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Oggetti d’affezione
GOI FS FotoSniper / Prototipo (anni Quaranta). Aggiudicato a 250.000,00 euro (inclusa commissione d’asta). In genere, ogni asta fotografica con consistente presenza Leica, come le tre prime sessioni Wetzlar Camera Auctions e tutte quelle WestLicht Photographica, inserisce un fotofucile del passato remoto, per lo più realizzato artigianalmente negli Stati Uniti. Per quanto, anche la terza sessione Wetzlar Camera Auction, di nostro attuale riferimento, non faccia eccezione, è unica e singolare la presenza di un più che raro prototipo sovietico, con annessa Fed a telemetro, convertita con cassetta reflex, e lungo teleobiettivo 30cm f/4,5. La leggenda vuole che questa configurazione, diversa da altre versioni analoghe (per esempio, GOI e KMZ FS-2), sia stata presentata a Nikolay Nikolayevich Voronov (1899-1968), potente capo militare sovietico, maresciallo capo dell’artiglieria dell’Armata Rossa dal 1941 al 1950, eroe dell’Unione Sovietica. Kit completo di raffinata valigia di contenimento. Il prossimo otto ottobre, si svolgerà la quarta sessione di una vendita all’asta di attrezzature fotografiche antiquarie di alto profilo. Dall’autunno Duemiladiciannove appuntamento di vertice di una particolare interpretazione del collezionismo fotografico, Wetzlar Camera Auction(s) si rivolge a un selezionato pubblico di raffinati conoscitori: tutti in condizione di decodificare il richiamo principale: Wetzlar, in Germania, sede storica Leitz / Leica, che vi è tornata (Leica) nella primavera Duemilaquattordici, in sintonia con il proprio centenario, in uno dei tanti conteggi possibili e plausibili. Qui e oggi, riflettiamo e consideriamo a volo alto, ricercando sia motivazioni sia pulsioni individuali; ma, soprattutto, comprendendo personalismi e irrazionalità (analoghe a quelle del tifo calcistico). In illustrazione, richiamiamo aggiudicazioni di spessore dalla terza sessione, dello scorso nove ottobre Duemilaventuno. In particolare, ci soffermiamo su e con aggiudicazioni a cifre impegnative, non certo alla portata di tutti, significative di un vertice sostanzialmente spettacolare e ambìto. Forse, addirittura sognato. E, poi, ancora e ancora e ancora, osservazioni al proposito: al solito, non giudichiamo niente e nessuno, non censuriamo alcun comportamento, ma avviciniamo in punta di piedi e con passo lieve un fenomeno che non può, né tantomeno deve essere ignorato. Forse sì, forse no
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Prossimo appuntamento con Wetzlar Camera Auction(s): otto ottobre, la quarta edizione. I cataloghi degli svolgimenti precedenti sono pubblicati in Rete, all’indirizzo wetzlarcamera auctions.com/en-gb/auctions. A ritroso, con riproposta delle copertine e quarta di copertina delle singole sessioni di vendita all’incanto: asta 3, del 9 ottobre 2021 (al cui svolgimento riferiamo le illustrazioni che accompagnano questo intervento redazionale), duecentocinquantadue lotti (252), 180 pagine; asta 2, del 10 ottobre 2020, duecentocinquantaquattro lotti (254), 160 pagine; asta 1, del 5 ottobre 2019, duecentodiciassette lotti (217), 146 pagine.
Attenzione: disponibili anche in preziosi volumi 21x29,7cm, cartonati, i cataloghi sono opere editoriali raffinate e dettagliate. Di fatto, non si esauriscono con il casellario dei lotti in asta; neppure con lo svolgimento della sessione di vendita all’incanto. Oltre la propria cronaca, ciascuno aggiunge tasselli preziosi al casellario storico-collezionistico della Fotografia.
