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NOTIZIE DAI COLLEGI DELLE GUIDE ALPINE E AMM

perseguirlo, ma attenzione», è la sollecitazione di Frigo, «anzitutto alla sicurezza. Le stanze panoramiche sono programmate per siti non sempre facilmente raggiungibili e, come certifica la casistica del soccorso alpino, non tutti sono preparati per camminare in alta montagna. E poi: saranno stanze aperte solo d'estate o anche d'inverno? Come la mettiamo con i servizi? ». È ovvio che non possono mancare tutte le autorizzazioni del caso. Già oggi per costruire un rifugio o una malga sopra i 1600 metri i vincoli sono severissimi. «Noi alpinisti considereremmo con maggiore disponibilità l'eventuale recupero e trasformazione di vecchi rifugi, magari inutilizzati, delle tante malghe abbandonati, di stavoli magari cadenti. Anche per bonificare un ambiente - non dimentichiamo che una parte consistente delle Dolomiti beneficiano della protezione Unesco - che presenta troppi ingombri, troppe brutture». Più preoccupata la prima considerazione degli ambientalisti. «Bene il risanamento degli ambienti abbandonati, ma nuove strutture, alle quote più alte, no grazie», mette le mani avanti Gigi Casanova, esponente di primo piano di Mountain Wilderness. «Tra l'altro, le stanze panoramiche sembrano destinate ad una clientela turistica di elevate disponibilità di spesa, quindi potrebbero risultare perfino discriminanti. Non sono affatto paragonabili ai bivacchi e alla sobrietà, alla essenzialità di questi presidi di sicurezza».La grande paura degli ambientalisti è che l'infrastrutturazione futura della stanza panoramica possa alla fine comportare un impatto ambientale troppo pericoloso, perfino di inquinamento. --fdm© RIPRODUZIONE RISERVATAfdm

Corriere delle Alpi | 19 ottobre 2022

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Turismo soft in una montagna libera: nasce il manifesto della Marmolada

Il documento Francesco Dal Mas «Il turismo si deve fermare quando diventa un fattore di stress per le popolazioni (umane e non umane) locali, e quando rappresenta una minaccia per la qualità della vita dei residenti e per la capacità di perpetuarsi dei servizi ecosistemici». È una delle grandi "lezioni" della Marmolada, con la tragedia di quattro mesi fa: 11 morti il 7 luglio 2022.Il ghiacciaio della Marmolada è ancor off limit; ad oggi non si sa neppure se si potrà sciare sulla pista più lunga d'Europa, 12 km, da punta Rocca a Malga Ciapela, persiste infatti l'ordinanza di chiusura del Comune di Canazei. Ma il Collegio regionale veneto Guide alpine, insieme al Cai e al Cnsas del Veneto hanno deciso di organizzare il 30 ottobre a Alleghe una manifestazione in ricordo delle vittime del crollo di un muro del ghiacciaio, in memoria delle quali presenteranno anche un "manifesto" che loro definiscono "etico", ma che in verità è anche politico e sociale.«Gli eventi del 3 luglio in Marmolada hanno scosso profondamente tutti noi, e la scomparsa di due colleghi in quelle circostanze è certamente un evento a cui nessuno di noi era preparato», anticipa il presidente delle Guide alpine del Veneto Marco Spazzini, che le pareti strapiombanti della Marmolada le conosce come le sue tasche. «Nei giorni successivi, quando il bilancio della tragedia stava diventando chiaro a tutti», spiega Spazzini, «è nato su iniziativa di Lucia Montefiori, il nostro segretario, un manifesto etico delle guide, figlio dell'esigenza di dare una cornice di senso alla catastrofe appena successa e della voglia di onorare così la memoria dei colleghi scomparsi». Un elenco di cinque principi a cui ispirare il lavoro delle guide e che, successivamente, è stato fatto proprio sia dal Soccorso alpino che dal Cai. Domenica 30 ottobre ad Alleghe, nella sala congressi A. Franceschi, a partire dalle 16.30 la sottoscrizione popolare. Interverranno Spazzini, il presidente del Cai Renato Frigo e il presidente del Cnsas Rodolfo Selenati, che venerdì a Belluno illustreranno l'iniziativa con maggiori dettagli. È infatti prevista anche una fiaccolata.Guide, soccorritori e alpinisti del Cai rivendicano anzitutto - ed è il primo punto del manifesto - il diritto universale alla frequentazione libera degli ambienti naturali. Una libertà che in taluni ambienti era stata messa in discussione dopo i morti del 3 luglio. «Chi decide di frequentare gli ambienti naturali, ne accetta i rischi e se ne assume la responsabilità: riconosciamo che nessuno può garantire la sicurezza totale in un ambiente incontrollabile e caratterizzato da rischi oggettivi, ma sappiamo anche che i rischi soggettivi possono essere ampiamenti mitigati dalla conoscenza del territorio, dall'acquisizione di competenze e dal sapere che viene dall'esperienza». Un passaggio importante, questo, perché siamo alla vigilia, fra l'altro, di probabili decisioni da parte della Magistratura di Trento, a seguito delle indagini sul drammatico evento. Il manifesto conferma, al secondo punto, il rifiuto di una visione politica della montagna ridotta a parco giochi, ma anche a infrastruttura di svago regolamentata. Magari con le bandierine a segnare le zone di rischio. E con le ordinanze a dire dove (non) si può salire. «È importante che si diffonda la consapevolezza del fatto che nessuno può avere il controllo di fattori stocastici: non i sindaci, non il soccorso alpino, non le guide. Gli ambienti naturali sono dinamici e in costante evoluzione: chi non è disposto ad assumersi la responsabilità, con consapevolezza, del contatto con la natura, deve fare autocritica e rinunciare alla frequentazione di questi ambienti».Chi va sulle terre alte non può che riconoscere, ovviamente - ed è il terzo punto del manifesto - i cambiamenti climatici come fattore di complessità crescente degli ambienti naturali. «Sappiamo che in questi ambienti in evoluzione sono sempre più frequenti episodi inediti ed estremi. Come guide ci impegniamo a continuare la nostra formazione sul tema e a fare opera di educazione e

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