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Che Pace sia
di Lello Piazza
È una vecchia domanda, che mi turba da almeno cinquant’anni, da quando la Fotografia è diventata per me non solo amore, ma anche lavoro. Perché molti importanti concorsi fotografici premiano quasi esclusivamente la fotocronaca di guerre e catastrofi, di crisi e delitti, di stragi e fame? Perché questi concorsi non premiano quasi mai la cronaca di ciò che di buono sono capaci, talvolta, gli Umani?
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La “vecchia” domanda, in doppia declinazione, è legata a una altrettanto vecchia storia in vicenda personale, per quanto professionale, annodata a una visione della Fotografia che mi ha reso culturalmente diverso e lontano da un’eminenza radical chic della Intelligenza della Fotografia Italiana (in acronimo, Iif). Sotto accusa è stata la fotografia di cui si occupava il periodico dal quale agivo, il mensile Airone. La presunta “eccellenza” ebbe a dire: «Non valete niente, siete come il National Geographic. Voi guardate il mondo indossando un paio di occhiali dalle lenti rosa».
Il Global Peace Photo Award 2021, del quale sto per riferire, assegnato a Vienna, il ventuno settembre scorso, Giornata Internazionale della Pace (da non confondere con la Giornata Mondiale della Pace, istituita da papa Paolo VI / Giovanni Battista Enrico Antonio Maria Montini, nel 1967, e celebrata il Primo gennaio di ogni anno), rappresenta una delle possibili risposte a quella lontana domanda. Ovviamente, il Global Peace Photo Award non critica, né prende le distanze dalla fotografia di reportage informativo che per natura ritrae la miseria del nostro mondo. Ma...
È un premio che incoraggia i fotografi, a cominciare dai professionisti, a rendere visibile ciò che può ispirare speranza: dagli sforzi privati per sostenere i rifugiati agli aiuti significativi, alla crescita; da immagini di felicità personale a esempi di spirito solidale; da un’entusiastica ribellione contro l’ingiustizia agli importanti progressi della medicina; dalla protezione ambientale a un progetto di successo di conservazione della natura; dalla ricostruzione di città in rovina alla lotta alla povertà. Insomma, il Global Peace Photo Award celebra la capacità degli esseri umani di interpretare il comandamento evangelico ama il prossimo tuo come te stesso.
In questo spirito, l’edizione 2021 ha eletto come Peace Image of the Year, scelta su un totale di oltre sedicimila opere ricevute (16.396, per precisione), una immagine della fotografa americana Maggie Shannon individuata nel suo progetto Extreme Pain, but Also Extreme Joy (dolore estremo, ma anche grandissima gioia), dedicato ai parti casalinghi negli Stati Uniti, motivati dalla pandemia Covid-19.
Global Peace Photo Award è attuale definizione dell’originario Alfred Fried Photography Award, lanciato nel 2013 e ispirato a Tobias Asser e Alfred Fried, congiuntamente Premi Nobel per la Pace, nel 1911. Tobias Michael Carel Asser (1838-1913), olandese, fu l’iniziatore delle Conferenze sul Diritto Privato Internazionale, la cui prima edizione ebbe luogo a L’Aia (Paesi Bassi), nel 1893. Alfred Hermann Fried (1864-1921), austroungarico (stiamo parlando degli anni che precedono la Prima guerra mondiale, quando l’Impero Asburgico non era ancora crollato), fu un giornalista, fondatore del Die Waffen nieder! (Deponete le armi!), nel 1899, successivamente denominato Die Friedens-Warte (L’orologio della pace), la più longeva pubblicazione in lingua tedesca in materia di pace.
