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L’ IRONIA DI DON FILIPPO E L’ AMICIZIA CON STENDHAL

Una diecina d’anni fa visitai con molto interesse, al Museo Napoleonico, la mostra Il salotto delle caricature. Acquerelli di Filippo Caetani, anche perché vi avevo in qualche modo collaborato. L’ introduzione al bel catalogo era di Luigi Fiorani, intitolata Filippo Caetani: l’ironia nella Roma papale dell’Ottocento1 che è l’unico studio da lui dedicato a questa figura indubbiamente minore della nobile famiglia, ma a torto quasi del tutto trascurata fino ad allora. I suoi disegni, le sue caricature, anche alcuni dei suoi versi, e ancora le sue amicizie e relazioni, meritavano la sua ‘riscoperta’. Ma meritavano anche una certa riabilitazione di questo rampollo d’una illustre e antica famiglia, un po’ perdigiorno e sbarazzino, è vero, ma dotato indubbiamente d’una sua vivace personalità, carica di umana simpatia (tav. 13a).

Rileggendo ora, per l’occasione, la nutrita introduzione di Fiorani, mi son reso conto di nuovo che la singolarità e sinteticità di questo contributo è ampiamente compensata dalla sua densità, dalla scavo storico-archivistico da cui è scaturito, tanto da non aver quasi nulla da invidiare agli studi molto più sviluppati che Luigi aveva consacrato prima ad altri membri più famosi della famiglia, ad esempio il volume su Onorato Caetani 2. E lo dimostrano del resto, fra l’altro, le numerose note di cui egli correda il testo, e che spesso, più che semplici rinvii bibliografici, costituiscono corpose aggiunte ed integrazioni sostanziali. In altri termini, se egli riesce a dire tutto l’essenziale su questo Caetani un po’ anomalo e ‘bohémien’, e sul quale i documenti nello stesso Archivio Caetani sono assai scarsi – «un personaggio senza storia» e di «modesta rilevanza», e che rivive oggi solo per il suo album di cari-

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1 Cfr. Fondazione Camillo Caetani, Il salotto delle caricature. Acquerelli di Filippo Caetani 1830-1860, a cura di g. gorgone e c. cannelli, Roma, «L’ Erma» di Bretschneider, 1999, pp. 13-28.

2 l. fiorani, Onorato Caetani, un erudito romano del Settecento, con appendice di documenti inediti, Roma, Istituto di studi romani, 1969.

ISBN (stampa) 978-88-6372-436-3 – www.storiaeletteratura.it cature, in cui «ha dato corso ad una vena satirica di tutto riguardo», afferma Fiorani all’inizio del suo studio3 –; se, ripeto, egli riesce a dire l’essenziale e ad essere, in questi limiti, esaustivo, molte sono le considerazioni, i rapporti, le relazioni e le possibili ‘divagazioni’ che egli sottende, suggerisce o indica chiaramente. Paradossalmente, ma banalmente, verrebbe voglia di dire che il modo migliore di intervenire oggi su questo suo studio sarebbe stato di rileggerlo tutto, magari commentandolo qua e là. È invece preferibile, se non doveroso, criticamente, ripercorrerlo nei suoi tratti fondamentali, sviluppando un po’, se mai, ciò che egli accenna soltanto, e chiarendo qualcuna delle sue non poche allusioni, citando anche, per intero, alcuni dei versi di Filippo e illustrando infine, visivamente, alcune delle sue caricature.

In tutta la prima parte, per esempio, egli ne traccia, pur su pochi dati, un profilo biografico-psicologico penetrante, riscattando sul piano dell’’esprit’, dell’ironia, e dell’arte, la sua effettiva marginalità di uomo e di cittadino. Considera anzitutto la formazione culturale e mondana di Filippo, che avviene nell’ambito della sua stessa casa, così aperta nella prima metà dell’800 alle nuove idee, e partecipe dell’evoluzione storica e politica europea, ma riprendendo, attingendo e scegliendo disposizioni e inclinazioni dalla sua stessa famiglia e casata, nell’ascendenza paterna e materna, ed anche fraterna, se così posso dire. Fiorani fa ben comprendere, anche se non vi si dilunga, l’influenza che ebbero sulla formazione di Filippo il salotto delle Botteghe Oscure ed i suoi illustri frequentatori, specie francesi e spesso di idee opposte, dall’anticlericale e classicista Paul-Louis Courier (molto amico di suo padre Enrico e di sua madre Teresa de’ Rossi)4 al romantico e cattolico Chateaubriand, e dal liberale e mangiapreti Stendhal al monarchico-legittimista Balzac5; così come apertamente dichiara che la vena satirica di Filippo deve anche qualcosa a quella del nonno materno, il ben noto poeta, commediografo e archeologo Giovanni Gherardo de’ Rossi, mentre il suo gusto del disegno deriva piuttosto dall’esempio e dalla guida del fratello maggiore Michelangelo, allievo del Minardi e del Tenerani, come sappiamo.

3 Cfr. id., F. Caetani: l’ironia nella Roma papale dell’Ottocento, in Il salotto delle caricature, p. 13, passim.

4 Sui vari soggiorni romani di Courier, si veda anzitutto l’ottima edizione completa delle sue lettere: p.-l courier, Correspondance générale. Présentée et annotée par g viollet-leduc, Paris, Klincksiek, 1976-1985, 3 voll.; e poi, fra l’altro, p p trompeo, Nell’Italia romantica sulle orme di Stendhal, Roma, Leonardo da Vinci, 1924, p. 306 e passim.

5 Sul viaggio di Balzac a Roma nel 1846, e sui suoi rapporti con la famiglia Caetani, rimane fondamentale lo studio di r. de cesare, Balzac a Roma, in Studi in onore di Carlo Pellegrini, Torino, Società Editrice Internazionale, 1963, pp. 609-648.

Ma dal fratello quasi coetaneo, di tutt’altra tempra però, molto più forte di lui, intellettualmente, moralmente e politicamente, egli in certo senso dipende anche per la visione della società aristocratica romana e cosmopolita che li circonda, e di cui fanno parte, in stretta connessione con la situazione politica europea. Entrambi rimangono in sostanza dei nostalgici del passato, giudicano negativamente i forti rivolgimenti politici che sembrano voler ribaltare istituzioni e costumi secolari, a cominciare dalla Rivoluzione francese dell’89, ma anche l’immobilismo disastroso del Papato e dell’aristocrazia romana, cioè del potere temporale, pur rimanendo fedeli e leali alla dottrina ed alle pratiche religiose della Chiesa. Più che anticlericali spietati o velenosi, entrambi restano dei liberali illuminati e dei cattolici critici, come fa intendere e dimostra giustamente Fiorani. Ma Michelangelo, pur consapevole dei suoi sentimenti e della sua posizione ideologica, assume poi interamente il ruolo che gli spetta e gli compete, si proietta e brilla nella vita pubblica e intellettuale, cerca sempre di fare e fa spesso le prime parti, per un conservatorismo comunque ricco di fermenti e attento ai rinnovamenti ideali, e per un sicuro anche se prudente e accorto senso di italianità; Filippo invece vive come nell’ombra del fratello, o in disparte, si ripiega su se stesso e nei suoi sogni d’un impossibile e anacronistico ritorno al passato, sfogando il suo critico umorismo e la sua vivacità, oltre che nelle sue numerose avventure e relazioni amorose, nei disegni, nelle brillanti caricature come nei versi, in una parabola discendente fino alla morte prematura, nel 1864, a Civitavecchia, dove sperava di trovare rimedio alla sua malferma salute. Ho nominato ora Civitavecchia, e poco prima Stendhal, console appunto a Civitavecchia, dal 1831 al 1841. Fiorani si limita a citarne soltanto il nome fra gli ospiti abituali di Palazzo Caetani, anche perché ad una presunta, ma anche per me molto probabile, caricatura di Stendhal (tav. 13b), che si trova nell’album di Filippo, ed agli stretti rapporti di amicizia che lo legarono a Filippo, Giulia Gorgone e Cristina Cannelli hanno dedicato una scheda nel catalogo abbastanza ampia6. Ma, da povero stendhaliano qual sono, aggiungerei qualche altra breve considerazione, di carattere generale e più particolare, proprio per ricollocare al loro posto alcuni tasselli interessanti nel lacunoso mosaico della vita e del carattere di Filippo, e che ne tratteggiano ed illuminano meglio la curiosa personalità

Non c’è dubbio che nei sette anni circa che Stendhal trascorse fra Civitavecchia e Roma (dal ’36 al ’39 usufruì d’un lungo congedo in Francia, dove pubblicò fra l’altro le sue cosiddette Chroniques italiennes e La Chartreuse de Parme, opere derivate in parte, molto probabilmente, da manoscritti trovati e copiati proprio nell’Archivio Caetani), non c’è dubbio, dicevo, che uno dei pochi se non l’unico vero e leale amico romano che egli ebbe fu Filippo. Certamente fu molto amico anche di Michelangelo, come è stato più volte affermato, anche di recente, dal collega e impeccabile storico qual è Giuseppe Monsagrati, nel suo ampio e preciso saggio introduttivo al volume Alcuni ricordi di Michelangelo Caetani, duca di Sermoneta 7: Stendhal fu spesso ospite, anche a pranzo, dei due fratelli, specie dal ’33 al ’36, quando abitava a Roma a Palazzo Cavalieri, oggi scomparso, a pochi passi da Palazzo Caetani, cioè all’Argentina8, e poi poco più lontano, a Palazzo Conti alla Minerva. E li ritrovava spesso anche in casa del grande e comune amico, il conte Filippo Cini, in Piazza di Pietra. E non è un caso che fra i nobili romani, da lui giudicati una massa d’ignoranti imbecilli, Stendhal salvasse solo e unicamente i fratelli Caetani e il duca di Rignano, cioè lo scienziato Mario Massimo (1808-1873)9

Ma per Filippo specialmente ebbe un vero, profondo affetto, apprezzandone molto lo spirito, le qualità artistiche, i frizzi ironici, la conversazione spigliata e invadente, forse anche la sua posizione più filofrancese o meno anglofila di quella di Michelangelo. Un rapporto anche di completa e reciproca lealtà, come dimostrano alcuni episodi, di cui Stendhal ha lasciato traccia nei suoi manoscritti, e nelle note in margine ai suoi libri, ed accenno qui ad un paio soltanto. Stendhal, ‘tombeur de femmes’ anche lui, ma più velleitario e meno fortunato di Filippo, quando si accorse, facendo la corte alla contessa Giulia, moglie di Filippo Cini (tav. 13c) di avere in Filippo un formidabile rivale, già entrato da tempo nella grazie della gentildonna, e suo riconosciuto e accettato ‘cavalier servente’, e che quindi le sue ‘avances’ avevano generato una certa freddezza nei loro rapporti, ebbe una franca spiegazione con l’amico durante un ballo al teatro d’Alibert, il 16 febbraio 1836, e rinunciò, si tirò indietro: «Sacrifice fait», scrisse sui margini di un suo libro10. Ma Stendhal non dimentica anche, di ricordare, in una pagina della sua Vie de Henry Brulard, che dal suo canto Filippo, in un salotto romano da dove lui, Stendhal, era appena uscito, lo aveva difeso apertamente dall’accusa di ‘immoralità’ che gli era stata subito mossa: Don Filippo Caetani me rendait cette justice que j’étais l’un des hommes les moins méchants qu’il eût jamais vus, quoique ma réputation fût d’homme d’infiniment d’esprit, mais bien méchant et encore plus immoral11.

7 Alcuni ricordi di Michelangelo Caetani, duca di Sermoneta: raccolti dalla sua vedova (1804-1862) e pubblicati pel suo centenario, con un saggio introduttivo e a cura di g monsagrati, [Roma], «L’ Erma» di Bretschneider, [2005].

8 L’ 11 giugno 1832, cioè poco più di un anno dopo il suo arrivo a Civitavecchia e a Roma, così scriveva all’amico Adolphe de Mareste, parlando della sua vita pubblica e privata a Roma, e mostrando già grande intimità con la famiglia Caetani: «Cet appartement [a Palazzo Cavalieri] est à deux pas du palais Caetani; les trois princes de ce nom sont mes meilleurs amis. Leur mère, ancienne amie de P.-L. Courier, me donnait une occasion charmante de bavarder le soir, mais elle a une maladie de femme depuis trois mois; elle est à peine hors de danger (…)». Cfr. stendhal, Correspondance générale, édition de v. del litto (…). Paris, Champion, 1999, tome IV (1831-33), p. 442.

9 Lettera a Domenico Fiore, Rome, 11 mars 1841 (Correspondance générale, tome VI [1837-1842], p. 451).

Ma c’è ancora da dire che Stendhal, nelle sue lettere e nei suoi appunti, citando molte altre volte Filippo, ne sottolinea spesso proprio quelle qualità d’ironia e di spigliatezza, che Fiorani ha ben individuate e studiate, sia che lo chiami, con ironia affettuosa, «Don Philippe Boutade», cioè dalla pronta e vivace ‘battuta’, sia che ricordi una lunga passeggiata con lui, affermando che per la sua ‘verve’ ha sempre bisogno di «un aiutante di campo» per conversare, sia per lodarne il gusto, il ‘bon ton’, e l’amore per l’arte e per la pittura soprattutto, ed esaltandone le «délicieuses caricatures». Per tutto questo non c’è dunque da meravigliarsi se in uno dei suoi numerosi testamenti, dell’ 8 giugno 1836, Stendhal legasse proprio a Filippo la sua biblioteca di Roma, libri che poi, dopo la sua morte, ebbero altre vicende, e alcuni sono conservati ora nel Fondo stendhaliano della Fondazione Primoli12. Ed è direi naturale che la prima persona cui egli pensasse per introdurre il cugino grenoblese Ernest Hébert, allora giovane ‘prix de Rome’ e poi famoso pittore, nell’ambiente artistico romano, fosse appunto l’amico Filippo, cui indirizza nel gennaio del 1840 una letterina di presentazione che vale la pena di rileggere in questo contesto:

10 Ecco la postilla integrale, scritta a matita sui margini del vol. IX di una edizione da lui posseduta dei Mémoires di Saint-Simon: «Sacrifice fait, c[omte]sse Sandre, 8-17 février 1836. Voilà le beau de ce caractère: c’est que le sacrifice était fait au bal Alibert du 16 février, mardi, quand D[on] F[ilippo] me parle. La brouille avec moi durait depuis le bal anglais, 8 février 1836» (Cfr. stendhal , Œuvres intimes, édition établie par v. del litto, Paris, Gallimard, 1981-82 [Bibliothèque de la Pléiade], II, p. 274). La ‘comtesse Sandre’ designa, nel linguaggio criptico di Stendhal, la contessa Cini, dal latino cinis, in italiano cenere, in francese cendre, che si pronuncia sandre (che peripezia!); su tutto l’argomento, si veda il capitolo La contessa Sandre, nel cit. volume di trompeo, Nell’Italia romantica, pp. 273-330.

11 Cfr. Vie de Henry Brulard, cap. XXVIII, in Œuvres intimes, II, p. 804.

12 Su tutti questi ed altri episodi, si vedano le edizioni citate delle Œuvres intimes, vol. II, passim, e della Correspondance générale, tomi IV-VI, passim

326

A Sua Eccelenza [sic]

Il Principe D[on] Filippo Caetani

Palazzo Sermoneta

Via delle Botteghe Oscure

Roma

Permettez-moi, cher ami, que je vous présente M. Ernest Hébert qui vient d’obtenir le grand prix à Paris à l’âge de 17 ans. Ce jeune homme est compatriote de Barnave et a peut-être une âme. Si vous en avez le temps, sortez avec lui et menezle chez Tenerani. Nous avons de terribles sculpteurs à Paris et je voudrais que M. E. Hébert vit qu’on fait autrement ailleurs et que Paris n’a pour lui que l’esprit du Charivari et l’art d’intriguer.

H. Beyle13

Come si vede da tutto questo, si tratta di testimonianze lasciate tutte direttamente da Stendhal, mentre – il che è almeno curioso, strano, ma forse anche significativo – nulla o quasi è stato ritrovato finora direttamente dalla parte di Filippo, né note, né allusioni, né lettere a Stendhal. Se si eccettua la presunta caricatura di Stendhal fatta da Filippo, cui ho già accennato, alla quale è da aggiungere un altro autoritratto di Filippo, sempre ad acquerello, e che si ritrova, nientemeno, fra i fogli del manoscritto della Vie de Henry Brulard14, non c’è un rigo di Filippo, fra le sue carte d’archivio, in cui si parli di Stendhal, come non è stata ritrovata nemmeno una lettera di Stendhal a lui diretta nel ben lungo periodo da lui trascorso a Parigi, dal maggio 1836 al giugno 1839. Possibile che Stendhal, che intrattenne, in quei suoi tre anni parigini così felici e fecondi, una fitta corrispondenza coi suoi molti amici e conoscenti romani, e che per esempio, nelle numerose lettere al conte ed alla contessa Cini, non dimentica mai di mandare i saluti ai comuni amici Caetani, e a Filippo in particolare, non abbia scritto nemmeno una volta, direttamente, a Filippo, e che Filippo, almeno una volta, non gli abbia risposto? Nulla. Così come è altrettanto curioso che, sempre nell’archivio e nella biblioteca Caetani, non sia rimasta nemmeno una traccia del ‘passaggio’ frequente di Stendhal. Non dico una sua pubblicazione, un libro, una novella, di tutto ciò che egli pubblicava a Parigi, in libreria e nella «Revue des Deux Mondes» (La Chartreuse, L’ Abbesse de Castro,

13 Questa breve lettera di presentazione probabilmente non fu consegnata se si è ritrovata tra le carte di Hébert; l’autografo si trova infatti oggi al Museo Hébert di Parigi (cfr. Correspondance génerale, Tome VI (1837-1842), p. 1840).

14 Cfr. stendhal, Vie de Henry Brulard écrite par lui-même, édition diplomatique du Manuscrit de la Bibliothèque de Grenoble, présentée et annotée par g. rannaud, trascription établie par g et y rannaud, Paris, Klincksieck, 1996-1999, 3 voll.; vd. vol. I, p. 215.

Les Cenci, ecc.), e che, a suo dire, aveva ‘copiato’, cioè tratto e tradotto dai manoscritti originali, letti e fatti trascrivere almeno in parte, e molto probabilmente, proprio a palazzo Caetani, perché in questo caso si può pensare ad una specie di ‘censura’, o di ‘timore della censura’, che vigeva a Roma sui libri dello scomodo console francese. Ma come mai non si ritrova nemmeno uno di questi manoscritti originali? Feci molti anni fa, insieme con Luigi, un’accurata ricerca in tal senso: preparavo il grande convegno su Stendhal, Roma, l’Italia (1983), e speravo di offrire nella mostra allestita in quell’occasione qualche bel ‘pezzo’; ma l’unico manoscritto che riuscimmo a scovare (e ci mancherebbe che non ci fosse nemmeno questo), fu la seconda parte della lunga Vita di Don Ruggiero (che era il «Dottor Ruggier Carlo da Gaeta Romano», antenato dei nostri Caetani), che Stendhal possedeva trascritta in ben cinque volumi dei suoi manoscritti italiani, oggi conservati nella Bibliothèque Nationale de France, a Parigi15. Può darsi benissimo che Stendhal abbia fatto trascrivere nell’Archivio Caetani questa ‘Vita’ soltanto; ma allora come mai proprio in quella biblioteca mancano le copie dei resoconti di quei ‘tragici avvenimenti’, di Beatrice Cenci, di Vittoria Accoramboni, ecc., presenti invece in quasi tutte le altre biblioteche romane e non romane, patrizie o non patrizie?

