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le pubblicazioni sui caetani di sermoneta

Luigi Fiorani, Storico di Roma religiosa e dei Caetani di Sermoneta, a cura di Caterina Fiorani e Domenico Rocciolo, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2013

ISBN (stampa) 978-88-6372-436-3 – www.storiaeletteratura.it

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manuel vaquero piñeiro

SERMONETA E NINFA TRA MEDIOEVO ED ETÀ MODERNA:

Linee Di Ricerca Sulle Signorie Laziali

Da quando, nel 1989, uscì il volume di Sophie Levie, Commerce 19241932: une revue internationale moderniste, la collana «Studi e documenti d’archivio», ideata e promossa da Luigi Fiorani, ha accumulato al proprio attivo un patrimonio composto da quattordici titoli: essi, oltre a costituire una testimonianza concreta del vincolo che lega la Fondazione Camillo Caetani agli studi storici, sono il risultato di un piano di lavoro progettato nei minimi dettagli. Senza dubbio, i titoli della collana si collocano a valle di una feconda stagione di scambio di idee e di esperienze di ricerca maturata negli ambienti del palazzo di Botteghe Oscure, una stagione costellata di tanti momenti di incontro ma soprattutto di un ritmo di lavoro serrato, che fino al 1999 ha consentito l’uscita di uno e a volte persino di due volumi ogni anno. Un notevole sforzo editoriale, destinato anzitutto a mettere in evidenza il ruolo ricoperto da numerosi personaggi della famiglia o che con questa intrecciarono i propri destini: Bonifacio VIII, Onorato Caetani, Leone Caetani, Marguerite Caetani o Tommaso Campanella, per citare soltanto alcuni nomi. Tuttavia accanto all’illustrazione di figure di primo piano, il filo rosso dell’intera serie di pubblicazioni è l’intento di attingere risultati di più ampio respiro, poiché a partire dall’esperienza concreta dei Caetani, e a prescindere dal periodo storico di riferimento, a fare da sfondo sono questioni di evidente valenza nazionale quando non internazionale, su una pluralità di fronti (culturali, artistici, storici, letterari)1.

Entro questo complesso e al contempo unitario progetto scientifico, merito anzitutto delle idee e della ferrea guida dispiegate dal curatore della collana, non poteva mancare un’attenzione particolare alle fasi storiche che segnarono, nel passaggio dal Medioevo all’Età moderna, il progressivo consolidamento del dominio dei Caetani su un vasto territorio strategicamente dislocato tra il Regno di Napoli e lo Stato della Chiesa. Un processo, quello della formazione della signoria dei Caetani, da collocare cronologicamente tra il XIII e il XVI secolo e al cui studio fu dedicato il secondo titolo della collana, un volume uscito nel 1990 per i tipi di «L’ Erma» di Bretschneider, che raccoglieva gli atti del convegno tenutosi due anni prima, Ninfa. Una città, un giardino2. Da un’angolazione leggermente diversa, mettendo a frutto l’esistenza presso l’archivio della fondazione di una regolare serie di statuti, nel 1993, a cura di Marco Vendittelli e con un’introduzione di Jean-Claude Maire Vigueur venne pubblicato “Domini” e “universitas castri” a Sermoneta nei secoli xIII e xIV. Gli statuti castellani del 1271 con le aggiunte e le riforme del 1304 e del secolo xV. Neppure un anno dopo, a conferma di un ritmo incalzante, si ebbe un terzo tassello, il convegno Sermoneta e i Caetani. Dinamiche politiche, sociali e culturali di un territorio tra medioevo ed età moderna. Sebbene in questo caso si sia dovuto aspettare sino al 1999 per disporre materialmente del volume contenente gli atti, appariva evidente che tutte queste iniziative discendevano da un piano di ricerca ben definito, una precisa road map allestita grazie alla liberalità con la quale la ricca documentazione conservata presso l’archivio di famiglia è stata messa a disposizione degli studiosi. Dopo oltre vent’anni di ricerche ininterrotte, oggi raccogliamo i frutti di un programma articolato secondo una scansione tematica ideata per coprire tutti i periodi cronologici e tutti gli ambiti in cui appariva coinvolta la famiglia. È probabile che fossero previste tappe ulteriori di questo percorso, che ad esempio potevano essere dedicate al ramo dei Caetani di Maenza o al radicamento della famiglia nell’Urbe. Aspetti, questi e altri, nel frattempo parzialmente già compiuti o che semplicemente rimangono in attesa che il cammino, momentaneamente interrotto, possa riprendere.

