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In principio
In altra parte della rivista, su questo stesso numero, in presentazione di portfolio d’autore -Gian Paolo Barbieri: Madagascar... ancora-, si accenna all’origine della nostra frequentazione; diciamo, della nostra sincera amicizia (oltre e indipendentemente da altre urgenze condivise). Il Ricordo è tornato a giorni dell’estate 1978, quando fummo incaricati di seguire e assistere i fotografi italiani coinvolti nel progetto di autoritratti in polaroid per un’edizione dell’autorevole periodico svizzero Camera, allora diretto da Allan Porter, alla guida dal gennaio 1966, dopo gli anni di Roméo Martinez: due riferimenti che stabiliscono il valore della prestigiosa testata.
In occasione della Photokina 1978, in tempi di proprio splendore senza compromessi, fu pubblicata la monografia predisposta, alla cui somma di autoritratti di prestigio fecero corte racconti e considerazioni sulla fotografia polaroid in toto e in percorso storico. Al solito, in tre edizioni autonome: in tedesco, francese e inglese... in questo ordine [conservate, custodite e protette nella WunderKammer MaurizioAngeloRebuzzini (Gabinetto delle Curiosità / Gabinetto delle Meraviglie)].
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Per l’occasione, quattro fotografi italiani (tre più uno): Gian Paolo Barbieri, Pepi Merisio, Oliviero Toscani e Will McBride, statunitense, oggi celebrato soprattutto per la sua avvincente monografia Siddharta, del 1982, allora basato in Italia, e per questo conteggiato nel progetto.
Passo passo: Pepi Merisio, mancato lo scorso febbraio 2021, a novant’anni, agì da solo, a Bergamo Alta, di sua residenza, con il filmpack Polaroid 665, bianconero con negativo recuperabile per stampa tradizionale all’ingranditore (di allora!); in inquadratura orizzontale, autoritratto con tempo di otturazione lungo, lui
fermo/congelato sulla strada, occhi all’obiettivo, con figure mosse a contorno... bambini che vanno a scuola, oppure ne ritornano. Dipende. L’assistenza a Oliviero Toscani si risolse con il solo prestito della sviluppatrice Polaroid 8x10 pollici, per l’autoritratto che realizzò nella sala di posa della sorella Marirosa (moglie di Aldo Ballo, in denominazione di mestiere Ballo + Ballo): salto su fondale, con tra le mani peretta di scatto a distanza e T-shirt con bersaglio. Anche Will McBride e Gian Paolo Barbieri, al pari di Oliviero Toscani, optarono per il Polacolor 808 / 8x0 pollici (20,4x25,4cm) di attualità tecnico-commerciale (allora, nel 1978). Con Will McBride (1931-2015), si procedette nello studio milanese di Tani Capa (GaetaPolaroid Collection no Capacchione), in via Bianca di Savoia (indirizzo leggendario, per anagrafe: sede originaria di Mondadori Editore, fu anche sede del Club di Topolino). Anzi, per il vero, in un angolo del cortile interno, dove il fotografo statunitense posò con tra le mani una sua monografia: pomeriggio da incubo. Molto più consistente, fu l’incontro con Gian Paolo Barbieri, la cui sessione di assistenza consistette nell’uso del grande formato 8x10 pollici / 20,4x25,4cm, nello specifico Toyo Field 810, folding a base ribaltabile, e per le fasi di laminazione e
Autoritratto di Gian Paolo Barbieri per l’edizione monografica di Camera, del settembre sviluppo della polaroid 1978, riservata a fotografie polaroid (in tre pubblicazioni: tedesco, francese e inglese). a colori. Il progetto di Opera che fa parte della Polaroid Collection, di Waltham, in Massachusetts, diretta autoritratto prevededalla competente Barbara Hitchcock, della quale (Collezione) si sono perse le tracce; va una raffigurazione per questo, inclusa nella selezione The Polaroid Book, di Taschen Verlag: edizione di Gian Paolo Barbieri più recente, 2017 (collana Bibliotheca Universalis; 472 pagine 14x19,5xm; 16,00 euro). che sostiene un cielo rosso... e altro ancora.
Rieccoci al giugno Settantotto, quando fummo ingaggiati per assistere Gian Paolo Barbieri nella realizzazione del suo autoritratto in polaroid, per il numero di settembre di Camera. La nostra partecipazione fu soltanto passiva e infrastrutturale; la progettualità e realizzazione sono ciò che hanno poi certificato di essere: per l’appunto, autoritratto. A dire il vero, ancora in Ricordo dal passato, torniamo a una vicenda analoga, in ritratto a sviluppo immediato, del gennaio Ottantacinque. In quest’altra occasione, l’assistenza tecnica per le fasi operative dell’esposizione e sviluppo di Polacolor 808 fu stoltamente intesa alla lettera dal fotografo: dovemmo scattare con le spalle al soggetto, per non interferire con l’autorità dell’autore; anzi, dell’improvvisata autrice. A differenza, l’intelligenza di Gian Paolo Barbieri e la sua consapevolezza dell’azione fotografica non furono minimamente scalfite dall’inevitabile cadenza tecnica, che non avrebbe potuto intaccare la paternità inviolabile del suo autoritratto... per l’appunto. Così che, visualizzazione delle fasi di realizzazione e altre due versioni dalla sessione fotografica in polaroid colore 8x10 pollici, ulteriori a quella ufficiale, su Camera, del settembre 1978, e in Polaroid Collection.
