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GLI STUDI SU ROMA RELIGIOSA

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domenico rocciolo

domenico rocciolo

Luigi Fiorani, Storico di Roma religiosa e dei Caetani di Sermoneta, a cura di Caterina Fiorani e Domenico Rocciolo, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2013

ISBN (stampa) 978-88-6372-436-3 – www.storiaeletteratura.it

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Tra Storia Della Piet E Storia Della Vita Religiosa

Quando Caterina Fiorani e Domenico Rocciolo mi hanno chiesto se ero disponibile a collaborare per un convegno che riflettesse sul lavoro di Luigi Fiorani, sono stato felice di rispondere di sì per la stima che ho avuto ed ho per questo amico e anche per spiegare il fatto, che per più di trent’anni, egli aveva lasciato il mio nome tra i componenti della Direzione di «Ricerche per la storia religiosa di Roma». Sulla stima non ho nulla da aggiungere; sulla mia presenza nella Direzione della rivista voglio dire qualcosa e, per questa via, aggiungerò qualche considerazione sul tema del rapporto tra storia della pietà e storia religiosa che è stato materia di interesse comune. La Direzione della rivista, sin dalla sua nascita, era composta da Giacomo Martina, Michele Monaco, Alberto Monticone, Massimo Petrocchi, Leopoldo Sandri e da Luciano Osbat. Del gruppo ero l’unico ad essere ancora ‘garzone di bottega’ nel campo accademico, poi non ero un romano, non mi ero mai occupato di Roma e della sua storia religiosa, non ho mai scritto un articolo che sia stato pubblicato su «Ricerche per la storia religiosa di Roma». Eppure per 35 anni ho fatto parte di quella Direzione1. Per dire qualcosa di questa incongruenza è necessario che spieghi come e quando è avvenuto il mio incontro con Luigi Fiorani e, anche attraverso di lui, con la storia della pietà e con la storia della vita religiosa.

A partire dal 1975 è iniziata la mia collaborazione con Giovanni Antonazzi prima e con Romana Guarnieri poi, collaborazione che si è consolidata quando è stato creato il Centro di ricerche per la storia dell’Alto Lazio2. Antonazzi

1 Alla Direzione della rivista sono venuti a mancare negli anni Massimo Petrocchi, Leopoldo Sandri e Michele Monaco. Dal n. 11 la Direzione è stata riorganizzata con l’ingresso di Gabriele De Rosa e dello stesso Luigi Fiorani; dal n. 12 anche con Francesco Malgeri e Vincenzo Paglia.

2 Il primo incontro con Antonazzi a Vicarello è del giugno 1975 quando, da quasi tre anni (settembre 1972), Antonazzi aveva avviato contatti in vista della creazione di un Centro

ISBN (stampa) 978-88-6372-436-3 – www.storiaeletteratura.it aveva voluto il Centro di ricerche per dare concretezza a quella «storia prevalentemente umile o dell’«umile Italia» che egli faceva discendere direttamente da don Giuseppe De Luca. Il Centro di ricerche si poneva come una via non alternativa ma complementare a quell’altra prestigiosa che stava proseguendo sotto le cure allora di Romana Guarnieri e cioè l’«Archivio italiano per la storia della pietà». In un breve ma importante articolo che Antonazzi aveva scritto per la «Rassegna degli studi e delle attività culturali nell’Alto Lazio» nel 1983 e che abbiamo voluto riprendere nel volume che gli è stato dedicato un anno dopo la sua morte nel 20083, egli spiegava quale sarebbe stata la storia al centro degli interessi di questa nuova associazione. La storia della società contadina dell’Alto Lazio, «una storia dalla quale sono assenti, o al più compaiono solo come di riflesso e mai in veste di protagonisti, nomi prestigiosi, vicende clamorose, intrighi politici. La stessa vita della nostra gente è colta più nella dimessa veste dei fatti di ogni giorno che nel solenne paludamento delle grandi occasioni» 4. Proseguiva poi l’articolo chiarendo come questa società contadina-preindustriale, in Italia, fosse oggetto di ricerche da parte di coloro che si muovevano sul terreno della ricostruzione di una storia della vita religiosa con un taglio prevalentemente antropologico oppure storico-religioso. E faceva il nome di Alfonso Maria Di Nola e di Gabriele De Rosa come capiscuola delle due tendenze. «De Rosa – aggiungeva Antonazzi – in varie occasioni, ha dichiarato di aver preso l’avvio, oltre che da Le Bras, da don Giuseppe De Luca, suo maestro e amico. È un giusto riconoscimento, del quale va preso atto. Vorremmo, tuttavia, precisare, sia pure entro gli angusti limiti di queste pagine, che l’intuizione e la visione storica di De Luca si pone al di là e al di sopra del piano sociologico, e lo trascende in una prospettiva assai più vasta e feconda, fino a raggiungere una visione teologica della storia»5. E proseguiva tracciando un profilo di De Luca, spiegando la sua nozione di pietà e chiarendo quanto fosse ampio che era destinato in un primo momento alla gioventù studiosa di Morlupo (Roma) poi era diventato il progetto per un Centro giovanile di studi che aveva allargato la prospettiva ad un territorio più ampio, forse il nord della provincia di Roma. Questo progetto si trasforma ancora dopo il mio arrivo accanto ad Antonazzi e Guarnieri e diviene il Centro di ricerche per la storia dell’Alto Lazio. Il Centro giovanile di studi viene costituito nel 1975; il Centro di ricerche per la storia dell’Alto Lazio è costituito nel 1977 con atto notarile. Le riunioni del suo direttivo e le conferenze per gli studiosi a Palazzo Lancellotti, a Roma, sono cominciate nei primi mesi del 1976. il campo che si apriva davanti alle indagini di quel genere perché «la nozione di pietà, come è descritta (non definita) da De Luca, consente una vastità di ricerca, almeno a primo aspetto, sconfinata, poiché “espressione di pietà può essere naturalmente tutto, purché esprima questa pietà”: da un corale di Bach e un adagio di Beethoven a una edicoletta al canto della strada, dalla cupola di Michelangelo e la crocifissione del Masaccio alle confraternite della Buona Morte, da una pagina di Tolstoi e di Dostoievski a una povera e malamente impressa immaginetta devota, dal libro d’ore splendidamente miniato al libriccino di preghiere della nonna consunto dall’uso, dall’Ospedale di Santo Spirito al De rerum natura di Lucrezio. Deliberatamente De Luca non restringe la storia della pietà ai soli testi letterari. Ogni testimonianza fa storia; storia della pietà, se è testimonianza di pietà»6. E nella parte conclusiva del suo testo, come indicazione di ricerche da sviluppare in questa ottica della storia della pietà, egli suggeriva la storia delle chiese come luogo della preghiera, dell’amore e del dolore; la devozione mariana; il culto dei santi attraverso le preghiere, i canti, gli ex-voto, i santini che ad essi erano rivolti; le leggende popolari a contenuto religioso e la liturgia, le manifestazioni della pietà nel mondo del passato e nel presente7.

3 Giovanni Antonazzi tra storia e memoria, Manziana, Vecchiarelli Editore, 2008.

4 g. antonazzi, Pietà e ricerca storica. La storia locale, «Rassegna degli studi e delle attività culturali nell’Alto Lazio», 4 (1983), p. 6.

5 Ibidem, p. 10.

Il mio contatto con Antonazzi e Guarnieri era avvenuto tramite Gabriele De Rosa che avevo conosciuto alla metà degli anni Sessanta e che aveva reso possibile il mio inserimento all’Università di Salerno, prima come borsista nel 1968 e poi come assistente ordinario dal 1970. Dal 1971 avevo cominciato a collaborare con Romeo De Maio, incaricato e poi ordinario di Storia moderna nella Facoltà di lettere di quella Università, ma avevo continuato a collaborare con De Rosa sia a Salerno (per la «Rivista di studi salernitani» e poi con il Centro studi per la storia del Mezzogiorno) che a Roma dove lo incontravo alle Edizioni di Storia e Letteratura. È molto probabile che sia stato De Rosa a segnalare ad Antonazzi la mia esistenza quando questi ha cominciato a parlare della sua intenzione di lasciare il suo posto di alta responsabilità a «Propaganda Fide» e ritirarsi a Morlupo per fare nel piccolo quello che De Luca aveva immaginato di fare a livello internazionale con l’«Archivio», cioè creare un centro per lo studio della storia della pietà8.

6 Ibidem, p. 12.

7 Ibidem, pp. 16-19.

8 Nel Diario che Antonazzi ha tenuto per molti anni, alla data dell’11 giugno 1975 è riportato: «Vicarello. Incontro con il prof. Luciano Osbat (già visto a Palazzo Lancellotti). Base per il lavoro del Centro Studi». L’ annotazione è in f. brunetti – p. vian, Fra Morlupo e Propaganda Fide. Un profilo bio-bibliografico di Giovanni Antonazzi (1913-2007) in Giovanni Antonazzi tra storia e memoria, p, 136.

La mia storia di ricercatore, sino ad allora, si era sviluppata a partire dagli interessi per la storia del movimento cattolico tra fine Ottocento e Novecento (tesi di laurea prima, poi articoli sulla «Rivista di studi salernitarni») ed era passata a questioni di storia moderna in parte per esigenze di ‘scuderia accademica’ (dal 1971 ero assistente ordinario presso la cattedra di Storia moderna retta da Romeo De Maio, come già detto) e in parte per convinzione personale che mi portava a capire la storia dell’età moderna come premessa necessaria della storia post-unitaria. De Maio avrebbe voluto fare di me uno studioso dell’Inquisizione, a partire dal ‘Processo agli ateisti’ per continuare con Giuseppe Valletta e altri processi nel clima difficile della Napoli a cavallo tra XVII e XVIII secolo. Ne sono venuto fuori – da quegli anni 1971-1976 – con un grande interesse per gli archivi ecclesiastici (non solo per quelli dell’Inquisizione) e poi per gli archivi delle istituzioni di governo a livello territoriale come gli archivi dei governatori, dei comuni, delle parrocchie, delle diocesi. L’ interesse per gli archivi significava in primo luogo studiare le istituzioni che li avevano creati e poi le stratificazioni del tempo e delle ricerche che li avevano condizionati, infine le opportunità che offrivano oggi agli studiosi di cogliere in maniera profonda il senso degli avvenimenti. Fin da quando avevo cominciato ad occuparmi di processi dell’Inquisizione mi era risultato evidente che il tema che mi appassionava non era la condanna dell’imputato, ma era l’insieme delle norme e delle procedure che regolavano il funzionamento del tribunale e l’impatto del processo non solo e forse non tanto sui processi culturali quanto sui processi sociali e sulla storia della vita religiosa del territorio. In questo senso avevo avviato un nuovo sistema di schedatura dei processi dell’Inquisizione a Napoli che aveva destato l’interesse di Armando Saitta (allora era interessato anche ad un ‘onomasticon’ dell’Inquisizione romana e per il quale lavorai a Napoli sul fondo del Tribunale del Sant’Ufficio di quel Viceregno per un breve periodo) e che avevo presentato in qualche articolo9. L’ archivio storico locale, l’archivio ecclesiastico come fonte principale per la ricostruzione di una storia sociale e di una storia religiosa che era ancora quasi del tutto assente nel panorama degli studi italiani. A questo volevo dedicare i miei studi e così ho fatto, per buona parte, sino ad oggi.