I tre volumi che trattano di Ninfa, di Sermoneta e del corpus statutario presentano materiali documentari e riflessioni storiografiche di fondamentale importanza per la comprensione delle vicende che accompagnarono la formazione dei grandi domini feudali in area laziale. Alla metà degli anni 1990, la creazione e la successiva evoluzione del reticolo di signorie feudali rappresentava una tematica che stava conquistando brillanti risultati, come dimostravano gli studi di Sandro Carocci sui baroni romani 3 o di Franca Allegrezza sugli Orsini4. In questo scenario, l’analisi dei domini dei

2 Il titolo del convegno era in realtà Ninfa, storia, arte, immagine e ambiente

3 s. carocci, Baroni di Roma. Dominazioni signorili e lignaggi aristocratici nel Duecento e nel primo Trecento, Roma, Istituto Storico per il Medio Evo, 1993.

4 f. allegrezza, Organizzazione del potere e dinamiche familiari. Gli Orsini dal Duecento agli inizi del Quattrocento, Roma, Istituto Storico per il Medio Evo, 1998.

Caetani è stata significativa per due motivi: ha contribuito a consolidare le conoscenze sulla fase fino a quel momento più studiata, quella medievale, e d’altra parte, stante la periodizzazione che fu prescelta e della continuità delle serie documentarie familiari, ha consentito di estendere le ricerche anche all’epoca moderna. In questa maniera, veniva affrontata una questione cruciale, quella della transizione dal feudalesimo medioevale alla feudalità moderna 5, che si verificò nel corso del periodo compreso tra XV e XVI secolo, allorché il consolidamento politico-amministrativo degli stati costrinse l’intero milieu feudale a confrontarsi con un orizzonte di relazioni e di equilibri in continua e veloce trasformazione. In questa chiave, indagare il caso dei Caetani implicava addentrarsi nelle dinamiche che condussero alla ridefinizione degli assetti istituzionali, esplorando la natura del regime signorile, l’identità socio-culturale della nobiltà, i diritti vantati sulla proprietà, i rapporti di produzione con i ceti subalterni, le basi giuridiche dei ceti egemoni.

Tutto questo ed altro ancora è l’oggetto dei volumi su Ninfa e Sermoneta, i quali, corredati di un ricco apparato iconografico e fotografico, raccolgono complessivamente in di più mille pagine i risultati di settanta contributi. Numeri che in maniera schematica e diretta trasmettono lo sforzo organizzativo ma anche la capacità di progettare, e dunque di pianificare giornate di studio che avessero come tratto comune la volontà di far dialogare specialisti appartenenti a differenti aree scientifiche. Infatti, oltre alla componente prettamente storica, in entrambi i testi compare una folta rappresentanza di contributi di carattere artistico, letterario, architettonico: per tale via, veniva animato un dialogo intellettuale che dalle questioni politiche, familiari o territoriali, transitava per le tematiche relative al paesaggio, all’immagine, alla musica, o alla rappresentazione artistica. I convegni su Ninfa e Sermoneta, pensati al di fuori delle rigide divisioni accademiche, rispondevano alla volontà di sondare l’ampio orizzonte di aspetti che circondava la realtà dei Caetani tra il Medioevo e la prima Età moderna, un obiettivo da inseguire non soltanto mettendo in evidenza i meriti di questo o quell’altro membro della famiglia, ma soprattutto concentrando l’attenzione sui possedimenti terrieri della stirpe. Basta una rapida lettura degli indici dei due volumi per capire che a dominare non è tanto la storia della famiglia Caetani quanto piuttosto i rapporti che nel corso del tempo si stabilirono tra essa e i territori con i quali la famiglia venne a contatto o esercitò il proprio dominio.

L’ analisi del territorio – inteso e analizzato secondo una pluralità di angolature – è il tema unificante di entrambi i convegni: segno dell’impossibilità di rendere conto dell’esperienza dei Caetani a prescindere dallo specifico scenario dei possessi di famiglia, i quali peraltro, fino a Novecento inoltrato, apparivano connotati da elementi naturali molto decisi (paludi, boschi). Un ambiente incorniciato tra i monti Lepini e il mare, non facile né da dominare né da governare, ancorché ricco di risorse (pesca, legname, pascoli), che per secoli è stato un’area di passaggio tra il sud e il centro della penisola italiana.

