GlamourAffair Vision 2020_09.10

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n.11

2020/09.10 READ ON

glamouraffair.vision RIVISTA BIMESTRALE DI FOTOGRAFIA, ARTE E DESIGN BIMONTHLY REVIEW OF PHOTOGRAPHY, ART AND DESIGN

Registrazione al Tribunale di Milano n° 27 del 14/02/2019 Registration at the Law Court of Milan n° 27 of 14/02/2019

Cover Credits © SAYPE | Photo: Valentin Flauraud

Editorial Staff Direttore responsabile | Editor in Chief ALESSIO GILARDI Direttore artistico | Art Director FLAVIO TORRE - satisfystudio photo Direttore digitale | Digital Director STEFANO GILARDI

Contact WEBSITE | www.glamouraffair.vision E-MAIL | info@glamouraffair.vision FACEBOOK | www.facebook.com/glamouraffairpage INSTAGRAM | www.instagram.com/glamouraffair

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SAYPE land artist JAKE HICKS studio lighting RAFFAELE ROSSI painter JOELLE GRACE agency MAISON DU PARC building renovation KATARZYNA ZDROWAK glamour NESSUNOPRESS association ATLANTE UMANO SICILIANO publication KARMILLA SHELLY surrealism OJO DE PAZ quarantine JOHN REUSS artist LARS FINK RASMUSSEN creative director SAGAMINE HOUSE architecture DOROTHY CIRCUS GALLERY exhibition VALERIO BISPURI interview #GADDICTED the Instagram selection


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land artist

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SAYPE


Il progetto «Beyond Walls» mostra mani intrecciate, protese, tremanti e unite in uno sforzo comune oltre tutti i muri che separano gli esseri umani e li racchiudono in spazi mentali o geografici. Così, i muri eretti nelle mentalità diventano tramezzi fittizi, cancellati dall’immaginazione artistica. Si limita ad aprire una breccia nei muri reali, quelli costruiti dall’umanità dentro e contro se stessa. In questa specifica opera, il simbolico attraversamento del muro non elimina la singolarità di ciascuna delle mani: tutte raccontano una storia di vita e sono sottilmente contrassegnate da molteplici background (sociale, geografico, etnico, ecc.). Al di là dei muri e con questa universale farandola, ad ogni individualità umana vengono concessi diritti di passaggio e cittadinanza. L’universalità trasmessa in questo progetto è quella dell’umanità plurale. “Beyond Walls” attraverserà i confini per portare avanti questo messaggio universale e farlo viaggiare di città in città, lungo questa immensa catena umana. Il “Progetto Beyond Walls” ha l’obiettivo di creare la catena umana simbolica più lunga del mondo promuovendo valori come solidarietà, gentilezza e apertura al mondo.

«Beyond Walls» project shows interlaced hands, reaching out, shaking and united in a common effort beyond all walls separating humans and enclosing them in mental or geographical spaces. Thus, the walls erected in mentalities become fictive partitions, wiped out by artistic imagination. It merely opens a breach in the real walls, the ones built by humanity within and against itself. In this specific artwork, the symbolic wall crossing does not eliminate the singularity of each of the hands: they all tell a life story and are subtly marked with multiple backgrounds (social, geographical, ethnical, etc.). Beyond walls and with this universal farandole, every human individuality is granted rights of way and civil ones. The universality conveyed in this project is one of plural humanity. “Beyond Walls” will cross borders in order to carry out this universal message and make it travel from city to city, all along this immense human chain. “Beyond Walls Project” aiming at creating the longest symbolic human chain around the world promoting values such as togetherness, kindness and openness to the world.

WEBSITE | saype-artiste.com INSTAGRAM | @saype_artiste FACEBOOK | Saype Artiste PHOTO CREDITS | VFLPIX.COM - Valentin Flauraud

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Step 1

PARIS

Un gigantesco dipinto di land art biodegradabile dell’artista franco-svizzero Saype è realizzato tra il 9 giugno e il 12 giugno 2019 sul Campo di Marte di fronte all’iconica Torre Eiffel a Parigi, Francia. Con una superficie complessiva di 15’000 metri quadrati, il dipinto lungo 600 metri e largo 25 metri (probabilmente uno dei più grandi del suo genere) è stato realizzato utilizzando pigmenti biodegradabili a base di carbone, gesso, acqua e proteine del latte. Questa opera d’arte lancia il “Progetto Beyond Walls” nel mondo .

A giant biodegradable land art painting by FrenchSwiss artist Saype is pictured between June 9 and June 12, 2019 on the Champ de Mars in front of the iconic Eiffel Tower in Paris, France. With an overall area of 15’000 square meters, the 600 meters long and 25 meters wide painting, (likely one of the largest of its kind) was created using biodegradable pigments made out of charcoal, chalk, water and milk proteins. This art piece launches the worldwide “Beyond Walls Project”.

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Step 2

ANDORRA

Un gigantesco dipinto di landart biodegradabile dell’artista franco-svizzero Saype è raffigurato tra il 15 luglio e il 16 luglio 2019 a Engolasters in Andorra. Con una superficie complessiva di 5’000 metri quadrati, il dipinto lungo 130 metri e largo 38 è stato realizzato utilizzando pigmenti biodegradabili a base di carbone, gesso, acqua e proteine del latte. Questa opera d’arte è il secondo passo del “Beyond Walls Project”.

A giant biodegradable land art painting by FrenchSwiss artist Saype is pictured between July 15 and July 16, 2019 at Engolasters in Andorra. With an overall area of 5’000 square meters, the 130 meters long and 38 meters wide painting was created using biodegradable pigments made out of charcoal, chalk, water and milk proteins. This art piece is the second step of the worldwide “Beyond Walls Project”.

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Step 3

GENÈVE

Due giganteschi dipinti di landart biodegradabili dell’artista franco-svizzero Saypeare raffigurati tra il 13 e il 15 settembre 2019 a Ginevra, in Svizzera. Con una superficie complessiva di 6’000 metri quadrati, i dipinti sono stati realizzati utilizzando pigmenti biodegradabili a base di carbone, gesso, acqua e proteine del latte. Le opere d’arte nel “Parc de la Grange” e “Parc des Bastions” segnano il terzo passo del “Progetto Beyond Walls”.

Two giant biodegradable landart painting by FrenchSwiss artist Saypeare pictured between September 13 and 15, 2019 in Geneva, Switzerland. With an overall area of 6’000 square meters, the paintings were created using biodegradable pigments made out of charcoal, chalk, water and milk proteins. The art pieces in the “Parc de la Grange” and “Parc des Bastions” mark the third step of the worldwide “Beyond Walls Project”.

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Step 4

BERLIN

Un gigantesco dipinto di landart biodegradabile dell’artista franco-svizzero Saype è raffigurato a Treptower Park, Berlino, Germania, sabato 2 novembre 2019. Questo affresco e un secondo in un parco vicino hanno una superficie combinata di oltre 3000 metri quadrati e sono stati realizzati utilizzando pigmenti biodegradabili a base di carbone, gesso, acqua e proteine del latte. Queste opere d’arte sono il quarto passo del progetto mondiale “Beyond Walls”.

A giant biodegradable landart painting by FrenchSwiss artist Saype is pictured in Treptower Park, Berlin, Germany, Saturday, November 2, 2019. This fresco and a second one in a neighboring park have a combined surface of over 3000 square meters and were realized using biodegradable pigments made from charcoal, chalk, water and milk proteins. These art pieces are the fourth step of the worldwide project “Beyond Walls”.

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Step 5

OUAGADOUGOU

Un gigantesco dipinto di landart biodegradabile dell’artista franco-svizzero Saype è raffigurato al “monument des heros” a Ouagadougou, Burkina Faso, domenica 1 marzo 2020. Questo affresco lungo 200 metri che copre circa 5000 metri quadrati è stato realizzato utilizzando pigmenti biodegradabili realizzati da carbone, gesso e acqua. Questa opera d’arte è il quinto passo del progetto mondiale “Beyond Walls”.

A giant biodegradable landart painting by FrenchSwiss artist Saype is pictured at the “monument des heros” in Ouagadougou, Burkina Faso, Sunday, March 1, 2020. This 200 meter-long fresco covering approximately 5000 square meters was realized using biodegradable pigments made from charcoal, chalk and water. This art piece is the fifth step of the worldwide project “Beyond Walls”.

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Step 6

YAMOUSSOUKRO

L’artista franco-svizzero Saype lavora su una collezione di sei giganteschi dipinti di landart biodegradabili domenica 15 marzo 2020 di fronte alla Basilica Notre-Dame de la Paix a Yamoussourko, Costa d’Avorio. Con una superficie complessiva di 18’000 metri quadrati, di cui 12’500 metri quadrati completamente dipinti, il dipinto lungo 600 metri e largo 30 metri (probabilmente il dipinto più grande al mondo di un singolo artista) è stato creato utilizzando pigmenti biodegradabili fatti di carbone di legna, gesso, acqua e proteine del latte. Questa opera d’arte dedicata alla pace è il sesto passo del progetto mondiale “Beyond Walls”.

French-Swiss artist Saype works on a collection of six giant biodegradable landart paintings Sunday March 15, 2020 in front of the Basilique Notre-Dame de la Paix in Yamoussourko, Ivory Coast. With an overall area of 18’000 square meters, of which 12’500 square meters are fully painted, the 600 meters long and 30 meters wide painting (likely the worlds largest painting by a single artist) was created using biodegradable pigments made out of charcoal, chalk, water and milk proteins. This art piece dedicated to peace is the 6th step of the worldwide project “Beyond Walls”.

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Autodidatta, Saype è conosciuto oggi per i suoi dipinti su erba, realizzati con vernice eco-responsabile. Certamente uno degli artisti più pubblicizzati nel 2019, è stato in particolare nominato dalla famosa rivista Forbes come una delle trenta personalità più influenti al di sotto dei trent’anni nel mondo, nel campo dell’arte e della cultura. Saype cerca di trovare un nuovo modo per attirare le persone. Influenzato dalle sue letture, dalle sue domande e dalla democratizzazione dei droni in Europa che gli dà un facile accesso alle vedute aeree, iniziò a dipingere sull’erba. Ha quindi inventato una vernice biodegradabile al 100% e ha perfezionato un processo che gli ha permesso di creare giganteschi affreschi sul terreno. Ora è considerato un pioniere di un nuovo movimento di land art. Nel 2019 Saype ha intrapreso un progetto di portata globale. La sua ambizione: creare simbolicamente la più grande catena umana del mondo. Questo progetto faraonico chiamato “Beyond Walls”, nell’arco di diversi anni, mira a passare in più di 30 città del mondo, per invitare le persone all’aiuto reciproco, alla gentilezza e alla convivenza.

Self-taught, Saype is known today for his paintings on grass, made with eco-responsible paint. Certainly one of the most publicized artists in 2019, he was notably named by the famous magazine Forbes as one of the thirty most influential personalities under the age of thirty in the world, in the field of art and Culture. Saype seeks to find a new way to appeal to people. Influenced by his readings, his questions as well as by the democratization of drones in Europe which gives him easy access to aerial views, he began to paint on grass. He then invented a 100% biodegradable paint and perfected a process which enabled him to create gigantic frescoes on the ground. He is now considered a pioneer of a new land art movement. In 2019, Saype embarked on a project of global scope. His Ambition: To symbolically create the largest human chain in the world. This pharaonic project called “Beyond Walls”, over several years, aims to pass in more than 30 cities of the world, to invite people to mutual aid, kindness and to live together.