Ancora una nota ulteriore, in conclusione. Presto rilevato: ammesso (e non concesso?) che l’argomento sia in qualche modo e misura plausibile e condivisibile, le illustrazioni che corredano questi volumi-catalogo sono (state) realizzate con criterio e scrupolo, ovverosia con impeccabile professionalità e capacità in sala di posa. Tutto questo, a completa e differenza e impostazione redazionale di pubblicazioni nazionali, che conosciamo, che arruffano pagine su pagine con illustrazioni approssimative: un apparecchio fotografico storico mal fotografato è un oggetto orrendo da osservare. Al contrario, ben fotografato, restituisce integri i propri valori; addirittura, li accresce di Forma sul e per il Contenuto. Sempre, ammesso che...
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WETZLAR CAMERA AUCTIONS Wetzlar Camera Auctions
OGGETTI
D’AFFEZIONE
Fed I “Fedka” nera (1934). Aggiudicata a 50.000,00 euro (inclusa commissione d’asta). Primo modello della copia Leica realizzata in Unione Sovietica, dalla quale è esordito un sistema fotografico che si è allungato nei decenni, fino alla fine del Novecento (1996). Rara livrea in vernice nera, rispetto la produzione standard cromata: un esemplare dei dieci individuati e conteggiati nelle collezioni di tutto il mondo. Derivata dalla Leica, la produzione Fed proviene dalla fabbrica di Kharkov, nell’attuale Ucraina. In tempi coincidenti, a Kiev furono realizzati analoghi apparecchi a telemetro Kiev (che fantasia!), derivati dalle Contax.
di Antonio Bordoni
Con schiettezza e sincerità. Per quanto in qualche misura legittimo e influente sul lessico della Fotografia, tanto quanto lo sono tutte le mediazioni tecniche e operative in ogni ambito della “creazione” artigianale (e/o artistica?), il rapporto personale e individuale con gli utensili della fotografia è spesso un tantino feticistico. Nel senso di culto delle proprie macchine fotografiche, dei propri obiettivi e di quanto d’altro possa partecipare al momento dello scatto. Soprattutto, di questo.
Da una parte, si possono considerare condizioni sostanziosamente oggettive, o ipotizzabili tali: per esempio, nei lunghi tempi della fotografia chimica, l’approccio cadenzato all’osservazione e inquadratura attraverso un mirino (in generale, di apparecchi piccolo formato 24x36mm, sia reflex sia a telemetro), piuttosto della composizione su vetro smerigliato, là dove e quando l’“immagine” appare come autenticamente tale. E, per estensione: vetro smerigliato medio formato (6x7cm, oppure -addirittura- quadrato 6x6cm) e vetro smerigliato grande formato (a partire dal 4x5 pollici / 10,2x12,7cm), con tutta la propria ritualità.
D’altro canto, magari in allungo, per quanto in simultanea, non si dovrebbe ignorare quel senso e valore dello stare-bene-con, che fa preferire un apparecchio fotografico a un altro: a parità di prestazioni tecniche coincidenti. Ed è qui, sottotraccia, che covano i princìpi di un definibile feticismo, come il tifo nello sport, del tutto irrazionale e condizionato da mille e mille fattori individuali. Tanto che, siamo schietti, siamo sinceri, come anticipato e promesso: quante tante volte, tra fotografi, il discorso comune cade proprio sui propri utensili, magari un poco a discapito dei contenuti del proprio impegno?
Da cui, a patto che questo occuparsi di “oggetti” non prevarichi la sostanza, i meriti e le virtù della Fotografia in quanto lessico ed espressività, un poco di piacere per l’estetica dei propri strumenti potrebbe anche starci. E, tutto sommato, starci bene. Però, sia chiaro, a patto che!
