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NOTIZIE DAL CLUB ALPINO ITALIANO
Faccio un esempio: vigeva la regola del portarsi il proprio sacco a pelo per pernottare, perché noi non abbiamo la lavanderia e dunque non siamo in grado di garantire l'igienizzazione delle coperte. Questo è stato un concetto molto difficile da far comprendere ai clienti. Per quanto mi riguarda lo ritengo un anno davvero complicato». Rifugio PedrottiAnaloghe difficoltà le ha rilevate anche Franco Nicolini, guida alpina e gestore del rifugio Pedrotti: «Le dico che abbiamo salvato la pelle, siamo sani, e questo non è poco. Siamo anche contenti, per carità. Grazie alla Sat e ai tavoli provinciali abbiamo aperto nonostante l'annata particolare. Però devo anche ammettere che la mancanza degli stranieri si è fatta molto sentire, e che a fronte di questo abbiamo avuto ondate di italiani fai-da-te che di montagna sanno davvero poco. Per fortuna quasi nessuno si è fatto male, e da parte nostra abbiamo cercato di insegnare anche qualcosa, però questo, in un contesto in cui abbiamo avuto un bel da fare tra restrizioni e sanificazioni, lo abbiamo avvertito parecchio. Cerchiamo di essere ottimisti per la prossima stagione».Rifugio Passo Principe Daniele Rosi, titolare del rifugio Passo Principe, sul Catinaccio, va subito al sodo: «Lavoriamo al 65% rispetto agli anni scorsi, certo poteva andare peggio rispetto alle previsioni iniziali ma non è andata bene. Questo nonostante ci sia stato un afflusso importante di italiani, che però non hanno chiuso i buchi lasciati dal turismo internazionale. Noi di solito abbiamo gente da tutto il mondo e quest'anno anche il turismo europeo è calato. Quello che ha penalizzato di più è stata la possibilità di ospitare meno gente a dormire. In una camerata da 9 posti, ad esempio, mi stavano dentro 6 persone al massimo. Abbiamo lavorato con meno dei 2/3 dei posti disponibili e questo ha influito. Poi confermo che abbiamo visto, rispetto agli altri anni, gente molto meno esperta, poco preparata rispetto all'ambiente della montagna e ci sono state situazioni anche pericolose che abbiamo fatto fatica a gestire. Da una parte il nostro lavoro ha acquisito importanza, perché abbiamo dato tanti consigli e fatto da punto di riferimento, dall'altra in un anno in cui c'erano già tante criticità è stato molto pesante. Tanti fanno fatica a capire che si deve partire la mattina presto e concludere la gita nel pomeriggio, tenendosi delle ore di sicurezza. Mai come quest'anno ho visto passare da qui, che siamo a 2.600 metri, gruppi di escursionisti anche alle 19.30 di sera, quindi con ancora almeno tre ore di cammino davanti».
Corriere delle Alpi | 19 Ottobre 2020
p. 15
In tanti arrivano al Dal Piaz in mezzo a nuvole e neve
Feltre Le nuvole che per tutta la domenica hanno sormontato le vette feltrine e la neve caduta lo scorso fine settimana non hanno fermato il popolo della montagna. Ieri, un lungo serpentone di escursionisti ha solcato il sentiero che da Croce d'Aune porta fino al rifugio Dal Piaz, dopo una salita di circa 950 metri. Tanti, come sempre, gli amanti della montagna del Feltrino che hanno lasciato l'auto a Croce d'Aune per avventurarsi nella salita verso il rifugio lungo il sentiero segnato dal Cai o la mulattiera dalle pendenze più dolci. Un'escursione quasi invernale, visto che nella parte conclusiva la neve ha reso un po' più problematica l'ascesa.Una volta arrivati a destinazione i più non si sono lasciati sfuggire l'occasione per gustare quella che è diventata un appuntamento irrinunciabile per tutti: la focaccia preparata da Mirco Gorza. –
L’Adige | 2 Ottobre 2020
p. 7
Sentieri da potenziare
È stato firmato dal Ministro beni e le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini, e dal presidente generale Club alpino italiano, Vincenzo Torti, il protocollo d'intesa per la valorizzazione del turismo montano sostenibile. Il protocollo rinnova l'accordo firmato il 30 ottobre 2015, centrato sulla potenziamento della rete sentieristica e dei rifugi montani. Il protocollo prevede una serie di azioni condivise tra il MiBact e il Cai per la promozione, in ambito nazionale e internazionale, dell'offerta turistica, nello specifico di quella montana, attraverso la valorizzazione dei percorsi escursionistici. «La nuova intesa con il Club Alpino Italiano metterà a disposizione molti strumenti innovativi agli escursionisti italiani e stranieri che scelgono le nostre montagne, favorendo un turismo pienamente consapevole, sostenibile e intelligente. Da antico iscritto al Cai, sono orgoglioso di aver firmato questo accordo, che continua a perseguire uno degli obiettivi principali del MiBact: la promozione del patrimonio diffuso del nostro Paese», così il ministro Dario Franceschini. Tra le altre cose il protocollo prevede il completamento entro il 2021 del Catasto nazionale dei Sentieri (Infomont) e l'uniformazione della segnaletica orizzontale e verticale in tutta Italia.