9 Il più antico contributo in argomento è stato l’articolo Sulle fonti per la storia del S. Ufficio a Napoli alla fine del Seicento, «Ricerche di storia sociale e religiosa», 1 (1972), pp. 419-427; il più recente è stata la comunicazione dal titolo Le carte processuali dell’inquisizione di Napoli: problemi archivistici e problemi storiografici sul tappeto, in L’ Inquisizione romana in Italia nell’età moderna. Archivi, problemi di metodo e nuove ricerche. Atti del seminario internazionale. Trieste, 18-20 maggio 1988, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivisitici, 1991, pp. 263-293.

L’ interesse per gli archivi storici locali, ecclesiastici e civili, si sposava in qualche modo con il progetto di Antonazzi. E fin dai primi passi quello degli archivi e delle prime ricerche che si potevano condurre a partire dagli archivi indagati e ordinati è diventato l’occupazione prevalente del Centro di ricerche per la storia dell’Alto Lazio, inizialmente non giudicato con grande favore da Antonazzi e da Romana Guarnieri che vedevano allontanarsi la possibilità di tradurre nella concretezza la loro ipotesi di ricerche di storia della pietà fin da subito. Dopo la creazione del Centro di ricerche per la storia dell’Alto Lazio le riunioni settimanali con loro per programmare e verificare l’andamento del lavoro (conferenze, intervento negli archivi, prime piccole ricerche, costruzione della biblioteca, etc.) sono durate per più di un decennio. Sono cominciate nei primi mesi del 1976 (una annotazione autografa di Antonazzi, alla data del 4 marzo 1976, dice «Prima riunione del Centro Studi nella nuova sede in Palazzo Lancellotti»)10 e vedevano la presenza di Giovanni Antonazzi, Romana Guarnieri, Elisa Curri Naldini (che era la nostra Segretaria), Mario Sciarra (che era il Bibliotecario) e del sottoscritto. Solo nel 1987 la sede del Centro è stata spostata a Morlupo. Da allora gli incontri con Antonazzi sono proseguiti settimanalmente, quelli con Romana si sono diradati e poi sono cessati quasi del tutto e comunque, quando avvenivano, erano nella sua casa di Via delle Fornaci, a Roma.

È nella fase di avvio del Centro di ricerche per la storia dell’Alto Lazio che nasce l’incontro con Luigi Fiorani. Quando si svolge la Tavola rotonda, il 16 dicembre 1976, che poi sarà pubblicata nel primo numero di «Ricerche per la storia religiosa di Roma», Antonazzi e la Guarnieri erano presenti a quell’incontro: vi ero anch’io e a quella data era già nata una intesa con Luigi per il comune interesse per gli archivi ecclesiastici e gli archivi storici locali. Ma non credo proprio che questa condivisione sia stata la ragione per cui Luigi mi ha chiesto di far parte del gruppo che seguiva la impostazione della sua rivista. Credo piuttosto che la stessa richiesta possa essere stata fatta ad Antonazzi e che Antonazzi mi abbia in qualche modo ‘prestato’ come garante del suo interesse per l’iniziativa che stava per nascere ma anche per differenziare quella che era l’impostazione che Luigi voleva dare alla sua rivista da quella che Antonazzi stava dando al suo Centro di ricerche11.

10 g. antonazzi, Diario 1976, alla data: Morlupo, Archivio Antonazzi.

11 Probabilmente la presenza di Luigi Fiorani alle Edizioni, anche in vista della presentazione del progetto e poi della pubblicazione di «Ricerche», oltre che con De Rosa e con Maddalena De Luca e Romana Guarnieri, lo aveva messo in contatto con Antonazzi.

La Premessa al primo numero di «Ricerche per la storia religiosa di Roma» diceva chiaramente che l’intento era quello di contribuire a costruire una storia della società religiosa romana, «quella vissuta dalla società romana al di fuori delle corti laiche o ecclesiastiche e delle loro politiche, con un ritmo esistenziale che prendeva forma e sostanza dal proprio territorio, dalla propria cultura, dal proprio sistema socio-economico». E poco oltre dettagliava l’attenzione che sarebbe stata data alle «strutture diocesane di governo, le organizzazioni parrocchiali, le confraternite e le istituzioni laicali, le espressioni liturgiche e devozionali, le visite pastorali, il clero e la cultura teologica, la carità e l’assistenza, l’amministrazione dei patrimoni ecclesiastici, la demografia e la statistica (gli “status animarum”), l’urbanistica religiosa, il rapporto chiese-rioni, la mentalità e il comportamento delle masse religiose, “il senso della morte e l’amore della vita”, la superstizione: sono alcuni temi tra gli innumerevoli che si potrebbero qui indicare come momenti di cammino storiografico che si intende percorrere ed espressivi del suo taglio metodologico»12. Era una impostazione molto diversa da quella che Antonazzi aveva pensato per il Centro di ricerche e l’unico riferimento che Luigi Fiorani aveva fatto in quella occasione a De Luca era stato nelle due righe finali quando aveva concluso: «Il nostro lavoro è, dunque, nelle mani dei lettori. Ben consapevoli, con il De Luca, che “quando un libro esce, nulla è finito e qualcosa comincia”»13.

Nell’anno in cui veniva pubblicato il primo numero di «Ricerche» era formalizzato lo statuto del Centro di ricerche per la storia dell’Alto Lazio che, all’art. 2, affermava come suoi obiettivi fossero quelli di «promuovere studi e ricerche sulla storia dell’Alto Lazio…, con particolare riferimento alla vita della società contadina della regione…, favorire la diffusione degli studi in ordine alla storia della pietà anche al di fuori dell’ambito regionale…, costituire una biblioteca specializzata…., promuovere la salvaguardia degli archivi ecclesiastici e civili esistenti nell’Alto Lazio»14. Il programma era molto meno articolato di quello esposto da «Ricerche»: la genericità era voluta perché non vi era una più larga intesa nel direttivo del Centro di ricer- che su quello che avrebbe costituito poi l’occupazione dominante degli studi all’interno dell’associazione. Fin dai primi anni Antonazzi aveva verificato quanto fosse difficile avere contributi finanziari da privati per un’impresa che perseguiva alte finalità ma che non avrebbe condotto nessun vantaggio (se non morale) agli eventuali sottoscrittori. E quindi aveva accettato di rivolgersi ad istituzioni pubbliche, come la Regione Lazio, su progetti che erano di interesse del Centro di ricerche ma anche di quella istituzione. È anche per questo motivo era nato il progetto ‘Ricerca e sistemazione di fonti per la storia locale’ che per alcuni anni assorbirà buona parte delle energie e delle risorse del Centro di ricerche e sarà all’origine dei convegni di Sutri del 1978 (Lo Stato della Chiesa tra medioevo ed età moderna) e del 1979 (Gli archivi diocesani dell’Alto Lazio). La grande novità del progetto sugli archivi era nel fatto che era una delle prime volte in Italia, la prima nel Lazio, che si procedeva a sistemare e inventariare una serie di archivi comunali di un’area omogenea (quella scelta era a confine tra le Province di Roma e di Viterbo, intorno al Lago di Bracciano) e che contemporaneamente l’attenzione veniva portata a tutti gli archivi di interesse locale, quelli pubblici (di comuni, di università agrarie, di ospedali) e quelli privati (di diocesi, di parrocchie, di conventi e monasteri, di confraternite, di monti di pietà e monti frumentari)15. Quegli enti, quelle istituzioni che lungo l’età moderna avevano regolamentato ogni aspetto della vita quotidiana dei cittadini di un territorio, ora venivano studiati sulle loro carte e per questa via si recuperava una più analitica descrizione di quanto era avvenuto. La storia sociale e la storia religiosa di un territorio diventavano più facili da raccontare se, dopo le fonti raccolte a livello provinciale o centrale, anche quelle locali diventavano disponibili.

L’ incontro tra i due (come quelli successivi) è possibile che sia documentato nei Diari che Antonazzi teneva in quegli anni o negli appunti autobiografici che aveva cominciato a raccogliere negli ultimi anni della sua vita.

12 Presentazione, «Ricerche per la storia religiosa di Roma», 1 (1977), pp. 5-7.

13 Ibidem, p. 7.

14 Presentazione, «Rassegna degli studi e delle attività culturali nell’Alto Lazio», 1 (1980), p. 3.

Mentre il programma di intervento era portato avanti da me per il Centro di ricerche e da Angela Zucconi per la Fondazione Olivetti16, Antonazzi completava il lavoro che sarebbe apparso nell’VIII° volume dell’«Archivio» e che riguardava Caterina Paluzzi e la sua autobiografia (1573-1645)17. Era un esempio particolarmente impegnato nel dare corpo a quelle ‘testimonianze di pietà’ attraverso gli archivi, i monumenti e le tradizioni orali, che discendevano direttamente dagli insegnamenti di De Luca che Antonazzi citava in apertura quando faceva riferimento a quella storia della Chiesa «mirabilissima anch’essa, ma tanto più umile: la storia di una pieve, la storia di una chiesina, la storia di un paese, la storia di una piccola città, la storia della Chiesa nei piccoli fedeli, nelle piccole preghiere. Dico la storia della pietà»18. Un lavoro di alta erudizione quello compiuto da Antonazzi su un testo che vent’anni prima era stato affidato a don Giuseppe De Luca e che egli aveva giudicato non privo d’interesse. Ma un esempio che non aveva altri campioni su cui cimentarsi a meno di non andare per archivi a scoprire testimonianze analoghe o altre, diverse, che fossero comunque riconducibili a quelle manifestazioni dell’amore nella vita dell’uomo che erano la sostanza della pietà deluchiana.

15 Ricerca e sistemazione di fonti per la storia locale, «Rassegna degli studi e delle attività culturali nell’Alto Lazio», 1 (1980), pp. 40-42.

16 Solo trent’anni più tardi dovevo scoprire come si erano intrecciati i destini di don Giuseppe De Luca, Angela Zucconi e Romana Guarnieri negli anni precedenti la II guerra mondiale; cfr. Giuseppe De Luca, Romana Guarnieri. “Tra le stelle e il profondo”. Carteggio 1938-1945, a cura di v. roghi, Brescia, Morcelliana, 2010, passim.

17 Caterina Paluzzi e la sua autobiografia (1573-1645). Una mistica popolana tra san Filippo Neri e Federico Borromeo, a cura di g. antonazzi, «Archivio italiano per la storia della pietà», vol. VIII (1980), stampato nel 1981.