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studio lighting

JAKE HICKS Fotografo freelance per oltre un decennio, Jake Hicks ha avuto la fortuna di essere coinvolto in lavori per clienti molto vari ed influenti. Lo hanno scelto per rappresentare l’immagine e gli ideali della loro azienda, perché il suo lavoro si basa sull’assicurare un’estetica progressiva a una determinata campagna, con risultati che si distinguono sempre. Essendo tecnicamente molto competente e con un forte background nell’era pre-digitale della fotografia, la sua capacità di catturare immagini dinamiche “nella fotocamera”, senza la necessità di fare affidamento su una pesante post-produzione e manipolazione fotografica, lo ha sempre reso molto più agile e dinamico il giorno della ripresa. Per questo motivo è la scelta preferita per quei clienti che vogliono sentirsi parte del processo creativo dall’inizio alla fine. Quando si presenta quindi la necessità che un lavoro richieda efficienza per garantire che la ripresa possa essere girata rapidamente, si può permettere di essere dinamico e flessibile in qualsiasi cambiamento dell’ultimo minuto. Attualmente è anche uno specialista dell’illuminazione con Bowens W, tenendo corsi di formazione sull’illuminazione da studio a livello internazionale per una delle principali società di illuminazione fotografica. Inoltre scrive regolarmente e contribuisce alla loro rivista trimestrale di settore “Litebook”.

A freelance photographer for over a decade, Jake Hicks has been fortunate to be involved in work for very diverse and influential clients. They chose him to represent the image and ideals of their company, because his work is based on ensuring a progressive aesthetic to a given campaign, with results that always stand out. Being technically very competent and with a strong background in the pre-digital age of photography, his ability to capture dynamic images ‘in the camera’, without the need to rely on heavy post-production and photo manipulation, always has made much more agile and dynamic on the day of shooting. For this reason it is the preferred choice for those customers who want to feel part of the creative process from start to finish. When the need arises for a job to require efficiency to ensure that the shot can be shot quickly, it can afford to be dynamic and flexible in any last minute changes. He is also currently a lighting specialist with Bowens Lighting, teaching studio lighting training courses internationally for a leading photographic lighting company. He also writes regularly and contributes to their quarterly trade magazine “Litebook”.

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WEBSITE | jakehicksphotography.com FACEBOOK | jake.hicks.photography INSTAGRAM | @jakehicksphotography

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painter

RAFFAELE ROSSI “Nessun limite e costrizione può impedire il viaggio in noi stessi dove scopriamo e incontriamo nuove realtà in cui poter gioire e conoscere. Spazi ed esseri senza tempo, che ci guidano e accompagnano nel magico volo, si rivelano a noi. Epifania di nuovi mondi.“ 28


“La mia pittura si fonda sulla materia e sulla sua metamorfosi, motivo strettamente legato alle concezioni filosofiche inerenti all’Alchimia e all’Antroposofia. Infatti la mia ispirazione pittorica affonda le sue radici nell’esoterismo, nelle verità nascoste, fondamento di tutte le civiltà. e di ogni popolo sulla terra. Negli ultimi anni mi sono interessato all’antroposofia di Rudolf Steiner e del filosofo italiano Massimo Scaligero. Sono particolarmente affascinato dall’alchimia, un’antica scienza che si occupa della trasmutazione metaforica dei metalli. L’uomo diventa quindi modello con la metamorfosi del piombo nell’oro. Si tratta della trasmutazione dell’uomo, della sua morte e rinascita, della sua purificazione con la possibilità di raggiungere la perfezione con l’oro. Tutto il mio lavoro converge nell’evoluzione dell’uomo, questo è il fulcro della mia pittura che si fonda sulla materia e sul suo mutamento. Per questo alcuni titoli delle mie opere alludono ad essa, “L’Argonauta”, “Vetro Alchemico”, “Trasmutazione” e altri. Dipingo su pannelli di legno e tela, superfici su cui applico un sottile strato di intonaco a base gommosa, con anche l’aggiunta di calce mista a sabbia, vari colori e polvere di marmo.” “My painting is based on matter and its metamorphosis, a reason closely linked to the philosophical concepts inherent in Alchemy and Anthroposophy. In fact, my pictorial inspiration has its roots in esotericism, in hidden truths, the foundation of all civilizations. and of every people on earth. In recent years I have been interested in the anthroposophy of Rudolf Steiner and the Italian philosopher Massimo Scaligero. I am particularly fascinated by alchemy, an ancient science that deals with the metaphorical transmutation of metals. Man thus becomes a model with the metamorphosis of lead into gold. It is about the transmutation of man, his death and rebirth, his purification with the possibility of achieving perfection with gold. All my work converges in the evolution of man, this is the fulcrum of my painting which is based on matter and its change. For this reason, some titles of my works allude to it, “The Argonaut”, “Alchemical Glass”, “Transmutation” and others. I paint on wood and canvas panels, surfaces on which I apply a thin layer of rubber-based plaster, with the addition of lime mixed with sand, various colors and marble dust.“ WEBSITE | raffaelerossi.net INSTAGRAM | @raffaelerossiart

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APPARIZIONE, 2001/2019. Mixed technique and fresco on wood, 125 x 95 cm

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APPARIZIONE, 2018. Mixed technique and fresco on wood, 96 x 129 cm (convex)

APPARIZIONE, 2018. Mixed technique and fresco on wood, 96 x 129 cm (convex)

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CIELO ROSSO, 2017/2015. Mixed technique and fresco on wood, 54 x 75 cm

CIRCONFERENZE, 2016. Mixed technique and fresco on wood, 116 x 180,5 cm

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VINCITORE, 2015. Mixed technique and fresco on wood, 145 x 115 cm

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EPISTOLA DAL COSMO, 2016. Tecnica mista e affresco su tela, 65 x 36 cm

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Raffaele Rossi nasce ad Alba (CN) il 20 Maggio 1956. Oggi Vive e lavora a S. Ambrogio di Trebaseleghe in provincia di Padova. Nel 1975, dopo il Liceo artistico a Novara, affascinato dalla Pittura antica Veneziana soggiorna per alcuni anni a Mogliano Veneto nel Trevigiano dove tiene la sua prima mostra personale nel 1978. In questo periodo, segue i corsi di calcografia alla Scuola Internazionale di Grafica e, sempre a Venezia, la Scuola Libera del Nudo. Attratto dalle tecniche pittoriche antiche, si avvicina alla “bottega” di due Pittori veneziani: Valeria Rambelli e Ottone Marabini. Da loro impara a macinare e mesticare i colori con la tempera all’uovo e l’olio, apprende la preparazione di tavole e tele e si appassiona alla ricerca e al riuso delle materie antiche. Sperimenta l’affresco e nasce così un particolare amore per gli intonaci e per le superfici materiche che lo conduce all’attuale momento pittorico caratterizzato da superfici ricche di spessore realizzate con inerti particolari quali la polvere di marmo , le sabbie e i collanti naturali. Sue opere sono conservate in permanenza presso: Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Sarcinelli (Conegliano TV, Italy); Museo dello Splendore (Giulianova TE, Italy); Credit Suisse, Hong Kong; Bank Julius Baer, Hong Kong; Bank Sarasin&Cie Ag, Hong Kong; Hotel Sheraton, Hong Kong; Sala affrescata a “Son Apau”, Azahar Jardineria y Riegos (Palma DE Mallorca, Spain); Fondazione Pablo Atchugarry (Uruguay).

Raffaele Rossi was born in Alba (CN) on May 20, 1956. Today he lives and works in S. Ambrogio di Trebaseleghe in the province of Padua. In 1975, after the artistic high school in Novara, fascinated by ancient Venetian painting, he stayed for a few years in Mogliano Veneto in the Treviso area where he held his first personal exhibition in 1978. In this period, he attended the chalcography courses at the International School of Graphics and, also in Venice, the Free Nude School. Attracted by ancient painting techniques, he approaches the “workshop” of two Venetian painters: Valeria Rambelli and Ottone Marabini. From them he learns to grind and mix colors with egg tempera and oil, learn the preparation of tables and canvases and get passionate about research and reuse of ancient materials. He experiments with frescoes and a particular love for plasters and material surfaces is born, which leads him to the current pictorial moment characterized by thick surfaces made with particular aggregates such as marble dust, sands and natural adhesives. His works are permanently kept at: the Modern Art Gallery of Palazzo Sarcinelli (Conegliano TV, Italy); Museum of Splendor (Giulianova TE, Italy); Credit Suisse, Hong Kong; Bank Julius Baer, Hong Kong; Bank Sarasin &Cie Ag, Hong Kong; Sheraton Hotel, Hong Kong; Frescoed room in “Son Apau”, AzaharJardineria y Riegos (Palma DE Mallorca, Spain); Pablo Atchugarry Foundation (Uruguay).

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agency

JOELLE GRACE Joelle Grace Rosen è una fotografa editoriale/ritrattistica/ lifestyle con sede ad Atlanta. Combinando il suo amore per le persone, lo stile retrò e la direzione creativa, Joelle crea immagini oniriche piene di colore e profondità energici. Il suo stile “retro dream-grunge” incapsula una giovinezza vibrante pur mantenendo un’estetica senza tempo per clienti privati e commerciali. Joelle ha prodotto recentemente campagne per Minna Parikka Shoes, Case-Mate Phone Cases, Thesis Couture Shoes, Kelsey Randall e Warner Records Artist Kathleen. Il suo lavoro è stato pubblicato su: The New Yorker, Billboard Magazine, Schön! Magazine, Contents Culture for Content Mode Magazine, The Photographic Journal, Nakid Magazine, Papercut Magazine, Jaune Magazine, This Bitch Magazine, Nasty Magazine, Burn Mag, Blanc Magazine e altri ancora. Joelle Grace Rosen è rappresentata da Agency Arts for Photography.

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Joelle Grace Rosen is an editorial/portrait/lifestyle photographer based in Atlanta. Combining her love of people, retro styling and creative direction, Joelle creates dream-like images full of energetic color and depth. Her “retro dream-grunge” style incapsulates vibrant youth while maintaining a timeless aesthetic for individual and commercial clients. Joelle’s recently shot campaigns for Minna Parikka Shoes, Case-Mate Phone Cases, Thesis Couture Shoes, Kelsey Randall and Warner Records Artist Kathleen. Her work has been featured in: The New Yorker, Billboard Magazine, Schön! Magazine, Contents Culture for Content Mode Magazine, The Photographic Journal, Nakid Magazine, Papercut Magazine, Jaune Magazine, This Bitch Magazine, Nasty Magazine, Burn Mag, Blanc Magazine and more. Joelle Grace Rosen is represented by Agency Arts for Photography.


