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LA RICERCA NEGLI ARCHIVI

Luigi Fiorani, Storico di Roma religiosa e dei Caetani di Sermoneta, a cura di Caterina Fiorani e Domenico Rocciolo, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2013

ISBN (stampa) 978-88-6372-436-3 – www.storiaeletteratura.it

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«UN ARCHIVISTA FILOSOFO»

Alla morte del duca Onorato Caetani, il 2 settembre 1917, i figli (Leone, Roffredo, Gelasio, Giovannella, Michelangelo) ereditarono, oltre all’ingente patrimonio, anche l’archivio di famiglia, un bene davvero cospicuo e sicuramente particolare, sia nell’amministrazione che nella custodia. Legalmente l’archivio avrebbe dovuto essere diviso tra i cinque eredi superstiti, in quote diverse: vigeva infatti il diritto di primogenitura e Leone avrebbe dovuto ottenere la quota maggiore di proprietà. Il 14 luglio 1919 Gelasio, il Caetani più incline agli studi storici, inviava ai suoi fratelli una «proposta in ordine all’archivio di famiglia»1 in quanto riteneva che «esista qualche diversità d’opinione riguardo alla quota ereditaria che spetta ad ognuno nell’archivio»2. Egli ribadiva che «il nostro archivio forma nel suo insieme un monumento storico di grandissimo valore; per il modo stesso con il quale si è formato e per il nesso storico della maggior parte dei documenti, forma un tutto indivisibile»3. Sempre Gelasio ricordava ai fratelli che «questo complesso di documenti rappresenta tutta la storia e tutte le tradizioni della Casa e dal punto di vista morale ha un valore uguale per ognuno di noi fratelli. (…) È quindi un dovere nostro verso i nostri antenati di cercare che la memoria di un così lungo e glorioso passato non venga meno» 4. Egli esortava i suoi fratelli: «dobbiamo fare di tutto perché l’archivio rimanga integro come collezione di documenti e che mai possa venire distrutto né dal fuoco, né dalla ignoranza od incuria delle genti»5. Poi l’intendimento finale: «io perciò sono del parere che siano messi da parte gli interessi individuali e che, animati da buoni sentimenti fraterni e da un senso del dovere morale

1 Archivio Caetani (d’ora in poi AC), Fondo Generale, Gelasio Caetani, 14 luglio 1919.

2 Ibidem.

3 Ibidem.

4 Ibidem.

5 Ibidem.

2013

ISBN (stampa) 978-88-6372-436-3 – www.storiaeletteratura.it che ci incombe, si venga a degli accordi tra noi, più o meno sulle seguenti basi: i fratelli si impegnano di lasciare l’archivio indiviso vita loro durante»6. La visione di Gelasio era corretta: superare le divisioni per non separare le carte. Egli quindi inviava la «proposta» ai fratelli e, anche se non immediatamente, gli giungevano le risposte. Tre giorni dopo, il 17 luglio 1919, la sorella rispondeva «alla proposta riguardo all’archivio della nostra Casa» dicendosi «pienamente d’accordo (…) su tutti i vari punti (…) prospettati»7. Dello stesso tenore la risposta datata 25 marzo 1920 del primogenito Leone che, oltre ad acconsentire alla proposta di Gelasio, affermava anche che non aveva difficoltà a che Gelasio pubblicasse «i documenti del nostro archivio»8. I fratelli stabilivano anche che, per valorizzare adeguatamente le carte, non fosse sufficiente la pubblicazione dei documenti cui si stava accingendo don Gelasio ma occorreva anche garantire un solido servizio di consultazione per studiosi e ricercatori. Affinché fossero state salve le due urgenze di conservazione e di consultazione, i fratelli convenivano che l’archivio avrebbe goduto di maggiore fruizione se fosse stato trasportato presso lo Stato vaticano in uno dei due istituti culturali, l’Archivio Segreto Vaticano o la Biblioteca Apostolica Vaticana. Scelsero la Biblioteca. Presero quindi contatti con i referenti, sia laici che ecclesiastici, per organizzare la cessione delle carte. Prima del trasferimento occorsero numerosi passaggi istituzionali, tra cui l’acquisizione del consenso dello Stato italiano e soprattutto il positivo assenso dello Stato vaticano. Gelasio fu molto attivo nel prendere accordi con le autorità vaticane per il trasferimento, ma proprio verso la conclusione dell’intesa, egli venne improvvisamente a mancare9. Roffredo decise di dare corso all’intendimento del fratello. La positiva risposta della BAV venne raccolta da Roffredo quando, il 7 novembre 1934, mons. Enrico Carusi riferiva del «sovrano compiacimento del S. Padre nell’accettazione dell’offerta di sì cospicuo materiale storico qual è l’archivio della Sua illustre famiglia»10.