È in questo spazio vuoto, in quest’area di manovra che io ho inserito la mia finalizzazione delle attività del Centro di ricerche ed è lì dove ho trovato piena condivisione di programmi con Luigi Fiorani, pur in ambiti differenti ma non distanti come sono la città e la campagna, Roma e l’Agro romano e il Patrimonio di San Pietro in Tuscia. Negli anni le ricerche sulle visite pastorali, sulle missioni popolari, sui santuari e sui pellegrinaggi, sulle confraternite, sulle feste e sulle tradizioni popolari cominciavano a svilupparsi grazie ai primi dati che si potevano ricavare dal lavoro di scavo negli archivi locali, in quelli diocesani in particolare. Nel 1982 un convegno a Roma, alla Domus Mariae su I santuari: problemi e prospettive di ricerca era stata l’occasione della partecipazione di Luigi Fiorani ad una iniziativa del Centro di ricerche con una sua relazione su Il santuario e la città. L’ attenzione agli archivi diocesani dell’Alto Lazio è stata all’origine di una iniziativa di rilievo nazionale della quale ho avuto in parte la responsabilità. Si era costituita la Sezione Alto Lazio dell’Associazione degli archivisti ecclesiastici, grazie all’impegno e all’interesse di padre Vincenzo Monachino, allora Presidente nazionale dell’Associazione. Tra il 1979 e il 1984 si erano tenuti, oltre i Convegni sugli archivi locali, anche riunioni di quella Sezione che avevano messo a punto il programma di una Guida degli archivi diocesani dell’Alto Lazio che ha contribuito in qualche modo a far nascere all’interno dell’Associazione quel progetto di Guida degli archivi diocesani d’Italia che fu definita nel Convegno di Loreto del 1984 e che trovò avvio negli anni successivi fino a dare come risultati quei tre volumi che saranno poi pubblicati tra il 1990 e il 1998 che rappresentano un momento di svolta nella storia degli archivi ecclesiastici italiani19. Voglio ricordare in particolare un seminario che si era svolto a Viterbo il 2 giugno 1984 sul tema Gli archivi ecclesiastici. Bilancio di esperienze e programmi per il futuro. I relatori erano stati padre Vincenzo Monachino e Luigi Fiorani. Monachino parlò dei tentativi che l’Associazione archivistica ecclesiastica stava facendo per avviare una nuova stagione di attenzione per gli archivi ecclesiastici, sia da parte delle autorità ecclesiastiche che dello Stato. Luigi intervenne sul ruolo fondamentale che avevano gli archivi storici ecclesiastici per avviare una nuova stagione di studi di storia della Chiesa e riassunse il lavoro che da un decennio egli stava promuovendo a Roma per la salvaguardia e la valorizzazione degli archivi ecclesiastici, in particolare di quelli delle confraternite. Ci sono alcune frasi nell’apertura del suo intervento (che era stato registrato e che era stato poi sbobinato) che mi avevano trovato totalmente in consonanza e che ancora oggi mantengono intatto il loro valore. Egli ribadiva, riprendendo le ultime parole dell’intervento di Monachino, che si doveva essere consapevoli di quanto fosse imponente il lavoro che aspettava coloro che volevano riordinare gli archivi ecclesiastici e come fosse necessario non perdere tempo perché quelle raccolte rischiavano di essere definitivamente perdute. E aggiungeva: «La risposta a questa situazione deriva secondo me da una crescita della coscienza archivistica e storica. Nel momento cioè in cui riusciremo a far nascere nella popolazione, nei ceti intellettuali, nella cultura, a far rivivere una coscienza delle proprie radici, della propria storia, delle ragioni del proprio convivere; nel momento quindi in cui le nostre piccole comunità escono dalla disaggregazione cui ci portano tante situazioni del mondo moderno, allora si scopre anche la necessità di custodire gelosamente le proprie radici e quindi la propria documentazione. Di quella documentazione il monumento è un reperto importante ma è ancora più ricca e pregnante la documentazione scritta. In questo momento, allora, si pongono le premesse perché si possa presupporre un futuro più attento e più rispettoso verso quelle raccolte. È sempre una battaglia contro i mulini a vento ipotizzare di voler salvare queste isole documentarie, queste fonti archivistiche, in una società, in una civiltà, in un piccolo contesto urbano dove la sensibilità civile, culturale è molto scarsa. Non si riesce a salvare l’archivio anche se c’è l’esperto, l’appassionato locale che passa tutto il suo tempo a conservare questo materiale perché tutto intorno cospira contro questa eredità. La sola via per arrivare a collocare e riuscire ad avere una certa sicurezza e tranquillità riguardo questo materiale è quello di ricostruire una certa convivenza (…) Quindi fare l’archivista non è affatto fare il topo di biblioteca, tagliare tutti i legami con la società, con la cultura, con gli orientamenti dei nostri uomini, dei nostri fratelli. È invece vivere più intensamente la storia perché solo con questo forte innesto con ciò che è storia, con ciò che è vivo, con ciò che cammina possiamo capire che il compito degli archivisti è di rimettere il messaggio degli archivi nel circolo per ricostruire il nostro essere, la nostra cultura e le ragioni della nostra convivenza. È veramente un’opera di civiltà in un senso anche più ampio di quanto lo poteva intendere il Muratori»20

18 antonazzi, Pietà e ricerca storica, p. 11 che riprende l’intervento di De Luca al I convegno dell’Associazione archivistica ecclesiastica; cfr. g. de luca, Epilogo, «Archiva Ecclesiae», I (1958), pp. 134-146.

In occasione di un altro convegno da me organizzato Luigi ha fatto riferimento al suo lavoro romano sulle confraternite e alla necessità di avviare nuovi studi su quella materia: è stato in occasione dell’incontro di antropologi e di storici che presentavano i risultati dei loro lavori sul tema sulle confraternite in Italia centrale che si è svolto a Viterbo nel 1989 al quale Luigi aveva partecipato insieme con Vincenzo Paglia e Mario Sensi 21. In quell’occasione aveva insistito in particolare su due punti che si collegavano al grande lavoro di censimento sugli archivi delle confraternite romane che era ancora in corso. In primo luogo c’era la necessità di cominciare a studiare la confraternita in rapporto ai dinamismi di una intera società che sono di carattere sociale, culturale, politico, economico e religioso. E poi lo studio della religiosità delle confraternite che ha una sua specificità, un suo ruolo: è una religiosità che prende coscienza dell’esistenza di problemi materiali, che elabora una propria religione nella quale si riconoscono coloro che formano la confraternita e che diviene risposta ai bisogni sulla base della giustificazione religiosa che è stata individuata. È quindi una religiosità che si costruisce a partire dai problemi della Città in quel momento storico22.

Sarebbe stato logico pensare ad una più ampia collaborazione tra Luigi Fiorani e l’Associazione archivistica ecclesiastica, dato anche gli ottimi rapporti con padre Vincenzo Monachino. Invece, a meno che non abbia trascurato qualche dato, l’unico suo intervento fu quello poi pubblicato su «Archiva Ecclesiae» nel numero 26-27 che conteneva gli atti del convegno di Roma del 198223

20 Gli archivi ecclesiastici, Viterbo, 2 giugno 1984: appunti e dattiloscritto sul seminario, «Archivio del Centro di ricerche per la storia dell’Alto Lazio», anno 1984.

21 l fiorani, Intervento, pp. 79-88, v paglia, Le confraternite e i problemi della morte a Roma nei secoli x VI-x VIII, pp. 97-117; m. sensi, La processione del Cristo Morto tra Umbria e Marche, pp. 147-160 in Le confraternite in Italia centrale fra antropologia musicale e storia. Studi e ricerche dal convegno nazionale. Viterbo, maggio 1989, Viterbo 1993.

22 fiorani, Intervento, p. 81 e p. 85.

Alla fine degli anni Ottanta e nei primi anni Novanta si colloca la creazione della Fondazione per la documentazione e la storia dell’esperienza religiosa che vedrà insieme Antonazzi e Guarnieri, Fiorani e me oltre ad altri illustri studiosi di don Giuseppe De Luca, di storia della pietà e di storia religiosa. L’ iniziativa poteva essere considerata un ampliamento degli obiettivi che avevano caratterizzato la nascita del Centro di ricerca, ispirandosi anch’essa agli insegnamenti e al metodo di ricerca di Giuseppe De Luca in tema di storia religiosa. La Fondazione per la documentazione e la storia della esperienza religiosa nasce nel giugno 1989 con sede a Roma. Lo statuto, all’art. 2, chiariva gli scopi dell’istituto che erano «1. curare la ricerca e la divulgazione di documenti e studi riguardanti l’esperienza religiosa del popolo cristiano e degli uomini di fede, specialmente nell’età moderna e contemporanea; 2. promuovere e sviluppare gli studi di storia della pietà, nella linea metodologica propria di don Giuseppe De Luca; 3. favorire contatti e scambi di idee e di esperienze tra studiosi e centri di ricerca impegnati nel settore della storia religiosa in Italia e all’estero, a prescindere dalla loro collocazione ideologica»24. Nella ‘Scheda di presentazione’ redatta in quei mesi e firmata dal Presidente Giovanni Antonazzi e dal Segretario generale Alberto Monticone, i propositi della Fondazione che venivano precisati riguardavano la raccolta della documentazione bibliografica riferita alla storia della pietà e alla letteratura sullo stesso tema, il recupero e la edizione delle fonti essenziali per la storia della pietà in età moderna e contemporanea, la pubblicazione di testi riguardanti apporti interdisciplinari in ordine a fatti, persone, linguaggi, atteggiamenti, pensieri e gesti riferiti sempre alla storia della pietà 25. Nonostante le adesioni alla Fondazione fossero state numerose e di tutto rilievo (sia da parte ecclesiastica che da parte accademica), l’istituto faticò a decollare e la mancanza

23 l. fiorani, Inventari di fondi archivistici per la storia religiosa di Roma, «Archiva Ecclesiae», nn. XXVI-XXVII (1983-1984), pp. 193-207.

24 Art. 2 dello Statuto della Fondazione per la documentazione e la storia dell’esperienza religiosa rogato dal notaio Pierpaolo Siniscalchi, «Archivio del Centro di ricerche per la storia dell’Alto Lazio», anno 1989, fascicolo Fondazione per la documentazione e la storia dell’esperienza religiosa.

25 Fondazione per la documentazione e la storia dell’esperienza religiosa, Scheda di presentazione, «Archivio del Centro di ricerche per la storia dell’Alto Lazio», Fascicolo Fondazione per la documentazione e la storia dell’esperienza religiosa dei finanziamenti che erano necessari per avviare un’attività ordinaria della Fondazione convinse i promotori a rinunciare ben presto al progetto: nel 1995 la vicenda si poteva già considerare conclusa 26 . Non ho mai parlato con Luigi Fiorani delle ragioni che erano all’origine della sua adesione alla Fondazione ma credo che si debbano rintracciare in quella attenzione ai documenti che riguardavano l’esperienza religiosa del popolo cristiano che era al primo punto dello Statuto.

La Fondazione non decollò probabilmente anche perché Romana Guarnieri non vi credette fino in fondo: era già nata l’esperienza di «Bailamme. Rivista di spiritualità e politica» che Romana aveva creato in collaborazione con l’«Associazione milanese “Amici di don Giuseppe De Luca”». Il primo numero era uscito nell’aprile del 1987 e se, nell’Introduzione, si spiegava come la rivista intendesse porsi come luogo di incontro e di confronto tra itinerari diversi che rinviavano alla filosofia, alla teologia, alla ecclesiologia, alla politica, alla cultura del post Concilio, la parte centrale del numero era dedicata a Romana Guarnieri e al suo ricordo di don Giuseppe De Luca. Era in qualche modo una rivincita di Romana che si era vista togliere di mano la direzione dell’«Archivio italiano per la storia della pietà» che aveva espresso altra interpretazione del senso di ‘storia della pietà’ e che in conseguenza aveva dato una nuova impostazione all’«Archivio»27.