Tanti misteri, dunque, che forse hanno la chiave nella situazione attuale dell’Archivio Caetani, che non è stato ancora catalogato sistematicamente fino in fondo, come mi disse allora Luigi, e come mi ha ripetuto ora Caterina Fiorani, riferendosi in particolare anche e soprattutto alle carte di Filippo. E c’è da augurarsi che, alla fine, qualche testimonianza verrà fuori.

Non è un mistero invece che Stendhal non parli mai dei versi di Don Filippo, scritti in gran parte dopo la sua morte a Parigi nel 1842; ma anche se avesse potuto leggerli o ascoltarli, non credo che li avrebbe trovati entusiasmanti, o all’altezza delle caricature, come del resto scrive Fiorani, che pure vi si ferma più di una volta, dandone un giudizio abbastanza negativo. Ne ho letti alcuni, fra gli ‘scartafacci’ autografi, e in bella copia, che mi ha prestato gentilmente Caterina Fiorani (che qui ancora ringrazio), e non posso che confermare il giudizio di Luigi: sono versi assai facili se non mediocri e scadenti, burleschi, certo (filastrocche, poemetti, ecc.), e appena con qualche barlume di autentica poesia, quando Filippo cede al suo assai tenue e saltuario lirismo, come nei pochi versi de La lucciola che cita Fiorani16 e che hanno un sapore quasi leopardiano; li trascrivo qui di nuovo:

15 Cfr. Stendhal a Roma. Catalogo della Mostra, Roma, Museo Napoleonico, 7 novembre 1983 – 7 gennaio 1984, a cura di m. colesanti, a. jeronimidis, l. norci cagiano, a. m. scaiola, Roma, Edizioni dell’Elefante, 1983, p. 57, n. 44.

Tu luccioletta nelle lusinghiere estive notti alla campagna torni; ma non tornan per me, le dolci sere; felici notti di più lieti giorni.

In queste ‘poesie’, l’ironia diviene «più uno stanco gioco che un’attitudine intellettuale», scrive ancora giustamente Fiorani17, anche in alcuni sonetti in slavato romanesco, lontanissimi dal genio vigoroso del contemporaneo Giuseppe Gioachino Belli, come può immediatamente risultare dalla lettura di questo sonetto18:

A Volpicelli

Ce volete crepà, sor Professore:

Ce volete crepà. La Sora Checca

Sapete ch’è una femmina d’onore;

Voi lo sapevio che non ce se becca:

Ma tutte quante ste capoccie dotte

Se vanno a strufinà come fa er micio

E credeno trattà colle mignotte:

E se senteno dì quanto sei cicio.

Che serve a sta a guardà cor canocchiale

Tutta la notte quer che fa la Luna; Quanno se vesta poi come un stivale.

Che dopo avé studiato notte e giorno, Tante vorte s’arriva cor procaccio

E tante vorte non s’arriva un corno.

Se mai, risultano più curiosi, come divertito esercizio di approssimazione parodica, o di snobistica scimmiottatura, alcuni sonetti vergati da Filippo in parte in italiano e in parte in francese, come per irrobustirli giocosamente con un guizzo di ironico ‘esprit’. E citerò, come ultima esemplificazione, proprio uno di questi ibridi pasticci, indirizzato, come l’altro citato prima, e come quasi tutti i suoi versi, all’amico e coetaneo Paolo Volpicelli (1804-1879), illustre professore di fisica matematica alla Sapienza, e ridotto qui affettuosamente a bersaglio preferito dei suoi un po’ fiacchi strali scherzosi19: Maccarese.

17 Ibidem.

18 Archivio Caetani, Carte di Filippo Caetani, Esercizi poetici, I.

A Mr le Professeur Volpicelli de Monteron

Sonetto ou Sonnet

Se tu non vieni mai, cher Professeur, Tu che già tanto mi solevi amar, Mi troverai schiattata in riva al mar, Infedele Cochon de Séducteur.

Abbi, dunque, pietà de ma douleur, Se credi la mia vita di salvar, Vienimi a Maccarese a consolar:

Vieni a veder en fricassò mon coeur!

Vieni a veder se quanto mai è fedel: E com’è stato in vita mia toujours!

Vieni, dunque e non essere cruel:

Vieni à jouir d’un eternel amour! Il sera Romanesque un Volpicel De voir arriver en Troubadour.

Di tutt’altra qualità e di ben più alto valore sono le sue caricature che non a caso prendono di mira soltanto la nobiltà e la Curia del tempo, cioè il suo mondo, quello che egli frequenta e conosce bene, e che non vorrebbe veder tramontare, e sul quale però è come costretto a infierire per l’obiettiva arretratezza che vi riscontra, per le sue piccole e risibili ambizioni, la sua falsa e ostentata e dunque vuota, inconsistente onorabilità. L’ ironia di queste immagini, che spesso trascende in satira amara e sarcastica, più che demolire e distruggere, tende quasi a risvegliare, e a mostrare, a mettere a nudo magagne fisiche e morali, o meglio morali attraverso la deformazione amplificata dei tratti fisici, tende cioè a svelarne «impietosamente», scrive Fiorani, «la vera effigie; l’effigie nascosta e risibile dei personaggi portati in scena. Il procedimento è chiaro. Filippo non mette loro la maschera, ma, al contrario, gliela toglie»20

Fiorani dedica a questa galleria quasi tutto l’ultimo paragrafo del suo studio, che intitola significativamente Il circo: un circo animato solo da buffoni e pagliacci smascherati, e che quindi non possono fingere di essere quello che in realtà sono. Essi appaiono inconsapevoli e perciò risibili protagonisti di una farsa veritiera e drammatica. Certo, la tecnica che adopera Filippo è sempre quella già allora assai sperimentata della deformazione dell’aspetto reale, o dell’accentuazione di alcuni salienti tratti fisici, somatici, psichici: Filippo non si sottrae alla regola. E si vedano ad esempio alcune di queste caricature, quasi tutte le stesse sulle quali anche Fiorani si è fermato: il barone Carlo Ancajani (1763-1842), governatore di Castel Sant’Angelo (tav. 13d), ridotto a grosso gufo bonario, ma flaccido nella sua decrepitezza, e non certo autoritario e marziale; il balì del Sacro Ordine di Malta (ordine a cui anche Filippo apparteneva), fra’ Carlo Candida (1762-1845), la cui elegante ‘silhouette’ quasi si risolve solo nel bel ‘costume’ e nelle insegne onorifiche ostentate (tav. 14a); il principe Clemente Rospigliosi (1823-1897), dal naso adunco e dalla gobba ben profilata, che sembrano caricarsi dei torti subiti dalla sua chiacchieratissima moglie (tav. 14b); il principe Alessandro Torlonia (1800-1886), che conserva, diabolicamente esaltati nel volto e nell’abito, i tratti borghesi e affaristici della sua famiglia di origine francese (tav. 14c); il duca Carlo Colonna (1825-?), che appare come uno stralunato lupo mannaro in frac (tav. 14d); la graziosa Louise Vernet (1814-1843), figlia del pittore Horace (allora direttore dell’Accademia francese di Villa Medici), che muove un passo di danza con il massiccio segretario dell’ambasciata russa a Roma, Kritzkoff (tav. 15a), come una libellula avvinta a un pachiderma. E si potrebbe continuare, sfogliando più che il catalogo della mostra, che è una scelta, i due album che le contengono tutte 21 .

Ma a questo punto ci si chiede, ci si deve chiedere quale sia oggi l’effettivo valore di queste splendide caricature. Fiorani esclude, a ragione, una loro carica di critica sociale, ma insiste invece sul loro valore di testimonianza, di documento, come viziato però dall’appartenenza dell’autore alla stessa ‘casta’ oggetto della sua ironia, e quindi dalla motivazione lirica che le trasforma però da oggetto in soggetto, da documento in opera d’arte. In altri termini, egli lascia almeno intendere che in molti casi, tali documenti hanno o possono avere oggi valore di simboli o di allegorie, che prescindono in certo senso dallo spunto, dal personaggio storico che li ha provocati, perché trovano in se stessi, nella loro forma e resa artistica, la loro giustificazione.

21 Gli album sono due: il primo contiene 90 immagini (acquerelli, disegni, schizzi, ecc.) su 52 fogli; il secondo è più ampio, e ne contiene 156 su 98 fogli; non tutte le immagini sono di Filippo: una buona parte sono firmate o attribuibili al fratello Michelangelo, al Tenerani e ad altri; se ne veda l’elenco preciso alla fine dello stesso catalogo (pp. 155-212), con la riproduzione anche delle immagini, ma in bianco e nero e in formato ridotto. Comunque, quelle su cui mi fermo, e che riproduco dall’originale, sono tutte sicuramente di Filippo.

Baudelaire, in un suo celebre saggio, distingueva nettamente due tipi o specie di caricature, entrambe preziose e notevoli a titolo diverso e quasi contrario: quelle che valgono solo per il fatto o il personaggio che rappresentano, e che interessano gli storici, e quelle che contengono un elemento misterioso, più durevole, e che attirano invece l’interesse degli artisti, e direi anche del più largo pubblico. Con la sua grande sensibilità di poeta, ed il suo gusto di critico d’arte, egli distingueva il comico fuggevole da quello eterno: e conviene, proprio a proposito delle caricature di Filippo, rileggere almeno un brano di queste sue riflessioni preliminari: Dans la caricature, bien plus que dans les autres branches de l’art, il existe deux sortes d’œuvres précieuses et recommandables à des titres différents et presque contraires. Celles-ci ne valent que par le fait qu’elles représentent. Elles ont droit sans doute à l’attention de l’historien, de l’archéologue et même du philosophe; (…) Comme les feuilles volantes du journalisme, elles disparaissent emportées par le souffle incessant qui en amène de nouvelles ; mais les autres, et ce sont celles dont je veux spécialement m’occuper, contiennent un élément mystérieux, durable, éternel, qui les recommande à l’attention des artistes. Chose curieuse et vraiement digne d’attention que l’introduction de cet élément insaisissable du beau jusque dans les œuvres destinées à représenter à l’homme sa propre laideur morale et physique ! Et, chose non moins mystérieuse, ce spectable lamentable excite en lui une hilarité immortelle et incorrigible 22 .

Ebbene, specialmente in alcune se non in tutte queste immagini lasciateci da Filippo, penso ad esempio a quella che rappresenta l’ambasciatore di Francia a Roma nei primi anni ’30 (tav. 15b), il conte de Sainte-Aulaire (17881854) – il ‘superiore’ di Stendhal! – che parlotta galantemente (pettegolezzi, amore?) con la principessa Teresa Massimo Del Drago, la quale volge la testa un po’ indietro per ascoltarlo; in alcune di queste immagini, dicevo, il valore aneddotico-documentario cede all’efficacia divertita, ironica e allegorica della rappresentazione scenica, cioè all’opera d’arte, e s’impone ancora oggi, come un paradigma simbolico di umanità, alla nostra ammirazione. E dobbiamo tutti esser grati a Luigi Fiorani, alla sua memoria, per avercela procurata.

22 Cfr. ch. baudelaire, De l’essence du rire et généralement du comique dans les arts plastiques, in Œuvres complètes, texte établi, présenté et annoté par c. pichois, Paris, Gallimard, II, 1976 (Bibliothèque de la Pléiade), pp. 525-526.

RICERCA IN CORSO SULLA VITA E L’ OPERA DI ROFFREDO CAETANI*

Introduzione.

Quando Luigi Fiorani mi chiese se volevo scrivere una biografia del compositore Roffredo Caetani (1871-1961), non ebbi bisogno di riflettere a lungo. Risposi che l’avrei fatto con piacere ma che i miei impegni accademici all’Università di Utrecht non mi consentivano di dedicarmi a un simile progetto a breve scadenza. Alcuni giorni prima di questo colloquio egli mi aveva aperto, all’Archivio Caetani, le ante del grande armadio di mogano contenente il lascito musicale di Roffredo: musica a stampa, partiture e minute autografe, libretti d’opera a stampa e bozze di tali libretti. Egli mi diede in visione anche una piccola raccolta di programmi di concerti e recensioni. Trascorsi in quell’occasione molte ore accanto al grande armadio, perché volevo rendermi bene conto non solo del volume e della natura dell’opera ma anche e soprattutto della qualità di questa.

Non avevo mai ascoltato, e neppure avuto sottocchio, una composizione di Roffredo Caetani. Eppure il suo nome non mi era del tutto sconosciuto, dal momento che Sophie Levie mi aveva più di una volta menzionato il compositore in quanto consorte di Marguerite Chapin. Il mio interesse era stato inoltre destato dal fatto che Roffredo Caetani apparteneva alla stessa generazione di Ferruccio Busoni, della cui musica mi sono occupato per tanti anni nelle mie ricerche.

Fin dal primo incontro con il lascito musicale di Roffredo fu subito evidente che la sua produzione aveva dimensioni relativamente modeste. Si tratta, infatti, di poco meno di venticinque opere: sei per orchestra, otto per diversi complessi da camera (tra i quali due per complessi vocali-strumentali), cinque per pianoforte, uno per organo, uno per coro e organo e infine due opere liriche. Alcune opere che potei esaminare più accuratamente, come il Quintetto per pianoforte

ISBN (stampa) 978-88-6372-436-3 – www.storiaeletteratura.it e archi op. 4 e il secondo Quartetto d’archi op. 12 colpivano per la loro qualità inequivocabile e l’espressività intensa. Anche l’opera lirica Hypatia attirò la mia attenzione, si tratta però di un componimento troppo vasto e complesso per poterne dare una valutazione in poco tempo. La mia conclusione provvisoria fu che nell’armadio di mogano albergava un autentico tesoro, che meritava di essere illustrato in un saggio monografico nonché riscoperto da musicisti. Nell’esame dei programmi di concerto e delle recensioni che sono custoditi presso l’Archivio Caetani, emersero alcuni fatti di un certo rilievo. Con mia grande sorpresa scoprii che nel primo decennio del secolo scorso Parigi aveva ospitato un numero considerevole di esecuzioni delle composizioni di Roffredo. Altrettanto inatteso il fatto che si trattava di esecuzioni realizzate da orchestre, direttori e musicisti di fama, quali l’Orchestra Lamoureux diretta da Camille Chevillard, l’Orchestra Colonne diretta da Édouard Colonne, il Quartetto Capet, il Quartetto Geloso, il violinista Eugène Ysaÿe e il pianista Alfredo Casella.

La mia visita all’archivio e il colloquio con Luigi Fiorani ebbero luogo nell’ottobre 1994. In quell’occasione egli mi mostrò anche, o meglio mi diede perché lo leggessi, il testo della sua relazione al convegno La musica a Roma attraverso le fonti d’archivio, che si era svolto a Roma nel 1992. Il titolo di questa sua relazione recita: Roffredo Caetani (1871-1961), una vocazione per la musica1 Si tratta di un eccellente e ben documentato profilo biografico che colloca il compositore nel contesto storico e culturale dell’epoca, con epicentro la città di Roma. Ovviamente Fiorani in quanto storico non si occupa dell’inquadramento storico-musicale della produzione del nostro né tantomeno della valutazione estetica o analitica di questa. Il suo contributo conteneva invece un elenco delle composizioni dell’autore. Insieme alla voce del Dizionario Biografico degli Italiani redatta da Benedetta Origo2, la relazione di Fiorani a quel convegno è tuttora tra le cose migliori pubblicate su Roffredo Caetani. Esse formano pertanto un buon punto di partenza per proseguire la ricerca.

La vita e le opere.

La presente ricerca, cominciata in maniera effettiva solo nel 2009, intende approdare ad un saggio monografico che consideri sia la vita di Roffredo

1 l fiorani, Roffredo Caetani (1871-1961), una vocazione per la musica, in La musica a Roma attraverso le fonti d’archivio. Atti del Convegno internazionale Roma 4-7 giugno 1992, a cura di b. m. antolini et alii, Lucca, Libreria Musicale Italiana, 1994, pp. 573-579.

2 b. origo, Caetani, Roffredo, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 16, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1973, pp. 224-226.

Caetani che la sua produzione musicale. La parte biografica illustrerà anche il contesto sociale, politico e culturale in cui si dispiegò la sua esistenza e dove furono composte ed eseguite le sue opere. Nella valutazione critica delle composizioni si presterà particolare attenzione, per quanto rilevanti e chiarificatrici, alle relazioni tra biografia, contesto e opera musicale.

La redazione di una simile biografia, richiede anche fonti di genere completamente diverso rispetto ai documenti rinvenuti nell’armadio summenzionato. Mi riferisco alle fonti in grado di gettare luce su argomenti specifici, come ad esempio il personaggio Roffredo, la famiglia nella quale egli crebbe, il suo sviluppo intellettuale e la formazione artistica, le sue idee sulla società, la politica e l’arte, l’immagine che aveva di sé come compositore, le eventuali tensioni tra la sua attività artistica e i suoi doveri in quanto membro di un’influente famiglia nobile romana, la sua vita privata, le relazioni sociali, i suoi viaggi in Europa ed extraeuropei, e infine, ma non meno importante, i luoghi dove egli, oltre a Roma, visse ed operò. Tutti temi sui quali possediamo pochissime informazioni.

Non avendo Roffredo Caetani, per quanto a nostra conoscenza, messo per scritto le proprie memorie né tantomeno tenuto un diario personale, il biografo dipende dalle lettere. Il fatto che la corrispondenza di Roffredo con la famiglia e le lettere di altre persone a lui indirizzate si siano in gran parte conservate è dunque per lo storico una benedizione. La collezione fa parte del carteggio di famiglia che si trova all’Archivio Caetani; alcune delle lettere di Roffredo al fratello Leone sono custodite all’Archivio Leone Caetani presso l’Accademia Nazionale dei Lincei 3 .

Dell’intera collezione di lettere inviate e ricevute da Roffredo il nucleo di gran lunga più consistente è quello relativo allo scambio epistolare con il padre, caratterizzato inoltre da una notevole continuità. Onorato Caetani, infatti, voleva essere informato con regolarità e precisione di quello che il figlio faceva, quando questi, o lui stesso, era assente da Roma per qualche tempo. Quando questo accadeva – in effetti relativamente spesso – Roffredo scriveva a suo padre almeno una volta a settimana, arrivando non di rado anche a due o tre volte. Il cospicuo patrimonio di lettere così venuto a crearsi comprende il periodo che va dai dieci ai quarantacinque anni di Roffredo, vale a dire dai primi anni Ottanta dell’Ottocento al 1917, anno in cui Onorato morì. Lo scambio epistolare con la madre Ada, nata BootleWilbraham, è in effetti meno intensivo ma ha inizio ugualmente nella sua infanzia e si protrae fino agli anni Trenta. E poi vi è anche la corrispondenza con la moglie Marguerite, circoscritta naturalmente ai periodi in cui i due vivevano distanti uno dall’altra.

Weimar, Bayreuth, Magonza, Parigi. Nel corso della ricerca è emerso che anche alcuni archivi fuori d’Italia possiedono materiale di straordinario interesse. Questo riguarda in particolare archivi situati nelle città di Weimar, Bayreuth, Magonza e Parigi. Weimar, per via degli stretti vincoli di amicizia esistenti tra Carlo Alessandro, granduca di Sassonia-Weimar-Eisenach, e Michelangelo, Onorato e Roffredo Caetani. Principe amante dell’arte, con uno spiccato interesse per la letteratura, l’arte visiva, la musica e il teatro, Carlo Alessandro era orgoglioso di ospitare alla propria corte Franz Liszt in qualità di direttore straordinario della cappella di corte. Egli promosse il primo contatto tra Liszt e il nonno di Roffredo, Michelangelo 4; in più di un’occasione si recò in visita a Palazzo Caetani mentre Roffredo fu alcune volte suo ospite negli anni Novanta dell’Ottocento. Al granduca Roffredo dedicò «con profondo rispetto» la prima delle sue composizioni pubblicate, il Quartetto d’archi op. 1 scritto nel 18875. Anche dopo la morte di Carlo Alessandro, avvenuta nel 1901, il rapporto di Roffredo con Weimar non si interruppe, giacché nel 1926 vi ebbe luogo la prima del suo melodramma Hypatia.

