum custodum venerabilis societatis Sancti Ambrosii nationis Lombardie de Urbe exequtorum testamentarii dicti quondam Thome della Porta (…) In presentia reverendissimi domini Iohannis Pauli Ludovici Moggii vite protectoris custodis dicte societatis et Iohannis Francisci Magna iuris utriusque doctoris eiusdem societatis confratris, quod mihi notario tradidit tenoris etc., et ego notarius inventarizzavi et descripsi omnia bona in dicta domo habitationis existentia, que bona sunt infrascripta, videlicet: In primis fora della porta intorno alla casa cento pezzi de […] et travertini tra pezzi di colonne et pili rotti. Dietro il cortile il fonte de Licone di marmoro con il cavallo Pagasso sopra con quattro animali con le nove muse separate de sei palmi alte in tutto; item tre altre figure di marmoro cioè Apollo, Hermes et Minerva, un vaso di marmoro di grande con il suo pedestallo con quattro teste di bassorilevi, un leone di marmoro giallo con un putto di marmoro bianco in cima, una funtana con una statua di Mercurio in forma de idolo di pietra negra, un porco cignale di Biccio, un cavallo con la regina Tamtris con il re Ciro sotto il cavallo di marmoro, Alessandro Magno di marmoro ingnudo in atto di cacciatore, un torso con la testa con una tazza […] testa de maffrodito, una Victoria di bassorilevo grande quale se dice essere il trionfo de Druso Germanico, un Platone che sta a sedere di marmoro;
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[c. 341v ex 513v] item una fontana con le tre gratie in cima ignude; item un’altra fontana con le tre gratie vestite, una fontana da giardino facta à modo di navicella con un terminetto dietro, un freggio di baccanalio de bassorilevo di marmoro, un pilo con putti che curreno a cavallo di bassorilevo, un altro pilo pur del medemo ma rotto, un termine de un Hercule et un altro di Paride, una statua di una Cleopatra che sta a giacere, una statuetta di una musa, una statua di San Giovanni Battista abbozzato, una statuetta quale è Horfeo, una statua che ammazza un toro, una madonna di bassorilevo abbozzata in un mezzo tondo, un ritratto di marmoro di Fabritio Lazzaro, un busto con la testa di una donna, un ritratto abbozzato di un homo, tre figurine di bassorilevo, doi horne con il coperchio, un vaso rotto di marmoro, sei tampe con le teste di leone, un piede di una tigre, una tigre, un busto di un lupo, un altro torso di una capra, la testa di Carlo quinto, un’altra testa di marmoro; item un Sileno, un Apollo di 4 palmi quale dissero non essere di casa, una statua di Esculapio, la testa di Anibale cartaginese, la statua di Otto imperatore, un puttino con un’ocha senza testa, un torso di un’arpia senza testa, un torso di Marco Aurelio di bassorilevo, un puttino abbozzato, doi medaglie de un Salvatore di marmoro, una è un poco rotta, un braccio, doi putti rotti antichi, un pezzo della instoria della regina Tamtris in bassorilevo, doi pezzi di trofei antichi sotto la detta regina, doi mezzi [c. 342r ex 514r] picoli de homo, un torso di una Venere igniuda, un pezzo di torso di una donna senza coccia con la testa, doi gambe antiche vestite, un petto de Diana senza testa, una figuretta senza bracci et senza testa, un torso anticho grande de homo, un pezzo di un torso di donna che siede sopra il calcagno, otto busti di statue piccoline et un altro piccolino, un hornamento di una sepultura con una testa, sei delfini sotto a una fontana, una statua di bassorilevo senza testa, doi puttini che se bagiano in bassorilevo, doi piedi, un’arma con un leoncorno di marmore, un mortaio grande di marmoro negro, quattro piedi spezzati, venti otto pezzi di marmori segati piccolini et vinti pezzi grandi in tavola segati da varii marmori, una boccha de pozzo di marmoro, cinque altri pezzi grandi, uno con un angelo, doi pezzi di colonne di marmoro, una colonna di marmoro sotterrata, cinque pezzi di colonna grandi, undeci pezzi di marmoro segati a tavole, dodici pezzi di marmoro grossi da segare, un tavolino di marmoro tonno, tre tavoli di marmoro grandi, tre pezzi di colonne di ma[rmo]ro giallo negro et altri colori, et uno a cento pezzi di marmoro di varie sorte piccholini; item in una stantiola nel cortile in mezzo una tavola lavorata di marmoro di alabastro, doi colonne grande di gialdo et doi altre pidochiose, quattro statue di marmoro a sedere et tre […] picole grande, tre statuette, dieci teste, una [342v ex 514v] una tavola di marmoro pidocchioso, una doi tavole di paragone, quattro pezzi de alabastro da fare una tavola, doi altri pezzi di alabastro, tre pezzi di verde, tre pezzetti di pidocchioso, tre statue di bassorilevo, cioè Christo, San Paulo et San Pietro, tre busti di homini di marmoro; item in un’altra stantiola a terreno dodici imperatori moderni di marmoro con li suoi peducci et cinque altre teste, cinque pezzi di colonne, una testa, doi mezzi busti et sino a trenta pezzi di varii marmori piccolini; item sotto il tetto del cortile un groppo della pietà, doi teste, un vasetto, doi colonne verde grande da altaro, Diana con un puttino, doi ninfe, una Galatea, una statua vestita grande, doi Favonette con li vasi da buttare accqua, doi termini grandi vestiti, una Cibale
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con doi puttini da buttare accqua, doi statue di Favone grande, una Messalina, una statua con le spiche di grano in mano, la Rea farfalla, una imperatrice, una statua vestita grande di marmoro, doi statuette di ninfe con li vasi in spalla, una statua di un Apollo, doi statue di ninfe con li conchiglie da buttare accqua, doi gladiatori piccolini, un buffoncino, un Vertuno, doi statue di Favone con doi flauti in mano, un Apollo, una amazzone, un Marte, un Drusio imperatore, doi teste grosse, un busto con una testa, doi teste da termine, doi termini sotto la finestra, 25 piedistalli di marmoro, [c. 343r ex 515r] un pezzo di instoria di bassorilevo, doi tavolette di alabastro segate, un pilo con una tavola di marmoro di palmi otto longa; item nella stantia vicino alla cucina una tavola di marmoro pidocchioso con le cornice di paragone, un tavolone di brocchatello moderno, doi tavole di alabastro con li co regolini negri, doi pezzi di tavole verde, un pezzo di tavola di paragone, una testa di un Titto, sette teste quale dissero essr del signor cardinale Arigone, doi tavolette di alabastro lustre, doi pezzi di alabastro da dipignere, un pezzo di tavola di africano; item quattro quadri antichi; item nella camera seconda una tavola di alabastro intarsiata di diverse pietre quadra, doi colonne pidocchiose con doi vasetti di bronzo, una statua intiegra di porfido grande con la testa le mani di marmoro, quattordici statue di marmoro intiegre varie intorno alla camera con li suoi pedistalli, un quadro de una Madonna, un Christo che porta la croce, doi altri quadri con paesi antichi, nove teste con li busti, ventiquattro testicciole di marmoro, una tavola grande di alabastro con le cornice negre, un’altra tavola di alabastro con le cornice gialle, una stantia guarnita di corami di verde, rosso et oro, cinque sedie di corame, sei scabelli, molti pezzi et testicciole di marmoro piccolini; [c. 343v ex 515v] item nella terza stantia da bagno guarnita di corami, d’oro et argento doi statue grande di Venere di marmoro, un Geta imperatore di metallo con il pedestallo di bassorilevo, un Cupiddo in piede con il pedestallo anticho di bassorilevo, tre altre statue grande, statue piccole intiegre, otto teste antiche di marmoro sette otto, un idolo di pietra negra intiegro, una Pallide di metallo, tre puttini calchi, undici pezzi di alabastro, un torso di amatista, un tavolino quadro con li cornice negro, una testa di leone di alabastro et tre altre teste di leone pure di alabastro, molti altri pezzi di alabastro, una tavoletta di marmoro di bassorilevo, un studiolo di noce con li cassettini incorniciato, otto vasetti di metallo, una ganba di mettallo, doi piedi di metallo, una lucerna di bronzo, cioè un trepiede, tre quadri de retratti; item nella quarta camera guarnita di corami rossi con le colonne indorate nove busti con le sue teste, una figuretta che siede et una figura senza bracci de marmoro, doi quadri de Christo che resuscita, un quadro grande con la Madonna con il figliolo in braccio, doi cocce vecchie. Que omnia et singu Quod inventarium fecit dismissum ab tarditate temporis animo [c. 344r ex 516r] redeundi et addendi dicto inventario omnia alia bona existentia in dicta domo, que omnia et singula bona remanserunt in dicta domo omni meliori modo etc., super quibus etc. Actum Rome in regione Canpi Martii, in via Cursus, in domo habitationis dicti quondam domini Thome, presentibus domino Francisco quondam Iohannis Marie Quarentano Romano et magnifico domino Iohanne Stephano Grucio Medionalensi testibus.
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115. ante 1610 ASV, Archivio Borghese, vol. 456, t. 59, mazzo F, inventari n. 17, statue n. 12 Nota di vendite di antichità della bottega di Tommaso e Giovanni Paolo Della Porta scritta da Teodoro Della Porta. Bibl. kalveram 1995, p. 11, nota 29, p. 14, nota 41.
