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RASSEGNA STAMPA APRILE 2020
PRINCIPALI ARGOMENTI DEL MESE DI APRILE: TURISMO AI TEMPI DEL COVID: COME RIPARTIRE ...........................................................................................................................3 NOTIZIE DAI RIFUGI ............................................................................................................................................................................16 OLIMPIADI ............................................................................................................................................................................................25 CAROSELLO: COLLEGAMENTO CORTINA - ARABBA - CIVETTA ....................................................................................................29 MUSEI DELLE DOLOMITI.....................................................................................................................................................................30 TRE CIME DI LAVAREDO: CONTROLLO DEI FLUSSI ........................................................................................................................31 SCOPERTO UN NUOVO FOSSILE NELLE DOLOMITI .......................................................................................................................32 INTERVISTE..........................................................................................................................................................................................34
TURISMO AI TEMPI DEL COVID: COME RIPARTIRE Corriere delle Alpi | 3 Aprile 2020 p. 33 Rilancio di Cortina, botta e risposta sulle strategie CORTINA Una strategia di rilancio e un sostegno alla sopravvivenza: sono questi i due aspetti su cui il Comune deve lavorare per far ripartire il paese. Le proposte arrivano dal capogruppo di minoranza Giorgio Da Rin che ha inviato una lettera al consiglio comunale mettendo nero su bianco le sue idee che saranno poi valutate nel tavolo di lavoro che sarà aperto nei prossimi giorni. Da Rin propone di cancellare il pagamento della tassa sui rifiuti, per il periodo di blocco delle attività, relativaente ad alberghi, attività commerciai ed edilizie, rifugi, ristoranti e bar. Per gli alberghi propone anche una riduzione dell'Imu. Propone poi di potenziare il personale dell'ufficio Edilizia per accelerare pratiche presentate da chi intende ristrutturare alberghi o attività, operazioni che daranno lavoro anche agli artigiani e chiede che ad agosto non venga imposto il consueto blocco dei cantieri. «Per finanziare questi punti», spiegano da "Cortina presente e futuro, «crediamo sia necessario utilizzare la tassa di soggiorno. Questo in considerazione del fatto che la promozione turistica per i prossimi mesi sarà del tutto inutile, vista la situazione globale, e che in questo momento si può quindi bloccare parzialmente il lavoro di Cortina Marketing; si possono poi usare i soldi destinati alle associazioni che ad oggi non possono fare eventi o attività e gli introiti derivati dalle concessioni edilizie, si può anche investire parte del contributo versato da Audi». Per le attività commerciali come i negozi si propone anche di elargire un contributo in forma economica alle aziende più sofferenti. «I negozianti sono fra le categorie più sofferenti», spiegano Da Rin e i suoi, «perché gli affitti degli immobili sono molto alti e poche attività locali sono proprietarie delle mura e inoltre hanno sofferto molto la crisi economica precedente, i cui effetti sono stati moltiplicati dall'acquisto on-line. A parere nostro bisognerebbe escludere dal contributo tutte le aziende multinazionali e le categorie che hanno potuto continuare a lavorare, ovvero supermercati, alimentari, panifici, tabaccai». Invita alla concretezza il sindaco Gianpietro Ghedina. «La mia non vuole essere né una replica e né una risposta alle ragioni del consigliere Da Rin», premette Ghedina, «ma un richiamo ad affrontare il tema degli interventi economici e finanziari a sostegno e al rilancio dell'economia del paese durante e dopo l'epidemia, in maniera seria e con delle basi normative che anche Da Rin dovrebbe conoscere e che effettivamente permettano di realizzare determinati interventi. Quindi non fumo negli occhi e superficialità ma concretezza negli interventi possibili». Ghedina entra poi nel merito della questione. «Faccio presente», spiega, «solo per fare alcuni esempi che l'Imu sugli alberghi non è un'entrata fiscale del Comune ma dello stato, categoria D, e quindi non la si può togliere o abbassare a piacimento come vorrebbe Da Rin. O, sempre ad esempio, va detto che la tassa sui rifiuti deve per legge coprire i costi del servizio e che quindi non si può abbassare. Detto questo, l'Amministrazione si sta muovendo. Stiamo lavorando», rivela il sindaco, «intanto alle proroghe delle scadenze fiscali e abbiamo già prorogato al 15 ottobre i versamenti dell'imposta di soggiorno del primo trimestre. Lavoriamo poi anche ad alcuni interventi su alcune imposte di spettanza comunale. Stiamo poi pensando di creare un fondo di solidarietà e di rilancio economico di Cortina. Continuano nel frattempo gli incontri tramite video e telefono con le categorie economiche. Dopo Pasqua», conclude il sindaco, «faremo anche un consiglio ad hoc su tutto questo, sempre con l'ausilio delle nuove tecnologie». -alessandra segafreddo© RIPRODUZIONE RISERVATA Trentino | 4 Aprile 2020 p. 14 «Turismo, dovremo pensare a formule non più "di massa"» luca petermaier trento Professor Umberto Martini, lei è docente di economia all'ateneo trentino dove si occupa in particolare di marketing territoriale. Immaginando un turismo pre-Covid e un turismo post-Covid, a suo giudizio quali strategie dovremmo mettere in atto per tutelare e poi rilanciare quella parte fondamentale del nostro Pil che è, appunto, il turismo?La situazione che stiamo vivendo è assolutamente unica. Di simile e recente mi viene in mente solo il conflitto nella ex Jugoslavia che per lungo tempo rese inaccessibile quella zona. Ma ci sono due elementi che rendono inedita e difficilmente decifrabile l'odierna emergenza. Il primo elemento è che ora il blocco è globale, non riguarda solo uno Stato o una regione, come ad esempio accade nelle guerre, nelle zone instabili politicamente o nei terremoti.Il secondo?Attiene al fatto che, per la prima volta, il problema non ha a che fare con le "cose" che vengono danneggiate da una guerra, appunto, da un sisma o da catastrofi come Vaia. Insomma, da fenomeni "esterni alle persone". No, questa situazione ha a che vedere direttamente proprio con le persone e i loro modi di vivere.Il che introduce un elemento tipico, appunto, delle "persone" e cioè la dimensione psicologica. Saranno ancora disposte, le persone, a fare delle vacanze? E come?Al di là del problema economico e dei redditi, che sarà forte, per le questioni che interessano a noi questa domanda è fondamentale: che disponibilità avranno le persone verso una cosa come il viaggio, la vacanza o il tempo libero che sono situazioni che, per definizione, comportano aggregazioni di gente? Lei che risposta si dà?Penso che il problema non si porrà in quella che il premier Conte ha definito la "fase
2", quella in cui il rischio contagio sarà ancora medio, dovremo indossare le mascherine. Ecco, in questa fase mi aspetto che il movimento turistico sia ancora totalmente bloccato. Nella "fase 3" - che non sappiamo bene quando sarà - le zone turistiche torneranno disponibili e aperte. Saremo, però, disposti noi ad andare a sciare insieme ad altre migliaia di persone, a metterci in costume su spiagge affollate o infine a visitare le città d'arte, magari alloggiando in alberghi con piscine e wellness comuni? Il turismo è una di quelle attività che non conosce mezze misure: o non c'è o, quando c'è, prevede affollamenti.Il tessuto economico trentino è fortemente incentrato sul turismo. Come dovrebbero porsi gli operatori economici in questa fase?Questa è una di quelle situazioni in cui il marketing non può fare nulla perché nei consumatori turistici, in questa fase, non c'è alcun interesse a percepire informazioni: stanno tutti pensando ad altro. La mia opinione è che ora è bene stare fermi nelle attività verso l'esterno e fare invece un intervento dietro le quinte per essere pronti quando la situazione riprenderà. Quando la "gara" del turismo ripartirà avranno la meglio coloro che saranno già pronti ai blocchi di partenza con strategie già elaborate e strutture già adeguate.Che mercato si aspetta, professore, quando l'emergenza sarà definitivamente alle spalle?Primo: ci sarà euforia e voglia di muoversi. Del resto, nel marketing, il bisogno è definito come uno stato di privazione. E noi stiamo vivendo forti privazioni: non possiamo uscire, muoverci, incontrare persone, fare sport. Tutte attività che hanno a che fare con il turismo. Secondo: attenzione perché ci saranno molti problemi economici e quindi il potere d'acquisto dei turisti non sarà più quello di prima. Terzo: avremo strutture forzatamente chiuse per un lungo periodo e dovremo far ripartire non solo un albergo ma tutto un sistema. La montagna, che è anche simbolo di tranquillità, isolamento, pace, può rappresentare un vantaggio nella fase di ripresa rispetto ad altre zone turistiche?Certo, ma solo la montagna "non turistica". Ecco che alcune aree del turismo minore potrebbero trarre vantaggio dalle mutate condizioni. Paradossalmente avere poche strutture ricettive, magari piccole e distanti, flussi turistici non enormi, potrebbe rivelarsi vincente, quantomeno all'inizio. Perché dobbiamo dircelo: anche in Trentino la "montagna turistica" è affollata come le belle spiagge o le città d'arte. Basta andare in Dolomiti a luglio e agosto per rendersene conto. Alcuni esperti sostengono che saranno favoriti gli alloggi turistici privati, rispetto alle grandi strutture. La pensa così anche lei, mi par di capire...Per una prima fase penso andrà così. La paura, che è per sua natura irrazionale, terrà lontane le persone dai luoghi ad alta concentrazione come hotel, campeggi, residence. Però questo non vuol dire che dobbiamo rivedere l'intera nostra organizzazione dell'accoglienza.Ma se si dovesse andare per le lunghe con la paura?Allora dovremo cogliere l'opportunità di cambiamento, dovremo essere bravi a riorientare la nostra accoglienza. Ma molto dipende dalla medicina: se gli scienziati ci rassicurassero su un vaccino in tempi medio-brevi allora - con un massiccio intervento pubblico - si potrebbero sopportare anche vari mesi di attività a scartamento ridotto. Se invece la medicina non dovesse darci queste certezze allora... Beh, meglio non pensarci...Dovremo dire addio (per qualche anno) ai viaggi a lunga distanza?Per un paio d'anni ho paura di sì. Ma il Trentino (e l'Italia) che hanno un forte appeal turistico potranno contare sul caro, vecchio turista di prossimità che può organizzare un viaggio in modo sicuro, non troppo lontano da casa e in una zona con sanità rassicurante. Corriere delle Alpi | 4 Aprile 2020 p. 9 Turismo veneto: il conto è di 1,6 miliardi Venezia Il lockdown porterà nel 2020 ad un crollo (-44,1%) del fatturato per le imprese italiane del settore ristoranti e alberghi (pari a 16,7 miliardi di euro di mancato incasso). L'impatto dell'emergenza Covid-19 sul fatturato 2020 vede come regione più colpita la Lombardia con un calo di 3,5 miliardi di euro, seguita dal Lazio con 2,7 miliardi. Al terzo posto troviamo il Veneto con un fatturato aggregato in flessione di 1,6 miliardi. Nello specifico il settore alloggio perderà 906 milioni, per la ristorazione mancheranno 719 milioni. Il Consiglio e Fondazione Nazionale dei Commercialisti ha diffuso ieri le stime dell'Osservatorio sui bilanci delle srl. L'impatto è dovuto sia al calo della domanda che ha colpito il settore ancora prima che scattasse l'emergenza in Italia, sia al blocco delle attività imposto per decreto, al fine di fronteggiare l'emergenza sanitaria.La stima è stata condotta su un campione di società includendo tutte le Srl che hanno presentato almeno un bilancio nell'ultimo triennio disponibile (2016-2018). Si tratta, in questo caso a livello nazionale, di 72.748 società (53.145 operanti nel settore della ristorazione e 19.063 operanti nel settore ricettivo) alle quali è imputabile un volume complessivo di ricavi pari a 37,8 miliardi di euro nel 2019. Le stime presentate dallo studio sono relative ai soli bilanci delle Srl del settore Ristorante e alberghi e non sono, pertanto, riferibili all'intero settore che, sulla base di dati Istat 2017 è costituito da circa 328mila imprese (tra cui circa 160mila ditte individuali e 90 mila società di persone, oltre a quasi 3 mila cooperative). Per ottenere le stime sono state utilizzate due differenti misure di impatto mensili per i comparti, tenendo conto del blocco delle attività nei mesi di marzo e aprile e della graduale ripresa dell'attività nei mesi successivi. Quella del coronavirus è una crisi improvvisa che si abbatte in un settore in crescita. Nell'Osservatorio emerge come nel 2018 in Italia, gli addetti e i ricavi aumentavano del +5,9% e del +5,7% sull'anno prima, seguendo una tendenza positiva dell'ultimo periodo. --Nicola Brillo© RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere delle Alpi | 4 Aprile 20200 p. 12 Cancellati molti eventi sportivi dell'estate «Perderemo 50 mila presenze turistiche»
Francesco Dal Mas Belluno Profonda delusione, anche se non inaspettata, nell'Alto Agordino per la cancellazione dei primi grandi eventi estivi. La Maratona dles Diolomites, con novemila partecipanti ed altrettanti accompagnatori, è stata cancellata. Colpo di spugna anche per la TransCivetta. E per la gara di mountain bike Hero Dolomites. Restano sotto osservazione le due Bike Day di giugno, prima quella tra Corvara, Arabba ed il Falzarego e l'altra, intorno al Sella. Ma è probabile che saltino anche queste. «Questo significa che il nostro territorio deve rinunciare a cinquantamila presenze ad inizio stagione», sintetizza Leandro Grones, albergatore e sindaco di Livinallongo del Col di Lana. «Ovviamente non tutti si accasavano nell'Alto Agordino, ma una parte consistente sì. Per gli alberghi ed il terziario è un dramma». Federalberghi lancia l'allarmeNe sa qualcosa il presidente di Federalberghi, Walter De Cassan, che proprio ieri mattina ha ricevuto le disdette di atleti che avrebbero partecipato alla Maratona dles Dolomites. De Casan ha partecipato, ieri mattina, ad una videoconferenza della giunta regionale a nome della propria associazione. «Abbiamo fatto il punto della situazione. Se noi ci lamentiamo per l'assenza della clientela tedesca a maggio e giugno, cioè per il Corpus Domini, non stanno meglio i colleghi del Garda, di Verona e di Venezia», riconosce.Il timore delle prescrizioniMa c'è una grande paura, possiamo ben definirla "terrore", che si sta materializzando nelle ultime ore: le prescrizioni cui sarebbe soggetti bar, ristoranti e alberghi anche nei prossimi mesi. «La sensazione è che i nostri esercizi siano gli ultimi ad uscire dal tunnel e che, quando sarà l'ora, saremo ancora una volta prigionieri di norme di sicurezza che ci terranno compagnia per tutta l'estate. L'allarme è per il cosiddetto distanziamento sociale che ci verrà imposto», anticipa De Cassan. «Ovviamente, lontana da noi la protesta. Comprendiamo la necessità delle future prescrizioni. Siamo pronti ad osservarle. Ma è evidente che lo Stato ci dovrà venire incontro». norme da rispettareIl presidente albergatore ricorda, ad esempio, l'impossibilità per tanti ristoranti di raddoppiare gli spazi per distanziare tavoli e clienti. «Le sale della colazione negli alberghi dovranno essere frequentate a turno, se non vogliamo dimezzare la clientela. E, in ogni caso», spiega ancora il titolare de "la Baita", che si trova ad Andraz, «i grandi alberghi difficilmente apriranno, perché non potranno permettersi un grande numero di personale per pochi ospiti».estate in bilicoAncora una settimana di tempo, dunque, fino a Pasqua, e dopo probabilmente si capirà qualcosa di più sul programma delle riaperture selettive. «Temo che dovremo rinunciare all'estate. Ho già degli operatori turistici, anche illustri, che dicono di accontentarsi di un 50% degli introiti la prossima stagione. A mio avviso, però, si illudono».A meno che l'assessore regionale Federico Caner non riesca a strappare, nell'immediato futuro, una serie di incentivi per le famiglie italiane che vanno in vacanza. --© RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere delle Alpi | 7 Aprile 2020 p. 33 Turismo: online il dibattito sul futuro delle Dolomiti CADORE "Turismo nelle Dolomiti: cosa fare? ". Questo il titolo dell'appuntamento on line organizzato da Enrico Belli, direttore del sito VacanzeDolomiti. com, e fondatore della società di consulenza Bizmaker®, al quale hanno partecipato i sindaci di Auronzo, Tatiana Pais Becher; di Selva di Cadore, Silvia Cestaro; l'assessore al Turismo di SelvaM di Cadore, Maurizio Troi; diversi operatori del settore alberghiero e non, immobiliare e dei servizi museali. Per molti era la prima partecipazione ad una tavola rotonda online, che ha permesso di incontrarsi e parlare senza allontanarsi da casa. La discussione ha messo a tema sia le conseguenze per il territorio dell'attuale blocco del turismo globale a causa del Coronavirus e sia nuove idee per prepararsi ad una nuova ripartenza. Un focus particolare ha riguardato anche la comunicazione che gli operatori devono condurre in questa fase non in modo proattivo ma bidirezionale, per coccolare i clienti e capire le loro esigenze per costruire con loro pacchetti adeguati a questa nuova fase. «Ho voluto lanciare un nuovo format», spiega Enrico Belli, «per accelerare sulla digitalizzazione anche nel settore turistico. È emersa la volontà di guardare con fiducia al futuro consapevoli dei problemi evidenti anche sulla stagione estiva. Sono stati valutati alcuni suggerimenti per distanziare le persone, evitare eventi di massa, favorire lo smart working anche dai borghi del Cadore per vincere la sfida del turismo domestico e di prossimità». Belli ha preannunciato le date delle prossime tavole rotonde online (15 e 28 aprile). Gli eventi hanno come motto (o hashtag) #siamotuttinellastessacordata, per significare che occorre muoversi uniti nella promozione del turismo, esattamente come in roccia. -a. s. Corriere delle Alpi | 8 Aprile 2020 p. 32 Cortina Meet: il debutto ascoltando le necessità degli operatori turistici CORTINA Ieri mattina si è svolta la prima riunione su Cortina Meet: la piattaforma online realizzata da Cortina Marketing con il Comune di Cortina che permette di partecipare agli incontri con gli operatori turistici del territorio, compilare i questionari utili a identificarne le esigenze e accedere all'archivio di informazioni condivise. In questo modo, l'Amministrazione, tramite Cortina Marketing, si è dotata
di un nuovo strumento per essere ancor più vicina alle associazioni produttive, ascoltarne le necessità e proporre nuove soluzioni e strategie per Cortina. Cortina Meet, infatti, permette non solo di gestire in maniera congiunta questa fase di emergenza, ma anche di condividere il percorso verso un modello di sviluppo turistico sostenibile, il "Modello Cortina". Il "Modello Cortina" si pone come obiettivi primari la qualità di vita di cittadini e turisti, la preservazione dell'ambiente naturale e di un contesto salutare per tutti, la resilienza socio-economica grazie alla bilanciata interazione tra qualità di vita e competitività. Il primo questionario messo on line è rivolto agli albergatori. Si chiede se la struttura è solitamente aperta tutto l'anno, se intende ripartire se a maggio dovessero venire meno i divieti, se utilizza lo stop per rinnovare sito internet o altro. Gli imprenditore devono rispondere con una crocetta a scelta fra "sì" e "no" o altre opzioni. Cortina marketing farà poi una sintesi. Continueranno poi le riunioni on line che possono ospitare fino a 250 persone e per partecipare è sufficiente avere un account Gmail. Il link per accedere è il seguente: https: //www. cortinamarketing. it/meet/. --a.s. Corriere del Veneto | 8 Aprile 2020 p. 3 Alberghi per la quarantena c’è l’accordo: la Regione pagherà 50 euro al giorno per camera È stato fissato anche il prezzo: 50 euro giornalieri per camera, compresi pasti e servizi. La speranza è che comunque non serva, ma così come hanno già fatto altre Regioni, il Veneto ha siglato un accordo con le associazioni degli albergatori per avere a disposizione gli hotel dove far fare la quarantena dei malati. Ieri la giunta ha approvato i criteri per individuare le strutture idonee a Mestre, Padova, Treviso e Verona, le aree maggiormente colpite dall’epidemia. «Ci stiamo muovendo — dice l’assessore regionale al Turismo, Federico Caner — con la massima prudenza per non farci trovare impre-parati in caso di estrema necessità, ma confortati anche dall’incoraggiante andamento di questi giorni sul diffondersi del virus nella nostra regione, auspichiamo di non aver bisogno di mettere in atto questa iniziativa. Se dovesse servire, noi saremo pronti». Sull’indicazioni delle autorità sanitarie e di protezione civile, è stato stabilito che l’accoglienza dei malati possa avvenire anche negli alberghi «riorganizzati» per far fronte all’emergenza, ospitando anche persone che devono rimanere in quarantena ma che non hanno un luogo dove poterla fare in sicurezza. Oltre alla disponibilità dei titolari sarà rilevata, con un’apposita scheda, l’idoneità tecnica delle strutture. Una ricognizione sui requisiti sarà svolta dalle associazioni maggiormente rappresentative a livello regionale ( Confturismo, Federturismo, Assoturismo) che compileranno una lista di strutture. Gli alberghi dovranno trovarsi in un raggio di venti chilometri dall’ospedale di riferimento del coronavirus, saranno la Protezione civile e la Polizia locale a stipulare poi la convenzione con i proprie-tari, la cui durata è prevista fino al 31 luglio. (f. b.) Corriere delle Alpi | 12 Aprile 2020 p. 28 Un pacchetto ad hoc per turismo e salute CORTINA Turismo e salute: Cortina lancia il progetto "Medical welness in quota": una proposta focalizzata su salute e benessere in alta quota. Il Comune e Cortina Marketing hanno presentato all'Assoalbergatori, agli impiantisti e a "Cortina for us" il progetto turistico, e la risposta è stata positiva. Tanti gli spunti in fase di elaborazione, per rendere presto operativa un'azione che nasce in risposta all'emergenza sanitaria, ma che si inserisce nel percorso di sviluppo sostenibile abbracciato dalla località. Si parte dall'idea che in questo particolare momento, in cui la diffusione del Covid-19 ha accentuato gli aspetti già negativi dell'urbanizzazione globale (inquinamento, sovraffollamento e concentrazione delle persone in spazi limitati; inquinamento acustico; alienazione dalla natura; carenza di spazi fisici per fare movimento; carenza di esercizio fisico in contesti naturali) il progetto Medical Wellness si possa aprire alla persona, nel suo insieme di corpo e spirito, per favorire il recupero del benessere psicofisico. Al centro l'esercizio in natura, con escursioni e bike tour guidati tra le Dolomiti Unesco e il Parco d'Ampezzo, che ha da poco compiuto 30 anni; ma non solo questo.La natura rigogliosa, l'aria pulita, gli ampi spazi, le aree naturali protette, la biodiversità, l'autenticità, la tradizione e la cultura di un luogo ricco di storia come Cortina, offrono l'ambiente ideale per rigenerare anche l'anima attraverso un'alimentazione sana, tecniche di rilassamento, momenti di apprendimento immersi nel verde (anche diretti alla conoscenza delle erbe spontanee) e attività per il benessere della mente: dallo yoga alla buona respirazione, dall'arte di disegnare alla composizione floreale sino al piacere della musica o di un massaggio.L'iniziativa punta al coinvolgimento quanto più esteso delle professionalità e degli operatori del territorio: hotel, ristoranti, strutture mediche, Spa, aziende ed esperti di design e costruzione, professionisti della salute e del movimento, soprattutto in natura.Per ora si è iniziato a discutere del progetto, poi verranno creati pacchetti turistici ad hoc. Verranno in sostanza unite in un'unica offerta le tante proposte che Cortina offre da tempo. Sino ad oggi ogni imprenditore ha lanciato la sua attività; lo yoga in quota, ad esempio, viene fatto da anni in estate e in inverno sulle terrazze dei rifugi. L'obiettivo del Comune e di tutti coro che vivono e lavorano nel turismo è quello di unire le varie proposte in un unico pacchetto, così da offrire la più ampia scelta ai vacanzieri, sotto il cappello del benessere in quota. --alessandra segafreddo© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere delle Alpi | 17 Aprile 2020 p. 15 Vacanze, sì o no? «Sulle Tre Cime e da soli sarà difficile infettarsi...» BELLUNO Quest'estate, meglio andare al mare o in montagna? Sicuramente sulle Tre Cime di Lavaredo, a sentire ieri sera Enrico Mentana che commentava la scelta di Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto Superiore di Sanità e teorico del distanziamento sociale. «Sulle vacanze è difficile fare previsioni. È chiaro che se lei va da solo a scalare le Dolomiti il suo rischio di contrarre il virus è piuttosto basso, mentre se si va in contesti affollati è diverso», ha risposto Brusaferro ad un giornalista, alla presentazione del bollettino sulla diffusione del coronavirus in Italia. Era proprio quello che volevano sentirsi dire gli operatori che ieri pomeriggio hanno partecipato alla videoconferenza della Dmo di Belluno col presidente Roberto Padrin, Giuliano Vantaggi, il direttore, Renzo Minella e gli altri collaboratori. Le terre alte vengono autorevolmente consigliate come approdo più sicuro per non contagiarsi in vacanza.Sta di fatto, però, che non solo i rifugi alpini, ma anche le malghe, specie quelle con annessa attività agrituristica, sono in fibrillazione.E, guarda caso, proprio dalle parti delle Tre Cime. La Cooperativa agricola "Auronzo- Val D'Ansiei" non sa infatti ancora se potrà riaprire al completo l'accoglienza agrituristica di Malga Maraia e di Malga Popena, dall'una e dall'altra parte del lago di Misurina. Una meraviglia, i due siti.E di lavoro ce n'è così tanto che il presidente, Osvaldo Vecellio, ha ingaggiato ben 27 collaboratori, quasi tutti giovani, per vedere di recuperare il tempo perduto.