Fermiamoci sul terreno degli obiettivi concretamente raggiunti e penetriamo nel gioco di specchi che si creò tra Ninfa e Sermoneta, luoghi distanti geograficamente pochi chilometri uno dall’altro, ma dal punto di vista dell’inquadramento storico emblematiche testimonianze dei profondi cambiamenti accaduti nella penisola italiana nel passaggio dal Medioevo all’Età moderna. Si tratta di due punti di osservazione privilegiati non soltanto per quanto concerne le strategie dei Caetani, ma anche in funzione della comprensione delle dinamiche poste a fondamento della nascita delle signorie rinascimentali e del rafforzamento delle spinte centralizzatrici dei poteri statali. Aspetti, seppur visti dall’angolatura di due piccole enclave della provincia pontificia di Campagna e Marittima, che costituiscono il filo conduttore, creando lo sfondo generale su cui collocare ogni singolo contributo.

In questa sede non si tratta, ovviamente, né di passare in rassegna tutti gli interventi che compongono entrambi i volumi né tanto meno di compiere un riassunto generale, che per forza di cose non andrebbe oltre a una schematica presentazione. Dovendo scegliere una strada da percorrere, vale la pena di individuare alcune linee di tendenza, partendo dal presupposto che il percorso nitidamente tracciato da Luigi Fiorani costituisca di fatto una sorta di modello interpretativo utile a studiare le casate aristocratico-feudali e le loro strategie economiche e politiche.

Come accennato poc’anzi, un ruolo fondamentale è tributato allo spazio territoriale e alle modalità esperite per utilizzarne le caratteristiche nella maniera migliore, al fine di potervi esercitare il pieno dominio. Nel caso di Ninfa ciò si evince dalla centralità attribuita ai corsi fluviali e agli specchi d’acqua, come dimostra la rilevanza economica della pesca, degli impianti molitori, delle ferriere, e delle gualchiere6. Per quanto riguarda Sermoneta, tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, a emergere è la strategica posizione della rocca, chiave di volta nel controllo delle vie di comunicazione lungo gli assi stradali che attraversavano le paludi pontine7. Anche in questo angolo dello Stato della Chiesa l’ingresso nella modernità passò per il transito degli eserciti, impegnati nelle guerre d’Italia. Inoltre, come insegna la breve stagione di dominio Borgia su Sermoneta8, appena la città fu conquistata, nel 1499, le difese del presidio militare vennero rafforzate tramite la dislocazione di cannoni e di un contingente di soldati permanenti; tale ruolo militare fu incrementato dalla costruzione di nuove mura e di bastioni in grado di resistere alle devastazioni delle nuove armi da fuoco. Si potrebbe dire che durante il XV secolo il baricentro della signoria si spostò dal fondovalle all’alta collina, come, del resto, dimostrano le dispute sorte a partire dagli inizi del Cinquecento per lo sfruttamento dei pascoli e delle masse boschive, quali quelle di Norma o Bassiano. Un secondo blocco tematico, ampiamente presente nei due volumi, è rappresentato dall’evolversi degli assetti interni di potere. Per Ninfa ci sono maggiori difficoltà obiettive nel reperimento del materiale documentario, ma le linee di fondo sembrano abbastanza ben definite: fra la conventio del 1299 e l’anno successivo i Caetani, senza apparentemente trovare resistenze di particolare rilievo e in tempi relativamente brevi, portarono a termine la propria affermazione territoriale, garantendosi Ninfa come ‘feudo perpetuo’; passaggio rafforzato dall’acquisto di innumerevoli terre allodiali e dalla costituzione di un cospicuo demanium signorile che di fatto consentì di affiancare alla componente giurisdizionale quella patrimoniale, ugualmente importante9. Se adesso spostiamo l’attenzione a Sermoneta, merita di essere richiamata la magnifica serie di statuti e di riforme che consente di disporre di una panoramica generale sugli assetti normativi vigenti tra la fine del XIII e gli inizi del XVI secolo. In totale si tratta di quattro testi (1271, 1304, 1478, 1500) che nel loro succedersi, tra redazioni originali, aggiunte e riforme, fissano nel tempo altrettanti importanti momenti di svolta10: dalle

6 a. esposito, Economia e società a Ninfa alla fine del Medioevo: popolamento e attività produttive, in Ninfa. Una città, un giardino, a cura di l. fiorani, Roma, L’ «Erma» di Bretschneider, 1990, pp. 97-111; m. vendittelli, La pesca nelle acque interne del territorio ninfesino nel Medioevo. Tecniche di sfruttamento ed interessi di gestione, ibidem, pp. 113-137.