Nota delle statue antiche, tavoli, colonne, et Marmi, che sono state smembrate dallo studio di Antichità delli q.q. Thomasso et Gio.Pauolo fratelli della Porta con occasione di varie vendite fatte da loro in diversi tempi sino all’anno 1610 che successe la morte del detto. Gio Pauolo. Costa lo sborso per il Banco di ……………… L’Anno…
Prima al Sig.re Principe di Caserta furono vendute molte statue antiche, quali furono condotte a Napoli, et li detti fratelli della Porta ne tirorno intorno à scudi ottocento di scudi 800 moneta, dico
Costa per Instrumento rogato per il n.Alissandro de Grassi Archivista del P.R. circa il mese di marzo 1601
E più furono vendute due colonne di marmo giallo di p. 13 incirca, che furono condotte à Napoli, et il negotio passò per mano di Avanzino Pittoe, quelli fece lo sborso, come apprisso di lui appare ricevuta importo il prezzo di scudi 230 scudi duecento trenta di moneta
Costa lo sborso per il Banco di ……………… L’Anno…
E più furono venduti alli Ill.mo Cardinale Bonifacio Caetani due statue antiche in habbito consulare assai maggiori del naturale, che raprisintano l’una Lucio Arrunzio, et l’altra Neratio Ceriale, lo sborzo fu di scudi duecento di moneta contanti solamente perché ristorno in mano delli detti fratelli circa ad altri scudi cento di marmi della Casa Caetana, avanzati dall’opera della Cappella di Santa Pudenziana che furno computati per il compimento del prezzo di dette statue, quali ad intero ad essere valutati scudi 300 scudi trecento E più un pezzo di marmo antico requadrato longo p. 9; grosso 3; e largo 5 che servì per fare l’Arme del Signore Cardinale quale fu mandata a Cassano in Colonia Vescovato del detto et fu posta nel Campanile della chiesa principale di detta città, et il prezzo fu di scudi quaranta scudi 40 incirca sborsato per mano del suo agente dico
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Costa lo sborso per il Banco di … L’Anno…
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E più furono venduti due colonne di Verde e nero alte p.13 incirca; che hora sono al primo Altare a man manca nell’entrar della Chiesa di Monserrato con altri marmi per ornamento di quel Altare, frontespizio, pilastrato et basamenti, come in detto Altare si vede, che importo tutta l’opera da scudi 400 E più furono donati dalli detti fratelli della Porta doi statue antiche da due Putti sopra a Dolfini per fontane al q. cavaliere G[…]nezzo Capparilli per certi interessi fra loro, che essi fratelli li valono […] almeno scudi cento dico scudi 100
Costa lo sborso per il Banco del Guicciardini L’Anno 1607
E più fu venduto al Sig. Duca del Vito due Tavole, una intarsiata di Alabastri orientali breccie, mischie et altre pietre, et l’altra di pidocchioso assoluta ambe finiti con le sue cornici atorno, il prezzo degli importo scudi duecento scudi 200 di moneta dico Il S.re Camillo Curto habitante a Cortesavella hà la nota et ricevuta di detto sborso Costa lo sborso per E più il Deposito fatto per la Chiesa della Madonna di il Banco di Costantinopoli per memoria del Ill.mo Cardinale Terra… nova, dove adorno varii marmi e importato scudi …come scudi 300 L’Anno... costa per istrumento rogato al Trucca Notaio Capitolino l’Anno…dico Costa lo sborso per E più furono venduti li dodici Imperatori, petti, teste con il Banco di peducci, gli sono stati mandati in Francia, et il prezzo im- scudi 300 … posto di scudi 300 dico. L’Anno… Mons. Antonio franzese comprò li detti Imperatori. Costa lo sborso per E più all’Ill.mo Sig. Cardinale del Monte furno venduti li due Fauni con le sue teste antiche grandi del naturale il Banco di e d’avantaggio et una Tavola di Pidochioso con le cornici … di Paragoni L’Anno… Costa lo sborso
E più fu venduto all’Ill. mo Sig.re Cardinale de Cesis
Costa lo sborso L’anno 1610
E più fu venduto dal q. Gio. Pauolo della Porta al Barri M.mo di Casa dell’II.mo Sig. Cardinale Mont’Alto la statua di San Giovanni Battista a sedere di marmo di Carrara sculpita per mano del Bresciano famoso et
Costa lo sborso Per il Banco dello Scarno l’Anno 1610
E più furono vendute dalo Gio. Pauolo varie Pietre et marmi mischi per fari il Pavimento della Chiesa della Mad.na delli Monti, che con il partito di metter in opera il detto Pavimento importo intorno a scudi ottocento di moneta per accordo scudi 800 et Istrumento rogato per il Notaro della Chiesa cioè dico
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E più ristorno in mano alla vedova moglie del detto q. Gio:Pauolo da tre a […] statuette antiche da Camera, et le due Tesoriere di metallo [antichie], et li doi vasi pur di metallo antichi con la sua vernice assai conservati et altri fragmenti di marmi et piedi et gambe di metallo antichi, trovati tutti nelle ruine del Palazzo di Nerone, quali cose insieme erano prezzati da detti fratelli della Porta come cose di studio dilla loro Antichità E più Gio. Batista Brasca nepote del q. Gio.Pauolo della Porta come aministratore dille cose di Casa in diversi tempi ha venduto varii Alabastri, et marmi mischi, e neri di paragone, breccie gialli, et altri verde e marmi rossi antichi, et bianchi di Carrara, pezzi grandi, e piccoli, quando a scalpellini e quando à particolari, prima di ordine di detto q. Gio. Pauolo, che possono importare de molti scudi che si sono spesi per man sua dissi per servito della Cassa, et anco dopo la morte di esso Gio: Pauolo ha scanzato alcuni pezzi di marmo di varie sorte, che ha venduti, et anco certe teste antiche et torsi di figurette, che è andato ristaurando, et tuttavia restaura per vendere alla giornata, quali così fanno insieme notabil valori. E finalmente Alesandro della Porta uno dei parenti nominati nel testamento del detto q. Thomasso della Porta, mentre se andavano facendo l’ultimo inventario per la vendita seguita scanzò diversi pezzi di alabastro antichi, cotognini et venati da segare per far tavoli, quali per esso ha segati in varii quadri che ha venduti a Pittori per Roma per dipingere, che ne ha cavati de molti scudi et detti Alabastri per tal cagione erano tinuti in prezzo dalli detti fratelli della Porta, insieme con varii fragmenti di pietre antiche di gialli, rossi, verdi, e bianchi e neri per intarsiari tavoli, che insieme li detti poi con altri heredi, che à Roma sono sopragiunti hanno vinduti, et diviso li denari fra di loro. Nota delle statue et altri marmi che sono stati venduti in più volte e a diverse persone dalli Porta la qual nota è stata data dal Cavalier Theodoro della Porta.
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116. 1613 settembre 12 ASR, Trenta Notai Capitolini, uff. 19, notaio Petrus Pizzutus, Instrumentis di Tranquillus Pizzutus, b. 91, cc. 88r-89v, 96r Inventario dei beni di Giovanni Battista Brasca, nipote di Tommaso Della Porta il Giovane. Bibl. brentano 1989, vol. 37, p. 215.
[c. 88r] Inventarium honorum repertorum in domo domini Ioannis Baptistę Braschę factum ad instantiam Accademie Pictorum et Scultorum Urbis. Hoc est inventarium omnium et singulorum bonorum. repertorum in domo domini Ioannis Baptistę Braschę scultoriis spectantium ad quondam dominum Thomam de porta et de quibus in mandato per acta mei etc., relassato sub die 26 iulii presentis anni de mandato magnifici domini Secundi Collateralis Curię Capitolii ad instantiam illustris dominę Accademię Pictorum et Scultorum Urbis, com inventu magnifici domini Cherubini Alberti ipsius Accademię de presenti principis, ac presentia Andree quondam Michallis Florentini executoris Bargelli Almę Urbis, que bona sunt infrascripta, videlicet: In primis nella prima stanza a man dritta quasi vicino al tetto teste di gesso corto tra grosse et piccole venti la maggior parte grosse formate dall’antiche Pezzi di gesso diversi, come gambe, corpi, numero trentadue Due istoriette grandi di due palmi l’una con alcuni piedi et braccia del naturale Un ornato di putti che dormono pure di gesso di palmi tre in circa d’altezza ben conservato. [c. 88v ]Ferri diversi da scultore come lime scalpelli et tenagli pezzi 28 tra buoni et cattivi Un quadro di Nostro Signore in pittura con la croce in spalla d’altezza vicino i quattro palmi in circa. Una squadra grandezza di tre palmi incirca longa Una figura di gesso grandezza formata da quella del Campidoglio che si cava la spina dal piede tutta di gesso ben conservata sebene ha una gamba spezzata quale è in essere. Disegni di scultura, sepoltura et architettura pezzi duecento Venti pezzi di fugure in stampa diverse Un libro in quarto figlio di disegni con sessanta otto disegni di varie mani, de quali pochi ne sono de buoni autori et molte carte bianche in fini Un disegno grande d’arco trionfale incollato in tela lungo da palmi sei et altri quattro In Cima al tetto Testa grossa più del naturale di gesso formate la maggior parte dall’antico la maggior parte ben conservate con il suo naso pezzi sessanta [c. 89r] Una mano del Profeta del profeta del buona rota che sta in San Pietro in Vincolo et molti altri pezzi di gesso rotti come mani piedi et altre cose. In un’altra stanza all’esterno pari al tetto Teste quindici di gesso maggior del naturale simili alle sopradette Un puttino di gesso quattro palmi alto in circa sette tondo con un vaso in spalla Un pezzo di busto dalla Cintura al collo ben formato dalla figura di porfido di tanta stima con un velo da donna
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APPENDICE DOCUMENTARIA
Tre Cavi si giudica di testi maggior del naturale Un Cavo grande d’un putto tutto d’un pezzo di mezzorilievo vicino a sei palmi alto altri pezzi di di fragmenti come gambe piedi et simili Un montone di gessi di varie cose rotti che non si netteranno per esser rotti et tutti rovinati Un pezzo di busto d’Eremo armato di detto gesso sopra il tavolo del Corale Una figurina di gesso senza testa et mani tonda formata dall’antico rotta in mezzo con un panno nel mezzo. [c. 89v] Un capo d’Hercole dalle spalle sino alle ginocchia di gesso alto circa palmi sei simile a quello di farnese Un altro bel corpo di giovane ignudo dal petto sino alle ginocchia alto senza braccia Due teste di gesso cavate dal naturale Sei forme di teste ben legate con altri pezzi di fragmenti et gambe Messero Giovanni Battasta suddetto disse che nel tetto loro vi erano il busto della Minerba del bona rota m. la ben formato quale per conservarlo dice haverlo messo in Casa d’Ippolito Buzio scultore. E più due gambe maggior del naturale con il suo busto, quali disse esser in mano di ms. Francesco Alberti con una figuretta di terra cotta cioè di Sileno simile a quella del Cesi e che prende un otre disse lavergliela prestata per sevitio dell’Accademia suddetta Nella stanza a piano del cortile suddetto Un torso d’una venere senza braccia e senza testa di terracotta di tre palmi alto incirca Diciassetti pezzi di ferri da scultore con due mazzoli li pezzi sono scarpelletti e ben piccoli [c. 96r] Item disse detto Giovanni Battista esserli stati levati per essecutione da Sbarri una stampa di ferro et un palo et altri modelli et cose ad instanza della moglie del detto quondam Giovanni Paulo della Porta. Que omnia et singula bona ut supra inventarizzata et descripta remanserunt penes et apud dictum dominum Iohannem Baptistam Brascam ad effectum illa retinendi quoad vixerit tantum, iuxta formam testamenti dicti quondam Thomę per acta mei etc., conditi ad quod etc., illisque utendi ad sui libitum et non alias etc., et promisit ea tenere, conservare et custodire ad effectum ut post eius mortem cui de iure sint congnanda alias etc., de quibus etc., pro quibus etc., se etc., ac omnia bona etc., obligavit in ampliori forma Camerę Apostolicę cum clausulis etc., citra etc., renunciando appellationi etc., consendo relaxationi mandati etiam unica citatione precedente iuravit etc., super quibus etc. Actum Rome, in via Cursus et Pontificum respective in et in domo predicta, presentibus domino Ioanne Sante quondam Petri Sanctis de Iesio et domino Marino quondam Francisci Angeli de Nursia Spoletanę diocesis testibus etc. Ego Petrus Pizzutus de Collescipionis notarius publicus recepi etc.
V BIBLIOGRAFIA E INDICI
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ELENCO DELLE SCHEDE DEL CATALOGO
1.
Giovanni Battista Della Porta (su disegno di Pirro Ligorio), Ninfe, 1567, Tivoli, villa d’Este, fontana dell’Ovato.
2.
Giovanni Battista Della Porta, Tommaso Della Porta il Giovane, Statue per l’Ornamento marmoreo della Santa Casa, 1570-1578, Loreto, Basilica.
2a.
Giovanni Battista Della Porta, Tommaso Della Porta il Giovane, Sibille (Tiburtina, Eritrea, Samia, Ellespontica, Libica, Persica, Cumea, Cumana, Delfica, Frigia), 15701572, part. dell’Ornamento marmoreo della Santa Casa, Loreto, Basilica.
2b.
Giovanni Battista Della Porta, Tommaso Della Porta il Giovane, Profeti (Isaia, Balaam), 1577-1578, part. dell’Ornamento marmoreo della Santa Casa, Loreto, Basilica.
3.
Giovanni Battista Della Porta, Busti dei Dodici Cesari, 1570-1580 ca., Roma, Galleria Borghese, salone d’ingresso.
4.
Giovanni Battista Della Porta, Monumento a Onofrio Camaiani, post 1574, Roma, Santa Maria sopra Minerva, transetto, ala destra.
5.
Giovanni Battista Della Porta, Decorazione marmorea del monumento a Cecilia Orsini, ca. 1575, Roma, Santissima Trinità dei Monti, navata destra, cappella Orsini-Caetani.
6.
Giovanni Battista Della Porta, Cristo e due angeli, 1576, Roma, San Giovanni in Laterano, transetto, cappella Colonna (coro d’inverno).
7.
Francesco Capriani, Giovanni Battista Della Porta, Monumento al cardinale Niccolò Caetani, 1578-1580, Loreto, Basilica, zona presbiteriale (cappella Polacca, parete esterna).
7a.
Giovanni Battista Della Porta, Fede, 1578-1579, part. del monumento al cardinale Niccolò Caetani, Loreto, Basilica, zona presbiteriale, parete destra (cappella Polacca parete esterna).
Giovanna Ioele, Prima di Bernini. Giovanni Battista della Porta scultore (1542-1597), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2016 ISBN 978-88-6372-763-0 eISBN 978-88-6372-764-7 – www.storiaeletteratura.it
366
ELENCO DELLE SCHEDE DEL CATALOGO
7b.
Giovanni Battista Della Porta, Carità, 1578-1579, part. del monumento al cardinale Niccolò Caetani Loreto, Basilica, zona presbiteriale, parete destra (cappella Polacca parete esterna).
8.
Giovanni Battista Della Porta, Monumento al cardinale Francesco Alciati, 1580, Roma, Santa Maria degli Angeli, vestibolo.
9.
Giovanni Battista Della Porta, Tommaso Della Porta il Giovane, Ritratti dei cardinali Pierfrancesco Ferrero e Guido Ferrero, ca. 1580-1585, Roma, Santa Maria Maggiore, navata sinistra, controfacciata.
