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Tempo e Tempi

Eccellente e coinvolgente film statunitense girato nel 1994, e arrivato nelle sale l’anno seguente (in Italia, il sedici novembre), Smoke è presto diventato uno dei cult della cinematografia internazionale: è incluso nell’autorevole casellario 1001 Movies You Must See Before You Die, a cura di Steven Jay Schneider, edizione più recente 2013 (in Italia, 1001 film da non perdere -titolo meno definitivo della traduzione legittima 1001 film da vedere

Il 25 dicembre 1990, l’autorevole quotidiano The New York Times pubblicò un racconto natalizio che aveva commissionato allo scrittore Paul Auster (1947), ai tempi già autore di sei romanzi. Il racconto di Natale di Auggie Wren si presenta scritto in forma narrativa da uno scrittore-testimone (non protagonista), che lo riferisce a un tabaccaio di Brooklyn, dell’area di Park Slope (dove Paul Auster vive da tempo), con

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prima di morire-, pubblicato da Atlante, nel 2006). Non si tratta di un racconto lineare, ma di situazioni concatenate che hanno come epicentro una affascinante tabaccheria di Brooklyn, all’angolo tra Prospect Park W e la 16th street (NY 11215), nella quale i clienti riflettono e filosofeggiano, a partire dall’elogio del fumo: «Una volta fumavo le sigarette Raleigh. In ogni pacchetto, c’era un buono regalo»; «Proprio lui. Beh, [sir Walter] Raleigh è quello che ha introdotto il tabacco in Inghilterra; e, poiché era un favorito della regina -la chiamava Bess-, a corte, il fumo diventò subito di moda. Sono sicuro che la vecchia Bess s’è fumata qualche sigaro con lui». La genesi della sceneggiatura e del “girato” di Smoke sono particolari e unici nel (pur vasto) panorama della narrazione visiva contemporanea. Prima di arrivare al riferimento esplicito e mirato alla Fotografia, che definisce uno dei nostri punti di vista privilegiati, magari s-punti di riflessione, vale la pena ricordarli.

l’hobby della fotografia: cominciamo ad avvicinarci [per precisione toponomastica, che non guasta mai, Park Slope è un quartiere a nord-ovest di Brooklyn, all’interno di una vasta area cittadina, un tempo nota come South Brooklyn: approssimativamente, è delimitato da Prospect Park e Prospect Park West, a est, la Fourth Avenue, a ovest, Flatbush Avenue, a nord, e Prospect Expressway, all’estremo sud]. Il regista statunitenAuggie Wren (Harvey Keitel) è un tabaccaio di Brooklyn con l’hobby della foto- se Wayne Wang, che grafia. Ogni mattina, alle otto in punto, fotografa l’angolo della propria tabac- aveva già firmato Slamcheria. Nel film Smoke, presenta allo scrittore Paul Benjamin (William Hurt) -suo dance (1987), Il delitto cliente- gli album nei quali ha raccolto quattordici anni di fotografie: «Sai com’è: di mezzanotte (1987) e domani e domani e domani, il tempo scorre a piccoli passi». Mangia una tazza di tè (1989), lesse il racconto

e chiese allo scrittore di trasformare l’idea in sceneggiatura cinematografica. Attorno al mondo della tabaccheria The Brooklyn Cigar Co, appena abbozzato nel racconto natalizio, fu costruita una vera e propria socialità newyorkese -meglio, brooklyniana-, che ha dato vita anche a un seguito, che va subito precisato, e presto liquidato.

Alla fine delle riprese di Smoke, la troupe si era tanto affezionata al set da fermarsi per un’altra sceneggiatura estemporanea, in una certa misura consequenziale. Si sono aggiunte partecipazioni volontarie -così si dice-, ed è nato Blue in the Face: dialoghi e monologhi riguardanti soprattutto Brooklyn, siparietti, interviste e giochi in libertà, ai quali hanno dato corpo, tra gli altri, il cantante Lou Reed, la pop star Madonna e gli attori Michael J. Fox e Lily Tomlin. Ma questa, come spesso si dice (sempre?), è un’altra storia.