Vorrei ritornare ora per un attimo alla collaborazione che si realizzava intorno a «Ricerche per la storia religiosa di Roma». È vero che la Direzione discuteva le proposte che Luigi ci sottoponeva ma non ricordo mai che una proposta da lui fatta sia stata modificata. E per quanto mi riguarda, al di là della condivisione sulle priorità da dare nelle ricerche, la mia collaborazione è consistita nell’approvazione delle scelte che lui faceva per l’impostazione dei numeri di «Ricerche»: egli ci convocava – dopo che era già stato discusso il tema da trattare – quando il numero era stato impostato ed avviato. Era l’occasione per raccogliere qualche ulteriore suggerimento ma sostanzialmente il numero era già stato sviluppato come meglio non si sarebbe potuto fare. Ero sempre più convinto che l’impostazione che Luigi aveva dato alla sua rivista era una delle migliori traduzioni dei modi possibili di realizzare quell’aspirazione ad una scrittura della storia della pietà che nei progetti di Antonazzi e ancora di più in quelli di Romana Guarnieri trovava difficoltà ad esprimersi intorno a soggetti specifici di ricerca. Se si confrontano i numeri dell’«Archivio» degli anni della gestione di Romana Guarnieri e i numeri che negli stessi anni uscivano di «Ricerche per la storia religiosa di Roma» si capisce meglio cosa voglio dire. Il numero VI dell’«Archivio italiano per la storia della pietà» era uscito nel 1970 e i temi avevano riguardato un testo poetico della preriforma tridentina, un’opera dell’Ottocento, la figura di Nicola Monterisi. Il numero VII, uscito nel 1976, riportava un carteggio di gentildonne bolognesi con don Leone Bartolini negli anni del Concilio di Trento. Il numero VIII, uscito nel 1980, era quello dedicato a Caterina Paluzzi e alla storia di Morlupo e dovuto a Giovanni Antonazzi. Con il numero IX comincia già la nuova impostazione dell’Archivio che Romana non aveva approvato, come aveva detto rivolgendosi all’Associazione don Giuseppe De Luca che aveva invece voluto quella svolta.

26 Probabilmente Antonazzi aveva sperato di poter dare quel respiro alla storia della pietà che nel lavoro avviato dal Centro di ricerche non era stato possibile e, attraverso la Fondazione, immaginava di trovare più facilmente finanziamenti. Quando si rese conto che nessuno dei due obiettivi era realizzabile in tempi abbastanza ravvicinati, il suo entusiasmo si esaurì e la Fondazione si avviò al tramonto. Vi è stato certamente un momento di entusiasmo da parte sua al punto d’aver pensato di lasciare alla Fondazione anche la sua biblioteca privata che successivamente invece ha donato al Centro di ricerche.

27 Romana Guarnieri promuove «Bailamme» come prosecuzione autentica dell’esperienza dell’«Archivio»; Antonazzi prova, con la Fondazione, a ricucire tra Romana e i responsabili della nuova impostazione dell’«Archivio», la ‘ricucitura’ non riesce e la Fondazione muore prima di decollare: forse questa lettura di quegli avvenimenti è semplicistica ma non credo che sia lontana dal vero.

Quando esce il volume dell’«Archivio» con il contributo di Antonazzi, sono giù usciti tre numeri di «Ricerche» che si sono occupati di visite apostoliche, di ordini religiosi e di iconografia della Controriforma, del pauperismo romano e soprattutto avevano pubblicato inventari di archivi di arciconfraternite, di congregazioni religiose, di parrocchie e di Curie generalizie, archivi normalmente ignorati dalla ricerca storica e di estrema importanza per la conoscenza della storia religiosa della società romana.

Mentre si sviluppava la mia collaborazione con Luigi Fiorani e il mio impegno con il Centro di ricerche, che dirigerò a partire dal 1987, si era precisata la ragione del lavoro che sempre di più mi legava al Centro stesso.

Tutto muoveva dalla volontà di applicare all’Alto Lazio una metodologia sistematica di indagine, di recupero, di ordinamento degli archivi storici locali, in primo luogo di quelli ecclesiastici. La percezione chiara era che non si sarebbe potuta mai fare una storia religiosa ‘diversa’ se non sulla base di documenti diversi da quelli usati sino ad allora, documenti che stavano in quegli archivi locali ai quali nessuno aveva dedicato attenzione sino ad allora. E la prima (non la sola) storia religiosa che era necessario ricostruire era quella dei comportamenti ispirati dalla fede, di ecclesiastici e di laici, di dotti e di umili, nelle feste e nella ferialità, attraverso le regole e le verifiche, i diari e le lettere, i testi di alta cultura e le immaginette sacre. Questa era una storia ricostruibile, questa era una storia raccontabile. Una storia che il Concilio Vaticano II aveva reso indispensabile per colmare quel vuoto che era la storia delle diocesi nel momento in cui le diocesi rientravano a pieno titolo nella storia della Chiesa. Ma correvano il rischio di rientrarci solamente sulla base delle storie agiografiche di vescovi e di santi, senza saper dire nulla di quel popolo di Dio che quella Chiesa a livello diocesano l’aveva vitalizzata e trasmessa nel tempo.

Quando riprende la pubblicazione dell’«Archivio», negli anni 1994-1996, la ‘storia della pietà’ aveva fatto un bel pezzo di strada. Prosperi, in quel volume appena citato, aveva sottolineato che la «portata innovatrice della proposta di De Luca si è appannata» e molti dei migliori aspetti di quel periodo della storia italiana si erano perduti 28. E Prodi, nell’introduzione alla nuova serie dell’«Archivio», il 10 dicembre 1994 (atti del convegno poi pubblicati nel n. 9 del 1996) aveva parlato dell’impresa che la nuova direzione voleva portare avanti come segnata dalla continuità e dalla novità, dove la continuità significava la fedeltà al concetto ispiratore e la novità stava nel dare alla nozione di pietà «oltre i semi di Dio nel mondo e nella coscienza, anche ogni testimonianza, spesso tragica e dolorosa, della finitezza dell’uomo e quindi della sua ricerca di qualcosa di meta-fisico e di meta-storico»29. Altra novità della nuova fase era poi quella che le testimonianze non sarebbero state colte solo nell’esperienza individuale «ma anche delle identità collettive, della pietas nelle identità collettive». E nell’indicare il cammino da compiere egli suggeriva che si dovesse partire dal nucleo della proposta di De Luca, dalla larghezza della sua visione e dal cammino da lui fatto dopo la pubblicazione della Introduzione e del primo volume dell’«Archivio» fino alla fine della sua vita, non per ripetere il suo cammino o chiosare il suo modello ma per accentuare l’attenzione al nuovo contesto nel quale si andava sviluppando la presenza della Chiesa nel mondo e il nuovo modo di considerare i problemi del sacro e il nuovo modo quindi di considerare la storia della pietà all’interno di «una Chiesa che non è più la chiesa del villaggio, ma è la chiesa delle periferie metropolitane, che nei casi migliori si sta trasformando in un centro sociale»30.

In quell’incontro Luigi Fiorani era intervenuto forse più di una volta (Prodi fa riferimento ad una Introduzione di Fiorani che negli Atti non c’è) ma già quello che si può leggere nel suo ‘Intervento’ nella discussione esprime con decisione il suo pensiero a proposito di «che cosa debba intendersi oggi per pietà». E si rispondeva dicendo che la tendenza era «quella di spostare, o di allargare, i confini della pietà, da esperienza religiosa a esperienza che porta i segni forti, predominanti, dell’esperienza umana. La storia della pietà nasce quindi nel momento in cui lo storico estrae dai documenti la traccia del bisogno, la dimensione di un’attesa, di domande dense di risonanze interiori». E proseguiva pensando ad una storia della pietà capace «di cogliere ciò che di autentico si va iscrivendo nell’esperienza umana e nei diversi piani in cui essa si esplicita, cioè nella presenza politica, nella presenza sociale, nella costruzione di un ordine terreno che, in certi punti di arrivo, può essere alternativo all’ordine costruito dalla pietà». Concludeva augurandosi che gli storici della pietà fossero capaci di leggere i segni della sua presenza all’interno del nuovo ordine sociale, dei nuovi rapporti di solidarietà, dei nuovi modi di convivenza per poter comprendere e raccontare in che direzione queste nuove pulsioni portassero. 31 Fiorani poneva allora all’uditorio un problema che io interpreto in questo modo: e cioè se lo storico della pietà possa essere solo uno spettatore di quanto avviene o è avvenuto o non debba essere anche un testimone, un interprete della esperienza delle sempre mutevoli dimensioni e incarnazioni che la pietà assume nella vita degli uomini che camminano nella storia. Se così è, mi pare questa una significativa integrazione, un allargamento che egli porta alla lezione di De Luca. Una integrazione che a me pare di poter cogliere quasi naturale nel momento in cui ripenso e rivedo Luigi Fiorani nella sua integralità di uomo di ricerca storica, di uomo di esperienza di fede, di uomo di testimonianza di vita: il ricercatore della storia della pietà non può non essere anche un interprete della storia della pietà; per poterne capire la sua natura intima, deve viverla dal di dentro. Mi pare di poterlo sentire Luigi che dice che quelle tracce del bisogno, quel cruccio dell’attesa, quei segni delle domande interiori non possono essere colte se non da chi le vive sulla propria pelle. La prima autentica testimonianza di storia della pietà, di espressione dell’amore per il prossimo, di fiducia nella misericordia di Dio non la si può raccontare pienamente se non la si vive nella vita di ogni giorno, in tutte le dimensioni positive e negative, di presenza e di assenza della pietà.

28 a prosperi, Storia della pietà, oggi, «Archivio italiano per la storia della pietà», vol. IX (1996), pp. 11-12.

29 p. prodi, La ripresa dell’“Archivio”, «Archivio italiano per la storia della pietà», vol. IX (1996), p. 368.

30 Ibidem, p. 369.

In questo senso, due mondi apparentemente così lontani come quello di Romana Guarnieri e di Luigi Fiorani nel rivendicare la prima la corretta interpretazione della lezione del maestro e nel praticare il secondo una storia della pietà sulla propria pelle, sono due testimonianze parallele di cosa significa vivere nella ricerca e nell’esperienza quotidiana il proprio essere Chiesa, la propria testimonianza di fede.

E ringrazio la Provvidenza di averli messi un giorno sulla mia strada.

massimiliano ghilardi

GLI «STUDI ROMANI» E L’ ANTICHITÀ CRISTIANA

Diversamente dai molti altri relatori intervenuti al colloquio in ricordo di Luigi Fiorani, forse anche per ragioni anagrafiche, non posso vantare di aver avuto con lui – che pure ho conosciuto e con il quale ho avuto numerosi incontri cordiali, ma sempre limitati ad aspetti per così dire istituzionali – un rapporto amichevole particolarmente stretto; né posso raccontare aneddoti singolari che mi hanno visto con lui protagonista. Il mio breve intervento riguarderà pertanto – soprattutto sulla base dell’edito e con l’apporto della preziosa documentazione inedita conservata presso l’Archivio dell’Istituto Nazionale di Studi Romani1 – gli anni iniziali della carriera di Fiorani e la sua originaria formazione di archeologo cristiano.

Come forse solo in pochi sapranno, infatti, Fiorani – celebrato soprattutto per essere stato uno dei più ispirati ed acuti indagatori della storia religiosa di Roma nell’età moderna – si laureò nel 1963, sotto la guida di Pasquale Testini 2 (da tre anni succeduto nell’insegnamento a Carlo Cecchelli 3), in Archeologia cristiana discutendo una tesi di laurea sugli amboni e la liturgia siriaca del V-VI secolo 4, tema oggi poco discusso – anche perché ormai

1 Sul quale, in sintesi, si veda quanto raccolto da c lodolini tupputi, L’ Archivio Storico dell’Istituto Nazionale di Studi Romani. Riordinamento e inventariazione, «Studi Romani», XLIII (1995), 3-4, pp. 438-442.