Ciò premesso, come mai, soprattutto coloro i quali si soffermano e fermano solo sull’attrezzatura in quanto tale, poi, alla resa dei conti, si erigono a giudici severi e implacabili quando e per quanto si incontrano loro valutazioni storiche economicamente sostanziose? Traduzione: come mai, i definiti “impallinati” censurano le quotazioni che vengono raggiunte in aste di alto profilo? E richiamano una sorta di moralità, totalmente inadeguata: visto e considerato l’alto tasso di irrazionalità che guida e governa tutto questo? Con schiettezza e sincerità: potremmo anche gridare allo scandalo, se e quando dovessimo osservare e ponderare alla luce della Vita vera e autentica, con tutte le proprie contraddizioni contemporanee: ma questa non è Vita e nemmeno sua parodia. È altro, che deve essere avvicinato dando per scontate condizioni trasversali di fondo.
Tanto che, oltre al fatto che ognuno ha diritto di comportarsi come meglio crede, anche con i propri denari (danari) -sempre che siano guadagnati in modo onesto-, non si può censurare chi acquista un apparecchio fotografico di antiquariato a un costo moralmente “ritenuto” esorbitante. Infatti, in altro tragitto di pensiero, si tratta di un autentico e inviolabile gesto d’amore, e -quando lo si incontra- l’amore va sempre rispettato. Pensiamoci bene: chi paga centinaia di migliaia di euro (o dollari) un apparecchio fotografico della Storia lo fa solo per sé, non per l’ammirazione di altri, nessuno dei quali possiede i codici per distinguere, per esempio, una Leica corrente da una fuori quota: una Leica IIIc, che ti tirano nella schiena, da una (apparentemente) identica Leica 0 (Nullserie), del 1923, della quale potrebbero esistere trentuno prototipi operativi, destinati a prove preventive sul campo (altre fonti quantificano in venticinque esemplari). In questo senso, sono state esemplari le sessioni d’asta WestLicht Photographica Auction, di Vienna, oggi Leitz Photographica Auction, che hanno scandito tempi e passi di profilo fotografico estremamente alto, oltre che raffinato. Con una annotazione preventiva d’obbligo.
Rollei Kineidoscop / Prototipo (1939 circa). Aggiudicata a 87.500,00 euro (inclusa commissione d’asta). Più che raro prototipo di apparecchio fotografico stereo Franke & Heidecke (Rolleiflex!) per pellicola 35mm. Dalla fine degli anni Venti, furono realizzati vari prototipi stereo, poiché la pellicola 35mm a doppia perforazione stava imponendosi sul mercato, magari a partire dal riferimento Leica di vertice. Inizialmente, vennero realizzati dieci campioni, per prove sul campo, interrotte dagli eventi bellici della Seconda guerra mondiale. La Rollei(flex) stereo non ha mai raggiunto la produzione in serie.
POLEMICA D’ANNATA (DANNATA?)
Alla terza sessione della Wetzlar Camera Auction, dello scorso nove ottobre, al cui svolgimento e alle cui aggiudicazioni riferiamo le illustrazioni qui in accompagnamento di (altre) considerazioni, è stato battuto anche un obiettivo Leitz Summicron 5cm f/2 placcato oro, del 1957, che ha raggiunto la quotazione di quarantamila euro (40.000,00 euro, inclusa commissione d’asta). Si tratta di una versione estremamente rara del primo Summicron 5cm rigido, con finitura originale placcata in oro. È l’obiettivo che fu destinato alla Leica M3, altrettanto placcata in oro, con numero di serie 873.000, dedicata a Philippe Tiranty, l’allora rappresentante Leitz a Parigi, nel 1957.
Da qui, una lontana vicenda italiana che, a metà degli anni Novanta del Novecento, ha infiammato gli animi di collezionisti italiani, in veste di storici Leica. Torniamo indietro nei decenni.
All’oscuro di quanto intrigato alle sue spalle, Philippe Tiranty, distributore francese di Leitz/Leica negli anni Cinquanta, è stato una delle personalità che hanno ricevuto in dono un apparecchio fotografico Leica, tra quanti sono stati riservati dalla casa madre a personaggi di spicco, non solo della Fotografia, soprattutto in relazione a particolari numeri di matricola.