Allungandosi dal Racconto di Natale, il cinematografico Smoke è l’avventura dell’amicizia tra uno scrittore in crisi di ispirazione (Paul Benjamin, interpretato da William Hurt) e un tabaccaio di Brooklyn con l’hobby della fotografia (sullo schermo, un fantastico Harvey Keitel, nella parte di Auggie Wren, che nella prima scena del film, dietro il banco, sfoglia proprio una rivista di fotografia). Già nel Racconto

fa capolino una macchina fotografica -nel film, una reflex Canon AE-1-, che alla resa dei conti occupa una posizione di prestigio nella sceneggiatura. Lo scrittore Paul Benja- In uno dei quadri di Smoke, min arriva in tabacche- Paul Benjamin arriva alla taria all’ora di chiusura. Sul baccheria The Brooklyn Cibanco, intravede reflex. Dialoga con una il tagar Co, attorno la quale ruota l’intera vicenda (e all’interno della quale si svolgono i dialobaccaio Auggie Wren, ghi del conseguente Blue in che lo invita a vedere le the Face), all’ora di chiusura, sue fotografie, nel pro- mentre Auggie Wren sta abprio appartamento. bassando la saracinesca. Insieme, rientrano nel locale, e Paul Benjamin intravede una macchina fotografica vicino al registratore di cassa (appunto la reflex Canon AE-1).

D I E T R O LE QUINTE?

Rispondendo a una natura guidata anche da discrezione riservatezza -intese e interpretate come doti-, al solito, anche per e con il film Smoke, abbiamo evitato di soffermarci su curiosità trasversali superflue, che spesso accompagnano altrui commenti alle sceneggiature e scenografie cinematografiche. Però, non le ignoriamo; soltanto, ci paiono sempre inutile esercizio di stile (stupido e infantile!). A riprova, due annotazioni, due soltanto, per gli intrecci di Smoke, tanto per dimostrare, rivelandolo, che per quanto conosciamo, siamo anche capaci di stare zitti, quando e per quanto occorra farlo.

Uno: in Smoke, nei panni di Rashid Cole, l’attore afroamericano Harold Perrineau interpreta un figlio che si riallaccia al padre, che non vedeva da oltre dieci anni. In incrocio (?), nella fortunata serie televisiva Lost, dal 2004, lo stesso attore interpreta Michael Dawson, un padre che si riavvicina al figlio, dopo (altrettanti) dieci anni di separazione.

Due; la storia del ragazzo che trova il corpo del padre congelato su una montagna, che il coprotagonista Paul Benjamin racconta in Smoke, è identica a quella che lo scrittore Paul Auster -per questo film, ispiratore e sceneggiatore- ha usato nella sua raccolta di tre novelle The New York Trilogy, della metà degli anni Ottanta (del Novecento).

Però, se due promemoria paiono pochi, ancora altri due brevi: oltre altre note autobiografiche disseminate lungo la sceneggiatura, l’identificazione “Paul Benjamin” è riferimento esplicito allo scrittore Paul Auster, all’anagrafe Paul Benjamin Auster; la sequenza del racconto della storia di Natale di Auggie Wren è ripresa ininterrotta di cinque minuti.

Da qui, aggiungiamo qualcosa alle considerazioni che abbiamo finalizzato alla componente “fotografica” della sceneggiatura (e anche della scenografia: reflex Canon AE-1). Non prima di un’ulteriore riproposta dai dialoghi, oltre gli estratti in appoggio al corpo centrale di questo stesso intervento redazionale.

Alla fine del racconto autobiografico, in genesi per il Racconto di Natale di Auggie Wren, da cui il cinematografico Smoke, Paul Benjamin è sbalordito e ammirato.

Paul: Amico, hai un vero talento. Per inventare una buona storia devi sapere come premere tutti i pulsanti giusti. Direi che eri lassù con tutti i maestri.