2 Sul Testini (1924-1989) e la sua opera si veda ora l’ampia raccolta Pasquale Testini. Scritti di archeologia cristiana: le immagini, i luoghi, i contesti, a cura di f. bisconti –ph pergola – l ungaro, I-II, Città del Vaticano, Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, 2009.

3 Cfr. g colonna, La scuola archeologica e di storia antica, in Le grandi scuole della Facoltà, a cura di e. paratore, Roma, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Lettere e Filosofia, 1994, pp. 8-20: 17.

4 Devo la notizia a Marco Buonocore, che ringrazio cordialmente per la sempre generosa cortesia ed amicizia.

ISBN (stampa) 978-88-6372-436-3 – www.storiaeletteratura.it dato per acquisito5 – ma a quei tempi originale ed affrontato da più di uno studioso 6 .

Poco più tardi, presentato dallo stesso Testini, Fiorani approdò come collaboratore esterno all’Istituto di Studi Romani, ove l’allora Presidente Pietro Romanelli – d’accordo con il Vicepresidente Paolo Brezzi – gli affidò una nuova rubrica della Rivista «Studi Romani» dedicata alle antichità cristiane. La rassegna in verità, come è possibile comprendere leggendo i numerosi scambi epistolari conservati nell’Archivio dell’Istituto Nazionale di Studi Romani, era stata già da molto tempo richiesta e più volte sollecitata – dapprima da Brezzi e poi da Fernanda Roscetti, Segretaria di Redazione della Rivista – allo stesso Testini che, l’anno precedente, aveva in effetti espresso la volontà di volerla quanto prima compilare. I numerosi impegni dello studioso, però, non gli permisero mai di mantenere fede alla promessa fatta, così che Testini – dopo aver in un primo tempo accettato la proposta di cedere la rassegna di antichità cristiane al francescano bulgaro p. Giuseppe Gagov7 – suggerì a Brezzi di affidare l’incarico, sotto la sua guida, ad un suo «valente allievo ed assistente»:

Vorrei – e La prego di credermi – rispondere con tutto il cuore al Suo invito; ma che fare? Per evitare nuove promesse difficili a mantenere e relative date ipotetiche, voglio tentare di far redigere una rassegna bibliografica da un mio valente allievo e assistente, sotto la mia guida e, se necessario, con qualche mia giunta critica. Si verrà a capo dello scopo? Voglio sperarlo e rispondere almeno con questa speranza alla Sua lettera. Dopo il periodo pasquale vedrò di concludere in questo senso. Sarà poi naturalmente Lei a giudicare la validità dell’esperimento8

5 Recentemente su tale argomento si rimanda a p castellana, Note sul Bema della Siria settentrionale, «Studia Orientalia Christiana», XXV (1995), pp. 89-100.

6 Mi riferisco ad esempio agli studi di j. lassus – s. tchalenko, Ambons syriens, «Cahiers archéologiques», V (1951), pp. 75-122; j. dauvillier, L’ ambon ou bêma dans les textes de l’église chaldéenne et de l’église syrienne du Moyen Age, «Cahiers archéologiques», VI (1952), pp. 11-31; e r hambye, Les traces liturgiques du bêma dans la liturgie de l’église chaldéo-malabare, «Melanges de l’Université Saint-Joseph», XXXIX (1963), pp. 199-207; j jarry, L’ ambon dans la liturgie primitive, «Syria», XL (1963), pp. 147-162; d. hickley, The ambo in early liturgical planning. A study with special references to the Syrian bema, «Heytrop Journal», VII (1966), pp. 407-427; e. r. hambye, Les chrétiens syro-malabars et le «bema», «L’ Orient syrien», XII (1967), pp. 83-107.

7 Su p. Gagov (1915-1967), docente di archeologia cristiana alla Pontificia Facoltà Teologica di San Bonaventura, si veda ora quanto raccolto da g eldă rov, A Bulgarian scholar in papal Rome: Iosif Gagov (1915-1967), Roma, Bă lgarski că rkoven archiv v Rim (Abagar), 1988.

8 L’ intera vicenda relativa alla nascita della rassegna dei libri di ‘antichità cristiane’

– dai primi contatti tra Brezzi e Testini, passando per l’ipotesi di assegnazione a Gagov

La prima rassegna di Fiorani di studi sull’archeologia cristiana – rassegna che gli fece guadagnare la non indifferente somma di 18.000 lire9 – apparve così già nel terzo fascicolo dell’annata 196410, trascorsi cioè soltanto pochi mesi dopo la discussione della tesi di laurea. Una breve premessa, che vale la pena di rammentare rapidamente, introdusse al lettore i volumi da segnalare evidenziando i criteri che avevano guidato ed avrebbero guidato in seguito la selezione dei libri: fino all’incarico conferito al Fiorani – è ricostruibile dalla lettura dei documenti trascritti nelle Appendici I-XII. Il passo riportato nel testo, relativo alla proposta di Fiorani fatta da Testini, è tratto dalla lettera trascritta nell’Appendice VII.

Nell’iniziare questa rassegna delle pubblicazioni concernenti le antichità cristiane sono necessarie alcune parole di premessa. Come si vedrà, fra le opere presentate o che si presenteranno in seguito, talune risultano pubblicate qualche anno fa e perciò potranno sembrare fuori tempo in una rubrica che voglia rendere conto delle novità librarie. Ritengo però che dovendosi aprire un panorama bibliografico sia necessario dar conto non solo delle più recenti ma anche delle più notevoli pubblicazioni, di quelle cioè che formano quei capisaldi nelle ricerche e negli studi delle antichità cristiane11.

La proposta di lettura, che senza dubbio a prima vista può sembrare opportuna e certamente guidata da scelte contenutistiche, servì anche in realtà al Fiorani per presentare e lodare, proprio come primo libro della neonata rassegna, un’opera del proprio Maestro Pasquale Testini, il manuale di Archeologia cristiana. Nozioni generali dalle origini alla fine del sec. VI, edito a Roma sei anni prima, nel 1958, dunque – in qualche modo – non proprio una novità libraria. Del libro, ancora oggi utilizzato – pur se nella sua veste aggiornata al 198012 – come manuale in molte università (conferma implicita ed eloquente della validità del testo), Fiorani lodò senza mezzi termini il «carattere di novità», la «sicurezza d’informazione», l’«abbondantissimo materiale», la «precisione e la completezza bibliografica», lo «stile dell’opera», la «limpidezza di esposizione», la «serietà dell’Autore», rivelando al contempo, oltre ai contenuti dell’opera, i sensi di devota stima e riconoscenza che l’allievo nutriva per il proprio Maestro.

9 Lo si evince da una nota del 29 luglio 1964, firmata dal direttore dell’Istituto Ottorino Morra, indirizzata all’ufficio amministrativo e relativa agli assegni da emettere a favore degli autori che avevano pubblicato nel terzo fascicolo dell’annata 1964.

10 Rassegna di Libri di antichità cristiane, «Studi Romani», XII (1964), 3, pp. 330-339.

11 Ibidem, p. 330.

12 Archeologia cristiana. Nozioni generali dalle origini alla fine del sec. VI. Seconda edizione con aggiunta di indice analitico e appendice bibliografica, Bari, Edipuglia, 1980.

Non ebbe invece dal Fiorani lo stesso plauso la traduzione italiana del volumetto di Eduard Syndicus13, del quale il recensore, pur se giovanissimo ed alla prima esperienza di scrittura, ebbe il coraggio di segnalare apertamente la scarsità del materiale illustrativo presentato e soprattutto la parzialità ed esiguità della bibliografia consultata14. Non «immune da difetti», sono esattamente le sue parole – ed in questo caso è certamente un giudizio troppo poco generoso e senza dubbio notevolmente azzardato –, il Fiorani trovò anche il monumentale Corpus Basilicarum Christianarum Romae di Richard Krautheimer del quale – per i tipi del Pontificio Istituto di Archeologia

Cristiana – nel 1962 e 1963 erano usciti due fascicoli del II volume; mentre migliore accoglienza fu riservata a Le chiese di Roma dal IV al x secolo di Guglielmo Matthiae15, e all’opera – anch’essa non recentissima – del benedettino Guy Ferrari Early Roman Monasteries. Notes for the history of the monasteries and convents at Rome from the V through the x century16 .

Nel primo fascicolo del 1965 della Rivista «Studi Romani» Fiorani –propostosi nuovamente come redattore della rassegna17 – tornò nuovamente a presentare i più significativi volumi di archeologia cristiana pubblicati in quel torno di anni18. La penna del recensore – che discusse in questa rassegna opere di Carlo Cecchelli19, di René Vielliard 20, oltre nuovamente ad un ulteriore fascicolo del Corpus Basilicarum del Krautheimer21 –, in questo caso, sembrò essere meno pungente, forse anche perché fu costretto a tagliare 7/8 cartelle del proprio contributo22, ma non fu del tutto risparmiato dai giudizi severi, anzi non lo fu affatto, l’alsaziano Cyrille Vogel, come noto scrupoloso prosecutore dell’opera di Louis Duchesne sul Liber Pontificalis23 Nel primo fascicolo dell’annata successiva, il 196624, Fiorani decise di restringere il campo d’indagine ai soli studi riguardanti la pittura paleocristiana ed altomedievale di Roma. Si analizzarono così i Paralipomeni di Giona di P. Antonio Ferrua 25, uno studio di Per Jonas Nordhagen sulle pitture di S. Maria Antiqua 26, uno studio di Carlo Cecchelli sul mosaico absidale della basilica lateranense 27 – studi, questi ultimi due, duramente criticati – e soprattutto si cercò di fare il punto della situazione sul dibattito in atto tra gli studiosi in merito alle pitture della catacomba della via Latina, la celebre «pinacoteca cristiana del IV secolo» – per dirla con il P. Ferrua 28 – da circa un decennio tornata casualmente in luce. Fiorani, mostrando competenze inaspettate su temi storico-artistici, non si limitò in quest’ultimo caso a riassumere le diverse posizioni degli studiosi del tempo, ma si spinse anche in originali interpretazioni personali, come nel caso delle immagini di Ercole: Forse, noi avremmo portato a fondo le intuizioni circa la figura di Ercole, interpretata come una traduzione pagana della potenza e della virtù di Cristo, o le osservazioni circa il simbolismo di salvezza adombrato nel ciclo di Ercole: su questa linea, di una risposta pagana ai postulati della fede cristiana, sembra a noi che andassero lette le costruzioni mitologiche della via Latina. Non, dunque, come una tappa intermedia di quella che sarà poi la posteriore confluenza di alcune raffigurazioni pagane e profane nel patrimonio iconografico cristiano, ma come l’ultimo tentativo di opposizione al predominio dell’arte cristiana, che specie dopo Costantino veniva dispiegandosi più liberamente ed efficacemente in tutte le sue espressioni. Di questa reazione storica, di questo sottile tentativo di opposizione a una teologia con un’altra teologia, gli affreschi mitologici di via Latina ne sono – a noi sembra – un esempio efficacissimo29

13 La primitiva arte cristiana, trad. it. di n. beduschi, Roma, Herder, 1962. Edizione originale Die frühcrhistliche Kunst, Aschaffenburg, Paul Pattloch, 1960.