6 Ibidem.

7 AC, Fondo Generale, Giovannella Caetani, 17 luglio 1919.

8 AC, Fondo Generale, Leone Caetani, 25 marzo 1920. Qui Leone si riferisce al lavoro di storico che Gelasio di lì a poco avrebbe intrapreso e che avrebbe portato alle stampe del volume della Genealogia, dei tre volumi della Domus Caietana, dei sei volumi di Regesta Chartarum e del volume postumo di Varia.

9 Nel frattempo, il primogenito Leone (1869-1935) era già emigrato in Canada in volontario esilio per dissenso con il contemporaneo regime politico, ma, prima di partire, aveva dato piena libertà d’azione ai fratelli per la gestione dell’archivio. Cfr. su di lui f. gabrieli, Dizionario Biografico degli Italiani, 16, Roma 1973, pp. 185-188.

10 Archivio della Fondazione Camillo Caetani (d’ora in poi AFCC), BAV, 7 novembre 1934.

Ottenuto il primo assenso dalle autorità vaticane, si rendeva necessario il consenso dello Stato italiano. Il 2 dicembre 1934 Roffredo scriveva al capo del governo «per impetrarne l’alto assenso»11. Il 7 dicembre 1934 Mussolini poteva affermare che apprezzava «il pensiero da lei avuto d’informarmene, e sono favorevole a che, in conformità dell’intento del compianto don Gelasio, ella traduca in atto il sopraccennato disegno»12

Nel gennaio del 1935 l’archivio, dunque, passava in BAV e l’evento venne evidenziato con grande eco nella stampa cittadina. Il trasferimento, inoltre, si rivelò provvidenziale perché preservò l’archivio dai disastri del secondo conflitto mondiale. Conclusa la guerra, il prefetto della BAV, mons. Anselmo Albareda, sollecitava il duca Roffredo perché riteneva che l’Archivio avrebbe avuto bisogno di una revisione: «sono venuto alla persuasione che sarebbe ora sommamente opportuna una revisione dello stato presente in cui si trova l’Archivio della Sua illustre casa, depositato presso questa Biblioteca»13. Proponeva quindi al duca di affidare la revisione a persona di sua fiducia che lavorava in Vaticana da alcuni anni «con piena nostra soddisfazione»14. Era il prof. Pio Pecchiai. Roffredo sulla stessa lettera annotava la risposta: «accettando, 24/5/1946»15. Pecchiai quindi si trovò a lavorare presso la BAV sui fondi archivistici Caetani ma remunerato da Casa Caetani: «per cinque giorni alla settimana, con retribuzione oraria di £80»16. L’ anno seguente l’accordo tra la BAV e il duca Roffredo sarà di dividere a metà il carico dello stipendio per l’archivista: «rimane inteso che metà della detta retribuzione è a carico dell’Amministrazione di questa Biblioteca»17.