Auggie: Cosa intendi dire?

Paul: Voglio dire... ehm [ridacchia]. È una bella storia.

Auggie: Merda, se non puoi condividere i tuoi segreti con i tuoi amici, allora che tipo di amico sei?

Paul: Esatto. La vita non sarebbe degna di essere vissuta, vero?

Da qui, alla fotografia in scenografia. Nel film Smoke, il tabaccaio Auggie Wren scatta le proprie fotografie quotidiane, ogni mattina alle otto, con una Canon AE-1 fissata su un treppiedi sollevato fino all’altezza delle sue spalle, circa. Eppure, le stampe nei suoi album rivelano un punto di vista più alto; diciamo, all’altezza degli occhi o più alto ancora. Dal nostro osservatorio determinato e concreto, consideriamo l’allineamento del semaforo in primo piano, a sinistra, e dell’edificio sullo sfondo (l’angolo della tabaccheria The Brooklyn Cigar & Co), al centro della composizione/inquadratura, coerente da un’immagine all’altra. Ovviamente, la collocazione più bassa della Canon AE-1 è congeniale alle esigenze e necessità di raffigurazione cinematografica [allo stesso modo, ricordiamo anche e ancora qui che, a domanda, nel corso di una antica intervista che ci concesse, Guido Crepax rivelò di aver dotato la sua eroina Valentina / fotografa di una Rolleiflex, alternata a una analoga Polly-Max, altrettanto biottica... perché le lasciava libero il volto].

E basta. Quantomeno, dovrebbe/potrebbe bastare.

Autentico cult, Smoke, di Wayne Wang, del 1995, è un film che ha come epicentro una affascinante tabaccheria di Brooklyn (The Brooklyn Cigar Co), nella quale i clienti si incontrano amichevolmente: riflettono e filosofeggiano, a partire dall’elogio del fumo. Dai dialoghi.

Paul: Sembra che qualcuno abbia dimenticato una macchina fotografica.

Auggie [voltandosi]: Sì, io.

Paul: È tua?

Auggie: Sì, è un aggeggio che ho da un sacco di tempo.

Paul: Non sapevo che scattassi fotografie.

Auggie [porgendo i sigari a Paul]:

Penso che si possa chiamare un hobby. Non mi prende più di cinque minuti, ma lo pratico ogni giorno. Con la pioggia o col sole, con la neve o col vento. Un po’ come i postini... [pausa]

Qualche volta, ho l’impressione che l’hobby sia il mio vero lavoro e che il lavoro serva solo a pagarmi l’hobby.

Paul: Quindi, non sei soltanto uno che passa i giorni qui dentro a dare il resto.

Auggie: Questo è ciò che vede la gente, ma non è necessariamente ciò che io sono.

Paul [guardando Auggie con occhi nuovi]: Come hai cominciato?

Auggie: A far fotografie? [sorride] È una lunga storia. Ci vorrebbero almeno due o tre bicchieri per raccontarla.

Paul [annuendo]: Guarda un po’, un fotografo...

Auggie: Beh, non esageriamo. Scatto fotografie. Inquadro qualcosa nel mirino e schiaccio il pulsante. Non è il caso di menarla tanto con tutte quelle cazzate sull’arte.

Paul: Un giorno vorrei vedere le tue foto[grafie].

Auggie: Perché no... Dato che ho letto i tuoi libri, non vedo perché non dovrei mostrarti le mie foto[grafie]. [pausa; improvvisamente imbarazzato] Sarebbe un onore.

A questo punto, in dissolvenza di sceneggiatura, ci si sposta all’interno dell’appartamento di Auggie Wren, dove lo stesso Auggie e Paul (Benjamin) sono seduti al tavolo di cucina. Il piano è interamente occupato da grandi album di fotografie 13x18cm, probabilmente, con copertina nera. In tutto, sono quattordici; sulla costa di ciascuno, è indicata l’annata, dal 1977 al 1990.