Ne è scaturita una controversa diatriba storica (o forse soltanto aneddotica), che -nel 1995 di proprio svolgimento- sollevò clamorose prese di posizione, quantomeno in Italia. Ricordiamo perfettamente la vicenda, che accese un serrato dibattito a distanza tra Romolo Ansaldi, di Genova, collezionista Leica (e anche grande esperto della letteratura di Georges Simenon, a partire dai romanzi seriali del Commissario Maigret) e gli storici Gianni Rogliatti e Ghester Sartorius.
Nello specifico, Romolo Ansaldi rilevò presunte inesattezze contenute nel volume Il grande libro Leica, di Dennis Laney, del 1993, peraltro già riportate nel testo di Leica - The First 60 Years, di Gianni Rogliatti. Nel concreto, Romolo Ansaldi rivendicò a sé la proprietà della Leica M3 placcata oro numero 873.000, per l’appunto originariamente destinata a Philippe Tiranty; al contempo, negò che la Leica M3 / 875.000 sia analogamente dorata e sia stata regalata da Leitz al distributore francese Philippe Tiranty.
Gianni Rogliatti ha replicato raccontando la propria versione dei fatti. Anzitutto, non ha contestato nulla riguardo la M3 / 873.000 dorata di Romolo Ansaldi; però, ha affermato che la M3 / 875.000 risulta ufficialmente donata a Tiranty, e si tratterebbe di un apparecchio standard, senza altre finiture aggiuntive.
A confondere le acque è quindi arrivata una inaspettata testimonianza retrodatata: una fotografia, pubblicata a pagina centotrentuno del numero Cinque del compianto trimestrale Prestige de la Photographie, del novembre 1978 [peraltro, una copia è custodita qui nel nostro Archivio!], presenta madame Tiranty con una Leica M3 dorata tra le mani, e la didascalia precisa che si tratta della discussa 875.000.
Alla fine, intervenne Ghester Sartorius, che -con il piglio che tutti gli riconoscevamo- ha ulteriormente approfondito e ingigantito la querelle. La sua parola, testuale: «La lettera pubblicata sul numero Quindici di Classic Camera [approssimativa rivista bimestrale dedicata al collezionismo fotografico], nella quale, su richiesta del dott. Ansaldi, la ditta Leitz ha dichiarato che “nel 1957, Ernst Leitz III rimise al signor Tiranty la Leica M3 numero 873.000”, Leica dorata “fabbricata appositamente su richiesta di Ernst Leitz III”, non fa che avvalorare quanto da me sostenuto; e cioè che detta Leica non è affatto quella ufficiale che la ditta Leitz donò nel 1957 alla ditta Tiranty.
«Che Ernst Leitz III, a titolo personale, abbia voluto fare omaggio al signor Tiranty, a cui, oltre che da rapporti di affari, era anche legato da vincoli di amicizia, di una particolare Leica dorata fabbricata appositamente su sua richiesta è cosa, questa, che non ho mai contestato.
«Ho contestato, invece, l’ostinazione di voler contrabbandare questo apparecchio per quello che, come ho già detto, la ditta Leitz e non il signor Leitz, diede in regalo nel 1957 non al signor Tiranty ma alla ditta Tiranty per meriti riconosciuti a questa ditta nell’attività di concessionaria di vendita della produzione Leitz in Francia.
«E quell’apparecchio, incontestabilmente, fu una normale M3 recante il numero 875.000. Incontestabilmente, perché è la Leica 875.000 e non la 873.000 quella che la Leitz ha sempre riportato e continua a riportare negli elenchi ufficiali degli apparecchi donati dal 1925 al 1979 a particolari personaggi e personalità.
«A parte questa prova inconfutabile, non vien da domandarsi perché proprio e soltanto alla ditta Tiranty la Leitz avrebbe riservato il privilegio di regalare una Leica d’oro e non un normale apparecchio di serie con particolare numero di matricola, così come sempre avvenuto per tutti gli apparecchi donati sia in precedenza che successivamente al 1957? Perché alla ditta Tiranty la M3 d’oro e, l’anno precedente, al cancelliere Adenauer, una comune Leica cromata, così come l’anno successivo, alla regina d’Inghilterra, una altrettanto comune M3 cromata?».