«L'attività in malga è possibile, anzi auspicata. Ma i nostri prodotti trovano un canale privilegiato negli agriturismi. Qui, però, dovremo fare i conti con le norme che il governo detterà. Le aspettiamo con ansia. Vogliamo infatti capire, ed è essenziale per noi, se sarà possibile continuare con 120 posti per ciascun sito, oppure se, come è prevedibile, dovremo ridurli. Da questa risposta dipenderà anche la conferma dei posti di lavoro».Vecellio si dice fiducioso. E tale si dichiara anche il sindaco Tatiana Pais Becher, precisando che in analoghe problematiche sono coinvolti la ristorazione, gli alberghi ed i rifugi. Sono una cinquantina le malghe operative sulla montagna bellunese, una trentina dispongono di ospitalità agrituristica.«Non fasciamoci la testa prima di rompercela», suggerisce Alessandro De Rocco, presidente di Coldiretti Belluno, «finchè non conosceremo le misure di precauzione, sarà inutile agitarci. C'è chi, ad esempio, mette in conto le prenotazioni, ma per tanti ambienti queste sono un problema. Mi auguro che a Roma si sappia che in montagna non si fanno assembramenti e che quindi quassù non devono valere le regole del mare». --Francesco Dal Mas© RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere delle Alpi | 17 Aprile 2020 p. 18 «Vorremmo tutelare anche guide turistiche alpine e ambientali» BELLUNO Cultura e spettacolo, ma non solo. L'assessore alla Cultura del Comune di Belluno, Marco Perale, al tavolo di confronto convocato dall'omologo regionale Cristiano Corazzari, sta portando le istanze non solo di operatori e lavoratori dello spettacolo dal vivo, ma anche di altre figure messe in grave crisi dall'emergenza Covid-19. Parliamo soprattutto di guide alpine, ambientali e turistiche, professionalità che mescolano due settori, cultura e turismo, che la contingenza obbliga ad una serrata totale prolungata. «Per capire i problemi del mercato del lavoro culturale», riporta Perale, «ho allargato il giro degli interlocutori anche a guide alpine, turistiche ed ambientali, categorie che lavorano solo se c'è turismo, e che quindi in questa fase di blocco totale sono per aria. Anche in questo caso, metà sono con partita Iva, e quindi hanno potuto far domanda per il bonus da 600 euro; qualcuno è contrattualizzato, tipo i dipendenti della Cooperativa Mazarol, e può andare in cassa integrazione. Un'altra metà del centinaio di guide patentate presenti in provincia, invece, sono lavoratori occasionali totalmente scoperti, e per questi a ora non esiste salvagente sociale». Il senso dell'allargamento di campo sta in una certa contiguità tra i campi citati: «Rispetto ad altre città», spiega l'assessore, «che hanno realtà con dimensioni completamente diverse (Verona con la Fondazione Arena, Venezia con la Fondazione Teatro la Fenice e il Teatro Stabile del Veneto), noi abbiamo tutto un mondo diverso, altri tipi di professionalità della cultura allargata. Guide ambientali, alpine e turistiche lavorano con un turismo che ormai abbina cultura e natura, per cui non andrei a differenziare: sono categorie altrettanto interessanti e, in questa fase, altrettanto per strada. Alla Regione stiamo chiedendo di far capire che esiste questo problema. Non sempre parliamo di categorie grosse abbastanza da riuscire a farsi sentire». Si parla di categorie ibride, continua Perale, «nel senso che sia le guide ambientali che quelle turistiche è raro facciano solo questo mestiere. A parte poche unità nella parte organizzativa delle cooperative, parliamo di persone che lo fanno come secondo lavoro o paralavoro. A prescindere della qualità e quantità del paralavoro, a chi ha la partita Iva va bene, mentre i lavoratori occasionali sono tuttora scoperti. È su questi che chiediamo un'attenzione a Regione e Governo». --I.F. Gazzettino | 17 Aprile 2020 p. 10 edizione Belluno Turismo sicuro: hotel aperti anche per una sola famiglia
I consorzi turistici stanno stimolando la fantasia per cercare formule che permettano di garantire che la prossima stagione estiva non sia un completo fallimento a causa del coronavirus e le sue conseguenze sul distanziamento sociale ed i viaggi. Se in Comelico il Consorzio turistico di Padola promuove un'iniziativa dedicata a tutto il personale sanitario impegnato negli ospedali italiani nella cura dei pazienti Coronavirus, offrendo in regalo a medici, infermieri, tecnici, operatori sanitari una settimana di vacanza, alloggiando nelle strutture ricettive degli associati che hanno sposato la proposta, valida per la prossima estate, il Consorzio di Sappada, oltre a provvedere alla sanificazione dei locali, kit medici per gli ospiti, organizzazione delle sale per il rispetto del distanziamento sociale e accorgìmenti tecnici, lancia una proposta singolare: la possibilità di prenotare l'intero hotel per la propria famiglia. A Sappada spiega il presidente del Consorzio turistico Sappada, Fabrizio Piller Roner le nostre strutture ricettive sono a conduzione familiare e il numero delle camere è esiguo rispetto alle grandi strutture alberghiere, perciò siamo in grado di garantire standard di sicurezza sanitaria molto elevati. Vorremmo che Sappada diventasse, in questa particolare situazione che stiamo tutti vivendo, una sorta di panacea, un buen retiro, dopo i mesi di dure restrizioni sociali. Perciò, la nostra agenzia di marketing ha studiato e messo a punto un claim che spiega l'iniziativa che lanceremo a breve: Ritroviamoci a Sappada. Dopo un allentamento forzato dai propri familiari e dai propri parenti, vogliamo dare la possibilità alle famiglie composte da diversi nuclei di riservarsi l'intero hotel per godere qualche giorno di vacanza tutti insieme, nel rispetto delle indicazioni governative. Gli operatori coordinati dal Consorzio, 45 le sole strutture ricettive che ne fanno parte, sono fiduciosi che gli ospiti più affezionati possano tornare in estate in vacanza a Sappada. E così altrettanto gli operatori del Comelico. Lucio Eicher Clere L'Adige | 18 Aprile 2020 p. 13 Estate, si pensa alla ripartenza Competizione sui turisti italiani Quando si aprirà con il rispetto delle misure previste dagli esperti virologi e della sanità, il turismo trentino non sarà quello degli anni passati. Le presenze straniere, che in un anno pesano per il 40% del totale, non potranno tornare se non nel giro di uno o due anni. Al massimo, se da luglio ci saranno delle riduzioni delle restrizioni in Austria e Germania, si potrà pensare di attrarre bavaresi e austriaci verso le mete trentine come il Garda o la val di Fassa, ad esempio. Ma il primo comandamento per il sistema ricettivo sarà: garantire la sicurezza a chi verrà a soggiornare in Trentino. E tra questi i primi a cui ci si rivolgerà saranno sicuramente gli italiani, che però, vista la probabile assenza di turismo straniero per tutta la Penisola, diventeranno l'obiettivo di tante località in Italia e la concorrenza sarà maggiore. Maurizio Rossini , a capo di Trentino Marketing, spiega così le prospettive dell'estate in arrivo per il settore ricettivo trentino. Con una premessa: «Prima di parlare di promozione occorre vedere quali regole ci saranno per le strutture trentine, i tempi che verranno dati, le modalità con cui si potrà accogliere il turista. Solo dopo si potrà impostare una promozione che, per questa prima estate, si dovrà sicuramente indirizzare verso mercati vicini, con turisti che sceglieranno ciò che conoscono meglio e di cui si fidano. In questo momento il grosso dell'impegno è definire le regole e i protocolli della riapertura. La sensazione è che la gente quando potrà muoversi lo farà andando vicino, nei luoghi dove fare attività fisica e conosciuti, e il Trentino è uno di quei luoghi. A quel punto, quando ci saranno le regole per la riapertura, si potrà avviare la organizzazione per riaprire in sicurezza le nostre vallate e solo dopo si può parlare di eventuali messaggi da mandare al potenziale turista». E l'obiettivo è chiaro: si tratta del «mercato italiano innanzitutto, poi speriamo magari che col mese di luglio si apra uno spazio per mercati a lingua tedesca a noi vicini, come Baviera e Austria ad esempio. Ma molto dipenderà da come saranno gestite le restrizioni sullo spostamento delle persone. Oggi se un tedesco esce dal Paese quando rientra I mercati come Polonia e altri mercati europei si possano aprire con l'inverno e nel 2021 inoltrato su mercati internazionali, ma questa è una prospettiva ottimistica» cotinua Rossini. Una grandissima parte del turismo straniero non ci sarà in Trentino e anche nel resto del Paese mancherà e «quindi ci sarà grande competizione. E anche quando si riaprirà, lo si farà con numeri inferiori a quelli usuali» sottolinea Rossini. Il prezzo in questo momento non è l'aspetto «che viene considerato prioritario, bensì la sicurezza per la salute». Per il presidente dell'Asat Gianni Battaiola, sarà fondamentale avere una serie di regole sanitarie sulla riapertura delle strutture sanitarie, anche perché «sarà importante avere garanzie di sicurezza verso l'ospite, indicazioni al personale su come avere delle misure di disinfezione e pulizia. Si sta lavorando a livello nazionale e locale a una serie di disciplinari per dare delle indicazioni chiare per le nostre strutture. Protocolli a rischio zero non ce ne sono, ma certo vogliamo cercare di dare indicazioni concrete per capire come aprire in sicurezza e tranquillità. Poi se ci saranno da fare delle modifiche strutturali, occorre dare delle indicazioni il prima possibile agli alberghi» dice Battaiola. Altro aspetto che sta a cuore alle imprese è quello del fatto che con le nuove misure in arrivo, ci sarà un calo del numero di ospiti massimo ospitabile. Ma i costi – sottolinea Battaiola – restano per molte voci gli stessi e sono calcolati sulla metratura della struttura con un metodo che va adattato per ridurre l'impatto su una economia turistica che viaggerà a ritmi più bassi per qualche tempo. Trentino | 18 Aprile 2020 p. 37
L'Apt Val Rendena sta rimodulando l'offerta turistica elena baiguera beltrami val rendena «In una situazione di normalità a Madonna di Campiglio, Pinzolo e in Val Rendena la stagione turistica sarebbe ancora in corso. Oggi era prevista la nostra l'assemblea annuale, domenica 19 aprile il Trofeo Super Grostè. La storia, peraltro drammatica, però è un'altra». A sette settimane dall'inizio del lockdown, il presidente dell'Apt Tullio Serafini, con un malcelato rincrescimento per quello che poteva essere l'inverno migliore di sempre, fornisce una panoramica generale sulla ripartenza e più che di manifestazioni si tratterà di continuare a garantire servizi territoriali, sui quali lo staff dell'Apt sta lavorando.L'operatività attuale«Numerosi progetti ed eventi sono stati annullati, con risparmi che ricadranno positivamente sul bilancio - riferisce Serafini - ed attualmente stiamo studiando come rimodulare le esperienze, servizi e attività alla luce del distanziamento sociale. Altre attività proseguono normalmente, come lo sviluppo del sito web, la pubblicazione di contenuti sui canali social, la redazione del magazine "CampiglIO", l'aggiornamento dei prodotti editoriali, la riformulazione della "Dolomeetcard".Task force provinciale«Il tavolo della task force è composto da Assessorato al Turismo, Trentino Marketing, Azienda provinciale per i servizi sanitari, associazioni di categoria (Asat, Unat, Confcommercio, Anef), oltre ad alcune Apt, tra le quali la nostra - illustra Serafini - e con il coordinamento di Trentino Marketing si sta elaborando una comunicazione unica per tutto il sistema turistico trentino, sia online che offline. Nel ricettivo si punta alle strategie flessibili e a mantenere viva la relazione con gli ospiti, ma senza abbassare i prezzi. Trentino Suite Digital HubIl board di Trentino Marketing ha predisposto uno strumento il "Trentino Suite Digital Hub", una sezione specifica del portale trentinomarketing.org a servizio degli operatori, i quali potranno trovarvi informazioni e suggerimenti su diversi temi: commerciale (tariffe, policy, eccetera), comunicazione e marketing online (comunicare "ai tempi del Coronavirus"). Inoltre la Provincia ha istituito 13 tavoli di lavoro dedicati a settori specifici, e verrà predisposto un vademecum di comportamento con tutte le modalità di apertura e le misure di distanziamento sociale per ogni singola categoria».Montagna e CovidSerafini è positivo sulla montagna in termini di opportunità di vacanza nel rispetto di regole imposte dalla pandemia: «Penso al trekking, al fishing, alla ruralità con la valorizzazione dei prodotti tipici, al foraging, alla mountain bike, al cicloturismo, alla cultura, all'arte e al Dolomiti Natural Wellness». In tutto questo ripensare e rimodulare, l'Apt conta sulla collaborazione del Parco Naturale Adamello Brenta per attività di educazione ambientale e scoperta della natura, mentre per quanto riguarda il tipo di clientela si guarda con grande attenzione anche alle seconde case, che con i voli bloccati e la clientela italiana di ritorno, rappresenteranno un comparto di grande interesse, tutto da attenzionare. Corriere delle Alpi | 18 Aprile 2020 p. 8 Vantaggi: «Sfrutteremo i punti di forza delle nostre Dolomiti» Francesco Saltini Belluno «Era la stagione delle stagioni per quel che riguarda l'inverno. Pienone ovunque, grazie alla programmazione fatta dalla Dmo nel 2019 in tutta Europa. E, infatti, il 50% del nostro turismo veniva dall'estero. Poi, pero...».Poi è arrivata l'emergenza Coronavirus e tutto il comparto, all'indomani di un fine settimana da urlo (7-8 marzo), si è dovuto fermare. Giuliano Vantaggi, direttore della Dmo, guarda al passato per costruire un futuro importante, «perché ogni shock economico genera disastri, ma anche opportunità. Bene, noi dovremo essere bravi a sfruttare i punti che sono a noi favorevoli»Come vi state muovendo a livello di Dmo in vista della prossima stagione estiva?«Stiamo studiando la situazione, cerchiamo di immaganizzare e rielaborare le informazioni che ci arrivano e, soprattutto, siamo in attesa di capire come proseguirà la fase 2. Ci sono alcune notizie che ci rendono ottimisti, altre che creano incertezza».Pensiamo all'uscita di Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto Superiore di Sanità e teorico del distanziamento sociale...«Brusaferro ha dato un bell'assist alla montagna, dicendo che durante le uscite ad alta quota è più basso il rischio di contrarre il virus rispetto ai luoghi più affollati della pianura. Tocchera a noi far fruttare queste parole».Come sarà l'estate sulle Dolomiti?«A nostro avviso tornerà il turismo plein-air, quello itinerante, attraverso l'utilizzo di camper e roulotte. Ne gioveranno i campeggi, ma anche i negozi di vicinato, dove questo genere di turisti solitamente si rifornisce».E gli alberghi?«Tutto dipenderà dalle tipologie di distanziamento previste nella fase due, misure che potrebbero incidere, e non poco, sull'economia delle grandi strutture alberghiere. Visti gli alti costi di gestione che hanno, i grandi alberghi potrebbero anche decidere di non aprire per l'estate. Meno problemi per le piccole e medie strutture, la cui gestione familiare ben si presta a essere più elastica».E i rifugi di alta montagna? Qui il problema è rappresentato dagli spazi interni. Spazi che il più delle volte sono condivisi...«Per le strutture di montagna il discorso è più complesso. Nel settore cucina, non dovrebbero sussistere troppi problemi, vista anche la presenza un po' ovunque di ampi spazi all'aperto. Più complicata la soluzione per l'area notte, visto che nei rifugi vanno di moda le camerate». Si comincia a parlare del bonus per le famiglie che faranno le vacanze in Italia. Il Governo pensa di stanziare cinque miliardi...«La speranza è che questi cinque miliardi rappresentino solo una parte dello stanziamento. Facciamo due calcoli: stabilendo che il bonus coprirà il 25-30% del costo della vacanza e che la nostra regione muove un giro di affari estivo di 10 miliardi, solo per il Veneto servirebbe un bonus di 2,5 miliardi. E il resto della penisola? Chi è al timone deve capire che il turismo è il settore economico più forte in Italia, un settore che finora non ha avuto alcun aiuto».A livello di promozione cos'è cambiato?«Negli ultimi anni il Veneto ha già subito diversi shock, da Vaia all'acqua granda di Venezia. Shock che si ripeteranno negli anni. Toccherà a noi essere bravi a riprogrammare l'attività in base alle informazioni. Sembra che da settembre possa tornare a muoversi la macchina di promozione turistica e noi siamo già in moto per farci trovare pronti. C'è l'ipotesi di effettuare il Giro d'Italia dal 3 al 25 ottobre? Bene, noi saremo presenti alla corsa rosa con il
nostr stand». E la promozione per la prossima estate?«Verrà fatta a livello social sul web. Sappiamo che nella prima parte dell'estate sulle Dolomiti ci sarà soprattutto il turismo di prossimità, ovvero veneti mossi dall'orgoglio di essere veneti e dalla voglia di vedere bellezze della propria regione, che in molti non hanno mai visto. Poi, a macchia d'olio, arriveranno triveneti, italiani e infine gli stranieri». Lei è innamorato della montagna bellunese... Dalle sue parole emerge un messaggio di speranza: "Ce la faremo anche questa volta".«A volta mi si dice che sembro fin troppo tranquillo, ma non è così. La preoccupazione esiste, ma in questo momento bisogna restare lucidi, perché questi stop epocali generano disastri, ma anche opportunità. Dopo questa crisi ripartiremo tutti sullo stesso piano. Un esempio è rappresentato da Venezia, che fino allo scorso anno non aveva bisogno di promuovere le sue bellezze. Bene, nel prossimo futuro dovrà pensare anche a questa attività. Noi dovremo essere bravi a sfruttare i punti di forza della montagna, considerata da sempre un luogo salubre e a misura di famiglia. Lo slogan "La montagna, l'unico luogo dove hai sempre le spalle coperte" dovrà accompagnare la nostra promozione». Un messaggio a chi vive di turismo...«Stiamo affrontando il momento più duro degli ultimi cinquant'anni e in questi momento l'unione fa la differenza. Come Veneto dovremo presentarci all'esterno come destinazione unica. Abbiamo mare, montagna e arte: siamo unici in Italia e nel mondo. Uniti vinceremo questa battaglia». --© RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere delle Alpi | 18 Aprile 2020 p. 8 «Emozioneremo gli italiani con le nostre bellezze» FALCADE Le Dolomiti voltano pagina. La promozione dell'estate non potrà seguire i canali tradizionali. Tanto meno quella per il prossimo inverno. «Le fiere? Poco ci credevo prima. Nulla, o quasi, adesso», ammette Renzo Minella, presidente regionale Anef (impiantisti a fune) e regista dell'area turistica Falcade Pellegrino. «Dopo l'esperienza di quarantena che gli italiani stanno facendo, dobbiamo riuscire a emozionarli facendoli godere delle bellezze delle Dolomiti. Immagino nelle prossime settimane piccoli o grandi eventi, come il concerto di Bocelli in Duomo a Milano. Qualche diretta web magari da una nostra vetta per far godere dell'alba o del tramonto, magari con un artista di richiamo».Mancano poco più di due mesi all'estate, grandi programmazioni non sono possibili. Ma l'offerta di un turismo sostenibile, in contesti mozzafiato, è alla portata della fantasia, purché sia genuina. «Sappiamo che quest'estate le nostre famiglie non avranno granché da spendere in chissà quali vacanze. Ma determinate emozioni si possono gustare anche senza spendere cifre impossibili. Certo», conclude Minella, «dobbiamo toglierci dalla testa il ritorno al turismo di massa e a quello dei grandi eventi. C'è una cultura nuova da sperimentare».Quanto agli impianti, tutte le società si stanno preparando a una nuova organizzazione, quella dettata dal distanziamento. Proprio lui, Minella, la sera di sabato 7 marzo era stato il primo a concludere che si doveva chiudere, considerando l'assalto ingestibile alle piste. E così è stato. --F.D.M. Corriere delle Alpi | 18 Aprile 2020 p. 9 Il Fondo dei Comuni di confine in aiuto del turismo sostenibile Francesco Dal Mas BELLUNO Le Dolomiti, tempio della salute. Passerà da qui la prossima stagione turistica. E la campagna promozionale che la sosterrà, utilizzando anzitutto le risorse non ancora impegnate del Fondo dei Comuni di confine: circa 2,5 milioni di euro. Ma il Fondo è disponibile a considerare altri impegni di spesa per il futuro. Soprattutto se l'offerta, a tutti i livelli, sarà di un turismo sostenibile, di puntuale attenzione alla natura, magari anche dal ritmo lento, più possibilista nei confronti del distanziamento.Ecco, dunque, che il coronavirus potrebbe trasformarsi nella grande occasione di rilancio delle terre alte e delle Dolomiti bellunesi, come afferma il presidente della Provincia, Roberto Padrin. Un controsenso? No, perchè - è la sua risposta pronta - la vacanza in montagna non si presta ad assembramenti e affollamenti. Al contrario: è considerata sicura e salubre anche dagli esperti.È quanto emerso dal direttivo della Dmo Dolomiti, che l'altro ieri è stato convocato dalla Provincia, con la decisione di allargarlo anche alla parte tecnica, alla Camera di Commercio e al presidente del Fondo Comuni di confine Roger De Menech (il Fondo infatti finanzia il piano di marketing territoriale). Alla riunione, in videoconferenza, ha preso parte anche il nuovo consigliere provinciale con delega al turismo, Danilo De Toni, sindaco di Alleghe.«La montagna bellunese è pronta a ripartire, dopo la chiusura anticipata della stagione invernale. È ancora forte l'amarezza per aver dovuto rinunciare alle finali di Coppa del Mondo di Cortina in un periodo in cui le nostre Dolomiti stavano macinando risultati turistici come non si vedevano da anni», afferma Padrin. «Proprio per questo, la Provincia e la Dmo lavoreranno insieme, in collaborazione ai consorzi turistici delle diverse vallate bellunesi per non perdere la prossima stagione estiva. Anzi, per portare avanti una campagna promozionale che faccia leva sulla montagna sicura. Abbiamo la grande occasione di rilancio, che è costituita dai Mondiali di sci 2021: l'appuntamento di Cortina sarà il primo vero appuntamento sportivo internazionale dopo il Covid, se il Tour de France non dovesse essere recuperato nel mese di settembre».La promozione del contesto montano, e dolomitico in particolare, come ambiente salubre, in cui l'aria e l'acqua sono di qualità superiore e in cui è possibile mantenere il distanziamento tra le persone, non sarà però l'unico asso per il rilancio del turismo nella fase 2 del coronavirus. La bellezza è fonte
di attrazione e, secondo le ultime indiscrezioni, i tedeschi sono pronti a ritornare se il loro Paese, da una parte, e l'Italia, dall'altra, daranno qualche opportunità. Magari da luglio in avanti, anche a settembre e ottobre. Ecco perché le Dolomiti con la loro straordinaria attrattività vanno rilanciate sulla scena mondiale. Magari - si è detto - come ha fatto Bocelli col duomo di Milano. Che tradotto significa: un'alba sul Col Margherita piuttosto che sulla Marmolada o sulle Tre Cime proposta in diretta web. Sulla partita del rilancio turistico ci sarà anche un impegno ancora più deciso del Fondo Comuni di confine, e verrà dato il supporto agli operatori del territorio affinché sappiano come muoversi nei confronti della clientela che chiede informazioni. -Corriere delle Alpi | 18 Aprile 2020 p. 11 Turismo, bonus statale da 325 euro Michielli: è soltanto il primo passo lo scenario Laura Berlinghieri La richiesta degli attori del settore sembra allontanarsi dal tavolo delle ipotesi, per trovare posto, nero su bianco, già nel prossimo Dpcm. Il «piano nazionale per rilanciare da subito il turismo in Italia» preannunciato una settimana fa dal sottosegretario all'economia Pier Paolo Baretta ora ha un nome: «bonus per le vacanze», come lo definisce lui stesso. Non ha ancora un "cognome", perché la configurazione è ancora al vaglio dei due ministeri, del turismo e dell'economia, seppur la forma più probabile sia quella della detrazione fiscale. «Ci stiamo lavorando per prevedere la misura già nel prossimo Dpcm» conferma Baretta, che pur non si sbilancia sulle cifre. Indiscrezioni parlano di un bonus per i soggiorni di almeno tre notti all'interno delle strutture ricettive del nostro Paese, con l'entità dello sgravio direttamente proporzionale al numero dei componenti del nucleo familiare: 100 euro, se si tratta di una sola persona, altri 100 per una seconda, 75 per il terzo, 50 per il quarto, fino a un massimo di 325 euro a famiglia. «Ma è una cifra che non ci accontenterebbe» commenta l'assessore regionale al turismo Federico Caner, tra i promotori della misura. «Noi abbiamo chiesto uno sgravio di almeno 250 euro a persona, mentre il Ministero ne ha proposti 500 a famiglia, che noi riteniamo troppo pochi. Se questa cifra dovesse essere ulteriormente abbassata e portata a 325 euro non sarebbe assolutamente sufficiente per attrarre i potenziali turisti». La posizione del Ministero sembra essere il sostegno alla famiglia e non ai singoli. Ed è anche quella di Baretta che pur, nell'indicare questa strada, preferisce parlare in prima persona. «Sì, ne stiamo ancora discutendo, ma io opterei per un sostegno per nucleo familiare. Non si tratta di un sostegno al reddito. Io lo penso soprattutto come un aiuto per i genitori che vorranno portare in spiaggia i loro figli questa estate». Quest'ultima previsione comporterebbe una spesa per lo Stato che potrebbe aggirarsi tra l'1,2 e l'1,5 miliardi di euro. Ma Baretta, sui numeri, continua a non sbilanciarsi: «È un intervento importante. Su cifre e modalità - detrazioni o erogazioni dirette - la discussione è ancora aperta. La cosa certa è la nostra intenzione di sostenere il turismo estivo: alberghi e stabilimenti. E famiglie». Ma anche i confini della finestra all'interno della quale sarà possibile usufruire dello sgravio rimangono vaghi. «Mi auguro che la previsione non sia per la sola estate, che non inizierà prima dell'1 luglio, ma che sia almeno fino alla fine del 2020, per aiutare tanto il turismo balneare quanto quello delle città d'arte» l'auspicio di Marco Michielli, presidente di Confturismo e Federalberghi Veneto, che nelle ultime settimane aveva chiesto più volte questa misura. «A oggi manca ancora un protocollo per la riapertura, chiesto più volte al Ministero della sanità. Gli albergatori non sanno come comportarsi, hanno bisogno di certezze per programmare le attività dei prossimi mesi». Continua Michielli: «Altra cosa in cui spero è che la modalità per usufruire del "bonus" non sia troppa macchinosa, indipendentemente dal fatto che si tratti di una detrazione o di un voucher dato direttamente dall'albergatore al cliente».L'ipotesi è che i lavoratori dipendenti potrebbero chiedere che la detrazione sia applicata dal sostituto d'imposta già nel mese successivo alla presentazione della richiesta del bonus. Ultimo punto riguarda il reddito massimo per usufruire dello sgravio. «Chiaramente privilegeremo le fasce con maggiori difficoltà economiche, penalizzate dalla crisi di questi mesi» spiega Baretta. In questo caso, la fascia potrebbe essere quella di lavoratori dipendenti e professionisti con un reddito tra i 7.500 e i 26 mila euro. «I redditi medio-alti sono esclusi dal bonus: su questo regioni e ministeri sono concordi» conferma Caner. «Certo questa misura non risolverà tutti i problemi del turismo. Anche perché, dei 70 milioni di turisti che ogni anno arrivano in Veneto, 50 milioni sono stranieri». In ogni caso il provvedimento sarà un sostegno per i soli turisti italiani. --© RIPRODUZIONE RISERVATA Gazzettino | 18 Aprile 2020 p. 4 edizione Belluno Padrin: “Ora puntiamo sulla montagna sicura” BELLUNO La montagna bellunese è pronta a ripartire e il coronavirus potrebbe offrire la grande occasione di rilancio delle terre alte e delle Dolomiti bellunesi. Sembra un controsenso, ma per gli enti impegnati a resuscitare il turismo nel post emergenza non è così. Tale convinzione poggia sul fatto che la vacanza in montagna non si presta a pericolosi assembramenti, ma al contrario è considerata sicura e salubre anche dagli esperti. Quindi, il sistema bellunese è pronto a giocarsi fino in fondo le carte per la stagione estiva. Anche con progetti mirati di valorizzazione e di promozione. Questo è quanto emerso nella serata di giovedì dal direttivo della Dmo