10.
Giovanni Battista Della Porta, Altare, 1584-1585, Roma, Santa Maria ai Monti, navata destra, cappella della Pietà (o Falconi).
11.
Giovanni Battista Della Porta, San Domenico, 1587, Roma, Santa Maria Maggiore, navata destra, cappella Sistina.
12.
Giovanni e Domenico Fontana, Flaminio Vacca, Pietro Paolo Olivieri, Leonardo Sormani, Pospero Antichi detto il Bresciano, Giovanni Battista Della Porta, Fontana del Mosè, 1588, Roma, Piazza San Bernardo.
12a. Giovanni Battista Della Porta, Aronne che conduce il popolo ebreo a dissetarsi, part. della fontana del Mosè, 1588, Roma, Piazza San Bernardo. 12b. Giovanni Battista Della Porta, Angelo reggistemma, part. della fontana del Mosè, 1588, Roma, Piazza San Bernardo. 13.
Marcantonio Buzzi, Giovanni Battista Della Porta, Stemma Caetani, 1589, Sermoneta, castello Caetani, sala dei Baroni.
14.
Giovanni Battista Della Porta, Ritratto del cardinale Scipione Gonzaga, 1590 ca., San Martino dall’Argine, Santi Fabiano e Sebastiano, cappella di Santa Croce.
15.
Giovanni Battista Della Porta, Ritratto del cardinale Federico Cornaro, part. del monumento al cardinale Federico Cornaro, 1591, Roma, San Silvestro al Quirinale, controfacciata.
16.
Giovanni Battista Della Porta, Monumento ad Alessandro Guarnelli, post 1591, Roma, Santo Spirito in Sassia, navata centrale, secondo pilastro a sinistra.
17.
Giovanni Battista Della Porta, Monumento a Vespasiano Gonzaga, 1591, Sabbioneta, Incoronata.
17a. Giovanni Battista Della Porta, Fortezza, part. del monumento a Vespasiano Gonzaga, 1591, Sabbioneta, Incoronata.
ELENCO DELLE SCHEDE DEL CATALOGO
367
17b. Giovanni Battista Della Porta, Giustizia, part. del monumento a Vespasiano Gonzaga, 1591, Sabbioneta, Incoronata. 18.
Giovanni Battista Della Porta, Ritratto di Onorato IV Caetani, 1592, Roma, Palazzo Caetani, Fondazione Camillo Caetani.
19.
Giovanni Battista Della Porta, Lastra tombale di Onorato IV Caetani, 1592, Roma, Santa Pudenziana, navata sinistra.
20.
Giovanni Battista Della Porta, Decorazione marmorea della cappella Caetani, 15921597, Roma, Santa Pudenziana, navata sinistra.
21.
Giovanni Battista Della Porta, Tommaso Della Porta il Giovane, Giovanni Paolo Della Porta, Cappella di San Pietro, 1596-1598, Roma, Santa Pudenziana, zona presbiteriale.
INDICE DEI NOMI
Acconci Alessandra, 95n Acidini Luchinat Cristina, 3n, 90n Acquaviva d’Aragona Anna, 181 Acquaviva d’Aragona Andrea Matteo, 181 Adam Claude, 60n, 228 Affò Ireneo, 220-221, Agosti Barbara, 14n, 86n Agosti Giovanni, 7n Agresti Livio, 21 Alberici Giacomo, 88-89n Alberti Cherubino, 329 Albini Giovanni, 261-262, 265, 268 Alciati Andrea, 207 Alciati Francesco, cardinale, xix e n, 4, 28, 89, 90-93 e n, 97, 109-110, 119, 140, 196, 206-209, 217, 221, 225, 269 Aldobrandini Giovanni, cardinale, 91 Aldobrandini Pietro, cardinale, 57 e n, 163n Aldrovandi Ulisse, xvii e n, 137n Aleandri Barletta Edvige, 4n Alessandri Alessandra, 224 Altemps Roberto, 55 Amadori Francesco detto l’Urbino, 8 Amannis Stefano de, 198 Americi Pietro, 201 Ammannati Bartolomeo, 5 Ancel René, 156 e n Angelico Fabio, 59 Antichi Prospero detto Prospero Bresciano, xiv, 63n, 91, 121, 183 e n, 212-213, 276, 277-279, 327 Antoniano Silvio, 4
Antonio da Padova, santo, 24-25, 121, 212, 258-259, 277 Arcangeli Luciano, 26n, 191-193 Arigucci Andrea, 260, 262-263 Armand Alfred, 157n Asinari Ennio, 221 Asprucci Antonio, 195 Assonica Francesco, 24-26, 258 Attavanti Ottavia, 97n Attwood Philip, 58n Aurigemma Maria Giulia, 199, 228, 231 Bacchi Andrea, 8n, 24n, 86n, 206 Baglione Giovanni, xvi-xvii e n, 13-17 e n, 22-23 e n, 26-27 e n, 53 e n, 64 e n, 87 e n, 95, 123 e n, 158 e n, 164 e n, 184-185 e n, 195, 199, 208, 210, 212-215, 223, 229, 233 Baker Chistopher, 87n Balbi de Caro Silvana, 157n Baldinucci Filippo, 204 Bandinelli Baccio, 6, 190 Bandini Pietro Antonio, 95 Barbieri Giuseppe, 18n, 58n, 85n, 87n, 136n, 221 Barisi Isabella, 190 Barletti Emanuele, xvi n, 8n, 14n Barocchi Paola, 271-272 Barocci Federico, 4 Barozzi Jacopo detto il Vignola, 7 Barriere Dominique, 190 Barroero Liliana, 120n Bassano Pietro, 95n
370
INDICE DEI NOMI
Bastianetto Barbara, 6n Bedon Anna, xviiin, 13n, 14n, 28n, 120n Bellinazzi Anna, 89n Bellomo Carlo, 65 e n, 287-288 Belloni Luigi Mario, 182n Belloni Zecchinelli Mariuccia, 182n Benedetti Sandro, 120n Benocci Carla, 27n Bentivoglio Enzo, 89n Benvenuto Rocco, 198-199 Benzoni Gino, 96n, 217 Bergmann Anna, xvn Bernardi Giovanni Desiderio detto da Castelbolognese, 155 e n Bernardi Salvetti Caterina, xixn, 91n Berni Marcantonio, 311 Bernieri Girolamo, 311 Bernini Gian Lorenzo, xiv, 86-87, 233 Berra Luigi, 4n Bertelli Paolo, 96n, 217 Bertolotti Antonino, xv-xvi e n, xviii, 6 e n, 13n, 14n, 15n, 16n, 153n, 155n, 156n, 199, 213, 217, 221, 229, 231, 233, 238-239, 266, 284, 287, 296, 298, 309 Bevilacqua Mario, 139 e n, 273, 294 Bianchi Arcangelo de’, 91 e n, 112 Biferali Fabrizio, 3n, 4n, 8n, 9n Bilancia Fernando, 180n Blanc-Riehl Clément, 165n Blunt Antony, 63n, 199 Boccalini Giovanni, 20 e n, 54, 201-204 Bolzoni Marco Simone, 181n Bonaccorso Giuseppe, 180n Bonaparte Paolina, 164n Bonelli Michele, cardinale, 56, 138 Bonetti Mauro, 8n Bonnard Fourier, 199 Bonomi Francesco, 4 Bonvicini Andrea, 149n Bonzagni Barbara, 149n Bonzagni Dorotea, 149n Bonzagni Giovan Federico, 138n, 149-160 e n, 184n Bonzagni Giovan Francesco, 149-153 e n, 280-283 Bonzagni Giovan Giacomo, 150n, 155-157 e n, 159
Bonzagni Lucrezia, 154 e n Borghese Camillo, 164n Borghese Daria, 3n Borghese Marcantonio, 195 Borghese Caffarelli Scipione, cardinale, xix, 194, 319 Borghini Gabriele, 231 Borgianni Orazio, 16n Borromeo Carlo, cardinale e santo, 4, 86, 93 e n, 94 e n, 207, 218 Borromeo Maddalena, 93n Bortolotto Antonio, 230 Bortolotto Domenico, 230 Borzelli Antonio, 156n Boscoli Tommaso, 182 Boucher Bruce, 8n Bracci Cecchino, 8 Bracci Pietro, 122, 214 Brandt Kathleen Weil-Garris, 190-193 Brasca Giovanni Battista, 170 e n, 183-184 e n, 328-330 Brasca Jacopo, 183n Breggi Bonifacio, 6n Brentano Carrol, xvn, xviii e n, 13n, 14n, 15n, 21n, 27 e n, 170n, 180n, 191-193, 200, 216, 227, 238-239, 242, 260-261, 280, 329 Brizzi Bruno, 190 Brown Clifford Malcolm, xviii e n, 18n, 19 e n, 22 e n, 25n, 89n, 94n, 135n, 138n, 140n, 166, 167n, 195, 242, 256, 261, 311 Bruley Yves, 199 Brunengo de’ Fiorini Giovanni, 140 Bruschini Enrico, 139n Buccino Laura, 162n Bulgari Costantino, 153n Buonvicino Ambrogio, 60 e n, 91, 123n, 229 Busti Agostino detto Bambaia, 26, 192 Buzio Stefano, 60 e n, 229 Buzzi, famiglia, 7, 15 Buzzi Giovanni Antonio, 14 e n, 26, 192 Buzzi Ippolito, 170n, Buzzi Marcantonio, 58, 73, 182, 215-216, 226 Cacciotti Beatrice, 21n Caetani, famiglia, xiii, 17, 20, 53-86, 140, 163n, 181, 197-206, 215-216, 223-231, 294-295, 313-316
INDICE DEI NOMI
Caetani Antonio, 56 Caetani Bonifacio, signore di Sermoneta, 62, 198, Caetani Bonifacio, cardinale, 55n, 181, 216, 315-316, 326 Caetani Camillo, 53, 57 e n, 60n, 62, 198, 228-229, 312-314 Caetani Enrico, cardinale, 53, 55n, 57-65 e n, 198-199, 227-228, 287, 295-296, 301 Caetani Filippo, 60n, 228 Caetani Francesco IV, duca di Sermoneta, 181, 223 Caetani Gelasio, xvi e n, 54, 60, 64, 201, 203-205, 215-216, 226, 227, 309, 312 Caetani Niccolò, cardinale, xvi, 20 e n, 53-57, 66-68, 184n, 200-206, 216, 221, 228, 263-269 Caetani Onorato IV, duca di Sermoneta, 9n, 53-58, 62-64, 69, 72, 85, 97, 197-198, 216-217, 223-228, 294-295, 312, 314 Caetani Pietro, 57 Caffarelli Giovan Pietro, 182 e n Caglioti Francesco, 14n Calcagni Antonio, 54, 68, 85, 141, 201, 204205, 211 Calveri Francesco, 157n Camaiani Onofrio, 9, 87-90, 97, 106-107, 196-197 Camerlengo Lia, 8n, 24n Campagna Girolamo, 24-25 n, 258-259 Campori Giuseppe, xvii e n, 17n, 19n, 137n, 138n, 139n, 272-273 Cannata Pietro, 86n, 87n, 89n, 91n, 92n, 210 Capilupi Camillo, 255 Capriani da Volterra Francesco, xvin, 17, 18 e n, 19, 20 e n, 27, 54, 59, 60, 66, 140, 200-205, 216, 226-231, 264 Carboni Agostino, 21, 243-244 Carafa Luigi, principe di Stigliano, 96 e n, 139-140 e n, 217, 221 Carinci Giovan Battista, 9n, 56n Carlo Emanuele I, duca di Savoia, 163 Carlo V d’Asburgo, imperatore, 7, 55 Caro Annibale, 8 e n, 85, 90 Carrara Eliana, xviin, 55n Carta Martina, 87n,