Bayreuth, in quanto la prima visita di Roffredo al Festival di quella città nell’estate del 1886 rappresenta l’inizio di una lunga serie di viaggi con questa destinazione. La prima volta, all’età di quattordici anni, vi si recò insieme al padre che era un grande ammiratore di Richard Wagner. A poco a poco la permanenza a Bayreuth divenne per Roffredo molto più di una semplice visita al Festival e nell’assumere chiaramente il carattere di un soggiorno di studio divenne parte della sua formazione musicale e musico-teatrale. Spesso egli assistette a più rappresentazioni delle opere che erano in programma per la singola estate. Così nel 1896 seguì tre cicli completi de L’ Anello del Nibelungo. Portava sempre delle partiture con sé e a volte prendeva un pianoforte a noleggio. In particolare l’abitudine di seguire più rappresentazioni di una medesima opera comportava che egli si fermasse normalmente almeno un mese a Bayreuth. In queste occasioni egli era un gradito ospite della vedova di Wagner, Cosima. Il Festival era inoltre un’ottima occasione per conoscere personaggi influenti del mondo musicale internazionale. Uno di quegli incontri sarebbe stato decisivo per la sua affermazione come compositore nella Parigi dei primi anni del nuovo secolo.

4 k. hamburger, Franz Liszt et Michelangelo Caetani, duc de Sermoneta, «Studia Musicologica Academiae Scientiarum Hungaricae», XXI (1979), pp. 239-265.

5 r. caetani, Quartetto (re mag.) per due Violini, Viola e Violoncello, Mainz, B. Schott’s Söhne, [1889]. L’ incarico figura sulla pagina successiva al frontespizio della partitura.

A Magonza ha sede la rinomata casa editrice Schott, che pubblicò la maggior parte della produzione di Roffredo Caetani. Il lunghissimo rapporto tra il compositore e il suo editore diede vita a un nutrito scambio epistolare e dalle lettere di Schott, anch’esse conservate all’Archivio Caetani, si desume che le epistole di Roffredo contengono informazioni estremamente interessanti su un gran numero di aspetti delle sue composizioni. Se le origini del contatto con la casa editrice tedesca non sono state accertate, è però probabile che Giovanni Sgambati, presso il quale Roffredo studiò pianoforte, lo abbia in qualche modo favorito. Le sue opere facevano infatti fin dal 1877 parte del catalogo delle pubblicazioni di Schott6 . Una visita all’archivio di casa Schott consentirà di fare maggiore chiarezza anche su questo punto.

Chi abbia avuto modo di leggere o sentito raccontare qualcosa della vicenda di Marguerite Chapin e Roffredo Caetani ricorderà senz’altro la romantica storia del loro primo incontro a Parigi. Marguerite era all’Opéra con il principe rumeno Emmanuel Bibesco, grande amante dell’arte ed esponente del fior fiore dell’aristocrazia parigina. Avendo invano fatto la corte a Marguerite, era lentamente giunto alla conclusione che forse il matrimonio non le interessava affatto. Lo stesso si era riproposto di trovare l’uomo giusto per lei. Questo era il motivo per cui all’Opéra la presentò a Roffredo pur sapendo che questi aveva deciso di rimanere scapolo. L’ intuizione di Bibesco si rivelerà giusta. «We became engaged in about a minute – just like that», avrebbe dichiarato Marguerite molti anni dopo7.

L’ incontro si svolse nel 1911. Dati interessanti sul soggiorno parigino di Marguerite sono emersi in questi ultimi anni grazie al saggio biografico di Helen Barolini8 e allo studio storico-artistico di Gloria Groom sul pittore

6 Durante una serata musicale a Palazzo Caffarelli a Roma, il 22 novembre 1876, Richard Wagner ebbe occasione di ascoltare i due Quintetti per pianoforte e archi op. 4 e op. 5 di Sgambati, e ne fu talmente colpito da suggerirne la pubblicazione all’editore B. Schott’s Söhne di Magonza (vedi s martinotti, Ottocento strumentale italiano, Bologna, Forni, 1972, p. 434).

7 h. barolini, Yankee Principessa: Marguerite Caetani, in Their Other Side. Six American Women and the Lure of Italy, New York, Fordham University Press, 2006, p. 190.

8 Ibidem, pp. 177-231.

Édouard Vuillard9. Ma che cosa spinse Roffredo a Parigi nel 1911? Lungi dall’aver avuto risposta, questa domanda non è stata mai nemmeno posta.

Roffredo Caetani e la contessa Elisabeth Greffulhe.

Nel quadro della ricerca sugli spostamenti di Roffredo Caetani, sui luoghi dove egli soggiornò per periodi più o meno lunghi, ho potuto accertare che a partire dal 1902 egli fu ogni anno per lungo tempo nella capitale francese. Con l’espressione ‘per lungo tempo’ si intendono, più precisamente, periodi di cinque fino a dieci mesi, che spesso iniziavano a settembre o ottobre. Insomma, tra il 1902 e il suo incontro con Marguerite, Roffredo trascorse molto più tempo a Parigi che a Roma. E la cosa è singolare visto che ogni volta di nuovo egli aveva nostalgia per la cerchia familiare romana. Quello che lo trattenne in quegli anni a Parigi, tuttavia, fu l’ambizione di veder eseguite le sue opere in una delle grandi città europee della musica, di portarle all’attenzione di un pubblico molto critico e di conquistare ancor più difficili critici musicali.

Colei che rese possibile il raggiungimento dell’obiettivo, e di fatto ne condusse la regia, fu la contessa Elisabeth Greffulhe. Nella Parigi della Belle Époque la contessa Greffulhe era una figura di primo piano nell’ambito del mecenatismo musicale. Di importanza paragonabile a quell’epoca vi erano solo Marguerite de Saint-Marceaux, la principessa Edmond de Polignac e la contessa de Béarn. Ognuna interpretava il ruolo di mecenate a proprio modo. Marguerite de Saint-Marceaux riceveva nel suo salotto compositori, musicisti, esponenti delle arti visive e scrittori; la principessa Edmond de Polignac creò con il suo salotto un luogo dove venivano eseguite opere di cui lei stessa era la committente; la contessa di Béarn fece realizzare una gigantesca sala in stile neobizantino adatta ad accogliere esecuzioni di concerti e rappresentazioni di opere liriche e di danza; la contessa Greffulhe tenne un salotto dedicato ad iniziative di carattere musicale, ma volle far sentire la propria influenza anche nella vita musicale pubblica. In un recente studio la musicologa Myriam Chimènes ha mostrato in maniera convincente il rilevante impatto dell’azione del mecenatismo sul mondo musicale parigino tra 1870 e 193010.

9 g groom, An American Princess and the “Féerie bourgeoise”: The Commission for Mlle Chapin, 1910-1911, in Edouard Vuillard. Painter-decorator. Patrons and projects, 1892-1912, London/New York/Sydney/Toronto, BCA, 1994, pp. 179-199.

10 m. chimènes, Mécènes et musiciens. Du salon au concert à Paris sous la IIIe République, Paris, Fayard, 2004.

Roffredo Caetani conobbe la contessa Greffulhe nell’estate del 1902 durante il Festival di Bayreuth11. Quest’incontro segnò l’inizio di una nuova fase nella sua carriera artistica. Una volta tornata a Parigi, la contessa cominciò ad operare come sua mecenate12. Si rivolse ai direttori d’orchestra Camille Chevillard, Édouard Colonne e Sylvain Dupuis, al pianista Alfred Cortot e al violinista Eugène Ysaÿe, per conoscerne la disponibilità ad eseguire le opere musicali del compositore ancora sconosciuto in Francia, del quale inviò anche alcune partiture chiedendo un giudizio al riguardo. L’ appassionata attività di promozione diede i suoi risultati in tempi sorprendentemente rapidi. E già ad ottobre, nello scenario del suo castello di BoisBoudran, non lontano da Parigi, furono eseguiti il Quintetto per pianoforte e archi op. 4 e la Sonata per violino e pianoforte op. 6. I musicisti provenivano dall’orchestra dei Concerti Lamoureux, di cui Chevillard era primo direttore. Due mesi dopo Chevillard eseguì con la sua orchestra il primo dei tre Préludes symphoniques op. 8. La maggior parte delle esecuzioni delle opere di Roffredo effettuate nel decennio seguente il 1902 a Parigi, Bruxelles e Monte Carlo fu conseguenza, più o meno diretta, dell’impegno e degli sforzi della contessa Greffulhe per porgere all’attenzione del mondo della musica l’opera del suo protetto13.

Roffredo stesso ebbe nella propria affermazione un ruolo di rilievo. Quasi sempre presente alle prove – dalle quali affermava di imparare moltissimo – intratteneva inoltre stretti rapporti con direttori e musicisti. Come già detto, tuttavia, era la contessa a condurre la regia ed egli era pronto a seguirne i consigli. Così, in considerazione del recente ingresso sulla scena musicale parigina, essa gli suggerì soprattutto di non richiamare l’attenzione sulle sue origini nobili, poiché questo avrebbe ostacolato pesantemente l’accettazione della sua opera da parte degli «scapigliati musicisti di Parigi»14. Nei primi anni di permanenza nella capitale francese questo riserbo fece sì che, nelle recensioni dei concerti dove venivano eseguite sue opere, l’unico cenno biografico sulla sua persona era che trattavasi di un «jeune compositeur italien».

11 Questo è quanto risulta da una lettera di Roffredo ad Onorato Caetani non datata ma senza dubbio scritta nell’agosto 1902 a Bayreuth (Archivio Caetani, Roma).

12 Alcuni esempi delle iniziative della contessa Greffulhe per promuovere la musica di Roffredo sono menzionate in chimènes, Mécènes et musiciens, pp. 659-661.

13 Nella sua biografia della contessa, Anne de Cossé Brissac si sofferma soprattutto sugli aspetti emozionali del rapporto tra Elisabeth Greffulhe e Roffredo Caetani (a. de cossé brissac, La comtesse Greffulhe, Paris, Librairie Académique Perrin, 1991).

14 Lettera di Roffredo ad Onorato Caetani, Parigi, 25 ottobre 1902.

Una produzione musicale interrotta.

La produzione di Roffredo Caetani è per una parte cospicua precedente la Prima Guerra Mondiale. Egli scrisse oltre la metà delle sue opere tra 1887 e 1905 e nel 1908 iniziò a lavorare al dramma musicale Hypatia. Quest’ultima datazione non coincide con la tesi corrente secondo la quale tale opera sarebbe successiva alla Grande Guerra, una convinzione cui deve aver senz’altro contribuito il fatto che la prima di Hypatia ebbe luogo nel 1926. L’ esame di tutte le fonti rilevanti disponibili, tuttavia, porta a conclusioni molto diverse riguardo alla genesi di questo dramma musicale. La prima bozza del libretto redatto in francese risale al 1908, la versione italiana completa è del 1910. Alla fine del 1913 è pronto l’abbozzo preparatorio dell’intera partitura. Nel maggio 1915, quando l’Italia dichiara guerra all’Austria-Ungheria, l’orchestrazione definitiva è già a buon punto. Come i fratelli Leone, Livio, Gelasio e Michelangelo coinvolto attivamente nel conflitto, Roffredo fece il servizio volontario per oltre un anno, dalla fine del maggio 1916 alla fine dell’agosto 1917. Egli riprese poi il lavoro e portò a termine la partitura di Hypatia nel 1918.

La corretta datazione di Hypatia evidenzia nell’attività creativa di Roffredo una lunga stasi finora passata inosservata. Terminata la Grande Guerra, infatti, ha inizio un periodo di totale assenza di composizioni che si protrarrà fino alla metà degli anni Trenta. Dopo questa fase, egli scrive oltre all’opera L’ Isola del Sole soltanto alcune brevi composizioni strumentali e vocali-strumentali.

Non è facile indicare il perché l’ispirazione compositiva lo abbandonasse così a lungo o per quali ragioni egli non si dedicasse per tanto tempo all’arte. Per il momento non possiamo che constatare che faccende diverse dal comporre ebbero, e forse dovettero avere, la precedenza. Ne citerò quattro. Anzitutto la cura della porzione di patrimonio immobiliare di Casa Caetani avuta in eredità alla morte di Onorato e poi aumentata considerevolmente in seguito alla scomparsa del fratello Gelasio nel 1934; in secondo luogo lo sviluppo – a partire dal 1920 – della Villa Romaine a Versailles a luogo di ritrovo per intellettuali e artisti, dove Roffredo assisteva la consorte Marguerite; terzo, il progetto, straordinariamente impegnativo in termini di tempo e di energie, per realizzare le diverse rappresentazioni di Hypatia a Weimar (1926), a Düsseldorf (1927) e poi a Basilea (1937); e infine i preparativi – dal 1925 – per la costruzione a Roma di una villa per la famiglia15. Vi è un’altra domanda, ugualmente interessante, che attende una risposta, e cioè che cosa lo spinse nel 1936, dopo aver deposto la penna per due decenni, a tornare nuovamente a comporre.

Influssi tedeschi e francesi.

Dopo aver composto il suo Quartetto d’archi op. 1 (1887) all’età di soli quindici anni, Roffredo Caetani scrisse per due decenni esclusivamente musica strumentale: opere per pianoforte solo, per diversi complessi da camera e per orchestra. La sua produzione musicale di questi anni si inserisce pienamente nel quadro della rinascita della musica strumentale in Italia, un movimento che iniziò a manifestarsi già all’indomani dell’unità nazionale e che produsse effetti tanto sul piano della produzione musicale che su quello dell’attività concertistica16. Importanti pionieri di questo movimento come Giovanni Sgambati e Giuseppe Martucci furono attivi in entrambi i campi. Insieme ad altri compositori che condividevano i loro ideali, come Marco Enrico Bossi e Leone Sinigaglia, essi si orientarono verso i grandi esempi della tradizione austro-tedesca della musica strumentale come Beethoven, Mendelssohn, Schumann, Brahms e Liszt. L’ influenza di questa tradizione è percettibile anche nelle opere strumentali di Roffredo, senza risultare però predominante né ostacolare lo sviluppo di un suo idioma personale. Non sorprende l’orientamento verso la poetica musicale austro-tedesca in un allievo di Sgambati, a sua volta allievo di Liszt. Ma ora che è accertato che fin dal 1902 Roffredo soggiornò ogni anno per lunghi periodi a Parigi, e naturalmente prese anche parte alla ricca vita culturale della città, l’attenzione si ferma involontariamente sul fatto che vi è pochissima ‘Parigi’ nelle opere composte in quegli anni: la Passacaglia per orchestra (1903), la Ballata per orchestra (1904), il Quartetto d’archi op. 12 (1905) e l’opera Hypatia (1908-1918)17. I nuovi universi musicali di Gabriel Fauré, Claude Debussy o

16 Pubblicato quasi quarant’anni fa, nel 1972, l’innovativo saggio Ottocento strumentale italiano di Sergio Martinotti (vedi n. 6) è tuttora un testo basilare per ogni ricerca sull’argomento. Negli anni passati sono apparsi contributi interessanti sulla dimensione musicale, su quella estetica e su quella storico-culturale del fenomeno, fra i quali: g. salvetti, I quartetti di Beethoven nella “rinascita strumentale italiana” dell’Ottocento, «Analecta Musicologica», XXII (1984), pp. 479-495; m pessina, Il repertorio sinfonico italiano 1861-1884, «Quaderni del Corso di Musicologia del Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano» 3 (1995), Musica strumentale dell’Ottocento italiano, a cura di g salvetti, Lucca, Libreria Musicale Italiana, 1997, pp. 11-136; r. valsecchi, Aspetti del quartettismo italiano dopo l’unità, ibidem, pp. 137-164.

17 Pur trattandosi della trascrizione di una delle Composizioni per pianoforte op. 9, risalente al 1899 circa, la Ballata per orchestra viene qui menzionata in quanto la sua orchestrazione si colloca nel periodo parigino di Roffredo.

Maurice Ravel sembrano aver avuto a stento una qualche influenza su queste composizioni. Evidentemente Parigi era per Roffredo anzitutto un podio per la propria musica e non una fucina di rinnovamento musicale. Quando egli giunse in quella città i fondamenti del suo idioma musicale personale erano già interamente definiti. E il più importante di quei fondamenti è forse un’armonia tonale che è arricchita cromaticamente ma conserva i propri rapporti funzionali. In quel quadro armonico egli trovò spazio sufficiente per dispiegare la propria creatività compositiva. Altra caratteristica fondamentale è la strumentazione delicata, presente fin dalla sua seconda opera per orchestra, i Préludes symphoniques op. 8, la cui composizione si colloca poco prima della fine del secolo. Il cambiamento che intervenne quasi dieci anni dopo l’Intermezzo sinfonico per grande orchestra op. 2 (1889-1890), caratterizzato da un’orchestrazione un po’ pesante, potrebbe derivare dalla ricezione dell’arte della strumentazione francese fin de siècle. All’inizio del primo Prélude symphonique si incontrano particolari che confermano quest’ipotesi: gli archi sono divisi e suonano con sordina, la dinamica prescritta è pianissimo, l’arpa conferisce mediante arpeggi alcuni accenti di colore. Si tratta di particolari riscontrabili ad uno ad uno anche sulle prime pagine del Prélude à l’après-midi d’un faune (1894) di Debussy. Roffredo aggiunse peraltro alla sua tavolozza orchestrale l’arpa, tanto caratteristica del colorito dell’impressionismo francese, per la prima volta nei Préludes symphoniques.

Il «jeune compositeur italien» sembra insomma aver incorporato un aspetto specifico della musica moderna francese nel proprio idioma musicale, questo però alcuni anni prima che Parigi divenisse la sua seconda dimora.

Un direttore, un pianista e un compositore esprimono il proprio giudizio.

Nell’ottobre 1902, poco dopo aver conosciuto Roffredo a Bayreuth, la contessa Greffulhe chiese a Camille Chevillard e ad Alfred Cortot di esprimere un parere su alcune partiture del compositore che essa aveva fatto pervenire loro. Entrambi i musicisti diedero seguito alla richiesta e le risposero con una lettera. Lasciando da parte ogni frase di circostanza, essi dicono, così sembra, la loro opinione senza reticenze. Ciò rende questi documenti ancor più interessanti18.

Chevillard scrisse la sua lettera dopo aver assistito alle prove di musicisti della sua orchestra, che dovevano eseguire il Quintetto per pianoforte e archi op. 4:

18 Le epistole in questione sono approdate all’Archivio Caetani perché all’epoca, dopo averle lette, la contessa Greffulhe le inoltrava a Roffredo.

J’avais assisté à l’une de leurs répétitions et j’avais trouvé de réelles qualités dans le quintette du maestro Caetani, surtout dans les deux dernières parties, car le premier morceau de cette composition m’a semblé trop long.

Je ne serais pas surpris que les oeuvres de Mr. Caetani pêchassent par excès de longueur, ce défaut me semble être un des principaux de son intermezzo19 qui me ne semble pas en cela être d’accord avec son titre. aussi j’ai hâte de connaître d’autres oeuvres de cet artiste 20

(Ho assistito a una delle loro prove e potuto apprezzare qualità autentiche nel quintetto del maestro Caetani, soprattutto negli ultimi due movimenti, perché il primo mi è sembrato troppo lungo.