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AGENCY ARTS | Kelly Norris Sarno Phone: +1 (740) 661-ARTS www.agencyarts.biz kelly@agencyarts.biz

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WEBSITE | www.joellegrace.com INSTAGRAM | @joellegrace BEHANCE | joellegracephoto YOUTUBE | Joelle Grace

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building renovation

MAISON DU PARC La SHED architecture

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L’abitazione, che affacciata sul parco La Fontaine a Montréal, con il suo alto livello di contrasti e lo scenario impressionante, si ispira all’architettura dei palazzi dell’inizio del secolo. Questa influenza classica predomina nel design generale della casa, sia per quanto riguarda l’organizzazione degli spazi che per la scelta dell’atmosfera, dei materiali e dei mobili. Situata nel cuore della casa, la scala si snoda in modo spettacolare attraverso i tre piani, colmando il dislivello tra i vari spazi. La parte superiore di questa “scultura”, che è veramente di natura architettonica, è dominata da un immenso lucernario che illumina e mette in risalto le curve vistose della scala. Sottili parapetti intagliati si curvano e avvolgono i gradini in legno. Le pareti divisorie in vetro traslucido, poste su entrambi i lati della scala, lasciano entrare la luce, rivelando appena ciò che sta dietro, creando effetti di luce notevoli e una profondità misteriosa. Il soggiorno, situato nella parte anteriore della casa, è l’ambiente ideale per rilassarsi e conversare davanti al camino in marmo. La stanza, dipinta di un confortante grigio, è organizzata nella maniera convenzionale dei palazzi, in particolare attraverso le prospettive centrali e simmetriche, create dalle doppie finestre che si affacciano sul parco e dalle strette doppie porte che conducono alla cucina. Con un’intera parete di finestre che si affaccia sul cortile, la cucina e la sala da pranzo sfruttano l’abbondante luce naturale e il contatto diretto con l’esterno. Progettata con in mente la preparazione formale di pasti di intrattenimento e gourmet, la cucina combina con successo eleganza e funzionalità. È organizzata

Looking out on La Fontaine Park in Montréal, this home, with its high level of contrast and impressive scenery, is inspired by the architecture of early-century mansions. This classic influence predominates in the overall design of the house, with regard to both space organization and the choice of atmosphere, materials, and furniture. Located at the heart of the home, the staircase winds its way through the three floors in a spectacular manner, bridging the gap between the various spaces. A top this sculpture, which is truly architectural in nature, is an immense skylight, which illuminates and highlights the staircase’s eye-catching curves. Thin, carved partitions curve around and envelop the wooden steps. Translucent glass partitions, placed on both sides of the staircase, allow light to enter, while only subtly revealing what is behind, creating remarkable light effects and a mysterious depth. The living room, located at the front of the house, is the perfect setting to unwind and have discussions in front of the marble fireplace. The room, painted in a comforting grey, is organized in the conventional manner of mansions, particularly through the centred, symmetrical perspectives created by the double windows looking out at the park and the narrow double doors leading to the kitchen. With an entire wall of windows facing the backyard, the kitchen and dining room take advantage of both the abundant natural light and direct contact with the outdoors. Planned with formal entertaining and gourmet meal preparation in mind, the kitchen

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attorno a una grande isola in marmo bianco con armadi neri opachi, con un look minimalista. Staccata su tutti i lati e rialzata da terra da sottili gambe in acciaio, l’isola esalta la sensazione di spaziosità della stanza. Le porte a scomparsa, perfettamente integrate, offrono la possibilità di nascondere o rivelare un secondo piano di lavoro a cui si accede da entrambi i lati. Progettato pensando agli ospiti, il bagno nel seminterrato offre un’esperienza sorprendente ispirata ai bagni dei migliori ristoranti. Una vasca cilindrica è stata installata a pavimento davanti a uno specchio divisorio, che nasconde i servizi, in uno spazio dal sapore teatrale che si apre sulla scala e si affaccia sulla cantina illuminata. La facciata che si affaccia sulla strada, accuratamente restaurata, rivaleggia con l’eleganza della facciata posteriore, che è interamente costituita da finestre e si apre sul cortile. Queste facciate rispecchiano l’interno della casa e garantiscono una perfetta continuità, sia in termini di materiali utilizzati che di effetti visuali realizzati. Questa splendida casa completamente minimalista non manca di calore attraverso la scelta delle finiture, le sue trame, i suoi dettagli architettonici e l’attento equilibrio del bianco e nero che interagiscono con le morbide sfumature del confortante grigio. I dettagli raffinati e le transizioni pulite si aggiungono alla semplicità degli spazi e riflettono una raffinatezza che comprende sia l’abbondanza che la moderazione. Il risultato finale dimostra che l’intero progetto è stato eseguito con grande maestria, fornendo un perfetto equilibrio tra stile classico e moderno.

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successfully combines elegance and functionality. It is organized around a large white marble island with matte black cabinets, for a minimalist look. Detached on all sides and raised from the floor by thin steel legs, the island enhances the feeling of spaciousness in the room. Perfectly integrated concealed door offer the possibility of hiding or revealing a second counter top, which can be accessed on both sides. Designed with guests in mind, the basement bathroom delivers a surprising experience inspired by bathrooms in the finest restaurants. A cylindrical basin was installed on the floor in front of a partition mirror, hiding the facilities, in a space with a theatrical feel that opens onto the staircase and faces the illuminated wine cellar. The carefully restored facade facing the street rivals the elegance of the back facade, which is entirely made up of windows and opens onto the backyard. These facades reflect the interior of the home and provide perfect continuity, both in terms of the materials used and the graphic effects created. This gorgeous, purpose fully minimalist home is not lacking in warmth, through the choice of finishes, its textures, its architectural details, and the careful balance of black and white interacting with soft shades of comforting grey. Refined detailing and clean transitions add to the simplicity of the spaces and reflect a sophistication that encompasses both abundance and restraint. The end result demonstrates that the entire project was carried out with great skill, providing a perfect balance between classic and modern styles.


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In quanto azienda che svolge la maggior parte del proprio lavoro nei settori residenziale e commerciale, La SHED ha sviluppato una profonda competenza nella ristrutturazione, trasformazione e costruzione di edifici di ogni tipo e di ogni estrazione storica. Apertura, illuminazione e allineamento sono al centro di tutti i progetti completati dallo studio. I suoi risultati si distinguono per la loro disposizione funzionale e contemporanea, nonché per l’uso di materiali durevoli, economici e classici. L’importanza data ai ritocchi finali e la qualità generale dei suoi risultati è, tra le altre ragioni, il risultato di uno stretto monitoraggio durante l’intero processo di esecuzione del progetto dall’inizio alla fine della costruzione. La riconfigurazione di spazi esigui, l’utilizzo ottimale dello spazio e la gestione di budget precisi e restrittivi, sono tutti vincoli che La SHED ha saputo affrontare in passato, riuscendo a concepire spazi seducenti e progettati in modo intelligente indipendentemente dai limiti. Lo studio è nato quando gli architetti associati Sébastien Parent, Yannick Laurin, Renée Mailhot, tutti uniti dalla passione per l’architettura, il design e Montreal, hanno deciso di collaborare per formare La SHED. Lo studio è dedicato a un nuovo tipo di relazione architettonica, in cui chiamare un architetto difficilmente sarebbe diverso dall’assumere un ragioniere. Un rapporto in cui concepire il proprio spazio abitativo non sarebbe né un lusso né sarebbe utopico. La SHED offre un approccio innovativo ed inclusivo per i suoi progetti di ristrutturazione, ampliamento e nuove costruzioni. Questo approccio rende i servizi architettonici accessibili per qualsiasi scala di progetto e per qualsiasi budget. È anche ai fini dell’accessibilità che l’azienda ha scelto di fare la sua sede in un punto vendita boutique. Il laboratorio, visibile dalla strada, è configurato in modo da ottimizzare il lavoro di squadra, ingrediente essenziale per stimolare la creatività. Le idee più deboli vengono eliminate a vantaggio di quelle più creative. La sinergia del team La SHED si avverte non solo nel lavoro di progetto, ma anche nella convinzione che l’architettura possa essere fatta diversamente sviluppando partnership con persone che scelgono di inventare, o reinventare, il proprio stile di vita. Al completamento del suo secondo progetto, la Maison Demers, La SHED è stata travolta dal successo della critica e da allora è stata premiata da numerosi media specializzati e ha ricevuto una serie di premi di design e architettura. In particolare, lo studio ha ricevuto l’Emergent Architectural Practice Award 2016 assegnato dal Royal Architectural Institute of Canada (RAIC), il Canada Council for the Arts 2018 Ronald-J.-Thom Award for Early Design Achievement e tre Excellence in Architecture Awards assegnati dal Quebec Order of Architects (2015, 2017, 2019). Anche se la squadra ora ha tredici membri, tutte le decisioni vengono prese come il primo giorno: vengono “sottoposte al consiglio” attorno allo stesso grande tavolo.

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As a company that performs the majority of its work in the residential and commercial sectors, La SHED has developed a thorough expertise in the renovation, transformation and construction of buildings of all types and all historical backgrounds. Openness, lighting and alignment are at the very core of all projects completed by the studio. Its achievements stand out as a result of their functional and contemporary layout, as well as their use of materials that are durable, affordable and classical. The importance given to finishing touches and the general quality of its achievements is, amongst other reasons, a result of tight monitoring throughout the entire project execution process from start to end of construction. The reconfiguration of exiguous spaces, the optimal usage of space and dealing with precise and restrictive budgets are all constraints that La SHED has excelled at dealing with in the past, managing to conceive seductive and intelligently designed spaces regardless of limitations. The firm was established when architect associates Sébastien Parent, Yannick Laurin, Renée Mailhot, all united by a passion for architecture, design and Montreal, decided to team up to form La SHED. The studio is dedicated to a new type of architectural relationship, where to call an architect would scarcely be stranger than hiring a accountant. A relationship where conceiving your own living space would neither be a luxury nor would it be utopic. La SHED offers an innovative and inclusive approach for its renovation, expansion and new construction projects. This approach makes architectural services accessible for any scale of project as well as any budget. It is also for the purpose of accessibility that the firm has chosen to make its home in a store front boutique location. The workshop, visible from the street, is configured in order to optimize team work, an essential ingredient in stimulating creativity. Weaker ideas are eliminated for the benefit of the more creative ones. The synergy of the La SHED team can be felt not only in project work, but also in the conviction that architecture can be done differently by developing partnerships with people who choose to invent, or reinvent, their lifestyle. Upon completion of its second project, la Maison Demers, La SHED was overwhelmed with critical success and has since been high lighted in a number of specialized medias and has received a variety of design and architecture awards. Notably, the firm is the recipient of the 2016 Emergent Architectural Practice Award given by the Royal Architectural Institute of Canada (RAIC), the Canada Council for the Arts 2018 Ronald-J.-Thom Award for Early Design Achievement, and three Excellence in Architecture Awards granted by the Quebec Order of Architects (2015, 2017, 2019). Even though the team now has thirteen members, all decisions are made as they were on the first day – they are “submitted to the board” around the same large table.