Insomma, e per il nostro gusto del paradosso, ribadiamo, confermandolo: una storia autenticamente infinita, alla quale si aggiunge oggi la certificazione 873.000 degli accurati documenti Wetzlar Camera Auctions.
Una volta ancora, una di più, non certo per l’ultima volta... ammesso e non concesso che!
Personalmente, ci discostiamo da coloro i quali elevano a valore assoluto e inderogabile le aggiudicazioni fotografiche d’asta (ma, più in generale, le aggiudicazioni d’asta tout court). Infatti, in ogni vendita all’incanto, entrano in gioco fattori incontrollabili, fattori personali, fattori emotivi. Basta un capriccio, oppure una frivolezza individuale, per creare i presupposti di una impennata. In questo senso, molte emozioni latenti, ma non latitanti, si assommano a quelle solite e accreditate. Quindi, alcuni valori si possono innalzare oltre le quotazioni effettivamente correnti, superando i relativi valori canonici del collezionismo/ antiquariato accreditato come tale.
A conseguenza, la registrazione delle aggiudicazioni non può che avere un senso solo statistico: non definisce, né certifica lo stato dell’arte. Diciamo che l’asta è un momento fuori quota, durante il quale si manifestano ipersensibilità e impressionabilità estranee al commercio quotidiano, sia pure anche solo di quello di antiquariato fotografico, o di collezionismo fotografico.
A conti fatti, e senza temere smentite, le aggiudicazioni nell’ambito delle autorevoli Wetzlar Camera Auctions, presso la sede operativa Leica, dal Duemiladiciannove, vanno interpretate giusto alla luce di questo evidente e clamoroso valore aggiunto: per l’appunto, a nessun collezionista-acquirente può interessare di riprendere i soldi spesi (che, nell’economia di ciascuno di loro, equivalgono alla mezza dozzina di euro di un pacchetto di Toscani, da fumare in un paio di giorni). Per tutti, però, è motivo di orgoglio aver avuto accesso a un lotto di e in una sessione d’asta storica, durante la quale hanno acquisito un oggetto arricchito di significati particolari: tanto più che gli acquirenti sono ormai soprattutto orientali, cinesi in testa (i nuovi ricchi? quelli che hanno raggiunto il vertice in fretta? quelli che non hanno fatto alcuna fatica per...?: non giudichiamo nessuno, ma constatiamo che...).
Attenzione, sia chiaro: stiamo parlando di sogni ed eccezioni; la vita vera si svolge altrove, su altri palcoscenici.
E con altri valori. ■ ■
Leitz Summarit 35mm f/1,4 / Prototipo (19591960). Aggiudicato a 187.500,00 euro (inclusa commissione d’asta). Prototipo della celebre prima versione di quello che sarebbe poi diventato Summilux 35mm, che fu commercializzato dal 1961. Per certo, si sa che solo una manciata di obiettivi sperimentali sono stati realizzati con questa designazione, prima che fosse coniata l’identificazione definitiva e fortunata “Summilux”. Obiettivo insolito, con ghiera anteriore in finitura argento e numero di prototipo utilizzato da Leitz Canada all’epoca: in curiosa fantasia, 1.234.567.
Niente di che, sia chiaro. Per quanto, noi si preferisca osservare, piuttosto di giudicare, sfogliando i cataloghi d’asta ci sentiamo attratti più dalle trasversalità che dai soggetti clamorosi: quelli che richiamano pubbliche attenzioni e irrefrenabili entusiasmi. Niente di che: ma soltanto nostre annotazioni in gusto e interesse personale e intimo dalla terza sessione Wetzlar Camera Auction, odierna compagna di percorso.
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