14 Cfr. Libri di antichità cristiane, p. 333: «Bisogna dire in conclusione, che il Syndicus è stato capace di chiudere nelle sue fresche paginette qualche sprazzo della ricchezza della antica arte cristiana. Solo si sarebbe desiderata una più efficace documentazione illustrativa, troppo scarna e priva dei “pezzi” essenziali specie per l’arte dei primi secoli, e la presentazione di una bibliografia meno parziale di quella presentata in fondo al libro».

15 Bologna, Cappelli, 1962.

16 Città del Vaticano, Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, 1957.

17 Si vedano a tale proposito le Appendici XIII e XIV.

18 Rassegna degli studi di Antichità cristiane, «Studi Romani», XIII (1965), 1, pp. 75-84.

19 Roma medievale, in f. castagnoli – c. cecchelli – g. giovannoni – m. zocca, Topografia e urbanistica di Roma, Bologna, Cappelli, 1958, pp. 187-341.

20 Recherches sur les origines de la Rome chrétienne. Les églises romaines et leur rôle dans l’histoire et la topographie de la ville depuis la fin du monde antique jusqu’a la formation de l’état pontifical: essai d’urbanisme chrétien, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1959.

21 Corpus Basilicarum Christianarum Romae. Le basiliche paleocristiane di Roma (sec. IV – Ix), volume II, fascicolo III, Città del Vaticano, Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, 1964.

22 Cfr. Appendice XV.

23 Le Liber Pontificalis. Texte, introduction et commentaire par l’abbé L. Duchesne, Tome III. Additions et corrections de Mgr. L. Duchesne, publiées par c vogel, Paris, De Boccard, 1957.

24 Rassegna degli studi di Arte paleocristiana e altomedioevale in Roma, «Studi Romani», XIV (1966), 1, pp. 83-92.

25 «Rivista di Archeologia Cristiana», XXXVIII (1962), pp. 7-69.

26 p romanelli – p j nordhagen, S. Maria Antiqua, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1964.

27 A proposito del mosaico dell’abside lateranense, «Römische Forschungen der Bibliotheca Hertziana», XVI (1961), pp. 13-18.

28 a. ferrua, Catacombe sconosciute. Una pinacoteca del IV secolo sotto la Via Latina, Firenze, Nardini editore, 1990.

29 Arte paleocristiana e altomedioevale in Roma, p. 87.

Il 1967 sembra essere un anno di svolta per gli interessi culturali del giovane Luigi Fiorani: nel primo fascicolo della Rivista «Studi Romani» apparve, infatti, a sua firma un interessante articolo sull’abate Onorato Caetani 30, anticipazione di una più ricca ed ampia monografia pubblicata, per i tipi dell’Istituto di Studi Romani in collaborazione con la Fondazione Camillo Caetani, due anni più tardi 31 e primo segnale significativo di un suo interessamento al mondo degli studi post-classici. Le antichità cristiane non furono però immediatamente accantonate e, nel quarto fascicolo della medesima annata 32, furono discussi due volumi di notevole impegno – mi riferisco al volume Le catacombe e gli antichi cimiteri cristiani di Roma di Pasquale Testini 33 ed alla traduzione italiana del volume di André Grabar

L’ arte paleocristiana (200-395)34 – già pubblicato in francese a Parigi nel 1966 presso Gallimard col titolo Le premier art chrétien (200-395) – e soprattutto, ma senza questa volta esprimere giudizi personali, fu dato conto del dibattito, allora in corso e senza esclusione di colpi, sullo scavo della tomba e sul rinvenimento delle reliquie dell’apostolo Pietro in Vaticano. Il tema, reso spinoso ed interessante anche per le evidenti ricadute di tipo spirituale, fu affrontato nuovamente dal Fiorani, pur se brevissimamente, anche nel primo fascicolo della Rivista del 196835: l’occasione della Rassegna di Archeologia cristiana fu offerta all’autore dalla pubblicazione, nella Rivista «Archeologia Classica», di un lungo articolo di Margherita Guarducci 36 – ripubblicato lo stesso anno, con il medesimo titolo, presso l’editore romano Coletti – in cui la studiosa rispondeva punto per punto a tutte le animate accuse che le erano state mosse dalla comunità scientifica internazionale circa la presunta veridicità delle ossa dell’apostolo da lei strenuamente sostenuta anche in presenza di prove non sempre ineccepibili.

30 Una figura dimenticata del Settecento Romano. L’ abate Onorato Caetani, «Studi Romani», XV (1967), 1, pp. 34-60.

31 Onorato Caetani. Un erudito romano nel Settecento. Con appendice di documenti inediti, Roma, Istituto di Studi Romani – Fondazione Camillo Caetani, 1969.

32 Rassegna degli studi di Antichità cristiane, «Studi Romani», XV (1967), 4, pp. 474481.

33 Bologna, Cappelli, 1966.

34 Milano, Feltrinelli, 1967.

35 Rassegna degli studi di Archeologia cristiana, «Studi Romani», XVI (1968), 1, pp. 90-91.

36 m. guarducci, Le reliquie di Pietro sotto la Confessione della Basilica vaticana: una messa a punto, «Archeologia classica», XIX (1967), pp. 1-96.

Nel 1969, oltre al volume sul Caetani al quale si è già accennato37, Fiorani pubblicò solo un breve articolo, apparso sulla Rivista «Capitolium», sulla via Appia antica nell’età di mezzo38, quasi simbolico preludio all’abbandono degli studi di antichistica avvenuto l’anno seguente. Nel 1970, infatti, per l’ultima volta nella sua carriera Fiorani si confrontava con l’antichità cristiana. E lo faceva con due diversi contributi: con la consueta rassegna di libri per «Studi Romani»39 e con un lungo ed interessante articolo pubblicato in un libro miscellaneo sui riti e le cerimonie popolari nella Roma pontificia40.

La rassegna per «Studi Romani» fu l’occasione per discutere, con la puntualità e profondità che gli erano proprie, dei libri di Jérôme Carcopino 41 , di Giuseppe Bovini42, di Annarosa Saggiorato 43 e di alcuni saggi contenuti nel secondo volume della Miscellanea in onore di Enrico Josi 44. L’ articolo per il volume miscellaneo edito dalla casa editrice Cappelli45, contributo che in effetti è l’unico studio monografico dedicato dal Fiorani alle antichità cristiane, pur nella sua veste divulgativa – in ossequio ai criteri della collana, diretta da Carlo Galassi Paluzzi, i testi non prevedevano note o approfondimenti bibliografici, ma solo una bibliografia finale essenziale suddivisa schematicamente per tematismi principali46 – è un saggio lineare e ricco di informazioni, che ancora oggi si legge con assoluto piacere e si consiglia di leggere a coloro, specialisti o semplici curiosi, che intendessero saperne di più sulle radici paleocristiane di molte festività o cerimonie religiose dell’età moderna e contemporanea. Come anticipato brevemente, però, questo primo studio del Fiorani sull’età paleocristiana è anche il suo ultimo contributo dedicato al mondo antico. Dall’anno seguente, il 1971, Fiorani infatti – non più un ‘archeologo cristiano’ ma ormai a tutti gli effetti uno storico dell’età moderna (di quell’anno è anche il suo articolo su Due lettere inedite del Muratori al Crescimbeni 47) – non compilò più neanche le consuete rassegne di antichità cristiane per la Rivista «Studi Romani» – il compito di redigerle passò infatti a Letizia Ermini Pani – mentre decise di interessarsi a tempo pieno al XVIII secolo, inaugurando per la medesima rivista una interessante e completa rassegna di studi – che il Fiorani redasse fino al 1977 – sul Settecento romano48. A testimonianza del cambiamento di interessi del Fiorani, sta un breve scambio epistolare di Fernanda Roscetti con Pasquale Testini, lettere che vale la pena di ricordare rapidamente anche per cogliere simpaticamente i sensi di sorpresa avvertiti dai redattori della Rivista «Studi Romani» di fronte al mutamento dello studioso. Il 15 febbraio del 1971 così scriveva Fernanda Roscetti al Testini:

37 Cfr. supra, nota 31.

38 L’ Appia antica nel Medio Evo, «Capitolium», X-XII (1969), pp. 121-126.

39 Rassegna degli studi di Antichità cristiane, «Studi Romani», XVIII (1970), 1, pp. 82-87.

40 Il periodo paleocristiano, in Riti cerimonie feste e vita di popolo nella Roma dei papi, Bologna, Cappelli, 1970, pp. 13-51.

41 De Pythagore aux Apôtres. Études sur la conversion du monde romain, Paris, Flammarion, 1968; si tratta, in realtà, della riedizione di un’opera del 1956, ma ora aggiornata bibliograficamente ed integrata da appendici critiche e dall’indice dei nomi.

42 Gli studi di archeologia cristiana dalle origini alla metà del secolo x Ix, Bologna, Pàtron, 1968.

43 I sarcofagi paleocristiani con scene di passione, Bologna, Pàtron, 1968.

44 Si tratta di un fascicolo monografico della «Rivista di Archeologia Cristiana», XLIII (1967).

45 Gli altri autori sono Giuseppe Mantovano, Pio Pecchiai, Antonio Martini, Giovanni Orioli, oltre che lo stesso Fiorani per un articolo su Il secolo x VIII.

46 Riti cerimonie feste e vita di popolo nella Roma dei papi, pp. 296-300.

Illustre Professore, mi rivolgo a Lei per una cortesia. Poiché il Prof. Fiorani ha, diciamo così, “tradito” le antichità cristiane per il Settecento, non potrà più redigere la consueta rassegna di libri dedicata al suo “primo amore”. Può Ella indicarmi il nome di un giovane studioso che possa sostituirlo?49

Testini, per nulla turbato dalla vicenda culturale del proprio giovane allievo, indicò in Letizia Ermini Pani il migliore studioso della propria scuola per proseguire la Rassegna:

Credo che a sostituire con piena fiducia Fiorani possa indicarsi la Sig.ra Dr.ssa Letizia Pani Ermini, mia assistente volontaria, che sta lavorando al corpus delle sculture altomedievali di Roma e ha già scritto di cose romane50.

La rassegna di studi sul Settecento romano del 1977 fu la sua ultima pubblicazione per la Rivista «Studi Romani», ma il legame con l’Istituto che lo aveva ospitato e promosso nelle sue prime pubblicazioni non si affievolì assolutamente, tanto che – quasi venti anni più tardi, il 25 novembre del 1996 – l’Assemblea dei Membri Ordinari presieduta da Mario Petrucciani propose di nominarlo Membro Corrispondente dell’Istituto51, nomina inat- tesa dal Fiorani che, con entusiasmo, aderì alla proposta offrendo la più completa disponibilità, come documentato da una lettera del 23 dicembre; lettera della quale vale la pena di ricordare un brevissimo passaggio a testimonianza dell’affetto dello studioso per l’Istituto e soprattutto per la città e la sua millenaria storia:

47 «Studi Romani», XIX (1971), 2, pp. 144-150.

48 Rassegna degli studi sul Settecento romano, «Studi Romani», XIX (1971), 3, pp. 323332. Le altre rassegne sul medesimo argomento sono state pubblicate in: «Studi Romani», XXI (1973), 3, pp. 379-390; «Studi Romani», XXIV (1976), 2, pp. 257-267; «Studi Romani», XXV (1977), 4, pp. 567-577.