7 m. t. caciorgna, Assetti del territorio e confini in Marittima, in Sermoneta e i Caetani. Dinamiche politiche, sociali e culturali di un territorio tra medioevo ed età moderna, a cura di l. fiorani, Roma, L’ «Erma» di Bretschneider, 1999, pp. 49-75; j. coste, Srade da Roma per Sermoneta, ibidem, pp. 95-105.

8 m vaquero piñeiro, La signoria di Sermoneta tra i Borgia e i Caetani, in Sermoneta e i Caetani, pp. 125-141. Per gli anni di dominio borgiano anche g pesiri, Sermoneta: 1499-1503, in Roma di fronte all’Europa al tempo di Alessandro VI, a cura di m. chiabò et alii, Roma, Ministero per i beni e le attività culturali, 2001, pp. 657-704.

9 a cortonesi, Ninfa e i Caetani: affermazione della signoria e assetto del territorio (secoli xIIIxIV), in Ninfa, pp. 65-96; p pavan, Ninfa e i Caetani nel Quattrocento, ibidem, pp. 139-152.

10 m vendittelli, “Domini” e “universitas castri” a Sermoneta nei secoli x III e x IV. Gli statuti castellani del 1271 con le aggiunte e le riforme del 1304 e del secolo x V, Roma, prime compilazioni statutarie che sancirono il passaggio dalla signoria degli Annibaldi a quella dei Caetani, alla formulazione rinascimentale voluta dai Borgia, che denota un impianto che contribuì a collocare Sermoneta sulla scia delle comunità dotate di una chiara impronta cittadina. In mezzo si snodò una lunga fase nel corso della quale il rafforzamento dell’autorità del signore passò attraverso il riconoscimento di un non secondario protagonismo degli homines castri. Si osserva la configurazione delle dinamiche, si potrebbe aggiungere, tese alla ricerca dell’equilibrio e della collaborazione tra il signore e i suoi uomini, elementi che in parte aiutano a spiegare la capacità di Sermoneta di emergere come centro a carattere regionale, il quale disponeva anche di risorse utili a superare i momenti di maggiore difficoltà. Ne risulta la definizione di un contesto sociale piuttosto armonico, che consolida l’immagine dei Caetani di Sermoneta come promotori di una pratica di governo condotta con saggezza e moderazione.

La capacità di crescita dimostrata da Sermoneta, soprattutto all’epoca di Onorato III, trova riscontro nel trasferimento degli abitanti provenienti dalle aree circonvicine, compresa Ninfa, che nel corso del XV secolo perse popolazione a vantaggio del nucleo centrale della signoria. Si andò, in questo modo, verso una precisa divisione di ruoli tra l’emergente corte dei Caetani a Sermoneta (cuore politico-culturale della signoria) e il vecchio insediamento medievale di pianura, il quale tuttavia non venne completamente abbandonato ed anzi conobbe una rifunzionalizzazione all’interno delle logiche del complessivo sfruttamento delle risorse territoriali11. I contributi, dunque, mettono in luce l’esistenza di scelte precise, che sembrano rinviare all’enuclearsi di una razionalità organizzativa, crescente con il tempo. Una tendenza favorita anche dall’arrivo di artigiani e immigrati da altre aree, che trovavano impiego essenzialmente nell’edilizia e nello sfruttamento delle masse boschive; una mano d’opera, a volte specializzata, stabilmente presente nella vita sociale di Sermoneta, come dimostra l’acquisto di case e la conclusione di matrimoni con donne del luogo. Anche dal punto di vista demografico si colgono dunque gli effetti di un nucleo urbano che si espande e rafforza le sue strutture materiali.