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Casali Vincenzo, 203, 269, 278 Casati Carlo, 8n Cassignola, famiglia, xviii Cassignola Giacomo, 63n Cassignola Giovanni Battista, 83, 232-233 Castello Matteo, 60 e n, 179, 228-229, 280 Cataneo Danese, 8, 24 e n, 258-259 Cattani Rossella, 155n Cavalcanti Cassandra, 95 Cavalieri Tommaso de’, 184 Ceccarelli Francesco, 54n, 190 Ceccarini Camillo, 197 Cellesius Rodolphus, 265 Cenci Beatrice, 218 Censore Orazio, 123n Ceoli, famiglia, 170n Ceresa Massimo, 154n, 161n Cesari Antonio, 287 Cesati Alessandro, xiv, 3, 149n, 155n, 157 en Casarini Giangiorgio, 179, 180n, 294 Cesi Paolo Emilio, 139-140n Cesi Bartolomeo, cardinale, 149n, 183, 327, 330 Cessi Francesco, 87n Chacon Alfonso, 6n Chambers David Sanderson, 221 Checa Cremades Fernando, 55n Chieppo Annibale, 310 Ciacconio Pietro, 90, 108, 197 Ciappi Marcantonio, 51, 200 Ciardi Gianni, 15n, 63n Ciardi Dupré Dal Poggetto Maria Grazia, 191 Cicognara Leopoldo, xvii e n, 159 e n Cioli Alessandro, 8 e n, 24, 219 Cioli Simone, 193 Cipriani Marina, 157n Cirianni Enrico, 181n Clemente VII, papa, Giulio de’ Medici, 155n, 203 Clemente XIII, papa, Carlo della Torre Rezzonico, 226 Clemente Prospero, 85 Cobaert Jacob, 14 e n Cock Hieronymus, 4, 5 Coffin David Robbins, 3n, 8n, 190, 240
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INDICE DEI NOMI
Coliva Anna, xix e n, 161n, 168n, 169n, 170n, 195 Colla Stefania, 155n Collin Didier, 63-65, 231, 232, 296-297, 309-310 Colonna Agnesina, 224 Colonna Francesco II, 85 Colonna Marcantonio, 55, 224, 228 Colonna Mattei Turzia, 87 Colonna Murzio, 280 Conforti Claudia, xivn Contarini Giacomo, 25, 258 Conti Paola Barbara, 55n Contino Bernardo, 25n Corbo Anna Maria, 123n Cordier Nicolas, xiv, 61, 65, 168, 170, 177, 231 Cornacchia Pietro Martire, 255 Cornaro Caterina, 25n Cornaro Federico, cardinale, 54, 58, 64, 87-88, 92-94 e n, 97, 115-116, 157n, 196197, 209, 217-218, 225, 289-290 Cornaro Francesco, cardinale, 25n Cornaro Marco, cardinale, 25n Cornaro Andrea, cardinale, 25n Corradini Annibale, 229 Corradini Elena, 258 Corti Laura, 18n, Costa Lorenzo, 4 Cozzi Beccarini Antonietta, xvin, 16n, 59n, 60n, 63n, 119, 228-231, 301, 303, 307, 309, 312 Cremona Melchiorre, 92 e n, 115, 218, 289 Crescentini Claudio, 167n Crescenzi Giovanni Battista, 179, 180n Crivelli Giampiero, 155n Croce Baldassarre, 208 Cucullum Franciscum, 266 Cupperi Walter, xiv e n, xvn, 55n, 221 Dal Carso Giovanni, 4 Dalmata Giovanni, 203 Dal Poggetto Paolo, 120n, 181n Dal Prà Laura, 94n, D’Amico Fabrizio, 199, 200 Daniele da Volterra, 7, 20n Davis Margaret Daly, 18n
De Cavaliere Bernardo, 230 De Caro Gaspare, 53n, 55n, 57n, 58n, 225 De Furbatis Achille, 28, 287 De Grassi Alessandro, 161, 284, 287-288, 290-291, 298, 326 De Grazia Diane, 157n De Lachenal Lucilla, xix e n, 161n, 164n, 166, 167n, 169n, 183n, 195, 319 Del Carreto Tullo, 218 Del Conte Jacopino, 15n, 85 Del Duca Jacopo, 27 e n Della Porta Alessandro, 185 e n Della Porta Alessio, 13 e n, 17n, 284 Della Porta Barbara, 16n Della Porta Bartolomeo, 14n Della Porta Caterina, 183n Della Porta Elena, 16n Della Porta Giacomo, 28 e n, 119, 120n, Della Porta Gian Giacomo, 221 Della Porta Giovanni Della Porta Giovanni Battista, 1-330 Della Porta Giovanni Paolo, 13-14, 16 e n, 27-28, 57, 62, 64, 81, 82, 84, 119, 162-164 e n, 169n, 180, 181n, 182-183 e n, 184, 194, 223, 229, 231, 233, 307, 309, 313-316, 326-328 Della Porta Guglielmo, xiv-xviii e n, 5-7 e n, 13-18 e n, 21, 23, 60, 61n, 90n, 149n, 155-158 e n, 180, 192, 195, 209 Della Porta Teodoro, 14 e n, 180 e n, 183184, 326 Della Porta Tommaso il Giovane, xiv, xvi, xviii, 13 e n, 15-16 e n, 26-27, 34, 37, 42-49, 57, 62, 64, 81-84, 87, 92, 112, 1123, 153, 159n, 162-167, 170, 180-184 e n, 190-194, 198, 201, 208-209, 223, 229, 231, 233, 246, 252, 262, 265, 267-268, 307, 309, 314-316, 322-323, 326-330 Della Porta Tommaso il Vecchio, xvi-xvii e n, 4, 7, 13 e n, 14 e n, 15-23 e n, 29-30, 54, 58 e n, 64, 85, 135-136 e n, 138, 159 e n, 166-167 e n, 180, 195, 202, 237-239 Della Riviera Egidio, 21, 90n, 91, 112, 190, 243 Dellantonio Sara, 7n, 199 De Liedekerk Anne Claire, 122n Del Monte Francesco Maria, cardinale, 165-167, 183 e n, 327
INDICE DEI NOMI
De Lotto Maria Teresa, xivn, 14n, 61 e n, 91n, Del Vaga Perin, 6n, 14 De Merisiis Bernardino, 267 De Pini Giovanni Alberto, 154n De Valeriis Melchiorre, 237-239 De Vecchi Tiberio, 230 Diana Giacomo, 253, 256, Di Bianchi Giovanni Battista, 23, 214 Di Castro Alberto, 200, 228, 231 Dickerson III Claude Douglas, xv e n, 14n, 157n Di Giammaria Paola, 60n, 91n, 152n Dionisotti Carlo, 9n Domenico, santo, xviin, 121, 128-129, 192, 211-212, 233, 277 Donatello, 208 Donati Andrea, 85n Donati Gabriele, 27n, 200 Donati Ugo, xv e n, 16n, 120n, 218-219, 289 Doni Alessandro, 316 D’Onofrio Cesare, 121n, 122n, 123, 124n, 212, 213, 215, 276, 278, 280 Doria Andrea, 14 Dosio Giovanni Antonio, xiv, 7-8 e n, 14 e n, 90, 138 e n, 271 Doti Gerardo, 15n, 123n Durand Guglielmo, 197 Durini Emilia, xvn, 60n Economopoulos Harula, 95n Enrico II di Valois, re di Francia, 7 Este Alfonso II di, 184 Este Ippolito II di, cardinale, xiii, 20, 21 e n, 149n, 189, 239-243 Estense Tassoni Ercole, 27 Étienne Dupérac, 4, 6 Extermann Grégoire, xiv e n, xvn, xvin, 7n, 14 e n, 156n, 158n, 161n, 206, 222, 223 Fabréga-Dubert Marie-Lou, xix e n, 161n, 168n, 169n, 170n Facchetti Pietro, 311-312 Fagiolo Marcello, 3n, 4n, 180n, 190 Falconetto Giovanni Maria, 25n Falconi Giulio Pietro, 119, 211, 274-275 Faldi Italo, 22 e n, 168n, 194-195
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Farinacci Prospero, 95, 218 Farnese, famiglia, 7-8, 14, 17, 21, 22n, 23, 53, 61, 155 e n, 156, 158, 180, 330 Farnese Alessandro, cardinale, xviin, 7,8, 17, 21, 22 e n, 23, 64, 94, 136, 149, 151, 154n, 155 e n, 156, 158, 195, 220, 237-238 Farnese Alessandro, duca di Parma e Piacenza, 154n, 157n Farnese Ottavio, duca di Parma e Piacenza, 85, 149n, 156, 157 e n Farnese Pier Luigi, duca di Parma e Piacenza, 149n, 155, 157n Farnese Ranuccio, duca di Parma e Piacenza, 154n Favaretto Irene, 139n Federici Fabrizio, 209-210 Felici Vincenzo, 60n, 228 Felini Pietro Martire, 58n, 161 Ferdinando I d’Asburgo, imperatore, 25 Ferrari Ettore, 227 Ferrari Oreste, 59n, 86n, 227-231 Ferrero Guido, 4, 91-93 e n, 112-114, 207-210 Ferrero Pierfrancesco, 91-93 e n, 112-114, 208-210 Ferrero Sebastiano, 93n Ferruti Francesco, 21n Filago Agostino, 244-246 Filippo II d’Asburgo, re di Spagna, 8, 55 e n, 57, 136, 224 Filippo III, re di Spagna, 181 Finelli Giuliano, 95 Fiorani Luigi, 225, 231 Firpo Luigi, 54n, 201, 205 Firpo Massimo, 3n, 4n, 8n, 9n, Florentini Andrea, 329 Florentini Michele, 329 Fochetto Cornelio, 21 Foiano Emilio da, 28, 287 Foiano Domencio da, 287 Folin Marco, 190 Fontana, famiglia, 7, 15 Fontana Annibale, 85 Fontana Domenico, xv, 92, 115, 120, 130, 179, 180n, 212-213, 218, 276, 280 Fontana Giovanni, 130, 212, 277, 280 Fontanelli Antonio, 65, 215
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INDICE DEI NOMI
Forcella Vincenzo, 89n, 91n, 197, 199, 220, 232 Foresto Giulio Cesare, 163n, 310-311 Fornari Schianchi Lucia, 155n, 167n Foscari Antonio, 223 Fragni Cristoforo, 153 Fragni Lorenzo, 24, 149-154 e n, 159-160, 162, 219, 280-283, 291 Francesco d’Assisi, santo, 121, 212, 277 Franchini Dario, 137n Frangi Francesco, 58n Franzoni Claudia, 139n, 199, 294 Frascarelli Dalma, 27n, 86n, 89n Frasson Paolo, 94n, 218-219 Fratarcangeli Margherita, xv e n, 7n, 14n, 28n, 60n, 216, 229, 231 Frommel Christoph Luitpold, 190 Fruhan Catherine Elna, 63n, 199 Fucheri Stefano, 60 e n, 228 Fuga Ferdinando, 208 Furlotti Barbara, 65n, 96n, 97n, 139n, 140n, 163n, 217-219, 221, 287, 310-311 Fusco Peter, 64n Gabrielli di Gubbio, famiglia, 89n Gabrielli di Roma, famiglia, 89n Gabrielli Carlo, 89 Gabrielli Girolamo, 89, 90, 108 Gabrielli Luca, 88, 89n, 196, 290 Gaddi Niccolò, 271 Gaeta Bertelà Giovanna, 271-272 Gaeta Giovanni Battista, 189, 241 Galletti Pier Luigi, 16n, 153-154 e n Galletti Pietro Aloisio, 209-210 Galli, famiglia, 7 Gallini Antonio, 25, 259 Gallio Tolomeo, cardinale, 4 Gallio Tolomeo I, 182 Gallo Ambrogio, 179 Gallo Daniela, xviin Garimberto Girolamo, xviii, 17-19, 21, 22n, 135 e n, 136-137, 152, 242-243, 256 Garms Jörg, 210 Garzoni, famiglia, 7 Gasparotto Davide, 18n, 58n, 136n, 166n, 167 e n Gasparri Carlo, 161n
Gatti Fabrizio de, 89n, 162n, 291 Gatti Perer Maria Luisa, 55n Gaudioso, famiglia, 193 Gavallotti Cavallero Daniela, 199-200 Gazzaniga Valentina, 200-231 Gellio Aulo, 4 Genga Pierleone, 4 Gentile Clementina, 140 Gentili Antonio da Faenza, 157 e n Ghisetti Giavarina Adriano, 182n Giannatiempo López Maria, 26n, 191, 193 Giansante Mirella, 89n, 197 Gioccardi Andrea, 16n Giovio Giovanni Battista, xvii e n, 15n Giovanni d’Austria, 9 Girolamo da Prato, 155n Giudici, famiglia, 7 Giulio III, papa, Giovanni Maria de’ Ciocchi del Monte, 17, 136, 195 Gnavi Alessandro, 93n Gonzaga Cesare I, conte di Guastalla, xviii, 4, 17-22 e n, 26, 53, 94 e n, 135, 136 e n, 137-139, 152n, 229, 242 Gonzaga Colonna Vespasiano I, duca di Sermoneta, xiii, xvi, 17, 53-55, 58, 87, 96 e n, 137-145, 204, 206, 217, 219-223, 272-273 Gonzaga Ferrante I, conte di Guastalla, 18, 29, 30, 58, 85, 135-137 e n Gonzaga Francesco, cardinale, 20, 195 Gonzaga Guglielmo, 138-139 Gonzaga Isabella, 96n, 139 Gonzaga Scipione, cardinale, 53, 96-97 e n, 118, 139-140 e n, 152n, 216-217, 221, 287 Gonzaga Vincenzo I, duca di Mantova, 96-97, 139 e n, 140-141, 152n, 163 e n, 217-218, 221, 287, 311 Gonzàlez-Palacios Alvar, 195 Gori Laura, xvin, 17n, 20 e n, 53 e n, 59n, 60 e n, 61n, 63 e n, 140n, 199, 201, 203, 205, 216, 223, 228-231, 264-265, 268-269 Graeven Hans, xix e n, 161n, 167n, 316 Gramberg Werner, xv e n, xviii, 5n, 7n, 16n, 22 e n, 153n-157n, 209, 215 Grandi Alessandro138n, 184, 258 Grati Morganti Ludovico, 27, 200 Grazzi Luigi, 149n, 155 e n
