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Vite fotografiche
Fresco di stampa, e di edizione, Fotografia. Volume 2: Vie Nuove 1971-1978 completa e conclude il percorso compiuto da Ando Gilardi dalle pagine del periodico specificato: Vie Nuove, settimanale illustrato di informazione controllato e pubblicato dall’allora Partito Comunista Italiano.
Al pari del precedente Fotografia. Volume 1: Vie Nuove 19641970, dello scorso 2020, anche qui, ancora qui, sono raccolte le rubriche settimanali di Fotografia -è ovvio- compilate dall’autorevole personaggio/personalità, che ha sempre affrontato la materia da punti di vista estremamente individuali. Tanto da indurre a specificare che «Scopo supremo di questa rubrica è di educare raccontando barzellette».
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Anche e ancora, nell’attuale Fotografia. Volume 2: Vie Nuove 1971-1978, che si propone come raccolta di testi che «In questa rubrichetta si parla [si è parlato] di immagini in generale e non solo di quelle fotografiche», la somma di argomenti apparentemente svincolati uno dall’altro, ma tutti coerenti con una intelligenza libera, ha prodotto infiniti totali: a ciascuno, i propri. Personalmente, riconosciamo a quelle rubriche la forza di averci educati verso la Curiosità, la Comprensione, il Ragionamento (e tanto altro), che hanno avviato un tragitto di Pensiero entro il quale ancora camminiamo.
In un certo senso e modo, è difficile -se non già impossibile, forse- rievocare oggi il clima di quei decenni, più lontani di quanto le date potrebbero far ipotizzare. Infatti, oggi non è facile districarsi tra coloro i quali si esprimono in Fotografia, impossibilitati a farlo da una quantità di voci che si assommano le une alle altre, senza offrire alcun totale plausibile. Come spesso rileviamo, e ancora rileveremo, oggigiorno tanti/troppi si occupano di Fotografia, senza aver alcunché da esprimere. Per altre discipline, occorre preparazione specifica; in Fotografia, non sono richieste qualifiche.
Al contrario, in quel passato remoto, si attingeva soprattutto a voci autorevoli e competenti. Tra le quali quella di Ando Gilardi cantava e suonava fuori dal coro, potendo vantare una personalità di visione e interpretazione fuori dal comune. Non certo per caso, il contenitore “comunista” vestiva a pennello.
Qui e ora, in declinazione di titolo al plurale, riprendiamo dal testo introduttivo del casellario, Vita fotografica, compilato con cadenza volontariamente individuale. mR
Storia ci cinquant’anni fa, circa. Ho avvicinato Ando Gilardi (1921-2012) in e per due occasioni successive, entrambe casuali; ma tutti sappiamo bene che -per quanto sia tale- il Caso è anche indirizzato e favorito dai comportamenti individuali. Nella primavera del Millenovecentosettantadue, in tempi di mia completa estraneità alla Fotografia, incappai in una copia di Photo 13, allora quindicinale, rivista di settore guidata e diretta dallo stesso Ando Gilardi insieme con Roberta Clerici, e compresi che la Fotografia poteva anche esigere riflessioni, osservazioni e commenti di spessore, che non si esaurivano nel solo riferimento originario, che pure li sollecitava. Immediatamente a seguire, una volta entrato nel vortice delle riviste di fotografia (ancora per Caso, oltre che per inganno), nel settembre dell’anno dopo, entrai a far parte della redazione di Photo 13, tornato alla più consueta cadenza mensile.
Giocoforza il contatto continuo con il co-direttore Ando Gilardi, fino allora conosciuto e apprezzato per i suoi testi. A parte tante e tante altre vicende, che ora e qui non hanno alcun diritto di ospitalità, nell’incontro diretto venni a conoscenza del suo appuntamento settimanale sulle pagine di Vie Nuove, settimanale che conoscevo dalla mia precedente militanza nel Partito Comunista, al quale la rivista faceva da cornice, ma che non mi sarei mai so-
Fotografia. Volume 1: Vie Nuove 19641970, raccolta anastatica delle rubriche scritte per il settimanale Vie Nuove; introduzioni di Patrizia Piccini (Allineato ma non troppo), Daniela Giordi (La fotografia per Ando Gilardi) e Michele Smargiassi (Sconsigli per tutti, laicamente); redazione e ricerca iconografica Patrizia Piccini; ottimizzazione immagini e reprint, ricerca bibliografica Elena Piccini; progettazione grafica e impaginazione Lavinia Piccini; ricerca bibliografica e indici Giuliano Grasso; Fototeca Gilardi Edizioni, 2020 (www.fototeca-gilardi. com); 290 pagine 23x32cm; 27,00 euro. gnato di leggere. Da cui, per riflesso volontario e consapevole, cominciai a frequentarne le pagine, limitandomi alla rubrica di Ando Gilardi: lo confesso.