Dolomiti, convocato dalla Provincia con la decisione di allargarlo alla parte tecnica, alla Camera di Commercio e al presidente del Fondo Comuni di confine Roger De Menech (il fondo finanzia il piano di marketing territoriale). Alla videoconferenza ha preso parte anche il nuovo consigliere provinciale con delega al turismo, Danilo De Toni. DOPO L'AMAREZZA «La montagna bellunese è pronta a ripartire, dopo la chiusura anticipata della stagione invernale - afferma il presidente della Provincia, Roberto Padrin -. È ancora forte l'amarezza per aver dovuto rinunciare alle finali di Coppa del Mondo di Cortina in un periodo in cui le nostre Dolomiti stavano macinando risultati turistici come non si vedevano da anni. Proprio per questo, la Provincia e la Dmo lavoreranno insieme, in collaborazione ai consorzi turistici delle diverse vallate bellunesi per non perdere la prossima stagione estiva. Anzi, per portare avanti una campagna promozionale che faccia leva sulla montagna sicura». Padrin ha sottolineato quanto detto in settimana da Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto superiore di sanità e teorico del distanziamento sociale. In conferenza stampa alla Protezione Civile, alla domanda se le ferie ci saranno, l'esperto ha risposto che sarà necessario organizzarsi in modo da limitare al massimo la circolazione del virus e quindi il pericolo di contagio. E ha spiegato il concetto con un esempio: «Se si va a fare una ferrata sulle Dolomiti, scalando da soli una delle Tre Cime di Lavaredo, probabilmente il rischio è piuttosto basso, mentre se si va in contesti molto affollati è diverso». OCCASIONE DI RILANCIO «Abbiamo davanti anche la grande occasione di rilancio, che è costituita dai Mondiali di sci 2021 aggiunge il presidente della Provincia -. L'appuntamento di Cortina sarà il primo vero evento sportivo internazionale dopo il Covid, se il Tour de France non dovesse essere recuperato nel mese di settembre». La promozione del contesto montano, e dolomitico in particolare, come ambiente salubre, in cui l'aria e l'acqua sono di qualità superiore e in cui è possibile mantenere il distanziamento tra le persone, non sarà però l'unico asso per il rilancio del turismo nella fase 2 del Coronavirus. «Dobbiamo fare leva sulla grande bellezza che l'intero mondo riconosce all'Italia e quindi anche al nostro territorio - spiega Giuliano Vantaggi, direttore della Dmo Dolomiti -. Abbiamo le montagne più belle del mondo, paesaggi, arte, cultura e gastronomia strepitosi. In previsione di un turismo prevalentemente nazionale, possiamo puntare sull'offerta sportiva, sul benessere, su molte altre qualità che il nostro territorio possiede». ANCORA PIÙ DECISI Sulla partita del rilancio turistico ci sarà inoltre un impegno ancora più deciso del Fondo Comuni di confine, e verrà dato il supporto necessario agli operatori del territorio affinché sappiano come muoversi nei confronti della clientela che chiede informazioni. Intanto, Provincia e Dmo sono alla finestra per capire le nuove date di grandi eventi sportivi che solitamente sono promozionali per il turismo, come il Giro d'Italia. A seconda del decorso dell'emergenza, i mesi autunnali potrebbero essere utili per recuperare alcune delle manifestazioni annullate. La Dmo si aggiornerà con una nuova riunione del direttivo, il 30 aprile. In quella data sarà declinato il piano di promozione: lo sta mettendo a punto l'amministratore delegato Alessandra Magagnin. Corriere delle Alpi | 20 Aprile 2020 p. 14 Alberghi: «Urge una strategia comune» Gianluca De Rosa BELLUNO Un albergo in tempo di coronavirus è paragonabile a un vaso di Pandora, contenitore di problematiche che richiedono, tutte insieme, una soluzione peraltro rapida. Federalberghi Belluno si appresta a interpellare il governatore Luca Zaia per capire come muoversi in vista della sempre più probabile, e auspicata, ripartenza del turismo. Sarà una videoconferenza, alla quale prenderà parte anche il direttore dell'azienda sanitaria Adriano Rasi Caldogno, a dettare le linee guida del comparto, anticipate da una valutazione ad ampio raggio del presidente Walter De Cassan. «Urge una strategia comune, adottabile da tutte le strutture senza creare situazioni di serie A e serie B». Un risveglio brusco per un settore che viveva, prima del triste avvento del coronavirus, un periodo florido, testimoniato dai tanti cantieri aperti, oggetto di riqualificazioni e ristrutturazioni. Interventi che hanno movimentato una notevole mole di denaro, sborsato col sorriso e sull'onda dell'entusiasmo ma che oggi si sta rivelando un problema di non poco conto di fronte all'inevitabile azzeramento del mercato turistico. «Oggi il 95% degli alberghi bellunesi è chiuso», prosegue De Cassan, «le prospettive in vista dell'estate sono complicate, se non altro perché verrà a mancare il contributo degli stranieri che per alcune realtà, penso a Livinallongo visto che mi riguarda in prima persona, equivale al 100% delle presenze».Inevitabile fare alcune valutazioni approfondite su ciò che avverrà all'interno di un albergo da qui a qualche settimana. «Un albergo si regge su più componenti», sottolinea il numero uno di Federalberghi Belluno, «pensare a come disporre i turisti nelle camere è solo uno dei problemi. La situazione più ingarbugliata riguarda spa e centri wellness, servirà l'intervento dell'azienda sanitaria. E che dire delle colazioni che nella gran parte delle nostre strutture sono servite a buffet?».Punti interrogativi. Tanti e tutti al momento privi di una risposta. «Navighiamo a vista, pur desiderosi di rimetterci in marcia», prosegue De Cassan che prova ad anticipare alcune di quelle che potrebbero essere le prossime mosse: «Per quanto riguarda le camere sarà preferibile la soluzione singola. Nelle spa a mio avviso sarà impossibile effettuare massaggi».Detto questo, cosa potrà fare il comparto per riavviare le attività? «Praticare tariffe agevolate, nella media di un 5/6% in meno rispetto al recente passato», risponde De Cassan, «servirà una maggiore flessibilità per quanto riguarda prenotazioni e relative disdette. Molto utile, come aiuto da parte del governo, l'idea di detrarre una parte dei costi sostenuti per una vacanza, come fece la Germania qualche anno fa».Tutto con una serie di problematiche aggiuntive, come se non bastassero quelle già esistenti: «Booking sta creando non pochi problemi, non riconoscendo l'utilizzo dei voucher in alternativa alla restituzione degli anticipi su vacanze prenotate e poi saltate a causa del coronavirus. A breve Federalberghi si pronuncerà su scala
nazionale in merito a questa vicenda. C'è poi la grana Airbnb che non rispetta le regole, anche sul territorio bellunese». -Corriere delle Alpi | 20 Aprile 2020 p. 15 Alverà e la chiusura a marzo: «Persi 5 milioni di euro» Gianluca De Rosa CORTINA Limitare i danni oggi per poi avviare una profonda opera di rilancio in inverno, puntando forte sui Mondiali di sci. Gli albergatori di Cortina si interrogano sul futuro del comparto partendo da un dato tutt'altro che edificante. «Solo a marzo abbiamo stimato una perdita che si aggira intorno ai cinque milioni di euro», annuncia la presidente dell'associazione albergatori di Cortina Roberta Alverà, che in questi giorni, grazie alla tecnologia, sta lavorando a stretto contatto con i suoi principali collaboratori per mettere in piedi una strategia comune in grado di rilanciare il settore, ottemperando contestualmente a quelle che saranno le disposizioni in materia sanitaria.«I punti di domanda sono molteplici, non ci sono al momento punti certi su cui iniziare a muoverci. Di certo, parlando di Cortina, i problemi maggiori li avranno i grandi hotel, rispetto a quelli più piccoli e a conduzione familiare. Alcuni dei grandi alberghi stanno valutando se sarà il caso di aprire in estate oppure concentrare tutti gli sforzi sull'inverno. Sono in atto alcune valutazioni costi-benefici. Il problema ruota attorno ai costi fissi che variano di struttura in struttura, a seconda delle dimensioni». Nel frattempo, in attesa di capire come e quando poter ripartire, l'associazione albergatori di Cortina ha già pronto un "piano operativo" volto a mitigare le perdite, che inevitabilmente ci saranno, puntando forte sul mese di agosto. «È il mese del turismo italiano per eccellenza e quest'anno di stranieri non ne vedremo», prosegue la Alverà. «Stiamo predisponendo pacchetti ad hoc per famiglie con bambini. Dal canto nostro garantiremo al cliente una maggiore flessibilità in termini di prenotazioni. A giorni, inoltre, inaugureremo un portale on line in sinergia con Cortina Marketing all'interno del quale si potrà disegnare la propria vacanza a 360 gradi, dalla prenotazione alberghiera all'escursione con pranzo o cena in rifugio. Il lavoro di squadra in questo momento risulta ancor più importante e devo dire che questo sentimento è forte tra gli albergatori ampezzani».C'è di più. Una data, quella della possibile apertura della stagione estiva: «Se dovesse restare invariato il cronoprogramma stilato dalle istituzioni in merito al passaggio dalla fase 1 alla fase 2, direi che per il 15 giugno saremo pronti ad accogliere i turisti a Cortina, qualcuno vorrebbe farlo anche prima, ma la metà di giugno mette tutti d'accordo», conclude Roberta Alverà. Non solo hotel pronti a ripartire a Cortina: anche bar, ristoranti e pizzerie sono pronti a fare la loro parte. Come? Incentivando l'attività all'esterno per controbilanciare le inevitabile restrizione di quelli interni. A tal proposito una fetta già consistente, ma in continua crescita, di esercenti ha intenzione di chiedere un incontro al sindaco Gianpietro Ghedina al quale verrà formulata una proposta ben precisa: ampliamento dei plateatici o creazione nuovi spazi, anche in deroga ma nel rispetto della comunità e delle norme di sicurezza, riduzione o (meglio ancora) sospensione dei diritti sulla concessione del suolo pubblico almeno per la stagione estiva e condivisione di un piano di comunicazione che possa rassicurare i turisti sulle pratiche che verranno adottate in materia di sicurezza sanitaria. --© RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere delle Alpi | 23 Aprile 2020 p. 18 È l'anno zero per il turismo dello sport Gianluca De Rosa BELLUNO Turismo dei grandi eventi sportivi, anno zero. L'estate 2020 presenta un saldo negativo da record per un mercato relativamente nuovo ma particolarmente fruttuoso.Numeri azzerati, di fronte alla cancellazione di tutti i grandi appuntamenti che da anni accompagnano l'estate della provincia bellunese. Risulta un'impresa ardua riuscire anche a quantificare le perdite: i confini dentro i quali muoversi sono particolarmente ampi. «Sul nostro territorio esiste una top ten di eventi in grado di coinvolgere una media di diecimila partecipanti», commenta Renzo Minella della Dmo Dolomiti, «se consideriamo che per ognuno di questi ogni partecipante spende una media di 100 euro per un pernottamento possiamo arrivare a dire che ogni evento ha fatto registrare una perdita di oltre un milione di euro al giorno».Numeri improvvisati ma tremendamente veritieri. La disamina di Renzo Minella va oltre.«Se parliamo di movimento direttamente collegato al grande evento, a far registrare pesanti perdite di natura economica sono anche bar, ristoranti ed attività commerciali. C'è poi il cosiddetto movimento indiretto, rappresentato da coloro che una volta scoperto un luogo attraverso la partecipazione ad un evento sportivo, ci tornano l'anno successivo in vacanza insieme alle rispettive famiglie. In questo specifico caso le perdite sono incalcolabili».Il turismo dei grandi eventi ha avuto il merito di imprimere una forte destagionalizzazione alle presenze nel Bellunese, riempiendo le strutture ricettive anche a giugno e settembre.«Il segreto del successo risiede in questo dettaglio, organizzare un evento a luglio ed agosto non ha alcun senso», prosegue Minella che aggiunge, «possiamo dire che ogni evento in grado di coinvolgere un minimo di mille partecipanti genera, da solo, una forte ricaduta economica sul territorio. Ci sono eventi poi che hanno il potere di coinvolgere più territori, anche relativamente lontani tra loro. Penso alla Maratona delle Dolomiti oppure al Sellaronda Bike Day che, seppur organizzati in Alto Adige, con gli oltre ventimila partecipanti regalano pesanti ricadute
economiche su tutto il bellunese».A proposito di bicicletta, Renzo Minella analizza da vicino il "fenomeno Giro d'Italia", lui che per primo ha portato la corsa rosa sul territorio provinciale intuendone le potenzialità.«Nel caso del Giro d'Italia parliamo di numeri da capogiro. Lo scorso anno solo la carovana era composta da oltre duemila persone. Abbiamo riempito tutti gli alberghi fino a raggiungere Cadore ed Agordino. Tutto questo a fine maggio quando la gran parte delle strutture ricettive solitamente è chiusa. L'impatto del Giro d'Italia su un territorio è devastante».Accordato che l'estate 2020 vedrà azzerarsi, oltre ai numeri, anche i sogni di gloria, cosa ne sarà del 2021?«Sono certo che in ottica futura non ci saranno contraccolpi», conclude Minella, «questi sono eventi consolidati e dall'appeal fortissimo. Per questo motivo sono sicuro che nel 2021 saranno registrati numeri ulteriormente in crescita per quanto sarà difficile riuscire a fare meglio di quanto fatto negli ultimi anni». --© RIPRODUZIONE RISERVATA Alto Adige | 29 Aprile 2020 p. 35 Dolomiti Superki prepara un'estate con 100 impianti dolomiti Nonostante la serrata dell'economia a causa del Coronavirus, iniziata il 10 marzo scorso per gli impianti di risalita, Dolomiti Superski ha continuato a lavorare dietro le quinte in vista della stagione estiva, oltre a pensare a cosa sarà nell'inverno 2020-21. Attualmente l'ostacolo maggiore è l'insicurezza in merito alla ripresa.L'estate nelle Dolomiti si chiama SuperSummer e prevede l'apertura di 100 impianti di risalita, "che danno un contributo sostenibile alla mobilità nelle 12 valli dolomitiche - sottolinea in un comunicato Diego Clara, media & public relations di Dolomiti Superski - portando le persone in quota senza dover fruire del traffico motorizzato".Il prodotto estivo è apprezzato da chi trascorre le vacanze in montagna e Dolomiti Superski pensa alla riapertura in termini di filiera: "In questo momento di incertezza generalizzata vogliamo rappresentare un riferimento importante. Sarà però necessario che le istituzioni collaborino in modo che le restrizioni in qualche modo vengano tolte o attenuate. Ciò dovrà riguardare l'intera filiera del turismo, a iniziare da strutture ricettive, esercizi commerciali e servizi. Vedere gli alberghi che riaprono sarebbe un segnale importante. Non avrebbe senso far funzionare gli impianti se i turisti non hanno la possibilità di alloggiare nelle valli. È fondamentale che l'intera filiera sia messa in grado di lavorare, omogeneizzando il più possibile le regole a livello regionale, in quanto il nostro territorio spazia tra il Trentino, l'Alto Adige e il Veneto", commenta Marco Pappalardo, direttore marketing di Dolomiti Superski, che conta quasi 130 società affiliate.Dopo la graduale ripresa delle attività, che comprende anche gli impiantisti, numerose realtà locali hanno dato il via alla manutenzione di sentieri escursionistici e al ripristino di percorsi dedicati alle mountainbike, in parte danneggiati e ostruiti da alberi caduti in seguito alle nevicate del novembre scorso. "Insieme alle organizzazioni turistiche locali stiamo lavorando per rendere fruibile la vasta offerta della Dolomiti Bike Galaxy e della Hike Galaxy. Siamo convinti - dichiara Sandro Lazzari, presidente di Dolomiti Superski - che la montagna possa rappresentare, ancora di più quest'anno, la vacanza ideale, grazie agli spazi infiniti nei quali potersi muovere, evitando assembramenti e grazie al supporto degli impianti di risalita per raggiungere comodamente le quote più alte". Intanto sono iniziati i lavori di sostituzione e realizzazione di alcuni impianti di risalita nelle dodici valli dolomitiche. Tra questi spiccano la nuova cabinovia di collegamento "Cortina-Cinque Torri" a Cortina, la cabinovia-design Olang in sostituzione dell'esistente impianto da Valdaora a Plan de Corones e l'Helmjet Sexten da Sesto a Monte Elmo. Dolomiti Superski sta lavorando in vista di una stagione estiva, che probabilmente sarà più corta del previsto, nella quale il turismo nazionale la farà da padrone. Si prepara "con tutte le precauzioni previste, a garanzia della sicurezza di chi vorrà cambiare aria". D.M. Corriere delle Alpi | 29 Aprile 2020 p. 12 La Provincia invoca chiarezza per preparare la stagione estiva belluno «La montagna è salubre e sicura. Ma in questo momento ha bisogno di chiarezza da parte del governo sui tempi e sui modi della riapertura per poter gestire la prossima stagione estiva. Dal turismo potrà arrivare una grande boccata di ossigeno per il nostro territorio». È quanto afferma il presidente della Provincia, Roberto Padrin, che in questi giorni, con il consigliere provinciale delegato al turismo Danilo De Toni, sta seguendo l'evolversi della situazione e guarda con interesse a quella che sarà la "fase 2". Proprio nell'ottica della riapertura, la Provincia e la Dmo Dolomiti hanno avuto diverse riunioni con operatori turistici, associazioni di categoria (compresi i rifugisti) e anche con l'Ulss. «In queste riunioni, abbiamo raccolto tutte le osservazioni e le richieste sollevate dagli operatori», spiega il consigliere provinciale De Toni. «Tutte le domande, i quesiti, i dubbi sono stati inseriti in un documento che faremo pervenire agli organi preposti a livello statale, in modo da avere chiarimenti precisi. In questo momento, la richiesta più pressante è quella dei tempi e dei modi della riapertura, temi non ancora chiariti dal testo del Dpcm che sarà attivo dal 4 maggio. Gli albergatori e gli operatori, però, hanno la necessità di sapere in tempi rapidi come organizzarsi, anche perché da noi per costruire una stagione turistica bisogna cercare il personale». La richiesta che accompagna il documento è semplice: fare chiarezza. «Abbiamo bisogno di un protocollo preciso e dispositivi chiari che mettano gli operatori nelle condizioni di aprire in piena sicurezza per loro, per i dipendenti e per gli ospiti», sottolinea il presidente Padrin. «Come è stato detto anche dal presidente dell'Istituto Superiore di Sanità nei giorni scorsi, in montagna il rischio di contrarre il virus è bassissimo, per cui siamo convinti che la stagione
estiva potrà andare avanti. Certo però, servono indicazioni precise per i nostri operatori». La sicurezza della montagna è sicuramente un dato a favore del Bellunese, che fa ben sperare alberghi, ristoranti e rifugi. «Ci sono buone speranze in vista della prossima stagione estiva», conferma Giuliano Vantaggi, direttore della Dmo Dolomiti. «Registriamo la volontà da parte dei turisti di spostarsi e venire in montagna, con il desiderio di poter trascorrere un soggiorno in tutta sicurezza e in tutto relax. Quello che manca al momento è la certezza delle modalità di spostamento». C'è poi tutto il tema legato alle seconde case, che non richiedono invece protocolli particolari e dispositivi di sicurezza, a maggior ragione dopo il 4 maggio quando saranno consentiti spostamenti più ampi all'interno delle regioni. «I proprietari di seconde case saranno i benvenuti e troveranno una montagna accogliente, come sempre», conclude il presidente Padrin. «Dico loro di fare la spesa da noi, di utilizzare i servizi di ristorazione e di comprare i prodotti di qualità delle aziende bellunesi, che sono uno straordinario patrimonio da salvaguardare. In questo modo daranno una mano al territorio a ripartire dopo questi mesi di lockdown». Corriere del Veneto | 29 Aprile 2020 p. 3 «Vacanze, il Veneto è pronto a partire ma ci diano una dataEcco il nostro piano» L’assessore regionale Federico Caner spiega come saranno spiagge e rifugi «Bonus da 500 euro per le ferie in Italia» Marco Bonet «Devono darci una data, è fondamentale: quando riapriranno le spiagge, la montagna, il lago?». Al momento non si sa. «E qui sta il problema. In Veneto, nonostante le difficoltà, molti imprenditori sono pronti a rimettersi in moto - spiega Federico Caner, assessore regionale al Turismo - ma occorre un orizzonte certo per partire con i contratti di lavoro, le forniture e tutto il resto. Ogni giorno che passa è una mazzata in più al morale degli addetti ai lavori e cresce il numero di quanti dicono: “Vabbè, allora tanto vale restare chiusi, ci si rivede l’anno prossimo”. Non possiamo permettercelo». I nostri competitor non aspettano altro. Che ne pensa del «corridoio salva-vacanze» tra Germania e Croazia? «Ho appena messo giù il telefono col sottosegretario Bonaccorsi. Mi ha confermato che il tentativo c’è stato ma è stato bloccato sul nascere dall’intervento congiunto di Italia, Francia e Spagna: nessun accordo è possibile tra singoli Stati sulla libera circolazione delle persone». Ma il tentativo c’è stato. «Certo, le difficoltà di qualcuno sono sempre un’opportunità per qualcun altro. Per questo chiediamo al governo di sbrigarsi. Ci hanno risposto che vogliono vedere come vanno le cose dal 4 al 18 maggio... troppo tardi». Voi intanto vi state muovendo per la promozione? «Il piano è pronto ma se non ho una data cosa promuovo in giro per il mondo? Rischiamo figuracce». Quanti soldi avete a disposizione? «A bilancio c’è un milione, stiamo cercando di recuperare tra le pieghe altri 600 mila euro. Ne servirebbero molti di più, ovvio, e ci proveremo. Altre risorse saranno attivate sui territori da Comuni, categorie, camere di commercio». La strategia qual è? «Efficienza ed efficacia. In questo momento è inutile promuovere il Veneto negli Usa, viste le limitazioni ai voli. Ci concentreremo sul mercato interno e sulla prima cerchia, gli Stati da cui si può venire in auto o in camper: Germania, Austria, Repubblica Ceca, Polonia. A dispetto della crisi, gli albergatori mi dicono che le richieste ci sono. Attendono solo conferma». Che spiaggia ci attende? «Aspettiamo il protocollo nazionale ma per quel che ci riguarda niente cabine in plexiglass, igloo di bambù o altre stramberie. Negli incontri con gli operatori abbiamo deciso di distanziare gli ombrelloni, così da garantire la massima sicurezza, e di attivare servizi di consegna del cibo direttamente sotto l’ombrellone. Chi vuole andare al chiosco di persona ci andrà con la mascherina. In acqua ci rimettiamo al buon senso delle persone: il mare è grande». Ci sarà la spiaggia libera? «I sindaci sono orientati sul no, non si potrebbe controllare. Accederà alla spiaggia chi avrà la prenotazione». Tornelli agli accessi? «No, sarebbero ingestibili». Residenti e seconde case possono stare tranquilli? «Ci saranno ovviamente delle aree dedicate». E in montagna? «Il Cai sta organizzando la vigilanza sui sentieri. I rifugi dovranno garantire distanze e sicurezza nel servizio di ristorazione, privilegiando i tavoli all’aperto. Sarà ammesso il pernottamento nelle camere singole mentre le camerate dovranno restare chiuse». La tenda? «Difficile. Ci sono divieti, problemi di concessioni e rischi di eccessivo affollamento in rifugio, per l’uso dei bagni e per mangiare». Sul piano degli aiuti come vi state muovendo? «Stiamo chiudendo col ministero dello Sviluppo economico l’accordo per le garanzie da erogare tramite i confidi sia per gli investimenti che per la spesa corrente. La Regione metterà sul piatto, per tutte le Pmi, non solo quelle del turismo, 32 milioni di fondi Ue, con un importante effetto leva. Poi il ministero ha chiesto l’attivazione del Recovery Fund in Europa, un’altra buona notizia».
