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Aspetto sociale di una persona con difficoltà

Come interagisci con delle persone affette da difficoltà?

Interagisco con normalità guardando le abilità e le qualità di una persona, tralasciando la disabilità. Con il tempo e l‘esperienza ho imparato a vedere oltre all’apparenza e ho capito che dalle persone soggette da difficoltà si può imparare molto.

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Tutti i ragazzi con difficoltà vengono inclusi allo stesso modo?

La risposta dovrebbe essere sì, ma nella realtà che quotidianamente vivo non sempre è possibile; quella che può essere l’inclusione in una scuola superiore è molto differente rispetto all’inclusione che possiamo offrire in una scuola primaria, perché i bisogni e gli interessi possono diventare un ostacolo oggettivo. Il momento di maggiore inclusione è la mattina prima dell'inizio delle lezioni e durante le pause. La vera inclusione si trova in queste situazioni, in cui l'alunno può interagire con i compagni ed esprimere le proprie idee. La differenza tra un ragazzo con delle difficoltà e i suoi compagni di classe, è il bisogno di avere una persona adulta al suo fianco per ogni suo tipo di esigenza e difficoltà. Si può dire che l'inclusione dipende molto dal livello di disabilità di una persona. I ragazzi affetti da difficoltà più gravi rispetto ad altre, talvolta partecipano solo ad una parte di lezione per il bisogno di uscire, per avere più tranquillità. Bisogna trovare delle metodologie che possano funzionare per alcuni casi particolari, ad esempio trovando un oggetto di distrazione come una semplice corsa all’aperto. Nonostante segua un programma diverso, al ragazzo viene data comunque l’opportunità di partecipare alle lezioni assieme ai suoi compagni di classe. Il passaggio da medie a superiori è difficile dal punto di vista dell’integrazione, ma nonostante ciò i compagni riescono a comprendere immediatamente le sue difficoltà, e il metodo che può essere utilizzato per aiutarlo e interagire con lui.

I genitori come vivono questa situazione?

I genitori spesso hanno bisogno di essere ascoltati, di avere un appoggio e di non sentirsi soli. L’obiettivo comune è la felicità del proprio figlio. I genitori sono stanchi, perché a causa di questa situazione difficile sono messi alla prova ogni giorno. Per vivere situazioni di questo tipo bisogna essere forti e avere la capacità di mettersi sempre in discussione e in alcuni momenti risulta un vero e proprio lavoro. Tutto ciò richiede tempo e stimoli continui.

Perché hai scelto di fare questo lavoro?

Ho scelto di fare questo lavoro perché da sempre il mio desiderio è stato quello di lavorare con persone diversamente abili. È possibile ricevere molte più soddisfazioni rispetto a qualsiasi altro lavoro, perché si vede la vita in maniera diversa, arrivando a cambiare le nostre priorità. Ho iniziato lavorando in una casa di malati di AIDS. Vedevo il mondo in maniera diversa e pensavo di poter fare qualcosa di più per le persone ma a causa di esigenze personali e non potendo più fare turni di notte, ho dovuto lasciare questo lavoro definitivamente. Con il tempo i bisogni cambiano e con loro anche le volontà e le priorità della vita. Il lavoro che può essere in una scuola è diverso da quello delle case famiglia o enti di questo tipo.

Con che tipo di disabilità lavori o hai lavorato?

Negli ultimi anni ho lavorato principalmente con ragazzini affetti da autismo. Questa perdita del contatto con la realtà diventa una sfida continua con loro ma anche con noi stessi; è un continuo provare ad entrare in relazione con loro. Non esiste certezza che ciò che oggi funziona domani potrà funzionare ancora. Quando però riesci a raggiungere anche il più piccolo obiettivo, tutta la fatica viene ripagata.

Data dell’intervista: 25.04.2020 Modalità di realizzazione: videoconferenza Intervistatori: Zoe Costi, Michelle Nardelli Istituto: Liceo musicale e coreutico F. A. Bonporti Classe: 3 MB

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