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PROJECT NAME: Maison du Parc LOCATION: Montréal, Québec, Canada FIRM ARCHITECT: la SHED architecture COMPLETION YEAR: September 2017 PHOTO CREDITS: Maxime Brouillet

WEBSITE | lashedarchitecture.com INSTAGRAM | @lashedarchitecture

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KATARZYNA ZDROWAK Katarzyina è nata in Polonia nel 1977 e il suo percorso con la fotografia è iniziata nel 1992. Il primo periodo utilizzava macchine analogiche, per passare successivamente ad una macchina digitale. Si è occupata di pubblicità, fotografia di make up e di nudo. Ha realizzato cover session per celebrità, fashion session per giornali, cataloghi di lingerie e campagne di immagine, vincendo molti premi e riconoscimenti, tra cui il concorso Playboy Fotoerotica. Attualmente è concentrata solo sulla fotografia di beauty/makeup e sul fotoritocco, collaborando con truccatori professionisti. Essendo fotografa e truccatrice di professione, la fotografia di cui si occupa attualmente unisce queste due passioni. Lavora in studio con configurazione di 5-6 lampade flash professionali per ottenere effetti particolari, cercando emozioni mentre lavora con una modella quando lo sguardo è forte e attira l’attenzione dello spettatore. Il “marchio” del suo lavoro è “Photoflow “. “Flow” (flusso, che significa energia) è uno stato di azione creativa durante il quale una persona è completamente assorbita da ciò che compie, in uno stato energizzante di concentrazione che genera auto-soddisfazione durante l’esecuzione di una determinata attività. Il “Flow” rimuove le preoccupazioni e le frustrazioni dalla coscienza nella vita quotidiana. E quando sperimentiamo la sensazione del “Flow” il significato del tempo cambia rendendo la vita più ricca, più intensa e piena di un significato superiore. INSTAGRAM | @photoflow_zdrowak

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Katarzyina was born in Poland in 1977 and her path with photography began in 1992. The first period she used analog cameras, to later switch to a digital camera. She has been involved in advertising, make-up and nude photography. She has created cover sessions for celebrities, fashion sessions for newspapers, lingerie catalogs and image campaigns, winning many prizes and awards, including the Playboy Fotoerotica contest. Currently she is focused only on beauty/make up photography and photo retouching, collaborating with professional makeup artists. Being a photographer and make-up artist by profession, the photography she is currently working on combines these two passions. She works in the studio with a configuration of 5-6 professional flash lamps to obtain special effects, looking for emotions while working with a model when the gaze is strong and attracts the viewer’s attention. The “trademark” of her work is “Photoflow”. “Flow” (flow, which means energy) is a state of creative action during which a person is completely absorbed by what she does, in an energizing state of self-generating concentration. satisfaction during the execution of a certain activity. The “Flow” removes worries and frustrations from consciousness in everyday life. And when we experience the sensation of “Flow” the meaning of time changes making life richer, more intense and full of higher meaning.


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association Giulia Mozzini (nata a Verona nel 1995) è una fotografa italiana indipendente e CEO dell’associazione Nessunopress, per la promozione e la diffusione della cultura fotografica. Inizia a utilizzare la fotografia da piccola, a 7 anni, per poi continuare durante il periodo dell’adolescenza. Dopo il liceo classico, si trasferisce a Milano per frequentare il biennio all’Isituto Italiano di Fotografia per poi specializzarsi in fotografia documentaria all’accademia John Kaverdash. Mostre e Festival: 2015, Festival della Fotografia Europea 2016, Galleria Meravigli in collaborazione con Eyesopen! Magazine 2018, Milano Photofestival 2018, Paratissima Art & Photo fair 2020, il suo lavoro “Life of a Repented” (ancora inedito) viene selezionato per la Biennale della Fotografia Femminile di Mantova

Exhibitions and Festivals: 2015, Festival of European Photography 2016, Galleria Meravigli in collaboration with Eyesopen! Magazine 2018, Milan Photofestival 2018, Paratissima Art & Photo fair 2020, her work “Life of a Repented” (still unpublished) is selected for the Biennial of Female Photography in Mantua

Nessunoopress, the association of which she is president, is responsible for spreading photographic and visual culture by collaborating with curators, photo editors, gallery owners, critics, storytellers and nationally influential photographers. The organized activities range from didactics (courses, workshops), to promotion (sharing of content relating to the work of established emerging photographers), as well as information and cultural debate (talks and live shows). The workshops are suitable for a transversal target: the curious, amateurs, professionals and beginners. In all courses, participants have the opportunity to carry out a portfolio reading with the teacher presenting their projects and it is then possible to stay in touch with the teacher for the follow up of the work in the following months. To participate in the activities of Nessunopress it is necessary to register: you can request the card directly on the site and it is sent home. During the Covid emergency it was decided to move all initiatives online: both courses and in-depth talks did not stop during the pandemic. This year, Nessunopress collaborates with the Savignano images Festival, now in its 29th edition, organizing all the workshops of this edition. It was chosen to entrust the teaching of the scheduled workshops to four female teachers. All four have a profoundly innovative approach to the use of the photographic medium, dealing with complex issues with highly personal and non-trivial languages and developing their own style and their own narrative poetics for highly recognizable images.

WEBSITE | giuliamozzini.com INSTAGRAM | @giulia.mozzini

WEBSITE | nessunopress.it INSTAGRAM | @nessunopress

Giulia Mozzini (born in Verona in 1995) is an independent Italian photographer and CEO of the Nessunopress association, for the promotion and dissemination of photographic culture. She began using photography as a child, at the age of 7, and then continued during her adolescence. After high school, she moved to Milan to attend the two years at the Italian Institute of Photography and then specialize in documentary photography at the John Kaverdash Academy.

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Nessunopress, l’associazione di cui è presidente, si occupa di diffondere la cultura fotografica e visuale collaborando con curatori, photo editor, galleristi, critici, storyteller e fotografi influenti a livello nazionale. Le attività organizzate spaziano dalla didattica (corsi, workshop), alla promozione (condivisione di contenuti inerenti lavori di fotografi affermati emergenti), nonché informazione e dibattito culturale (talk e dirette). I workshop sono adatti a un target trasversale: ai curiosi, agli amatori, ai professionisti e ai principianti. In tutti i corsi i partecipanti hanno la possibilità di effettuare una lettura portfolio col docente presentandogli i propri progetti ed è poi possibile rimanere in contatto con il docente per il follow up del lavoro nei mesi successivi. Per partecipare alle attività di Nessunopress è necessario tesserarsi: si può richiedere la tessera direttamente sul sito e viene spedita a casa. Durante l’emergenza Covid si è deciso di spostare tutte le iniziative online: sia i corsi che le talk di approfondimento non si sono fermati durante la pandemia. Quest’anno Nessunopress collabora con il Savignano immagini Festival, giunto alla sua 29° edizione, organizzando tutti i workshop di questa edizione. È stato scelto di affidare la didattica dei workshop in programma a quattro docenti donne. Tutte e quattro hanno un approccio profondamente innovativo all’utilizzo del mezzo fotografico, trattando tematiche complesse con linguaggi fortemente personali e non banali e sviluppando un proprio stile e una propria poetica di narrazione per immagini fortemente riconoscibili.


“Ho deciso di scattare rivolgendo l’obiettivo indietro, alle mie origini, alle mie radici. Fotografare la mia famiglia è l’unico modo per salvarli tutti dalla morte che li cancellerà, per raccontare la splendida gabbia dorata che è quella casa in cui sono cresciuta, sentendomi incompresa, fuori posto, sofferente per tutte le aspettative che non riuscivo a soddisfare, ma anche protetta, amata e consolata. Ho iniziato questo lavoro nel 2018 senza pensare a un progetto, rivolgendo semplicemente lo sguardo verso di loro in modo intimo e introspettivo. Ho scoperto i miei drammi e i loro, e ho scoperto anche alla fine non c’è un confine netto. Ho scoperto la caducità dell’esistenza, vedendo i miei nonni consumarsi scatto dopo scatto, mese dopo mese, e i miei diventare più docili, più pacati. Ho scoperto la forza vedendo mio fratello crescere, trasformarsi in un uomo. Ho scoperto la mia paura davanti all’inesorabile trascorrere del tempo che ci lascerà inevitabilmente soli. Ho scoperto di essere indissolubilmente legata a loro e che il fotografarli era diventato un bisogno imprescindibile e non negoziabile. Ogni fotografia scattata a loro è una fotografia di una parte di me stessa e iniziare questo progetto è stato l’inizio di un lungo percorso personale che affronta l’amore, l’affetto, la morte, la vecchiaia, la paura, i legami di sangue e il loro peso sulle nostre scelte e sulle nostre vite.”

FAMILY PORTRAIT PROJECT - Giulia Mozzini

“I decided to shoot by turning the lens back, to my origins, to my roots. Photographing my family is the only way to save them all from death that will erase them, to tell about the splendid golden cage that is that house I grew up in, feeling misunderstood, out of place, suffering from all the expectations that I could not meet, but also protected, loved and consoled. I started this work in 2018 without thinking about a project, simply looking at them in an intimate and introspective way. I discovered my dramas and theirs, and I also discovered in the end there is no clear boundary. I discovered the transience of existence, seeing my grandparents wear out shot after shot, month after month, and mine become more docile, more calm. I discovered strength by seeing my brother grow up, turn into a man. I discovered my fear in the face of the inexorable passage of time that will inevitably leave us alone. I discovered that I was inextricably linked to them and that photographing them had become an unavoidable and non-negotiable need. Each photograph taken of them is a photograph of a part of myself and starting this project was the beginning of a long personal journey that faces love, affection, death, old age, fear, the bonds of blood and their weight on our choices and our lives.“

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PERSONAL VISION Silvia Bigi Sabato 19 e domenica 20 settembre 2020 Savignano sul Rubicone SI FEST - Savignano Immagini Festival Questo corso è adatto a chi vuole utilizzare o già utilizza la fotografia come pratica artistica, lontana dai generi classici e dalle professioni classiche del fotografo. La fotografia artistica implica una costante ridefinizione dei linguaggi e non si accontenta delle classiche etichette del mondo-fotografia. Permette agli autori di trovare una propria strada, un proprio stile, una propria visione personale. In questo workshop di due giorni lo studente inizierà a riflettere su progetto un personale, partendo dall’idea sino a trovare spunti e soluzioni per la sua forma installativa finale. This course is suitable for those who want to use or already use photography as an artistic practice, far from the classical genres and the classical professions of the photographer. Art photography implies a constant redefinition of languages and is not satisfied with the classic labels of the world-photography. It allows authors to find their own way, their own style, their own personal vision. In this two-day workshop, the student will begin to reflect on a personal project, starting from the idea up to finding ideas and solutions for its final installation form.

UNFAMILAR - TROVARE L’INTIMITÀ Simona Ghizzoni Sabato 19 e domenica 20 settembre 2020 Savignano sul Rubicone SI FEST - Savignano Immagini Festival Spesso quando cerchiamo un’idea per un progetto fotografico, tendiamo a cercare soggetti lontani, straordinari, sconosciuti. Questo workshop è invece un invito a guardare vicino a noi, a ciò che ci circonda e a ciò che ci appartiene veramente. I soggetti delle fotografie che andremo ad analizzare sono principalmente persone che riemergono dopo una grande sofferenza o una forte emozione. Arrivare in intimità con tali soggetti richiede pazienza, lentezza e tempo. È con il tempo che si creano i legami. La fotografia, senza legami, senza intimità, risulta impersonale. Questo corso porta a viaggiare partendo dall’estraneità verso la familiarità. Often when we are looking for an idea for a photographic project, we tend to look for distant, extraordinary, unknown subjects. This workshop is instead an invitation to look close to us, to what surrounds us and to what really belongs to us. The subjects of the photographs that we are going to analyze are mainly people who re-emerge after a great suffering or a strong emotion. Getting intimate with such individuals requires patience, slowness and time. It is with time that bonds are created. Photography, without ties, without intimacy, is impersonal. This course leads to travel starting from strangeness towards familiarity.

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MEETING STRANGERS Giulia Nausicaa Bianchi Sabato 26 e domenica 27 settembre 2020 Savignano sul Rubicone SI FEST - Savignano Immagini Festival Come interagire con chi non conosciamo ma vogliamo fotografare? E come raccontare le loro storie, rappresentare le loro identità ed entrare in intimità con loro? Questo workshop getta le basi pratiche e teoriche di cosa vuol dire fare un grande ritratto, rivoluzionando completamente le tecniche base e spingendo i partecipanti a mettersi in gioco e superare limiti e reticenze nell’incontro con un estraneo. L’obiettivo è l’acquisizione da parte dei partecipanti di un bagaglio intellettuale sulle potenzialità del ritratto fotografico di sconosciuti. How to interact with those we do not know but want to photograph? And how to tell their stories, represent their identities and become intimate with them? This workshop lays the practical and theoretical foundations of what it means to take a great portrait, completely revolutionizing the basic techniques and pushing participants to get involved and overcome limits and reticence in meeting with a stranger. The goal is the acquisition by the participants of an intellectual background on the potential of the photographic portrait of strangers.