INDICE DEI NOMI
Gregorio VII, papa, Ildebrando Aldobrandeschi, 233 Gregorio XIII, papa, Ugo Boncompagni, 4, 27-28 n, 51, 53, 120n, 149n, 199, 200 Gregorio XIV, papa, Niccolò Sfondrati, 53, 54, 92, 218 Grigioni Carlo, 157n Grimaldi Floriano, 120n, 192-194, 204-205, 244-268, 275 Grimani Marcantonio, 93 Grisebach August, 63n, 86 e n, 89 e n, 90n, 91 e n, 197, 208-210 Gualandi Michelangelo, xvii e n, 15 e n, 191 Gualdo, famiglia, 61 Guardo Marco, 197 Guarnelli Alessandro, 23 e n, 24, 28, 31-32, 219-220 Guarnerio Giacomo Antonio, 152n Guastavillani Filippo, 96, 139 Guerra Giovanni, 16n, 122, 214 Guerrieri Borsoi Maria Barbara, 28n, 91n, 93n, 119n, 183n, 208-211, 220, 274 Guicciardini Filippo, 315-316 Guzmàn y Ribera Enrico de, conte di Olivares, 55n Helfer Yasmine, xv e n, 14n Henry Tom, 87 Hertz Alexandra, xvn Hess Jacob, xviin, 95 Hibbard Howard, xvi e n, 95 e n, 120n, 179 e n Hochmann Michel, 25n Hollingsworth Mary, 190 Hunter John, 85n Ioele Giovanna, 91n, 96n, 217 Jenkins Marianna, 55n Jestaz Bertrand, 157n Justi da Montepulciano Domenico de, 28, 287 Kalveram Katrin, xix e n, 161n, 164n, 166 e n, 169 e n, 180n, 194-195, 326 Kubersky-Piredda Susanne, 157n
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Lafréry Antoine, 190 Lamouche Emmanuel, 14n, 60n, 229 Lanciani Rodolfo, 4n, 22 e n, 61 e n, 63n, 136n, 198-199, 213, 231, 237-238, 295 Landini Taddeo, xv, xvi, 123n Lasagni Roberto, 150n-151n Laureti Tommaso, 15n Lautenberg Gabrielle, 120n-121n, 213 Leithe-Jasper Manfred, 8n, 24n Leonardo da Vinci, 5n Leonardo Mauro, 92n, 219 Leone X, papa, 164, 203 Leoni Diomede, 271-272 Leoni Leone, 4, 8 e n, 54-55, 57, 58 e n, 86, 87 e n, 142, 145, 155 e n, 159, 220-222 Leoni Pompeo, 55, 86 Licona Giovan Maria, 16n Ligorio Pirro, 3-4, 7-11, 21, 167n, 189, 240 Lippi Annibale, 153n, 266 Lippi Claudio, 153n, 266 Litteri Tiziana, 199 Lombardi Ludovico, 55, 193 Lombardi Aurelio, 190-194, 204, 206 Lombardi Girolamo, 190-194, 204, 206 Lombardo Cristoforo, 26, 192 Lombardo Tommaso detto da Lugano, xv, 222, 206 Longhi, famiglia, 4, 7, 15 Longhi Niccolò, 14 e n, 21 Longhi Onorio, 15 Longhi Silla, 60n, 214, 228, 277 Longhi Stefano, 60 e n, 229 Lorenzoni Anna Maria, xviii e n, 18n-19n, 22n, 94n, 135n, 140n, 195, 242, 256 Losito Maria, 3n-4n Lucini Vincenzo, 246-257 Lutz Georg, 53n, 57n, 62n, 198-199 Luzio Alessandro, 311 Maccarani Giovanni Battista, 153n Maccarone Curzio, 10, 189 Maderno, famiglia, 7 Maderno Carlo, xvi, 16n, 59, 60n, 95, 179, 227-228 Madonna Maria Luisa, xv e n, 3n-4n, 9n, 28n, 60n, 86n-87n, 89n, 91n-92n, 95n,
376
INDICE DEI NOMI
119n, 121n, 149n, 153n, 190, 199, 210212, 231, 274 Madruzzo Cristoforo, cardinale, 94 e n Madruzzo Ludovico, cardinale, 94 e n Malanca Giovanni, 190 Malavista Carlo, 60n, 228 Malgouyres Philipp, 165n Mambretti Haydée, xviii e n, 149n Mancini Giorgia, 20n Mancini Vincenzo, 25n Manfredi Muzio, 56 Maniello Cardone Sabina, xvn Manieri Elia Mario, 120n Mantova Benavides Marco, 258-259 Manzino Benedetto, 93 Marani Ercolano, 221 Marcucci Laura, xvin, 18n, 20 e n, 61n, 200205, 228-229, 231 Marder Tod Allan, 213 Mari Giovanni Antonio, 60, 228 Mariani Camillo, xiv, 14n, 61 Marini Gian Francesco, 221 Marini Riccardo Adalgiso, 157n Mariottini Elisabetta, 16, 153-154n Martin Thomas, 93n Martineau Jane, 221 Martinelli Valentino, xiv e n, xv en, 87n, 90n Martinez Jean-Luc, xix e n, 161n, 168n-170n Martino Andrea, 65n, 288 Mascherino Ottaviano, 179, 180n Massimiliano II di Asburgo, imperatore, 18-19, 137 Matalani Francesco, 16n Mattei Paolo, 87 Matteucci Vittorio, 221 Matthiae Guglielmo, xix e n, 8n, 120n, 194-195, 208 Mazzetti di Pietralata Cecilia, 190 Mazzoni Giulio, 7 Medici Cosimo I de’, granduca di Toscana, 89, 196-197 Medici Ferdinando I de’, granduca di Toscana, 25, 165 Medici Francesco I de’, granduca di Toscana, 138 Medici Giovan Giacomo de’, marchese di Marignano detto il Medeghino, 4, 8 e n, 58
Meijer Bert, 122 e n, 157n, 213-214 Melchiorri Giuseppe, 199 Mercati Angelo 9 e n, 89n, 138n, 197 Merzario Giuseppe, xvii, xviiin, 221 Michelangelo Buonarroti, xiv, xix, 6n, 7n, 8 e n, 26, 94, 157, 167n, 170, 192, 194, 232 Middeldorf Ulrich, 8n Mido Guglielmo, 60, 228 Minio Tiziano, 8 Minozzi Marina, xix e n, 161n, 168n-170n Mocenigo Leonardo, 24-26, 258 Mochi Francesco, 14n Modesti Aldolfo, 3n Mola Giovanni Battista, 123 Montanera Alessandra, 209 Montano Giovanni Battista, 119n, 211 Montelupo Raffaello da, 190, 203, 206 Montevecchi Benedetta, 232-233 Montini Renzo Uberto, 60n, 227-228, 231-233 Mor Antonis , 86 Morandotti Alessandro, 58n Moroni Romano Gaetano, 61, 218-219, 231 Moreno Paolo, xix e n, 161, 166 e n, 168n, 169n, 195 Moretti Egidio, 91 Moretto Vincenzo, 165 Motte Pierre de la, 189 Mullaterra Giovanni Tommaso, 209-210 Mureto Marcantonio, 205, 207 Murtula Veronica, 183-184 Muziano Girolamo, 6n, 21 Naldino Pace, 229, 60 en Naldini Pier Michele, 208 Nanni di Baccio Bigio, 153, 203 Nava Cellini Antonia, 95 e n Nebbia Cesare, 122, 132, 214 Negro Angela, 53n, 181n, 199, 201, 205, 216, 223, 225, 231, 314 Neri Elisabetta, xvn, xvi e n Nibby Antonio, 195, 199 Nucci Avanzino, 181, 326 Occhipinti Carmelo, 189-190, 239-240, 242 Odescalchi Paolo, cardinale, 95, 116-117 Olgiati Settimio, 62, 198, 313, 315
INDICE DEI NOMI
Olivato Loredana, 18n, 58n, 85n, 87n, 136n Olivieri Giovanni Paolo, 123, 215, 276, 279 Olivieri Marcantonio, 59n, 228 Olivieri Pietro Paolo, xvi, 15n, 54m 56, 58n, 59, 61 e n, 121-124, 133, 212-215, 223, 228, 230, 276-278, 303-304 Orsini Cecilia, 62-63 e n, 79-80, 95-96, 197-199 Orsini Fulvio, 261 Ortensi Francesco, 155n Ostrow Steven, xv e n, 91n, 212-213 Ozzola Leandro, 87n Pacetti Vincenco, 165 Pacifici Vincenzo, 190, 239, 244 Paolo, santo, 22, 121, 212 Paolo II, papa, Pietro Barbo, 203 Paolo III, papa, Alessandro Farnese, 7, 14, 57 Paolo IV, papa, Gian Pietro Carafa, 3 e n, 8-9, 18, 149n, 156 Paolo V, papa, Camillo Borghese, 161, 164 e n, 169, 194 Palosci Marcantonio, 9, 89, 197 Palmerius Fabritius, 266 Panciroli Ottavio, xvii e n, 231-233 Panella Clemente, 122n, 214 Panofsky Gerda, xviii e n, 13n-14n, 16n-17n, 26n, 28n, 64, 153n, 163n-165n, 170n, 180n, 182n-183n, 185n, 209, 229, 231, 233, 284, 309, 322-323 Pantanelli Pietro, 205 Panvini Rosati Franco, 160n Papaldo Serenita, 86n, 231 Paracca Giovanni Antonio detto il Valsoldo, xvi, 63n, 86, 91n, 112, 121, 181n, 212, 222, 276-278 Paracca Giovanni Antonio detto il Valsoldino, 60 e n, 152, 154, 228 Paracca Pietro di Valsolda, 152 Parlato Enrico, 53n, 59n, 228, 231 Parisio Pietro Paolo, 91 e n, 111 Partridge Loren, 22 e n, 23n, 242 Pasqualini Pasquale, 14n Pecchiai Pio, 89n Peccolo Paolo, 200, 231 Pedrocchi Anna Maria, 18n
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Pedroli Maria, 8n Pellegrino Angelo, 95 Pellucchi Andrea, 87 Pensabene Patrizia, 122n, 214 Peranda Giovan Francesco, 17 e n, 20, 53 e n, 54, 56, 61, 65, 140, 163n, 201-204, 230-231, 264, 310-311 Perelle Gabriel, 190 Peretti Alessandro, cardinale, 183 Pérez de Tudela Almudena, 55n Peruscinis Pietro Angelo de, 323 Peruscinis Pietro Giovanni de, 323 Peruzzi Baldassarre Tommaso, 6n Petra Enrico, 95 e n Petraroia Pietro, xv e n, 9n, 95n, 121 e n, 199, 212, 229 Picardi Paola, 89n Picozzi Maria Grazia, 53n, 181n, 223-225 Pigorini Luigi, 157n Pierbenedetti Mariano, cardinale, 91, 120 en Pierleoni Lucrezia, 87 Pietrangeli Carlo, 90n-91n, 95n, 225 Pietro, santo, 13n, 17, 21-22, 64, 82-84, 121, 136, 151, 159n, 195, 212, 231-233, 237239, 277, 284, 297, 324 Pietro martire, santo, 121, 212 Pinelli Giovanni Antonio 276-280 Pinelli Vincenzo, 261 Pio IV, papa, Giovan Angelo de’ Medici, 3-4 e n, 7 e n, 8, 18, 24, 136 e n, 213, 219 Pio V , papa, Antonio Ghislieri, 3 e n, 8-9, 56, 149n, 224, 233, 243, 252 Pio da Carpi Alberto III, 62, 198 Pio da Carpi Rodolfo, cardinale, 9, 20n, 62 e n, 63, 78, 80, 95, 198 Pio di Savoia Caterina, 62, 198 Pippi Nicolas d’Arras, 95 e n, 90n Pisani Dossi Guido, 205 Pittoni Leros, 120n, 121n, 213 Pizzutus Petrus, 329-330 Plon Eugène, 8n, 58n Pollard John Graham, 149n-150n, 154n-157n Pomarancio Niccolò, 181 Pommier Édouard, 86 e n Pope-Hennessy John, xv e n, 85n
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INDICE DEI NOMI
