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Marco Saielli

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COSPLAY

Stilema fotografico frequentato da tempo, qui applicato alla felice serenità dei cosplayer, in propria versione pubblica tra le strade di Lucca, in occasione del suo celebre appuntamento con il mondo dell’immaginazione. MARCO

di Angelo Galantini

Lo riconosco e confesso: sono un vigliacco! Passeggiando insieme con Marco Saielli per Lucca, lo scorso fine ottobre, nei giorni del Lucca Comics & Games 2021, ho assistito alla realizzazione di molti (tutti) suoi ritratti fotografici eseguiti con il passo che ne distingue e caratterizza la cadenza d’Autore, come già rilevato lo scorso maggio Duemilaventuno, in portfolio Il Dragone al Primo maggio. Quando lui richiamava l’attenzione di un cosplayer, invitandolo a posare, ho sempre percepito la loro intima soddisfazione, che appagava il gusto, senso e valore del costume indossato con fierezza. Sono un vigliacco: non ho mai avuto il coraggio di avvertire i soggetti che non si sarebbe trattata di raffigurazione degna di rappresentazione convenzionale, ma di altro.

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Probabilmente (?), a ruoli invertiti, anche lui (Marco Saielli) deve essere apparso loro come un curioso cosplayer, in interpretazione di fotografo. Non in illusione volatile ed effimera, ma di consistenza più che compatta SAIELLI

Infatti, a dispetto di quanto hanno potuto credere tutti i cosplayer coinvolti, Marco Saielli non stava per declinare un omaggio in lode di travestimento, ma realizzando un tassello della propria personalità fotografica, totalmente estranea e lontana dal compiacimento presupposto.

Da una parte, c’è come il pubblico considera la fotografia, percependola in base a proprie convinzioni e preconcetti e sogni; da un’altra parte, c’è come la intendono, sempre la Fotografia, i suoi frequentatori “educati” al linguaggio espressivo che la definisce, caratterizzandola.

Inequivocabilmente, il pistoiese Marco Saielli è un interprete raffinato di una Fotografia scandita con intenzioni progettuali niente affatto banali, né ordinarie, declinate con pellicola fotosensibile... per quanto questo significhi ancora.

Sia che agisca in inviolabili toni di bianco, nero e grigio ben distribuiti sulla stampa finale, oppure con cromatismi accesi e brillanti, il suo esercizio estetico è sempre sereno e possente. Il suo fotografare è in pertinente combinazione con elaborazioni individuali, che stanno alla base di tutto il suo lavoro.

Del resto, i connotati stessi della Fotografia compongono una interpretazione della realtà; ovvero, la Fotografia rappresenta qualcosa di autonomo e proprio, dovendo necessariamente raffigurare qualcosa (d’altro?) che -comunque sia- si è presentato davanti all’obiettivo. Più e meglio di altri autori, rispondendo a una anagrafe che poco ha mai concesso all’ignoranza (!), Marco Saielli ha il merito di comprendere come e per quanto l’esercizio della fotografia dipenda anche da propri valori tecnici fondamentali.

A questo proposito, osserviamo come la sintesi tra tecnica e creatività sia -di fatto- uno degli elementi portanti di tutta l’opera fotografica nel proprio insieme e complesso. Alla base di tutto, c’è la consapevolezza che l’azione combinata dell’obiettivo e della pellicola (o file) debba necessariamente simulare la reazione occhio-cervello. Infatti, come già accennato, quello fotografico è un compito di rappresentazione e interpretazione, pur dovendo -per propria natura- raffigurare concretamente qualcosa.

Nel caso di Marco Saielli, in subordine alla sua progettualità, è fondamentale la previsualizzazione del soggetto, cioè il processo della sua definizione secondo criteri e princìpi individuali: giusto quelli che non ho rivelato ai soggetti Cosplay, avvicinati a margine del Lucca Comics & Games 2021.

In conseguenza, viene definita la gamma delle tecniche applicate, tra le quali deve essere individuata la più adatta a interpretare l’immagine come si è già impressa nella mente del fotografo, prima e meglio di come verrà esposta sulla pellicola, in forma latente (ma non latitante).

Ancora: è convincente la capacità che Marco Saielli ha di orientare l’informazione implicita nella Fotografia secondo particolari emozioni personali. A questo proposito, rivela una non comune capacità di capire e rispettare l’intermediazione degli strumenti tecnici di supporto, mai applicati come bacchetta magica che offre soluzioni pronte all’uso. Molto più semplicemente, lui li frequenta come strumenti che vanno guidati e interpretati con intelligenza e capacità. In metafora, li accosta come farebbe con un metro da falegname a segmenti: dispiegato, è proprio lungo un metro (o due), ma se non lo si posiziona a dovere non si può approdare ad alcuna misurazione.

È proprio vero: «Una Fotografia è la piena espressione di ciò che l’autore sente del soggetto, nel senso più profondo; per questo, è la vera espressione di ciò che lo stesso (fotografo) sente sulla vita nella propria complessità».

Fotografare per essere vivi. ■ ■

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