UNA QUESTIONE PERSONALE, OLTRE LA FICTION Guia Besana Sabato 3 e domenica 4 ottobre 2020 Savignano sul Rubicone SI FEST Savignano Immagini Festival Come nasce un lavoro di Fiction e come puo’ un lavoro personale essere veicolato nel mercato della fotografia e interessare il pubblico. Attraverso la lettura dei portfoli degli studenti mireremo a rivelare le tendenze tematiche, formali o metodologiche che, una volta identificate, serviranno come base per futuri progetti. Lo sperimenteremo in prima persona nella seconda giornata di workshop realizzando insieme una immagine in location trasformando il “personale” in un immagine fotografica di lettura “universale” How is a work of fiction born and how can a personal work be conveyed in the photography market and interest the public. Through the reading of the students’ portfolios we will aim to reveal the thematic, formal or methodological trends which, once identified, will serve as a basis for future projects. We will experience it firsthand in the second day of the workshop, creating an image together in location, transforming the “personal” into a “universal” photographic image for reading

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Atlante Umano Siciliano è il resoconto di un viaggio che restituisce, attraverso l’incontro con i luoghi e le persone che li abitano, la geografia di una Sicilia come territorio di frontiera sospeso tra il reale e l’immaginario. Francesco Faraci esplora, attraverso un indagare incessante fatto di immagini e parole, l’anima mediterranea, nella sua autentica bellezza, nella meraviglia dell’ordinario che si fa inconsueto, nel suo tendere oltre, oltre i luoghi comuni e al di là dei limiti geografici . Per Faraci essere siciliano oggi significa mettersi in cammino, scavare a fondo nella terra e, allo stesso tempo, aprire lo sguardo verso il mondo: «Sapendo che il mare, unico e definitivo confine, ha nella linea dell’orizzonte e nelle direzioni dei venti il suo unico limite». Un lavoro, in definitiva, che affonda nei contrasti : vita e morte, caos e silenzio, gioia e tristezza, rassegnazione e riscatto, amore e rabbia, nel tentativo di rappresentarli per dare un senso a questo nostro andare. Questo volume contiene 50 fotografie in bianco e nero accompagnate da un testo critico di Francesco Cito e dal poema inedito Canto della terra di Francesco Faraci. Sicilian Human Atlas is the account of a journey that returns, through the encounter with the places and people who live there, the geography of Sicily as a frontier territory suspended between the real and the imaginary. Francesco Faraci explores, through an incessant investigation made of images and words, the Mediterranean soul, in its authentic beauty, in the wonder of the ordinary that becomes unusual, in its striving beyond, beyond commonplaces and beyond geographical limits . For Faraci being Sicilian today means setting out, digging deep into the earth and, at the same time, opening our gaze to the world: “Knowing that the sea, the only and definitive border, has in the line of the horizon and in the directions of the winds its only limit ». Ultimately, a work that sinks into contrasts: life and death, chaos and silence, joy and sadness, resignation and redemption, love and anger, in an attempt to represent them to give meaning to our going. This volume contains 50 black and white photographs accompanied by a critical text by Francesco Cito and by the unpublished poem Canto della terra by Francesco Faraci.

FRANCESCO FARACI

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Francesco Faraci CANTO DELLA TERRA In silenzio che passa la bara, accompagnata dalla banda in tiro, un altro se ne va, lascia casa ricordi e un tavolo apparecchiato per cena. Un odore di assenza e formalina negli armadi. Il volto cinereo. Le mura incrostate. Un pianto interrotto. Saliva ingoiata. Terra mia che mi hai insegnato l’amore con la ferocia, l’acqua con il sangue, l’orizzonte dal buco di una serratura mentre in catene attendo la mia grazia. c’è un tempo per distruggere e uno per costruire. Uno per il dolore e uno per gioire. Uno per la semina e uno per la raccolta. Il tempo oggi è distratto, la pioggia batte sui cumuli di lamiere e tutto, tutto è sospeso nell’ipocrisia del mai. Quanto pesa un amore non vissuto? E quanto il cielo sopra di noi? Così pieno di lacrime, di odore di cordame, l’odore del Mediterraneo, e gelsomini e volti di marinai di un mare troppo vasto per la solitudine degli uomini. 68


Guarda, ancora una volta, tutte quelle anime dietro alle finestre, nella tregua di una faida. Occhi che scrutano, occhi che ingannano, che denudano, soddisfatte delle brevi agonie degli uomini, delle pene inconfessate di ognuno. Urla concitate, spari improvvisi e quelle mani che toccano il nervo scoperto del dolore, lo scompongono, lo stringono. Se un giorno avremo un figlio, amore, lo chiameremo Libero. Mischiano il sangue di diverso colore con un braccio diverso dall’altro. Sul bordo della frontiera fui incerto se partire, solo prevalsero alla fine le macerie di una memoria impazzita. Avrei potuto toccare le gambe a una sconosciuta, lasciare che la sua lingua si sciogliesse all’apertura della bocca. Pensieri contorti, polveri desolate, nasi corti, mari rossi, navigare è duro, a volte fai l’amore con le onde, sognando Khaifa pelle d’oliva. Canto per gli esiliati e per i reietti, per i fantasmi dietro la porta. Per i morti che parlano e per i vivi in silenzio. Canto la vita, ciò che più mi è congeniale, la fiducia nel mondo, per quanto a pezzi, negli esseri umani, l’amore delle donne, dei neon pieni di muffa nelle traverse dell’anima. Un segreto mette paura se esce dalla tua bocca appena sussurrato. Un segreto come una guerra silente scuote fragili fondamenta, che stanno in bilico sul castello di carta, che la mia anima s’inganna di continuo e sbatte senza pietà portata dai venti.

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Giorni feroci, selvaggi. Di barche alla deriva. Maestrale che si porta via tutto, e poi il futuro affrontato di faccia. Felicità intraviste, occhi mai più veduti. Fermi lì, nel tempo assenti, ed eterni. Cammino su pezzi di vetro, per strade vuote, e sei già innamorato di lei che non ti importa se ha vent’anni, le hai lasciato tutto in un istante, appena un battito di ciglia. Mia madre aspetta l’autobus, sotto una pensilina di sogni infranti. Partiranno da lontano i fratelli nei barconi al ritmo imberbe degli aquiloni senza santi in paradiso, catene d’anarchia, felicità intime, piccole catastrofi. Dillo a chi ti incontra, sfioragli il braccio, lasciagli nelle ossa una goccia stentata di meraviglia. Alla conta dei denti mancano elementi per mettere ordine al caos, senza per questo volersi del male o assecondare paure e tremori. Durante il ballo chiamerò la futura sposa, le infilerò un anello. La regina del vento non può dire al padre che ha paura, l’ha promessa, combatterà per tirarsi indietro, forse fuggirà, attraverso le foglie di un atrio vacante. Per quelli che vivono in bilico su una gamba sola, in equilibrio su un filo, storie di uomini soli e donne in fiamme, che a poco a poco imparano a fare nodi all’esistenza, si esercitano alla resistenza. Verrà nuova a luce a rischiarare notti future. Verrà il futuro, e avrà gli occhi di un bambino appena nato. Il sapore dei passi incerti ma costanti, protesi alla scoperta del mondo, La pietà non deve avere invidia. È bello danzare insieme nell’incavo dei sogni.

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Contrastare quindi l’offesa, riprendersi il fiato, libertà gridano i partigiani di oggi. Ecco il limite, il tanto agognato altrove, una nuova prospettiva incontra il cielo sgombro di nuvole, colmo di presagi. Origine inquieta, di contrabbando, rubo all’andare le chiavi di casa, colpevoli di spergiuro, di incatenare l’uomo al suo destino. Accusato d’incendio, di vilipendio, il mare urla a perdifiato il nome delle correnti. Invita a visitarlo al buio, mentre i pesci dormono appesi ai ganci dei sogni. Lo sguardo attrae il metronomo delle parole, scandisce il ritmo dei passi stesi al sole, chiede meraviglia. Per le sconfitte di mio padre, per la timida rassegnazione di mia madre e per i grani di un rosario. Ho provato a disegnare il tuo nome e s’è bruciata la mano. Dimmi chi sono allora, non com’ero, magari come saremo quando non torneremo più sui nostri passi. Lasciati plagiare da quegli occhi che ti guardano, sii spugna senza sentirti qualcuno, diventa un alibi, una scusa per il tuo amore, che risponde a se stesso, che di nuovo torneremo a bere il vino buono con le mani a forma di coppa. Forse saremo più stanchi, i capelli sai imbiancano, il volto si asciuga, ma la domanda inconsueta del vivere è in attesa di ubriacarsi insieme a noi, di meraviglia. Parleremo delle occasioni perdute. Diremo parole non dette, dei treni che ci passeranno davanti. Da domani sapremo che nulla è perduto, però, che continueremo ad amare la strada e il suo perdersi e ci accorgeremo che ciò che quel giorno chiamammo dolore in realtà era un tempo sospeso. Tralasceremo l’inferno, il muso dei cani arrabbiati e bavosi, la paura delle parole e in questa terra d’esilio, all’incrocio dei popoli sulla curva del Mediterraneo, arriverà di nuovo l’amore, questa notte, in Sicilia. 71


ATLANTE UMANO SICILIANO di Francesco Faraci Pagine/pages: 112 + inserto 8 pag. Dimensioni/Size: 24x24 cm Peso: 550 gr. Edizione carta: euro 32,00 Isbn: 9788832007336 Editore/Publisher: emuse Collana: Portfolio Fotografie di: Francesco Faraci Testi di: Francesco Faraci, Francesco Cito, Angelo Cucchetto, Grazia Dell’Oro. Curatela: Angelo Cucchetto, Grazia Dell’Oro

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WEBSITE | francescofaraci.com INSTAGRAM | @faracifra

Francesco Faraci nasce a Palermo nel 1983. Dopo gli studi umanistici in antropologia e sociologia, nel 2013 trova nella fotografia il suo mezzo d’espressione e si forma attraverso le immagini dei grandi fotografi di scuola francese e americana, nel tentativo di rinnovarne il linguaggio. Al centro del suo lavoro c’è la sua terra, la Sicilia, che percorre in lungo e in largo e della quale ama descrivere gli incroci culturali e i paradossi esistenziali: nascita e morte, gioia e violenza, la solitudine che si nasconde fra le pieghe della modernità. Riserva uno spazio particolare alle minoranze e ai minori che nascono, crescono e spesso si formano nelle zone disagiate e abbandonate delle città. Nel 2016 pubblica il suo primo libro fotografico Malacarne-Kids come first, edito da Crowdbooks a cura di Benedetta Donato, un viaggio di tre anni dentro le estreme periferie di Palermo, che riceve il secondo premio nella sezione libri fotografici al PX3 di Parigi e al MIFA di Mosca. Nel 2017 pubblica il suo primo romanzo Nella pelle sbagliata, edito da Leima Edizioni. Due sue fotografie vengono utilizzate per le copertine dei romanzi di Saviano “La paranza dei bambini” e “Bacio feroce” nell’edizione destinata ai Paesi Bassi. Nel 2019 partecipa al tour di Jovanotti “Jova Beach Party” per realizzare un reportage che, partendo dai concerti, potesse offrire una fotografia dell’Italia di oggi. Il lavoro è stato pubblicato da Rizzoli con il titolo Jova Beach Party: Cronache da una nuova era. I suoi lavori sono apparsi su The Guardian, Time Magazine, The Globe and Mail, La Repubblica, L’Espresso, Le Monde, Libération, VICE.