Non mi sorprenderebbe scoprire che le opere del M r. Caetani soffrono di eccessiva lunghezza; mi sembra uno dei principali punti deboli del suo intermezzo, che sotto quest’aspetto non mi sembra coerente con il titolo. non vedo perciò l’ora di conoscere altre opere di questo artista.)

Il venticinquenne Alfred Cortot, ancora agli inizi della sua considerevole carriera, scrisse:

Je viens de finir la lecture des trois oeuvres de M. Gaètani et je me permet de vous exprimer ma reconnaissance pour m’avoir donné la rare surprise de faire la connaissance d’un vrai et sincère musicien.

Le quintette surtout me plait infiniment; c’est une oeuvre élégante, solide et sérieusement conçue à la manière de Brahms.

L’ Intermezzo pour orch. me parait un peu uniforme de pensée et d’écriture, un peu lourd d’orchestre; au demeurant une oeuvre puissante.

Mais puis-je vous l’avouer?, le Trio21 me déplait totalement. On n’y trouve point les qualités d’inspiration et de facture du quintette; ce n’est autre chose qu’une honorable oeuvre d’élève.

Malgré ces quelques critiques, après la lecture de ces trois ouvrages, on a la réelle sensation d’être en présence d’une absolue valeur musicale. Je ferai certainement jouer le quintette chez moi.

(Ho appena finito di leggere le tre opere del M. Gaètani e mi permetto di esprimerle la mia gratitudine per la straordinaria sorpresa che mi ha procurato nel farmi conoscere un musicista autentico e genuino.

Soprattutto il quintetto mi piace molto; si tratta di un componimento elegante, solido e concepito seriamente alla maniera di Brahms.

19 Intermezzo sinfonico per grande orchestra op. 2 (1889-1890).

20 Lettera di Camille Chévillard alla contessa Greffulhe, 16 ottobre 1902 (Archivio Caetani, Roma). Si riporta il testo della lettera presente e di quella seguente senza alcun intervento redazionale.

21 Trio per pianoforte, violino e violoncello op. 5 (1894-1895).

L’ Intermezzo per orchestra mi sembra leggermente uniforme quanto a concezione e composizione, orchestrato in modo un poco pesante; ma a parte questo è un’opera potente.

Il Trio – posso essere sincero? – è invece una delusione. Mancano completamente sia l’ispirazione che la qualità compositiva del quintetto; non è altro che un onesto lavoro d’allievo.

Malgrado questi rilievi ho davvero l’impressione che si tratti di un talento musicale assoluto.

Sarò lieto di eseguire il quintetto a casa mia.)

Nel gennaio 1905, nel quadro dei Concerti Lamoureux, furono eseguiti due movimenti della Suite per orchestra op. 10 (1900) sotto la direzione di Pietro Mascagni. Su Le Figaro apparve una recensione scritta dal compositore Gabriel Fauré:

Hier, M. Mascagni, qui cette fois encore dirigeait l’orchestre aux ConcertsLamoureux, faisait entendre, en première audition, deux pièces intéressantes, essentiellement musicales et d’excellente tenue: l’ »Adagio« et le »Scherzo« de la Suite en si mineur de M. Roffredo Caetani.

La phrase principale de l’Adagio – qui fait un peu songer à une voix dans la nuit, sous les étoiles, – ample, expressive, se déroule et se prolonge de façon toute naturelle et dans une belle et chaude sonorité. Quant au Scherzo, très symphoniquement traité, il est construit, écrit et orchestré avec un soin, un art et une dextérité qui s’élèvent singulièrement au-dessus du »laisser aller« qu’affecte parfois la nouvelle école italienne.

Ces deux compositions de M. Caetani ont été très favorablement accueillies.

(Ieri Mascagni, che stavolta ha diretto l’orchestra dei Concerti Lamoureux, ha effettuato la prima esecuzione di due brani interessanti, molto armoniosi e di eccellente livello: l’ Adagio e lo Scherzo della Suite in si minore del M. Roffredo Caetani. Il tema principale dell’ Adagio – che ricorda vagamente una voce nella notte sotto un cielo stellato – è un’ampia melodia espressiva, che si dispiega con grande naturalezza ed è incastonata in un suono bello e caldo. Lo Scherzo, decisamente sinfonico, è modellato, scritto e orchestrato con una cura, un’abilità artistica e una perizia che spiccano in modo notevole rispetto al »laisser aller« che a volte caratterizza la nuova scuola italiana.

Le due composizioni del M. Caetani hanno avuto un’ottima accoglienza da parte del pubblico.)

Queste tre voci di oltre un secolo fa tornano oggi ad avere una chiara funzione: ci ricordano che la musica di Roffredo Caetani non deve rimanere nascosta negli archivi, e merita di essere riscoperta da storici della musica, musicisti e pubblico.

LA CORRISPONDENZA DI MARGUERITE CAETANI*

Alle origini della mia ricerca sulla rivista «Commerce». Ai fini di un inquadramento generale della ricerca in oggetto sarà utile illustrare le vicende che mi hanno condotta all’Archivio Caetani. Dopo aver concluso la tesi di laurea specialistica alla Facoltà di Lettere dell’Università di Amsterdam, ambivo a intraprendere la carriera accademica e per realizzare quest’aspirazione occorreva anzitutto redigere un’altra tesi, una tesi di dottorato. Seguendo le indicazioni del mio relatore, docente di Letteratura italiana, approdai alla scoperta del periodico «Commerce». La rivista, consultabile in Olanda in originale nella biblioteca universitaria di Amsterdam e in quella di Groningen, conteneva infatti poesie di Giuseppe Ungaretti1 oggetto di un saggio del professore Pieter de Meijer, che era per l’appunto il mio relatore di tesi 2. «Raccolga tutto quanto è stato scritto su quella rivista», fu la sua consegna da sviluppare nella tesi. Nella ricerca di articoli di carattere generale emersero in effetti alcuni studi interessanti sull’argomento3, tuttavia la totale

* Traduzione dall’olandese a cura di Cecilia Tavanti, Roma.

1 Giuseppe Ungaretti, Appunti per una poesia, «Commerce», IV; Appunti per una poesia (2), «Commerce», XII. La prima serie è composta da sette poesie che sono dedicate ‘a Benito Mussolini, in segno di gratitudine’. La seconda serie, anch’essa di sette poesie, è scritta, come la prima, in italiano e poi tradotta in francese dall’autore stesso. Ambedue le versioni sono accolte in «Commerce», XII: i testi in lingua italiana sono nella pagina sinistra quello francese nella pagina destra. La seconda serie è dedicata a Léon-Paul Fargue (cfr. s. levie, Commerce 1924-1932. Une revue internationale moderniste, Roma, Fondazione Camillo Caetani, 1989, p. 190 e segg.).

2 d aristodemo e p de meijer, Varianti di una stagione francese di Ungaretti Atti del Convegno Internazionale su Giuseppe Ungaretti, (Urbino 3-6 ottobre 1979), Urbino, Edizioni Quattroventi, 1979, pp. 111-144.

3 Individuai all’epoca sette articoli (cfr. levie, «Commerce», capitolo I, in particolare pp. 15, 16, note 4 e 7). La mia ricerca progredì soprattutto grazie agli articoli di Iris Origo e Giovanni Macchia (cfr. i origo, Marguerite Caetani, «Atlantic Monthly», CCXV, 1965,

ISBN (stampa) 978-88-6372-436-3 – www.storiaeletteratura.it assenza di saggi monografici dedicati al periodico fu per la sottoscritta motivo per fare di «Commerce» il tema della propria dissertazione.

La compilazione di un indice dei ventinove numeri di «Commerce» evidenziò ovviamente il marcato taglio internazionale del periodico (tra i tanti nomi vi erano quelli di T.S. Eliot e Virginia Woolf, Rainer Maria Rilke e Friedrich Nietzsche, Alexander Puškin e Leonid Pasternak) ma al contempo anche l’assoluta prevalenza degli autori francesi. «Commerce» aveva inoltre tre redattori francesi, che erano Paul Valéry, Léon-Paul Fargue e Valery

Larbaud: decisi dunque di recarmi a Parigi.

Del nome di Marguerite Caetani, tuttavia, la mecenate del periodico che dietro le quinte aveva le funzioni di caporedattore e in quelle vesti intratteneva un nutrito scambio epistolare con gli autori ammessi a pubblicare su «Commerce» – di nazionalità francese, tedesca, austriaca, italiana, britannica, americana e russa – non vi era alcuna traccia nella rivista. Al principio di questa mia indagine, dunque, non sapevo ancora che l’archivio di Palazzo Caetani racchiudesse un corpus di lettere che per qualunque storico della letteratura interessato alla letteratura internazionale del Novecento è come manna dal cielo.

Nel 1981 andai quindi un po’ alla ventura a Parigi e in seguito a Vichy, la cui Bibliothèque Municipale custodisce l’eredità di Valery Larbaud. La bibliotecaria conosceva nome e indirizzo dell’erede della famiglia Caetani, che avrei dovuto interpellare per la consultazione e la citazione delle epistole individuate a Parigi e Vichy. Fu così che scrissi a Sir Hubert Howard, a Palazzo Caetani a Roma, ottenendo poco tempo dopo, con grande gioia, non solo l’autorizzazione scritta ad esaminare un gruppo di lettere che Marguerite Caetani aveva inviato negli anni Venti e Trenta ad una serie di autori francesi, tra i quali André Gide, ma anche un suo invito a venire a Roma4.

Arrivata a Roma nel gennaio 1982, telefonai alla Fondazione Caetani. Mi fu detto che ufficialmente l’archivio era ancora chiuso per le ferie natalizie, ma considerato che venivo nientemeno che da Amsterdam e munita di un invito di Sir Hubert Howard in persona, sarei potuta passare qualche giorno dopo, il pomeriggio verso le cinque e mezza. Così feci e quella fu la pp. 81-88; g. macchia, Biografia di una rivista: “Commerce”, Il paradiso della ragione, Torino, Einaudi, 1972, pp. 378-386). prima volta che salii con l’ascensore, suonai e attesi che la porta si dischiudesse. E chi venne ad aprire? Osvaldo Carpifave. Molti dei frequentatori dell’archivio vi avranno incontrato Osvaldo nel corso degli anni Ottanta. All’epoca in cui Sir Hubert viveva ancora, Osvaldo godeva di buona salute ed era un uomo cordiale e disponibile. Negli anni che seguirono alla morte di Howard, la sua famiglia conobbe momenti molto difficili mentre la sua salute andò gradualmente peggiorando. Ho l’impressione che all’epoca in cui stava bene Osvaldo fosse per Luigi un valido sostegno nella gestione quotidiana dell’archivio.

4 Hubert Howard concesse l’autorizzazione dalla sua abitazione nel Cumberland, Lyulph’s Tower, scrivendo tra le altre cose: «All’Archivio Caetani è conservato abbondante materiale documentario di grande importanza su ‘Commerce’, che sarebbe per Lei interessante consultare. There is a great deal of very important documentary material about ‘Commerce’ in the Archivio Caetani which it would be in your interest to consult» (lettera del 28 agosto 1981 di Sir Hubert Howard a Sophie Levie).

Ed ecco menzionato il nome di Luigi Fiorani. Fu ovviamente lui nel gennaio 1982 a mostrarmi per la prima volta qualcosa del materiale che tanto ha significato e tuttora significa per la mia carriera accademica.

Dopo quel primo rapido esame del contenuto dell’armadio dove sono custoditi i raccoglitori delle lettere inviate dagli autori di «Commerce» a Marguerite Caetani, tornai all’archivio nel giugno 1982 e per un mese mi dedicai alla trascrizione di lettere, a partire da quelle del francese Marcel Achard fino a quelle dell’inglese Virginia Woolf. Da quella prima visita a Palazzo Caetani sono trascorsi poco meno di trenta anni durante i quali sono tornata quasi ogni anno un paio di volte, dapprima come dottoranda dell’università di Nimega, quindi come professoressa associata all’Università di Utrecht e dal 2001 in qualità di docente dell’Università di Nimega. Tutte quelle visite all’Archivio Caetani avvenivano in nome della ricerca che svolgevo sul periodico «Commerce» e ogni volta Luigi Fiorani si informava con sincero interesse come procedesse il lavoro e di quali autori mi stessi occupando in quel momento.

Un’edizione di tutte le lettere del periodo di « Commerce».

Su richiesta di Hubert Howard il 15 marzo 1985 tenni presso l’Archivio una conferenza per presentare i primi risultati delle mie indagini 5. Furono scattate anche delle foto in quell’occasione e ricordo molto bene Luigi Fiorani in piedi nel vano della porta, come un ‘padre’ un po’ preoccupato. E ricordo come al termine della conferenza preferisse declinare l’invito del direttore del Reale Istituto Olandese di Roma ad unirsi alla piccola compagnia internazionale che andava a mangiare al ristorante. Dopo quella conferenza Hubert Howard mi chiese se fossi interessata a pubblicare le lettere degli autori di «Commerce» in modo da far conoscere all’esterno quel pre- zioso materiale. In particolare gli premeva che anche il mondo anglosassone potesse apprezzare vastità e portata dell’importante lavoro che la suocera ha svolto per singoli autori e in generale per la letteratura internazionale del periodo interbellico. Mi raccontò come, quando era a Palazzo Caetani, egli avesse più di una volta portato su in casa una delle cartelle contenenti i vari carteggi e letto, tanto per fare un esempio, quello che Rilke aveva scritto in francese (!) a Marguerite. Egli si adoperò persino per contattare la consorte di T.S. Eliot promuovendo in tal modo uno scambio: le lettere di Eliot che sono custodite qui a Roma vennero copiate e spedite in Inghilterra, mentre dall’Inghilterra veniva inviato un pacchetto contenente tutte le lettere che Tom aveva scritto a Marguerite.

5 s. levie, Il ruolo di Marguerite Caetani nella letteratura europea 1924-1932, Roma, Fondazione Camillo Caetani, 1985, (Quaderni della Fondazione Caetani», V).

Inutile dire quanto mi sentissi onorata da quella proposta e accettai dunque con entusiasmo. Il giorno seguente Luigi, con il quale Howard aveva ovviamente parlato del progetto, venne da me e insieme iniziammo a predisporre i preparativi per la pubblicazione di tutte le lettere di «Commerce», come eravamo ormai soliti chiamarle.

La casa editrice sarebbe stata le Edizioni di Storia e Letteratura, cui Luigi era legato da ottimi rapporti. Venne dunque programmata una visita a Via Lancellotti dove Luigi mi presentò a Maddalena De Luca. Quella fu una delle poche occasioni in cui feci quattro passi per Roma in compagnia di Luigi. Ricordo perfettamente che camminava con passo talmente spedito da obbligarmi di tanto in tanto ad accelerare per non perderlo di vista. Secondo i piani sarebbe stata pubblicata presso le Edizioni di Storia e Letteratura anzitutto la mia dissertazione su «Commerce», poi in un secondo momento anche le lettere dei redattori di «Commerce» (Paul Valéry, Léon-Paul Fargue e Valery Larbaud) e tutti gli altri autori di «Commerce» di cui l’Archivio Caetani custodisse del materiale. Su richiesta della Fondazione e della casa editrice, e da queste autorizzata, cercai di promuovere anche in relazione ad altri autori uno scambio di lettere simile a quello realizzato nel caso di T. S. Eliot. L’ iniziativa diede qualche risultato, il numero di lettere superstiti di Marguerite Caetani risultò tuttavia molto più modesto di quanto sperato in partenza. A causa di circostanze e impedimenti di varia natura, molto tempo è trascorso prima che i progetti concepiti a fine anni Ottanta potessero essere realizzati. Non era facile individuare una formula in grado di raccogliere il consenso di tutti gli interessati e soddisfare nello stesso tempo i criteri internazionali vigenti per l’edizione di un carteggio. Nel frattempo trascrivevo tutte le lettere francesi, inglesi, italiane e tedesche relative al periodo di «Commerce» e facevo controllare i testi da ‘native speakers’, tanto che ormai ho più di mille lettere su computer, che attendono di essere pubblicate. Luigi mi esortava a essere soprattutto prudente con il materiale raccolto e insisteva perché le lettere venissero pubblicate tutte in un’unica occasione. Dal momento che ritenevo l’idea di difficile realizzazione espressi più volte le mie perplessità e mi dichiarai a favore di una collaborazione con specialisti delle diverse letterature nazionali interessate, e dunque la francese, l’anglosassone, l’austro-tedesca, l’italiana e la russa. Secondo il piano di pubblicazione di cui ero fautrice, il primo volume avrebbe accolto le lettere degli autori francesi, quello seguente le lettere degli autori anglosassoni e così via. Una simile sistemazione avrebbe consentito ai documenti di funzionare nel modo più significativo nell’ambito della specifica storia letteraria nazionale. Se poi al progetto, e in particolare nel predisporre l’apparato delle note, avesse preso parte un esperto di letteratura francese fra le due guerre e poi uno di letteratura inglese, e via dicendo, questo non poteva che essere utile al lancio delle lettere. Oltretutto frequentemente arrivavano richieste francesi, nonché da altri paesi, per poter esaminare le lettere. Luigi Fiorani sembrava riconoscere la validità dell’impianto che proponevo, eppure continuò a tener fede al proposito di raccogliere tutto il materiale in un unico grosso tomo.

Il primo volume: la corrispondenza con gli autori di lingua tedesca.

In qualunque paese del mondo, e l’Olanda non fa certo eccezione, il consiglio di facoltà vuole vedere risultati concreti delle ricerche condotte dai propri docenti e per me divenne quindi urgente approdare alla pubblicazione. Nel settembre 2008 tenni una conferenza a Parigi nell’ambito di un convegno incentrato sulla presenza di Rilke in quella città negli anni Venti. Parlai delle poesie francesi di Rilke apparse su «Commerce» e citai dei passi delle sue lettere a Marguerite Caetani6. Alcuni celebri studiosi di Rilke presenti tra il pubblico si mostrarono ben informati dell’esistenza di lettere sue e di altri autori di lingua tedesca presso la Fondazione Camillo Caetani e uno di loro, Klaus Bohnenkamp, manifestò il proprio interesse a collaborare alla pubblicazione del materiale. D’intesa con il vice-presidente Antonelli e Caterina Fiorani, è stata quindi in tempi brevissimi predisposta una collaborazione con il risultato che all’inizio del 2011 è stato consegnato per la stampa alle Edizioni di Storia e Letteratura il primo volume della Corrispondenza di Marguerite Caetani. Non meno importante è il risultato delle ricerche di Bohnenkamp, che negli archivi tedeschi ha rintracciato oltre cento lettere di Marguerite che sono raccolte nell’opera7. Il lettore avrà dunque modo di seguire uno scambio epistolare effettivo e vedrà non solo le lettere degli autori di «Commerce» ma anche in che modo Marguerite Caetani discorresse con loro di letteratura, di politica e di quell’internazionalizzazione della vita letteraria che essa tanto auspicava.

6 s. levie, “L’ in-employable par excellence”. Lettres de Rainer Maria Rilke à Marguerite Caetani, in Rilkes Paris 1920-1925, Neue Gedichte. Im Auftrag der Rilke-Gesellschaft herausgegeben von e. unglaub – j. paulus, «Blätter der Rilke-Gesellschaft», XXX (2010), pp. 149-161.

Il progetto «Commerce».