L’album del 1987 è aperto davanti a Paul. Primo piano di una pagina dell’album con sei fotografie in bianconero dello stesso luogo (rispetto al racconto scritto, nell’inquadratura cinematografica, se ne vedono quattro): l’angolo tra la Terza Strada e la Settima Avenue (ancora, in esigenza scenografica), dove c’è la tabaccheria The Brooklyn Cigar Co, alle otto del mattino.

In prossimità dello spigolo in basso a sinistra di ogni stampa, c’è una piccola etichetta bianca con la data: all’americana, mese, giorno e anno. I giorni si susseguono, uno dopo l’altro, in rigorosa e inflessibile cadenza temporale, senza alcuna soluzione di continuità.

Il racconto di Natale di Auggie Wren, di Paul Auster, è stato pubblicato sul prestigioso quotidiano The New York Times, del 25 dicembre 1990. Da questo, ha preso ispirazione e contenuti il film Smoke, diretto dal regista Wayne Wang, del 1995, sceneggiato dallo stesso scrittore Paul Auster. All’interno dello svolgimento del film, pur spuntando a sorpresa verso la sua fine, il Racconto è inserito e visualizzato in narrazione cinematografica di Auggie Wren... tabaccaio a Brooklyn.

Nel 1995, la sceneggiatura di Smoke è stata pubblicata in Italia da Einaudi Editore, nella Collana I coralli, in un volume comprensivo anche della sceneggiatura dell’“allungo” Blue in the Face (dall’edizione originaria Smoke & Blue in the Face: two films; Miramax, 1995). Quindi, va segnalata anche l’edizione italiana (illustrata) dello stesso Racconto: è stata pubblicata in Italia da Federico Motta Editore, nella Collana Motta Junior, nel 1998; per l’occasione, Christmas story: il Natale di Auggie Wren.

Paul volta pagina, e appaiono altre sei fotografie analoghe a quelle della pagina precedente. Paul volta pagina di nuovo: stessa ripetizione. Un’altra pagina: stessa reiterazione.

Ancora dai dialoghi.

Paul [stupefatto]: Sono tutte uguali.

Auggie [sorridendo, fiero di sé]: Esatto. Più di quattromila foto[grafie] dello stesso posto: l’angolo tra la Terza

Strada e la Settima Avenue, alle otto in punto del mattino [per opportunità a noi estranee, ma certamente necessarie, il set cinematografico è stato allestito all’angolo tra Prospect

Park W e la 16th street]. Quattromila giorni, uno dopo l’altro, fotografati con ogni sorta di tempo [atmosferico].

[pausa] Ecco perché non posso prendermi una vacanza. Devo essere là ogni mattina. Ogni mattina, nello stesso posto, allo stesso momento.

Paul [sfogliando l’album e scuotendo ancora la testa]: Sono senza parole.

Auggie [sempre sorridendo]: Non capirai mai se non rallenti, mio caro.

Paul: Che vuoi dire?

Auggie: Che vai troppo in fretta. Quasi non le guardi, le fotografie.

Paul: Ma sono tutte uguali.

Auggie: Il posto è lo stesso, ma ogni foto[grafia] è diversa dall’altra. Ci sono mattine col sole e quelle con le nuvole, c’è la luce estiva e quella autunnale. Ci sono i giorni feriali e quelli festivi. C’è la gente con cappotto e stivali e la gente in calzoncini e maglietta. Qualche volta, la gente è la stessa; qualche volta, è diversa. E talvolta, la gente diversa diventa la stessa; mentre quella di prima scompare. La Terra gira intorno al sole e ogni giorno la luce del sole colpisce la Terra con un’inclinazione diversa.

Paul [sollevando gli occhi dall’album]: Rallentare, eh?

Auggie: Sì, questo è il mio consiglio.

Sai com’è: domani e domani e domani, il tempo scorre a piccoli passi.

Conclusione: allungo sul progetto fotografico sui murales dell’Emporio Armani svolto da Angelo Mereu: su questo stesso numero, da pagina ventisei.

Connessioni certe. ■ ■

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