Cancellerete i canoni demaniali? «Siamo pronti a farlo ma lo farà anche lo Stato? Su 11 milioni complessivi, appena 200 mila euro vanno alla Regione. Il resto va a Roma». Il bonus per chi trascorrerà le vacanze in Italia ci sarà? «Il governo ci ha detto di sì, si tratterà di una detrazione fiscale. Avevamo chiesto fosse di 250 euro a persona, pare che non si potrà andare oltre 350-500 euro a famiglia». Altre misure? «Il governo studia un credito d’imposta per gli affitti pagati dagli albergatori, c’è stato l’intervento sulla cassa integrazione e i sindaci aspettano risposte sull’azzeramento della tassa per i plateatici. Anche sulla sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali siamo ancora in attesa di risposta. Su altri punti, invece, abbiamo già ricevuto dei no: sull’attivazione dello stato di crisi, ad esempio, che pure è stato riconosciuto per l’agricoltura, e sulla sospensione dell’Imu per il 2020 e la riduzione al 30% e al 60% per il 2021 e il 2022. Niente da fare». Messaggero Veneto | 30 Aprile 2020 p. 30 Eventi autunnali e sconti «Così la montagna si risolleva» Gino Grillo FORNI DI SOPRA Una delle maggiori entrate economiche per gli operatori a Forni di Sopra è il turismo. Già nella prima fase dell'emergenza dovuta al coronavirus è svanita la possibilità di beneficiare della stagione sciistica invernale con la chiusura delle strutture ricettive e delle stazioni di risalita. Cancellate le settimane bianche scolastiche cancellate, anche i turisti dell'est Europa se ne sono andati anzitempo. L'amministrazione comunale ha deciso così di andare incontro al comparto turistico paesano facendo slittare l'applicazione della tassa di soggiorno al prossimo anno. «Non è la sola iniziativa che, assieme agli operatori- ha detto il sindaco Marco Lenna- cercheremo di mettere in piedi per richiamare i turisti all'ombra delle nostre dolomiti, patrimonio Unesco dell'umanità». Anche se le quote della tassa di soggiorno non arriveranno, «determinando una perdita importante in quanto - fa sapere Lennaquesti fondi sono destinati alla promozione turistica», il Comune ha deciso di attivare una serie di iniziative attingendo a fondi comunali. «La prima proposta sulla quale stiamo lavorando assieme agli operatori locali- ha continuato il primo cittadino - è l'allungamento della stagione estiva ai mesi di settembre e ottobre». Due mesi caratterizzati solitamente da bel tempo che, assieme ai classici colori di cui si veste in bosco a fine estate, possono diventare una vera e propria attrazione già di per se stessi. «Stiamo predisponendo per quei mesi - ha fatto sapere il sindaco - dei pacchetti turistici all'insegna dell'animazione, con passeggiate, escursioni, attrazioni in paese e soprattutto enogastronomia e laboratori gastronomici basandosi sulla ricchezza del nostro scrigno naturale di erbe officinali di cui il paese è ricco». Pacchetti specifici, con sconti sino al 20 per cento, sono allo studio anche «per tutti quegli operatori sanitari- ha proseguito Lenna - che in questi drammatici giorni hanno operato contro il coronavirus». Una iniziativa questa che oltre alla nostra regione si vuole rivolgere anche al vicino Veneto. Non manca un cenno polemico verso i vertici del turismo regionale. «Abbiamo costituito di recente- ha concluso Lenna - una rete di impresa con gli operatori economici locali, ma siamo ignorati dalla Regione in campo turistico. Con queste azioni speriamo che anche a Trieste si accorgano che esiste la montagna e Forni di Sopra». –
NOTIZIE DAI RIFUGI Corriere delle Alpi | 16 Aprile 2020 p. 14 I rifugisti preoccupati per il futuro «Spazi condivisi, sicurezza a rischio» Gianluca De Rosa CORTINA L'Agrav, associazione che accoglie tra le proprie fila i rifugisti del Veneto, lancia un allarme in vista dell'approssimarsi della tanto agognata fase 2. Lo fa chiedendo formalmente e a gran voce un incontro all'assessore regionale al turismo Federico Caner con l'obiettivo di studiare insieme una strategia di ripresa delle attività d'alta quota.«La vita di un rifugio di montagna è sinonimo di condivisione, tanto di spazi quanto di calore umano», sottolinea il presidente dell'Agrav Mario Fiorentini, gestore del rifugio Città di Fiume situato all'ombra del Pelmo sul territorio di Borca, «siamo tutti d'accordo, sin da ora, che questo elemento rappresenti l'antitesi di quelle che invece saranno le misure da adottare in materia di sicurezza sanitaria a partire dal distanziamento sociale. Con questi presupposti per noi diventa difficile guardare al futuro con rinnovato ottimismo, ma è bene chiarire sin da ora un altro punto: un
rifugio di montagna non rappresenta solo un'attività ricettiva ma è soprattutto una sentinella, punto di riferimento per escursionisti ed alpinisti. Restare chiusi come conseguenza del coronavirus significherebbe privare la montagna di una presenza costante in materia di controllo. Alla luce di ciò, abbiamo richiesto un incontro all'assessore Caner al fine di trovare, insieme, il giusto punto d'incontro».La disamina di Mario Fiorentini è ricca di spunti di riflessione: «Parlare di rilancio dell'attività turistica in montagna per l'estate alle porte, privandola al tempo stesso del prezioso lavoro dei rifugi è un controsenso. I rifugi chiusi, oltre a offrire un brutto biglietto da visita, rappresentano inevitabilmente un deterrente alle presenze in montagna. Siamo tutti d'accordo sul fatto che oggi, dovendo tenere il coronavirus a debita distanza, le attività di un rifugio si presentano a forte rischio».Ci sono poi diverse tipologie di rifugio «e anche su queste differenze, in alcuni casi particolarmente marcate, bisognerà fare delle riflessioni. Perché ci sono rifugi situati in posizione impervia, che mettono a disposizione una camerata unica per dormire, e altri, raggiungibili magari in macchina, che dispongono di camere da letto con bagno privato come gli hotel. Questo potrebbe spingere a effettuare valutazioni diverse all'interno della nostra stessa associazione, ma bisogna capire che si riuscirà a trovare la giusta soluzione solo muovendoci in maniera compatta».L'Agrav, che accoglie sotto la propria bandiera una quarantina di strutture che vanno dal monte Baldo, nel Veronese, al Comelico, avanza una prima proposta: «Noi saremo i primi a essere contenti di poter tornare a fare il nostro lavoro, che è principalmente una vocazione, qualora dovessimo riscontrare le condizioni necessarie, anche minime, per farlo. Ma se il nostro compito dovesse limitarsi al solo restare aperti per garantire una presenza ad alta quota a escursionisti e alpinisti in difficoltà, a quel punto avremo bisogno del sostegno, soprattutto economico, da parte delle istituzioni». --© RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere delle Alpi | 16 Aprile 2020 p. 15 «Prenotazione obbligatoria e pranzo a turni scaglionati» TRICHIANA Promozione a tappeto sul mercato italiano e introduzione della prenotazione, con una maggior flessibilità da parte dei rifugisti nel piano di accoglienza dei turisti. Sono queste le linee guida attorno a cui ruota la disamina di Alessandra Magagnin, titolare del rifugio Pranolz di Trichiana. La Magagnin, referente per conto della Dmo Dolomiti del comparto rifugisti, oltre che membro del direttivo dell'associazione gestori rifugi alpini del Veneto (Agrav), offre una disamina ad ampio raggio, "vista" su più fronti ma con un unico obiettivo: trovare il giusto compromesso per rimettere in carreggiata un settore tanto complesso quanto determinante nel contesto del turismo montano. «Come Dmo Dolomiti abbiamo già stabilito quali saranno le priorità su cui concentrare le attenzioni nel momento in cui sarà possibile tornare a muoverci», annuncia Alessandra Magagnin, «il coronavirus ha ribaltato la situazione. Abbiamo sempre concentrato le maggiori attenzioni sulla promozione turistica rivolta all'estero, adesso bisognerà cambiare strategia, pensando principalmente, se non esclusivamente, al mercato italiano. In questo momento non ci sono garanzie in merito ai viaggi sulla media e lunga distanza e questo riguarda anche la montagna. Per questo motivo tutta la promozione turistica firmata Dmo Dolomiti sarà concentrata sul mercato italiano, pur senza abbandonare del tutto quello straniero».Dalla promozione turistica alla vita da rifugista, nel caso di Alessandra Magagnin, il passo è breve. «Sarò onesta. Per come è strutturato il nostro rifugio, non credo avremo grossi contraccolpi rispetto al passato. Il rifugio Pranolz è un punto di riferimento storico per il territorio, la nostra clientela è italiana per il 95%. Abbiamo trascorso la scorsa estate convivendo con il disagio di alcuni lavori di ristrutturazione che adesso torneranno utilissimi. Rispetto ai rifugi d'alta quota, le attività come la nostra hanno la possibilità di allungare l'apertura anche nei mesi autunnali e poi si possono raggiungere comodamente in auto. Offrire un servizio di qualità, a discapito della quantità era e resta la nostra filosofia. Non ho paura di quello che sarà, però ritengo determinante, pensando alle inevitabili difficoltà a cui tutti andremo incontro, istituire un servizio di prenotazione obbligatoria al fine di garantire un servizio adeguato. Chiederemo la prenotazione al cliente garantendo, da parte nostra, una maggiore flessibilità nel servizio, diluendolo nell'arco della giornata, anticipando il pranzo a partire dalle 11 con turni scaglionati fino a metà pomeriggio. Questa potrebbe essere una buona idea da perseguire».La Magagnin è consapevole delle grandi differenze che si celano tra gli stessi rifugisti e, a tal proposito, lancia una proposta: «Come Agrav abbiamo già affrontato questo tema. I rifugi d'alta quota avranno maggiori difficoltà rispetto agli altri ed è a loro che andranno rivolti gli aiuti di natura economica che intendiamo chiedere alle istituzioni, chiamate inevitabilmente a fare la loro parte. Il comparto dei rifugisti merita rispetto e attenzione come tutti gli altri». -Gianluca De Rosa© RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere delle Alpi | 16 Aprile 2020 p. 15 «La logistica dei posti letto dovrà essere ripensata» BELLUNO La preoccupazione dei rifugisti ruota attorno alla legge regionale numero 11 del 2013. L'articolo 27 regolamenta uno dei princìpi cardine del rifugista d'alta quota, obbligato a offrire riparo a fronte di specifica richiesta. «Stando alle disposizioni emerse in materia di distanziamento sociale, come faremo?», si domanda Marco Bergamo del rifugio Scarpa di Voltago, «le nostre valutazioni, oggi, rappresentano il principale punto interrogativo che segue a ruota quello legato alla possibilità o meno di aprire. Contingentare i pernottamenti sarà una necessità, magari suddividendoli per nuclei familiari, anche se resterebbe in piedi il problema dei bagni che
nella gran parte dei rifugi sono in condivisione. Noi abbiamo quattro stanze e quattro bagni, ripenseremo alle prenotazioni non più a posti letto ma a stanza. Siamo consapevoli che sarà un 2020 difficile ma sono certo che dal 2021 ci riprenderemo con gli interessi».Il problema del pernottamento è sottolineato anche da Bepi Monti, storico gestore del rifugio Carducci situato in alta val Giralba sul territorio di Auronzo: «Sto cercando di capire come acquistare un sistema di sanificazione a ozono. Inviteremo i nostri clienti a portarsi dietro un sacco a pelo, perché in un rifugio come il nostro anche il cambio di biancheria si presenta complicato. Adibiremo un gazebo esterno a possibile ricovero di fortuna per coloro che dovessero arrivare da noi e trovare il rifugio già pieno, ma sto pensando ad un intervento di distanziamento all'interno delle camerate più grandi al fine di salvaguardare qualche posto letto in più». --Dierre Corriere delle Alpi | 16 Aprile 2020 p. 15 Diego Favero del Carestiato: «Difficile far quadrare i conti» BELLUNO Preoccupazione legittima, quella avanzata da Diego Favero, gestore del rifugio Carestiato ad Agordo: «La mia domanda, oggi, è: ce la faremo a far quadrare i conti a fine estate? Dover restringere il campo su cui poter lavorare, sia in termini di cucina che, soprattutto, di pernottamento, significa inevitabilmente incassare meno. A fronte però di spese che resteranno invariate rispetto al passato. Penso soprattutto al personale. Noi abbiamo già una squadra pronta. Devo pensare soprattutto a questi ragazzi, anche in termini di sicurezza sul lavoro. Un rifugio d'alta quota oggi applica prezzi equiparati alla vita di paese pur vantando costi e difficoltà di gran lunga superiori a quanto avviene quotidianamente nella vita di paese».Chiede aiuto alle istituzioni Carlo Rizzardini del rifugio Palafavera, situato sul territorio di Zoldo Alto: «Accetterei molto volentieri un abbattimento della burocrazia. Questo ci permetterebbe di recuperare del tempo prezioso che dovremo inevitabilmente dedicare ad altro, a partire dalle opere di sanificazione della struttura. Mi pongo però una domanda. Noi ce la mettiamo tutta nel garantire la sicurezza in materia di distanziamento sociale, ma poi l'ultima parola spetta al cliente. Si fideranno di noi e dell'offerta delle nostre strutture oppure sarà tempo sprecato?».Altro argomento di interesse comune che mette tutti d'accordo è l'unità di intenti in materia informativa: «Ogni rifugio dovrà garantire informazioni in tempo reale in materia di aperture, chiusure e disponibilità. Anche questo potrebbe essere utile per evitare malintesi e malumori», sottolineano altri operatori del settore. -Dierre Gazzettino | 17 Aprile 2020 p. 4 edizione Belluno Estate complicata: i gestori dei rifugi non si arrendono BELLUNO Sul sito dell'Associazione gestori dei rifugi alpini del Veneto il calendario che dà conto della disponibilità delle 25 strutture in quota disseminate nella nostra provincia, è dominato dal colore bianco. Non quello della neve, ma quello che corrisponde alla dicitura: info non disponibile. Gli altri colori sarebbero stati il verde per segnalare le giornate di apertura, il giallo per invitare alla verifica della disponibilità e il violetto chiaro per delimitare la chiusura. E in effetti dall'8 marzo, era una domenica, i rifugi sono tutti desolatamente sbarrati come imposto dalle direttive governative per contenere il contagio da Covid 19. UN ANNO FA Solo 12 mesi fa a quest'ora i gestori davano le ultime rifiniture al programma degli eventi culturali, alle serate musicali, o semplicemente ai menù da proporre nella decina di weekend della stagione. Tutto fermo, cristallizzato in un'incertezza che sta assumendo, giorno dopo giorno, risvolti complicati. «Ho chiuso il rifugio quella sera e siamo tornati a valle -spiega Omar Canzan del Chiggiato, ai piedi della Marmarole- non ho ricevuto altre prenotazioni per l'estate, sono fermo a quelle che avevo già accettato all'inizio dell'anno, quando di pandemia ancora non si parlava». Canzan è il referente per l'area cadorina dell'associazione dei gestori, il sodalizio nato nel 2019 per favorire un dialogo e creare una sorta di coordinamento tra colleghi; mai avrebbero pensato di doversi confrontare con un'emergenza così drammatica da mettere in bilico la loro stessa attività. Dopo il primo sbigottimento, nessuno si è perso d'animo e oggi, a poche settimane dall'avvio virtuale della nuova stagione estiva, sono tutti decisi a rimboccarsi le maniche per affrontare la nuova complicatissima sfida. SUL TAPPETO Le variabili sono dettate dai tempi e dalle prescrizioni che verranno imposti, così come per tutte le attività commerciali e turistiche una volta avviasta la fase 2. Il referente resta la Regione cui spettano programmazione e modalità delle riaperture. Per arrivare a Venezia con le idee più chiare possibile il sito dell'Agrav ha diffuso ai suoi associati un questionario composto da 7 domande, per avere un quadro generale delle opinioni, delle ipotesi operative e delle aspettative. «Da queste consultazioni -spiega Omar Canzantroveremo una linea comune con cui presentarci in Regione, fermo restando che alcuni passaggi saranno fondamentali». Le richieste potrebbero riguardare l'applicazione di sgravi fiscali anche sul fronte delle assunzioni; in provincia di Belluno gli stagionali che lavorano nei rifugi sono circa un centinaio. Sul fronte del distanziamento sociale che dovrà essere osservato a prescindere dalla
data dell'atteso via libera, le strutture in quota sono soggette a variabili che a valle non esistono. «La normativa ci impone di accogliere chi chiede ospitalità -spiega il gestore del Chiggiato- e con la prenotazione l'osservanza delle misure di distanziamento sia nelle camere che per i pasti è abbastanza gestibile; l'incognita è quando ti arriva gente che non ha prenotato o peggio in caso di una grandinata improvvisa e non così rara in montagna che costringe ad aprire le porte del rifugio per permettere a tutti di trovare riparo». È come se il concetto stesso di rifugio inteso come posto sicuro in cui trovare ristoro dopo una lunga camminata tra prati e abetaie, fosse destinato a una silenziosa ineluttabile trasformazione. Come si può ospitare in una camerata da 20 letti una sola persona? O riservare una stanza con 4 cuccette a un unico ospite? «La partita che ci attende non è tanto legata alla nostra capacità di adattare le strutture alle mutate esigenze sanitarie che verranno adottate -spiega Mario Fiorentini, presidente dell'Agrav e gestore del Città di Fiume- quanto piuttosto far capire agli escursionisti che da 20, 30 anni hanno coltivato una concezione di rifugio alpino, il fatto che ora il quadro e la cultura stessa dell'andare in montagna sono completamente cambiati». Giovanni Longhi Gazzettino | 17 Aprile 2020 p. 4 edizione Belluno Tra mascherine e disdette, davanti alle guide alpine la via più difficile da salire BELLUNO La montagna che piange. A dove fare i conti con l'estate che verrà sono i ristoratori e i rifugisti. Ma anche le guide alpine: residenti in provincia di Belluno sono 92, più 24 accompagnatori di media montagna. A cui vanno aggiunti - provenienti da altre province, ma operanti in stagione sulle montagne bellunesi altri 98 professionisti. La sguardo, ora, è fisso alla fase di ripartenza, post emergenza Coronavirus. Le guide alpine, piedi per terra, su luglio ed agosto non costruiscono grandi aspettative. «Puntiamo di più su settembre ed ottobre sottolinea, con realismo, il presidente delle Guide alpine e degli accompagnatori di media montagna del Veneto, Marco Spazzini, padovano che vive, peraltro, per sette mesi all'anno in provincia di Belluno muovendosi per lo più tra Alto Agordino ed Ampezzo. LE PRESCRIZIONI «Il problema sta nella regola del mantenimento delle distanze spiega Spazzini stare vicini al cliente fa parte del nostro essere guida, è la base del nostro accompagnamento». Al distanziamento si aggiunge la questione della mascherina obbligatoria. «Quando si fa attività fisica l'apparato cardio-circolatorio e l'apparato respiratorio sono sollecitati: l'uso della mascherina ne compromette la funzionalità è il parere del presidente delle guide - ammetto che è necessaria, ma è ovvio che la respirazione risulta affaticata». La questione diventa particolarmente delicata per quelle guide che, usualmente, si basano su una clientela che arriva dall'estero: «Il turista straniero, quasi per regola, si affida ad una guida alpina. Mentre per il turista italiano non è un'abitudine. È un fatto di mentalità». E gli stranieri chissà se arriveranno. «Dovremo pensare a come riconvertirci. Inoltre rimane aperto il problema della fruizione dei rifugi, come dormitori soprattutto». LE DISDETTE Su, con le pelli, in Val d'Arcia o a Forcella delle Sasse: stagione andata quella che, in primavera, è dedicata dalle guide allo scialpinismo. Ma anche alle ciaspolate. «Abbiamo lavorato fino a Carnevale, un po' l'8 marzo, ma con pochissimi clienti racconta Francesco Fazzi che fa la guida alpina per professione poi sono piovute le disdette dei gruppi e la cancellazione di vari appuntamenti fissati tra marzo ed aprile». Francesco Fazzi 16 anni fa si è trasferito da Belluno a Casal, Val di Zoldo. Porta un paio di esempi: «Il primo aprile dovevo accompagnare un gruppo di ragazzi olandesi ed italiani al rifugio Città di Fiume, con le ciaspe. Annullate, pure, le gite per scolaresche organizzate con il Parco delle Dolomiti friulane». Zoldo non è Cortina e non si lavora molto con gli stranieri: «Chi ha un giro di clienti per lo più italiano è più fortunato in questa emergenza. Comunque ora c'è da vedere come evolverà il lockdown. Io conto sulla voglia di aria aperta e su un parziale riavvio delle attività. Magari si può fare canyoning. Ma anche camminare. Certo faremo molta attenzione». L'ALTERNATIVA Effettivamente il torrentismo, che fa già tendenza da alcuni anni, potrebbe rappresentare una risorsa. A suggerirlo è Eric Giradini di Lamon, guida alpina quasi a tempo pieno , ma «per alcuni mesi all'anno mi dedico ai fagioli e agli ortaggi». Si tratta di una modalità di fare sport outdoor che permette il distanziamento: «Non è previsto, infatti, il contatto dell'accompagnamento in ferrata o su una via di roccia. Le forre sono molte in provincia. Alcune, per ora, interdette dal Parco delle Dolomiti bellunesi, e stiamo attendendo il permesso per entrare. Nella zona del lago del Mis alcune discese sono eccezionali. E in Val Clusa esiste una delle gole più grandi d'Europa. A proposito di canyoning, sta andando in porto un progetto, in collaborazione con una azienda di Carve, in Val Maor, sotto il castello di Zumelle, in Comune di Borgo Valbelluna». Eric Girardini a Lamon è assessore al turismo. Per l'estate vede più ombre che luci: «Lavoro con tedeschi, austriaci, inglesi che non verranno per i trekking abituali con guida, come quello dal Valles a Feltre». Rimangono gli italiani: «Tutti avranno una gran desiderio di andare in montagna, all'aria aperta - è la sua previsione - ma le uscite saranno di uno-due giorni, nei fine settimana». Daniela De Donà Corriere delle Alpi | 18 Aprile 2020 p. 9