49 Cfr. Appendice XVI.

50 Cfr. Appendice XVII. Per maggiore completezza, si vedano anche le Appendici XVIII-XX.

51 Cfr. Appendice XXI.

… sono grato della stima che mi è stata manifestata, a cui cercherò di dare qualche concreto riscontro all’interno dell’Istituto di Studi romani; istituto che ho amato e amo, come tutto ciò che opera per dare a questa “scassata” città un minimo di dignità e di consapevolezza delle sue radici storiche52

Quattro anni più tardi, il 24 novembre del 2000, la medesima Assemblea dei Membri Ordinari presieduta da Mario Petrucciani lo elesse Membro Ordinario, affinché egli – come è scritto nella motivazione della nomina –potesse «recare il prezioso fattivo contributo del Suo consiglio e della Sua collaborazione alle attività scientifiche e culturali dell’Istituto»53. Fiorani accettò la nomina e, nel ringraziare il Presidente con circa un mese di ritardo, il 27 dicembre successivo comunicò di averlo fatto «con vero piacere, e nello spirito di recare un contributo non solo all’Istituto, ma alla storia di Roma, alla storia religiosa di Roma, da sempre al centro dei miei interessi di studio»54.

Come quattro anni prima, in occasione della sua nomina a Membro Corrispondente, Fiorani rispose positivamente dimostrando tutto il suo affetto per l’Istituto e soprattutto manifestando il suo fortissimo legame con la città di Roma e la sua millenaria storia, quella religiosa in particolare. Il suo passato da archeologo cristiano – il suo ‘primo amore’ per dirlo con le parole di Fernanda Roscetti – era lontanissimo, forse ormai dimenticato del tutto. Ma la storia di Roma, «la città del papa», era ancora il suo primo pensiero, una vera e propria missione.

52 Cfr. Appendice XXII.

53 Cfr. Appendice XXIII.

54 Cfr. Appendice XXIV.

5.II.1963 Prof. Pasquale Testini

Via di Porta Cavalleggeri, 127 ROMA

Illustre Professore, mi permetto di rammentarLe la Sua gentile promessa, fattaci lo scorso anno, di preparare per “Studi Romani” una rassegna bibliografica di archeologia cristiana. In attesa di conoscere l’epoca per la quale Ella ritiene di poter inviare il dattiloscritto, Le rinnovo i ringraziamenti per la Sua collaborazione e Le invio i migliori saluti

Prof. Paolo Brezzi II

1.III.1963 Prof. Pasquale Testini

Via di Porta Cavalleggeri, 127 ROMA

Illustre Professore, il prof. Brezzi Le rinnova la preghiera di voler precisare per quale data Ella ritiene di poter consegnare la propria rassegna bibliografica di archeologia cristiana. Con anticipati ringraziamenti e molti ossequi

La Segretaria di Redazione dott. Fernanda Roscetti

1 Lettere I-V: Istituto Nazionale di Studi Romani, Archivio Storico, Serie «Studi Romani», anno 1963, busta 11.

Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, 4.3.1963

Ch.mo Prof. Paolo Brezzi

Istituto di Studi Romani

Piazza dei Cavalieri di Malta, 2 ROMA

Ch.mo Professore, il grave ritardo col quale rispondo al Suo cortese sollecito si deve ad una serie di circostanze, che speravo di superare.

Ma la mia situazione personale, come Ella sa, lungi dal chiarirsi, si è fatta complessa e incerta. E perciò sono costretto a rimandare ancora di qualche mese la rassegna promessa.

Voglia, Sig. Professore, comprendere il mio sincero rincrescimento, e, con i più devoti ossequi, credermi sempre Suo dev.mo

P. Testini

23.IV.1963 Prof. Pasquale Testini

Via di Porta Cavalleggeri, 127 ROMA

Illustre Professore, in riferimento alla Sua in data 4 marzo, desidero dirLe che comprendo le ragioni che ancora per qualche tempo Le impediscono di preparare la promessa rassegna di libri di archeologia cristiana.

Per questo avrei pensato di far redigere la prima puntata di questa rassegna al prof. Gagov, il quale sarebbe disposto a consegnare il dattiloscritto non oltre il 1° settembre prossimo venturo.

Se Ella è d’accordo potrei confermare al prof. Gagov l’incarico, in attesa che i Suoi impegni ci consentano di valerci della sua preziosa collaborazione.

Attendo un Suo cortese sollecito riscontro e Le invio i migliori saluti

Prof. Paolo Brezzi

Roma, 28 aprile 1963

Ch.mo Professore, La ringrazio della comprensione che ha voluto dimostrare nei miei riguardi e godo che il P. Gagov abbia potuto rispondere con sollecitudine e competenza ai Suoi desideri.

Per quanto riguarda la prima puntata della rassegna, in considerazione della proposta che Ella ha già fatto all’amico Gagov, ritengo giusto ch’egli abbia conferma dell’incarico. Comunque sarò ben felice di meritare in avvenire la Sua benevolenza e spero anzi che non manchi presto occasione per dimostrarLe questo mio proposito.

Gradisca, Sig. Professore, i sensi del mio deferente ossequio e mi creda sempre Suo dev.mo

P. Testini

VI 2

28.II.1964 Prof. Pasquale Testini

Via di Porta Cavalleggeri, 127 ROMA

Illustre Professore, lo scorso anno Ella, in una Sua gentile lettera, espresse l’augurio di poter collaborare a “Studi Romani” ed io, ben lieto di poter contare sulla Sua preziosa collaborazione, mi permetto rammentarglielo.

Oltre che come autore di articoli, Le sarei grato se Ella volesse darci il Suo aiuto per poter regolarmente pubblicare le rassegne dedicate all’archeologia cristiana (sia bibliografica che dei ritrovamenti).

È questa una lacuna che vorrei proprio colmare, e penso che nessuno meglio di Lei possa farlo. In attesa di una risposta che spero vivamente affermativa, La ringrazio anticipatamente e Le invio i migliori saluti

Prof. Paolo Brezzi

2 Lettere VI-XIV: Istituto Nazionale di Studi Romani, Archivio Storico, Serie «Studi Romani», anno 1964, busta 12.

Vii

P. Testini

Via di Porta Cavalleggeri, 127

Roma

Roma, 3.III.1964

Ch.mo Professore, il rinnovato, cortese invito che mi rivolge a collaborare a “Studi Romani” mi onora e nel tempo stesso mi addolora.

All’Istituto innanzitutto e a Lei in particolare vorrei rispondere senza esitazione, affermativamente. Ho da farmi perdonare una “defaillance”, ho da riguadagnare la Sua benevolenza: lo so bene e mi cruccio. Ma il mio periodo negativo non accenna a concludersi: superati in qualche modo i frangenti della questione universitaria, eccomi fermo per una infiammazione congiuntivale, che ora finalmente pare quietarsi.

Vorrei – e La prego di credermi – rispondere con tutto il cuore al Suo invito; ma che fare? Per evitare nuove promesse difficili a mantenere e relative date ipotetiche, voglio tentare di far redigere una rassegna bibliografica da un mio valente allievo e assistente, sotto la mia guida e, se necessario, con qualche mia giunta critica. Si verrà a capo dello scopo? Voglio sperarlo e rispondere almeno con questa speranza alla Sua lettera. Dopo il periodo pasquale vedrò di concludere in questo senso. Sarà poi naturalmente Lei a giudicare la validità dell’esperimento.

La ringrazio dunque vivamente del Suo pensiero e voglia farmi sapere se ha nulla in contrario per la mia proposta.

Con i più devoti ossequi, mi creda Suo

13.III.1964

P. Testini

VIII

Prof. Pasquale Testini

Via di Porta Cavalleggeri, 127 ROMA

Illustre Professore, Le sono grato per la prova di buona volontà dimostrata con la Sua proposta di seguire un Suo allievo nella stesura di una rassegna bibliografica per la nostra rivista. L’ accetto senz’altro e La prego, appena possibile, di dirmi l’epoca per la quale ritiene che il lavoro possa essere consegnato.

Nella speranza di poter contare in futuro anche sulla Sua diretta collaborazione, Le rinnovo i miei ringraziamenti e Le invio i migliori saluti

Prof. Paolo Brezzi

Dott. Fernanda Roscetti

Istituto di Studi Romani

P. Cavalieri di Malta, 2

ROMA

Roma, 8 maggio 1964

Cortese Dottoressa, Le scrive l’assistente del prof. Testini, col quale solo da qualche giorno ho potuto incontrarmi.

Ben volentieri accetto l’incarico della collaborazione che mi onora, e spero di poterLe inviare entro il 30 giugno la prima puntata della rassegna bibliografica.

Le sarei grato se volesse farmi conoscere le norme per la pubblicazione e se volesse inviarmi un estratto di una recente rassegna bibliografica, per es. dell’archeologia classica.

In attesa di una Sua cortese risposta voglia gradire i migliori saluti, Luigi Fiorani

Luigi Fiorani

Viale Etiopia, 4 tel. 835.666

ROMA

14.V.1964

Prof. Luigi Fiorani

Viale Etiopia, 4

Illustre Professore, in assenza del prof. Brezzi, che è in Germania, Le rispondo subito io per ringraziarLa della Sua promessa collaborazione.

Allego alla presente le norme per la pubblicazione e le condizioni fatte dagli Autori e a parte un fascicolo contenente, come da Lei richiesto, una rassegna di libri di archeologia.

Con rinnovati ringraziamenti, ed in attesa di avere una cortese conferma per la data di consegna del dattiloscritto, Le porgo molti ossequi

La Segretaria di Redazione dott. Fernanda Roscetti

Dott. Fernanda Roscetti

Istituto di Studi Romani

P. Cavalieri di Malta, 2

Roma, 18 maggio 1964

Gentile Dottoressa, ho ricevuto la Sua lettera e il fascicolo di “Studi Romani”. Ho letto anche le norme per la pubblicazione e torno a confermarLe la mia collaborazione alla rivista. Non mancherò perciò di farle avere entro il 30 giugno prossimo la prima rassegna bibliografica di archeologia cristiana.

Voglia intanto gradire i miei più sentiti saluti e ringraziamenti.

Luigi Fiorani

Viale Etiopia, 4

Luigi Fiorani

Xii

23.VI.1964 Dott. Luigi Fiorani

Viale Etiopia, 4

ROMA

Gentile Dottore, mi permetto rammentarLe la sua gentile promessa di inviarci la prima rassegna bibliografica di archeologia cristiana entro il 30 giugno. In attesa, Le invio anticipati ringraziamenti e molti ossequi

La Segretaria di Redazione dott. Fernanda Roscetti

Xiii

Dott. Fernanda Roscetti

Istituto di Studi Romani

Piazza Cavalieri di Malta, 2

ROMA

Roma, 12 settembre 1964

Gentile dottoressa, ho ricevuto il fascicolo di Studi Romani con la mia rassegna di antichità cristiane e l’assegno relativo: ne sono molto grato. Vorrei chiederLe, però, se fosse possibile ottenere qualche estratto del mio scritto, eventualmente anche a mie spese. Per quanto riguarda la rassegna desidererei sapere se dovrò preparare una nuova puntata per il prossimo numero o per quello successivo. In ogni caso a quali termini di tempo dovrò attenermi?