Apparsa nel 1989 come primo numero della collana «Studi e Documenti d’archivio», la mia tesi di dottorato delineava un profilo del periodico sulla scorta dei dati contenuti nelle lettere che a Marguerite Caetani scrissero i membri della redazione e alcuni autori di «Commerce»8. Non essendo mai stato formulato alcun programma redazionale, il mio unico punto di riferimento, a parte ovviamente i numeri della rivista stessa, erano proprio le lettere. Sulla base dei testi degli autori ammessi a pubblicare su «Commerce» e della loro posizione nell’ambito delle rispettive letterature nazionali (la francese, l’inglese, la tedesca e così via) definii il periodico come modernista. Mediante questo termine, ormai generalmente diffuso nella storiografia letteraria per indicare innovatori moderati come Paul Valéry e Valery Larbaud, T.S. Eliot e Virginia Woolf, Rainer Maria Rilke e Hugo von Hofmannsthal, ho assegnato al periodico, appena noto negli studi sulle letterature internazionali, un posto nella storia della letteratura tra le due guerre. «Commerce» aveva la singolare abitudine di pubblicare esclusivamente testi primari, senza fornire alcun aiuto al lettore con informazioni più dettagliate circa un autore e la sua opera. Altra caratteristica era il fatto che tutti i testi venivano tradotti in lingua francese, la rivista del resto veniva pubblicata a Parigi. Un ultimo particolare di rilievo della sua poetica era la marcata esibizione del legame con la tradizione: ogni numero di «Commerce» presentava un cosiddetto ‘ancien texte’.

A quell’epoca, negli anni Ottanta, il mio obiettivo principale era quello di inquadrare nell’ambito della storia della letteratura una simile impresa letteraria cosmopolita. In altri termini, stabilire in che modo il periodico dovesse essere classificato. Ipotizzando di scrivere nuovamente un saggio sull’argomento oggi, a distanza di venticinque anni, porrei in evidenza elementi diversi e in linea con gli sviluppi della scienza della cultura mi soffermerei più diffusamente sulle iniziative di Marguerite Caetani come mecenate. Designerei con il termine attuale ‘cultural transfer’ il cospicuo impegno profuso da Marguerite Caetani e dai redattori del periodico per l’internazionalizzazione della letteratura. E la tensione esistente tra desiderio degli autori di «Commerce» di conquistare notorietà al di fuori dell’area linguistica di appartenenza e la perplessità visibile in numerosi passaggi della corrispondenza allorché l’autore si confrontava con la traduzione francese del proprio testo, la definirei come la volontà di serbare la propria identità linguistica e semantica. Un esempio davvero molto bello di questo è il giudizio che il filosofo Rudolf Kassner, dopo aver visto la versione francese del suo saggio in tedesco, scrisse a Marguerite Caetani ‘ich liebe mich nicht auf Französisch’, ‘non mi piaccio in francese’.

7 Le lettere di Marguerite Caetani rinvenute di recente sono custodite nell’archivio privato degli eredi di Rilke, presso lo Schweizerisches Rilke-Archiv a Berna e il Deutsches Literaturarchiv a Marbach am Neckar.

8 s. levie, Commerce 1924-1932. Une revue internationale moderniste, Roma, Fondazione Camillo Caetani, 1989.

Il seguito del progetto di edizione delle lettere.

Fortunatamente ho avuto l’opportunità di integrare questa nuova visione dell’imprenditorialità culturale di Marguerite Caetani e di «Commerce» con i miei studi del passato nel contesto della premessa al volume contenente le lettere degli autori di lingua tedesca che, come già segnalato, è andato alle stampe agli inizi del 2011 ed è uscito nel 2012. Il progetto prevede inoltre la pubblicazione, sotto la direzione della sottoscritta, delle lettere degli autori delle altre lingue nell’ambito di collaborazioni con specialisti delle diverse letterature. L’ augurio è che vengano reperite lettere di Marguerite Caetani anche nelle biblioteche e negli archivi francesi, inglesi e italiani, così che anche questi volumi si configurino come scambi epistolari9.

Con mio sommo dispiacere Luigi Fiorani non assisterà alla pubblicazione di questi volumi di epistole, ma sono certa che avrebbe approvato l’evoluzione che il progetto ha avuto in questi ultimi due anni e di cui ha ancora visto le battute iniziali. Sebbene sia trascorso tanto tempo tra l’inizio dell’impresa e il raccolto, che ora è possibile mietere, la nostra visita alle Edizioni di Storia e Letteratura a via Lancellotti continua per me ad esserne il punto di partenza. Con profonda gratitudine ripenso all’atteggiamento caloroso con cui mi ha accolto per tutti quegli anni all’Archivio Caetani, al pomeriggio in cui insieme leggemmo le lettere di Giuseppe Ungaretti ed egli corresse gli errori che avevo commesso nel mio dattiloscritto. Ricordo poi molto bene quella volta che trovandosi Hubert Howard a Ninfa con le chiavi dell’armadio delle lettere io non potevo lavorare perché i cassetti erano irrimediabilmente chiusi e Luigi mi consolò con la granita di caffè con panna più grande che io abbia mai visto. Luigi chiamò con una certa regolarità Amsterdam per discutere di questioni concernenti la ricerca. In un rigidissimo gennaio, quando l’Olanda fu colpita da gravi inondazioni, egli telefonò per sincerarsi che fossimo al sicuro. Desidero concludere con la saggia lezione che volle darmi quando, autore scientifico alle prime armi a metà degli anni Ottanta, mi misuravo a fatica con la scrittura del mio primo testo su «Commerce», a suo avviso un po’ scarno. Luigi mi insegnò: ‘un buon autore è sempre in grado di ampliare il proprio testo.’ Ancor oggi queste sue parole aleggiano spesso intorno a me mentre scrivo un articolo.

Conclusioni

Buona parte dei relatori intervenuti all’interessante convegno organizzato in onore di Luigi Fiorani dalla pietà filiale di Caterina e dalla devozione amicale di Domenico Rocciolo – colgo l’occasione per ringraziarli dell’invito – hanno accompagnato la trattazione di un tema storico o storiografico legato alla sua produzione con la rievocazione di momenti o aspetti di una conoscenza diretta e personale. Vorrei anch’io iniziare questo intervento conclusivo con il ricordo della sua amicizia. Ho conosciuto per la prima volta Luigi verso la metà degli anni Settanta – non riesco a ricostruire la data esatta, ma stavo senza dubbio lavorando al rapporto tra religione e politica nell’età della Rivoluzione francese: probabilmente svolgevo gli ultimi controlli per il libro sulla collaborazione tra Mirabeau e Lamourette – durante un soggiorno di studio alla Biblioteca Apostolica Vaticana; l’ho rivisto per l’ultima volta nel settembre del 2008, quando, per una fortuita coincidenza, percorremmo assieme il breve tratto di strada tra l’uscita della metropolitana e l’aula dell’Università di Roma Tre in via Ostiense dove si svolgeva il convegno in onore di Pietro Stella.

In questo arco di tempo le occasioni di frequentazione non sono state continue né numerosissime; eppure mi pare di poter dire che i diversi incontri (di solito alla Vaticana, ma talora anche a Palazzo Lancellotti, all’École française de Rome e in altre sedi, per simposi o seminari) hanno approfondito un rapporto amicale che fin dall’inizio si era impiantato su una solida base. In quel primo colloquio mi avevano infatti assai colpito la sua curiosità intellettuale – espressa attraverso domande precise e incalzanti – per le ricerche che stavo conducendo e la conseguente indicazione di puntuali riferimenti bibliografici e documentari nella prospettiva di arricchire l’indagine. A quelle date non conoscevo le rassegne settecentesche su «Studi romani», sulla cui funzione di apprendistato storiografico ha richiamato l’attenzione, con la consueta finezza e lucidità, la relazione di Mario Rosa. Ed anche ignoravo la pubblicazione del saggio e del volume dedicati a Onorato Caetani,

ISBN (stampa) 978-88-6372-436-3 – www.storiaeletteratura.it il cui significato di scavo in ordine al confronto tra cattolicesimo e mondo moderno ha ben delineato l’intervento di Massimo Cattaneo: li avrei scoperti qualche anno più tardi, dopo la lettura del Concilio romano del 1725. Ma, anche se Luigi si guardò bene dal ricordarmi il suo lavoro su questioni affini a quelle che stavo indagando, secondo uno stile di discrezione in ordine ai risultati storiografici personalmente conseguiti che tutti i suoi conoscenti possono testimoniare, sul terreno di un comune interesse alla storia della cultura religiosa del Settecento si stabiliva un iniziale scambio intellettuale che sarebbe continuato per tre decenni.

Lo avrebbe ben presto consolidato la riconoscenza per la generosa disponibilità di Luigi ad aiutare gli studi che via via affrontavo con preziosi suggerimenti di fonti ed anche con la predisposizione di qualche fotocopia di materiali di non facile reperimento da parte di chi poteva meno agevolmente accedere dell’archivista della Vaticana allo straordinario patrimonio delle biblioteche romane. Ma direi che l’elemento su cui si saldò definitivamente la nostra amicizia va individuato nella solidarietà – spesso implicita e silenziosa, ma non per questo meno effettiva – tra studiosi che condividevano una valutazione di fondo circa la necessità di intraprendere il percorso che, in seguito all’aggiornamento conciliare, sembrava essersi dischiuso alla pratica della storia religiosa nel nostro paese. Ci accomunava infatti una persuasione: la scarsa considerazione per questo ambito di studi – emblematicamente palesata dalla loro assenza nella più rilevante impresa storiografica, la Storia d’Italia Einaudi, messa in opera in quegli anni – aveva ragione non solo nel pregiudizio ideologico di pur dotati e valenti studiosi circa la mancanza di autonomia del fattore religioso nel divenire della vita collettiva, ma anche nei ritardi con cui veniva praticata nella penisola la storia delle chiese. Ci sembrava insomma che, se si voleva contribuire alla corretta ricostruzione di un passato in cui il richiamo alla religione aveva giocato un ruolo centrale nella vita concreta degli uomini, fosse indispensabile aggiornare – secondo quella linea di apertura al moderno che il Vaticano II aveva promosso in diversi altri campi relativi alla presenza della chiesa nella società contemporanea – anche l’analisi delle vicende storiche del mondo cattolico.

Non si trattava solo del fatto che il concilio, richiamando l’attenzione su nuove dimensioni della realtà ecclesiale, aveva prospettato ambiti di indagine che potevano facilmente convergere con questioni ben presenti e dibattute nella migliore ricerca storica di quel periodo. Certo anche questo elemento aveva una sua rilevanza e penso che non a caso su alcuni temi sollecitati dal rinnovamento conciliare – ad esempio l’interesse per l’atteggiamento della chiesa verso i poveri, per le chiese locali e il loro governo, per la vita religiosa del laicato – i nostri lavori, senza alcun preventivo accordo, si sarebbero incrociati. Ma giocava un elemento più profondo e rilevante: l’assise ecumenica aveva espresso una piena accettazione verso quei metodi di ricerca scientifica che faticavano ad entrare nella pratica storiografica sulle vicende religiose di un paese in cui la pesante eredità dell’antimodernismo si risolveva spesso in una ricostruzione del passato segnata da intenti programmaticamente polemici o apologetici. Proprio sull’acquisizione di questa strumentazione intellettuale – se non ricordo male, la questione fu oggetto di un colloquio durante una pausa per un caffè alla Vaticana – ci pareva dovesse misurarsi la capacità dei cultori della storia religiosa di fuoriuscire da quella irrilevanza cui tendeva a confinarli la più titolata e diffusa storiografia di quegli anni. Sotto questo profilo il richiamo continuo di Luigi alla completezza della base documentaria per lo svolgimento di qualsiasi investigazione, su cui ritornerò, assume un ulteriore significato: rappresenta anche un invito a dare adeguata fondazione scientifica ad una restituzione del passato capace di ricollocare la tematica religiosa nel circolo dell’alta produzione storiografica.

Non sempre peraltro i nostri itinerari sono stati a questo proposito convergenti: ricordo ancora il velo di delusione che traspariva dal volto e dalle parole di Luigi al momento in cui costatò che non ci trovavamo in sintonia, per la mia insistenza sulla dimensione politica del culto, sui percorsi da seguire nell’impostazione di una stimolante ricerca sulla pietà mariana che intendeva avviare. Alla fine – non a causa, ovviamente, della mia ritrosia ad un coinvolgimento nel progetto – quell’indagine non andò in porto e sono sempre più convinto che il suo mancato svolgimento abbia rappresentato una grave perdita per gli studi. Comunque i dispareri non hanno mai intaccato una profonda solidarietà, derivante dal condiviso impegno ad affrontare la vicenda storica della religione, ovviamente per questo paese in primo luogo del cattolicesimo, secondo i criteri e gli strumenti della più attrezzata storiografia contemporanea, in modo da renderne la comprensione un elemento ineludibile per chi volesse seriamente giungere ad una corretta intelligenza del passato.

Si potrebbero chiudere questi ricordi personali con una nota di compiacimento, costatando come il panorama attuale della storiografia presenti una ben diversa condizione rispetto a quella che alimentò l’inizio della nostra trentennale amicizia: la storia religiosa è diventata infatti una robusta componente della produzione che compare nelle librerie e sui mezzi di comunicazione di massa, mentre la pretesa di annullare la sua specificità in una generica storia culturale trova ormai ben pochi adepti. Di questa nuova situazione l’einaudiana Storia d’Italia può ancora essere assunta a emblema: nel 2000 Luigi appare infatti come uno dei curatori del volume degli Annali dedicato alla città del papa. Ma penso che condividerebbe la mia cautela nell’avventurarmi a formulare un giudizio di piena soddisfazione per il pur rilevante cammino compiuto da queste ricerche. All’indubbia proliferazione quantitativa non mi sembra infatti corrispondere quell’innalzamento del livello qualitativo che alla fine degli anni Settanta ci appariva la condizione di un rinnovamento e di un progresso.

Non si tratta solo della larga diffusione di una pubblicistica che – vagheggiando esplicitamente il ritorno alla tradizionale societas christiana – assume, in spregio alle regole elementari della conoscenza scientifica, come categorie di giudizio storico le categorie di giudizio politico-religioso elaborate dall’intransigentismo cattolico ottocentesco; ma soprattutto di una linea storiografica che, pur presentandosi come rispettosa dei canoni della modernità scientifica – anzi talora proclamando di esserne vessillifera ed ottenendone conseguenti riconoscimenti –, piega in realtà la documentazione a tesi precostituite in funzione di opzioni dettate dalla politica ecclesiastica condotta dagli ambienti o dai personaggi che la producono. Un lungo lavoro resta insomma ancora da compiere perché nella produzione storico-religiosa l’oggettività delle fonti, interpretate alla luce di tutti i moderni strumenti critici, assuma quel ruolo centrale che aveva rappresentato un auspicio comune su cui si era fondato il nostro rapporto amicale.

Ma il convegno, senza dimenticare i ricordi personali, ha voluto offrire anche oggettivi apporti conoscitivi. Cercherei dunque di riprendere alcuni dei temi emersi in ciascuna delle tre sezioni in cui, dopo gli indirizzi di saluto, sono stati opportunamente raggruppati i diversi contributi: la ricerca negli archivi, gli studi storici su Roma religiosa e i lavori sulla famiglia Caetani di Sermoneta. Tali cornici scandiscono infatti in maniera limpida i più rilevanti aspetti che caratterizzano il profilo culturale di Luigi. Voglio subito dire che le mie considerazioni non hanno alcuna pretesa di completezza, né esauriscono la ricchezza degli elementi via via proposti nei singoli interventi. Mi limito soltanto a sottolineare qualche aspetto che più mi ha colpito, sollecitandomi a svolgere qualche riflessione generale.

Le diverse relazioni sulla figura di Luigi come archivista, oltre a mettere in luce una serie di dati e documenti che ci consentono di seguire gli aspetti essenziali del suo itinerario biografico e le principali attività da lui svolte nelle sedi di lavoro, hanno evidenziato alcuni tratti comuni a tutta la sua operosa presenza in questo settore: la curiosa attenzione alle carte come via per restituire la realtà degli uomini concreti che in esse si celavano, in particolare di quelle persone che, vivendo al di fuori dei centri del potere, non avevano tradizionalmente ricevuto grande attenzione storiografica; la forte preoccupazione per i pericoli di dispersione, corruzione e perdita di complessi di fonti capaci di portare alla conoscenza della vita vissuta di interi segmenti delle passate società; la tenace volontà di costruire relazioni tra istituzioni e strutture – ecclesiastiche e civili – in grado di consentire l’accesso pubblico e lo studio sistematico di una documentazione ordinata e classificata. Mi pare inutile sottolineare il rilievo di tutti questi aspetti, ognuno dei quali meriterebbe un adeguato approfondimento. Val comunque la pena di provare a collocarli in un contesto più ampio.

Com’è noto, il confronto con la moderna scienza storica aveva portato la tradizionale storiografia ecclesiastica – anche per l’eredità di una illustre tradizione – ad accentuare l’aspetto erudito e filologico della propria prassi, nell’illusione di potersi così sottrarre al confronto con i generali quadri ermeneutici che la modernità veniva elaborando. In realtà quelle ricostruzioni, così precise e puntuali su aspetti particolari, finivano poi per essere ricondotte all’interno di schemi complessivi d’interpretazione del processo storico che, lungi dal derivare dal lavoro storiografico, trovavano la loro effettiva radice in altre regioni del sapere, venendo recepite soprattutto dalla teologia e dalla dottrina cattolica. Mi pare che il contributo di Luigi come archivista si collochi in uno snodo decisivo di questo percorso delle pratiche storiografiche, fornendo un rilevante apporto al miglioramento complessivo degli studi storici.

In effetti la sua attenzione alla costruzione di strumenti archivistici che permettono una ricognizione completa delle serie documentarie disponibili allo studioso che voglia affrontare un determinato problema costituisce una sollecitazione a evitare la concentrazione sul frammento particolare, promuovendo una considerazione dell’insieme delle carte in cui si inseriscono quelle relative alla specifica questione indagata. Ma in questo modo non si rende solo un servizio – allargandone gli orizzonti – a quella storiografia cattolica che si era spesso ripiegata sulla considerazione minuta del singolo aspetto nel timore di incorrere, al momento di giungere all’espressione di valutazioni generali, nello scrutinio dell’ortodossia dottrinale delle proprie affermazioni. Allo stesso tempo si fornisce a tutta la storiografia – anche quella che, sicura della solidità scientifica del suo incedere, si era avventurata nella formulazione di canoni, modelli e paradigmi che ben poco avevano a che fare con le fonti effettivamente messe in opera – la possibilità di misurare le proprie generalizzazioni su complessi di materiali documentari in grado di consentire la verifica della loro fondatezza storica.