Il premio Peace Image of the Year 2021 è stato assegnato alla statunitense Maggie Shannon, per il suo reportage sulle nascite in casa, a Los Angeles, durante il primo lockdown, nella primavera Duemilaventi. Gli ospedali sono inondati di pazienti Covid. Nei reparti maternità non sono ammessi i coniugi. Molte donne partoriscono in casa, con i padri. Sono nel panico. Le ostetriche ricevono chiamate di emergenza. In questa situazione, Margaret Shannon accompagna quattro di queste ostetriche. È impressionata dalla loro calma, risolutezza ed esperienza. È euforica per quei momenti, nei quali tutto il dolore e la paura sono stati superati, e la felicità privata cancella nelle menti e nei cuori la pandemia globale. Un padre che bacia il suo neonato è l’immagine-simbolo di una Pace profonda. E, ancora, è come un doveroso accenno al Black Lives Matter (movimento politico e sociale che protesta contro gli episodi di brutalità della polizia e tutte le violenze a sfondo razziale contro gli afroamericani), in un paese che, nel 2020, è ancora governato da un presidente specializzato in dissolutezza, capricci, disprezzo e calunnia.
Il Global Peace Photo Award è un premio dedicato alla fotografia della/di Pace. Non è un premio per la fotografia di evasione, di prati fioriti e tramonti, un premio per il sorriso più dolce, o un premio per gli “occhiali dalle lenti rosa”. È un premio che incoraggia i fotografi a rendere visibile ciò che può ispirare speranza. Il Global Peace Photo Award celebra la capacità degli esseri umani di interpretare il comandamento evangelico: ama il prossimo tuo come te stesso
FURIO COLOMBO AL POSITIVO
Dalle corrispondenze di Furio Colombo (1931) dagli Stati Uniti, di sua residenza (allora) e svolgimento professionale.
Da Panorama, del 3 gennaio 1988. La storia di Eugene Lang, sessantotto anni, imprenditore, proclamato “americano dell’anno” dalla rete televisiva statunitense ABC News. Cosa fa Eugene Lang, che era solito lamentarsi della pessima qualità delle persone che la sua azienda si trovava costretta ad assumere? Durante la visita a una High School di Harlem (New York), fa una promessa ai giovani che incontra, “che non sono più capaci di sorridere, che sono ormai più delinquenti che studenti”. A tutti coloro che sono disposti a firmare con lui l’impegno a studiare ed essere promossi, invece che abbandonare la scuola, avrebbe pagato di tasca propria tutte le spese degli studi universitari.
Perché Eugene Lang fa questo? Perché, visitando la scuola, si convince di aver capito che quello che rovina i ragazzi è l’impossibilità di avere/ipotizzare/sognare un futuro migliore. È questa disperazione per il futuro che li conduce verso la delinquenza e l’associazione in gang violente. La promessa, che risale al 1982, ha successo: la delinquenza scompare dalla scuola, e i ragazzi tornano a sorridere. Per questo, cinque anni dopo, Eugene Lang viene premiato.
Qualche fotogiornalista avrà pensato a realizzare un servizio fotografico su quella scuola?
Da Panorama, del 27 novembre 1988. Lois Bostic, una giovane insegnante alle prime esperienze professionali in una scuola media inferiore di Gould, in Arkansas, apostrofa i suoi studenti, per la maggior parte afroamericani, che non tenevano la disciplina: «Negracci, ecco cosa siete, negracci. Siete nati stupidi e volete rimanere stupidi». Denunciata alle autorità scolastiche, viene licenziata. Ma -colpo di scena-, i suoi stessi studenti, che la vedono uscire in lacrime dalla scuola, si riuniscono in assemblea e votano di perdonarla. Con motivazioni: uno, ognuno ha diritto a una seconda prova; due, bisogna aiutare il prossimo a imparare a far meglio il proprio lavoro; tre, se l’insegnante va via ora, rimarrà per sempre con il suo pregiudizio sui ragazzi (negracci).
Da Panorama, del 22 maggio 1988. Il giamaicano Arjune denuncia alcuni mafiosi che spacciano droga davanti alla sua casa, nella periferia di New York. La mafia gli brucia la casa, ammazza il poliziotto che gli era stato dato come guardia del corpo, ma lui non demorde. Dopo averlo visto in un’intervista televisiva, il Daily News lo nomina “il nostro eroe americano” dell’anno.