Ma se pure l’archivio era uscito indenne dal conflitto mondiale, la casata non aveva subito la stessa felice sorte: la guerra aveva portato con sé anche la tragedia della scomparsa di Camillo, figlio di Roffredo e ultimo erede, colui che avrebbe proseguito il nome e la tradizione della famiglia. Questo lutto gravissimo impose a Roffredo lunghe riflessioni sulla sorte delle carte, del patrimonio immobiliare e in definitiva su tutta la proprietà della Casata. Nella tormentata minuta del testamento, Roffredo affermava: «dopo maturo e lungo esame delle condizioni in cui è venuta a trovarsi la mia famiglia (…) voglio che sia istituita una Fondazione che in perpetuo dovrà essere chiamata “Fondazione Camillo Caetani”»18. Egli decise infatti che la fondazione si sarebbe costituita come erede di tutti i beni sia patrimoniali che documentari e che sarebbe stata intestata al figlio tanto amato e prematuramente scomparso. A questo scopo, alla metà degli anni Cinquanta, volle quindi trasferire nuovamente l’intero archivio nell’originario palazzo a Botteghe Oscure. Questo cambiamento di sede costituì di fatto il passaggio principale per la costruzione della Fondazione Camillo Caetani. Il duca Roffredo, oltre ad occuparsi del trasferimento, stabilì anche quali spazi l’archivio avrebbe occupato nel Palazzo e stabilì che l’archivista che aveva lavorato sulle carte in BAV avrebbe dovuto prestare servizio anche a Botteghe Oscure. Infine, Roffredo stabilì che sarebbe stato affiancato al prof. Pecchiai un giovane che ne avrebbe potuto proseguire l’opera archivistica. Venne così introdotto il dott. Gian Luigi Marchetti dal 1° novembre 1955 fino al 30 ottobre 1963, giorno in cui, a causa del felice esito di un concorso, Marchetti rassegnava le dimissioni dalla Casa Caetani e intraprendeva la carriera scolastica. I duchi erano di nuovo nella condizione di trovare un altro giovane da affiancare all’anziano Pecchiai. In quegli anni, faceva parte del Consiglio di Amministrazione della Fondazione il vice-prefetto della Biblioteca Vaticana, mons. Josè Ruysschaert, cui si rivolse il duca Roffredo per avere informazioni circa un apprendista da inserire sulle carte. Il vice-prefetto propose il nome di Luigi Fiorani, che aveva incontrato come studente presso i corsi di archivistica e diplomatica. Fiorani, grazie all’ottima segnalazione ottenuta dal prelato, venne accolto dai duchi e così, il 20 gennaio 1964, l’amministratore Federico Bracco inviava allo studente la lettera ufficiale di assunzione «a partire dal 1° febbraio 1964 e per un periodo di prova fino al 31 luglio 1964»19. Dopo tale data «a discrezione del Consiglio della Fondazione verrà convalidata o revocata la Sua assunzione senza alcun obbligo per il Consiglio»20. Dal 1° febbraio 1964, dunque, Fiorani lavora presso la FCC come archivista, con l’obbligo dell’apertura dell’archivio di mattina dalle 9 alle 13, compreso il sabato.

11 AFCC, Roma, 2 dicembre 1934-XIII. A SE il Cavaliere Benito Mussolini, capo del governo, primo ministro segretario di Stato, firmato Roffredo Caetani.

12 AFCC, Roma, 7 dicembre 1934-XIII.

13 AFCC, Città del Vaticano, 22 maggio 1946.

14 Ibidem.

15 Ibidem.

16 Ibidem.

17 AFCC, Città del Vaticano, 22 marzo 1947.

Così lo ricorda Marchetti, dopo una breve visita al suo primo luogo di lavoro: «qualche impressione di come trovai l’Archivio la scorsa estate. Giudicai il dottor Fiorani un giovanotto intelligente e ordinato. È chiaro che non può avere ancora una buona specializzazione nel campo della paleografia e della archivistica: è troppo poco che fa quel mestiere. Ma, essendo

18 AFCC, Testamenti, s.d.

19 AFCC, Roma, 20 gennaio 1964.

20 Ibidem laureato in lettere, dispone del titolo di studio più idoneo per quel genere di attività. Sono certo che, se vorrà, potrà raggiungere una forma perfetta. È molto giovane e ha tempo per farsi le ossa. L’ archivio era in ordine e ogni cosa al suo posto e molto ben spolverata»21.