Francesco Faraci was born in Palermo in 1983. After completing his studies in anthropology and sociology, in 2013 he turned to photography and learned from the great European and American photographers in order to develop his own photographic style. The focus of his work is his homeland of Sicily, which he travels far and wide, describing its cultural crossroads and existential paradoxes: birth and death, joy and violence, the solitude that hides among the folds of modernity. He has a particular interest in the minorities and children who are born and grow up in poor, abandoned neighbourhoods. In 2016 his first photographic book Malacarne-Kids come first was published by Crowdbooks and curated by Benedetta Donato: a three-year journey through the outskirts of Palermo, which received the second prize in the photo books section at PX3 in Paris and MIFA. In 2017 his first novel Nella pelle sbagliata (In the wrong skin) was published by Leima Edizioni. Two of his photographs are used for the covers of the Dutch editions of Saviano’s novels “La paranza dei bambini” (The Piranhas) and “Bacio feroce” (Savage Kiss). In 2019 he took part in Jovanotti’s “Jova Beach Party” tour to work on a reportage that, starting from the concerts, offered a picture of today’s Italy. The work is published by Rizzoli with the title Jova Beach Party: Cronache di una nuova era (Jova Beach Party: Chronicles of a new era). His work has appeared in The Guardian, Time, The Globe and Mail, La Repubblica, L’Espresso, Le Monde, Libération and VICE.

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ALICE, LIFE IS WHAT 74


surrealism

YOU DECIDE 75


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Il progetto reinterpreta liberamente il capolavoro di Lewis Carroll “Alice nel paese delle meraviglie”, concentrando e analizzando l’immagine di Alice e gli insegnamenti della vita che si possono trarre dalla fiaba. Il titolo combina le immagini rappresentate nella serie; il personaggio di Alice è diventato un androide, legato con fili e imprigionato in una stanza asettica mantenendo uno sguardo pieno di cortesia e desiderio di sognare. In queste immagini, concettualmente assistiamo alla crescita della protagonista, questo non è solo a livello fisico, perché la ragazza è grande rispetto alla stanza, ma il momento rappresentato è quello dello sguardo rivolto nella direzione che sta per intraprendere, la sua prima decisione indipendente. La crescita avviene completamente quando Alice è nel vortice delle carte, il destino la avvolge, i vari semi rappresentano le fasi dell’amore (cuori), del dolore (picche), della fortuna (dei fiori), della saggezza (dipinti). Una pozione verde in mano e una chiave con la forma del suo cuore dall’altra parte sveleranno: vita, fortuna e amore, equilibrio della vita senza pregiudizi e senza vizi. L’epilogo è rappresentato dalla piena consapevolezza di Alice del mondo circostante, la quale diviene regina del proprio destino, conscia delle proprie decisioni e della sua vita finalmente svincolata dai legami dell’adolescenza, la ragazza è diventata donna. Karmilla Shelly è un’artista e fotografa d’arte nata in Italia. Ha studiato scenografia all’Accademia di Belle Arti di Roma e successivamente ha completato i suoi studi ottenendo una laurea in Arte Contemporanea. Karmilla usa la fotografia e il video come media creativi da quando era una studentessa attratta dal mondo del cinema e dei video. Presto cerca il suo stile personale, dedicandosi instancabilmente a una profonda ricerca dei luoghi fisici e mentali dell’esistenza umana, gli impulsi dell’anima, la psiche, temi fondamentali che permeano le sue composizioni accostando l’onirico e il surreale. Per le sue opere, oltre alla pura fotografia, usa la manipolazione grafica, a volte combinata con elementi scenici in 3D per creare o reinventare storie di fantasia o immagini con sfaccettature sensuali e di mistero. The project freely reinterprets Lewis Carroll’s masterpiece “Alice in Wonderland”, concentrating and analyzing the image of Alice and the teachings of life that can be drawn from the fairy tale. The title combines the images represented in the series; Alice’s character has become an android, tied with threads and imprisoned in an aseptic room while maintaining a gaze full of courtesy and desire to dream. In these images, conceptually we witness the growth of the protagonist, this is not only on a physical level, because the girl is big in relation to the room, but the moment represented is that of the gaze turned in the direction she is about to take, her first independent decision. The growth takes place completely when Alice is in the vortex of the cards, fate envelops her, the various suits represent the phases of love (hearts), pain (spades), luck (flowers), wisdom (paintings). A green potion in her hand and a key with the shape of her heart on the other side will reveal: life, luck and love, balance of life without prejudices and without vices The epilogue is represented by Alice’s full awareness of the surrounding world, who becomes queen of her own destiny, conscious of her own decisions and of her life finally freed from the bonds of adolescence, the girl has become a woman. Karmilla Shelly is an artist and art photographer born in Italy. She studied scenography at the Academy of Fine Arts in Rome and subsequently completed her studies obtaining a degree in Contemporary Art. Karmilla has used photography and video as creative media since she was a student attracted to the world of cinema and video. Soon she looks for her personal style, dedicating herself tirelessly to a profound search for the physical and mental places of human existence, the impulses of the soul, the psyche, fundamental themes that permeate his compositions by combining the dreamlike and the surreal. For her works, in addition to pure photography, she uses graphic manipulation, sometimes combined with 3D scenic elements to create or reinvent fantasy stories or images with sensual and mystery facets WEBSITE | karmillashelly.com FACEBOOK | karmillashellyphotography INSTAGRAM | @karmilla_shelly

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OJO DE PAZ A GREENER BACKYARD

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PHOTOGRAPHER: Ojo De Paz | @almostlikefisheye MODEL: Miranda | @mirandaberggren


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S S S U S E U R E R N H N O JOH

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John Reuss è nato nel 1973 in Germania ed ora vive e lavora in Danimarca. È un artista autodidatta e, mentre da un lato dipinge ed espone per la maggior parte della sua vita, ha studiato sviluppo di modelli e design, conseguito una laurea in informatica ed ha lavorato in varie mansioni nel campo creativo, dall’insegnamento del disegno a lezioni di graphic design, media planning e marketing - prima di fare dell’arte il fulcro principale. Il mondo che Reuss descrive non è un luogo nello spazio e nel tempo. È un mondo interiore, un mondo in cui pensiero, emozione e cognizione primitiva definiscono le figure e lo spazio che abitano. Per Reuss il processo creativo è una chiave per il mondo interiore e psicologico: l’equilibrio al confine tra conscio e subconscio che ruota attorno al tema principale dell’alienazione causata dalla realtà esterna, dalla crescita nel mondo e dal modo in cui viviamo le nostre vite, sconvolge o influenza la nostra vita interiore e la nostra esistenza. I suoi dipinti rappresentano essenzialmente una realtà interiore disturbata o la percezione di sé, con l’obiettivo di catturare la lotta esistenziale, i dubbi e l’alienazione che derivano dalla nostra vita moderna. Questo è il motivo per cui le figure e i volti nel suo lavoro presentano un aspetto frammentato scomposto e disintegrato. John Reuss was born 1973 in Germany - and is now living and working in Denmark. He is a self taught artist and while painting and exhibiting on the side for most of his life, he has previously studied pattern development& design, taken a Bachelors in Computer Science and worked in various positions in the creative field, from teaching drawing and concept development classes to graphic design, media planning and marketing - before making art the main focus. The world Reuss depicts is not a location in space and time. It is an inner world, a world where thought, emotion and raw cognition defines the figures and the space they inhabit. For Reuss the creative process is a key to that inner, psychological world - balancing on the border of the conscious and subconscious and revolving around the main theme of alienation caused by how the outer reality, the development in the world and how we live our lives, disrupts or affects our inner life and existence. His paintings are essentially depicting a disturbed inner reality or self-perception, aiming to capture the existential struggle, doubts and alienation that comes in the wake of our modern life. This is why the figures and faces in his work look the way they do - fragmented, broken up and disintegrating.

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WEBSITE | johnreuss.com INSTAGRAM | @jreuss FACEBOOK | johnreuss

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LARS FINK RASMUSSEN 96


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Ho lavorato come direttore creativo, art director e grafico nel settore pubblicitario per più di 25 anni. Negli ultimi 2-3 anni ho seguito varie tipologie lavori di fotografia, inclusi packshots, lifestyle, ritratti, moda, interni, ecc. La mia mente è addestrata a pensare concettualmente e portare a termine idee e adoro raccontare delle belle “storie visive”. La mia più grande passione è la bellezza e l’immagine di moda. Sono profondamente affascinato dalla fotografia fashion e da tutto il lavoro associato a questo tipo di prodotto. I vestiti e le scarpe, gli accessori, la giusta location, la selezione dei modelli, il tema, la luce, lo styling, il trucco, gli assistenti e l’attrezzatura fotografica. E adoro quando il modello giusto, i vestiti e un luogo “fresco” si fondono in un universo meraviglioso che crea pura magia per gli occhi. Pertanto, la magia è una parola chiave molto importante per me, in qualsiasi servizio fotografico: voglio, posso e cercherò sempre di creare un’espressione visiva unica. Per me, moda e bellezza non sono solo una strada facile. Richiede molta preparazione con idea e ricerca, per ottenere il risultato finale con il giusto mood. Forse sono un perfezionista o un piccolo nerd, ma semplicemente adoro tutte le sfaccettature di una “grande” immagine, sia prima, durante che dopo. Posso garantire che ce la metterò tutta per creare l’immagine perfetta ogni volta. Ho diretto per molti anni attori, modelli professionisti, modelli semi-prof e modelli principianti. Non importa chi, cosa o quanto le persone esperte siano davanti alla telecamera, il rispetto reciproco, il sorriso e l’umorismo sono ingredienti importanti per creare il miglior umore e i migliori risultati. E, in ogni caso, sono bravo a far rilassare le persone, a farle sentire a proprio agio e felici davanti alla telecamera, così che i momenti belli e magici possano essere catturati dalla telecamera.

I have worked as a creative director, art director and graphic designer in the advertising industry for more than 25 years. And for the past 2-3 years, I have been the photographer on various tasks, including packshots, lifestyle, portraits, fashion, interior, etc. My brain is trained to think conceptually or to make good ideas, and I just love to tell beautiful stories visual stories. My biggest passion is beauty and fashion images. I can still be deeply fascinated by a beautiful fashion image and of all the work associated with fashion images. All clothes and shoes, accessories, the right location, selection of models, the theme, the light, styling, makeup, assistants and photo equipment. And I love when the right model, the clothes and a cool location merge into one beautiful universe that makes pure magic for the eyes. Therefore, magic is a very important keyword for me, at any shoot - I want, I can, I will always go for creating a unique visual expression. To me, fashion and beauty are not just an easy solution. It requires a lot of preparation with the idea and research, so the final result gets the right magic mood. Perhaps I’m a perfectionist or a little nerd, but I simply love all facets of a great picture, both before, during and after. I can guarantee, that I will go all-in to create the perfect picture every time. I have through many years instructed actors, professional models, semi-prof models and completely untested models. No matter who, what or how practiced people are in front of the camera, mutual respect, smile and humor are important ingredients for creating the best mood and the best results. And, by all means, I’m good at making people relax, feeling comfortable and happy in front of the camera, so the beautiful and magical moments gets caught in the camera.