«Medici esperti ci diranno come organizzare i rifugi» BELLUNO «Il Cai del Veneto si farà promotore nei prossimi giorni di contattare medici esperti, rifugisti e altre figure competenti, affinché possano elaborare una serie di indicazioni a supporto delle regole che le autorità regionali dovranno emanare nei prossimi giorni per la riapertura della stagione turistica».Parole del presidente regionale del Cai, Renato Frigo, che guarda ormai alla fase 2 dell'emergenza Coronavirus. «Ai rifugisti ribadiamo la disponibilità nel valutare le difficoltà che potrebbero insorgere nei prossimi mesi per una rigorosa applicazione del distanziamento sociale, con conseguente consistente riduzione delle presenze. Ognuno deve dare il massimo per la propria parte, con un rinnovato senso civico e solidale. Sono sicuro che insieme ce la faremo», aggiunge il presidente. I rifugi di proprietà o gestiti dalle sezioni Cai del Veneto sono 37, per un complessivo di 1.904 posti letto e 2.931 posti a sedere. «I rifugi che si raggiungono dopo ore di cammino, presentano spazi ridotti e camere con più letti a castello prive di servizi privati. Qui, garantire il distanziamento, la continua sanificazione degli ambienti e il minor contatto sociale risulta molto difficile. I rifugi», ricorda Frigo, «non sono solo strutture di ricezione turistica, contenitori di presenze o una meta gastronomica, ma sono luoghi di vita, anche alternativa per chi li gestisce e per chi li frequenta, elementi fondamentali dell'offerta turistica delle montagna veneta». --f.d.m. Trentino | 19 Aprile 2020 p. 19 segue dalla prima I rifugisti: «Apriamo, anche in perdita» valentina leone trento La parola d'ordine è una sola: riaprire. Esserci. Pur sapendo che, probabilmente, alla fine della stagione si farà fatica a far quadrare i conti, ma nella consapevolezza che i rifugi, in montagna, non sono solo ristorazione e belle foto per Instagram. Sono, prima di tutto, un servizio e un presidio. Con questo spirito proprio l'altroieri i rifugisti del Brenta - Pedrotti, Agostini, Graffer, Tuckett, Brentei, XII Apostoli - si sono incontrati virtualmente con una videoconferenza per discutere della riapertura. «Su un punto credo che ci sia l'unanimità: ci saremo, faremo di tutto per esserci. Con tanti sacrifici, sforzi, e la consapevolezza che nulla sarà come prima. Ma noi siamo un presidio per l'alta montagna, siamo fondamentali, e in qualche modo dobbiamo andare su», afferma Franco Nicolini, guida alpina e gestore del rifugio Pedrotti alla Tosa. Una risposta a distanza anche ad una serie di affermazioni apparse ieri su Repubblica, in primis quelle del vicepresidente nazionale del Cai Antonio Montani, secondo le quali sarà un'estate quasi esclusivamente fatta di tende, sacchi a pelo e cibo al sacco. «Per quanto mi riguarda è ancora troppo presto per parlare e tracciare scenari», prosegue Nicolini, che si dice «molto sorpreso» dalle affermazioni dei vertici del Cai. «Per quanto riguarda noi rifugisti della Sat ci siamo messi tutti a disposizione per aprire, pur ovviamente nel rispetto di quelle che saranno le prescrizioni sanitarie. Parlare oggi di turismo, di numeri, senza nemmeno sapere quali saranno le regole mi sembra inutile e prematuro. Ma su un punto, per me, non si discute: i rifugi vanno aperti, anche se mancheranno magari i turisti dall'estero, anche se potremo accogliere molte meno persone. Ma noi non possiamo non esserci: per questo ci auguriamo, ma non ne dubitiamo, che la Sat ci sostenga, e che magari il valore delle nostre attività venga riconosciuto anche dal governo, dalla Provincia, da chi deciderà chi e come aiutare con contributi». I costi fissi, inderogabili, per i rifugisti di alta montagna sono particolarmente alti: c'è l'affitto, l'elettricità, c'è chi i rifornimenti è obbligato a farli in elicottero. «Però per noi sono anche spese, in molti casi, che ci sarebbero ugualmente, con 5 o 100 ospiti. Il personale anche, grosso modo, sarebbero lo stesso. Se l'ente pubblico ci vorrà dare una mano noi gliene saremo grati, ma a prescindere da questo io penso - aggiunge Nicolini - che ognuno qua debba fare un po' la sua parte. E comprendo anche quei colleghi che magari decideranno di non andare su a certe condizioni, ma chi può e ne ha la forza ora non deve tirarsi indietro». Nicolini chiarisce anche che l'alpinista che, quest'estate, deciderà di fermarsi in un rifugio, dovrà essere consapevole che non troverà le medesime condizioni dello scorso anno: «Ci saranno norme igieniche ancora più stringenti anche per gli ospiti, forse si dovrà aspettare di più per usufruire dei servizi, tutto sarà un po' più rallentato, ma - riflette Nicolini - forse questo sarà anche un modo per godersi di più la montagna, con maggiore lentezza. E qui entra in ballo la parola "rifugio": sono convinto che questa volta la montagna potrà essere goduta maggiormente, e si riapproprierà dei suoi gestori e di quelli che animano queste case. Il bravo gestore dovrà impegnarsi ancora di più, perché il suo è in primo luogo un servizio, dalla manutenzione dei sentieri all'aiuto al Soccorso alpino, ma tornerà anche all'essenza vera del lavoro di rifugista».Sulle esternazioni dei vertici del Cai, sulle quali lo stesso Club è intervenuto ieri per correggere il tiro, prende la parola anche la presidente della Sat Anna Facchini, parlando di «improvvido allarmismo». «Attualmente afferma Facchini - sono in corso di studio e verranno tempestivamente diffuse linee guida e proposte di azioni concrete per rendere l'ospitalità nei rifugi coerente con le disposizioni sanitarie. I proprietari e i gestori dei rifugi sono in prima fila per poter aprire le proprie strutture a alpinisti ed escursionisti a partire dalla prossima estate. Potrebbero avere un numero complessivo di posti letto o posti a sedere ridotto rispetto alla effettiva capacità ricettiva, ma si farà il possibile per garantire ospitalità e presidio». Trentino | 21 Aprile 2020 p. 21
I rifugisti: «Riaprire presto ma con regole» In queste difficili settimane intense, piene di incertezze per il turismo, i gestori di rifugi stanno lavorando sodo per mantenere la loro funzione storica e primaria di presidi della montagna. Il presidente dell'Associazione Rifugi del Trentino, Ezio Alimonta, titolare dell'omonimo rifugio nelle Dolomiti di Brenta spiega che «come direttivo siamo obbligati ad aspettare finché non ci sarà nulla di preciso e faremo il possibile per garantire quello che ci sarà consentito fare. Lasciare la montagna senza presidio può generare solo caos e pericoli, anche d'inverno lasciamo agibili gli spazi invernali delle strutture». Dalla Val di Fassa, Angelo Iellici, del Rifugio La Rezila, presidente del coordinamento nazionale dei Rifugi, aggiunge: «Sono giorni nei quali abbiamo continuato a sentirci grazie agli strumenti, ma è assolutamente importante esista questa struttura operativa. E' evidente che gestire un rifugio oggi, al tempo del Covid 19 sarà ancora più difficile, ma proprio per questo volevamo aspettare la Fase 2, con i criteri che porterà con sé, per fare dei ragionamenti condivisi. I rifugi sono presidi della montagna e soggetti di una filiera turistica nazionale importante, siamo per questo insieme e ci sentiamo parte di una rete». Lo scenario ventilato delle tende? «La metodologia delle tende, dei sacchi a pelo, rende lo scenario ancora più complesso e fallace dal punto di vista igienico-sanitario, della sicurezza - risponde Iellici -, perché queste persone dovranno comunque servirsi dei rifugi, è imprescindibile. Ci sono anche molte responsabilità nei confronti della protezione delle persone in caso per esempio di maltempo: basterebbe una foto a rovinarci per sempre, e potremmo venire attaccati su tutti i fronti, quindi servono soluzioni percorribili. Come rifugi siamo luoghi molto visibili ed amati, abbiamo bisogno per questo di dividere le responsabilità con il Governo, con le amministrazioni provinciali e regionali, con la Sanità».Interviene sul tema anche Anna Facchini, presidente della Sat: «Sono in corso di studio e verranno tempestivamente diffuse linee guida e proposte di azioni concrete per rendere l'ospitalità nei rifugi coerente con le disposizioni sanitarie. I proprietari e i gestori dei rifugi, privati o associazioni, sono in prima fila per poter aprire le proprie strutture a alpinisti ed escursionisti a partire dalla prossima estate. Potrebbero avere un numero complessivo di posti letto o a sedere ridotto rispetto alla effettiva capacità, ma si farà il possibile per garantire ospitalità e presidio. Se da questa situazione discenderà una nuova modalità di frequentazione della montagna, improntata a maggiore attenzione e cautela sia nell'affrontare i sentieri - conclude la presidente Facchini -, significherà che tutti affronteremo questa nuovo corso con consapevolezza e rispetto, in una sola parola con saggezza». Corriere delle Alpi | 22 Aprile 2020 p. 17 Il Cai Veneto è sicuro: «I rifugi riapriranno Il distanziamento? Le soluzioni ci sono» Francesco Dal Mas BELLUNO I letti a castello? Evidentemente no. In camerata si dormirà un materasso sì e un materasso no. E a pranzo? Anche se dovesse piovere, i canederli si consumeranno in faccia al Pelmo, se ci si trova al "Città di Fiume", cioè all'esterno, sotto una tensostruttura. E la sera, a turno intorno al caminetto, perché là dove si sta in sei, non potranno accomodarsi più di due persone. Montagna da coronavirus, lassù in rifugio, almeno quest'estate. È ovvio che a scalare lungo una delle Tre Cime non si porterà la mascherina, ma se c'è la coda, la protezione sarà obbligatoria. Tanto più necessaria sarà in ferrata, dove talvolta si procede a spintoni, in certe mattinate d'agosto. E, attenzione: al lago Sorapis, preso d'assalto da orde di turisti nelle ultime estati, arriverà la polizia forestale a controllare il mantenimento delle distanze. Tutte misure - queste ed altre - che potrebbero essere codificate nel vertice di questa mattina, in Regione con il Cai per dare una prospettiva ai rifugi. Una prospettiva di vita, contro il timore che qualcuno di questi presidi resti chiuso. «Siccome sono presidi di sicurezza, tutti verranno aperti. Almeno questo è l'impegno del Cai», sottolinea il presidente regionale, Renato Frigo.Una videconferenza, evidentemente, quella di stamani, ma che sarà pregnante come un incontro faccia-afaccia, di quelli decisivi per salvare la stagione sulle terre più alte. «Non un rifugio dovrà rimanere chiuso», anticipa Frigo, «perché le difficoltà provocate dal coronavirus non saranno insuperabili».I rifugi di proprietà o gestiti dalle sezioni Cai del Veneto sono 37, per un complessivo di 1904 posti letto e 2931 posti a sedere. Intanto una certezza: la stagione, che per ristoranti e bar a valle potrà aprirsi entro fine maggio, alle quote più alte vedrà la luce a fine giugno. E poi le modalità di gestione che verranno discusse questa mattina. Il problema numero uno è quello del distanziamento, tra un escursionista e l'altro, e tra questi e il personale. Ecco la novità: davanti ai rifugi, seppur in presenza di panorami superbi tali da negare il minimo ingombro, proprio là dove la Soprintendenza non ti permetterebbe di fissare nemmeno un chiodo, compariranno giocoforza piccole o grandi infrastrutture, per riparare i convenuti dalle intemperie mentre pranzano. Distanziati, ovviamente. All'interno dei locali, infatti, non ci starebbero col distacco sociale. «A questo riguardo», conferma il presidente, «ci aspettiamo dalla Regione una precisa informativa sui metri quadri a disposizione di ciascun ospite quando mette piede all'interno della nostra struttura». Nessun problema per le camere singole, ma tanti rifugi sono dotati ancora di camerate. In questo caso si salterà un letto tra un "dormiente" e l'altro. Ovviamente bisognerà portarsi dietro mascherina, guanti e gel.Non sarà difficile distanziarsi lungo il sentiero, neppure in cordata, ma in ferrata si, quando magari si è in gruppo e chi sta davanti vuole sentirsi in qualche modo protetto. «Ma te li vedi con i guanti, arrampicarsi sulla scaletta?», si chiede Bruno Zanantonio, comeliano, dirigente Cai, che conosce le ferrate del Comelico come le sue tasche. «Ascoltiamo che cosa ha da dirci la Regione, noi avanzeremo le prime proposte, poi chiederemo approfondimenti a tecnici ed esperti, medici in particolare», fa sapere Frigo. Fra i problemi, quello della sanificazione dei rifugi non è certo l'ultimo. In questo senso ciascuna struttura deve attrezzarsi. I costi? «Affronteremo la spesa con i 140 mila euro che ci ha messo a disposizione il Fondo per i Comuni di confine», rassicura
Frigo.La stagione, dunque, si farà, ma non tutti i rifugi riusciranno a evitare il rosso. Il Cai chiederà un sostegno al Governo e alla Regione. E metterà a disposizione il Fionda nazionale da un milione, che, dunque, potrebbe trovare ulteriore integrazione. – Corriere delle Alpi | 23 Aprile 2020 p. 20 Il Cai Veneto: deroghe per le manutenzioni Francesco Dal Mas AURONZO Rifugi da riaprire? Intanto - sostiene il Cai, con il presidente Renato Frigo - c'è il problema della manutenzione dei sentieri di montagna, che in Veneto, costituiscono una rete complessiva di 8 mila chilometri. «Per consentire al più presto l'effettuazione di sopralluoghi e dei conseguenti interventi di sistemazione in vista della fine del lockdown, sulla scorta di quanto già avvenuto per la manutenzione delle spiagge, la Regione», assicura l'assessore regionale Federico Caner, «chiederà ai prefetti di Belluno, Treviso, Vicenza e Verona di concedere autorizzazioni specifiche alle persone incaricate allo svolgimento di questa indispensabile attività».Sì, perché, via la neve, i rifugisti devono rendersi conto delle condizioni in cui si trovano le strutture e di quali lavori hanno bisogno, prima della riapertura, che dovrebbe essere a fine giugno. Ma come sarà? È stato questo il tema principale affrontato ieri in videoconferenza dall'assessore regionale al turismo Federico Caner, con i gestori dei rifugi e i rappresentanti delle imprese turistiche montane d'alta quota. All'incontro hanno partecipato, tra gli altri, il presidente dell'Agrav- Associazione dei Gestori Rifugi Alpini del Veneto, Mario Fiorentini e i vari coordinatori provinciali della stessa; il presidente del Cai del Veneto, Renato Frigo; il segretario di Federalberghi Belluno, Francesco De Toffol; il direttore della Dmo Dolomiti, Giuliano Vantaggi.Regole uguali per tuttiUna raccomandazione è emersa da parte dei rifugisti: «Le regole attese dal Governo dovranno essere uguali per tutti». In poche parole, se l'Auronzo e il Lavaredo (siamo sempre alle Tre Cime) praticheranno il distanziamento, quindi dimezzando gli introiti, il Locatelli, poco distante, ma in provincia di Bolzano, dovrà osservare lo stesso vincolo.Definire un protocollo sanitario su misura per i rifugi alpini, in base al quale gli stessi possano riaprire nella cosiddetta "fase 2", garantendo la massima sicurezza a clienti, escursionisti, gestori e loro collaboratori., è stato il tema più dibattuto. L'offerta ricettiva di queste strutture nel Veneto, che sono circa 160, è aumentata nel corso degli ultimi dieci anni, per un numero di posti letto superiore a 3.600. «In sede di Conferenza delle Regioni», ha spiegato Caner, «è stata ribadita la necessità che, per quanto riguarda l'intero sistema dell'ospitalità turistica, pur tenendo conto delle peculiarità delle diverse strutture ricettive e di specifiche esigenze territoriali, sia predisposto un unico protocollo sanitario nazionale, con regole e criteri che valgano per tutta l'Italia, al fine di evitare sperequazioni, situazioni di concorrenza sleale, in una logica di tutela generalizzata dei clienti e degli operatori».Posti lettoIn materia di posti letto, i rifugi si preparano a "dimezzarsi". L'Auronzo, ai piedi delle Tre Cime, ad esempio, ha 100 posti, in camere e in camerate. Ma se il Governo imporrà il distanziamento anche per l'estate, questa sarà la soluzione. La maggior parte dei rifugi alpini, però, ha disponibilità di gran lunga inferiori. C'è chi ha una dozzina di posti, tutti in un grande camera; in questo caso, potrà ospitare solo due o tre persone. Immaginarsi la ricaduta sul piano economico.. – Corriere delle Alpi | 23 Aprile 2020 p. 20 «Ci adatteremo alle direttive non ci sono alternative» BELLUNO All'incontro in videoconferenza con l'assessore regionale al turismo Federico Caner ha partecipato anche una delegazione dell'Agrav, l'associazione che raccoglie tra le proprie fila i gestori dei rifugi del Veneto. Presente l'intero consiglio direttivo, composto da sette figure tre dei quali bellunesi: Alessandra Magagnin, gestore del rifugio Pranolz di Trichiana e referente della Valbelluna, Elena Zamberlan del rifugio Pian de Fontana e referente di Zoldano e Cordevole, infine Omar Canzan del rifugio Chiggiato, nonché referente per il territorio cadorino. A commentare l'esito dell'incontro è il presidente Mario Fiorentini, che ha anche preso la parola nel corso della videoconferenza. «Ci sono motivi per essere soddisfatti. La Regione ha dimostrato attenzione nei confronti del nostro comparto, consapevole della sua importanza per il territorio montano. Nessuna decisione al momento è stata assunta anche se è emersa la volontà di poter aprire espressa dai rifugisti. La considerazione principale da fare ruota attorno alla complessità del settore. Ogni rifugio presenta caratteristiche e peculiarità diverse dall'altro. Questo evidentemente non permetterà di varare una linea guida in grado di soddisfare le esigenze di tutti. Ognuno dovrà adattarsi alle situazioni, effettuando delle rinunce all'occorrenza, ma non ci sono alternative».Mario Fiorentini punta il dito su quella che invece, in maniera univoca, dovrà essere il modus operandi per l'estate 2020: «Bisognerà fare tanta informazione. Comunicare continuamente col turista aggiornando quotidianamente la proposta. È impensabile avventurarsi in quota senza le dovute garanzie in termini di ricettività».A proposito di comunicazioni, Fiorentini annuncia: «Il coordinamento nazionale Agrav ha deciso di frenare il balletto "apriamo sì, apriamo no". Da questo momento le informazioni saranno centellinate al fine di evitare confusione in una situazione che si presenta di per sè già particolarmente complessa». --Gianluca De Rosa
Corriere delle Alpi | 23 Aprile 2020 p. 20 "Sigilli" estivi per i bivacchi Sigilli estivi per i bivacchi. «Finchè non avremo sconfitto il virus», spiega Caner, «non possiamo permetterci assembramenti in ambienti piccolissimi, magari non areati e che non vengono sanificati. Quest'estate è più sicuro tenerli chiusi». Gazzettino | 23 Aprile 2020 p. 5 edizione Belluno Protocollo sanitario a misura di rifugio Caner: “In quota la sicurezza ci sarà” BELLUNO Lo sguardo in alto, oltre il Covid e rivolto alle vette dolomitiche. L'assessore regionale Federico Caner prospetta la riapertura dei rifugi post Covid. Ripartire è necessario, l'estate è alle porte, ma serve grano salis per non inciampare. E così il tema è stato al centro della riunione di ieri mattina tra l'assessore e il settore. Collegati in videoconferenza c'erano i gestori dei rifugi, i rappresentanti delle imprese turistiche montane d'alta quota, ma anche il presidente del Club Alpino Italiano del Veneto, Renato Frigo, il segretario della Federalberghi di Belluno Francesco De Toffol e il direttore del Consorzio DMO Dolomiti Giuliano Vantaggi. IL PRIMO PASSO Un primo confronto, insomma, per arrivare a definire un protocollo sanitario cucito su misura dei rifugi alpini, per assicurare l'apertura nella fase due garantendo, allo stesso tempo, anche la massima sicurezza per i clienti. «In sede di Conferenza delle Regioni ha spiegato Caner è stata ribadita la necessità che, per quanto riguarda l'intero sistema dell'ospitalità turistica, pur tenendo conto delle peculiarità delle diverse strutture ricettive e di specifiche esigenze territoriali, sia predisposto un unico protocollo sanitario nazionale, con regole e criteri che valgano per tutta l'Italia, al fine di evitare sperequazioni, situazioni di concorrenza sleale, in una logica di tutela generalizzata dei clienti e degli operatori. Nel Veneto prevediamo di contribuire alla definizione del protocollo acquisendo innanzi tutto le proposte provenienti dai nostri territori, attraverso il lavoro delle Aziende sanitarie e la consultazione delle Associazioni di categoria, per poi portarlo al tavolo nazionale. Per l'assoluta tipicità dei rifugi alpini, dovranno essere individuati dei parametri che stabiliscano un regolamento quasi sartoriale, anche per garantire che la loro attività sia economicamente gestibile». I SENTIERI Altro problema da affrontare al più presto è quello della manutenzione dei sentieri, da riprendere in mano per prepararli alle passeggiate estive. Ma per farlo servono autorizzazioni e su questo punto a Caner è stata strappata una promessa. Per consentire al più presto l'effettuazione di sopralluoghi e dei conseguenti interventi di sistemazione in vista della fine del lockdown, sulla scorta di quanto già avvenuto per la manutenzione delle spiagge la Regione, ha assicurato infatti l'assessore, chiederà ai prefetti di Belluno, Treviso, Vicenza e Verona di concedere delle autorizzazioni specifiche alle persone incaricate allo svolgimento di questa indispensabile attività. I rifugi, in base alla normativa regionale veneta, sono strutture ricettive complementari ubicate in aree di montagna a quota non inferiore a 1000 metri, predisposti per il ricovero e il ristoro di turisti ed escursionisti e per il soccorso alpino. L'offerta ricettiva di queste strutture nel Veneto, che sono circa 160, è aumentata nel corso degli ultimi dieci anni, per un numero di posti letto superiore a 3.600. A. Tr L'Adige | 26 Aprile 2020 p. 11 Rifugi, tempi stretti di confronto All'apertura ufficiale dei rifugi, il 20 giugno, mancano poco meno di due mesi. Ma quest'anno con l'emergenza coronavirus nulla è scontato, neppure la data. Sat e Associazione dei rifugi del Trentino sono al lavoro con la Provincia e con l'Azienda sanitaria per trovare soluzioni che possano conciliare l'accoglienza in montagna con la sicurezza. Nel tardo pomeriggio di ieri l'ennesimo tavolo di lavoro, naturalmente via web: due ore di confronto per analizzare i problemi e superarli. «Stiamo lavorando molto e, per i tempi stretti in cui ci chiedono di formulare proposte e soluzioni, forse avremo risposte in tempi brevi» auspica Anna Facchini, presidente della Sat. Per alcuni rifugi l'ipotesi del "cestino" per il pranzo, ossia del vassoio da consumare sul prato, è un'idea vincente, per altri situati in zone impervie e prive di ampi spazi piani - si tratta di una soluzione impraticabile. Lo stesso vale per l'ipotesi dei bivacchi in tenda anziché all'interno dei rifugi. Per l'igiene dei locali c'è la proposta, che sta analizzando il Cai nazionale, dell'uso dell'ozonizzatore: l'ultima parola spetterà comunque all'Azienda sanitaria trentina.