Posterla Francesco, xvii e n, 231-233 Pratesi Giovanni, 170 Pressouyre Sylvia, xiv-xv e n, 16 e n, 61 e n, 64-65 e n, 95n, 168, 170n, 219, 228, 231-233 Prete Cecilia, 179n Priebe Tanja, 224 Prisco Gabriella, 14n, 23n Pudenti, famiglia, 233 Pudentianeti Cornelia, 233 Pugliatti Teresa, 7n Pulzone Scipione, 57, 94-95 e n Puppi Lionello, 25n Quadrio Francesco Saverio, 150n Quarta Murzio, 92 e n, 115, 218, 289 Radcliffe Anthony, 180n Raggi Oreste, 91n, 208 Rainaldi Girolamo, 95 Raponi Nicola, 4n, 93n, 208 Rausa Federico, 136n Recuperato Andrea, 238 Ribouillault Denis, 190 Riccardi Riccardo, 162 e n, 166, 291 Riccoboni Alberto, xviii e n, 63n, 232-233 Ridley Ronald, 197 Riebesell Christina, xviin, 14n, 17n-18n, 21n, 22 e n, 23n, 195, 237-238 Rivi Teodoro, 22 Rizzini Marialuisa, 182n Robertson Clare, 23n Rodhes Dennis Everard, 9n Roggeri Roggero, 87n, 96n, 140n, 217 Romani Vittoria, 199 Ronchini Amadio, 149n, 154n-159n, 242 Roscio Paolo, 202-203, 205, 263-265, 268-269 Rosselli Donatella, 93n Rossi Francesco de’, 28 e n, 60 e n, 179, 228-229 Rossi Manuela, 62, 199 Rossi Massimiliano, 24n Rossi Pinelli Orietta, 4n, 7n Rossi Sebastiano de’, 287 Rotondi Pasquale, 26n, 191-194 Röttgen Herwart, xviin, 23n, 63, 91n, 95 e n, 199, 209-210, 233
Rozzo Ugo, 9n Rucellai Luigi, 22, 237-238 Ruggero Cristina, 86n Russo Emilio, 23n, 220 Russo Laura, 87n Rusticucci Girolamo, 179 e n Sabatino Antonio, 211, 275 Saladino Luigi, 162n Salerno Luigi, 199, 63n Salvi Antonio, 205 Salviani Ippolito, 9, 89, 197 Samacchini Orazio, 4 Sànchez Coello Alonso, 86 Sangallo Antonio da, 6n, 203 Sangallo Francesco da, 206 Sansovino Andrea, 26, 190, 206 Sansovino Francesco, 25n Sansovino Jacopo, 8, 18, 25n, 27, 54, 192, 206, 222-223 Sant’Ambrogio Diego, 208 Santarelli Giuseppe, 205 Santacroce Prospero, cardinale, 91 Santi di Tito, 4 Santoni Milziade, 275 Sanvitale Paolo, 151 Sapori Giovanna, xiv, 97n Sartori Antonio, 24n, 125n, 258-259 Sassatelli Roberto, 15, 191, 252 Scala, famiglia, 88n Scala Bartolomeo, 89n Scala Giacomo o Jacopo, 88-90 e n, 196, 290 Scala Giuliano, 89n Scala Giulio, 88-89n, 162 e n, 196, 290-291 Scala Giulio da Firenze, 89n Scarabelli Zunti Enrico, 149n Schaefer Scott, 64n Schallert Regine, xviin, 9n, 18n Schiavo Armando, 90n, 208, 219, 269 Schiratto Ottaviano, 63n Scholten Frits, 14n Schreurs Anna, 3n Schröder Stephan, 55n Schwager Klaus, xviiin, 119, 211 Sebastiano del Piombo, 153n, 155, 266 Segala Francesco, 8, 25, 206
INDICE DEI NOMI
Senecal Robert, 228, 231 Sénéchal Philippe, 199 Seni Francesco Saverio, 189-190, 240, 244 Serbelloni Giovanni Antonio, cardinale, 24, 219 Serguidi Iacopo, 271-272 Severi Severo, 138n, 184n, 258 Sfondrato Paolo Emilio, cardinale, 95 Sichale Antonio, 152 Sichale Giorgio , 152 Siciolante Girolamo, 85 Sickel Lothar, 209-210 Silla Francesco, 119, 127, 274 Silva Francesco, 149n Silva Ippolito, 149n Silvestri Silvia, xivn, 90n Simane Jan, 25n Simoncini Giorgio, 120n Sisto V, papa, Felice Peretti, xiii, xv, 9, 53, 119-121, 210, 212, 214, 218, 275-276, 280 Smith Graham, 3n-4n Smith O’Neil, 233 Sordi Katy, 191-192, 204-205, 275 Soria Giovanni Battista, 194 Sormani Leonardo, xiv, xviin, 63, 78, 80, 86, 95, 96, 116-117, 121, 184, 198, 212213, 278 Spezzaferro Luigi, xvn, 94 e n, 120n, 183n Spinelli Andrea, 155n Spinosa Nicola, 157n Sricchia Santoro Fiorella, 7n Stampa Giovanni Antonio, 18, 137 e n, 167n, 243 Stampa Vincenzo, 21, 167n, 189, 241, 244 Stati Marco, 60, 229 Stefani Chiara, 195 Steinmann Ernst, 8n Strada Jacopo, 19, 26, 137 Strinati Claudio, xvn, 7n, 27n, 63n, 87n, 95 e n, 167n, 199-200 Strozzi Giulio, 189, 241 Suida Wilhelm, 149n Summaripa Fabrizio, 150n, 152 Svalduz Elena, 20n Tadolini Adamo, 213 Tafuri Manfredo, 201, 205
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Tagliavia d’Aragona Simone, cardinale, 28, 182 e n Tasso Torquato, 23, 55-56, 220, 224 Tedellini Pietro, 9 Tenivelli Carlo, 92n, 210 Tetrode Willem Danielsz van, 14 e n Tiberia Vitaliano, xvin, 16n, 149n, 158n, 184n Tintoretto, 94, 195 Titi Filippo, xvii e n, 123n Tittoni Maria Elisa, xvn Tiziano Vecellio, 8, 25, 86, 320 Toledo Herrera Francisco de, cardinale, 91, 112 Tonini Luigi, 96n Torresi Bruno, 55n Torrigiani Giovanni, 230 Torrigiani Sebastiano, 14 e n, 60 e n, 229 Toscano Bruno, xiii, 97n, 151n Trevisani Filippo, 166n Tribolo Niccolò, 192 Trucca Petrus Martinus, 309, 322-323, 327 Tumidei Stefano, xviiin, 24n-25n, 94n Turchi Angelo, 4n Urbano Pietro, 8 Urrea Fernàndez Jesùs, 55n Vacca Flaminio, xiv, xvi, xviin, 5, 15n, 86, 121-124, 132-133, 159 e n, 184, 212-215 Valeri Stefano, xvn Valerii Marchio, 156 Valenti Alessandro, 97n Valone Carolyn, xivn, 8n Van Tuyll Carel, 122 e n, 213-214 Vannel Fiorenza, 3, 149n Varchi Benedetto, xiv Varela Braga Ariane, 161n Vasari Giorgio, xvi e n, xvii, 9, 17-18n, 20n, 25 e n, 136 e n, 155n, 157 e n, 159 e n, 229 Vasto Michele Antonio Ludovico del, marchese di Saluzzo, 90 Veralli Fabrizio, cardinale, 91 Veralli Girolamo, cardinale, 91 Velo Scipione, 189 Venale Pietro, 4
380
INDICE DEI NOMI
Venetucci Beatrice Palma, 21n Ventura Leandro, 87n, 96n, 140n, 217, 221, 272-273 Venturi Aldolfo, xv e n, 55n, 63, 92 e n, 190, 218-219, 221-222, 244 Venturini Giovan Francesco, 190 Venusti Marcello, 159 e n Verde Paola Carla, 120n Vergelli Tiburzio, 120, 204 Viacava Antonietta, xix e n, 161n, 166n, 168n-169n Vicedomini Pietro Antonio, 150 e n Vico Enea, 159 e n Vigevano Paolo Emilio, 162, 292 Villani Marcello, 211 Villata Edoardo, 120n Vittoria Alessandro, xviiin, 8, 87 e n, 93-94 Viviani Antonio, 211
Von Bernstorff Marieke, 180n Von Pastor Ludwig, 136n Waźbiński Zygmunt, 183n, 163n, 166n White Valentina, 14n Wiens Paula-Teresa, 64 Wilbraham Ada, duchessa di Sermoneta, 226 Winner Matthias, 226 Wittkower Rudolf, xvn Zacchia Paolo Emilia, 312 Zani Pietro, 15n Zanot Massimiliano, 62n-63n, 198-199 Zanuso Susanna, 58n Zeri Federico, 94, 95n Zicarelli Emanuela, 154 Zuccari Alessandro, 95n Zuccari Federico, xvi, 3-4, 21, 229
INDICE TOPONOMASTICO
Avellino, 150 Bergamo, 208 Biella, 209 Bologna, 208 Camerino, 120, 275 Caprarola Palazzo Farnese, 7, 22 Carrara, 28, 140, 179, 183, 190-191, 193, 196, 208, 211, 220, 222, 230, 252-253, 255, 257, 287, 327-328 Caserta, 180-181, 326 Cassano allo Ionio, 73, 181-182, 216, 315316, 326 Cisterna, 59, 226, 269, 295 Palazzo Caetani, 53 Città del Vaticano Cortile del Belvedere, 195, 213, 135, 136n Palazzi Vaticani, Sala Regia, 7, 9 Città di Castello, 181 Como, 62, 198 El Escorial, Basilica di San Lorenzo el Real, 57 Ferrara, 6n, 167n, 240n, 244 Firenze, 60n, 191, 252, 311 Fontainebleau, 7 Frascati Villa Rufinella, 91, 208, 270 Genova, 6n, 14
Guastalla, 18-19 e n, 54, 135, 201 Palazzo Ducale, 137-138, 242 Haarlem Teylers Museum, 122, 132, 214 Lepanto, 9 e n, 24, 55-56, 220, 224, 226, 228 Livorno, 256-257 Londra, Victoria and Albert Museum, 227 Loreto, 15, 20, 120, 191, 201, 276 Basilica della Santa Casa, xvii e n, xviii, 17, 20n, 25-27, 32-45, 53-54, 66-68, 140141, 190-194, 200-205, 221-222, 228, 244268, 276 Los Angeles County Museum of Art, 64n, 84 Lugano, xv, 222 Malta, 218 Mantova, 18-19 e n, 54, 96, 137, 139-141, 152n, 163 e n, 217-218, 221, 242, 243 Palazzo Ducale, 136n, 137n, 138, 166 Palazzo San Sebastiano, 167 Milano, 5n, 8, 13n, 14, 17, 68, 93-94, 119, 154n Duomo, 26, 58 Sant’Alessandro in Zebedia, 207 Napoli, 180-181, 191, 260-261, 311, 326, 55n Duomo, 9 Padova, 25-26, 121, 212, 218, 259, 277 Basilica di Sant’Antonio, 218
Giovanna Ioele, Prima di Bernini. Giovanni Battista della Porta scultore (1542-1597), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2016 ISBN 978-88-6372-763-0 eISBN 978-88-6372-764-7 – www.storiaeletteratura.it
382
INDICE TOPONOMASTICO
Parigi, 164n, 227 Musee du Louvre, xix, 163, 165-166, 168-169, 170-175 Parma, 24, 85, 149 e n, 150n, 151-152, 154155 e n, 157, 158n Galleria nazionale, 136n Liceo artistico Paolo Toschi, 29-30 Pavia, 207 Certosa, xvii, 26 Piacenza, 154n, 157 Porlezza, xviin, 13n, 26, 180n Rivarolo Mantovano, 217 Roma, 1-330 Accademia di San Luca, xvi Campidoglio, 8, 89, 276, 322-323, 329 Campo Marzio, 20n, 28, 150, 153n, 163 Castel Sant’Angelo, 16n Chiesa del Gesu, 179 Galleria Borghese, xix, 85, 98-105, 136n, 161, 166-170, 173, 177, 194-195 Palazzo Altemps, 161 Palazzo Borghese, 194, 320 Palazzo Caetani, Fondazione Camillo Caetani, xiii, 69, 70, 71, 223 Palazzo Caetani all’Orso, 53 Palazzo Farnese, 22-23, 136n, 155n, 195 Pantheon (Santa Maria ad Martyres), 158, 213 Piazza Montedoro, 150 e n, 151-153, 283 Piazza San Bernardo, xviii, 121, 130133, 212-214 Quirinale, Villa Caetani, 53 San Giovanni in Laterano, 27, 50-52, 199, 213, 215, 260 San Girolamo della Carità, 95, 116-117 San Lorenzo in Damaso, 8, 10 San Lorenzo in Lucina, 16 San Luigi dei Francesi, 65 San Marcello al Corso, 27, 250 San Pietro in Vaticano, 164, 184 San Pietro in Vincoli, 8, 180, 329 San Pietro in Montorio, 27 San Rocco, 159n San Silvestro al Quirinale, 87-88, 92, 95, 115-116, 196, 218, 225, 289-290 Sant’Agostino, 8, 83, 91, 232-233, 297