Da Panorama, del 6 dicembre 1987. La storia di Augusto Odone e di sua moglie, due “non medici” che scoprono un rimedio in grado di prevenire e arrestare una malattia genetica del figlio Lorenzo. Tutti ormai sanno come è andata, ma ci sono voluti cinque anni e un film: Lorenzo’s Oil (in Italia, L’olio di Lorenzo), del 1992, di George Miller, con Nick Nolte e Susan Sarandon. Praticamente, le news non si sono occupate della vicenda, anche in Italia.
Da L’Espresso, del 7 maggio 1989 (sulle cui pagine, Furio Colombo ha trasferito la collaborazione, con la rubrica Milleameriche). Almeno una volta al giorno, scrive Furio Colombo, nei notiziari televisivi e radiofonici americani, c’è una notizia di medicina che riguarda le grandi malattie del secolo, con preferenza per quelle catastrofiche. Questo lascia “disorientati e spaventati” gli spettatori e ascoltatori.
È lecito chiedersi: ma è forse questo che, se pur inconsciamente, si vuole? Abbandonare gli spettatori “disorientati e spaventati”? È questo che, involontariamente, gli operatori della comunicazione stanno facendo? E non mi riferisco soltanto all’informazione evidentemente, ma anche ai programmi di violenza, che quasi tutte le televisioni trasmettono quotidianamente sui/dai propri canali.
Se è difficile credere che ci sia sotto un progetto culturale perverso, siamo almeno autorizzati a pensare che possa essere la pigrizia a dettare i contenuti della comunicazione, dal momento che è facile ottenere pubblico se si cucinano le “Tre maledette S” / sangue, sesso, soldi?
L’Alfred Fried Photography Award ha celebrato tutti i tipi di pacifismo e disarmo. Lo ha fatto onorando immagini che raccontano successi piuttosto che fallimenti, che celebrano l’empatia piuttosto che l’odio, che indicano momenti degni di essere preservati piuttosto che distrutti, immagini di incoraggiamento piuttosto che di agonia, e che inneggiano al diritto degli Uomini alla Bellezza. Siccome la lingua batte dove il dente duole, inneggiare al diritto Umano e alla Bellezza è un po’ quello che ha realizzato il mensile Airone, soprattutto (soltanto?) nei suoi primi quindici anni di vita. Non lenti rosa.
Se vogliamo declinare in un altro modo i temi del Global Peace Photo Award, potremmo definirli temi della buona notizia. Anche se forse antropologicamente motivata, sappiamo quanto devastante sia il princìpio giornalistico delle “Tre S”: Sangue, Sesso, Soldi.
Sebbene non sia certa l’origine di questa “regola aurea” (qualcuno la attribuisce a Axel Springer, famoso giornalista tedesco, fondatore del gruppo Axel Springer SE, il più importante editore multimediale in Europa, con testate come Bild, e Die Welt), è ampiamente citata da coloro i quali si occupano di informazione in Italia, ed è persino diventata il titolo di un libro di Giampaolo Pansa: appunto, Sangue, sesso, soldi (Una controstoria d’Italia dal 1946 a oggi). Come rilevano Roberto Basso e Dino Pesole, nell’ottima riflessione L’economia percepita. Dati, comunicazione e consenso nell’era digitale, «La formula anglosassone “if it bleeds, it leads” (se c’è sangue, si vende) è antica: e fin dagli albori dei giornali, nel Sedicesimo secolo, gli editori hanno dato grande spazio alla Cronaca Nera».