Agli esordi lavorativi di Fiorani, il duca Roffredo era deceduto da un anno e in sua vece operavano, come presidente della Fondazione, la figlia donna Lelia e il marito di lei, Mr. Hubert Howard. Per accordo con i superiori, Fiorani era tenuto a redigere periodicamente resoconti o brevi relazioni sul suo operato. Le prime relazioni raccontavano di timide giornate di spolveratura, di riordino, di sistemazione del materiale, eventuale applicazione di insetticida «non più in polvere ma a blocchi: cioè canfora e via di seguito… (il che comporta un miglioramento nella consultazione dei pacchi in quanto non necessitano più di una preventiva spolveratura e di nuova, dopo la consultazione, applicazione di insetticida»)22. Il periodo di ‘spolveratura’ procedette dal ’64 al ’68, ma non fu un periodo infruttuoso: sono quattro anni in cui Fiorani maneggia continuamente documenti, li sfoglia, li organizza; inoltre il costante scandaglio dei cassetti gli permette di conoscere approfonditamente e capillarmente la tipologia delle carte, il contenuto e la preziosità delle informazioni. È sicuramente in questo periodo che si sarà imbattuto nei cosiddetti ‘autografi celebri’ di Tasso o di Annibal Caro o nelle accorate lettere del filosofo Tommaso Campanella al cardinal Antonio Caetani per ricevere da lui protezione. Avrà sicuramente letto, conosciuto e ordinato molte delle corrispondenze del duca secentesco Francesco IV insignito del Toson d’Oro o dei manoscritti miniati che riportano i primi statuti della città di Sermoneta. È in questo periodo che legge e studia il carteggio di mons. Onorato da cui scaturisce, nel ’69, la pubblicazione Onorato Caetani, un erudito romano del Settecento, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Studi Romani. Il carattere di Fiorani, attento al particolare, all’analisi puntuale, alla limatura del testo, obbligava la Fondazione al pagamento al detto istituto di un sovrapprezzo, perché l’autore aveva proceduto oltre i tre giri di bozze pattuiti. Se la Fondazione accettava un versamento non previsto, davvero Fiorani aveva ampiamente meritato la fiducia dei duchi nella cura e nella gestione dell’archivio, tanto che già nell’aprile 1968 poteva affermare che «naturalmente durante la mia assenza l’archivio rimarrà chiuso; né Osvaldo né altri dovranno entrarvi. Io porto via le chiavi»23.

21 AFCC, Marchetti a Hubert Howard, Imola, 14 ottobre 1964.

22 AFCC, relazioni generali, s.d.

23 AFCC, Roma 24 aprile 1968.

Il lavoro fin qui avviato riuscì a svolgersi senza cambiamenti fino a quando la Biblioteca Vaticana non bandì una selezione di personale per un posto di archivista. L’ occasione non sfuggì a Luigi Fiorani, ma si aprì per lui un dilemma: lasciare la Fondazione o perdere l’occasione della BAV? Non poté scegliere: l’impiego presso la Vaticana era troppo vantaggioso; ma né Fiorani né la Fondazione desideravano interrompere un rapporto ormai solido e proficuo. Le lettere che Fiorani e Howard si scrissero in questo frangente esprimono stima ma anche l’amarezza di doversi lasciare. Il dispiacere di Hubert Howard è esternato nell’accorata minuta che raccoglie i suoi pensieri prima della stesura definitiva:

Caro Fiorani, come avevo a dirLe, mi rammarico molto della Sua decisione di volere ritirarsi da un pieno impiego con la Fondazione Camillo Caetani, ma personalmente non mi sento di volere ostruire la possibilità di una ameliorazione nella Sua posizione e trattamento. Mi dispiace che Lei creda che non l’avrebbe avuto altrettanto con la Fondazione Camillo Caetani, e che ci lascia dopo avere fatto un così utile ed interessante ricerca tra le carte di mons. Onorato Caetani, che prometteva molto per l’avvenire 24 .

