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Editoriale

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Tempo e Tempi

Tempo e Tempi

Attorno a noi, tante persone. Attorno a noi, tante voci, spesso troppe; altrettanto spesso, molte sono sgradevoli, oltre che sgradite. Poche arrivano armoniose e competenti, sia della Fotografia, materia (disciplina? espressione?) in condivisione intenzionale, sia in assoluto. Scusateci, non è per colpa nostra, ma questa nostra Patria [Fotografia] non sappiamo cosa sia. Può darsi che ci stiamo sbagliando, e sia una bella idea; ma, temiamo che diventi una brutta poesia (da e con Giorgio Gaber e Sandro Luporini). In effetti, consapevoli che tutti noi italiani agiamo dalla periferia del mondo occidentale -noi compresi-, vorremmo poter scendere alla prossima fermata: del tram, dove c’è, del treno, più in generale. Non sopportiamo più molto: forse, sarà colpa (merito?) dell’anagrafe; altrettanto probabilmente, non siamo poi tanto lontani da una condizione e sensazione diffusa... quella di essere attorniati da autentici imbecilli... soprattutto qui da noi, in Fotografia (italiana). Da e con Enzo Jannacci (Come gli aeroplani, che -in una occasione di qualche tempo fa- utilizzammo per rivolgerci a un responsabile di una azienda fotografica di punta, che aveva anticipata la sua presenza a un nostro incontro pubblico [speech, nella società dello spettacolo]): Come fiori profumati / cui tocca d’inchinarsi a qualsiasi alito di vento / Come gatti isolani / che non conoscono tutti gli odori marci del continente / Come guide sfortunate / cui tocca di cadere per la scemenza / di un ricco incompetente / Come te che fai schifo e non lo sai / mentre inneschi il mercato globale / al posto dell’altruismo. Giusto per smentirci (evviva!), a volte -poche per il vero, ma buone-, anche la fotografia italiana arriva a offrire incontri confortanti, addirittura superlativi. Incontri di e con il Cuore; incontri con autori capaci di offrirsi senza risparmio; incontri che dischiudono porte del Cielo. Ekkoci qui, oggi, a registrarne più di uno, ma uno sopra tutti. Uno di grande valore e portata immensa, che ci ha riconciliato con il nostro d’intorno. Uno che non vale perché grande, ma -con percorso inverso- è grande perché vale. Da una parte, questo potrebbe comporre i tratti della proverbiale eccezione che confermerebbe la regola; d’altro canto, volente o nolente, facciamo tesoro di tanta benevolenza e traiamone gioia, prima che ispirazione e insegnamento e modello. Certo è che, sempre in dipendenza anagrafica, abbiamo anche avuto tempo e modo per selezionare le frequentazioni, ma non è mai facile incontrare ancora animi nobili, che guidano interpretazioni fotografiche altrettanto aristocratiche: dalla forma a tutti apparente al contenuto, da individuare e discernere. Lo sottolineiamo una volta ancora e una di più, sperando che non sia per l’ultima volta: magari, si può non arrivare a capire completamente la Fotografia, qualsiasi cosa questa significhi per ciascuno di noi, ma quello che conta è la sensazione di esserci arrivati. La commozione di aver compreso il suo ruolo nella Storia del Mondo. E, a conseguenza, il nostro ruolo... nel Mondo. Ovvero, senza alcuna contrattazione, né qualsivoglia accomodamento di sterile convenienza (in forma di connivenza deprecabile): non si può essere Fotografi -con Maiuscola-, se non si possiede animo gentile. Se non si ha Cuore.

In assenza del quale, quanto si può anche raggiungere, è inevitabilmente temporaneo ed effimero: come coloro che fanno schifo e non lo sanno. Punto. Maurizio Rebuzzini

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