Come anticipato, quella della buona notizia, della notizia positiva, rappresenta un tema che mi sta a cuore da anni. Tra le altre realtà con cui sono entrato in contatto negli anni Novanta, cito Friendly, una pubblicazione curata da una delle più note sociologhe italiane, Laura Balbo (1933), due volte parlamentare, nella Nona Legislatura, dal 1983, come indipendente, eletta nelle liste del Partito Comunista Italiano; nella Decima Legislatura, dal 1987, in quelle della Sinistra Indipendente; dal 1998 al 2000 ministro per le Pari Opportunità nel Governo D’Alema. «Quando abbiamo utilizzato “Friendly” come titolo del nostro Almanacco della Società Italiana -mi ha detto Laura Balbo, l’altro giorno, al telefono - era un termine del tutto inconsueto. L’espe-
La migliore immagine della Pace nella categoria giovani, Children’s Peace Image of the Year 2021, è di Aadhyaa Aravind Shankar, sette anni: sua madre che riposa nel grembo della propria madre che sta leggendo. Una situazione che ispira sicurezza e Pace.
(centro pagina) Per il suo progetto One and a Half Acres (un acro e mezzo), lo statunitense Nate Hofer è uno dei premiati. Le sue fotografie sono realizzate con un drone. Nelle immagini, si individuano aree rettangolari di paesaggio del Midwest americano. Sembrano (e sono) un terreno agricolo, un deposito per auto rottamate, la piazza di una chiesa, un bosco, eccetera. Ma, sotto di loro, si nasconde quello che un tempo avrebbe potuto provocare la morte di milioni di persone: quattrocentocinquanta piattaforme di lancio per missili balistici intercontinentali, puntati sull’Unione Sovietica, costruite dal 1962 in poi, e oggi dismesse.
Alla fotografa di origine russa Snezhana von Büdingen, che vive in Germania, è andato il quinto riconoscimento, per il suo lavoro Meeting Sofie (incontro con Sofia). La fotografa ha incontrato Sofie, allora diciottenne, nell’autunno 2017, nella sua casa all’interno di una tenuta del Sedicesimo secolo, nel villaggio di Eilenstedt, nella regione della Sassonia-Anhalt. Un giardino da favola, una casa piena di oggetti d’antiquariato e quadri antichi. Quella che la fotografa ritrae è una situazione d’altri tempi, sognante, armoniosa, piena di Pace.
Derrick Ofosu Boateng, dal Ghana, è stato premiato per il suo lavoro Peace and Strength (pace e forza). Il fotografo ama l’Africa, e vuole celebrare con enfasi la forza degli africani e la loro poesia. Fotografa con smartphone: «semplicemente semplice», come annota e afferma. Applica il colore generosamente. Vuole la Bellezza. Celebra il Gioco. E, per non dimenticare che al di là del Sud Sudan, di Boko Haram, in Nigeria, della guerra in Yemen e della corruzione in Tanzania, c’è ancora un’Africa la cui gente sogna esattamente ciò che sogniamo in Occidente: la grande libertà di essere spensierati e vivere in armonia.
(pagina accanto) Altra premiata è l’afghana Shabana Zahir, per la serie Our Journey (Il nostro viaggio): progetto fotografico realizzato nel campo profughi greco di Diavata, vicino a Salonicco, dove vive, rinchiusa. Tradotto dal farsi (lingua persiana), il suo cognome significa: appartenente alla notte. La sua fuga dal paese natio è iniziata proprio di notte, in Afghanistan, ed è proseguita in Iraq, per arrivare in Turchia, dove ha lavorato come cameriera in un ristorante. Poi, su una piccola barca, è fuggita in Grecia, da dove spera di raggiungere l’Europa occidentale attraverso la rotta balcanica. Finora, speranza vana. Nel suo campo profughi, l’Ong italiana Una mano per un Sorriso (www. unamanoperunsorriso. org) ha iniziato Shabana Zahir alla Fotografia. A un nuovo modo di esprimersi. Ad esprimersi per immagini. rienza Friendly è durata tre anni soltanto, dal 1993 al 1995. Ciò che ci si proponeva, e penso sia adeguato ripensarci anche oggi, era descrivere un’Italia almeno un poco “amichevole”, nella quale potessero prevalere modi di fare civili, ambienti piacevoli, cose che funzionano. Insomma, dove ciò che facciamo viene preso in considerazione come sensato, o magari intrigante». Ovvero, un approccio “di Pace” alla vita e alla cronaca giornalistica. Il tema mi sta talmente a cuore, che -decenni fa- ne parlai a Grazia Neri, allora titolare di una Agenzia fotogiornalistica di spicco. Insieme, nel 1994, inviammo una proposta a Marloes Krijnen, allora direttore (direttrice) del World Press Photo. A seguire, riporto alcuni brani tratti da quella proposta. Lei non la capì la proposta. Fu come parlare della Bellezza e della importanza della fotografia naturalistica al(la) radical chic italiano(a) che ho evocato in avvio. Per Marloes Krijnen, sono state più rilevanti le “Tre S”, alle quali si sarebbe potuto aggiungere la “G” di guerra, la “D” di disperazione e la “M” di morte. Non è colpa sua... casomai, è responsabilità del conformismo.