L'Adige | 26 Aprile 2020 p. 27 «I rifugi sono presidi importanti, ci aspettiamo regole adeguate» L'analisi dei gestori di Pernici, Chiesa, Marchetti e San Pietro milena rettondini A una settimana dal 4 maggio, data in cui dovrebbe entrare nel vivo la fase 2 di convivenza con il Covid-19, il settore dell'ospitalità inizia a scaldare i motori per la ripartenza. Tra i vari attori della nostra zona troviamo anche i rifugi, che svolgono un fondamentale ruolo di presidio del territorio. Dopo le parole di Antonio Montani, il vicepresidente del Club alpino italiano che ai microfoni di Repubblica prospettava un'estate all'insegna di rifugi chiusi, in molti si interrogano sul proprio futuro. Si riaprirà? Se sì, in che modo? Molta la prudenza da parte dei gestori, ma anche tanta fiducia verso chi in questi giorni sta stilando le linee guida per la ripartenza, in primis la Sat. «Sappiamo che non sarà un momento facile – dichiara Alberto Bighellini gestore del rifugio Marchetti sul monte Stivo di Arco – ma nonostante ciò non ci arrendiamo. Per me questo è il terzo anno di attività, non voglio certo fermarmi ora. Direttive Sat permettendo, vorrei aprire con il primo di giugno, inizialmente chiederò a mio padre di aiutarmi e poi regolerò la richiesta di personale in base al flusso di persone che ci sarà». Tra le certezze, la diminuzione dei posti letto, come dichiarato in una recente intervista dal presidente della commissione Rifugi della Sat, Sandro Magnoni. «È una decisione necessaria poiché dobbiamo garantire il distanziamento e la sanificazione nelle stanze. Inoltre – prosegue - normalmente nelle nostre strutture l'ospite si ferma una notte sola e poi riparte. Quindi stiamo valutando cosa sanificare nel dettaglio ogni giorno per garantire la sicurezza di tutti». Nel caso del rifugio Marchetti, Bighellini ha già ipotizzato di ospitare una persona o un nucleo familiare per stanza, per un totale di cinque camere. Nell'eventualità invece che la Sat decidesse di non consentire il pernottamento presso le strutture più piccole, come in questo caso, e si limitassero gli accessi anche al bar, ha già pronto un piano B. «Se non potrò fare polenta e canederli, mi organizzerò con i panini. L'importante per noi è garantire un minimo di servizio ai nostri clienti e a tutti gli amanti della montagna». Non si sbilancia su eventuali programmi di riapertura invece Andrea Berteotti gestore del rifugio San Pietro a Tenno. «Ho piena fiducia nella Sat e nell'associazione Gestori rifugi del Trentino. Non appena avranno comunicato le linee guida necessarie – dichiara - mi organizzerò di conseguenza». Sulla stessa linea anche Eleonora Orlandi del rifugio Damiano Chiesa sul monte Altissimo - monte Baldo: «Voglio riaprire e ce la metterò tutta per farlo, ma prima di capire come e quando preferisco conoscere bene le direttive che arriveranno dall'alto». Preoccupa l'incognita turismo, che nell'Alto Garda e Ledro ricopre un ruolo importante. «Il 50% delle persone che riceviamo durante l'anno sono stranieri – racconta Marco De Guelmi , gestore del Pernici in val di Ledro - Anche per questo, con la chiusura dei confini regionali e statali, prevediamo un calo drastico del fatturato. Noi vogliamo riaprire, ma non a tutti i costi. Non possiamo permetterci di lavorare in perdita e chiaramente vogliamo garantire la sicurezza di tutti. Per questo, se le restrizioni saranno troppo nette, valutiamo anche l'ipotesi di non aprire per quest'anno». I gestori auspicano anche che si prenda atto delle loro particolarità e funzioni. «Non possiamo essere considerati come semplici punti ristoro – continua De Guelmi – dove basta attrezzarsi con distanze adeguate per proseguire l'attività. Noi siamo dei veri e propri presidi del territorio, dobbiamo garantire la sicurezza di chi si muove in alta quota. Se per esempio faccio accomodare, con tutte le precauzioni del caso, i miei ospiti all'esterno e all'improvviso arriva un temporale, come posso negargli l'ingresso nella mia struttura e assicurare che non ci siano assembramenti? È semplicemente impensabile». Messaggero Veneto | 30 Aprile 2020 p. 9 I rifugi friulani cercano le regole per riuscire ad aprire in estate alessandra beltrame I rifugi alpini, preziosi per frequentare i monti, imprescindibili per esplorare le terre alte e godere della natura in purezza. Si dicono belle parole sui rifugi di montagna. Peccato che rimangano tali. Lo si vede anche nell'emergenza Covid. I gestori dei 32 rifugi della regione, così come quelli in tutta Italia, stanno ancora aspettando tempi e modi per riaprire. Strutture preziose, certo, perché chi va in montagna non ne può fare a meno. Strutture delicate, pure. Perché nei rifugi la promiscuità è un valore, perché nelle camerate si dorme tutti insieme e si sta bene, perché sulle panche ci si siede stretti, ci si scalda e si fa amicizia. Non si può più, ahimè: il virus ci ha resi allergici ai contatti fisici. Peggio: ce li vieta. E allora che fare? Come ci rifugeremo in montagna?Eppure andar per sentieri, piuttosto che strizzarsi in spiaggia, pare più ragionevole in tempi di distanziamento sociale. Giulie, Carniche, Dolomiti Friulane offrono una vastità di gite magnifiche dove l'isolamento è garantito. Un po' di affollamento, in certi giorni e al picco della stagione, si può trovare solo nei rifugi.Stefano Sinuello, presidente di Assorifugi, rappresenta la buona parte dei 32 rifugi disseminati in regione, dagli storici ai recenti, dai remoti a quelli a fil di strada. Hanno 1.500 posti letto, che non son pochi, e un'affezionata clientela tedesca che ha già prenotato per quest'estate "e in parte non ha disdetto".I gestori vogliono riaprire, ma non sanno né quando né come. «Da Regione e Promoturismo silenzio. Vista la particolarità delle nostre strutture, chiediamo di collaborare per concordare regole chiare e possibilmente semplici da attuare. I rifugi sono la nostra vita e in stagione la nostra casa, alcuni li gestiamo da più di 40 anni,
conosciamo bene i problemi e come risolverli. Ma nessuno ci ha coinvolto. Abbiamo sentito voci, letto articoli, poche cose concrete. Dalle istituzioni, finora, vuoto totale».Il Club alpino italiano, proprietario della gran parte delle strutture alpine tramite le sezioni locali, sta progettando soluzioni. «I rifugi Cai in regione sono 19, con circa metà dei posti letto totali. Gli altri sono dei Comuni o di altri enti. Come ci dovremo regolare? Ok per mascherine, disinfettanti, ai pasti da asporto, a fare più turni a pranzo. Siamo consapevoli che dovremo ridurre i posti letto». I gestori temono i contraccolpi di queste misure: i costi per adeguarsi, il mancato guadagno che intaccheranno i margini fisiologicamente già bassi: «Ci aspettiamo che i proprietari ridimensionino i canoni di affitto. E se ci chiederanno gli stessi standard di ristoranti e alberghi saremo costretti a chiudere».Poi la data. «Quando potremo ripartire? In contemporanea con la libera circolazione delle persone? Dobbiamo saperlo prima, per fare provviste, salire a preparare le strutture. Vorremmo essere operativi per i primi di giugno».Infine, non ultimo fra i problemi, ci sono le frontiere. «Abbiamo quasi la metà della clientela che proviene dall'estero, se Slovenia e Austria chiudono sarà un disastro. Già si stima un calo del turismo del 70 per cento. Invece ci giunge voce che i confini con la Carinzia potrebbero riaprire soltanto nel 2021. L'Europa deve dimostrare di essere davvero un'unione: solo mantenendo le frontiere aperte possiamo superare questo momento, aiutarci fra Paesi è fondamentale». --© RIPRODUZIONE RISERVATA
OLIMPIADI Corriere delle Alpi | 2 Aprile 2020 p. 27 Via alla legge per le Olimpiadi di Cortina «Siamo pronti nonostante le difficoltà» Francesco Dal Mas CORTINA Chi si rivedono? Le Olimpiadi Milano-Cortina. La legge olimpica ha cominciato questa settimana il suo percorso parlamentare. La commissione Cultura della Camera ha impostato il decreto sull'organizzazione e lo svolgimento dei Giochi olimpici e paralimpici invernali Milano - Cortina 2026. Sarà l'unica legge, dopo il Coronavirus, di cui si occuperà la Camera in questo mese.«Il decreto che abbiamo cominciato a esaminare in commissione Cultura», spiega il relatore della legge, Roger De Menech, «consente di dare un segnale al mondo dello sport internazionale: l'Italia, nonostante le difficoltà del momento, si sta preparando a farsi trovare pronta. E ci consente anche di dare un segnale al Paese lanciando un messaggio di fiducia e speranza verso il futuro, che è rappresentato anche dai grandi eventi sportivi». Il relatore ha poi confermato l'intenzione da parte del Governo di prendere in considerazione eventuali richieste di modifica, seppure limitate. Lo stesso De Menech, che ha evidenziato l'apprezzamento espresso al provvedimento da parte di tutti i gruppi, ha spiegato di riservarsi la possibilità di presentare emendamenti solo dopo aver visto quelli che le forze politiche presenteranno. La legge prevede anzitutto l'istituzione di un Consiglio olimpico congiunto Milano-Cortina 2026, al quale sono affidate le funzioni di indirizzo generale e di alta sorveglianza sull'attuazione dell'evento.Il Consiglio è costituito presso il Coni ed è composto da 15 membri, che eleggono al loro interno un presidente e due vicepresidenti, con rappresentanti, fra gli altri, di Cortina e del Veneto. La concreta pianificazione e realizzazione dei Giochi è affidata alla Fondazione "Milano-Cortina 2026", che svolge quindi il ruolo di "Comitato organizzatore dei Giochi". Soci fondatori sono il Coni, il Cip, la regione Lombardia, la regione Veneto, il comune di Milano e il comune di Cortina d'Ampezzo. La Fondazione ha ricevuto dal CIO l'impegno al finanziamento totale delle attività, per un ammontare stimato di 925 milioni di dollari. «È prevista la costituzione della società "Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026 Spa"», conferma De Menech, cui è affidato il compito di realizzare le opere necessarie per lo svolgimento dell'evento. Potranno essere nominati uno o più commissari straordinari. La società è partecipata per il 70 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (con due quote del 35 per cento); per il 20 per cento dalla Lombardia e dal Veneto (con due quote del 10 per cento); e per il 10 per cento dalle province autonome di Trento e di Bolzano (con due quote del 5 per cento). La società ha sede a Roma e il capitale sociale è di un milione di euro, di cui 700.000 a carico, a metà, del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. L'organo di amministrazione è composto da 5 membri, 2 nominati congiuntamente dalle regioni Lombardia e Veneto. Lo scopo statutario della Società è di fungere da centrale di committenza e stazione appaltante per la realizzazione delle opere connesse all'evento 2026.«La legge di bilancio -ricorda De Menech - ha previsto per la realizzazione di opere di infrastrutturazione nelle aree olimpiche e per l'accessibilità alle stesse aree finanziamenti per un miliardo di euro nell'arco degli anni 2020-2026».E le opere infrastrutturali da realizzare, tra cui quelle per l'accessibilità, saranno individuate - ricorda il parlamentare bellunese - con uno o più decreti ministeriali. Sempre con decreto ministeriale saranno assegnate le ricorse finanziarie. Corriere delle Alpi | 10 Aprile 2020 p. 32 Legge olimpica, c'è l'ok in commissione Cultura
Soddisfatto De Menech CORTINA Un voto favorevole ed unitario ha accompagnato l'ok al disegno di legge di conversione del decreto contenente le misure per lo svolgimento dei giochi olimpici e paralimpici di Milano Cortina 2026.Ad annunciarlo è stato Roger De Menech, relatore del decreto legge olimpiadi 2026 che, al termine dei lavori, ha dichiarato che « in queste giornate difficili per tutti, mi sento di esprimere un sentimento di soddisfazione, a titolo personale ed a nome del partito democratico, per quanto avvenuto oggi (ieri, ndr) in commissione cultura. Dopo una discussione franca ma collaborativa i componenti si sono espressi favorevolmente sul disegno di legge di conversione del decreto contenente misure per lo svolgimento delle olimpiadi ma anche delle finali Atp di Torino. L'Italia c'è ed è in grado di svolgere un ruolo da protagonista all'interno della comunità internazionale dello sport. Quello offerto in commissione cultura rappresenta a mio avviso un segnale tangibile di speranza per tutti i cittadini perché quando finalmente questa emergenza da coronavirus sarà finita potremo tutti insieme ripartire».L'iter burocratico adesso prevede l'approvazione del testo in aula, nel frattempo il deputato bellunese anticipa le parti salienti del suo contenuto: «Sono state apportate alcune modifiche significative. Con l'introduzione dell'articolo 3bis abbiamo istituito il forum per la sostenibilità e l'eredità olimpica e paraolimpica con gli obiettivi di promuovere iniziative volte a far perdurare i benefici delle olimpiadi sui territori e tutelarne le infrastrutture realizzate in modo da avere vantaggi anche oltre gli eventi sportivi. Promuoveremo inoltre la diffusione di buone pratiche che tutelino bambini e adolescenti avviati alla pratica sportiva. Con gli articolo 5 ter e quater abbiamo rafforzato la tutela dei simboli olimpici e paraolimpici, delle bandiere, degli inni, dei motti, affinché nessun uso improprio venga assolutamente permesso» . --dierre© RIPRODUZIONE RISERVATA Gazzettino | 10 Aprile 2020 p. 9 edizione Belluno Giochi olimpici 2026: eredità per il territorio Si lavora per varare la Legge Olimpica, in vista dei Giochi invernali di Milano Cortina 2026. Malgrado l'emergenza sanitaria, il parlamento nazionale prosegue il cammino per arrivare al varo dello strumento legislativo che dovrà normare l'organizzazione del grande evento, non soltanto sportivo. Il deputato bellunese Roger De Menech, del Pd, è relatore del decreto legge Olimpiadi 2026 ed esprime tutta la sua soddisfazione, al termine dei lavori della commissione Cultura: «In queste giornate difficili per tutti, vorrei esprimere la soddisfazione mia e del Partito democratico per quanto avvenuto oggi in commissione Cultura. Dopo una discussione franca ma collaborativa, infatti, i componenti della commissione hanno espresso un voto favorevole e unitario sul disegno di legge di conversione del decreto, contenente le misure per lo svolgimento dei Giochi olimpici e paraolimpici invernali Milano Cortina 2026 e delle finali Atp di tennis 2021 a Torino». Per il parlamentare bellunese questo consenso supera l'aspetto sportivo: «È un segnale importante a livello internazionale, perché dimostra che l'Italia c'è ed è in grado di svolgere un ruolo da protagonista all'interno della comunità internazionale dello sport. Ed è, io credo, un segnale tangibile di speranza per tutti i cittadini, perché quando finalmente questa emergenza da coronavirus, sarà finita potremo tutti insieme ripartire». De Menech entra quindi nel dettaglio della norma, approfondendo alcuni aspetti, con le ripercussioni che potranno avere: «Vorrei inoltre sottolineare alcune modifiche significative. Con l'introduzione dell'articolo 3bis abbiamo istituito il Forum per la sostenibilità e l'eredità olimpica e paraolimpica, con gli obiettivi di promuovere iniziative volte a far perdurare i benefici delle Olimpiadi sui territori e tutelarne le infrastrutture realizzate. In modo che quei territori possano avere vantaggi anche oltre gli eventi sportivi». È il tema della sostenibilità dei grandi eventi sportivi in Italia, soprattutto in montagna, così come prevede la Carta di Cortina, firmata sotto la Tofana, nel gennaio 2016, guardando innanzi tutto ai Campionati del mondo di sci alpino 2021. Il disegno di legge sulle Olimpiadi contiene aspetti sociali: «Promuove inoltre la diffusione di buone pratiche che tutelino bambini e adolescenti avviati alla pratica sportiva. L'Adige | 16 Aprile 2020 p. 34 Milano-Cortina, ora c'è il voto ROMA Almeno sullo sport in Parlamento non si litiga. Passa alla Camera quasi all'unanimità la legge olimpica con le misure per i Giochi olimpici e paralimpici invernali Milano Cortina 2026 (con la partecipazione della regione Trentino Alto Adige grazie al pacchetto di sci nordico della Val di Fiemme, che ha già organizzato tre Mondiali nel ‘91, nel 2003 e nel 2013, alla pista di pattinaggio di velocità a Miola di Piné - nella foto - e alla struttura di biathlon di Anterselva che quest'anno in febbraio hanno ottenuto un successo eccezionale di pubblico e di gradimento anche grazie alle imprese di Dorothea Wierer con quattro medaglie, due d'oro) e delle finali ATP di Torino per quanto riguarda il tennis: per la prima volta da quando c'è l'emergenza coronavirus l'Aula era al gran completo e si è espressa con 408 voti a favore, due contrari e due astenuti sul testo che ora passerà al Senato per il via libera definitivo. Una tappa importante per il cammino di Milano-Cortina, ma anche uno strumento per restituire solidità allo sport di base, piegato come quasi tutti i settori produttivi dalla crisi per il coronavirus.
«La Camera dei deputati ha mandato un messaggio di unità e di speranza al Paese - le parole di soddisfazione del ministro dello sport, Vincenzo Spadafora -. Dopo un appassionato e sinergico lavoro di tutte le forze politiche è stata approvata con il voto favorevole di tutti i gruppi parlamentari. Lo sport sarà un motore per la ripartenza economica e sociale del nostro Paese. Il voto dimostra che l'Italia di fronte alle emergenze e alle opportunità riesce a fare squadra». Questo primo step intanto istituisce presso il Coni il Consiglio olimpico congiunto Milano Cortina 2026, con funzioni di indirizzo generale sull'attuazione del programma di realizzazione dei Giochi. Predispone inoltre annualmente una relazione sulle attività svolte, da trasmettere al Parlamento attraverso l'Autorità di governo competente in materia di sport. Viene poi stabilito che la Fondazione «Milano-Cortina 2026» assume le funzioni di Comitato organizzatore dei Giochi. È responsabile della pianificazione e della realizzazione dei Giochi ed è l'interlocutore primario del Cio, del Cip, delle Federazioni internazionali, dei Comitati olimpici nazionali e dei principali sponsor. Comprende i membri italiani del Cio, rappresentanti di Coni e Cip e rappresentanti delle città ospitanti e di altri organismi pubblici, come le regioni. Quanto agli aspetti finanziari, il decreto dispone che la garanzia, fino ad un ammontare massimo complessivo di 58.123.325 euro, è concessa per l'adempimento dell'impegno assunto dal Comitato organizzatore di rimborsare quanto ricevuto dal Cio a titolo di anticipo sui diritti tv, se l'evento dovesse subire limitazioni, o venisse cancellato. L'articolo 6 del decreto istituisce, poi, il Comitato per le Finali ATP e affida alla Federtennis il compito di curare le attività dirette allo svolgimento del torneo a Torino negli anni 2021-2025, nel nuovo palazzetto che succede all'arena di Londra per decretare i maestri di singolo e di doppio al maschile.. Da questa legge potranno arrivare risorse anche per lo sport di base: su proposta dei due deputati Paolo Barelli (Presidente della Federnuoto) e Cosimo Sibilia (n.1 della Lega Nazionale Dilettanti di calcio), è stato approvato un ordine del giorno che impegna il Governo a fare in modo che il risparmio sui costi delle Olimpiadi venga destinato allo sport dilettantistico. Su trasparenza e legalità promette di vigilare il Movimento 5 Stelle, come sottolinea il deputato Simone Valente, che auspica modifiche in materia di agevolazioni fiscali previste per i dipendenti del comitato organizzatore. Nel 2020 la tassazione sarà normale, al 60% nel 2021 e 2022, l'aliquota scenderà al 30% dal 2023. «Cercherò di far rivedere tale norma e far sì che tutti i cittadini italiani abbiano lo stesso trattamento e che non si faccia alcun favoritismo». Corriere delle Alpi | 16 Aprile 2020 p. 26 Cortina-Milano 2026 un futuro assicurato per le infrastrutture Francesco Dal Mas BELLUNO La Camera ha approvato la Legge Olimpica per Milano-Cortina 2021. Un voto quasi all'unanimità, per la rinascita - è stato detto - dal coronavirus. Il decreto è quello che si conosce, ma ha una novità. È istituito, presso l'Ufficio per lo Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri un comitato denominato "Forum per la sostenibilità e l'eredità olimpica e paralimpica". Si tratta di un organismo permanente volto a tutelare l'eredità olimpica (e paralimpica) e a promuovere iniziative utili a valutare l'utilizzo a lungo termine delle infrastrutture realizzate per i Giochi. Obiettivo: mantenere i benefici sociali, economici e ambientali sui territori, con particolare attenzione alle esigenze della pratica sportiva e motoria da parte dei soggetti disabili e all'abbattimento delle barriere architettoniche, in coerenza con i principi fissati dalla Carta Olimpica e con le raccomandazioni dell'Agenda Olimpica 2020. Da qui una seconda novità. I programmi saranno concertati con le comunità locali.Almeno sullo sport in Parlamento non si litiga. Ieri, per la prima volta da quando c'e'l'emergenza coronavirus, l'Aula era al gran completo e si è espressa con 408 voti a favore, due contrari e due astenuti sul testo che ora passera'al Senato per il via libera definitivo. «La Camera dei deputati ha mandato un messaggio di unità e di speranza al Paese», le parole di soddisfazione del ministro dello sport, Vincenzo Spadafora. «Dopo un appassionato e sinergico lavoro di tutte le forze politiche è stata approvata con il voto favorevole di tutti i gruppi parlamentari. Lo sport sarà un motore per la ripartenza economica e sociale del nostro Paese».L'approvazione è un segnale importante per il futuro del territorio bellunese e dello sport italiano, secondo Federico D'Incà, Ministro per i Rapporti con il Parlamento. «In questa difficilissima situazione non si è voluto perdere tempo prezioso e sono state gettate le basi per un appuntamento di straordinaria rilevanza», prosegue D'Incà. «Il testo presenta alcune novità importanti sotto il profilo della sostenibilità. Infatti, attraverso il "Forum per la sostenibilità dell'eredità olimpica e paralimpica", si costituisce un organismo che tutelerà l'eredità olimpica e paralimpica e promuoverà iniziative utili per l'utilizzo delle infrastrutture nel corso del tempo». «È un obiettivo», secondo il ministro, «che abbiamo sempre ritenuto fondamentale, fin da quando questo Governo ha stanziato nella scorsa legge di bilancio un miliardo di euro per la realizzazione di opere infrastrutturali utili che rimarranno al territorio e ai cittadini e su cui, come ribadito in più occasioni, vigileremo con attenzione». -Corriere delle Alpi | 16 Aprile 2020 p. 26 «Opere sostenibili per un grande lascito nei vari territori» BELLUNO Soddisfatto, e non potrebbe essere altrimenti, il relatore della legge, il deputato pontalpino Roger De Menech del Pd. «La