Fiorani, ricevuto un tale attestato di stima, ebbe un ripensamento e subito dopo si aprì una complessa contrattazione tra il sig. Howard, donna Lelia e il Consiglio della Fondazione per trovare una formula soddisfacente che riuscisse a salvare gli interessi scientifici della Fondazione e quelli lavorativi di Luigi Fiorani. Si pervenne alla conclusione che Fiorani avrebbe mantenuto il suo posto di archivista ma svolgendo il lavoro nelle ore pomeridiane dalle 16 alle 19 e 30. Il 31 agosto 1969 i duchi congedarono mio padre dall’assunzione a tempo indeterminato per riassumerlo il giorno seguente come contrattista, in quanto ormai era ben chiaro che il legame tra le due parti era diventato tale che non si desiderava più rescinderlo.

Il periodo ‘pomeridiano’ dal ’69 in poi non provocò un’interruzione nel lavoro fino ad allora svolto. Ma avevamo lasciato Fiorani immerso nella polvere e ora lo ritroviamo immerso nello studio di quelle carte che via via aveva dissepolto e quasi ‘scoperto’.

È in questi anni che egli fa proprio il punto 1 dello statuto della Fondazione, che fissa lo scopo dell’istituzione non solo nella conservazione dell’Archivio ma anche nella doverosa apertura agli studiosi. Fiorani immaginava cioè la Fondazione come propulsore di studi e dunque avviava «un organico lavoro di studio e di ricerca, a partire, naturalmente, da un censimento e da una sistemazione dei numerosi fondi archivistici conservati presso la Fondazione, il tutto accompagnato da una pubblicazione periodica specializzata che possa coagulare le buone volontà, e i tanti giovani ricercatori»25. Dava quindi corso alla sistemazione dei fondi Caetani che ancora risultavano in disordine: il primo inventario è del 1973 dopo il riordinamento dei 300 mastri del Fondo Amministrativo. Ma è in questi anni che intuiva che non poteva più aspettare a far partire una riflessione storiografica sulle fonti che custodiva e che aveva a disposizione. Inventava quindi le conferenze, immaginandole come lezioni seminariali di uno studioso che analizzasse un aspetto particolare della vita o della storia della famiglia Caetani. Fiorani, dunque, presentava al Consiglio tale progetto culturale e la rosa dei relatori scelti per ogni lezione. Il Consiglio, constatato il solido impianto, approvava il piano di lavoro e forniva a Fiorani pieno appoggio. Le prime conferenze studiarono il Caetani più noto e che di fatto fondò il potere economico e politico della famiglia: Bonifacio VIII. Al pontefice sono dedicate infatti le conferenze di Morghen e di Stickler che analizzarono anche l’aspetto pastorale dell’istituzione del giubileo del 1300. Nella convinzione che ciò che veniva detto in quei pomeriggi di studio non avrebbe dovuto perdersi ma rimanere fissato nella forma scritta, Fiorani stabiliva che i resoconti delle conferenze dovessero essere raccolti nei Quaderni. I Quaderni della Fondazione Camillo Caetani sono la prima collana che Fiorani istituiva presso la Fondazione. Come esplicita il titolo, i volumi sono di taglio breve; il primo, del 1975, e il secondo, del 1977, riportano le già citate conferenze di Morghen e di Stickler, quasi a sancire e a ribadire che la forte ascesa della famiglia si ebbe con il papa Bonifacio VIII. Nel 1981 la conferenza proposta all’«amico»26 Kristeller sullo studio delle glosse del codice Caetani di Dante produce il terzo Quaderno. Il quarto Quaderno, uscito nel 1983, riporta la storia e la critica dell’opera artistica di Girolamo Siciolante da Sermoneta a cura di John Hunter, Teresa Pugliatti e Luigi Fiorani. Nel biennio 1985-86 usciranno tre Quaderni: il primo sul ruolo di Marguerite Caetani nella letteratura europea, a cura dell’olandese Sophie Levie, il secondo sull’attività politica e diplomatica del cardinale Enrico Caetani a Bologna, a cura di Andrea Gardi, e il terzo sull’antica città di Ninfa, a cura della studiosa belga Lidie Hadermann Misguich. L’ ultimo Quaderno, sugli aspetti della comicità a Roma nell’ultimo Cinquecento, testo di Roberto Zapperi, vedrà la luce molto tempo dopo, nel 1995, quando già si erano aperte altre collane di studio e diversi gruppi di ricerca. Il piano di lavoro immaginato da Fiorani era approvato sia dal Consiglio che dal presidente Mr. Howard e, grazie a questa autorizzazione, Fiorani poteva organizzare una squadra operativa che, se pur limitata numericamente, ottenne risultati di grande produttività. Prestava la sua opera, a quei tempi, Osvaldo Carpifave in qualità di factotum, di lavoratore manuale, per il quale mio padre ha parole di grande stima: il 13 agosto 1971 così Fiorani tranquillizzava il sig. Howard nelle continue relazioni estive indirizzate al superiore: innanzitutto vorrei rassicurarla che tutto al Palazzo si svolge normalmente: Osvaldo compie, anche se un po’ appannato e assonnato per il gran caldo, il suo dovere di sorveglianza con molta attenzione. Egli mi sembra che rappresenta un punto fermo su cui si può contare e aver fiducia tra tutto il personale del palazzo C 27 .