Come si diceva prima, le vicende legate al consolidamento dei Caetani e la formazione di una signoria o piccolo stato principesco costituiscono la spia di quel più vasto e complesso scenario che caratterizzò la penisola in seguito alla calata di Carlo VIII di Francia. A Sermoneta, l’arrivo dei Borgia nel 1499 ruppe gli assetti fino ad allora dominanti, introducendo importanti, anche se non durature, novità12. In seguito alla sconfitta dei Caetani, cui seguì l’esilio di Guglielmo13, figlio di Onorato III, presso la corte dei Gonzaga a Mantova, e dopo la nascita del ducato di Nepi e Sermoneta, il cardinale Francesco Borgia (in qualità di tutore dei figli di Lucrezia Borgia, Rodrigo e Giovanni) attraverso una serie di contratti di appalto con singoli privati o con intere comunità procedette ad affittare le entrate signorili dei luoghi che componevano i due ducati14. A Sermoneta, le entrate e i frutti delle terre dell’ex-feudo dei Caetani, di Bassiano e di Norma furono appaltate in cambio del pagamento annuo di 3.000 ducati di carlini più 1.000 salme di frumento. Gli appaltatori erano gli unici autorizzati a riscuotere le entrate signorili dello stato di Sermoneta e dovevano inoltre governare i possedimenti appartenenti alla curia dominica nonché vigilare affinché i campi e i vigneti della curia fossero adeguatamente coltivati. Nel loro insieme, i patti conclusi dai Borgia, che in larga parte anticipano un criterio di gestione che diverrà regolare nella seconda metà del XVI secolo, rispecchiano le trasformazioni in atto negli ordinamenti signorili dell’Età Moderna, in base alle quali i due elementi principali del dominio tradizionale (autorità giurisdizionale e diritti sulla terra) furono scorporati e amministrati secondo una formula mista, decisamente molto più innovativa. Da un lato il signore tratteneva per sé l’esercizio del mero e misto impero, dall’altro lato, per il prelievo delle rendite di origine fondiaria, si affidava a una figura esterna, il grande affittuario delle gabelle, con cui stipulava rapporti contrattuali e al quale affidava il compito di estrarre il surplus del lavoro contadino. Va detto però che alla morte di Alessandro VI, nel 1503, col ritorno di Guglielmo e dei Caetani vennero ripristinati i precedenti metodi di amministrazione dei possedimenti, che di nuovo tornarono a dipendere dal controllo diretto della curia signorile.

Le novità borgiane rimasero in vigore, di fatto, per un breve periodo di tempo; tuttavia non c’è dubbio che rispetto al passato esse annunciavano la centralità in seguito assunta dalle rendite come criterio cardine nella gestione dei possessi terrieri. Un criterio di gestione, quello introdotto dai Borgia, che, come illustra un’ampia letteratura storica, conoscerà una notevole espansione a partire dalle decadi centrali del XVI secolo, allorché la nobiltà, presa in mezzo tra le ragioni dell’onore15, che si tramutavano in grandi spese, e l’incontenibile tendenza all’indebitamento, non ebbe altra alternativa che imboccare la strada dell’ipoteca o dell’appalto dei feudi. In effetti, nel 1584 l’insieme delle rendite dello stato di Sermoneta venne affittato per 26.000 scudi e tale soluzione, imposta dalla necessità di accedere a cospicue somme di denaro liquido, rafforzò la posizione di un gruppo di amministratori e di figure intermedie non più dipendenti interamente dal barone, i quali erano tenuti solamente a rispettare le clausole contrattuali e a versare le somme concordate con il signore. Tale prassi amministrativa, divenuta abituale in area laziale alla fine del XVI secolo, si trova praticata per la prima volta all’inizio del secolo nei domini dei Caetani per decisione dei Borgia. Ciononostante, neppure il ricorso al prestito e alla cessione delle entrate scongiurò il rischio di un’alienazione dei beni, tanto è vero che nel 1627 Onorato Caetani scrisse al fratello, il cardinale Enrico, informandolo dell’eventualità di dover procedere alla vendita dello stato di Sermoneta onde poter fare fronte a una situazione finanziaria estremamente difficile16. Ma torniamo agli inizi del Cinquecento. È unanime l’opinione che Guglielmo Caetani, rimanendo relativamente in disparte dai giochi di corte, una volta ripreso il pieno controllo sulla signoria portò avanti un’intensa azione di bonifica e di sistemazione dei terreni, impegnandosi inoltre sul fronte del riordino delle coltivazioni e dell’aumento delle raccolte granarie. Ci si potrebbe chiedere in che misura Guglielmo, nel corso del suo esilio mantovano, ebbe l’opportunità di acquisire una nuova sensibilità verso le questioni attinenti il governo delle acque. È noto l’impegno dei Gonzaga sul fronte della regolamentazione dei corsi fluviali e della difesa del territorio dagli effetti devastanti delle piene17. Dunque, nulla di più logico che

12 Notizie puntuali sulla situazione politico-militare che si venne a creare nelle terre meridionali dello Stato della Chiesa alla fine del XV secolo in g. pesiri, Roma, Campagna e Marittima e l’Italia nel Diario Corese del notaio Antonio Fasanella (1495-1504), in Il Lazio e Alessandro VI. Civita Castellana, Cori, Nepi, Orte, Sermoneta, a cura di g pesiri, Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, 2003, pp. 183-250.