discussione alla Camera del decreto legge oltre al messaggio che il Parlamento c'è e lavora», spiega De Menech, «invia due segnali importanti alla comunità internazionale e all'Italia. Il primo, quello alla comunità internazionale, è che il nostro Paese intende fermamente mantenere l'impegno assunto a organizzare i grandi eventi sportivi che si era candidato a ospitare nei prossimi anni. Il secondo, quello alla comunità nazionale, invece, è che lo Stato sosterrà i territori e gli enti coinvolti negli eventi, aiutando anche in questo modo il Nord Italia a creare le condizioni per il rilancio e per la ripartenza economica».Per l'esponente dem, l'esame di questo provvedimento costituisce un chiaro segno della presenza dello Stato a fianco dei territori più colpiti dal Covid-19. «Da un lato, abbiamo la dimostrazione concreta di come questa maggioranza sia impegnata nel puntare alla ripartenza del Paese e nel farci trovare pronti nel momento dell'avvio della fase due del contrasto al Coronavirus e del ritorno alla normalità. Dall'altro, abbiamo la consapevolezza che per permettere che tutto ciò accada occorre avere chiara la prospettiva verso cui muoversi. In questo caso puntando anche sulla sostenibilità delle opere e su un grande lascito infrastrutturale nei territori». Il decreto-legge si compone di 16 articoli, suddivisi in quattro capi. Tra le tante cose, viene istituita la Fondazione "Milano-Cortina 2026" quale Comitato organizzatore e viene costituita la società "Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026 spa", alla quale è affidato il compito di realizzare le opere previste per lo svolgimento dei Giochi, agendo come centrale di committenza e stazione appaltante, in coerenza con le indicazioni del Comitato organizzatore. La società - di cui si disciplina la governance - ha durata fino al 31 dicembre 2026. Il decreto prevede che potranno essere nominati uno o più commissari straordinari. --F.d.M Corriere del Trentino | 19 Aprile 2020 p. 9 Olimpiadi, la Camera vara la legge Parte la corsa alle infrastrutture Failoni: «Segnale importante per l’economia trentina». Mora: «Lo sport spinge la rinascita» Erica Ferro TRENTO L’approvazione, vista l’emergenza sanitaria in corso, è passata in sordina. Ma mercoledì è arrivato il sì definitivo della Camera alla «legge olimpica», cioè al decreto contenente le misure per lo svolgimento dei Giochi olimpici e paraolimpici invernali del 2026, che vedranno in prima fila il Trentino — che ospiterà 34 gare su 109 fra Baselga di Pinè, Tesero e Predazzo — e l’Alto Adige, con undici gare di biathlon ad Anterselva. «Una ratifica importante perché manda un segnale positivo per l’economia italiana e trentina — commenta l’assessore allo sport Roberto Failoni —. Bisogna guardare avanti ed essere positivi anche in un momento estremamente negativo come quello che stiamo vivendo».Per la prima volta dallo scoppio della pandemia del coronavirus l’Aula si è ritrovata al gran completo: i voti a favore sono stati 408, due i contrari, due gli astenuti. Il decreto legge, che dovrà ora andare al Senato, mette nero su bianco tutti i passaggi susseguitisi dal 25 giugno dello scorso anno, quando a Losanna il presidente del Cio Thomas Bach annunciava che sarebbe stata l’Italia a ospitare le Olimpiadi invernali del 2026. Nodi via via scioltisi per Trento e Bolzano, da quando il dossier della candidatura non conteneva traccia delle due Province nello schema della governance alla polemica per la mancata presenza di rappresentanti istituzionali locali fino al varo della Fondazione Milano Cortina 2026 che ha il compito di gestire, organizzare, promuovere e comunicare gli eventi sportivi relativi ai Giochi. Nel consiglio olimpico da 15 membri la nuova legge prevede infatti ci sia un rappresentante sia di Trento che di Bolzano, così come delle Regioni Lombardia e Veneto. Nel consiglio di amministrazione della Fondazione, che svolge le funzioni di comitato organizzatore dei Giochi in base agli indirizzi generali del consiglio, il rappresentante di Piazza Dante sarà Tito Giovannini. Uno dei capisaldi del decreto legge è la nascita della società infrastrutture Milano-Cortina 2020-2026, partecipata al 35% sia dal ministero dell’economia e delle finanze sia dal ministero delle infrastrutture e dei trasporti. La partecipazione di Lombardia e Veneto è del 10%, 5% ciascuna quella di Trento e Bolzano. La società dovrà predisporre il piano degli interventi, rispettare il cronoprogramma, occuparsi della localizzazione e delle caratteristiche tecnico-funzionali e sociali delle opere, definire il loro ordine di priorità, i tempi di ultimazione e il costo con relativa copertura finanziaria. Sembra tramontare definitivamente, invece, l’ipotesi di inserire il termine Dolomiti nel logo. «Sarà importante prestare attenzione successivamente — evidenzia Failoni — quando si dovranno destinare le risorse: in quel momento si capirà la portata di strutture e infrastrutture». «Mi fa piacere che la legge sia stata approvata nonostante il momento drammatico che stiamo vivendo — commenta la presidente del Coni trentino Paola Mora — perché spero che lo sport possa dare la spinta per una vera e propria rinascita, anche economica». Corriere delle Alpi | 29 Aprile 2020 p. 30 Gli ambientalisti all'attacco: “Le opere sottoposte a VAS” CORTINA E adesso gli ambientalisti chiedono che tutte le opere per le Olimpiadi siano sottoposte alla Vas (valutazione ambientale strategica).La legge olimpica è la più attesa. A Cortina, in Veneto, a Milano. Fa pochi giorni il Senato dovrà esaminare e ratificare la
conversione del decreto legge d 11 marzo 2020, n° 16, approvato il 15 aprile dalla Camera dei Deputati.Decreto che, tra l'altro, aumenta di 243 milioni gli oneri relativi all'organizzazione delle Olimpiadi del 2026.«Si procede blindati», assicura l'onorevole Roger De Menech, che è stato relatore alla Camera. Invece no. Italia Nostra e Mountain Wilderness Italia hanno deciso di fare opposizione, perché nemmeno consultate a Roma.«Parlano di Olimpiadi sostenibili, ma non hanno nemmeno la sensibilità di ascoltare gli ambientalisti», protesta Franco Tessadri di Mw che, con Ebe Giacometti, presidente di Italia Nostra, ha firmato ieri una dura presa di posizione. «Siamo rimasti negativamente colpiti dallo sbrigativo e non certo esaltante dibattito svoltosi alla Camera e dalle richieste di chi, seduto in Parlamento, vuole avere mano libera per portare a termine, senza i controlli delle Soprintendenze, l'assalto a quel poco che rimane dell'ambiente naturale del Paese», scrivono i due esponenti dell'ambientalismo, che non mancano di ricordare i danni provocati, a loro avviso, dai Mondiali 2021. Denunciano, infatti, «gravi manomissioni per rimodellare i profili delle piste, inaugurare nuovi impianti a fune con le loro mastodontiche stazioni di partenza e di arrivo e modificare la viabilità. Oltre all'urbanizzazione della piana settentrionale di Cortina, dove è prevista l'edificazione di un villaggio olimpico in grado di ospitare più di dodicimila atleti e accompagnatori».Per Italia Nostra e Mw, la maggiore preoccupazione nasce dalla constatazione che grazie all'occasione olimpica si stanno sdoganando un'estesa serie di interventi infrastrutturali e di collegamenti a fune che, se realizzati, «finirebbero per sottomettere definitivamente le Alpi centrali e le Dolomiti alla dittatura dello sci di pista in versione industriale e mercantilistica. Il progressivo riscaldamento del pianeta dovrebbe suggerire a ogni operatore economico minimamente responsabile atteggiamenti e progetti del tutto diversi».Tessadri e Giacometti ritengono che il decreto legge in esame al Senato metta l'evento olimpico in relazione alle necessità di riscatto economico delle popolazioni del Cadore. Mw e Italia Nostra, scendendo nel concreto, suggeriscono si senatori di inserire nel disegno di legge un articolo che renda esplicito che, «ai sensi della normativa nazionale e comunitaria, è sottoposto a Valutazione Ambientale Strategica l'intero programma di opere attività e disposizioni che verranno predisposte o finalizzate per l'attuazione dei Giochi Olimpici (anche indirettamente, utilizzandone anche solo parzialmente poteri, procedure e/o finanziamenti)». -- Francesco Dal Mas© RIPRODUZIONE RISERVATA
CAROSELLO: COLLEGAMENTO CORTINA - ARABBA - CIVETTA Alto Adige | 3 Aprile 2020 p. 8 Leitner ropeways, assegnati i lavori per la funivia di Cortina bolzano Uno spiraglio di sole nei tempi bui del coronavirus: assegnati i lavori per la nuova funivia di Cortina.Nei giorni scorsi infatti la Provincia di Belluno, nell'ambito del piano degli interventi infrastrutturali messi in campo dal governo italiano in vista dell'evento iridato del 2021, ha proceduto all'aggiudicazione dei lavori per la realizzazione della cabinovia «Son dei Prade -Bai de Dones». Un nuovo collegamento funiviario, che di fatto unirà i comprensori sciistici delle Tofane con quello delle Cinque Torri e che porterà la firma di Leitner ropeways. L'azienda altoatesina solo pochi mesi fa aveva ultimato i lavori di realizzazione della nuova cabinovia Cortina-Col Druscie, che aveva sostituito la prima sezione della storica funivia «Freccia nel cielo». Per Leitner, che assieme a Prinoth (battipista) e Demaclenko (innevamento programmato) è partner tecnico della Fondazione Cortina 2021, una nuova importante opportunità per riaffermare la propria tecnologia in quella che è l'indiscussa Regina delle Dolomiti. «L'aggiudicazione dei lavori della nuova cabinovia che collegherà le aree di Tofana e 5 Torri giunge in un momento difficile della nostra storia - ha commentato il sindaco di Cortina Gianpietro Ghedina -, ma deve aiutare a pensare alla necessità di reagire e di pensare al nostro futuro. Un impianto da lungo tempo atteso, strategico, di collegamento tra i nostri comprensori sciistici, tra poco diventerà realtà. Nel nostro presente e prossimo futuro ci aspettano grandi sfide, ma anche importanti traguardi come i Mondiali del 2021: lo sport, come la montagna, è in questo un vero maestro». La nuova cabinovia, un'opera da quasi 15 milioni di euro, avrà una lunghezza di quattro chilometri e mezzo e si articolerà in due tronchi con una stazione intermedia all'altezza della località Cianzopè; ben 54 le cabine da 10 posti che si muoveranno tra la stazione sciistica di Pocol e quella delle Cinque Torri. Un collegamento strategico non solamente in vista dell'appuntamento con i Mondiali di sci alpino del 2021 ma anche e soprattutto per lo sviluppo turistico di Cortina nel medio e lungo termine, ponendo di fatto le basi per un collegamento diretto via impianti funiviari tra le Tofane e il Sella. Corriere delle Alpi | 4 Aprile 2020 p. 33 «Questa cabinovia è strategica per Cortina» CORTINA «Finalmente vedremo realizzato questo collegamento».Così Marco Zardini, presidente del Consorzio esercenti impianti a fune di Cortina, Auronzo, San Vito e Misurina commenta la notizia dell'assegnazione dei lavori per il nuovo collegamento funiviario tra Son
dei Prade e Bai de Dones, che unirà i comprensori sciistici delle Tofane e delle Cinque Torri.La nuova cabinovia, lunga 4,5 chilometri, sarà realizzata da Leitner Ropeways, l'azienda altoatesina che lo scorso dicembre aveva firmato una delle grandi novità della stagione invernale 2019/20: la nuova "Tofana - Freccia nel cielo", che dal centro di Cortina raggiunge Col Druscié. "The future is now", recitava lo slogan dell'inaugurazione. E lo è davvero.Perché, in un momento di emergenza come quello attuale, pensare e poter investire sul futuro è un grande segno di fiducia nei confronti della conca, della montagna e dell'Italia intera.«Gli impiantisti», ammette Zardini, «aspettavano questa opera da tempo. Il progetto, nato da un'idea di Luigi Pompanin, presidente di Ista spa al momento della presentazione del progetto finanziato dai fondi Odi, diventerà presto realtà, ed è per noi una grandissima soddisfazione. Specialmente in un momento delicato come questo, il nuovo collegamento aumenta la portata e l'efficienza degli impianti di Cortina. Si tratta di un impianto strategico che ci avvicina al comprensorio del Dolomiti Superski, ma anche ai Mondiali di sci del 2021: un altro passo significativo e che rispetta i tempi, grazie all'impegno del commissario Luigi Valerio Sant'andrea, che ha avuto un ruolo fondamentale in questa fase».La cabinovia Son dei Prade-Bai de Dones, con le sue 54 cabine da 10 posti, collegherà Pocol (nel comprensorio delle Tofane) alla ski area del Lagazuoi-Cinque Torri-Col Gallina, con una stazione intermedia in località Cianzopé. Sarà quindi possibile raggiungere da Cortina, sci ai piedi, l'Alta Badia e le altre aree del Dolomiti Superski. A beneficiare del collegamento saranno certamente gli sciatori, ma anche la viabilità e la mobilità ai piedi delle Tofane e lo sviluppo turistico tutto di Cortina. I lavori, che inizieranno a fine giugno (emergenza permettendo), saranno terminati ai primi di gennaio, in tempo per i Mondiali che si svolgeranno dall'8 al 21 febbraio 2021.L'aggiudicazione dei lavori si inserisce infatti nel cammino di avvicinamento ai Mondiali, in un piano di interventi voluto dal Governo in vista del grande evento sportivo; l'impianto sarà una vera e propria eredità che l'appuntamento iridato lascerà sul territorio. Il piano delle grandi opere dei Mondiali, gestito da Sant'Andrea, che coinvolge tutta la comunità ampezzana ed il sistema montano, comprende il rinnovo delle infrastrutture, nuove piste e impianti di gara con standard internazionali, capaci di assicurare la migliore fruibilità e accessibilità al pubblico, ai turisti e alla popolazione. Piano che comprende il recentissimo restyling, a gennaio 2020, della celebre Olympia delle Tofane, la pista che ha ospitato più di cento gare di Coppa del mondo, e la sistemazione della finish area di Rumerlo; oltre all'inaugurazione della nuova "Freccia nel cielo", della pista Lino Lacedelli in Cinque Torri e del nuovo sistema antivalanghivo. A Cortina si resta a casa ma non si smette di lavorare per il futuro. -alessandra segafreddo© RIPRODUZIONE RISERVATA
MUSEI DELLE DOLOMITI Corriere del Trentino | 23 Aprile 2020 p. 13 Musei delle Dolomiti Storia, territorio, tradizioni e paesaggio raccontati sui social. E intanto tre regioni preparano la prima mostra virtuale Le Dolomiti, dal 2009 sono patrimonio Unesco per il loro valore estetico e paesaggistico e per l’importanza scientifica a livello geologico e geomorfologico. Cinque province, Belluno, Bolzano, Pordenone, Trento, Udine, che con i rispettivi musei, enti culturali e parchi naturali raccontano la bellezza e l’unicità di questo sito naturale. Dal febbraio dello scorso anno, la narrazione di tale ricchezza può avvalersi di uno strumento in più: si chiama «Musei delle Dolomiti», un progetto che si propone di creare un sistema museale dolomitico. Lo scopo è quello di indagare azioni pratiche e sinergie da attivare per valorizzare in rete il patrimonio Dolomiti Unesco e confrontarsi sul contributo che a tutto ciò può dare il digitale. «A livello pratico – spiega Stefania Zardini Lacedelli, che con Giacomo Pompanin coordina il progetto – abbiamo iniziato con attività che coinvolgessero le diverse province e i territori. Si è così formata, una comunità museale di oltre cinquanta operatori che si sono incontrati, ragionando su come il digitale rappresenti uno stimolo per valorizzare il patrimonio delle istituzioni e aumentarne la visibilità». Una delle tappe più importanti di questa piattaforma si è concretizzata nella prima edizione della campagna tematica #DolomitesMuseum, che da qualche giorno si è conclusa con successo. Per sette settimane, da Carnevale a Pasqua, una quarantina di istituzioni, ma anche molti singoli residenti nelle cinque province Unesco, sono stati protagonisti di un racconto diffuso sui social network: 250 le storie e 500 le risorse digitali raccolte, che hanno consentito di esplorare il patrimonio da casa. Tra i tanti enti partecipanti ci sono: il Museum Ladin Ciastel de Tor, il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina di San Michele all’Adige, l’Ufficio Parchi Naturali di Bolzano, il Museo geologico delle Dolomiti di Predazzo la rete Carnia Musei con il Museo Bruseschi e il Museo dell’Orologeria di Pesariis, l’Ecomuseo Lis Aganis delle Dolomiti Friulane, il Museo Marmolada Grande Guerra, il Museo dell’Occhiale e la Magnifica Comunità di Cadore, il Museo Longarone Attimi di Storia, il Museo Archeologico di Mel, la Fondazione Angelini e Dolomiti Project. Per conoscere gli altri soggetti, basta consultare le sette mappe tematiche costruite con il materiale raccolto, che spaziano dalla vita in pendenza alla mobilità, dalla storia dei passi alle origini degli sport, fino al diverso modo di vivere e percepire il tempo in montagna, anche in una prospettiva futura. «Stiamo già delineando la struttura della prima mostra virtuale dei Musei delle Dolomiti, che raccoglierà gli interessanti contenuti
pubblicati durante la campagna - prosegue Zardini - . Crediamo che il ruolo dei musei oggi non sia solo di proporre mostre ed eventi, ma anche coinvolgere le persone, raccogliendo nuove memorie e interpretazioni del territorio da parte di chi lo abita, stimolando un’idea più inclusiva e partecipata di museo, attenta anche alle testimonianze digitali». Musei etnografici, geologici, musei d’arte e di scienza: ciascuno è la tessera di un mosaico più grande, quello che compone la storia, la cultura e l’unicità del paesaggio delle Dolomiti Unesco. Tra i vari soggetti sono stati individuati tre enti capofila attorno ad altrettanti temi: geologico, del paesaggio vissuto, del paesaggio interpretato attraverso il ruolo di arte e musica. In questo contesto, importante è il ruolo svolto dal Muse di Trento, ente capofila per quanto riguarda l’ambito del paesaggio geologico, e dalla sua sezione territoriale del Museo Geologico delle Dolomiti di Predazzo. «Le Dolomiti ci parlano del passato più remoto, nelle loro rocce sono registrati eventi che hanno segnato alcune delle tappe fondamentali dell’evoluzione del nostro pianeta - afferma il responsabile del museo di Predazzo, Riccardo Tomasoni - . Sono il risultato stratificato di continui mutamenti succedutisi nel tempo geologico. Leggere questo passato può aiutarci a comprendere meglio i cambiamenti in atto e ad attrezzarci per affrontare le nuove sfide che ci si pongono davanti. E in questo i musei possono rappresentare una importante risorsa al servizio della collettività». Il Museo Etnografico di Seravella, in provincia di Belluno è invece l’ente capofila per gli aspetti del paesaggio vissuto, dell’antropologia e delle tradizioni, mentre a Dolomiti Contemporanee, in provincia di Pordenone, fa capo la narrazione del paesaggio interpretato e letto attraverso il ruolo di arte e musica. L'Adige | 29 Aprile 2020 p. 6 Dolomiti Unesco: quante storie TRENTO Da Carnevale a Pasqua i musei delle Dolomiti Unesco, coordinati dalla Fondazione omonima, sono riusciti a far scoprire o riscoprire il Patrimonio mondiale attraverso i canali digitali: ne sono emerse 7 mappe tematiche con più di 300 storie e 500 risorse digitali. «Questo progetto è nato prima dell'emergenza coronavirus, ma è riuscito ad offrire una bellissima risposta alla campagna #iorestoacasa promossa dal Ministero dei beni culturali. Il valore dell'iniziativa e la qualità dei contributi hanno portato la nostra campagna ad essere elencata tra le le iniziative online dell'International Council of Museums»- Parole del presidente della Fondazione Dolomiti Unesco e vicepresidente della giunta provinciale di Trento, Mario Tonina dopo la conclusione della campagna social #DolomitesMuseum. A cura di #DolomitesMuseum la 1° mostra virtuale Dolomiti Unesco.
TRE CIME DI LAVAREDO: CONTROLLO DEI FLUSSI Gazzettino | 1 Aprile 2020 p. edizione Belluno La strada per le Tre Cime diventa super tecnologica La strada per le Tre Cime di Misurina diventa tecnologica. Bando di gara per la fornitura di un moderno sistema di controllo e di gestione del traffico lungo la strada Misurina Tre Cime di Lavaredo e dei due nuovi caselli di accesso e di uscita a servizio dei parcheggi situati vicino al rifugio Auronzo. La gara, che si esaurirà con l'apertura delle offerte il 20 aprile, vede l'importo di 476 mila 250 euro al netto dell'Iva. Il contratto di assistenza e di manutenzione delle apparecchiature avrà la durata di 5 anni. L'Amministrazione civica auronzana inoltre si riserva la facoltà di affidare in opzione un'ulteriore fornitura per la gestione degli accessi e delle uscite dei parcheggi interrati in progetto, quelli del lungolago di Misurina e di Paludetti, per l'importo massimo di 120 mila euro. È questo dunque il primo passo per razionalizzare l'afflusso dell'enorme mole di traffico turistico diretto ai piedi della celebre triade dolomitica e che di anno in anno aumenta esponenzialmente. Complice, sostengono gli operatori della zona, un'aumentata visibilità della località per l'appartenenza alle Dolomiti Unesco e un'estate meteorologicamente da record. Il che ha creato non pochi disagi con code chilometriche sia in direzione di Auronzo-Cortina d'Ampezzo, sia verso Carbonin-Dobbiaco. I numerosi mugugni sui social e sui blog di turisti eufemisticamente delusi sono la carta tornasole. Difatti in più occasioni, una volta esauriti i circa 800 spazi di sosta ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo, l'accesso ai parcheggi veniva inesorabilmente bloccato già dalle 9 del mattino con il conseguente caos e intasamento della rotabile. Ora, come anche precedentemente preannunciato nel Consiglio comunale di fine 2019, si cercherà di ovviare, o almeno mitigare tale incresciosa situazione. IL PROGETTO La soluzione adottata è principalmente quella dell'installazione di una segnaletica luminosa che indichi in tempo reale fin da Misurina
il numero dei posteggi disponibili. Non solo, ma il nuovo sistema di gestione parcheggi prevede anche quelli della Loita con complessivi 190 punti di sosta per campers e veicoli, oltre a quello del Lago d'Antorno che prevede la capienza di 120 vetture. Tutta la gestione del sistema può poi essere controllato da remoto sia con tablet, sia da postazioni fisse collocate nel municipio di Auronzo. Quanto strettamente attinente alla viabilità sempre nell'area della Loita, dove si biforcano le strade che conducono una al Rifugio Auronzo e l'altra al Bosi sul Monte Piana, è prevista una rotatoria. Così, nel caso di esaurimento dei posti auto, è permesso alle auto e ai pullman di invertire più agevolmente la marcia e non restare imbottigliati. Difatti nella scorsa estate, quando la coda raggiungeva il lago d'Antorno, i vigili urbani interrompevano il traffico proprio all'altezza della Loita nei pressi del ristorante Genzianella. Gianfranco Giuseppini Corriere delle Alpi | 22 Aprile 2020 p. 17 Park Tre Cime, nuove regole per navette e automobilisti AURONZO Le Tre Cime sono il santuario delle Dolomiti e il rifugio Auronzo, il più frequentato del Cai, è la loro sacrestia. Migliaia di escursionisti anche in un solo giorno. Bastano poche ore perché si esauriscano i 799 posti macchina del parcheggio. «Negli anni scorsi, già a Pasqua, eravamo pieni di prenotazioni, da ogni parte del mondo. Al momento nessuna, ma apriremo», assicura Max Casagrande, del Cai di Auronzo. L'esterno del rifugio, uno straordinario balcone sui Cadini di Misurina e altre cime, si trasformerà in un ristorante dai tavoli "più che distanziati" . Ma saliranno ancora 2 mila auto al giorno, con la turnazione al parcheggio? «Non lo so, vedremo», risponde la sindaca Tatiana Pais Becher. «Probabilmente contingenteremo gli ingressi a valle. Di sicuro in auto non potranno starci più di due viaggiatori. E anche questo è un problema».Il pedaggio è di 24 euro ad auto; diviso 2 sono 12 euro, diviso 4 sono 6. Le navette? Una ogni quarto d'ora, stracariche anch'esse, almeno al mattino. La strada a pagamento fa entrare nelle casse comunali circa un milione e mezzo l'anno. «Nulla faremo», avverte il sindaco, «che comporti minore sicurezza per il turista e l'escursionista. Il presidente dell'Istituto Superiore di sanità, Silvio Brusaferro, ha detto che le Dolomiti sono le più sicure. Non possiamo smentirlo».Per gli ambientalisti di Mountain Wildernes questa è l'occasione provvidenziale per razionalizzare l'accesso automobilistico alle Tre Cime. -- f.d.m.
SCOPERTO UN NUOVO FOSSILE NELLE DOLOMITI Trentino | 8 Aprile 2020 p. 8 Nelle Dolomiti di Braies scoperto il fossile di un raro rettile BOLZANO Le Dolomiti sono famose per la loro geologia, bellezza del paesaggio e per le storie che possono raccontare del passato di milioni di anni fa. Molte rocce sono ricche di fossili, specialmente di animali marini come bivalvi e ammoniti. Rari sono invece i ritrovamenti di fossili di piante ed animali terrestri, specialmente di rettili. Uno di questi rari resti è lo scheletro incompleto e fossilizzato di un giovane individuo di "Eusaurophargis dalsassoi", un piccolo rettile terrestre, che risale a circa 245 milioni di anni fa e che è stato rinvenuto sul Piz da Peres nelle Dolomiti di Braies. Le sue forme erano tozze, sul dorso e lungo i lati del corpo erano presenti delle piastre ossee; da adulto poteva raggiungere il mezzo metro di lunghezza, la dentatura fa pensare ad una dieta onnivora. Un gruppo di studiose e studiosi guidati da Silvio Renesto dell'Università degli studi dell'Insubria (Varese), di cui fanno parte anche Evelyn Kustatscher del Museo di Scienze Naturali dell'Alto Adige e Piero Gianolla del Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra dell'Università degli studi di Ferrara, ha preso in esame questi resti e pubblicato ora i risultati dello studio nella Rivista Italiana di Paleontologia e Stratigrafia RIPS. «Si tratta del secondo scheletro di rettile terrestre del Triassico finora rinvenuto nelle Dolomiti osserva Kustatscher - ma ci fa anche capire che probabilmente esistono tanti altri resti che devono ancora essere scoperti». Le informazioni che si avevano finora di questa specie provengono da parti fossilizzate di esemplari, ritrovati a Monte San Giorgio tra il Canton Ticino in Svizzera e la provincia di Varese (che, come le Dolomiti, è Patrimonio dell'Umanità UNESCO) e in Olanda, mentre il fossile di un esemplare giovanile completo proviene dalla Formazione di Prosanto, nei pressi di Davos in Svizzera; quest'ultimo esemplare ha le stesse dimensioni di quello rinvenuto sul Piz da Peres. «L'importanza scientifica della scoperta è notevole - spiega Renesto, capofila della ricerca - perché amplia le conoscenze sulla diversità dei rettili terrestri vissuti nell'area delle Dolomiti e perché testimonia una notevole affinità fra le faune che all'epoca vivevano sulle terre emerse attorno ai bacini Italo-Svizzeri e le piccole isole presenti nell'area delle Dolomiti».