L’Adige | 2 Ottobre 2020
p. 7
Montagna: sudore e fatica
« M eno è meglio», «Muoversi solo con le proprie forze», «Vivacità senza fragore», «Sì agli stimoli ma senza frenesia», «Divertimento di qualità». Sono gli slogan che sintetizzano la visione del turismo montano propria della rete transfrontaliera di località alpine denominata «Villaggi degli alpinisti» (Bergsteigerdörfer). Se ne è parlato in occasione della due giorni organizzata dal Cai nell'ambito del Festival dello sviluppo sostenibile. i comuni di Val di Zoldo, Cibiana e Zoppé di Cadore sono stati infatti la prima area montana italiana a ricevere questo ambito riconoscimento. L'evento ha affrontato temi di stretta attualità per la montagna, dopo una stagione estiva che ha visto svariati casi di sovraffollamenti sui sentieri e nei rifugi e scarsa attenzione per l'ambiente naturale. «L'antropizzazione forzata e innaturale di questi spazi ne soffoca irrimediabilmente la vocazione», ha affermato la vicepresidente del Cai Lorella Franceschini. «Non va bene banalizzare la montagna per renderla alla portata di tutti, perché la montagna non sempre è per tutti: frequentarla vuole dire freddo e caldo, sudore e fatica, significa avere paura ed essere capaci di vincerla. Non possiamo fingere di ignorare che rifugi simili ad hotel d'alta quota, o piste da sci perfettamente piallate su finta neve, o vie ferrate che offrono emozioni adrenaliniche a basso costo nascondono una sottile e insidiosa mistificazione e rappresentano il primo scalino di una discesa verso una utilizzazione della montagna ludica e banalizzante».
