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Editoriale
Esempi personali, per approdare alla Fotografia, e concludere con questa, come è doveroso per una rivista con la nostra testata di appello. Una quarantina di anni fa, in mia presenza, si svolse un dialogo tra un pastore sardo e un affermato e autorevole giornalista di origine sarda, ma trapiantato sul Continente da decadi, prima a Roma e poi a Milano. Il giornalista si rivolse al pastore in lingua sarda; consapevole della mia presenza e del mio essere milanese, il pastore rispose in italiano. Avanti, sempre in mia presenza, il dialogo è proseguito con identica alternanza. In tempi più recenti, qualche settimana fa, da un fruttivendolo qui vicino, gestito da egiziani, dove sono solito fare la spesa (anche questo!), un collaboratore del gestore è entrato in negozio parlando in arabo. È stato subito ammonito: «Quando ci sono clienti in negozio, si parla in italiano!». Tra il primo e il secondo episodio -e tanti altri coincidenti ce ne sarebbero- è trascorso un tempo estremamente lungo, ma la correttezza dei protagonisti è stata coincidente. Se si volesse ricavarne assoluti, fondendo assieme anche soltanto le due “casualità” appena richiamate, verrebbe da concludere che i più semplici e modesti (in identificazione “razzista” necessaria... forse) sono più educati di coloro i quali vantano proprie eccellenze personali, dipendenti dallo svolgimento di professioni di prestigio. Invece, non è necessariamente così, per quanto qualcosa di vero e autentico rappresenti un sottile filo in congiunzione. Senza soffermarci sulle singole personalità protagoniste e coinvolte, l’analisi rimane coerente: ci sono persone educate di proprio, e ci sono ineducati di proprio. L’educazione, che poi è morale ed etica, è innata in tutti noi, oppure è stata raggiunta da ognuno in somma di propria crescita individuale, ovvero evoluzione del proprio Pensiero. Con la Fotografia, ora (in una specifica di scrittura, con maiuscola consapevole e volontaria, che la distingue dall’esercizio e applicazione personali: da una parte, la Fotografia in quanto disciplina; dall’altra, le fotografie proprie e altrui). Elevando l’osservazione del nostro microcosmo a rappresentazione plausibile del macrocosmo della Vita, in Fotografia ci sono altrettanti educati e maleducati, il cui status non dipende da altro che da se stessi... per quanto talune mete professionali possano coltivare anche un retrogusto amaro di arroganza e impertinenza, a fronte di status che si considerano superiori, mentre -invece- sono soltanto diversi. Anche e ancora qui, ribadiamo: l’educazione e la cultura, entrambe estranee al nozionismo, ufficialmente a portata di ciascuno, sono valori che si possono soltanto formare, edificando su basi predisposte e preesistenti. A questo proposito, sempre con la Fotografia, non sono necessarie soltanto capacità specifiche, sia tecniche sia di Pensiero, che pure sono indispensabili, ma sono altrettanto fondamentali propensioni etiche e morali, che ognuno porta da sé e nutre anche con la propria Fotografia, alla quale restituisce immediatamente Valori e Profondità. Così che, in un processo continuo e inarrestabile di andata-e-ritorno e, ancora, andata-e-ritorno, con la stessa propria Fotografia, ciascuno può essere (diventare) sistematicamente migliore, come fotografo, e sono soprattutto fatti suoi... e come persona. E questi sono fatti nostri, che -a nostra volta- possiamo essere educati da morale ed etica altrui in continua crescita e distillazione. Maurizio Rebuzzini
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