Santa Cecilia in Trastevere, 95 Santa Maria degli Angeli, xix, 8, 24, 28, 89-90, 109-111, 206-207, 219, 225, 269 Santa Maria dei Monti, 119, 140, 221 Santa Maria del Popolo, 15, 16n, 88 e n, 89n, 196, 284 Santa Maria della Consolazione, 87 Santa Maria di Costantinopoli, 182, 327 Santa Maria in Aracoeli, 8, 27, 87, 90, 200, 226 Santa Maria in Monserrato, 90, 108, 182, 197 Santa Maria Maggiore, xviii, 8n, 9, 91 e n, 112-113, 121, 128-129, 208-212, 233, 276-280 Santa Maria sopra Minerva, 9, 18, 87, 91n, 106-108, 196 Santa Pudenziana, xvi, xviin, xviiin, 27, 56, 58-59, 61-65, 72, 74-76, 81-82, 84, 119, 153, 181 e n, 193, 198-199, 216, 223, 225, 227, 230-232, 295-296, 298, 301, 303, 304, 308-309, 315, 326 Santa Sabina, 91 e n, 112 Santa Susanna, 277-278 Santissima Trinità dei Monti, 9, 14, 62, 77-80, 197-198 Santi Ambrogio e Carlo al Corso, 46-49, 92, 192, 209 Santi Luca e Martina (già Santa Martina), 294 Sant’Onofrio al Gianicolo, 94 Santo Spirito in Sassia, 24, 31-32, 162, 219-220 Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio, 122, 215 Università degli studi Roma Tre, xiv Sabbioneta, 137-138 Incoronata, xvi, 55, 58, 137, 139-140, 142-145, 204, 219, 220-223, 225 Palazzo Ducale, 54-55, 58, 138, 167 San Martino dall’Argine, Santi Fabiano e Sebastiano, 96, 118, 217 San Gimignano, 7 Sermoneta, 53, 55, 85, 138, 181, 200, 203, 204, 223-226, 258, 264, 266, 269, 315-316 Castello, 58, 73, 182, 215-216
INDICE TOPONOMASTICO
Santa Maria della Vittoria, 58, 216, 226 Spoleto, 151 Stoccolma Nationalmuseum, 59, 228
383
Urbino, 202-203 Museo Nazionale, 193
Venezia, xviiin, 9, 19, 26, 93, 137, 155n, 206, 222, 258-259 Museo Archeologico, 195 Palazzo Ducale, 206 San Giminiano, 93 San Salvatore, 25n San Sebastiano, 206, 223 Vercelli, 91-92, 94n, 207-208, 270 Verona, 139, 273, 294 Vicenza, Palazzo Gualdo, 61 Vienna, 19 Albertina Museum, 179 Viggiù, 4
Valsolda, 152 Varallo, 149n
Windsor, Royal Library, 209
Tivoli, 20, 304 Villa d’Este, 7, 10-11, 20-21, 26, 53, 189190, 239-240, 242 Torino, 94n, 230 Museo di Antichità, 166-167 e n Trau, 218
ELENCO DELLE IMMAGINI
1.
Hieronymus Cock, Non vullarum antiquarium statuarum reliquie Romae in horto cuisusdam nobilis Romam, acquaforte, Anversa, 1551.
2.
Étienne Dupérac, Cosidetto Tempio di Romolo, incisione, in I vestigi dell’antichità di Roma, Roma, 1575, tav. 4.
3.
Curzio Maccarone, Giovanni Battista Della Porta (su disegno di Pirro Ligorio), Fontana dell’Ovato, 1566-1567, Tivoli, Villa d’Este (foto Danilo Renzulli).
4.
Giovanni Battista Della Porta (su disegno di Pirro Ligorio), Ninfe, 1567, Tivoli, Villa d’Este, fontana dell’Ovato, particolare (foto del 1930).
5.
Giovanni Battista Della Porta (su disegno di Pirro Ligorio), Ninfe, 1567, Tivoli, Villa d’Este, fontana dell’Ovato, particolare (foto Danilo Renzulli).
6.
Giovanni Battista Della Porta (su disegno di Pirro Ligorio), Ninfe, 1567, Tivoli, Villa d’Este, fontana dell’Ovato, particolare (foto del 1930).
7.
Via del Corso e via dei Pontefici, disegno, 1656, BAV, Chigi P, VII, 13, c. 28.
8.
Tommaso Della Porta il Vecchio, Ferrante Gonzaga, 1561-1562 ca., Parma, Liceo artistico «Paolo Toschi» (foto Franco Lori).
9.
Tommaso Della Porta il Vecchio, Ferrante Gonzaga, 1561-1562 ca., Parma, Liceo artistico «Paolo Toschi», particolare (foto Franco Lori).
10.
Giovanni Battista Della Porta, Monumento ad Alessandro Guarnelli, post 1591, Roma, Santo Spirito in Sassia.
11.
Giovanni Battista Della Porta, Monumento ad Alessandro Guarnelli, post 1591, Roma, Santo Spirito in Sassia, particolare.
12.
Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete nord, 1513-1579, Loreto, Basilica.
Giovanna Ioele, Prima di Bernini. Giovanni Battista della Porta scultore (1542-1597), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2016 ISBN 978-88-6372-763-0 eISBN 978-88-6372-764-7 – www.storiaeletteratura.it
386
ELENCO DELLE IMMAGINI
13.
Giovanni Battista Della Porta, Sibilla Ellespontica, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete nord.
14.
Giovanni Battista Della Porta, Tommaso Della Porta il Giovane, Sibilla Frigia, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete nord.
15.
Giovanni Battista Della Porta, Sibilla Tiburtina, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete nord.
16.
Giovanni Battista Della Porta, Sibilla Persica, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete sud.
17.
Tommaso Della Porta il Giovane, Sibilla Cumana, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete sud.
18.
Giovanni Battista Della Porta, Sibilla Eritrea, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete sud.
19.
Giovanni Battista Della Porta, Sibilla Samia, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete est.
20.
Giovanni Battista Della Porta, Sibilla Cumea, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete est.
21.
Giovanni Battista Della Porta, Sibilla Libica, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete ovest.
22.
Giovanni Battista Della Porta, Tommaso Della Porta il Giovane, Sibilla Delfica, 1570-1572, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete ovest.
23.
Tommaso Della Porta il Giovane, Profeta Balaam, 1578, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete est.
24.
Tommaso Della Porta il Giovane, Profeta Balaam, 1578, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete est, particolare.
25.
Giovanni Battista Della Porta, Profeta Isaia, 1578, Loreto, Basilica, Ornamento marmoreo della Santa Casa, parete nord.
26.
Tommaso Della Porta il Giovane, Deposizione di Cristo, 1600 ca., Roma, Santi Ambrogio e Carlo al Corso.
27-28. Tommaso della Porta il Giovane, Sibille (Vecchio e Nuovo Testamento), 1583 ca., Roma, Santi Ambrogio e Carlo al Corso. 29.
Tommaso Della Porta il Giovane, Sibilla (Vecchio Testamento), 1583 ca., Roma, Santi Ambrogio e Carlo al Corso.
ELENCO DELLE IMMAGINI
387
30.
Tommaso Della Porta il Giovane, Deposizione di Cristo, 1600 ca., Roma, Santi Ambrogio e Carlo al Corso.
31.
Giovanni Battista Della Porta, Cristo e due angeli, 1576, Roma, San Giovanni in Laterano, cappella Colonna (foto Pierluigi Mulas).
32.
Giovanni Battista Della Porta, Cristo e due angeli, 1576, Roma, San Giovanni in Laterano, cappella Colonna (foto Pierluigi Mulas).
33.
Marcantonio Ciappi, altare, 1596, disegno, in Compendio delle heroiche et gloriose attioni, et santa vita di Papa Gregorio XIII, Roma 1596, p. 9.
34-35. Giovanni Battista Della Porta, Angelo e Cristo, 1576, Roma, San Giovanni in Laterano, cappella Colonna (coro d’inverno), altare (foto Pierluigi Mulas). 36.
Francesco Capriani, Giovanni Battista Della Porta, Monumento a Niccolò Caetani, 1578-1580, Loreto, Basilica, cappella Polacca (foto Bruno Longarini).
37-38. Giovanni Battista Della Porta, Fede e Carità, 1578-1579, Loreto, Basilica, cappella Polacca (foto Bruno Longarini). 39.
Antonio Calcagni, Niccolò Caetani, 1580, Loreto, Basilica, cappella Polacca, particolare (foto Bruno Longarini).
40.
Giovanni Battista Della Porta, Carità, 1578-1579, Basilica, cappella Polacca, particolare (foto Bruno Longarini).
41.
Giovanni Battista Della Porta, Busto di Onorato IV Caetani, 1592, Roma, Palazzo Caetani, Fondazione Camillo Caetani.
42.
Giovanni Battista Della Porta, Busto di Onorato IV Caetani (con il ciondolo del Toson d’Oro), 1592, Roma, Palazzo Caetani, Fondazione Camillo Caetani.
43.
Giovanni Battista Della Porta, Busto di Onorato IV Caetani, 1592, Roma, Palazzo Caetani, Fondazione Camillo Caetani (foto Pasquale Rizzi).
44.
Giovanni Battista Della Porta, Busto di Onorato IV Caetani, 1592, Roma, Palazzo Caetani, Fondazione Camillo Caetani, particolare.
45.
Giovanni Battista Della Porta, Lastra tombale di Onorato IV Caetani, 1592, Roma, Santa Pudenziana.
46.
Marcantonio Buzzi (su disegno di Giovanni Battista Della Porta), Stemma Caetani, 1589, Sermoneta, Castello Caetani, sala dei Baroni.
47.
Giovanni Battista Della Porta (bottega), Stemma Caetani, 1608 ca, Cassano allo Ionio CS, Campanile (foto Giuseppe Martire).
388
ELENCO DELLE IMMAGINI
48.
Cappella Caetani, ca. 1590-1670, Roma, Santa Pudenziana.
49.
Cappella Caetani (parete sinistra), ca. 1590-1670, Roma, Santa Pudenziana.
50.
Cappella Caetani (parete destra), ca. 1590-1670, Roma, Santa Pudenziana.
51.
Giovanni Battista Della Porta, 1593-1597, Aquila Caetani, Roma, Santa Pudenziana, cappella Caetani, particolare.
52.
Giovanni Battista Della Porta, 1593-1597, Urna dal sangue dei martiri, Roma, Santa Pudenziana, cappella Caetani, particolare.
53.
Cappella Orsini-Caetani, ca. 1567-1580 ca., Roma, Santissima Trinità dei Monti (foto Pierluigi Mulas).
54.