Ora, a distanza di diverse ere geologiche, nel proprio insieme sconvolgenti e -perfino- catastrofiche e disastrose, non soltanto per il Pensiero fotografico, sono stato invitato a riflettere su quelle parole, scrivendone.
Non ho nulla da aggiungere a quanto pensavo in quella lontana epoca; non ho nulla da aggiungere a quanto ho già condiviso con Ando Gilardi, soprattutto nei due anni durante i quali abbiamo condiviso lo spazio dei rispettivi lavori, fino all’autunno Millenovecentottanta.
Come allora, ancora oggi sono convinto e persuaso che quell’appuntamento settimanale, rivolto a un pubblico ampio, diciamo generico, non addetto ai lavori, abbia svolto un ruolo fondamentale: quello di aprire la mente, come uno Stargate. Ovvero, quello di rivelare quante mille e mille sfaccettature possano indurre il pensiero individuale, anche solo partendo (o fingendo di farlo) dalla Fotografia, s-punto privilegiato di osservazione, non arido punto di arrivo.
Personalmente, se la testimonianza ha senso e valore, è soprattutto sul ritmo di quelle rubriche, mai prevedibili, che ho costruito il mio personale interesse per migliaia di trasversalità, che oggi definiscono sia il mio giornalismo (?), sia la mia didattica, quando e per
Fotografia. Volume 2: Vie Nuove 1971-1978, raccolta anastatica delle rubriche scritte per il settimanale Vie Nuove; introduzioni di Elena Piccini (Non più usa e getta) e Maurizio Rebuzzini (Vita fotografica); redazione e ricerca iconografica Patrizia Piccini; ottimizzazione immagini e reprint, ricerca bibliografica Elena Piccini; progettazione grafica e impaginazione Lavinia Piccini; ricerca bibliografica e indici Giuliano Grasso; Fototeca Gilardi Edizioni, 2021 (www.fototeca-gilardi.com); 290 pagine 23x32cm; 27,00 euro. ▶ Gli angoli di Rebuzzini, del 6 agosto 1975, a pagina 173.
quanto è richiesta. Del resto, in quegli anni Settanta del Novecento, io percorrevo la decade dai miei venti ai trent’anni. Lui, poco più che cinquantenne, mi appariva più che anziano (e, oggi, io ho superato alla grande quell’età): ma, allora, l’anzianità veniva considerata come qualità, fonte di esperienza.
In ulteriore confessione, debbo certificare che non sempre siamo stati d’accordo, Ando Gilardi ed io (Ando Gilardi, al quale mi sono sempre rivolto dandogli un rispettoso “lei”). Anzi, è vero l’esatto contrario: le divergenze di pensiero sono state certamente di quantità e in quantità superiore alle convergenze. Ma!
Ma, attenzione, non è mai mancato il rispetto per le opinioni. Del resto, in sincerità aggiuntiva, sono proprio le dissonanze e differenze che danno senso alla Vita. Al contrario, le conformità di idee sono noiose e tragiche: io stesso non riuscirei a scambiare parola con qualcuno che la pensasse esattamente come me. Sai che noia!
In questo senso, Ando Gilardi ed io abbiamo avuto opinioni diverse su ciò che è degno di Memoria. Però, entrambi siamo sempre stati convinti che se possiamo rubare un attimo al vento, magari con una fotografia, possiamo anche crearne uno tutto nostro, magari ancora con una fotografia. Da cui, la sua educazione, soprattutto dalle colonne di Vie Nuove, verso la Curiosità: qualsiasi questa sia, porta sempre ognuno di noi in territori splendenti, che rendono ricchi di valori che non si possono acquistare con i soli denari.
C’è un pensiero (concetto) che ho fatto mio, certamente mutuandolo dalle letture; del resto, rispondendo a una natura formata in parti uguali di cultura (?) e istinto, il vero luogo natio è quello dove per la prima volta si è posato lo sguardo consapevole su se stessi: la mia prima (e unica) patria sono stati i libri. Ancora, la parola scritta mi ha insegnato ad ascoltare le voci. La vita mi ha chiarito i libri: osservare, piuttosto che giudicare, fino al linguaggio fotografico, straordinaria combinazione di regole logiche e usi arbitrari.
Dunque: Ando Gilardi. Ogni vita umana, se dura abbastanza a lungo, alla fine ha un senso. Gli avvenimenti che riempiono un articolo, una conversazione... le faccende di scarsa importanza che fanno trascorrere il tempo, un istante dietro il precedente... alla fine hanno un senso. Vite fotografiche come la sua possono non avere senso per la gente comune.
Per me, invece, sì. ■ ■
PS. Un giorno lontano, notando la mia Leica M2 tutta scocciata di nero, Ando Gilardi me ne chiese motivo. «Per non sciuparla», affermai. «E se si sciupa?», continuò. «Diventa brutta», rilevai. «Beh, sarà bella così!», concluse. Ovviamente, tolsi il nastro adesivo di “protezione”.