Corriere delle Alpi | 28 Ottobre 2020
p. 22
Il Cai e i danni della tempesta «Gli effetti sono ancora qui»
Fabrizio Ruffini BELLUNO Il ricordo dei tanti volontari del Cai bellunese che in questi due anni hanno lavorato per ripristinare i sentieri sconvolti da Vaia fa parte di una storia tutt'altro che conclusa e che testimonia l'enorme amore di queste persone per la montagna. «A distanza di due anni non possiamo dire che gli effetti di Vaia siano terminati», spiega Giovanni Spessotto, responsabile della commissione sentieri del Cai Belluno e della rete regionale sentieri, «tutti noi abbiamo negli occhi i grandi schianti che ci sono stati più o meno ovunque, ma quella è stata solo una parte dei danni della tempesta e il territorio soffre ancora di queste ferite. Lo abbiamo visto lo scorso settembre, quando ancora una volta, piante indebolite dallo shock di due anni fa sono cadute a terra per fenomeni minori rispetto a quelli del 2018». Nelle settimane di maggior lavoro dopo la tempesta sono stati circa una quarantina i volontari impegnati contemporaneamente nel ripristino dei sentieri danneggiati; successivamente, a seconda degli interventi, si sono susseguite squadre «Vaia è stata veramente distruttiva per i nostri sentieri e i sentieri sono la spina dorsale del Cai. Se non si fosse intervenuti subito sarebbe stato difficile recuperare alcuni tracciati e pensiamo cosa questo avrebbe significato la scorsa estate, con l'aumento esponenziale di escursionisti registrato a causa del Covid sulle nostre montagne», continua Spessotto, «per questo dobbiamo ringraziare di cuore tutti coloro che si sono dati da fare per il ripristino dei sentieri: dai volontari del Cai di tutto il Veneto e non solo, a quelli di altri gruppi e associazioni e ai cacciatori». Una situazione che, negli ultimi due anni, ha messo i volontari del club di fronte a scenari nuovi: «Fino a quel momento eravamo abituati a interventi ordinari e di tutt'altra natura. Sì ci capitava di dover tagliare qualche pianta caduta su un sentiero, ma per lo più ci occupavamo di sistemare le ferrate, la segnaletica, o il sedime dei sentieri», aggiunge Spessotto, «Vaia, però, ha portato anche delle opportunità, stringendo i rapporti tra le varie realtà, gli enti e le comunità, permettendoci di ricevere contributi per acquistare nuovi materiali e soprattutto per migliorare la formazione dei nostri volontari. Sono cose molto importanti per chi va ad operare in montagna e in condizioni particolari». Non è solo Vaia, però ad aver modificato in modo radicale le tipologie di intervento degli uomini del Cai: «I cambiamenti climatici si vedono», aggiunge Spessotto, «una volta non sarebbe mai servito salire oltre i 1700 o i 1800 metri per sfalciare, ora l'erba cresce abbondante anche lì».Gli interventi del Cai in questi anni sono proseguiti instancabilmente, spesso in collaborazione con altre forze, come quelle del comando delle truppe alpine o dei carabinieri forestali. Proprio questi ultimi, all'epoca, avevano reso possibile l'intervento sulla teleferica del rifugio Settimo Alpini, colpita da una grossa pianta caduta al suolo: «È stato grazie all'elicottero dei forestali se siamo potuti arrivare in quota evitando i sentieri inagibili, è stato un enorme aiuto», racconta il presidente, Paolo Barp, «ero presente e quello è stato un intervento importante e portato a termine con perizia. Una volta sramata, infatti, la pianta si è sollevata pericolosamente, spinta dalla teleferica in tensione, per questo è importante avere volontari formati e competenti ed è grazie alla loro preparazione che non abbiamo mai registrato incidenti durante le migliaia di ore di intervento effettuate». –
L’Adige | 30 Ottobre 2020
p. 6
Vaia, sentieri Sat recuperati la tempesta Restano inagibili solo 193 dei 1.610 km andati distrutti