25 l. fiorani, Aspetti della vita religiosa a Sermoneta, in Sermoneta e i Caetani. Atti del convegno della Fondazione Camillo Caetani, Roma-Sermoneta-Ninfa, 16-19 giugno 1993, a cura di l. fiorani, Roma 1999, pp. 269-298, qui a nota 65.

26 AFCC, Roma, 1981.

I resoconti e le notizie sulla vita e l’attività dell’Archivio avvengono in forma scritta soprattutto d’estate, quando Lelia e Hubert si trasferivano in villeggiatura in luoghi più freschi di quelli romani. Ed è a conclusione di questi resoconti che troviamo spesso annotazioni davvero ironiche sul gran caldo urbano: per finire un consiglio: ed è che sia Lei che Donna Lelia facciate una riserva la più ampia possibile di fresco e di venticello, da poterne poi godere quando rientreranno in Roma, dove almeno in questo periodo, si troverebbe a disagio anche un San Lorenzo!28

E ancora: e suppongo che le fresche brezze e l’aria adeguatamente ossigenata dai boschi e dalla natura di questo appartato ricovero sia[no] senz’altro più confortante di una Roma, in cui, è vero, gli angeli barocchi si danno più del solito a fantastici svolazzi sulle facciate e sulle cuspidi delle chiese, ma nulla impedisce che ci si senta un po’ tutti – come Lei afferma – “galline soffocate dal gran caldo”29.

È in questa lettera che Fiorani diventa più investigativo, più filosofo. È ormai un anno che ha trovato impiego presso la BAV, la routine è ormai definita, e ora si ferma a riflettere. È il primo settembre 1970, e al rientro dalle ferie estive scrive a Hubert Howard, ma forse anche a se stesso: ritrovarmi tra le antiche carte, cui ormai ho consegnato parte di me stesso non è senza un sottile e umano piacere, meglio così: vuol dire che sta rafforzando in me la dimensione dell’archivista filosofo, cosa rara in tempi nei quali dai documenti del passato non sembra derivare agli uomini e ai giovani nostri contemporanei se non un sentimento di fastidio e talvolta di invincibile ripulsa 30

27 AFCC, Roma, 13 agosto 1971.

28 Ibidem.

29 AFCC, Roma, 1° settembre 1970.

È ancora più interessante che questa lettera così investigativa contenga anche le affermazioni tanto ironiche sopra citate, quasi a rinsaldare una confidenza, una stima, e a questo punto direi un’amicizia tra Fiorani e Hubert Howard.