Leonardo Sormani, Monumento a Rodolfo Pio da Carpi, 1567, Roma, Santissima Trinità dei Monti, cappella Orsini-Caetani (foto Pierluigi Mulas).
55.
Giovanni Battista Della Porta, Decorazione marmorea del monumento a Cecilia Orsini, 1575 ca., Roma, Santissima Trinità dei Monti, cappella Orsini-Caetani (foto Pierluigi Mulas).
56.
Leonardo Sormani, Busto di Rodolfo Pio da Carpi, 1567, Roma, Santissima Trinità dei Monti, cappella Orsini-Caetani (foto Pierluigi Mulas).
57.
Scultore attivo a Roma, Busto di Cecilia Orsini, ca. 1575, Roma, Santissima Trinità dei Monti, cappella Orsini-Caetani (foto Pierluigi Mulas).
58.
Giovanni Battista Della Porta, Tommaso Della Porta il Giovane, Giovanni Paolo Della Porta, Cappella di San Pietro, 1596-1598, Roma, Santa Pudenziana.
59.
Giovanni Battista Della Porta, Tommaso il Giovane, Giovanni Paolo Della Porta, Cristo consegna le chiavi a San Pietro, 1596-1598, Roma, Santa Pudenziana, cappella di San Pietro.
60.
Giovanni Battista Cottignola, Cristo consegna le chiavi a San Pietro, 1569, Roma, Sant’Agostino, cappella di San Pietro.
61.
Giovanni Battista, Tommaso il Giovane, Giovanni Paolo Della Porta, Cristo, 15961598, Roma, Santa Pudenziana, cappella di San Pietro, particolare.
62.
Scultore di fine XVI sec., Busto di Cristo, 1590 ca., Los Angeles, County Museum of Art.
63.
Giovanni Battista, Tommaso il Giovane, Giovanni Paolo Della Porta, San Pietro, 1596-1598, Roma, Santa Pudenziana, cappella di San Pietro, particolare.
ELENCO DELLE IMMAGINI
389
64.
Giovanni Battista Della Porta, Ritratto di uomo, 1570-1580 ca., Roma, Galleria Borghese, Sala I.
65.
Giovanni Battista Della Porta, Ritratto di uomo, 1570-1580 ca., Roma, Galleria Borghese, Sala I, particolare.
66.
Giovanni Battista Della Porta, Cesare, 1570-1580 ca., Roma, Galleria Borghese, salone d’ingresso.
67.
Giovanni Battista Della Porta, Galba, 1570-1580 ca., Roma, Galleria Borghese, salone d’ingresso.
68-69. Giovanni Battista Della Porta, Augusto e Caligola, 1570-1580 ca., Roma, Galleria Borghese, salone d’ingresso. 70-71. Giovanni Battista Della Porta, Claudio e Domiziano, 1570-1580 ca., Roma, Galleria Borghese, salone d’ingresso. 72-73. Giovanni Battista Della Porta, Nerone e Ottone, 1570-1580 ca., Roma, Galleria Borghese, salone d’ingresso. 74-75. Giovanni Battista Della Porta, Tiberio e Tito, 1570-1580 ca., Roma, Galleria Borghese, salone d’ingresso. 76.
Giovanni Battista Della Porta, Vespasiano, 1570-1580 ca., Roma, Galleria Borghese, salone d’ingresso.
77.
Giovanni Battista Della Porta, Vitellio, 1570-1580 ca., Roma, Galleria Borghese, salone d’ingresso.
78.
Giovanni Battista Della Porta, Monumento a Onofrio Camaiani, post 1574, Roma, Santa Maria sopra Minerva.
79.
Giovanni Battista Della Porta, Busto di Onofrio Camaiani, post 1574, Roma, Santa Maria sopra Minerva, particolare.
80-81. Scultore attivo a Roma, Monumento a Girolamo Gabrielli, post 1587, Roma, Santa Maria sopra Minerva. 82-83 Scultore attivo a Roma, Monumento a Pietro Ciacconio, post 1581, Roma, Santa Maria in Monserrato. 84.
Giovanni Battista Della Porta, Monumento a Francesco Alciati, 1580, Roma, Santa Maria degli Angeli (foto Pierluigi Mulas).
85.
Giovanni Battista Della Porta, Busto di Francesco Alciati, 1580, Roma, Santa Maria degli Angeli (foto Pierluigi Mulas).
390
ELENCO DELLE IMMAGINI
86.
Scultore attivo a Roma, Monumento a Pietro Paolo Parisio, 1604, Roma, Santa Maria degli Angeli.
87.
Scultore attivo a Roma, Busto di Pietro Paolo Parisio, 1604, Roma, Santa Maria degli Angeli.
88.
Giovanni Antonio Paracca (il Valsoldo), Busto di Arcangelo de’ Bianchi, 1586-1587, Roma, Santa Sabina.
89.
Egidio della Riviera, Busto di Francisco de Toledo, 1598, Roma, Santa Maria Maggiore.
90.
Giovanni Battista Della Porta, Busto di Pierfrancesco Ferrero, 1585 ca., Roma, Santa Maria Maggiore.
91.
Tommaso Della Porta il Giovane, Busto di Guido Ferrero, 1585 ca., Santa Maria Maggiore.
92.
Giovanni Battista Della Porta (Ritratto), Giovanni Battista Della Porta e collaboratore (Monumento di Pierfrancesco Ferrero), 1585 ca., Roma, Santa Maria Maggiore.
93.
Tommaso Della Porta il Giovane? (Ritratto), Tommaso Della Porta il Giovane e collaboratore? (Monumento di Guido Ferrero), 1585 ca., Roma, Santa Maria Maggiore.
94-95. Disegni dai monumenti dei cardinali Pierfrancesco e Guido Ferrero, 1766-1792, ASB, Fondo Ferrero, Corrispondenza, b. XXII, cc. 5,51. 96.
Giovanni Battista Della Porta, (Ritratto) Domenico Fontana, Murzio Quarta, Melchiorre Cremona, Monumento a Federico Cornaro, 1591, Roma, San Silvestro al Quirinale, controfacciata (foto Pierluigi Mulas).
97.
Giovanni Battista Della Porta, Busto di Federico Cornaro, 1591, Roma, San Silvestro al Quirinale, particolare (foto Pierluigi Mulas).
98.
Leonardo Sormani, Busto di Paolo Odescalchi, 1585 ca., Roma, San Girolamo della Carità.
99.
Leonardo Sormani (Ritratto), Leonardo Sormani e collaboratori (Monumento a Paolo Odescalchi), 1585 ca., Roma, San Girolamo della Carità.
100.
Giovanni Battista Della Porta, Busto di Scipione Gonzaga, 1590 ca., San Martino dall’Argine, Chiesa dei Santi Fabiano e Sebastiano, cappella di Santa Croce (foto Guglielmo Tonini).
101.
Giovanni Battista Della Porta, Altare, 1584-1585, Roma, Santa Maria ai Monti, cappella della Pietà (o Falconi).
ELENCO DELLE IMMAGINI
102.
391
Giovanni Battista Della Porta, Altare, 1584-1585, Roma, Santa Maria ai Monti, cappella della Pietà (o Falconi), particolare.
103-104. Giovanni Battista Della Porta, Progetto dell’altare per la cappella Falconi in Santa Maria ai Monti, 1584, in ASVR, Pia Casa dei Catecumeni e Neofiti, Instrumentorum 1584-1585, notaio F. Silla, b. 78, cc. 170-172. 105.
Giovanni Battista Della Porta, San Domenico, 1587, Roma, Santa Maria Maggiore, cappella Sistina.
106.
Giovanni Battista Della Porta, San Domenico, 1587, Roma, Santa Maria Maggiore, cappella Sistina.
107.
Domenico e Giovanni Fontana, Fontana del Mosè, 1587-1588, Roma, Piazza San Bernardo.
108.
Giovanni Battista Della Porta, Aronne che conduce il popolo ebreo a dissetarsi, 1588, Roma, Piazza San Bernardo, fontana del Mosè.
109.
Cesare Nebbia, Aronne che conduce il popolo ebreo a dissetarsi, 1588, penna, inchiostro bruno acquerellato, matita nera, B 80, 305 x 189 cm, Haarlem, Teylers Museum.
110.
Flaminio Vacca, Giosuè che fa attraversare agli ebrei il Giordano asciutto, 1588, Roma, Piazza San Bernardo, fontana del Mosè, particolare.
111.
Giovanni Battista Della Porta, Flaminio Vacca, Pietro Paolo Olivieri, Angeli reggistemma, 1588, Roma, Piazza San Bernardo, fontana del Mosè.
112.
Giovanni Battista Della Porta, Angelo reggistemma, 1588, Roma, Piazza San Bernardo, fontana del Mosè, particolare.
113.
Flaminio Vacca, Angelo reggistemma, 1588, Roma, Piazza San Bernardo, fontana del Mosè, particolare.
114.
Giovanni Battista Della Porta, Mausoleo di Vespasiano Gonzaga, 1591, Leone Leoni, Statua di Vespasiano Gonzaga, 1574-1577, Sabbioneta, Incoronata (fotostudio Danilo Sabbioneta).
115.
Giovanni Battista Della Porta, Giustizia, 1591, Sabbioneta, Incoronata, particolare del Mausoleo di Vespasiano Gonzaga (fotostudio Danilo Sabbioneta).
116.
Giovanni Battista Della Porta, Fortezza, 1591, Sabbioneta, Incoronata, particolare del Mausoleo di Vespasiano Gonzaga (fotostudio Danilo Sabbioneta).
117.
Leone Leoni, Vespasiano Gonzaga, 1574-1577, Sabbioneta, Incoronata, particolare del Mausoleo di Vespasiano Gonzaga.
392
118.
ELENCO DELLE IMMAGINI
Orante, II sec., h 202 cm, porfido, marmo rosso antico e marmo bianco, sandali in verde antico, plinto in giallo antico, Paris, Musée du Louvre.
119-120. Orante, II sec., Paris, Musée du Louvre, particolari. 121.
Leone, I sec. (corpo) XVI sec. (testa), h 44 cm, alabastro, Roma, Galleria Borghese, Sala III.
122.
Cinghiale, I-II sec., h 108 cm, marmo bigio, Paris, Musée du Louvre, Département des Antiquités grecques, étrusques et romaines.
123.
Zingarella, fine IV sec. a.C., h 158 cm, marmo pentelico (corpo), bronzo (testa, braccia, piedi) Paris, Musée du Louvre.
124.
Camillo (Sacrificante, Servo, Zingara), II sec., integrazioni del XVI sec., h 137 cm, alabastro fiorito (corpo), bronzo (testa, braccia, gambe), marmo rosso antico (cintura), Paris, Musée du Louvre.
125.
Camillo (Sacrificante, Servo, Zingara), II sec., integrazioni del XVI sec., h 137 cm, alabastro fiorito (corpo), bronzo (testa, braccia, gambe), marmo rosso antico (cintura e mantello), Paris, Musée du Louvre.
126-127. Nicolas Cordier, Giovane mora con bambino e cagnolino, (Moretta Borghese), XVI sec., h 70 cm, marmo bianco e nero antico, pietre dure, Roma, Galleria Borghese, Sala XIX.
CREDITI FOTOGRAFICI
Città del Vaticano, Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali e Amministrazione Capitolo Basilica di San Giovanni in Laterano; Loreto, Delegazione Pontificia per il Santuario della Santa Casa di Loreto; Los Angeles, County Museum of Art; Milano, Archivio Fototeca Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano; Parma, Liceo artistico “Paolo Toschi”; Parma, Archivio Fotografico, Soprintendenza Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici di Parma e Piacenza; Roma, Archivio Fotografico Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Roma; Roma, Fondazione Camillo Caetani; Roma, Istituto Centrale per il catalogo e la documentazione; Roma, Ministero dell’Interno, Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, Direzione Centrale per l’Amministrazione del Fondo Edifici di Culto; Roma, Pieux Etablissements de la France a Rome et a Lorette; Sabbioneta, Centro Culturale “A passo d’uomo”; San Martino dall’Argine (MN), Chiesa dei Santi Fabiano e Sebastiano. Si ringraziano i fotografi: Bruno Longarini, Franco Lori, Giuseppe Martire, Pierluigi Mulas, Danilo Renzulli, Pasquale Rizzi, Guglielmo Tonini.
Giovanna Ioele, Prima di Bernini. Giovanni Battista della Porta scultore (1542-1597), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2016 ISBN 978-88-6372-763-0 eISBN 978-88-6372-764-7 – www.storiaeletteratura.it