NOTIZIE DAI PARCHI Corriere delle Alpi | 5 Aprile 2020 p. 32 Manutenzioni in vista nell'area protetta del Parco Raffaele Scottini FELTRE L'ente Parco si sta attrezzando per effettuare una serie di interventi di manutenzione sul territorio per presentare l'area protetta ai visitatori nell'aspetto migliore possibile, appena le norme per il coronavirus lo permetteranno. Va in questa direzione il bando per l'aggiudicazione del servizio di manutenzione sul territorio del Parco delle Dolomiti per l'anno 2020. La procedura si è conclusa nei giorni scorsi con l'affidamento alla coop Val Cismon di Sovramonte. Una partita importante perché si tratta di mantenere e migliorare il decoro del territorio nell'area protetta del Parco, sia in termini di sfalcio dei prati che di quei piccoli interventi come la sistemazione di una panchina, che normalmente un ente fa con i propri operai ma che il Parco non ha. L'ente di Villa Binotto aveva aperto la gara alle cooperative sociali di tipo B, cioè quelle finalizzate all'inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, e sono state invitate a fare un'offerta tre realtà che avevano presentato la manifestazione di interesse.La Val Cismon si è aggiudicata il bando con l'importo di 41 mila 942 (che non include gli oneri per la sicurezza), grazie a un ribasso del 13. 36 per cento. «Se oltre all'aspetto della tutela vogliamo fare un ulteriore salto dal punto di vista turistico, abbiamo bisogno che l'ambiente sia sempre in ordine e ben manutentato», dice il presidente del Parco delle Dolomiti, Ennio Vigne. «La tabella rovinata, la tabella divelta non danno una bella immagine del Parco, quindi puntiamo a fare questo tipo di interventi». Dal punto di vista operativo, tutto è legato all'evoluzione dell'emergenza coronavirus. Intanto, il governatore del Veneto Luca Zaia ha firmato la nuova ordinanza in base alla quale le Prefetture possono autorizzare le imprese a lavorare nei cantieri per la sicurezza idrogeologica, ma qui si tratta di manutenzioni.«Non dimentichiamo che siamo ancora ai primi di aprile», sottolinea Vigne, «la primavera si sta aprendo adesso. Spero che viaggino affiancati l'arrivo della bella stagione e il via libera per l'operatività. In questa fase stiamo facendo tutto quello che si può fare in termini di predisposizione delle carte».Sempre in tema di cura del territorio, va ricordato inoltre che a fine febbraio il direttivo del Parco ha rinnovato l'accordo con il Cai (sezioni di Feltre, Belluno, Longarone, Oderzo, Val di Zoldo e Agordo) per l'attuazione di interventi di manutenzione straordinaria della rete sentieristica Cai, di bivacchi e infrastrutture a servizio dei rifugi all'interno dei confini dell'area protetta (per questo la convenzione prevede un contributo da parte del Parco di 32 mila euro). Altro capitolo riguarda la tabellazione dell'area protetta, sia quella dei confini che quella informativa, affinché gli accessi al territorio del Parco delle Dolomiti siano segnalati con chiarezza ai visitatori. Il perimetro è ampio ed è un lavoro che partirà appena possibile, compatibilmente con la situazione attuale, e che durerà qualche anno. --© RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere delle Alpi | 7 Aprile 2020 p. 29 Ultimo giorno del bando per direttore del Parco FELTRE Scadono oggi i termini per presentare la propria candidatura a futuro direttore del Parco Dolomiti Bellunesi. L'incarico è vacante dal marzo del 2019 quando terminò il mandato di Antonio Andrich. Il ruolo è piuttosto ambito e ci sono parecchie domande che si sono aggiunte in questo periodo dedicato alla riapertura del bando, che riprende quello del 2018 che però non era arrivato a conclusione. Allora i candidati che presentarono regolare domanda furono 54, altri se ne sono aggiunti e oggi sarà il momento per fare la conta definitiva. Gli ammessi a presentare la domanda devono essere obbligatoriamente iscritti all'albo degli idonei all'esercizio dell'attività di direttore di Parco sul sito del ministero dell'Ambiente. Una prima scorsa dei papabili ha mostrato la presenza nell'elenco delle domande pervenute di parecchi papabili che risiedono piuttosto lontano dal Veneto. Nei prossimi giorni il direttivo guidato dal presidente Ennio Vigne comincerà a prendere in esame la documentazione relativa al 2018 e quella più recente per capire come districarsi e arrivare alla scelta della terna di nomi da sottoporre al Ministero dell'Ambiente che poi avrà l'ultima parola sulla designazione.La prima scadenza del bando, risalente al 24 ottobre 2018 pone anche la questione di una verifica del reale attuale interesse di quei 54 candidati, i quali, nel frattempo, potrebbero avere compiuto già importanti scelte a livello umano e professionale. Corriere delle Alpi | 16 Aprile 2020 p. 32 In 65 sono in corsa per fare il direttore Pronti 300 mila euro per Villa Binotto
Roberto Curto feltre Dal via libera al Piano triennale da 2,5 milioni di euro di investimenti al corposo piano di interventi per la sede di Villa Binotto finanziati dal Ministero con 300 mila euro, fino alla chiusa del bando per la nomina a direttore che ha registrato 65 manifestazioni di interesse. È stato un direttivo del Parco ricco e corposo malgrado qualche problema di collegamento tra il presidente Ennio Vigne e gli altri membri: il vice presidente Alessandro Maguolo e i consiglieri Camillo De Pellegrin, Stefano Deon, Giampietro Frescura, Ennio De Simoi e Augusto De Nato.Una seduta che è servita per riprendere in mano parecchi aspetti gestionali dell'area naturale e spingere sull'acceleratore su quegli aspetti dove il Parco deve confrontarsi con gli altri enti, soprattutto il Ministero. Il tutto, compatibilmente con l'emergenza sanitaria in corso che ha bloccato i cantieri già aperti, come quello, ad esempio miglioramento del ristorante Antica Torre di Col dei Mich a Sovramonte, oppure in Pian Falcina.MANCA UN REVISORE DEI CONTIIl Parco aspetta la nomina dell'ultimo componente del Collegio dei Revisori dei conti che è di scelta ministeriale: «Attendiamo con impazienza», afferma il presidente Vigne, «perché noi siamo pronti ad approvare il conto consuntivo 2019 che ci dirà qual è l'avanzo di gestione e dunque permetterci di utilizzare i fondi a disposizione. Però serve che il Collegio dei Revisori dei conti sia al completo».DIRETTORE, 65 CANDIDATIÈ un ruolo certamente ambito a livello professionale e strategico per portare a pieno regime la macchina gestionale del Parco: «La risposta è stata notevole», dice ancora Vigne, «ora con il direttivo dovremo decidere come attuare una prima scrematura delle candidature in base ai curriculum che sono pervenuti nelle due finestre valide di presentazione. Una volta arrivati a una rosa più ristretta di candidati si passerà a dei colloqui fatti di persona».300 MILA EURO PER LA SEDEI fondi del Ministero sono già a disposizione e riguardano i danni causati a Villa Binotto dalla tempesta Vaia. «È arrivato il momento di passare ai fatti. Il progetto di fattibilità c'è, ora spingerò affinché l'iter proceda spedito perché vorrei affidare i lavori subito dopo l'estate».L'intervento prevede la sistemazione del tetto, la realizzazione di un montacarichi per consentire l'accesso ai disabili, un accordo con l'Istituto agrario di Vellai per la riorganizzazione del giardino esterno con la messa a dimora di alberi da frutto e piante caratteristici dell'area del Parco, la realizzazione di un nuovo fabbricato da adibire ad autorimessa e deposito. «Su quest'ultimo aspetto», afferma Ennio Vigne, «vogliamo farci trovare pronti visto che nei prossimi cinque anni è in programma il completo rinnovo del parco automezzi puntando su veicoli ibridi o elettrici e mi rifiuto di lasciare veicoli nuovi alle intemperie come avvenuto finora. E poi ci manca un deposito per materiale e attrezzi che attualmente sono sparsi qua e là in altri edifici di proprietà del Parco».CANTIERI E INCARICHIIl Parco, compatibilmente con le disposizioni della Regione e della Presidenza del consiglio conta di riaprire i cantieri nell'area pic-nic di Candaten e ai Cadini del Brenton dove le opere possono essere assimilabili alla manutenzione del verde. Inoltre si punta a nominare i professionisti che dovranno redigere i progetti per la riqualificazione energetica del Museo Rossi a Belluno, della ristrutturazione del rustico di Pian Falcina e del Centro visitatori della Valle Imperina. --© RIPRODUZIONE RISERVATA
INTERVISTE Corriere del Trentino | 3 Aprile 2020 p. 7 «Crisi molto seria, il consumo conduce all’autodistruzione. È ora di rinunciare» Reinhold Messner vive le restrizioni a Monaco Con l’arrivo del Covid-19 alpinismo e turismo d’alta quota si sono fermati su scala planetaria: quest’anno non sono stati concessi i permessi per le salite all’Everest, ma anche in Trentino-Alto Adige la montagna ha sospeso il vincolo che la lega all’uomo. La natura vive i propri spazi alleggerita della presenza antropica, e sono le persone a sentirne la mancanza. Dal canto suo Reinhold Messner sta trascorrendo il proprio periodo di quarantena a Monaco di Baviera e lo affronta attingendo al proprio bagaglio d’esperienza: «Sopravvivo bene. Nella mia storia di alpinista mi sono formato: ho imparato a vivere negli spazi ristretti di un bivacco, o a passare lunghe settimane al campo base in attesa di una scalata. Il base camp è una specie di carcere di ghiaccio e neve, ti devi impegnare per affrontare la quotidianità». Come vive questo periodo di quarantena? «Ho una mia struttura che mi permette di affrontare la situazione. Ogni giorno passeggio un’oretta sull’Isar, secondo quanto è concesso fare, poi mi dedico alla scrittura. Seguo anche molto le notizie, sicuramente più di prima. Non mi annoio, sono allenato: nella vita non mi sono mai circondato di cose o persone con l’idea di distrarmi». Da cosa è dipesa la scelta di Monaco? «Recentemente sono stato in Etiopia, dove ho portato avanti degli studi sui popoli di montagna e ho fatto alpinismo. Al rientro avevo delle conferenze in Baviera che poi sono state annullate, essendo eventi con più di mille persone. Ma ormai ero a Monaco e c’erano già problemi a tornare in Sudtirolo. In più la mia signora è del Lussemburgo e così siamo rimasti qua, per la reciproca compagnia». Nella vita di montagna in Etiopia ha riscontrato più differenze o similitudini con il nostro territorio? «Quando ero là il coronavirus non era ancora arrivato, ora purtroppo sì. Ma nel mio viaggio ho potuto muovermi liberamente e se la montagna è molto diversa la cultura ha tratti comuni. Le loro montagne sono vulcaniche, sono nate dal fuoco e non dall’acqua come le nostre Dolomiti, ma nel modo di vivere si riscontra questa tendenza al valore dell’autosufficienza. Non è certo una vita ricca come la nostra, ma ho avuto un’impressione positiva dei loro equilibri. È stato un viaggio importante per il nostro museo della montagna».
Quanto pesa questa quarantena sul Messner Mountain Museum? «Il museo ora è gestito da mia figlia, ma al momento anche noi siamo fermi come tutti, lavoriamo per il futuro. Per tutti i musei questo è un periodo difficile e nel nostro caso non riceviamo aiuti come le strutture pubbliche. Dobbiamo trovare soluzioni». Come le sembra che l’Italia stia affrontando l’emergenza, anche in confronto alla Germania? «In Italia ci si è mossi tardi, ma si sta facendo un lavoro molto severo, il che è positivo. Qua in Germania si cerca di convivere con la malattia. Io non sono un esperto di virus, da persona comune mi sembra che la sanità in Italia, almeno al nord, sia equipaggiata per affrontare l’emergenza. Non riesco però a capire come sia possibile questa grande differenza nel numero di morti». Il sistema organizzato in Land è funzionale? «È sempre stato così, anche se forse ora servirebbe un po’ più di potere a Berlino, per garantire misure uniformi. Ma comunque le singole decisioni convergono abbastanza. Credo però che l’unico modo per risolvere davvero il problema sia smetterla con i giochetti che le varie nazioni stanno continuando a fare, bisogna rinunciare a interessi troppo particolari. Serve una vera collaborazione a livello mondiale». Cosa sta scrivendo? «Ho ripreso un libro iniziato circa dieci anni fa, tratta il tema dell’alpinismo tradizionale. È un’attività che finisce nel momento in cui l’uomo non prende la responsabilità delle proprie azioni su di sé e demanda la propria sicurezza alla tecnologia». Addomesticare la montagna è diseducativo per l’uomo? «È turismo, è un’altra cosa. Arco è un ottimo esempio e non è una scelta sbagliata: la gente può andare in mtb, camminare, fare arrampicata sportiva, godere della natura. Ma anche sull’Everest negli ultimi anni si fa turismo, perché salire su un Ottomila con l’ossigeno e gli sherpa non è alpinismo. Ci sono scelte che preparano la montagna al consumo, in maniera più o meno accettabile». Cinquant’anni fa lei scriveva «Ritorno ai monti», auspicando un rapporto diverso tra uomo e natura. Finita la quarantena pensa che l’umanità proverà a percorrere la strada del cambiamento? «Credo che siamo di fronte a una crisi molto seria e forse capiremo che con 8 miliardi di persone sul pianeta la nostra sopravvivenza è legata anche a forme di rinuncia, che l’obiettivo unico del consumo porta all’autodistruzione. Mi viene da ridere quando vedo film nei quali ci sono le guerre nello spazio contro gli alieni. Basta un piccolo virus che viene dal nostro mondo per metterci in ginocchio. Con la medicina supereremo l’emergenza, ma se non cambieremo il problema tornerà in futuro. Per quanto mi riguarda, finita la quarantena tornerò sicuramente ai monti. Manca anche a me una bella passeggiata!». Alto Adige | 24 Aprile 2020 p. 34 «Alla montagna serve un turismo più intelligente» L'INTERVISTA a Luca Mercalli sara martinello gardena/badia Il blocco degli spostamenti in tempi di coronavirus come chiave di accelerazione per un ripensamento globale del turismo, verso una ripopolazione della montagna ponderata che faccia leva sulla riqualificazione edilizia e su internet come fattore abilitante.Dopo la diatriba sulle seconde case accesa dalla "calda raccomandazione" del presidente della Provincia Arno Kompatscher, il climatologo Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana, propone un nuovo scenario per la montagna, uno scenario in cui la sostenibilità alleggerisca la pressione sull'ambiente e sulla società.I meno informati parlano di una pandemia «del tutto inaspettata», ma nella bella videointervista rilasciata ad Andrea Membretti, ricercatore dell'Istituto per lo sviluppo regionale di Eurac Research, Lei ci rivela ben altro.La pandemia era assolutamente prevedibile: già nel 2013 David Quammen in "Spillover" ci aveva detto perfino dove si sarebbe sviluppata. D'altra parte non è una novità che i wet market siano i posti dove lo spillover, il salto di un patogeno da una specie all'altra, è più probabile.Una sorta di deresponsabilizzazione da parte della politica dei tagli alla sanità?I tagli alla sanità sono stati fatti come sono stati operati in molti altri settori. Quel che importa, in questo contesto, è che si è scoperta l'importanza della sperimentazione del telelavoro. Quella del virus è una lezione di metodo. Ridurre la mobilità quotidiana verso i luoghi del lavoro è possibile, così come è possibile eliminare ciò che è futile come un volo panoramico in elicottero sulle Dolomiti e tenere soltanto ciò che è utile, o inutile ma altamente qualificante in termini culturali, per esempio leggere un libro.E in tema di turismo come si fa questa distinzione? È vero che sarebbe ecologico solo quello "d'élite", quello negli alberghi CasaClima?Dipende solo da quante risorse materiali ed energetiche si usano per la vacanza. Posso andare in un hotel CasaClima con l'aereo o con un grosso Suv da 500 cavalli e fare motocross nel bosco. Oppure posso arrivare in montagna con una piccola utilitaria elettrica facendo un viaggio di poche centinaia di chilometri e passare dieci giorni a fare escursioni a piedi sui sentieri e a leggere libri contemplando la natura intorno a me. Più cose immateriali faccio, più sono sostenibile, e viceversa. Con "immateriali" intendo attività contemplative, culturali, emotive.Come è frequentata, oggi, la montagna?Male. Gli arrivi si concentrano in pochissimi periodi dell'anno, a Natale e a Ferragosto, ma il virus nei prossimi mesi ci metterà di fronte all'esigenza di scaglionare il turismo così come si sta pensando alla flessibilità nel lavoro. Uno dei primi criteri potrebbe essere quello economico, agendo ancora di più sulla leva dei prezzi a seconda della domanda, in maniera da agevolare la scelta di date molto diverse da parte dei visitatori. Una desincronizzazione. Ma io sono un climatologo, di una riflessione in questo senso si dovrebbero occupare tante persone diverse, dagli amministratori agli abitanti, dai rappresentanti del turismo alla stampa. Mi viene in mente la prima settimana dell'emergenza: la neve c'era ancora, e i grandi comprensori sciistici, spaventati, si sono affrettati a invitare tutti a sciare.Poi c'è stata la chiusura delle zone montane ai possessori di seconde case.Già. Perché non lasciare la libertà di scegliere dove passare la quarantena? L'abitante di una seconda casa, proprietà
sulla quale paga le tasse, non può essere una risorsa solo quando apre il portafogli e un peso quando è visto come un appestato che corromperebbe la purezza delle alte quote. Si deve fare i conti con la svendita dei terreni fatta cinquant'anni fa per un'urbanizzazione selvaggia.A Membretti Lei parla di una ri-abitazione della montagna, e l'altro giorno Stefano Boeri su Repubblica parlava di 2300 centri sotto i 5 mila abitanti in stato di abbandono.Io vivo in val di Susa: ci sono le piste di Sestriere della Vialattea, poi ci si sposta di pochi chilometri e si trovano borgate che crollano, case che cadono a pezzi. L'overtourism e la montagna sofferente, due eccessi e un gran stridore. In futuro le ondate di calore aumenteranno, quindi perché non scegliere di vivere stabilmente in quella che siamo abituati a pensare come una seconda casa? Per farlo però serve un progetto politico di recupero del patrimonio edilizio. Spesso sono edifici degli anni '60 o '70 da sottoporre a riqualificazione energetica o proprio da abbattere e ricostruire. E c'è anche tutto un patrimonio di malghe e baite ormai in decadenza (per un esempio nel dettaglio, all'indirizzo www.lucamercalli.it lo scienziato spiega il recupero di una grangia del 1732 in borgata Vazon, in provincia di Torino, ndr). Ma dev'essere un ritorno intelligente, "a numero chiuso".Che cosa vuol dire?Significa che non si deve costruire un centimetro cubo di più. Non si deve costruire niente di nuovo, la cubatura deve restare la stessa.Ma per eleggere i centri fantasma delle Alpi o degli Appennini a residenze vere e proprie ci vogliono i servizi.Sì, acqua, luce, parcheggi, strade, tutto un processo che deve essere governato dalla politica. Spero davvero che la montagna diventi luogo di vita e di lavoro, e in questo il fattore abilitante è l'accesso all'internet.E se un novello montanaro avesse voglia di un aperitivo?Be', non posso pensare di trasferire Milano in val Badia, non ci starebbero proprio le persone. Però magari a 10 mila milanesi dell'aperitivo non importa niente, per fortuna siamo tutti diversi. E se proprio venisse voglia di un aperitivo o di una mostra si scenderebbe in città. Come un visitatore. L'Adige | 25 Aprile 2020 p. 15 «Mi aspetto un'estate di altri tempi» Cognetti Lo scrittore prende posizione: «Assurdo il lockdown sui monti: lassù c'è senso di responsabilità» «Mi aspetto un'estate d'altri tempi, ci sembrerà di essere tornati indietro di qualche anno. Con meno stranieri, e tante famiglie, tanti bambini. E un maggiore utilizzo delle case. Sarà una montagna diversa, una montagna che verrà abitata, più che visitata. Questo, pur in una situazione di grandissima difficoltà, può essere una cosa bella. Questa, almeno, è la mia speranza». Paolo Cognetti, scrittore, cittadino e montanaro (più montanaro che cittadino, ormai), Premio Strega 2017 con il romanzo "Le otto montagne", sta vivendo l'isolamento da coronavirus nel cuore dell'emergenza pandemia, a Milano, dove vivono i suoi genitori. Non si è rifugiato in montagna, a Brusson, in Valle d'Aosta, dove pure trascorre buona parte dell'anno. Ma la montagna, anche nella sua casa di Milano, è sempre lì, sempre presente. Non è un caso se è stato fra i primi firmatari di una petizione per chiedere, in Valle d'Aosta, il ritorno all'aria aperta, adeguando le norme a un contesto che non può essere paragonato a quello dei centri urbani. Paolo Cognetti, perché ha firmato quella petizione? In Valle d'Aosta sento dei racconti terribili: non si può più fare niente, non si può fare l'orto, non si può fare legna, non si può raccogliere nulla. C'è una sorta di svolta autoritaria molto pesante: è assurdo che uno non possa andare a fare il suo orto, o a camminare in un bosco. A Milano, paradossalmente, questo peso non lo sento. Esco con il cane, un paio di volte al giorno, vicino a casa, ma la vita in città non mi sembra poi molto diversa. In città si lavora al chiuso, che sia a casa o in ufficio, il rapporto con il fuori è molto diverso. A Milano uscire di casa vuol dire, anche in tempi normali, prendere l'ora d'aria. In montagna è tutto diverso. Le misure restrittive siano calibrate per forza di cose sulle grandi città o comunque sui centri ad alta densità. Ma ha un senso il lockdown in montagna? Chiudere i sentieri? No, non ha nessun senso. Io abito in una delle valli più popolose della Valle d'Aosta, che sarebbe tranquillamente controllabile. Queste valli, spesso, hanno un'unica strada di accesso, sono facilmente presidiabili; la popolazione potrebbe essere tenuta sotto controllo in modo molto meno autoritario. In queste comunità di montagna si può contare su un forte senso di responsabilità condiviso. Sarebbe anche una prova di fiducia verso i cittadini, verso noi stessi. Sono proprio questi i momenti in cui fare leva su quel senso di responsabilità, e fare affidamento su di esso. In questo la montagna è molto diversa dalla città. Che montagna ritroveremo alla riapertura? Il grande problema sarà quello delle strutture ricettive. La nostra montagna vive di turismo, spesso con piccole strutture a conduzione famigliare. Saranno queste ultime a patire le maggiori difficoltà. Anche le norme e le regole di cui sentiamo parlare per una prossima riapertura sembrano misurate più sulle grandi realtà, sui grandi alberghi, e rischiano di essere devastanti sulle piccole strutture di montagna. Bisognerà riorganizzare una stagione turistica perché non sia un disastro completo. Come? Beh, la montagna si può impegnare, può ideare qualcosa di nuovo. Per esempio usare le tende all'esterno delle strutture. Il vicepresidente del Cai, Antonio Montani, ha detto che per tornare in montagna dovremo riabituarci alle tende e ai sacchi a pelo. Ecco, perché non raccogliere questa suggestione? Abbiamo tanto spazio aperto, proviamo ad usarlo. Le nostro norme sui campeggi sono molto restrittive: perché non aprire a questa possibilità? Si discute molto anche sulla riapertura dei rifugi. Se chiudono, sarebbe la prima volta dai tempi della guerra. Non so che cosa succederà a quelli di alta quota, ma quelli a mezza quota, che lavorano tanto con la cucina, devono riaprire e vanno aiutati a farlo. In Trentino c'è chi ha prefigurato lo scenario di un turismo più elitario, con numeri più contenuti ma qualità dei servizi più alta. E prezzi più alti, di conseguenza. Sarà, quello della montagna, un turismo per soli ricchi? È uno scenario inedito. Da noi, anche per la vicinanza con le grandi città come Milano e Torino, c'è sempre stato un turismo più
popolare. Certo entrambe le vie sono percorribili, ma sarebbe bello conservare un modo più frugale di vivere la montagna. Per questo mi aspetto un'estate un po' più da vecchi tempi, in cui ci sembrerà di essere tornati indietro di qualche anno. Mi aspetto di vedere meno stranieri e più famiglie, più bambini. Con un maggiore utilizzo delle case, rispetto alle altre strutture. In una situazione di grande sofferenza per il settore turistico, la montagna sarà forse abitata un po' di più, più che visitata dai turisti. Sarebbe molto belle vedere un maggior numero di persone che "abitano" questi luoghi. Un ritorno a quella che chiamavamo la villeggiatura? C'è un paesaggio, fatto di seconde case che restano chiuse e vuote gran parte dell'anno, vengono vissute giusto quelle due settimane in agosto. Invece adesso mi piacerebbe, e ci spero davvero, che grazie ad esempio allo smart working queste case diventassero un po' più vere, un po' più "case", tornando a una frequentazione più lunga della montagna. Un po' come succede nel suo romanzo, «Le otto montagne». Periodi così lunghi, intere estati, sarà difficile. Ma ci siamo fatti due mesi chiusi in casa, tanti hanno lavorato e lavorano da casa. Portando i servizi in montagna, potrebbe essere una buona idea. Ci sono moltissimi paesi pieni di case vuote: è una suggestione non so quanto realistica, ma sicuramente interessante. La frequentazione della montagna pone anche un'altra questione, quella della sicurezza. Lo scoppio della pandemia ci fa riflettere anche sulle priorità dell'assistenza sanitaria e del soccorso. Dobbiamo aspettarci che cambi qualcosa, su questo fronte? Quello che ormai viene considerato un diritto vero e proprio, il diritto di essere recuperati e soccorsi ovunque e in qualsiasi momento, in realtà è una cosa relativamente recente. Non è sempre stato così, prima c'era l'abitudine a cavarsela, a fare conto sulle proprie forze e sulle proprie risorse. Questa potrebbe essere l'occasione per recuperare un maggiore senso di responsabilità nell'andare in montagna. L'assistenza immediata non deve essere così scontata: è un lusso, ma sta anche diventando un grosso problema. A proposito del restare in casa, come è andata, e come sta andando, la sua "reclusione"? Personalmente ho sperimentato un bel po' di cose positive. Devo dire che le belle scoperte sono più delle rinunce. È stata ed è l'occasione per ragionare su cosa sia davvero importante per te. Non sto parlando di grandi temi, intendiamoci: sto parlando di come passi le tue giornate, di come arrivi a sera. Uscire mille volte al giorno, sempre pieni di impegni, sempre di corsa a riempire un vuoto che ci spaventa... forse abbiamo capito che così non va bene. Ho ragionato molto su questa frenesia. Ho pensato che è ora di stare attenti, di avere cura di se stessi, di non ammalarsi, di vivere con uno stile più sobrio e sano. Devi farlo, ho pensato, adesso che puoi permettertelo. All'inizio della pandemia, lei aveva detto di essere rimasto colpito dalla fragilità di persone che non sembrano in grado di affrontare la necessità di fermarsi, e rimanere, in un luogo, anche se quel luogo è la propria casa. È vero, ma quella sulla fragilità è una riflessione di qualche tempo fa. All'inizio tutti erano più paurosi di adesso. Dopo due mesi, mi pare che tutti abbiamo rivisto la propria scala di valori. È come se adesso non si avvertisse più quell'urgenza di superare l'impedimento che ci siamo trovati davanti. Questo, almeno, è quello che percepisco nella mia cerchia di amici e conoscenti. Avverte una differenza, tra città e campagna, nell'affrontare le restrizioni imposte dalla pandemia? Ho un amico montanaro che gestisce un B&B, e che ogni tanto mi dice: andrà a finire che lascio il B&B alle banche e torno a coltivare patate. Ecco, il montanaro sente che, in un modo o nell'altro, se la caverà. Sente di avere le risorse per farlo. Forse in città questa cosa manca. O forse, chissà, esiste un equivalente urbano. Lei da anni si divide tra città e montagna. Come è cambiato il suo rapporto con quest'ultima? Il mio modo di stare in montagna è cambiato, sta cambiando. Sta assumendo un significato più profondo. Brusson non è più solo un "buen retiro". Lo è stato per anni, ma adesso non è più così. Adesso è il luogo dove vedo il mio futuro, anche professionale: sto aprendo un posto, un ostello della gioventù, che sarà anche un luogo di produzione culturale, sulla scia del Festival ("Il richiamo della foresta", ndr). Direi che ho scelto il momento giusto...