Se sotto il profilo ora accennato mi pare che Luigi in quanto archivista abbia dato un contributo significativo allo sviluppo della storia come scienza – cioè come disciplina capace di esibire pubblicamente un oggettivo riscontro documentario per ogni determinazione cui perviene –, non vorrei sottacere un altro apporto rinvenibile in questo versante del suo lavoro. Lo si evince dalla sua trattazione di temi ‘spinosi’, ad esempio il modernismo nella città del papa – nella sua indagine in materia Annibale Zambarbieri ha ben colto l’abbandono di una riduttiva contrapposizione tra ortodossia e eterodossia –; o il rapporto della chiesa con gli ebrei, in ordine al quale Marina Caffiero ha ricordato come Luigi, correttamente, non avesse esitato a parlare di «furore conversionistico». Mi sembra che questi lavori, oltre che rivelare il rifiuto di una visione selettiva, a scopi politici o edificanti, della ricerca sul passato, siano sorretti da una precisa interpretazione del rapporto tra lavoro dell’archivista e ricezione pubblica dei risultati dell’indagine storica. Il costante richiamo all’imprescindibile ancoraggio di ogni seria ricostruzione ad insiemi di fonti correttamente esaminate, rende insignificante la consonanza delle vicende studiate con le attese diffuse o i convincimenti dei contemporanei: in questa prospettiva infatti non appare rilevante il tema considerato – qualunque sensibilità manifesti su di esso l’odierna opinione pubblica – ma solo l’oggettiva adeguatezza della documentazione messa in opera rispetto al conseguimento della maggiore approssimazione possibile a quanto è effettivamente accaduto. Negli argomenti ‘spinosi’ che ho appena richiamato, anche perché affrontati proprio con la sensibilità dell’archivista ora ricordata, Luigi ha conseguito, come è stato notato da alcune relazioni, innovativi risultati conoscitivi; ma credo che questa valutazione possa ugualmente applicarsi al secondo campo in cui il convegno ha inquadrato la sua opera: lo studioso della vicenda storica della Roma religiosa. In questo ambito l’arco cronologico dei suoi lavori appare assai ampio: si va dall’iniziale attenzione per le antichità cristiane fino alla Resistenza; e gli argomenti affrontati, come mostra una rapida scorsa agli indici delle «Ricerche per la storia religiosa di Roma», sono assai vari. Non è possibile in questa sede soffermarsi su ciascuno di essi, in particolare sugli studi relativi alle confraternite – la questione che forse riteneva il terreno privilegiato di tutta sua attività di ricercatore –: del resto essi vengono largamente illustrati nelle relazioni di Anna Esposito e Mirella Mombelli Castracane. Vorrei invece richiamare alcune linee generali che mi pare si possano ricavare dalla sua produzione in questo settore. Un primo aspetto mi pare occorra sottolineare: negli studi sulla Roma religiosa riemergeva con forza particolare quella consapevolezza del nesso tra passato e presente che, alla luce di diversi interventi, può assumersi come il filo rosso rinvenibile nell’intero percorso intellettuale di Luigi. Come ha documentato Massimiliano Ghilardi, in risposta alla comunicazione con cui nel dicembre 1996 lo si informava dell’elezione a socio corrispondente della Società di studi romani, Luigi, nel ringraziare per una nomina che non aveva sollecitato, manifestava la sua piena disponibilità a partecipare alla vita dell’istituto in nome del suo lungo impegno a favore di «tutto ciò che opera per dare a questa “scassata” città un minimo di dignità e di consapevolezza delle sue radici storiche». Mi pare si trovi in questa frase una spiegazione profonda dell’intensa opera dispiegata da Luigi nel promuovere gli studi storici su Roma. Il confronto con quello che è effettivamente accaduto nel passato costituisce non solo una via per la corretta intelligenza del presente, ma anche un modo per individuare le linee con cui intervenire su di esso, cercando di migliorarlo. Luciano Osbat ha giustamente messo in luce la passione civile che animava il lavoro storico di Luigi: si trattava di rimettere in circolo ragioni di convivenza sociale e di solidarietà umana che il tempo aveva dissolto. Aggiungerei che ai suoi occhi questo percorso non era diretto a ritrovare soluzioni pratiche ed immediate ai problemi odierni, ma a cogliere le radici dei processi che erano sfociati nelle alterità del presente rispetto al passato, in modo da rendere più agevole l’identificazione dei campi bisognosi di opportune trasformazioni.

Alcune relazioni hanno poi evidenziato altre ragioni per la focalizzazione dell’interesse su Roma ed in particolare sulla sua storia religiosa. Il pontificato giovanneo, rilanciando il ruolo del successore di Pietro come vescovo di Roma, e il concilio Vaticano II, ponendo il problema del rapporto tra governo della chiesa universale e governo della chiesa locale, avevano messo in rilievo il ruolo speciale che assumeva agli occhi dell’intero mondo cattolico la diocesi del papa. La ricerca storica di Luigi si inoltrò nell’esplorazione di questa connessione sulla lunga durata, indagando le modalità di una vita religiosa romana che appariva tanto più rilevante in quanto, svolgendosi sotto la sorveglianza diretta del pontefice, acquisiva inevitabilmente il valore di un modello esemplare a livello planetario. Certo giocavano nella spinta ad approfondire questa realtà anche altri fattori: come hanno messo in rilievo da diversi punti di vista Stefania Nanni e Paola Vismara, radicata era in Luigi la persuasione che dall’analisi del mondo cattolico romano emergesse nitidamente come gli uomini, in particolare i poveri, i bisognosi, gli emarginati, i sofferenti in genere, avessero trovato nelle sue svariate espressioni religiose una forma di protezione sociale, una risposta alle ingiustizie subite, la compensazione ai mali dell’esistenza, il conforto di una speranza. Ma in fondo anche queste modalità di organizzazione della vita religiosa consentivano di evidenziare che la chiesa romana non aveva rappresentato una mera appendice della Santa Sede; aveva invece assunto la consistenza di una concreta comunità ecclesiale alle cui modulazioni peraltro l’intero orbe cattolico guardava anche per misurare le sue pratiche e i suoi indirizzi.

Il valore esemplare di Roma come luogo in cui si manifestano tendenze che percorrono la chiesa universale riveste poi un significato particolare negli studi dedicati alla risposta religiosa all’emergere di quella «città nuova» che hanno ricordato Marina Caffiero e Mario Tosti. Davanti ad uno svolgimento storico che portava al dissolvimento dell’unità religiosa come garanzia della compattezza sociale e dell’efficacia politica, Luigi assumeva da Vittorio Emanuele Giuntella – lo ha ben mostrato Mario Rosa – la categoria della crisi come giudizio esplicativo di una incapacità della chiesa romana a mettere in sintonia il suo messaggio spirituale con «i nuovi tempi» della modernità, segnati dal pluralismo confessionale, dalla rivendicazione dei diritti del singolo, dall’autodeterminazione degli istituti della vita collettiva. Ma l’acuta sensibilità verso le molteplici manifestazioni della presenza dei cattolici nella storia, lo portavano a sottolineare non solo le difficoltà dei responsabili del governo dell’istituzione ecclesiastica ad uscire dai quadri mentali ereditati dal regime di cristianità, ma anche gli sforzi compiuti da diversi cattolici romani per cercare un aggiornamento ecclesiale che, imperniato sul rilevamento della differenza tra messaggio evangelico e interpretazioni della rivelazione debitrici delle contingenze della storia o talora, più semplicemente, basato su un soprassalto nello slancio della carità cristiana, mettesse la chiesa in grado di dialogare nuovamente con l’uomo moderno.

Gli interventi di Annibale Zambarbieri a proposito del modernismo e di Lidia Piccioni a proposito della Resistenza, hanno evidenziato la lunga durata di un percorso che, iniziato nel complesso confronto tra cattolicesimo e lumi ed emblematicamente irrigidito nel minaccioso contrapporsi della città rivoluzionaria alla città religiosa, ha segnato anche la storia successiva di Roma. Nella indagine sulle strade con cui tormentate coscienze religiose inseguivano nel primo Novecento una conciliazione della fede con l’irruzione della storia nel campo del dogma, allora giudicato vero solo se confinato nella sfera dell’intemporale; o nella ricerca sulle modalità in cui l’appartenenza cattolica si è fatta fermento di liberazione alimentando la resistenza civile al nazifascismo riemerge ancora quel nesso tra passato e presente che attraversa l’intera attività di Luigi sulla storia religiosa della sua città. Peraltro secondo una accezione, più profonda, ma forse ancora più vera: la volontà di cercare nel passato romano risposte capaci di illuminare quel problema generale di relazione tra religione cattolica e modernità che, nonostante l’aggiornamento conciliare, ha affannato tutta la generazione che ha intensamente vissuto i processi di mutamento ecclesiale innescati dal Vaticano II.

Concludo il mio intervento, già troppo lungo, con qualche rapida considerazione – non perché si tratti di argomenti meno importanti, ma perché i temi affrontati sono meno consueti al mio lavoro – sull’ultimo ambito di attività di Luigi preso in considerazione dal convegno: la promozione degli studi sui Caetani di Sermoneta. Gli interventi hanno evidenziato l’intensa valorizzazione delle diverse potenzialità che si offrivano all’archivista della Fondazione Caetani: dall’esame degli aspetti economici, politici e sociali dei territori su cui si esercitava il dominio feudale prima e poi signorile della famiglia all’analisi delle vicende artistiche, architettoniche, letterarie e musicali che consentiva il suo ricco patrimonio di beni culturali. Nel promuovere le ricerche in questi campi Luigi ha mostrato particolare sensibilità alla contestualizzazione storica degli aspetti e delle figure via via portate all’attenzione degli studi, insistendo in particolare sulla possibilità di leggere queste vicende come cartine di tornasole capaci di illustrare significativi momenti di passaggio nel divenire storico. Senza soffermarmi sulle singole acquisizioni, evidenziate del resto dalle relazioni, vorrei davvero concludere proponendo una valutazione sintetica dell’insieme del lavoro compiuto da Luigi

Mi pare la si possa ricavare da un sintagma che Caterina Fiorani, nel ricostruire l’instancabile opera svolta dal padre presso la Fondazione, ha rinvenuto in una lettera del settembre 1970 ed ha opportunamente ripreso come titolo del suo intervento. Al rientro dalle ferie estive, ormai impiegato da un anno alla Biblioteca Vaticana, ma avendo già consolidato il suo nuovo rapporto con la famiglia Caetani, Luigi scriveva a Hubert Howard del piacere che provava nel ritrovarsi tra le carte depositate in via delle Botteghe Oscure, attribuendo questa gradevole sensazione al rafforzarsi in lui della dimensione dell’«archivista filosofo». La frase che seguiva esplicitava il senso dell’espressione: egli affermava infatti la sua distanza – quella distanza che tradizionalmente si attribuisce alla figura del filosofo rispetto alle accidentali contingenze del mondo – nei confronti dei coetanei (ma non credo sia una forzatura estendere il riferimento a larghi strati di una popolazione la cui mentalità appariva ormai condizionata dall’avvento in quegli anni della società opulenta che portava ad una concentrazione sul presente) che guardavano ai documenti del passato con fastidio e talvolta con ripulsa. Mi chiedo tuttavia se la locuzione così inconsueta non celi anche un altro significato che va oltre, senza contraddirlo, al pur evidente senso letterale di una alterità rispetto a dominanti tendenze coeve. In una società in cui la conoscenza storica appare largamente surrogata dai miti mutuati dalle mode intellettuali o dagli usi politici del passato o dal sensazionalismo mediatico su revisioni di inesistenti canoni storiografici, l’archivista filosofo non è anche colui che – senza curarsi delle congiunture del momento – continua serenamente ad apprestare gli strumenti documentari perché al consorzio umano sia sempre resa disponibile l’opportunità di cercare di alimentare la costruzione del suo futuro sulla base di una corretta conoscenza del passato? Credo che in questa accezione del sintagma si rinvenga il più riconoscente omaggio che si possa oggi rendere alla memoria dell’amico scomparso.

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Archivio Salviati. Il Fondo Salviati della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana (= Estratto anticipato da «Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae», XVII, pp. 1-75).

2011

Archivio del Capitolo di S. Pietro, in Guida ai fondi manoscritti, numismatici, a stampa della biblioteca Vaticana. I. Dipartimento manoscritti, a cura di f. d’aiuto e p. vian, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana (Studi e testi, 466), pp. 671-677.

Archivio Barberini, in Guida ai fondi manoscritti, numismatici, a stampa della biblioteca Vaticana. I. Dipartimento manoscritti, a cura di f. d’aiuto e p. vian, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana (Studi e testi, 466), pp. 677- 683.

Computisteria Ottoboni in Guida ai fondi manoscritti, numismatici, a stampa della biblioteca Vaticana. I. Dipartimento manoscritti, a cura di f d’aiuto e p vian, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana (Studi e testi, 466), pp. 710714.

Archivio Salviati, in Guida ai fondi manoscritti, numismatici, a stampa della biblioteca Vaticana. I. Dipartimento manoscritti, a cura di f d’aiuto e p vian, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana (Studi e testi, 466), pp. 716-717.

S. Anastasia, in Guida ai fondi manoscritti, numismatici, a stampa della biblioteca Vaticana. I. Dipartimento manoscritti, a cura di f. d’aiuto e p. vian, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana (Studi e testi, 466), pp. 718-719.

S. Maria in Cosmedin, in Guida ai fondi manoscritti, numismatici, a stampa della biblioteca Vaticana. I. Dipartimento manoscritti, a cura di f. d’aiuto e p. vian, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana (Studi e testi, 466), pp. 721-723.

S. Maria in Via Lata, in Guida ai fondi manoscritti, numismatici, a stampa della biblioteca Vaticana. I. Dipartimento manoscritti, a cura di f d’aiuto e p vian, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana (Studi e testi, 466), pp. 724-726.

INDICE DEI NOMI*1

Accoramboni Vittoria, 327

Aceti Tommaso, 318n

Achard Marcel, 347

Adami Tobias, 301n

Ago Renata, 255n

Aiello Rita, 29

Albareda Anselmo, 5

Alberigo Giuseppe, 114

Alessandroni Rosanna, 244-245

Alessandro VI (Rodrigo Borgia), papa, 36, 259, 262

Alessandro VII (Fabio Chigi), papa, 20, 189, 270

Alfonso Maria de’ Liguori, santo, 187n, 192

Alighieri Dante vedi Dante Alighieri

Allegrezza Franca, 254 e n

Amabile Luigi, 302n, 309n, 313n, 315 e n, 317-318

Amendola Adriano, 253n

Ameyden Dirk van, 162

Ancajani Carlo, barone, 330

Ancina Giovenale, 197

Andosilla Rodesindo, 285

Angelelli Claudia, 35n

Angelo da Acri, 187n

Angiolini Enrico, 27

Annibal Caro, 7

Annibaldi (famiglia), 258

Ansalone Pietro, 187n

Antolini Bianca Maria, 334n

Antonazzi Giovanni, 69-71, 73-76, 79-81, 239n

Antonelli Giacomo, xiii, xvii-xix, 270, 302 e n, 349

Antonetti Gina, 47n

Antonio da Olivadi, 187n

Arangio Ruiz Vincenzo, 133

Arata Antonino, 188n

Ariosto Ludovico, 287n

Aristodemo Dina, 345n

Armando David, 221 e n

Arquato Panzutti Agnese, 297

Attias Jean Christophe, 195n

Audifreddi Giovanni Battista, 293

Aurigemma Giulia, 269

Azara José Nicolás de, 295-296

Bach Johann Sebastian, 71

Badalà Carlo, 243n, 247n

Baglioni Paolo, 144n

Balboni Francesca, 50n

Baldini Artemio Enzo, 302-303

Baldinucci Antonio, 185-187, 191

Balestrino Maria Teresa, 25

Balthasar Hans Urs von, 116

Balzac Honoré de, 322 e n

Bandi Giovanni Carlo, 291

Bandini Giovanni Luca, 288, 291

Barberini (famiglia), 20, 22, 30

Barberini Antonio, 316n

Barberis Walter, 241n

Barletti Carlo, 297

Barnave Antoine, 326

Barolini Helen, 337 e n

Barone Giulia, 36 e n, 110-112, 114, 135136

Barrio Giacomo, 318n

Barroero Liliana, 287n

Bartoccini Fiorella, 277-278

Bartoli Daniello, 144 e n

Bartolini Giovanni, 313-314

Bartolini Leone, 81, 190n

Bartolucci Vincenzo, 294

Bassani Giorgio, 11

Batoni Pompeo Girolamo, 267-268, 287288, 296

Battaglini Mario, 48n

Battelli Giulio, 61n

Baudelaire Charles, 331 e n

Bayle Pierre, 292

Bazin Catherine, 243n

Béarn Martine, comtesse de, 338

Beccaria Cesare, 268, 291

Beccaria Giambattista, 290

Bedeschi Lorenzo, 231n

Beduschi Nerina, 88n

Beethoven Ludwig van, 71, 341

Beggiao Diego, 61n

Bellarmino Roberto, santo, 142-143, 312n

Belli Giuseppe Gioachino, 328

Benedetto Giuseppe Labre, santo, 209, 270

Benedetto XIII (Pietro Francesco Orsini), papa, 33, 118, 175, 214

Benedetto XIV (Prospero Lambertini), papa, 191, 213

Benedetto XV (Giacomo Della Chiesa), papa, 37

Benelli Giovanni, 17

Benigni Umberto, 36, 58 e n, 233

Bennassar Bartolomé, 195 e n

Bennassar Lucile, 195 e n

Benocci Carla, 272, 340n

Bergomas Vittorio, 17

Bernini Gian Lorenzo, 20

Bernis François-Joachim Pierre de, cardinale, 226

Bertolio, 48

Berti Domenico, 306n, 309n

Betri Maria Luisa, 278n

Bianconi Giovanni Ludovico, 294

Bibesco Emmanuel, principe, 337

Bignami Odier Jeanne, 23

Billanovich Liliana, 25n

Billot Louis, 236

Bisconti Fabrizio, 85n

Blet Pierre, 225, 246n

Blondel Georges, 231

Boaga Emanuele, 77n

Bocchini Camaiani Bruna, 242n

Boccioni Umberto, 281

Bodoni Giambattista, 295 e n

Bohnenkamp Klaus, 349-350

Bolgeni Giovanni Vincenzo, 219

Bolgiani Franco, 206-207

Bonadonna Russo Maria Teresa, 197, 246n

Bonaventura da Bagnoregio (Giovanni Fidanza), santo, 111, 135

Bonella G., 167n

Bonifacio VIII (Benedetto Caetani), papa, 9, 11, 20, 23, 253

Bonomelli Geremia, 230

Bootle Wilbraham Caetani Ada, 281n, 335

Borea Evelina, 267

Borghese Scipione, cardinale, 308n

Borgia (famiglia), 257-262

Borgia Francesco, cardinale, 259

Borgia Giovanni, 259

Borgia Lucrezia, 259

Borgia Rodrigo, 259

Borgia Stefano, cardinale, 226

Borgongini Duca Francesco, 40

Borraccini Rosa Marisa, 29

Borromeo Carlo, santo, 119

Borzacchini Marco, 36n

Boschet Antoine, 190n

Boscovich Ruggero, 293, 297

Bossi Marco Enrico, 341

Bottari Giovanni Gaetano, 290

Bourgin Georges, 224

Boutry Philippe, 219 e n, 225

Bovini Giuseppe, 91

Bowron Edgar Peters, 287n

Boyle Leonard Eugene, 26

Bracco Federico, 6

Braccucci Matilde, 50-51

Brahms Johannes, 341, 343

Brambilla Elena, 52n, 278n

Brandmüller Walter, 310n

Bravo Anna, 244n

Breuers Antonio, 316n

Brezzi Paolo, xxii, 16, 86 e n, 94-96, 98-99, 102

Broggio Paolo, 184n

Brunetti F., 71n

Bruno di Colonia, santo, 29

Bucci Oddo, 43n

Bucciantini Massimo, 314n

Buffon Georges Louis Leclerc, comte de, 292

Bujanda Jesús Martinez de, 307n

Buonaiuti Ernesto, xviii, 63, 232-233

Buonanno Roberto, 293n

Buonarroti Michelangelo vedi Michelangelo Buonarroti

Buonocore Marco, xiii, xix, 17n, 19n, 24n, 85n

Busoni Ferruccio, 333

Bussotti Giovanni Battista, 154n

Cabibbo Sara, 52 - 53

Cacciaglia Luigi, 15n, 19n, 21, 24, 27 e n, 30, 249n

Caciorgna Maria Teresa, 257n

Cades Giuseppe, 287n

Caetani di Maenza (famiglia), 254, 263

Caetani di Sermoneta (famiglia), xi-xii, xxii, 9, 12-13, 15, 209, 253-264, 267269, 271-273, 277-283, 291n, 293, 302, 307, 312-315, 322n, 324, 327, 340, 346, 356, 360-361