13 g. de caro, Guglielmo Caetani, in Dizionario biografico degli italiani, XVI, Roma, Istituto dell’Enciclepedia Italiana, 1973, pp. 179-184.

14 m. vaquero piñeiro, Il liber arrendamentorum dei ducati di Nepi e Sermoneta (15011503), «Archivio della Società Romana di Storia Patria», CXVII (1994), pp. 171-186.

15 c. donati, L’ idea di nobiltà in Italia. Secoli x IV-x VIII, Roma-Bari, Laterza, 1988.

16 m. a. visceglia, “Non si ha da equiparare l’utile quando vi fosse l’honore!”. Scelte economiche e reputazione: intorno alla vendita dello stato feudale dei Caetani (1627), in La nobiltà romana in Età moderna. Profili istituzionali e pratiche sociali, a cura di m a visceglia, Roma, Carocci, 2001, pp. 203-223.

17 f. cazzola, Le bonifiche cinquecentesche nella valle del Po: governare le acque, creare nuova terra, in Arte e scienza delle acque nel Rinascimento, a cura di a. fiocca, d. lamberini e c. maffioli, Venezia, Marsilio, 2003, pp. 15-35; La Civiltà delle acque tra Medioevo e Rinascimento, a cura di a calzona e d lamberini, Firenze, Olschki, 2010.

Guglielmo, a contatto diretto con gli ingegneri idraulici mantovani e in un ambiente animato da un intenso dibattito teorico sulle soluzioni più idonee da adoperare per evitare l’azione distruttrice delle acque, avesse avuto l’opportunità di venire a conoscenza di tecniche e metodi di lavoro che in seguito cercò di mettere in pratica nelle sue terre laziali. Si configura un aspetto ancora da indagare, sebbene le lacune documentarie impediscano di andare oltre la mera formulazione di un’ipotesi suggestiva. È ignota altresì la posizione contrattuale delle famiglie contadine che abitavano nel dominio dei Caetani, e dunque non possiamo affermare che esse fossero formate da piccoli proprietari indipendenti oppure che si trattasse di nuclei assoggettati in qualche modo al signore. Per conseguenza, non disponiamo di informazioni riguardanti momenti chiave nella storia del dominio: quando ai Caetani subentrarono i Borgia si verificò forse un cambiamento giuridico nello status dei contadini, i quali da vassalli diventarono dei coloni che continuarono a usufruire delle terre in cambio del pagamento di un canone in denaro o in natura? Analogamente, mancano indicazioni in merito alla creazione di un eventuale meccanismo di prelievo impostato in funzione dell’ottenimento di eccedenze agrarie da immettere nei circuiti commerciali. In ogni caso, seppur rimangano parecchie zone d’ombra quello che appare certo è che sulla scia dei duri colpi inflitti al sistema baronale laziale, comparvero sulla scena delle figure nuove, la cui ascesa economica contribuì a rendere meno statici i quadri sociali preesistenti. Su queste linee di apertura s’innesta il rientro dei Caetani. Va tenuto presente che bisognerà capire meglio il carattere della ‘restaurazione’ promossa da Giulio II con la Romani Pontificis providentia del 24 gennaio 1504, nel senso anzitutto di accertare se con questo documento si consumò un puro e semplice ritorno allo status quo di fine Quattrocento o se invece, nella fase posteriore al 1504, furono incorporate, anche parzialmente, alcune delle novità introdotte negli anni precedenti.

Da questo veloce e dunque molto approssimativo elenco di considerazioni si può quindi ben capire che negli anni Novanta vi erano delle buone ragioni per rivolgere l’attenzione prima a Ninfa e poi a Sermoneta. Alla luce delle indagini effettuate in quell’occasione, le quali ancora oggi seguitano a essere attuali, conserva la sua validità la felice intuizione avuta da Luigi Fiorani di chiamare a raccolta un folto gruppo di studiosi per costruire un confronto intorno alle trasformazioni verificatesi all’interno di una specifica casata nobiliare: non soltanto dato lo spessore storico della famiglia presa in esame ma anche perché sul versante dei risultati concretamente raggiunti si è abbondantemente andati ben al di là della dimensione prettamente locale.

