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Marco Saielli Il Dragone al Primo maggio
MARCO SAIELLI
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A Prato, in Toscana, si incontrano due tradizioni profondamente radicate, ognuna delle quali si esprime autonomamente dall’altra: quella storica del pensiero libertario italiano e quella della consistente comunità cinese immigrata. In coincidenza di date, il Primo maggio, celebrativo della Festa dei lavoratori, di antica memoria, collima e si fonde, quasi, con il Capodanno cinese, festeggiato da una comunità in un certo modo già ferita, che non intende occuparsi di “sproloqui” politici. L’attento e talentuoso Marco Saielli fonde assieme questa coincidenza. Con un’azione fotografica intelligente, abbatte i confini apparenti, per comporre un tutt’uno di grande efficacia visiva: indirizzando verso la comprensione e il coinvolgimento
IL DRAGONE AL PRIMO MAGGIO
di Angelo Galantini
Da una parte ci sta la fotografia professionale, che risponde a propri canoni che combinano assieme il linguaggio e le esigenze implicite della comunicazione visiva, comunque si indirizzi e verso i rispettivi utenti individuati, dal giornalismo alla moda, al ritratto, alla pubblicità. E oltre.
In parallelo, senza alcuna area di congiunzione, si esprime la fotografia non professionale, svolta e frequentata da volonterosi autori, capaci di declinare infiniti idiomi, ognuno dei quali deve rispondere soltanto a propositi, disegni e scopi personali. È da questo grande mondo, prolifico tanto quanto può essere tutto ciò che nasce dall’anima e dall’amore senza mediazioni, che arrivano segnali e svolgimenti inattesi nella propria bellezza interiore (quella formale è solo necessaria, ma non sufficiente).
È qui, è con questi profondi propositi che si esprime il pistoiese Marco Saielli, che -come tanti altri fotografi non professionisti- individua argomenti, situazioni e vicende che af-
fronta con la libertà, dolce e avvolgente, che guida la sua declinazione. In questa sua Fotografia, ognuno può aggiungere alla propria esperienza (e coscienza!) nuove visioni, interpretazioni inattese e vicende umane che si svolgono / si sono svolte in tempi e luoghi non raggiungibili che con la fotografia d’amore: quella che stabilisce la grande differenza.
In questo senso, anche per Marco Saielli è obbligatorio ripetere la sequenza tra causa ed effetto che rovescia un terribile stereotipo: fa quello che è! E non è certo quello che fa... l’inversione temporale e ideologica è fondamentale.
Il suo intenso progetto Il Dragone al Primo maggio, svolto in almeno due tempi, in anni diversi, è esemplare. Anzitutto, è sintomatico di quanto di positivo e valido attribuiamo e certifichiamo a certa Fotografia non professionale, quella generosa, non certo quella autoreferenziale che si esaurisce nel solo svolgimento del compitino, così come è genericamente e banalmente accettato e apprezzato da coloro i quali sono privi di sentimenti.
In consecuzione diretta, con la declinazione di un lessico a lungo meditato, che si svolge sulla cadenza di esposizioni multiple volontarie, consapevoli e controllate, Marco Saielli accosta tra loro due momenti temporalmente e geograficamente coincidenti, tanto quanto sono emblematici di due culture che si esprimono in un unico territorio.
Siamo a Prato, ormai capoluogo di provincia (la più piccola italiana, sia per superficie sia per numero di comuni). Siamo a Prato, città di profonde radici politiche orientate come ognuno di noi dovrebbe sapere. Siamo a Prato, là dove è localizzata la più vasta comunità cinese del nostro paese.
Così che, in coincidenza di date, il Primo maggio, celebrativo della Festa dei lavoratori, di antica memoria, collima e si fonde, quasi, con il Capodanno cinese, festeggiato da una comunità in un certo modo già ferita, che non intende occuparsi di “sproloqui” politici. Però, da una parte e dall’altra, i festeggiamenti sono simili, per quanto ciascuno risponda a propri accompagnamenti di simboli, colori e richiami.
Là dove ogni celebrazione potrebbe esaurirsi nel proprio disordine apparente, con la propria abilità fotografica (dalla forma al contenuto, come si conviene), Marco Saielli mette ordine. La sua azione intelligente abbatte i confini apparenti, per comporre un tutt’uno di efficacia visiva: quella che indirizza l’osservatore verso la comprensione e il coinvolgimento.
In ulteriore ripetizione, qui più necessaria, da e con Edward Steichen (che non dovrebbe richiedere parole di presentazione): «Missione della Fotografia è spiegare l’Uomo all’Uomo, e ogni Uomo a se stesso».
Già... Missione. ■ ■
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