Gian Paolo Barbieri è un autorevole fotografo che ha inciso sul linguaggio visivo del secondo Novecento: nel 1968, l’accreditato settimanale tedesco Stern (mica bazzecole) lo ha considerato nel ristretto novero dei quattordici migliori fotografi di moda al mondo; quindi, Lucie Award 2018 come Miglior Fotografo di Moda Internazionale.
È conosciuto e riconosciuto per l’eleganza e raffinatezza di una visione che ha seguìto l’evoluzione sociale dei tempi: dalle iniziali frequentazioni del cinema, tra la fine dei Cinquanta e l’inizio dei Sessanta, alla collaborazione con Vogue Italia, cominciata nel 1965 [sua la copertina del primo numero, del novembre 1965], alle campagne per Armani, Elizabeth Arden, Ferré, Lancetti, Saint Laurent, Valentino, Versace, e altro ancora.
Dalla sua nota introduttiva alla monografia Madagascar: «Dal giugno all’agosto 1994, ho percorso il Madagascar in tutti i sensi, fermandomi in strade, villaggi, mercati alla ricerca di soggetti da fotografare.
«Ho lavorato in tutte le condizioni di luce, perché la natura del luogo e i ritmi non mi permettevano attese. Ho pensato il libro in termini del simbolico colore chiamato nero. Per me il bianconero è termine astratto, vi sono trasportati tutti i valori.
«Attraverso la vita malgascia, ho cercato di cogliere il momento decisivo, sia storico sia emozionale e di bellezza. Talvolta, non trovando più ciò che le mie ricerche mi avevano portato a scoprire, ho ricostruito e scattato l’immagine appena composta nell’inquadratura.
«Ho cercato di penetrare nei luoghi scelti senza forzature, per mantenere intatta l’autenticità e la spontaneità, perché il rispetto per l’ambiente è il metodo da cui scaturisce uno stile. L’estetica è stata determinata anche dall’uso di obiettivi opportuni, perciò ho usato quasi sempre il normale, per ottenere la massima profondità di campo, e raramente il teleobiettivo per qualche ritratto».
Michel Tournier: «Questa grande isola che Gian Paolo Barbieri ci offre assomiglia tanto al Paradiso terrestre prima del peccato. La sostanza grigia del Madagascar è il fango originario della Creazione che esce dalle mani di Dio».
Madagascar, di Gian Paolo Barbieri; Umberto Allemandi & C, 1995; dualtone; 128 pagine 26x33cm, cartonato con sovraccoperta. Invito per la presentazione dell’edizione originaria di Madagascar, di Gian Paolo Barbieri: 28 febbraio 1995, presso l’Atelier Gluck, di Milano. Madagascar, di Gian Paolo Barbieri; Taschen Verlag, 1997; dualtone; 128 pagine 26x33cm, cartonato con sovraccoperta.
L’inquadratura realizzata e proposta è stata pubblicata in Camera del settembre 1978 e acquisita nella Polaroid Collection, di Waltham, in Massachusetts, della quale si sono perse le tracce. Comunque, una testimonianza tangibile di quel patrimonio è raccolta nella monografia The Polaroid Book, pubblicato da Taschen Verlag (472 pagine 14x19,5xm; 16,00 euro). Aneddoto: in impaginazione, l’edizione si conclude proprio con l’autoritratto di Gian Paolo Barbieri, qui e ora soggetto.
Ovviamente, la composizione è stata realizzata al rovescio alto-basso. Per l’occasione, fu costruita una vasca di plexiglas di almeno cinque per cinque metri, sostenuta a sessanta centimetri da terra. Lentamente, la vasca fu riempita d’acqua, poi colorata di rosso. Da un trabattello costruito per l’occasione, Gian Paolo Barbieri, a torso nudo, si calava dall’alto sostenendosi per le ginocchia: mani a sorreggere il “cielo” colorato.
Dunque: copia unica polaroid, che divenne ancora più unica -se e per quanto possibile- con l’aggiunta di colorante ecoline giallo nelle vaschette di chimico della laminazione Polaroid 8x10 pollici. Da cui, la distribuzione incontrollabile del giallo in aggiunta creò ulteriore “unicità” dell’autoritratto.
In impaginazione su Camera e in Polaroid Collection si approda all’autoritratto ufficiale di Gian Paolo Barbieri, ma -ovviamente- quel giorno furono eseguiti numerosi scatti, sostanzialmente simili nella forma, per quanto differenti nel risultato, ribadiamo condizionato dall’”unicità” forzata. Alcuni sono conservati nell’archivio dell’attuale Fondazione Gian Paolo Barbieri, memoria del suo cammino fotografico; due si trovano nella WunderKammer MaurizioAngeloRebuzzini (Gabinetto delle Curiosità / Gabinetto delle Meraviglie).
Qui li proponiamo. ■ ■
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