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WEBSITE | finkphotography.dk INSTAGRAM | @finkphotography FACEBOOK | finkphotography

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Tomoaki Uno Architects


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“Il sito è una vecchia area residenziale sviluppata alla periferia di Nagakute, vicino a Nagoya. Un’idea un po‘ conservatrice dei clienti voleva una casa moderna con cemento a vista. Ecco perché ho progettato gli interni utilizzando il rovere bianco per soddisfare la coppia. Ho osato allungare la distanza dall’ingresso al soggiorno, e ho realizzato una pianta che enfatizzasse fortemente il racconto. Il soggiorno è spalancato a est e, intorno ad esso, è disposta una cornice di quercia bianca per disegnare lo scenario come un dipinto.”

“The site is an old developed residential area on the outskirts of Nagakute, next to Nagoya. A slightly conservative impression of the client’s couple wanted a modern house with exposed concrete. That’s why I designed the interior using white oak to suit the couple. I dared to lengthen the distance from the entrance to the living room, and made a plan that strongly emphasized the story. The living room is wide open to the east and a white oak frame is set around it to design the scenery like a painting.”

PROJECT NAME: Sagamine House ARCHITECTURE FIRM: Tomoaki Uno Architects FIRM LOCATION: Nagoya, Aichi Pref, Japan COMPLETION YEAR: 2016 BUILT AREA: 153.27 m2 PROJECT LOCATION: Nagakute, Aichi Pref, Japan LEAD ARCHITECTS: Tomoaki Uno PHOTO CREDITS: Hiroshi Tanigawa WEBSITE: tololo.info PHOTO CREDITS: Yasuko Okamura E-MAIL: okamura@va-va-va.com

WEBSITE | unotomoaki.com INSTAGRAM | @tomoaki.uno

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I’D RATHER DIE WHILE I’M HUMAN, Oil on canvas. 31 x 24 inch (80 x 60 cm)


exhibition

MIRRORED SOULS The Year of Love La Dorothy Circus Gallery di Londra è orgogliosa di presentare al pubblico Mirrored Souls, prima personale su suolo europeo dell’artista thailandese Bobby Leash. La mostra inaugurerà in data 10 Ottobre 2020 presso la sede londinese della galleria al 35 di Connaught Street, Londra, e sarà visitabile su appuntamento fino al 10 Novembre 2020. Per tale occasione, ultimo capitolo espositivo presso la DCG London della programmazione 2020, intitolata Mirrored Souls: The Year of Love, l’artista esporrà una serie inedita di 8 oli su tela, alla quale dedica il medesimo titolo scelto dalla DCG per il tema espositivo del 2020, proponendo al pubblico un’ulteriore e conclusiva riflessione sull’Amore e i sentimenti, veicolata attraverso la straordinaria potenza estetica e tecnica delle sue opere. Quali sfide si devono affrontare per trovare la propria anima gemella? In una società contemporanea sempre più tecnologica e individualista, l’artista si interroga sulle difficoltà e i confronti necessari ad incontrare - o semplicemente riconoscere - uno spirito affine, insieme al quale possiamo trovare equilibrio e raggiungere la felicità. In un viaggio introspettivo dalle forme fluide e i sentimenti densi, Leash racconta l’amore, restituendone una rappresentazione caratterizzata da quella stessa icono-grafia d’eccellenza di stampo Anime e Manga giapponesi, che ne rende la trasposizione su tela visivamente molto forte, vibrante, talvolta dolorosa, come solo i rapporti profondi possono essere. Una ricerca di un Amore non perduto quindi, ma difficile da mantenere, in una perenne tensione tra anime ugualmente guidate da un intimo desiderio di vita e rinascita che le porta a proiettare nelle relazioni sentimentali le personali complessità in una danza di Amore e Tanatos dall’imperitura speranza di una lieta fine. Indifferentemente dalla natura dei rapporti amorosi, che riguardino un partner, un famigliare o un amico, l’abilità di Leash si staglia unica nella rappresentazione fedele della battaglia che questi comportano, in un duello di anime che si incontrano e si respingono, che si amano e si rifiutano, e che costruiscono le proprie relazioni con la tenera ingenuità e la perenne infantile speranza di essere amati anche di fronte alla constatazione che, per quanto ci si provi, non si è mai in grado di far collimare le nostre esigenze con quelle dell’Altro e che vi saranno sempre ostacoli da affrontare e sacrifici da compiere. Fiduciosamente, però, il solo titolo della mostra Mirrored Souls ci restituisce un messaggio di fede e aspettativa da parte dell’artista: “Il destino potrà cercare di separarli o sbarazzarsene ma la loro determinazione a rimanere insieme li proteggerà come una corazza contro gli avvenimenti pronti a sopraffarli. O almeno, se così dovrà essere, essi soccomberanno insieme piuttosto che cedere ad una morte vuota, solitaria e terribile” Queste le parole dedicate da Bobby Leash ai protagonisti delle sue opere, il cui stile, influenzato dall’immaginario Manga degli anni ’90 e primi 2000, ci riporta al tempo stesso alla tecnica liquida delle opere di James Jean, sorprendendoci per la sua capacità di rendere analogicamente su tela la tridimensionalità e fluidità della realtà virtuale del video games. Bobby Leash, per la prima volta con una personale in Gran Bretagna presso la Dorothy Circus Gallery, espone internazionalmente dal 2017 ed è stato pubblicato su riviste leader del settore come Juxtapoz.

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STIGMA, Oil on canvas. 24 x 31 inch (60 x 80 cm)


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DEFENSELESS, Oil on canvas, 31 x 24 inch (80 x 60 cm)

PROMISE ME, Oil on canvas, 24 x 24 inch (60 x 60 cm)


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DON’T YOU DARE, Oil on canvas, 31 x 24 inch (80 x 60 cm)

ARE WE OK?, Oil on canvas, 24 x 24 inch (60 x 60 cm)


YOU JUST WANT TO GROW OLD AND DIE WITH YOU, Oil on canvas, 24 x 31 inch (60 x 80 cm)

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VOLUNTARY VILLAINS, Oil on canvas, 31 x 24 inch (80 x 60 cm)


Dorothy Circus Gallery London is proud to present Mirrored Souls, the first European solo show dedicated to Japanese artist. The exhibition will open on the 10th of October 2020 at our London premises, located at 35 Connaught Street, and it will be on view by appointment only until the 10th of November 2020. During the event, the last chapter of our 2020 program Mirrored Souls: The Year of Love, the artist will exhibit an original collection of 8 paintings, offering the public a further and conclusive reflection on Love and similar emotions, conveyed through the extraordinary aesthetic power and technique of his artworks. What challenges are you willing to face to find your soulmate? In our contemporary society, becoming increasingly technological and individualistic, the artist questions the necessary difficulties and confrontations to meet - or simply recognise - an akin spirit that could bring balance and joy to our lives. In this introspective journey of fluid shapes and strong feelings, Leash talks about love, reestablishing a connection with such emotion, and characterising it with Anime and Mangainspired Japanese iconography that makes its visual representation on canvas truly strong, quivering, and sometimes painful like only genuine relationships can be. It results in a synthesis of unlost love, difficult to maintain, in a never-ending tension between souls that are equally guided by an intimate desire of life and rebirth, causing them to project their traumas into their relationships, in the passing hope of a joyful ending. Unlike the nature of romantic relationships regarding a partner, the artist honestly portrays the emotional battle within a relationship with a family member or a friend, in a duel of souls that meet and repel, loves and rejects. They build their relationships with tender ingenuity; an eternal childish hope to be loved even when facing the realisation that, no matter how hard one tries, our needs cannot always met by others; as there will always be obstacles to overcome and sacrifices to make. However, faith prevailing, the title of the exhibition itself, Mirrored Souls, conveys a message of hope and expectation from the artist: “Destiny will try to tear them apart but their determination to be together will protect them like an armour against overwhelming events. Or at least, if it has to end this way, they will surrender together instead of giving up to an empty, solitary, terrible death.” This is Leash’s commentary on the protagonists of his works, whose style, influenced by the imaginary of ‘90s and early ‘00s Mangas, brings us back to the liquid technique of James Jean’s artworks, surprising us for his ability to translate on canvas the tridimensionality and fluidity of virtual reality in video games. Bobby Leash has been exhibiting worldwide since 2017 and has been published on leading art magazines, such as Juxtapoz. He will display his work for the first time in Great Britain at the Dorothy Circus Gallery in London.

Dorothy Circus Gallery Via dei Pettinari 76, Rome - Italy WEBSITE | dorothycircusgallery.com INSTAGRAM | @dorothycircus FACEBOOK | Dorothy Circus Gallery WEBSITE | bobbyleash.com INSTAGRAM | @bobbyleash

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interview

VALERIO BISPURI 122


Lima, Perù. 2007 Valerio Bispuri è un fotoreporter conosciuto per alcuni suoi lavori importanti. Lo abbiamo incontrato per saperne di più sui suoi progetti, passati e recenti. “Prigionieri”, “Encerrados” e “Paco”, formano una vera e propria trilogia sulla libertà perduta. Valerio Bispuri is a photojournalist known for some of his important works. We caught up with him to find out more about his past and recent projects. “Prisoners”, “Encerrados” and “Paco” form a real trilogy on lost freedom.

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Carcere penitenceria, Santiago del Chile. 2008

INTERVISTA DI ELEONORA BOVE Eleonora Bove: Il tuo primo lavoro come fotoreporter risale al 2001. Come mai hai sposato fin da subito il genere del reportage? Cosa ti affascinava e come sei arrivato a collaborare con testate importanti? Valerio Bispuri: La mia passione per la fotografia nasce nel 1989, all’età di 18 anni. Partecipo ad un corso di fotografia organizzato dalla Regione Lazio: diventa una passione che poi decido di far divenire una professione nel 2000. Nel 2001 parto per il Sud America, vado a vivere in Argentina e porto avanti contemporaneamente il mio primo lavoro come fotoreporter: racconto la crisi economica in Argentina. Da lì nasce un po’ tutto quanto: decido di vivere in questo Paese per 10 anni e inizio ad occuparmi di certe tematiche fotografiche. A me è sempre interessato raccontare, soprattutto le situazioni più complicate, invisibili. Da ragazzo credevo che potessi utilizzare la scrittura, poi invece sono riuscito a farlo tramite la fotografia e le immagini. Vivo la fotografia solamente come un mezzo per raccontare le situazioni estreme e nascoste, che hanno un po’ come tematica in comune la libertà perduta. Nasce da un bisogno interiore, non c’è una motivazione logica. La collaborazione con le testate giornalistiche è venuta un po’ di conseguenza. Nel 2001, quando ho lavorato sul progetto riguardante la crisi economica argentina, ho contattato molte delle testate giornalistiche in quanto lavoravo già come giornalista e avevo dei contatti. Mi sono proposto come fotografo ed è stato un primo passo. Al di là dei contatti, se un lavoro è valido, è sufficiente inviarlo ai photo editor delle varie riviste. Se ha una forza espressiva, prima o poi viene senz’altro pubblicato. E’ quello che insegno sempre ai miei alunni. Comunque, riuscire ad entrare nel mondo del fotogiornalismo è stato un passo molto difficile e compiuto con estrema calma: ogni volta era un tassello che aggiungevo in più. Era tutto un percorso da compiere per entrare nel sistema. Eleonora Bove: Your first job as a photojournalist dates back to 2001. Why did you embrace the reportage genre right from the start? What fascinated you and how did you come to collaborate with important newspapers? Valerio Bispuri: My passion for photography was born in 1989, at the age of 18. I take part in a photography course organized by the Lazio Region: it becomes a passion that I then decide to make a profession in 2000. In 2001 I leave for South America, I go to live in Argentina and at the same time I carry on my first job as a photojournalist: story the economic crisis in Argentina. From there a little of everything arises: I decide to live in this country for 10 years and I start to deal with certain photographic themes. I am always interested in telling, especially the most complicated, invisible situations. As a boy I thought I could use writing, but then I managed to do it through photography and images. I live photography only as a means to tell the extreme and hidden situations, which have a bit of a common theme of lost freedom. It comes from an inner need, there is no logical motivation. The collaboration with the newspapers has come a bit ‘as a consequence. In 2001, when I worked on the project concerning the Argentine economic crisis, I contacted many of the newspapers as I was already working as a journalist and had contacts. I proposed myself as a photographer and it was a first step. Beyond the contacts, if a work is valid, it is sufficient to send it to the photo editors of the various magazines. If it has an expressive force, sooner or later it is certainly published. That’s what I always teach my pupils. However, being able to enter the world of photojournalism was a very difficult step and taken with extreme calm: each time it was an extra piece that I added. It was all a process to go through to get into the system.