Caetani Bootle Wilbraham Ada vedi Bootle Wilbraham Caetani Ada

Caetani Antonio, cardinale, 7, 301, 303304, 306-309, 315

Caetani Bonifacio, cardinale, 301, 309-315

Caetani Bonifacio, duca, 269

Caetani Camillo, signore di Sermoneta, 268

Caetani Camillo, di Roffredo, 5, 282

Caetani Cesare, 263

Caetani Rzewuska Calista vedi Rzwewuska Caetani Calista

Caetani Ondedei Zonga Carlotta vedi Ondedei Zonga Caetani Carlotta

Caetani Enrico, 322

Caetani Enrico, cardinale, 9, 260, 315

Caetani Filippo, xii, 273, 321-331

Caetani Francesco IV, duca di Sermoneta, 7

Caetani Francesco V, duca di Sermoneta, 289-293, 296, 298-299

Caetani Gelasio, 3-5, 13, 273, 281-282, 285 e n, 306n, 317n, 340

Caetani Grénier Giovannella, 3-4, 280281n

Caetani Guglielmo, 259-261

Caetani Lelia, xviii, 7-8, 10

Caetani Leone, duca di Sermoneta, 3-4, 12, 253, 273, 280-281, 335, 340

Caetani Livio, 340

Caetani Lovatelli Ersilia, 278-279, 283

Caetani Luigi, cardinale, 315, 317 e n

Caetani Knight Margaret vedi Knight

Caetani Margaret

Caetani Marguerite vedi Chapin Caetani Marguerite

Caetani Michelangelo I, duca di Sermoneta, 287-288,

Caetani Michelangelo II, duca di Sermoneta, 12, 273, 277-280, 322-323, 330n,

Caetani Michelangelo, 3, 340

Caetani Onorato III, signore di Sermoneta, 258-259

Caetani Onorato VII, duca di Sermoneta, 3, 273, 281n, 335-336, 339-340

Caetani Onorato, monsignore, xii, 8, 90-91, 253, 268, 285-300, 319 e n, 321, 353

Caetani Onorato, 260

Caetani Onorato, detto Onoratino, 281n

Caetani Roffredo, duca di Sermoneta, xii, 3-7, 280, 282-283, 333-344

Caetani Sveva, 281

Caetani Corsini Teresa vedi Corsini caetani Teresa

Caetani de’ Rossi Teresa vedi Rossi Caetani Teresa de’

Caetani Colonna Vittoria vedi Colonna

Caetani Vittoria

Cafaro Costantino, 137n

Caffiero Marina, xiii, 51-52, 54, 193-195, 197n, 199n, 205 e n, 207 e n, 209, 212, 219 e n, 222 e n, 286n, 294 e n, 358, 360

Cagliostro Alessandro (Giuseppe Balsamo), conte di, 299

Cajani Luigi, 110

Calasso Francesco, 133n

Calzona Arturo, 260n

Camillo De Lellis, santo, 149-150, 157 e n

Campanella Tommaso, xii, 7, 12, 253, 301-304, 306-319

Campitelli Alberta, 272

Cancellieri Francesco, 293

Canciani Mario, 247n

Candida Carlo, 330

Cannelli Cristina, 273n, 277n, 321n, 323

Canone Eugenio, 307n, 313n, 316n, 318 e n

Canonici Claudio, 65n, 199, 200-201, 221 e n

Cantarutti Giulia, 295n, 297n

Cantimori Delio, 218 e n

Capizzi Carmelo, 56n

Cappelli Giovanna, 17n

Capra Carlo, 291n

Caprini Antonio, 126

Caputo G., 138n

Caracciolo Alberto, 286 e n

Caracciolo Chia Marella, 281n

Carafa Carlo, cardinale, 187-188, 192

Carbonetti Vendittelli Cristina, xiii, 111

Carcopino Jérôme, 91

Cardilli Luisa, 37n

Carducci Giosuè, 278

Carena Maria, 25

Carli Maddalena, 246n

Carlo III di Borbone, re di Napoli e di Sicilia, poi re di Spagna, 299

Carlo VIII di Valois, re di Francia, 259

Carlo Alessandro, granduca di SassoniaWeimar-Eisenach, 278n, 336

Carlo da Motrone, 187n

Carocci Sandro, 254 e n

Carpegna Gaspare, cardinale, 155

Carpi Daniel, 195n

Carpifave Osvaldo, 7, 10, 347

Carpinello Mariella, 54n

Carusi Enrico, 4

Casaroli Agostino, cardinale, 17

Casciola Brizio, xviii, 232

Casella Alfredo, 334

Castagnoli Ferdinando, 88n

Castellana Riccardo, 86n

Castellani (famiglia), 279

Castellani Fortunato Pio, 279

Castiglione Tommaso R., 297n

Cattaneo Massimo, xiv, 65n, 204n, 285, 319n, 354

Catto Michela, 184n

Cavallaro Anna, 36n, 110

Cavalli Atanasio, 293-294

Cavallo Pietro, 241n

Cavazzuti Giuseppe, 294n

Cazzola Franco, 260n

Cecchelli Carlo, 85-86, 88-89

Ceglie Simonetta, 52-53

Celli Claudio Maria, 18

Cenci Beatrice, 327

Ceresa Massimo, 17

Ceruti Giacinto, 294

Cervini Tommaso, 191

Cesaretti Felice, 153n

Cesarini Virginio, 311n

Cesi (famiglia), 313-315

Cesi Federico, il Linceo, 18, 308, 313n, 315

Chapin Caetani Marguerite, xii, 9, 11-12, 253, 280, 282, 333, 336-338, 340, 345351

Chateaubriand François-René, vicomte de, 322

Châtellier Louis, 187n, 192n

Chenu Marie Dominique, 231 e n

Chevillard Camille, 324, 339, 342-343

Chiabò Maria, 62 e n, 110, 257n

Chigi (famiglia), 20

Chimènes Myriam, 338-339

Ciappelli Giovanni, 52n

Ciavarella Angelo, 295n

Cicatelli Sanzio, 149-150

Ciliberto Michele, 316n

Cini Filippo, conte, 324

Cini Giulia, contessa, 324-326

Cirillo Bernardino, 150

Ciucci Giorgio, 293n

Clemente VIII (Ippolito Aldobrandini), papa, 28, 136, 182, 185n, 270, 303, 306

Clemente X (Emilio Bonaventura Altieri), papa, 157

Clemente XI (Giovanni Francesco Albani), papa, 191, 214

Clemente XII (Lorenzo Corsini), papa, 290

Clemente XIII (Carlo della Torre di Rezzonico), papa, 289

Clemente XIV (Lorenzo Ganganelli), papa, 296

Codignola Arturo, 206

Colesanti Massimo, xiv, 321, 327n

Colonna Carlo, duca, 330

Colonna Fabio, 315

Colonna Giovanni, 85n

Colonna di Sciarra (famiglia), 20

Colonna Caetani Vittoria, 280-281

Colonne Édouard, 334, 339

Contini Alessandra, 54n

Copernico Niccolò, 310-312

Corona Camillo, 290-291, 298

Corsini Caetani Teresa, 290

Corsini Neri, cardinale, 290

Cortonesi Alfio, 257n

Cortot Alfred, 339, 342-343

Cossé Brissac Anne de, 339n

Costaguti Angelo, 20

Costantino I, imperatore romano, 89, 134 e n

Coste Jean, 11, 59 e n, 107, 185-186, 191192, 257n

Cotugno Domenico, 290n

Courier Paul-Louis, 322 e n, 324n

Cozza Francesco, 302, 316, 318

Crasso Lorenzo, 316n

Cretoni Antonio, 219

Crispi Francesco, 163 e n

Cristina, regina di Svezia, 125, 199 e n

Cristofano Amaduzzi Giovanni, 294

Crognale Gabriele, 61n

Cunich Raimondo, 290

Cunsolo Luigi, 316n

Curri Naldini Elisa, 73

D’Addario Arnaldo, 60-61

D’Addio Mario, 308n, 312n

D’Aiuto Francesco, 19n, 23

Dakhlia Jocelyne, 199n

D’Alatri Mariano, 176n

Dal Pane Luigi, 211

Damiani Nazareno, 236n

Dammacco Gaetano, 44n

Dammig Enrico, 212

D’Annunzio Gabriele, 278

Dante Alighieri, 9, 279

Dartevelle Raymond, 65n, 219n

Dauvillier Jean, 86n

De Angelis Agostino, 61n

De Angelis Paolo, 143-144

Debussy Claude, 341-342

De Caro Gaspare, 259n, 309n

De Cesare Raffaele, 322n

De Cesaris Luigi, 293

De Felice Fortunato Bartolomeo, 287289, 297-298, 300 e n

De Felice Renzo, 211, 218-219

Dejardins Paul, 234

De La Roncière Charles Bourel, 175 e n

Del Drago Massimo Teresa, principessa, 331

De Leo Pietro, 29

Del Giudice Vincenzo, 138n

Del Litto Victor, 324-325

Del Lungo Isidoro, 311n

Del Re Niccolò, 150n

De Luca (famiglia), xx

De Luca Giuseppe, xii, xx, 31, 34, 57n, 60-61, 70-71, 74-76, 79-83, 123, 181, 213, 231, 246

De Luca Maddalena (Nuccia), xx, 73, 348

De Luna Giovanni, 241n

De Maio Romeo, 15, 71-72

De Marco Vittorio, 48n

De Meijer Pieter, 345 e n

De Rosa Gabriele, 25 e n, 34, 69-71, 73n, 114, 138n, 174 e n, 208-209, 213, 239n, 242n, 244n, 246-247, 249 e n, 289n

De Sandre Giuseppina, 114

De Tipaldo Emilio, 287n

Di Falco Anna, 282n

Di Mattia Spirito Silvana, 36n, 110, 113 e n

Di Nola Alfonso Maria, 70

Dolara Anna Vittoria, 51-53

Dompnier Bernard, 182n, 184n, 190n

Donati Claudio, 260n

Donati Maurizio, 279

Donato Maria Pia, 294n

Doodley Brendan, 313n

Dore Giampiero, 25

Dostoevskij Fëdor Michajlovič, 71

Dovere Ugo, 123n, 184n

Duchesne Louis, 89 e n, 232

Dufourcq Albert, 217-219

Dugnani Antonio, 224

Duphot Mathurin-Léonard, 299

Dupuis Sylvain, 339

Durand Jean-Dominique, 235n

Eldarov Giorgio, 86n

Eliot Thomas Stearns, 346, 348, 350

Ellis Howard Harriet, 277, 280

Ercole, 89

Ernst Germana, 12, 301 e n, 303n, 306n, 313-314, 316n, 318n

Esposito Anna, xiii, 36n, 109n, 112n, 136n, 256n, 358

Eusebio di Cesarea, santo, 134n

Faberi Francesco, 233

Fabi Montani Francesco, 287-288

Fabre Pierre-Antoine, 197 e n

Fabri Giovanni, 308 e n

Fagiolo Marcello, 36n, 123n

Fantaguzzi Emilia, 51n

Fantoli Annibale, 310n, 312n

Fanucci Camillo, 162

Faralli Carla, 185n

Fargue Léon-Paul, 345-346, 348

Farina Raffaele, xiii, xix-xx, 18

Fauré Gabriel, 341, 344

Favilla Pietro Giacomo, 306-308, 314 e n

Favaro Antonio, 311n

Feliciani Giorgio, 44n

Fernández Alonzo Justo, 167n

Ferrari Andrea Carlo, cardinale, 235

Ferrari Guy, 88

Ferrari Stefano, 297 e n

Ferrero Fabriciano, 59 e n

Ferrua Antonio, 89 e n

Filippo Neri, santo, 161, 197

Filippo III d’Asburgo, re di Spagna e di Portogallo, 308

Filippone Vincenzo, 225

Fini Francesco Antonio, cardinale, 215

Fiocca Alessandra, 260n

Fiorani Agostino, xix

Fiorani Caterina, xiii, xix, xxi, 3, 12, 23, 30, 69, 263 e n, 278, 280-281, 283n, 301n, 304, 327, 349, 353, 361

Fiorani Malvina, xix

Fiorani Silvana, xix, 30

Fioravanti Rita, 29

Fiore Domenico, 324n

Fiorentini Giovan Domenico, 267

Fioretti Donatella, 292 e n, 300 e n

Fiori Antonio, 56 e n

Fiorucci Angelo, 158

Firmian Carlo Giuseppe di, 291

Firpo Luigi, 302 e n, 306n, 311 e n, 316317

Fiume Giovanna, 198n

Floridi Ambrosio, 315 e n

Foa Anna, 195n

Foggini Pier Francesco, 290

Fontana Fulvio, 190n

Forcella Enzo, 242n

Fosi Irene, 29, 263n

Fouilloux Étienne, 234n

Fracassini Tommaso, 233

France Anatole, 278

Francesco de Geronimo, 187n

Frank Charles, 295n

Franza Gerardo, 57n

Frisi Paolo, 297

Froment Pierre, 234

Gabrieli Giuseppe, 4n, 313n, 315n

Gabriella, beata, 54n

Gaetani di Fondi (famiglia), 12

Gaetani d’Aragona Onorato II, 13

Gagov Iosif, 86, 95-96

Gaiotti De Biase Paola, 58n

Galassi Paluzzi Carlo, 91

Galerio Gaio Valerio Massimiano, imperatore romano, 134n

Galilei Galileo, 312-314, 318

Gallarati Scotti Tommaso, 235

Gallerano Nicola, 244n

Garampi Giuseppe, cardinale, 216 e n, 290

Gardi Andrea, 9

Garlato Pietro, 61n

Gaudio, padre, 288

Gazzini Marina, 137

Gemini Fiorenza, 60 e n

Genocchi Giovanni, 63, 232

Gentiloni Silveri Umberto, 246n

Gerhard Eduard, 278

Gesù Cristo, 89, 158n, 192, 235-237

Gherardi, padre, 288

Ghilardi Massimiliano, xiii, 85, 209, 358

Ghione Paola, 12, 278n, 281n, 335n

Giancotti Francesco, 308n

Giannone Pietro, 215, 292

Giard Luce, 184n

Giardina Andrea, 204n

Gide André, 346

Giovagnoli Agostino, 244n

Giovannetti Patrizia, 246n

Giovanni XXIII (Angelo Giuseppe Roncalli), papa, 233

Giovannoni Giulio, 88n

Gisolfo Pietro, 192 e n

Giulio II (Giuliano Della Rovere), papa, 261

Giuntella Vittorio Emanuele, 49n, 207209, 211-213, 218-219, 226n, 242n, 286 e n, 360

Giuseppe Calasanzio, santo, 158

Giusti Martino, 112

Gonzaga (famiglia), 259-260

Gorgone Giulia, 273n, 277n, 321n, 323

Gotelli Angela, 25

Gout Mario, 17

Grabar André, 90

Grafinger Christine Maria, 15n

Granata Giovanna, 29

Grand R., 235n

Grattagliano Maria, 47n

Greffulhe Elisabeth, contessa, 338-339, 342-343

Gregorio I Magno, papa, santo, 158n

Gregorio XIII (Ugo Buoncompagni), papa, 152, 170, 312n

Gregorio XV (Alessandro Ludovisi), papa, 308

Gregory Tullio, 289n

Greipl Egon Johannes, 310n

Grendi Edoardo, 134 e n

Grénier Alberico, barone, 281n

Groom Gloria, 337-338

Gross Hanss, 293n

Grossi Monica, 43n

Gualdo Germano, 61n

Guanzelli da Brisighella Giovanni Maria, 307n

Guarducci Margherita, 90 e n

Guarnieri Romana, 69-71, 73 e n, 75n, 79-81, 83, 231n, 239

Guasco Maurilio, 231n, 233n, 235n

Guasti Niccolò, 296n

Guerra Floridea, 270

Guevarre André, 156 e n

Guidobaldi Federico, 35n

Hadermann Misguich Lidie, 9

Haller Albrecht von, 297

Hamburger Klara, 336n

Hambye Edouard René, 86n

Harnack Adolf von, 232

Hazard Paul, 118

Hébert Ernest, 325-326

Helvétius Claude-Adrien, 300

Henzen Wilhelm, 278

Herrera Francisco de, 312n

Hickley Dennis, 86n

Hofmannsthal Hugo von, 350

Howard Hubert, xviii, 7-11, 346-348, 352, 361

Huetter Luigi, 167-168

Hügel Friedrich von, 232

Hunter John, 9, 11, 268-269

Hurtubise Pierre, 30 e n

Ignazio di Loyola, santo, 154, 196

Imperiali Vincenzo, 191

Incardona Pietro, 264n

Ingoli Francesco, 310 e n, 314 e n

Innocenzo III (Lotario dei Conti di Segni), papa, 136

Innocenzo IV (Sinibaldo Fieschi dei Conti di Lavagna), papa, 136

Innocenzo X (Giovanni Battista Pamphilj), papa, 125, 182, 270

Innocenzo XI (Benedetto Odescalchi), papa, 147 e n, 214

Innocenzo XII (Antonio Pignatelli di Spinazzola), papa, 152, 155-156, 189 e n, 214

Iozzelli Fortunato, 63 e n, 234n

Ippolito, santo, 103

Jacobini Domenico, 63

Jacquier François, 294

Jarry Jacques, 86n

Jatta Barbara, 19n

Jedin Hubert, 236

Jemolo Arturo Carlo, 205

Jeronimidis Anna, 327n

Jervolino Angelo Raffaele, 25

Jordán de Urríes y de la Colina Juan, 295n

Kassner Rudolf, 351

Kauffman Angelika, 268, 287-288

Keplero Giovanni (Johannes Kepler), 314n

Knight Caetani Margaret, 280

Kraus Karl, 232

Krautheimer Richard, 88

Kristeller Paul Oskar, 9

Kritzkoff, segretario dell’ambasciatore russo, 330

Laberthonnière Lucien, 231

Labre Benedetto Giuseppe vedi Benedetto Giuseppe Labre, santo

Lagrange Reginaldo Garrigou, 232

Lainati Maddalena, 243n

Lalande Joseph-Jérôme Lefrançois de, 292, 297

Lallemand Léon, 162 e n

La Manna Federica, 295n

Lamberini Daniela, 260n

Lamioni Claudio, 207n

Lamourette Antoine-Adrien, 353

Larbaud Valery, 346, 348, 350-351

Lassus Jean, 86n

Lattanzio Lucio Cecilio Firmiano, 134n

Lauro Agostino, 56n

Le Bras Gabriel, 70, 134 e n, 138n

Lebreton Maria Magdalena, 28-29

Le Brun Jacques, 200n

Leibniz Gottfried Wilhelm von, 292

Lemme Lodovico Paolo, 277n

Lemos Fernando Ruiz de Castro Andrade y Portugal, VI conte di, viceré di Napoli, 315