Il decennio 1980-1990 si apre con la nascita della collana Studi e documenti d’archivio perché ormai è chiaro che non è sufficiente la collana dei Quaderni a rappresentare l’attività scientifica della Fondazione Camillo

Caetani: i Quaderni sembrano troppo piccoli, troppo magri. Fiorani intendeva scandagliare i cardini, gli snodi e la complessità della storia della famiglia

Caetani. Il numero 1 della nuova collana ripropone il tema dell’attività di curatrice che Marguerite prodigò, tra il ’24 e il ’32, a «Commerce», la rivista letteraria da lei voluta e ideata. Affida lo studio nuovamente a Sophie Levie, collegando in questo modo le due collane dei Quaderni e Studi e documenti d’archivio. Questo numero esce in proprio e senza sovraccoperta, poi Fiorani dedicherà uno standard preciso alla nuova collana. Il numero 2 del 1990 esce con gli Atti del convegno su Ninfa: per analizzare la storia e la vita del giardino di Ninfa, Fiorani organizzava il 7, l’8 e il 9 ottobre 1988, non più una conferenza ma un convegno di tre giorni tra il palazzo Caetani di Roma, il castello di Sermoneta e il giardino di Ninfa. Chiedeva e otteneva che uno dei moderatori del convegno fosse Giorgio Bassani e chiedeva e otteneva che la Fondazione finanziasse tre pullman per il trasporto degli invitati da Roma a Ninfa. In occasione dell’allestimento di questo volume, Fiorani stabiliva che ogni testo edito dalla Fondazione, avrebbe avuto una sovraccoperta. Il logo rimaneva lo stesso ma ora sceglieva una casa editrice che potesse dare una diffusione e una maggiore visibilità alla Fondazione. Per gli Atti di Ninfa optava per una sovraccoperta verde, poi proseguirà con una sovraccoperta blu (il colore dello stemma Caetani) con un passepartout che incorniciasse un’immagine illustrativa del contenuto del singolo volume.

Negli anni ’90 la collana vede una fitta produzione: con scadenza quasi annuale esce un volume. Nel 1993 Marco Vendittelli analizzava l’evoluzione degli statuti di Sermoneta tra i secoli XII e XIV. Nel 1995 Fiorani tornava nuovamente a Bonifacio VIII e accoglieva nella sua collana l’edizione critica, a cura di Jean Coste, del processo a carico di Bonifacio VIII. Nel 1996 John Hunter riprendeva il suo studio su Girolamo Siciolante e – di nuovo collegando la collana Studi e documenti d’archivio ai Quaderni – produceva il catalogo completo delle opere attribuite all’artista. Nel 1997 escono due volumi uno a cura di Fulvio Tessitore sull’analisi critica degli studi orientali di Leone Caetani, il fondatore degli studi islamistici in Italia e il secondo di Stephan Toussaint di nuovo su tematiche dantesche. Nel 1998 Sylvie Pollastri ripercorreva l’evoluzione del ramo della famiglia Gaetani di Fondi, analizzando fonti non solo nell’Archivio Caetani ma nell’Archivio di Stato di Napoli e di altre importanti famiglie nobili. Ma Fiorani non era ancora soddisfatto. Ancora avvertiva che la storia Caetani non era stata analizzata fino in fondo, non era stata sviscerata: inventava dunque un nuovo convegno, questa volta incentrato sul centro politico del ducato Caetani: Sermoneta. Tra il 16 e il 19 giugno 1993 raccoglieva quaranta relatori che analizzeranno la storia di Sermoneta tra le età medioevale e moderna mettendone in luce la vita sociale, artistica e religiosa. Il volume degli Atti di 701 pagine è il n. 9 della collana e la copertina è rappresentata sul frontespizio del nostro convegno.