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EB: Il tuo primo progetto importante riguarda le carceri sudamericane. Ottieni il permesso per accedere al padiglione di Mendoza, dove erano rinchiusi i carcerati più pericolosi. Quali sono state le difficoltà riscontrate durante gli scatti e quanto ha inciso questo tuo lavoro su quello realizzato successivamente nelle carceri italiane? VB: “Encerrados” per me è il mio primo progetto, quello più importante, che ha marcato probabilmente tutto il mio successo giornalistico. I permessi nelle carceri sono stati un po’ una conseguenza. Questo progetto nasce in Ecuador, quando visito un carcere. Vedendo le carceri in Ecuador, non appena rientro in Argentina provo ad entrare in quelle argentine ed inizia pertanto a formarsi un progetto sulla libertà perduta. L’episodio di Mendoza è un po’ particolare: c’era questo padiglione numero 5 che non volevano farmi visitare dicendomi che era uno dei più pericolosi. Dopo una certa insistenza, mi hanno fatto firmare un’autorizzazione in cui mi assumevo le mie responsabilità. Sono entrato in contatto con una realtà disumana. In seguito ad un’esposizione a Buenos Aires, tale padiglione è stato liberato. I detenuti sono stati infatti trasferiti. Per me, è stato un processo molto importante. I permessi sono stati facili da ottenere in alcune zone come la Colombia; in Chile o in Bolivia, ad esempio, tutto ciò è stato più difficile. E’ strano come nei Paesi di sinistra sia stato un procedimento più difficile rispetto ad altri più chiusi, di Destra. Ogni volta inviavo un foglio all’Ambasciata italiana con un progetto scritto: alla fine, ho potuto raccontare le carceri in Sud America. “Prigionieri” nasce invece in una forma diversa: è il frutto di alcuni prigionieri di Poggio Reale che mi chiedevono di fotografare anche le carceri italiane. Da lì, pensavo che fosse più difficile. All’inizio credevo infatti di fare uno spin-off, ma poi l’idea si è allargata a varie carceri in Italia. EB: Your first major project is about South American prisons. Youobtain permission to enter the Mendoza Pavilion, where the most dangerous inmates were held. What were the difficulties encountered during the shots and how much did your work affect the one made later in Italian prisons? VB: “Encerrados” for me is my first project, the most important one, which probably marked all my journalistic success. Permits in prisons were a bit of a consequence. This project was born in Ecuador, when I visit a prison. Seeing the prisons in Ecuador, as soon as I return to Argentina I try to enter the Argentine ones and therefore a project on lost freedom begins to form. The Mendoza episode is a bit special: there was this pavilion number 5 that they didn’t want me to visit and told me it was one of the most dangerous. After some insistence, they made me sign an authorization in which I assumed my responsibilities. I came into contact with an inhuman reality. Following an exhibition in Buenos Aires, this pavilion was released. The inmates were in fact transferred. For me, it was a very important process. Permits have been easy to obtain in some areas such as Colombia; in Chile or Bolivia, for example, all this was more difficult. It is strange how in the countries of the left it was a more difficult procedure than in other more closed ones, of the Right. Each time I sent a sheet to the Italian Embassy with a written project: in the end, I was able to tell about prisons in South America. “Prigionieri”, on the other hand, was born in a different form: it is the fruit of some prisoners from PoggioReale who asked me to photograph Italian prisons as well. From there, I thought it was more difficult. At the beginning I thought I was doing a spin-off, but then the idea spread to various prisons in Italy.

Prigionieri carcere di Regina Coeli, Roma. 2018

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Paco, Buenos Aires. 2009


EB: Come mai hai deciso di portare avanti un progetto legato ad una donna lesbica e com’è stato interagire con lei in merito ad una questione talmente intima? VB: E’ un lavoro che io avverto lontano e non è tra i principali del mio percorso fotografico, E’ durato quasi 6 anni. L’Argentina è il primo Paese che ha concesso il matrimonio tra omosessuali e dunque mi sembrava interessante raccontare una coppia lesbica che si sposava. E’ stato un lavoro fatto insieme a loro. Giorno per giorno, con fiducia e rispetto. EB: Why did you decide to carry out a project related to a lesbian woman and what was it like interacting with her on such an intimate issue? VB: It is a work that I feel far away and it is not among the main ones in my photographic journey. It lasted almost 6 years. Argentina is the first country that allowed marriage between homosexuals and therefore it seemed interesting to me to tell a lesbian couple who were getting married. It was a job done with them. Day by day, with confidence and respect. EB: Hai il merito di aver sensibilizzato l’opinione pubblica sulla questione legata al paco. Sei riuscito a far allontanare da questa droga letale alcuni di coloro che ne facevano uso? VB: Per quanto riguarda invece il paco, è stato uno dei miei progetti più lunghi, iniziato nel 2001 con la crisi economica argenitina, in quanto questa droga è proprio figlia di quella crisi. E’ un lavoro che mi ha tenuto col fiato sospeso per molto tempo poiché mi sono serviti 14 anni per comprendere da dove venivano questi ragazzi che ne facevano uso, ma anche cosa c’era intorno ad essi. E’ stato un grosso lavoro. L’ultima parte di esso è stato dedicato ai ragazzi che provano ad uscirne, cosa quasi impossibile in quanto anche allontanandosi dal contesto del paco, restano in una realtà molto complessa. Direi che il mio lavoro sia servito, in qualche modo, a sensibilizzare e a raccontare una droga così lontana da noi. Non so se sono stato capace ad aiutare qualcuno. Ci sono sicuramente dei donatori che danno un supporto all’Associazione che si occupa di aiutare i bambini e i ragazzi ad uscire dal paco. E’ il mio secondo lavoro, dopo “Encerrados”, anche se ha camminato parallelamente ad esso. E’ un lavoro a cui tengo particolarmente. EB: You have the merit of having sensitized public opinion on the issue related to the paco. Were you able to get some of those who used it away from this lethal drug? VB: As for the paco, it was one of my longest projects, started in 2001 with the Argenitine economic crisis, as this drug is the daughter of that crisis. It is a job that has kept me in suspense for a long time since it took me 14 years to understand where these guys who used it came from, but also what was around them. It was a big job. The last part of it was dedicated to young people who try to get out of it, which is almost impossible as even moving away from the context of the paco, they remain in a very complex reality. I would say that my work has served, in some way, to raise awareness and to tell a drug so far away from us. I don’t know if I was able to help anyone. There are certainly donors who give support to the Association that deals with helping children and young people to get out of the pack. It is my second job, after “Encerrados”, although it has walked parallel to it. It is a job that I particularly care about.

Filippine, Manila. 2014

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Paco, Buenos Aires. 2012

EB: Tratti un tipo di fotografia dove l’estetica passa in secondo piano rispetto ai contenuti. Che posto occupa dunque nei tuoi lavori? VB: L’estetica non è in secondo piano. Credo sempre che una buona foto sia importante. Più una foto è bella esteticamente, più si fa guardare. Io sono contro le foto che sono solo estetica, quando sono solo forme, linee e luci che non portano a nulla. Prediligo una foto dove c’è principalmente la narrazione, la profondità. Poi l’estetica aggiunge qualcosa al racconto e al percorso fotografico. Una foto bella può essere fatta da tutti. E’ più difficile fare una foto che abbia un racconto dietro e ricerca. Non sono contro l’estetica. Sono dunque favorevole ad un’estetica che aggiunge qualcosa alla profondità. EB: You are dealing with a type of photography where aesthetics take a back seat to content. So what place does it occupy in your works? VB: Aesthetics are not in the background. I always believe that a good photo is important. The more aesthetically beautiful a photo is, the more it makes you look. I am against photos that are only aesthetic, when they are only shapes, lines and lights that lead nowhere. I prefer a photo where there is mainly the narration, the depth. Then the aesthetics add something to the story and the photographic journey. A beautiful photo can be taken by anyone. It is more difficult to take a photo that has a story behind it and research. I’m not against aesthetics. I am therefore in favor of an aesthetic that adds something to depth. EB: Quali sono i lavori a cui stai lavorando attualmente? VB: Ora sto lavorando a due progetti, essenzialmente. Il primo è un progetto sulla malattia mentale, iniziato due anni fa in Africa: sono stato in Zambia, in Kenya; la malattia mentale è qualcosa di oscuro in quei Paesi. Col Coronavirus si è bloccata la possibilità di viaggiare e mi sto occupando da mesi della malattia mentale in Italia. Il DSM (Dipartimento di Salute Mentale) qui a Roma mi ha aperto le porte. Sono riuscito ad accedere alle strutture dedicate ad essa. Anche la malattia mentale dopotutto è una libertà perduta. Poi ho ripreso anche il lavoro sui rom, al quale tengo tantissimo. Ho iniziato a lavorare su questa tematica da giovanissimo, dopo oltre 20 anni ho ripreso a fare ciò. Sono stato nei campi. Ho esplorato questo mondo anche bistrattato e odiato nelle varie società. Inoltre, attualmente porto avanti due lavori: uno riguarda i sordi e l’altro sul traffico di donne in Argentina, da cui sto fermo da alcuni mesi. Dunque, principamente sto lavorando sulla malattia mentale e sui rom. In seconda battuta, vi sono il progetto sui sordi e quello sul traffico delle donne in Argentina. EB: What are the jobs you are currently working on? VB: I’m working on two projects now, essentially. The first is a project on mental illness, started two years ago in Africa: I was in Zambia, Kenya; mental illness is something dark in those countries. With the Coronavirus the possibility of traveling has been blocked and I have been dealing with mental illness in Italy for months. The DSM (Department of Mental Health) here in Rome opened its doors for me. I was able to access the facilities dedicated to it. Mental illness is also a lost freedom after all. Then I also resumed the work on the Gypsies, which I really care about. I started working on this issue at a very young age, after over 20 years I started doing this again. I’ve been in the fields. I explored this world even mistreated and hated in various societies. In addition, I currently carry out two jobs: one concerns the deaf and the other on the trafficking of women in Argentina, from which I have been stopped for some months. So, mostly I’m working on mental illness and Gypsies. Secondly, there is the project on the deaf and the one on the trafficking of women in Argentina.

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Prigionieri Carcere di Capanne - Perugia. 2018

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