S ono trascorsi due anni da quando la tempesta Vaia ha distrutto o pesantemente danneggiato quasi 20 mila ettari di boschi in Trentino, coinvolgendo un numero impressionante di sentieri di cui la Sat, attraverso il lavoro di più di 1000 volontari, cura la manutenzione. La ferita inferta resta ancora viva e profonda per quanto riguarda gli aspetti paesaggistici ed idrogeologici dei territori colpiti, nonché per i danni economici patiti dall'economia boschiva ma, almeno per la rete sentieristica curata dalla Sat, il ripristino delle condizioni ante Vaia risulta quasi concluso. Oltre alla rimozione delle piante cadute e alla sistemazione del sedime danneggiato da cedimenti, frane, erosioni causate dai corsi d'acqua, asportazione di passerelle, ripristino di guadi, ecc., il lavoro più gravoso si è rivelato quello del ripristino dei tracciati ricadenti all'interno degli "schianti", cioè delle porzioni di territorio nelle quali le piante sono state totalmente divelte dalla tempesta. Infatti il doveroso intervento di recupero del legname abbattuto, eseguito da imprese boschive specializzate attraverso l'utilizzo di mastodontici macchinari, ha comportato in molti casi la cancellazione del sedime dei sentieri e la necessità di un loro nuovo tracciamento, una volta conclusi i lavori forestali. Particolare attenzione è stata riservata alla messa in sicurezza dei sassi posti a monte dei sentieri e resi instabili dalla fuoriuscita delle ceppaie dal terreno in conseguenza della caduta delle piante. In certi casi si è dovuti intervenire anche successivamente all'evento Vaia laddove, ad esempio, piante ancora in piedi ma indebolite per la mancanza di protezione rappresentata dall'assenza di piante vicine, cadevano sui sentieri anche per un semplice colpo di vento o per un modesto sovraccarico di neve. L'imponente lavoro di ripristino effettuato dai volontari della Sat, dai Parchi, dalla Magnifica Comunità di Fiemme e dal servizio occupazione e valorizzazione ambientale della Provincia autonoma è così riassunto: all'indomani della tempesta Vaia il numero dei sentieri in manutenzione alla Sat coinvolti e danneggiati dall'evento era pari a 300, per uno sviluppo di complessivi 1610 km (poco meno di 1/3 del totale sviluppo dei sentieri manutentati dalla Sat in Trentino, che è di circa 5.600 km). A oggi il numero dei sentieri ancora parzialmente o totalmente inagibili è pari a 69, per uno sviluppo di complessivi 193 km. Lo sforzo prodotto, nonostante il blocco delle uscite dei volontari imposte dalle autorità durante il lockdown, è stato notevole e il risultato deriva anche dalla consapevolezza della Sat sull'importanza della corretta e puntuale manutenzione dei tracciati alpini, senz'altro uno dei fiori all'occhiello dell'offerta turistica trentina. Le zone interessate da Vaia sono diventate idrogeologicamente più fragili e più bisognose di tutela e di attenzione e ciò vale anche per i sentieri in esse ricadenti. L'ente pubblico dovrà intervenire non solo attraverso aiuti economici per il rimborso delle spese vive sostenute dai volontari (spese vive, non remunerazione delle giornate di lavoro, ché il volontario offre la sua opera gratuitamente) e dall'intera organizzazione centrale della Sat ma, anche, per richiamare ad una maggior attenzione e impegno le Apt, cui spetta il compito di apporre i cartelli di divieto di transito delle bici - ovviamente laddove stabiliti - e chi deve farli rispettare. Il ripetuto passaggio di ciclisti lungo itinerari vietati, a maggior ragione se posti all'interno dei territori colpiti da Vaia, vanifica il lavoro di ripristino effettuato dai volontari ricreando e approfondendo i dissesti su un terreno ancora smosso per gli interventi di sistemazione recentemente conclusi.
Gazzettino | 30 Ottobre 2020
p. 34, edizione Belluno
Nessun lockdown in quota, il Cai avvisa: «Ecco le regole»
BELLUNO Gite in montagna, attività sportive in quota, rifugi: la montagna non è cancellata dal decreto del 24 ottobre. Certo è che bisogna accettare di stare dentro i nuovi binari. Lo afferma il Club alpino italiano, fornendo precisazioni. «Le limitazioni del provvedimento governativo non impediscono il protrarsi delle attività in montagna, sia pure a determinate condizioni», spiega. Le indicazioni sono arrivare a tutti i presidenti di sezione da parte del Cai centrale: «La raccomandazione di non spostarsi non è riferita alle attività motorie che vengono svolte all'aperto: il trekking, cioè l'escursionismo, infatti è richiamato nella circolare del Ministero dell'Interno del 27 ottobre 2020».
LE REGOLE
Di conseguenza le attività in montagna dei soci e delle Sezioni Cai si possono svolgere, certo tenendo fermo il rispetto dell'utilizzo dei dispositivi di protezione, del distanziamento e divieto di assembramento. Nemmeno i rifugi sono tenuti alla chiusura: le strutture ricettive possono protrarre l'attività, rispettando il distanziamento e le linee guida regionali relative all'accesso e alla somministrazione di cibi e ristorazione. In ballo, poi, ci sono le attività collegate alla stagione invernale: le indicazioni nazionali date dalla dirigenza del Club alpino