La nostra proposta fu anche sollecitata da articoli di Furio Colombo, uno dei più bravi giornalisti italiani, a quel tempo Decano della comunità della stampa italiana di New York, docente di giornalismo alla Columbia University. Nel 1988, sotto l’occhiello America, curava una pagina settimanale, spesso dedicata alla buona notizia, una notizia per la Pace, su Panorama (allora, il più venduto newsmagazine italiano; allora, lontano dai condizionamenti dell’edizione attuale).
Nella nostra proposta, la nuova categoria del World Press Photo si sarebbe dovuta intitolare, appunto, Friendly, e avrebbe dovuto «Stimolare / sollecitare i fotografi a realizzare -cito letteralmente- non solo storie come quelle a cui siamo abituati, dove regnano, come draghi malefici, la morte e la disperazione. Noi
vorremmo vedere raccontate anche vicende che sono più frequenti di quanto non si pensi, situazioni di coraggiosa e onesta vita quotidiana, dove emerga l’aspirazione diffusa a migliorare la qualità della vita attraverso la propria educazione, la propria cultura, il proprio impegno civile e la solidarietà verso gli altri.
«Vorremmo invitare i fotografi a partire alla ricerca di un mondo nascosto e trascurato, sicuramente difficile da interpretare in modo stimolante, anche perché la società di oggi sembra aver perso la capacità di “capire” il linguaggio delle buone azioni.
«Insomma, vorremmo vedere storie che:
Uno) Ricordino al pubblico che qualche volta vincono i buoni;
Due) Alimentino l’ottimismo;
Tre) Contribuiscano a ricreare nell’immaginario collettivo il mito dell’eroe positivo, quand’anche ci si limitasse alle piccole, apparentemente insignificanti, ma considerevoli, vicende della vita quotidiana;
Quattro) promuovano nel pubblico il motto di Seneca: “c’è un solo dovere: essere felici; c’è una sola virtù: la giustizia”.
«Lo scopo della categoria è quello di divulgare buone notizie».
Grazia Neri ed io non stavamo evidentemente suggerendo di indossare un paio di occhiali con spesse lenti rosa, attraverso le quali esplorare la realtà, ma volevamo sottolineare l’importanza di andare a scovare storie che non lasciassero il pubblico “disorientato e spaventato,” ma -al contrario- “padrone di sé e pieno di coraggio”. Non fummo ispirati solo da Furio Colombo, già richiamato, ma anche da un suggerimento sarcastico dello scrittore Isaac Bashevis Singer, che ha consigliato di non accendere la radio al mattino, appena svegli, per impedire all’inferno quotidiano di entrare sin dalla prime ore nelle nostre case.
Insomma, le stesse motivazioni del Global Peace Photo Award.
Venticinque anni prima. ■ ■
Il Global Peace Photo Award è organizzato da Edition Lammerhuber, vivace casa editrice di proprietà di Louis Lammerhuber e di sua moglie Silvia, in collaborazione con Photographische Gesellschaft (la società fotografica più antica della Germania), l’Unesco, il Parlamento austriaco, l’Austrian Parliamentary Reporting Association, l’International Press Institute (rete globale di editori e giornalisti che condividono una dedizione comune al giornalismo indipendente e di qualità), il German Youth Photography Award e la World Press Photo Foundation.