Il cammino da percorrere è ancora tanto, ma negli atti dei convegni su Ninfa e Sermoneta sono presenti numerosi spunti che meriterebbero di esse- re sviluppati in altrettanti percorsi di ricerca. Anzi, più ci addentriamo in piena Età moderna e più l’elenco delle domande aperte si infittisce, poiché le certezze acquisite, piuttosto solide fino all’altezza cronologica della fine del Quattrocento, sono sostituite da un orizzonte meno nitido. Ma questo, come si sa, è un problema abbastanza ricorrente nella storia di Roma, la cui storiografia appare di solito piuttosto schiacciata sulla componente cittadina mentre tutto ciò che accade o in qualche modo ha come epicentro l’area oltre le mura cittadine appare in subordine. Basterebbe una veloce ricognizione bibliografica per rendersi conto non soltanto della netta superiorità della realtà urbana su quella rurale ma anche di come sovente la seconda, quale semplice appendice, viene presentata e analizzata in funzione delle esigenze della prima. In questo senso non c’è dubbio che i convegni su Ninfa e Sermoneta abbiano rappresentato il tentativo, molto ben riuscito, di spostare il punto focale della riflessione storica. Infatti, pur senza trascurare l’influsso esercitato da Roma, in questo caso specifico la grande città non ruba per intero la scena ai piccoli centri del circondario, che così riescono a uscire dal cono d’ombra proiettato dalla capitale dello Stato della Chiesa. A tale proposito soffermiamoci su alcuni aspetti. Come è noto, dopo il 1504 si procedette a una modifica dello statuto varato dai Borgia, mai però a una sua totale cancellazione, e il titolo di ducato concesso da Alessandro VI, confermato ufficialmente soltanto nel 1586, fu motivo di continua rivendicazione nel corso del Cinquecento da parte dei Caetani, tra i quali rimase in vigore la consuetudine di «seguire il proprio nome dal numero ordinale della successione, considerando Rodrigo Borgia come il primo duca di Sermoneta, senza soluzione di continuità rispetto al proprio casato». Nell’altalenante gioco tra i Caetani e i Borgia si rintracciano così i fili della continuità piuttosto che della totale rottura: ci sono abbastanza elementi per sostenere che, in sostanza, la breve parentesi borgiana impresse una decisa accelerazione a processi che già stavano maturando allo scadere del XV secolo. Tra i due secoli si consolidò la tendenza all’accentramento dei poteri e delle prerogative giurisdizionali del signore18, che riproduceva le dinamiche attive in ambito statale e si snodava secondo un andamento ben riscontrabile anche nelle realtà locali. All’irrigidimento dei rapporti tra sovrano pontefice e signori feudali fece riscontro la riduzione dei margini di autonomia effettuata da questi ultimi a scapito dei territori oggetto del loro governo, moltiplicando le frizioni aventi come posta in palio da una parte l’estensione, dall’altra la difesa, dei privilegi e delle prerogative. Tutto ciò trova puntuale conferma nella traiettoria compiuta dal ducato dei Caetani durante il Cinquecento, che rappresenta un’eccellente cartina di tornasole attraverso la quale leggere le questioni, i tempi e le modalità che scandirono la ricollocazione della nobiltà di matrice feudale nell’alveo dello stato moderno. In tale direzione vanno interpretate le linee politiche che guidarono nel tardo Cinquecento l’atteggiamento papale nei riguardi dell’aristocrazia di matrice feudale, le quali si sforzarono di reprimere i fenomeni di banditismo e di raffreddare le inclinazioni militaresche di ampi settori della nobiltà19 Così, anche i Caetani, soprattutto quelli appartenenti al ramo di Maenza, alla fine si dovettero piegare, come ben dimostra la fine tragica di Cesare Caetani e la confisca dei suoi feudi da parte della Camera Apostolica.

All’inizio di questa succinta panoramica si è parlato di un percorso momentaneamente interrotto, da riprendere, partendo proprio dalle molteplici piste di ricerche rintracciabili negli atti di entrambi i convegni. I futuri momenti di confronto certo non partiranno da zero, poiché potranno trarre grande vantaggio da un altro importante punto di riferimento, vale a dire il primo titolo apparso nella nuova collana – intitolata «Archivio Caetani» –promossa dalla Fondazione Camillo Caetani. Si tratta del volume curato da Caterina Fiorani, che contiene il risultato dell’attento e meticoloso lavoro di riordino e catalogazione del fondo economico dell’archivio di famiglia, un corpus documentario di grande valore sia per il numero di unità archivistiche schedate (3479) sia per il periodo di tempo documentato (dal XVI al XX secolo)20. Questo materiale consentirà senza dubbio di condurre indagini approfondite sulle più importanti questioni riguardanti l’evoluzione socioeconomica delle grandi casate romane di tradizione feudale. La lettura di questo inventario conferma infatti molte delle indicazioni provenienti dai convegni su cui ci siamo soffermati, a cominciare dal problema delle lacune documentarie: non si conserva quasi nessun documento di natura amministrativa redatto prima della fine del Cinquecento.