Leonardo da Porto Maurizio, santo, 182n, 190, 192, 209

Leone XII (Bartolomeo Della Genga), papa, 35

Leone XIII (Gioacchino Pecci), papa, 166 e n, 229, 231, 233-234

Leone Giorgio, 316-317

Leone l’Africano (Al-Hasan Al-Wazzam), 200

Leopoldo II vedi Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena

Lerner Michel-Pierre, 301n, 308-312, 317n

Lerou Paul, 65n, 219n

Levi David, 295n

Levi della Vida Giorgio, 233 e n, 280 e n

Levie Sophie, xiv, 9, 11, 253, 333, 345347, 349-350

Licinio Valerio Liciniano, imperatore romano, 134n

Liguori Alfonso Maria de’ vedi Alfonso Maria de’ Liguori, santo

Linhartová Milena, 308n

Lirosi Alessia, 52n

Liszt Franz, 336, 341

Lo Bianco Anna, 287n

Locke John, 292

Lodolini Tupputi Carla, 85n

Loisy Alfred Firmin, 236

Loparco Grazia, 243n

Lorenzo, santo, 10

Lovatelli Giacomo, 278

Lucchesini Giuseppe, 318n

Lucrezio Tito Caro, 71

Luigi Orione, santo, 234

Lutz Georg, 306n

Luzi (sorelle), 51

Luzi Caterina, 51n

Luzio Romano, 269

Maccarone Michele, 25

Macchia Giovanni, 345-346

Madonna Maria Luisa, 36n, 123n

Maffioli Cesare, 260n

Magini Giovanni Antonio (Maginus), 314n

Maire Vigueur Jean-Claude, 254

Majorana Bernadette, 184n

Malgeri Francesco, 69n, 244n, 246n

Mallerini Prospero, 22

Mandeville Bernard de, 292

Manelfi Domenico, 144n

Mangiatordi Giuseppe, 219

Manni Domenico, 292

Manselli Raoul, 208-209

Mantovano Giuseppe, 91n, 209 e n

Manzo Michele, 63 e n

Maratta Francesco, 290

Marchesi Francesco, 156 e n

Marchetti Gian Luigi, 6-7

Marchetti Giovanni, 219-220, 226

Marchetti Longhi Giuseppe, 278n

Marchetti-Selvaggiani Francesco, cardinale, 236

Mareste Adolphe de, 324n

Margiotta Broglio Francesco, 206n

Maroni Lumbroso Matizia, 109 e n, 168 e n

Martina Giacomo, 69, 123n, 184n, 208209

Martini Antonio, 91n, 109 e n, 168-169, 209 e n

Martino Anna, 25

Martinotti Sergio, 337n, 341n

Martire Egilberto, 21

Martucci Giuseppe, 341

Masaccio (Tommaso di ser Giovanni di Mone Cassai), 71

Mascagni Pietro, 344

Mascardi Giacomo, 143n

Massimo Mario, duca di Rignano, 324

Matheus Ricarda, 193n

Mattei (famiglia), 272

Matthiae Guglielmo, 88

Mattioli Hary Nicoletta, 23

Maury Jean-Siffrein, cardinale, 224

Mausbach Joseph, 236 e n

Mayaud Pierre-Noël, 310n

Mazzocca Fernando, 287n

Meersseman Gilles Gérard, 169 e n

Mejia Jorge María, cardinale, 18

Melata Benedetto, 139n

Mendelssohn Bartholdy Jakob Ludwig

Felix, 341

Mengs Anton Raphael, 268, 287-288, 295 e n

Menochio Giovanni Stefano, 146n

Menozzi Daniele, xiv, 192n, 215 e n, 353

Mercati Angelo, 34

Merlo Grado Giovanni, 233n

Metastasio (Pietro Antonio Trapassi), 287n, 296

Meyer Fr., 182n

Mezzadri Luigi, 188n

Miccoli Giovanni, 231n

Michelangelo Buonarroti, 71

Milano Attilio, 195 e n

Millini Celso, 144 e n

Minardi Tommaso, 279, 322

Minghetti Marco, 163

Mira Giuseppe, 36n, 246n

Mirabeau Honoré Gabriel Riqueti, conte di, 353

Modica Vasta Marilena, 53n

Molajoni (famiglia), 232

Mombelli Castracane Mirella, xiii, 131, 137-140, 175n, 262n, 358

Mommsen Theodor, 278

Monachino Vincenzo, 76-78, 176n

Monaco Giuseppe, 293n

Monaco Michele, 69 e n

Mongiò Lorenzo, 303-304

Monsagrati Giuseppe, xiii, 12, 277 e n, 280, 294n, 324 e n

Monterisi Nicola, 81

Montesquieu Charles-Louis de Secondat, 292

Monticone Alberto, 69, 79, 108, 114, 131, 177n, 239n

Morandi Orazio, 313 e n

Morello Giovanni, 58n

Mores Francesco, 233n

Morghen Ruggero, 9

Morichini Carlo Luigi, cardinale, 160162

Moro Renato, 247n

Morosini Giuseppe, 245

Mulè Alessandra, 111

Muratori Lodovico Antonio, 78, 215

Murri Romolo, 232

Mussolini Benito, 5 e n, 345n

Mylbach Sylvain, 182n

Nacinovich Annalisa, 294n

Nahon Umberto, 195n

Nanni Stefania, xiii, 181, 209, 359

Napoleone III Bonaparte, 279

Natali Martino, 288-289

Naudé Gabriel, 317-318

Negro Angela, xiii, 267, 287n

Negroni (famiglia), 272

Neveu Bruno, 193 e n

Nicotra Laura, 279n

Nietzsche Friedrich, 346

Norci Cagiano de Azevedo Letizia, 327n

Nordhagen Per Jonas, 89 e n

O’Connell Marvin, 232, 234 e n

Ojetti Benedetto, 138n

Ondedei Zonga Caetani Carlotta, 287

Op De Coul Paul, xiv, 333

Orchi Emanuele, 147-148

Origo Benedetta, 334 e n

Origo Iris, 345n

Orioli Giovanni, 91n, 209 e n

Orione Luigi vedi Luigi Orione, santo

Orlandi Giuseppe, 185n

Orsini (famiglia), 152, 254

Ortroy Francesco van, 232

Osbat Luciano, xiii, 69, 71n, 77n, 239n, 359

Ossicini Adriano, 246-247, 249

Ossola Carlo, 188n

Ottoboni Pietro, cardinale, 20, 22

Pagano Sergio, xiii, xix, 33, 35-38, 110 e n, 193-194, 231n

Paglia Vincenzo, 36 e n, 61n, 66n, 69n, 78 e n, 109-110, 170-172, 176, 181n, 230-231

Palazzolo Maria Iolanda, 278n

Palermo Luciano, xix-xxi, 264n

Palumbo Margherita, xiv, 301

Paluzzi Caterina, 75

Palese Salvatore, 77n

Pani Ermini Letizia, xiii, 92, 103-104

Panzetta Alfonso, 282n

Paolo della Croce (Paolo Francesco

Danei), santo, 187n, 192, 209

Paolo III (Alessandro Farnese), papa, 268

Paolo V (Camillo Borghese), papa, 185n, 270, 307n, 308-309, 311-312

Paolo VI (Giovanni Battista Montini), papa, 17

Paolucci Scipione, 190

Pappagallo Pietro, 245

Paratore Ettore, 85n

Parente Fausto, 195 e n

Parisella Antonio, 245n

Parocchi Lucido, 63

Pascal Blaise, 147n

Pascucci Francesco, 57n

Pasini Cesare, 15n

Passerin d’Entrèves Ettore, 206-207

Passionei Domenico, cardinale, 286, 290

Pasternak Boris, 346

Pastor Ludwig von, 169 e n, 225

Patetta Federico, 21

Patrizi Maddalena, 232

Paulhan Jean, 351n

Paulus Jörg, 349n

Pavan Paola, xiii, 36n, 109-110, 113 e n, 176n, 257n

Pavone Claudio, 36n, 245n

Pecchiai Pio, 5-6, 22, 91n, 209 e n, 285 e n

Pecoraro Paolo, 245, 249 e n

Peirone Giulietta, 297n

Pellegrini L., 138n

Pelletier Gérard, 25

Pelliccia Guerrino, 60 e n

Paluzzi Caterina, 81

Perdifumo (famiglia), 28

Perego Salvioni Luigi, 48n

Pergola Philippe, 85n

Perin Del Vaga, 268

Perin Raffaella, 235n

Persio Antonio, 315 e n

Pertinace Scipione, 302

Pesiri Giovanni, 257n, 259n

Pessina Marino, 341n

Pessuti Gioacchino, 294

Petrocchi Massimo, 69 e n, 147n, 150n

Petroni Guglielmo, 12

Petrucci Armando, 278n

Petrucciani Mario, xxi, 92-93, 105-106

Piastrelli Luigi, 233

Piazza Carlo Bartolomeo, 153-154, 162

Piazza Ugo, 25

Piazzoni Ambrogio M., 19n

Piccialuti Caprioli Maura, 36n

Piccioni Lidia, xiii, 239-242, 245n, 360

Pichois Claude, 331n

Picozzi Maria Grazia, 283n

Pieralisi Sante, 22

Pier Luigi Farnese, duca di Castro e di Parma, 269

Pietrangeli Carlo, 267, 272-273

Pietro, santo, 64, 177, 235, 359

Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena, granduca di Toscana (Leopoldo II), 291

Pozzo Cassiano dal, 317

Pietromarchi Bartolomeo, 248n

Pignatelli Tommaso, 219, 317

Pignoni Teresa, 51n

Pinamonti Giampietro, 142 e n, 187n

Pini Giandomenico, 26

Pioli Giovanni 233

Pio V (Michele Ghislieri), papa, 149n

Pio VI (Giovanni Angelo Braschi), papa, xiii, 64, 214, 220, 223, 225-227, 293n, 296

Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti), papa, 161-162, 165, 277

Pio X (Giuseppe Sarto), papa, santo, 37

Pio XI (Achille Ratti), papa, xii, 20, 27, 229, 234-235, 237-238

Pio XII (Eugenio Pacelli), papa, 20, 40, 246-247

Pisanelli Giuseppe, 164 e n

Piscitelli Enzo, 245n

Pitocco Francesco, 239n

Pizzi Gioacchino, 294

Pizzoni Canzio, 233

Pizzorusso Giovanni, 29

Plongeron Bernard, 65n, 218-219, 225 e n

Poletti Ugo, 61

Polignac Winnaretta Singer Edmond, princesse de, 338

Pollastri Sylvie, 12-13

Pompili Basilio, cardinale, 63, 236

Pontremoli Alessandro, 184n

Postigliola Alberto, 205n

Poulat Émile, 230, 233-234

Pozzi Giovanni, 116 e n

Preti Cesare, 302n

Procaccia Micaela, 65n, 201n

Prodi Paolo, 82 e n, 144n

Prosperi Adriano, 23, 38 e n, 52-53, 82 e n, 121n, 184n, 203 e n, 230 e n, 250n

Pugliatti Teresa, 9, 268

Purnell Frederick, 315n

Puškin Alexander, 346

Quaranta Sisto, 247n, 249n

Querini Quirino, 164-165

Raes Alfonso, 15-16

Raganella Libero, 240 e n, 242n, 245n

Rannaud Gérald, 326n

Rannaud Yvonne, 326n

Ranzato Irene, 50-52

Rao Anna Maria, 205n

Rapone Tiziana, 246n

Ravel Maurice, 342

Renazzi Filippo, 285

Respighi Pietro, 63

Rezzonico Gastone della Torre di, 295296

Riccardi Andrea, 60, 242n

Ricci Scipione de’, 207

Ricciardi Riccardo, 206

Richelieu Armand-Jean du Plessis, duca di, 156

Righetti Igino, 26

Rilke Rainer Maria, 346, 348-350

Rimoldi Antonio, 234n

Risset Jacqueline, 12

Rita Andreina, 15n, 24

Riva Clemente, 231n

Roberti Luciana, 62 e n

Robertson Edmund, 292

Rocciolo Domenico, xiii, xxi, 24, 37, 39 e n, 52n, 55 e n, 61n, 63n, 65-66, 69, 110, 193-194, 198, 209n, 213n, 223 e n, 226-227, 244n, 248-249, 354

Rodano Franco, 246

Rodolfo II d’Asburgo, imperatore, 306, 308

Rodrigo d’Aragona, 259

Roettgen Steffi, 287n, 295n

Rolfi Ožvald Serenella, 295-296

Romanelli Pietro, 86, 89n

Romano Antoniazzo, 110, 293n

Roncière Charles de la, 114

Rosa Mario, xiii, 192n, 205, 212n, 289n, 353, 360

Roscetti Fernanda, 86, 92-94, 98-104

Rospigliosi Clemente, principe, 330

Rossi Giovanni Gherardo de’, 322

Rossi Guido, 144n

Rossi Mario, 233

Rossi Sergio, 36n, 110

Rossi Caetani Teresa de’, 278, 322

Rostagno Lucia, 195 e n

Rota Ettore, 205

Rotundo Donatella, xx

Rotundo Giovanna, xx

Rousseau Jean-Jacques, 298

Rovigatti Luigi, 16

Rudt de Collenberg Wipertus Hugo, 194 e n, 198

Rusconi Roberto, 29

Ruspoli (famiglia), 272

Russo Carla, 134n

Russo Vincenzo, 218

Rutto Giuseppe, 206-207

Ruysschaert Josè, 6, 15, 23n

Rzewuska Caetani Calista, 280 e n

Rzewuska Rosalie, 280n

Sacchetti Giulio, marchese, 26

Sagaria Rossi Valentina, 12, 281n, 335n

Saggiorato Annarosa 91

Sainte-Aulaire Louis-Clair de Beaupoil, conte di, 331

Saint-Marceaux Marguerite de, 338

Saint-Simon Claude-Henri de Rouvroy, conte di, 325n

Saitta Armando, 72

Sala Giuseppe Antonio, 49n, 222

Salamon Louis-Siffrein-Joseph de, 224

Salvadori (famiglia), 232

Salvetti Guido, 341n

Salvetti Matteo, 306n

Salvetti Firpo Laura, 306n

Salviati (famiglia), 20, 30

Samorè Antonio, cardinale, 17

Sandri Leopoldo, 69 e n

Santone Laura, 12

Santori Giulio Antonio, cardinale, 303 e n

Sardelli Teresa, 59 e n

Sbrana Carla, 59 e n

Scaiola Anna Maria, 327n

Scaduto Francesco, 164n, 208-209

Scanarolo Giambattista, 148 e n, 153-154, 162

Scaraffia Lucetta, 53n, 195n, 244n

Scarpellini Feliciano, 293n

Scattigno Anna, 54n

Scavizzi Pirro, 236

Schoppe Kaspar (Gaspar Scioppio), 308 e n, 309n

Schumann Robert Alexander, 341

Sciarra Mario, 73

Segneri Paolo, 187n

Semeraro Cosimo, 235n

Semeria Giovanni, 229-232, 234

Seneca Antonio, 119

Sensi Mario, 78 e n

Serbelloni (famiglia), 272

Sermoneta Giuseppe, 195 e n

Serni Pompeo, 172 e n

Serra Armando, 36n, 174n, 189n

Sgambati Giovanni, 337, 341

Siciolante da Sermoneta Girolamo, 9, 11, 267-269

Siciolante da Sermoneta Tullio, 269

Sinigaglia Leone, 341

Siniscalchi Pierpaolo, 79n

Sisto V (Felice Peretti), papa, 152

Slop de Cadenberg Giuseppe Antonio, 293

Solinas Francesco, 316-317

Sommella Paolo, xiii, xxi

Sonnino Eugenio, 60, 63n

Sorgiovanni Francesco, 316n

Sozzini Mariano, 156, 197

Spadaro Letizia, 35n

Sparti Donatella Livia, 317n

Sperelli Alessandro, 144-146

Spini Giorgio, 311n

Spruit Leen, 302-303

Starn Randolph, 212 e n

Stay Benedetto, 290

Stella Pietro, 206, 209, 215-216, 353

Stendhal (Henri Beyle), 321-327, 331

Stickler Alfonso, 9, 17

Stigliola Niccolò Antonio, 315

Strangio Donatella, 264n

Strinati Caludio, 36n, 110, 316n

Stuart Henry, duca di York, cardinale, 17

Subiaco Piergiulio, 264n

Sulis Ubaldo, 23

Syndicus Eduard, 88 e n

Tacchi Venturi Pietro, 169 e n

Tacus Renata, 56 - 57

Taglietti Franca, xiv, 271, 278n

Tamassia Paolo, 12

Tanari Bartolomeo, 158

Tardini Domenico, 235n

Tarzia Fabio, 294n

Tasso Torquato, 7, 287n, 292

Tavanti Cecilia, 333n

Tchalenko Georges, 86n

Tellier Jean, 170

Tenerani Pietro, 279, 322, 326, 330n

Terenzi Umberto, 236n

Tessitore Fulvio, 12, 280

Testini Pasquale, 85-87, 90, 92, 94-98, 102-104

Themelly Mario, 290n

Thorvaldsen Bertel, 279

Tiraboschi Girolamo, 297

Tisserant Eugenio, cardinale, 15, 17

Tolomeo Claudio, 314 e n

Tolstòj Lev Nikolàevič, 71

Tommaso da Cori, padre, 187n

Tommaso d’Aquino, santo, 231

Tomory Peter Alexander, 287n

Torga Miguel, 230

Torlonia Alessandro, principe, 330

Torquemada Tomás de, cardinale, 155

Tortora Massimiliano, 12

Toscano Bruno, xiii, xvii, 272 e n

Tosetti Urbano, 288-289

Tosti Mario, xiii, 214, 217, 360

Toussaint Stephan, 12

Tozzi Glauco, 35n

Traniello Francesco, 206-207

Trompeo Pier Paolo, 322n, 325n

Tufo Mario del, principe, 302-303

Turvasi Francesco, 58n

Ugolini Francesco Alfonso, 109n

Unelli Teresa, 51n

Ungaretti Giuseppe, 345 e n, 351

Ungaro Lucrezia, 85n

Unglaub Erich, 349n

Urbano VIII (Maffeo Vincenzo Barberini), papa, 270, 304n, 311-313, 315n, 317

Valentinelli Francesco, 49n

Valéry Paul, 346, 348, 350-351

Valier Agostino, cardinale, 27

Valletta Giuseppe, 72

Valli Stefania, 12

Valsecchi Raffaella, 341n

Vannugli Antonio, 36n, 110

Vanti Mario, 150n

Vaquero Piñeiro Manuel, xiii, 253, 257n, 259n, 264n

Vaucelles Louis de, 184n

Vauchez André, 204n

Vendittelli Marco, xix, xxii, 11, 254, 256-257

Venier Elio, 249 e n

Venturi Franco, 206 e n, 211, 279n

Venzo Manola Ida, xiii, 41, 47n, 52n

Verga Marcello, 188n

Vernet Horace, 330

Vernet Louise, 330

Verri Alessandro, 268, 296

Verri Pietro, 268, 291 e n, 296

Vian Giovanni, 234n

Vian Paolo, 19n, 23, 71n

Vielliard René, 88

Vigouroux Fulcran, 232

Villapadierna Isidoro da, 176n

Villot Giovanni, cardinale, 17

Vincent Bernard, 199n

Vincenzo de’ Paoli, santo, 187-188

Viollet-Le-Duc Geneviève, 322n

Viscardi Giuseppe Maria, 231n

Visceglia Maria Antonietta, 188n, 260n

Vismara Paola, xiii, 115, 192n, 359

Vitolo Giovanni, 114

Vittorio Emanuele II di Savoia, re d’Italia, 159, 277, 279

Vizzari Domenico, 192n

Vodret Rossella, 316n

Vogel Cyrille, 89 e n

Volpe Gioacchino, 134 e n

Volpicelli Paolo, 328-329

Volta Alessandro, 291

Voltaire (François-Marie Arouet), 268, 298, 300

Vuillard Édouard, 338

Wagner Cosima, 337

Wagner Richard, 336-337

Weaver Elissa B., 53n

Winkler Johann, 290

Woolf Virginia, 346-347, 350

Ysaÿe Eugène, 334, 339

Zaccaria Francesco Antonio, 293

Zambarbieri Annibale, xiii, 229-231, 358, 360

Zambrano Maria, 115

Zapperi Roberto, 9

Zarri Gabriella, 53n

Zemon Davis Natalie, 200 e n

Zito Paola, 29

Zocca Mario, 88n

Zola Émile, 234, 278

Zuber Valentine, 233n

Zucconi Angela, 75 e n

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