Ringraziando nuovamente, porgo i più distinti saluti.

Luigi Fiorani

Viale Etiopia, 4 Roma

Luigi Fiorani

16.IX.1964

Xiv

Dott. Luigi Fiorani

Viale Etiopia, 4 Roma

Gentile Dottore, Ella riceverà della Sua rassegna alcuni estratti che Le saranno inviati appena pervenuti dalla tipografia, il che, presumibilmente, avverrà entro questa settimana.

Quanto alla prossima puntata della rassegna, Ella dovrebbe consegnarla un po’ prima della fine dell’anno.

Con rinnovati ringraziamenti per la Sua collaborazione e molti ossequi

La Segretaria di Redazione dott. Fernanda Roscetti XV3

Dott. Fernanda Roscetti

Istituto Studi Romani

Piazza Cavalieri di Malta, 2 ROMA

7 Febbraio 1965

Gentile Dottoressa, eccole la mia rassegna ridotta e completata con alcune righe introduttive, come Lei mi suggerì. La prego gentilmente di volerle apporre all’inizio della rassegna, come fu fatto precedentemente.

Quanto alla porzione del mio scritto sono stato ben felice di averne ridotto il dattiloscritto di sette-otto cartelle: non mi sembra che si potesse ridurlo ulteriormente. Se comunque Lei ritenesse necessari altri tagli può benissimo eseguirli Lei stessa, ove più Le sembrerà opportuno. Voglia scusarmi anche se il dattiloscritto appare piuttosto malconcio per le correzioni e i tagli apportati.

Cercherò nelle prossime rassegne di essere più breve e di attenermi a pubblicazioni più recenti, dal momento che proponendomi di segnalare articoli e studi monografici – molto più numerosi che le pubblicazioni a carattere generale – mi sarà più facile scegliere tra essi quelli editi più recentemente. Con rinnovati ringraziamenti per l’onore che mi si concede, voglia gradire i migliori saluti.

3 Istituto Nazionale di Studi Romani, Archivio Storico, Serie «Studi Romani», anni 1965-1966, busta 13.

Luigi Fiorani

Luigi Fiorani

Viale Etiopia, 4 / 835.666

ROMA

XVI4

15.II.1971

Illustre Professore, mi rivolgo a Lei per una cortesia.

Poiché il prof. Fiorani ha, diciamo così, “tradito” le antichità cristiane per il Settecento, non potrà più redigere la consueta rassegna di libri dedicata al suo “primo amore”.

Può Ella indicarmi il nome di un giovane studioso che possa sostituirlo?

In attesa di un Suo cortese riscontro, La ringrazio anticipatamente e Le invio i migliori ossequi dott. Fernanda Roscetti

P.S. – Con l’occasione Le rammento, anche a nome del prof. Brezzi, che “Studi Romani” sarà sempre lieta di pubblicare un Suo articolo.

4 Lettere XVI-XX: Istituto Nazionale di Studi Romani, Archivio Storico, Serie «Studi Romani», anno 1971, busta 18.

XVII

Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, 26.2.1971

Dr.ssa Fernanda Roscetti

Istituto di Studi Romani

Piazza dei Cavalieri di Malta, 2 00153 – Roma

Gent.ma Sig.ra Roscetti, mi perdoni del ritardo con cui Le rispondo, ma la colpa è di … S. Ippolito e della relazione da dare alla Pont. Accademia di Archeologia.

Credo che a sostituire con piena fiducia Fiorani possa indicarsi la Sig.ra Dr.ssa Letizia Pani Ermini, mia assistente volontaria, che sta lavorando al corpus delle sculture alto-medievali di Roma e ha già scritto di cose romane. Si può scrivere al seguente indirizzo:

Via Cremuzio Cordo, 37 00136 – Roma

Quanto alla mia collaborazione a «Studi Romani», nessuno più di me sarebbe felice, ma fino a tutto marzo, non mi è possibile. Vedrò in seguito e spero di non mancare di nuovo alla parola.

Tanti buoni saluti dal suo

4.III.1971

P. Testini

XVIII

Via Cremuzio Cordo, 37 00136 ROMA

Gentile Signora, su segnalazione del prof Testini, siamo lieti di invitarLa a collaborare a «Studi Romani».

Ella dovrebbe assumersi l’incarico di redigere l’annuale rassegna dei recenti volumi di antichità cristiane.

Alla presente alleghiamo l’elenco dei volumi che dovrebbero essere recensiti, insieme naturalmente agli altri pure recentemente pubblicati ma non pervenuti all’Istituto, che forse non Le sarà difficile reperire in Biblioteca.

Perché Ella possa rendersi conto delle caratteristiche della nostra rivista e in particolare delle rassegne, Le inviamo un fascicolo di «Studi Romani».

In attesa di un Suo cortese riscontro, La ringraziamo vivamente e Le inviamo i migliori saluti

Il Redattore Capo dott. Fernanda Roscetti

4.III.1971

Prof. Pasquale Testini

Piazza di villa Carpegna, 42 00165 ROMA

Illustre Professore, grazie vivissime per la Sua segnalazione.

In attesa di avere, appena possibile, un Suo contributo per la nostra rivista, Le invio cordiali ossequi

Fernanda Roscetti

Roma, 9 marzo 1971

Gentile dottoressa, sarò ben lieta di collaborare a “Studi Romani” con la rassegna di recenti volumi di antichità cristiane.

Le telefonerò nei prossimi giorni per maggiori chiarimenti, soprattutto riguardo i tempi di consegna del manoscritto.

In attesa di fare la sua conoscenza la prego di gradire i miei più vivi ringraziamenti. Cordialmente

Sua Letizia Pani Ermini

ISBN (stampa) 978-88-6372-436-3 – www.storiaeletteratura.it

5. Copertina del volume Palazzo Caetani, storia arte e cultura

6a. Ritratto di Michelangelo Caetani da La materia della Divina Commedia…, 1855.

6b. Falsa iscrizione di Cucufinus incisa da Michelangelo Caetani (Castello di Sermoneta).

10a. Gelasio Caetani. La schiava (AC, fondo fotografico 1377/1378).

10b. La testa dell’Afrodite Caetani nella biblioteca di Ersilia (AC, fondo fotografico).

12b.

12c. Pompeo G. Batoni, Ritratto dell’abate Caetani, olio su tela, 1782 (Roma, Palazzo Caetani).

12d. Angelika Kauffman, Ritratto dell’abate Onorato Caetani, 1783-1784 (Roma, Palazzo Caetani).

13a. Filippo Caetani, Autoritratto caricaturale. Matita e acquerello su carta, cm 20×13 (Roma, A. C.)

13b. Filippo Caetani, Caricatura di Stendhal [?]. Matita e acquerello su cartoncino, cm 24,3×15 (Roma, A. C.)

13c. Filippo Caetani, Ritratto della contessa Giulia Cini. Matita e acquerello su carta, cm 20×13 (Roma, A. C.)

13d. Filippo Caetani, Caricatura del barone Carlo Ancajani. Matita e acquerello su cartoncino, cm 10×6 (Roma, A. C.)

14a. Filippo Caetani, Caricatura di Fra’ Carlo Candida. Matita e acquerello su cartoncino, cm 24×18 (Roma, A. C.)

14b. Filippo Caetani, Caricatura del principe Clemente Rospigliosi. Acquerello su cartoncino, cm 28×21 (Roma, A. C.)

14c. Filippo Caetani, Caricatura del principe Alessandro Torlonia. Matita e acquerello su cartoncino, cm 13×7 (Roma, A. C.)

14d. Filippo Caetani, Caricatura del duca Carlo Colonna. Matita e acquerello su cartoncino, cm 28×21 (Roma, A. C.)

15a. Filippo Caetani, Louise Vernet e Kritzkoff. Scena caricaturale, Matita e acquerello su carta, cm 22,7×27 (Roma, A. C.)

15b. Filippo Caetani, La principessa Del Drago e il conte de Sainte-Aulaire. Scena caricaturale. Matita, china e acquerello su carta, riquadrato a penna, cm 12×16 (Roma, A. C.)

3.XII.1996

Illustre professor

Luigi Fiorani

Via Panaro, 17 00199 Roma

Illustre professore, sono lieto di parteciparLe che l’Assemblea dell’Istituto Nazionale di Studi Romani, riunitasi in data 25 novembre u.s., ha eletto la S.V. a Membro Corrispondente.

Fiducioso della Sua accettazione della nomina, esprimo anche la speranza che Ella vorrà recare il prezioso fattivo contributo del Suo consiglio e della sua collaborazione alle attività scientifiche e culturali dell’Istituto.

Voglia gradire i miei più cordiali saluti prof. Mario Petrucciani

Xxii

Roma, 23 dicembre 1996

Gentile Professore, ricevo il suo annuncio della mia elezione a socio corrispondente, e la ringrazio della comunicazione. Devo dire che tutto “l’affare” ha camminato, almeno per lungo tratto, nella discrezione più assoluta, e ne sono venuto a qualche parziale conoscenza solo a cose fatte. Poiché non avevo mai pensato a promozioni o a candidature di nessun genere la cosa mi ha piuttosto sorpreso. Non parlerò di “latte versato”, e ormai senza rimedio. Dirò soltanto che sono grato della stima che mi è stata manifestata, a cui cercherò di dare qualche concreto riscontro all’interno dell’Istituto di Studi romani; istituto che ho amato e amo, come amo tutto ciò che opera per dare a questa “scassata” città un minimo di dignità e di consapevolezza delle sue radici storiche. Dunque, eccomi a disposizione. Con gli auguri a lei e agli amici dell’Istituto, suo

Luigi Fiorani

5 Per le lettere XXI-XXIV: Istituto Nazionale di Studi Romani, Ufficio Segreteria, Cartella “Luigi Fiorani”.

Xxiii

30.XI.2000 Dott. Luigi Fiorani

Via

Panaro, 17 00199 Roma

Gentile Dottore, sono lieto di parteciparLe che l’Assemblea dei Membri dell’Istituto Nazionale di Studi Romani, riunitasi in data 24 novembre u.s. , ha eletto S.V. a Membro Ordinario.

Fiducioso della sua accettazione della nomina, che La prego di volermi comunicare per iscritto, esprimo la speranza che Ella vorrà recare il prezioso fattivo contributo del Suo consiglio e della Sua collaborazione alle attività scientifiche e culturali dell’Istituto.

Voglia gradire i miei più cordiali saluti e rallegramenti

Prof. Mario Petrucciani

Xxiv

Roma, 27 dicembre 2000

Gentile Presidente, ho ricevuto da tempo la Sua comunicazione, nella quale mi trasmette la nomina a membro ordinario dell’Istituto di Studi Romani.

Il ritardo, di cui mi scuso, nel dare riscontro alla Sua lettera, non mi impedisce di esprimere la gratitudine a chi ha presentato la mia candidatura, e all’Assemblea dei soci che ha ritenuto di approvarla. Accetto dunque di entrare a far parte dell’Istituto, con vero piacere, e nello spirito di recare un contributo non solo all’Istituto, ma alla storia di Roma, alla storia religiosa di Roma, da sempre al centro dei miei interessi di studio.

Rivolgo dunque all’Istituto, e a Lei che degnamente lo presiede, un cordiale augurio di buon lavoro nell’anno che sta per cominciare.

Con i più cordiali saluti, Luigi Fiorani

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