Se lasciamo da parte le parziali e incomplete informazioni contenute in un piccolo libretto contabile che copre il periodo 1529-1538, il primo libro mastro che fornisce un’immagine completa delle basi patrimoniali risale al 1595 e, come sottolinea la stessa curatrice, si trattò di una novità in larga parte imposta dal peso dei debiti e dalla poco oculata gestione condotta fino i. a quell’altezza cronologica. Solo dinanzi al rischio di subire delle perdite patrimoniali si rese imprescindibile, quindi, l’introduzione di un criterio di amministrazione che consentisse di tenere sotto controllo il continuo movimento delle entrate e delle uscite. Fu una novità destinata a consolidarsi: a partire da quel primo esempio, nel corso dei secoli successivi fu stilata una lunga e preziosa serie di libri contabili riguardanti i possedimenti Caetani. Una volta adeguatamente studiato, questo materiale consentirà di mettere a fuoco l’evoluzione dello stato dei Caetani nel corso dell’Età moderna, tanto sul versante dei risultati economici ottenuti quanto riguardo alla progressiva transizione dalla rendita feudale verso altre forme di sfruttamento e valorizzazione delle ricchezze fondiarie. Se lo studio dei libri mastri, delle filze di giustificazione e di altri documenti contabili di corredo si riveleranno fondamentali per conoscere meglio la situazione delle campagne intorno a Roma in momenti cruciali come la ‘crisi’ del Seicento o la stagione di ripresa coincidente con i decenni centrali del Settecento, a un livello meno generale alcuni fondi si prestano all’apertura di ulteriori specifici filoni di ricerca. In tal senso, vale la pena richiamare l’attenzione sulle scritture contabili riguardanti le cartiere della Conca per il periodo 1920-1922 e le mole di Ninfa per gli anni 1832-1949. Se, come si diceva prima, una delle principali caratteristiche dei Caetani fu quella di legarsi allo sfruttamento delle risorse idriche del territorio ninfesino, la documentazione del XX secolo attesta la continuità nell’uso delle risorse del territorio, offrendo la possibilità di compiere studi di lungo periodo. Altrettanto si può dire per quanto concerne le peschiere del lago di Fogliano: in questo caso i libri contabili vanno dal 1687 al 1909, e stante il rinnovato interesse storiografico intorno al settore della pesca, anche in ambito laziale 21, la documentazione conservata nell’archivio Caetani si rivelerà preziosa nel fornire riscontri e testimonianze di prima mano. Ci sarebbe da ricordare pure la ricca serie di catasti delle proprietà fondiarie, per arrivare poi alle carte e ai fascicoli attinenti gli anni della bonifica delle paludi Pontine. In effetti, il fondo economico dell’archivio Caetani si dimostra un punto di osservazione quasi unico per osservare dalla prospettiva del grande proprietario l’operazione tesa alla bonifica e la «redenzione dell’agro»22: vi si trovano interessanti testimonianze sugli interventi volti a sconfiggere il flagello della malaria, ma altresì sulle modalità di gestione delle aziende agrarie all’epoca della politica autarchica imposta dal regime fascista, che cercò di incrementare la produzione frumentaria (concimi chimici, meccanizzazione, modernizzazione dei fabbricati rurali, e così una lunga serie di interventi). Queste, ed altre, suggestioni costituiscono delle ottime premesse per nuovi incontri scientifici, nel solco tracciato dalla tenacia e dalla disponibilità di Luigi Fiorani.

21 La pesca nel Lazio. Storia, economia, problemi regionali a confronto, a cura di l. palermo, d. strangio, m. vaquero piñeiro, Napoli, Editoriale Scientifica, 2007.

22 La palude cancellata, cenni storici sull’Agro Pontino, a cura di p. incardona – p. subiaco, Latina, Consorzio di Bonifica dell’Agro Pontino, 2005.

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