Dal n. 10, uscito nel 1999, si analizza nuovamente la figura di Marguerite Caetani con la pubblicazione di Stefania Valli dei corrispondenti italiani della rivista «Botteghe Oscure», voluta dalla principessa Caetani tra il 1948 e il 1960. Era intendimento di Fiorani di pubblicare l’intero corpus dei corrispondenti e degli autori che parteciparono alle due riviste create dal genio di Marguerite Caetani. Fiorani aveva individuato nella persona di Jacqueline Risset la specialista di letteratura cui potesse far riferimento un gruppo di studiosi che avrebbero trascritto e annotato criticamente i vari settori linguistici dei corrispondenti della principessa riguardo alla rivista «Botteghe Oscure». A questo progetto è infatti legato il volume n. 13, uscito nel 2006, che riporta l’analisi critica e la trascrizione dei testi in lingua francese di quella rivista, a cura di Laura Santone e Paolo Tamassia, sotto la direzione scientifica della già citata Risset. Il numero 11 del 2004, riporta l’inventario dell’archivio personale dell’islamista Leone Caetani, conservato presso l’Accademia Nazionale dei Lincei per volontà testamentaria di Leone stesso. Paola Ghione e Valentina Sagaria Rossi ne hanno capillarmente curato il riordinamento e l’introduzione. L’ anno seguente la collana si arricchisce della ristampa dei ricordi della vedova di Michelangelo Caetani, il noto dantista vissuto nel corso dell’Ottocento: la nuova, ampia premessa è curata da Giuseppe Monsagrati. Gli ultimi due volumi riportano gli Atti dei due convegni tenutisi nell’ottobre 2006. Il primo a cura di Germana Ernst e Caterina Fiorani sulla figura del filosofo Tommaso Campanella, a lungo protetto dai Caetani, e il secondo sull’attività narrativa di uno dei protagonisti della rivista «Botteghe Oscure» quale fu Guglielmo Petroni; Massimiliano Tortora ne curava sia il convegno che gli atti.

La apparente disomogeneità della collana, dovuta alla varietà di argomenti trattati, trova giustificazione nella omogeneità della documentazione. È la documentazione Caetani che, attraversando numerosi secoli, è disparata, ma in fondo sempre fedele a se stessa: è l’attestazione dei processi storici della famiglia Caetani. La collana istituita da Fiorani aveva questo scopo: rendere visibili, grazie all’approfondimento e allo studio, i vari temi che di volta in volta si evidenziavano nell’Archivio Caetani. È la documentazione da cui Fiorani intendeva partire: studi che si basassero sull’Archivio erano inseriti in quella collana perché analizzavano, spiegavano, portavano alla luce proprio ‘fenomeni’ Caetani.

Dalla fine degli anni ’90 in poi, oltre ai volumi della collana, Fiorani si appassionava a grandi progetti, a grandi temi che lo impegnavano per un ampio arco di anni. La trascrizione e l’edizione critica dell’inventario manoscritto dei beni di Onorato II Gaetani d’Aragona portava alla pubblicazione dell’Inventarium Honorati Caetani. Quotidianamente Fiorani discuteva con l’autrice Sylvie Pollastri sui criteri di trascrizione dal latino: la difficoltà era tale che il progetto vedeva la luce nel 2006, dopo oltre cinque anni dalla sua ideazione. Il volume Palazzo Caetani. Storia, arte e cultura, del 2007, è davvero complesso perché Fiorani doveva gestire oltre ai molti relatori, anche l’apparato iconografico, e questo gli farà varare il volume dieci anni dopo il primo incarico. Sono progetti che si accavallano su più lavori, che si intersecano con altri volumi, spessissimo lasciati e ripresi o discussi con il Consiglio che interviene per qualche modifica.

A queste serie già ampie di lavori, aggiungeva, dal Duemila in poi, l’ultimo tassello di studi. Aveva iniziato a elaborare l’edizione del III volume della Domus Caietana. La Domus, varata dallo storico di casa Gelasio, nasce come la storia analitica della famiglia Caetani, narrata dall’anno Mille fino al 1599. Questo progetto però si interrompe bruscamente a causa della prematura scomparsa del Caetani. Diventa quindi un impegno, sancito anche dallo statuto della Fondazione, quello di completarne l’opera. Fiorani individuava i relatori e gli argomenti, per sé si ritagliava uno studio dal titolo Clero, monache, cardinali, incentrato sempre nel vasto ambito di studi – la storia religiosa – che tanto lo appassionava. Il progetto giungeva fino alla convocazione dei partecipanti, nel giugno 2008, poi ebbe la sua definitiva interruzione.

Un’ultima lettera voglio citare, non datata ma presumibilmente del 1986. Fiorani riporta al suo superiore le attività svolte nell’anno affermando: «operiamo con un rinnovato impegno a fare della Fondazione sempre più quello che vogliamo che sia: un centro culturale a servizio degli studiosi di tutto il mondo»31.

Non posso che concordare e fare mie queste parole.

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