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REBEUS

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MAGISTER THE BOOK

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RUBEUS

TUTTO È PREZIOSO

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INTERVISTA A NATALIYA BONDARENKO FONDATRICE E CREATIVE DIRECTOR DEL BRAND ITALIANO CHE HA FATTO DIVENTARE COUTURE ANCHE I PROFUMI

Di Lara J. Mazza

IL LUSSO PUÒ TRASCENDERE UN

MARCHIO? La risposta è sì se diventa una esperienza artistica in cui potersi immergere completamente e se i suoi significati intrinsechi travalicano ampiamente il valore economico dei prodotti realizzati. Rubeus, come racconta la sua creatrice, è stato concepito con un obiettivo chiarissimo: essere un’esperienza di lusso che testimonia l’eccellenza dell’artigianato Made in Italy e della nostra bravura artistica. Temi quali raffinatezza, artigianalità ed eredità del patrimonio artistico-culturale italiano sono i cardini sui cui si è sviluppato l’intero progetto creativo e mette in evidenza la sconfinata dedizione alla ricerca e alla progettazione di ogni singolo prodotto – accessori, abbigliamento, gioielleria e profumeria – con il chiaro intento di esaltare l’individualità di chi li sceglie.

Cosa è nato per primo?

«Il progetto Rubeus è nato nel 2013 ma ci sono voluti alcuni anni per poterlo vedere “messo a terra”. Le borse sono state il mio primissimo amore. L’abbigliamento è arrivato in un secondo momento, nel 2017, quando è nata la collaborazione con Luigi Bevilacqua che mi ha portato a reinterpretare i suoi meravigliosi tessuti storici veneziani, alcuni dei quali intessuti con fili d’oro e d’argento, realizzati ancora a mano con telai originali del ‘500. La collezione si chiama “Venetia Eternity” ed è una capsule continuativa che viene arricchita ogni stagione di nuovi capi.

Poi sono giunte le calzature con Riccardo Polidoro, designer anche per Dolce & Gabbana e Roberto Cavalli. Il passo alla piccola pelletteria è stato breve. Il profumo invece è nato nel 2018 mentre a luglio del 2019, al Museo del Louvre a Parigi, abbiamo presentato l’alta gioielleria. Tutto quello che facciamo nasce con il concetto di Atelier perché rivolto a una clientela molto alta e ad alcune famiglie reali.»

Come nasce il brand?

«Finiti gli studi di architettura ho deciso di fare un Master di architettura e design e ho scelto Firenze perché volevo venire in Italia.

In quel momento non sapevo che sarei diventata

una designer di accessori di lusso. Finito anche il Master abbiamo deciso di rimanere in Italia perché sentivo che questo era il mio paese. Mi sono innamorata letteralmente della lingua italiana. Dopo tanti anni ho scoperto di avere anche sangue italiano…

È stato così che io e la mia famiglia abbiamo deciso di trasferirci a Milano. Durante i primi mesi continuavo a domandarmi cosa avrei fatto della mia vita. Durante l’estate, mentre eravamo a Capri e a Positano da alcuni nostri amici napoletani e parlavamo di moda italiana, della sua cultura contrapposta alla realtà francese, ci è venuta in mente l’idea di creare un nuovo brand di lusso. Eravamo dispiaciuti di constatare che i brand francesi producono in Italia e che in Italia mancava un vero brand di lusso, come lo intendevamo noi. All’inizio per me ha rappresentato solo un hobby perché non avevo chiarezza su dove mi avrebbe portato questo progetto. Ho cominciato dagli accessori: non immagino oggi una donna senza una borsa, perciò ho voluto iniziare da qui. Dopo una partenza cauta e dopo l’apertura dello show room in San Pietro all’Orto a Milano siamo cresciuti molto velocemente. Dalle borse siamo passati agli accessori; poi sono arrivato gli abiti per avere il total look e infine si è concretizzato un sogno, cioè avere il nostro profumo. Oggi siamo un brand di lusso a 360° gradi. È molto complicato perché bisogna avere tante persone brave con cui lavorare, veri professionisti per ogni singolo dipartimento. Non è facile perché ci sono tanti competitor, anche storici, ma è molto bello.»

È una visione molto positiva la tua…

«Sì, mi dà gioia. Ma è importante anche avere coraggio e un pizzico di fortuna che non guasta mai.»

Ci racconti come è nato il nome Rubeus?

«Sin dall’inizio abbiamo pensato di creare una linea di gioielli. Ci piace lavorare con le pietre e il rubino è una di quelle che amiamo di più. Da qui la traslazione in latino: Rubeus.»

Oggi ti senti più designer o imprenditrice?

«Decisamente più Creative Director e imprenditrice. All’inizio non era questo il mio obbiettivo perché sono partita come designer ma oggi ho assunto completamente il ruolo di imprenditrice perché parte tutto da me. Seguo ogni singolo aspetto, il controllo è importante.»

Secondo te oggi qual è la sfida più grande per una imprenditrice come te?

«Avere il proprio DNA, la propria identità e riconoscibilità che rappresentano gli obbiettivi più impegnativi da perseguire. Trovare la propria strada è un lavoro molto complicato. Possiamo dire anzi che è un “capolavoro”. Alla fine tutto si riduce a una competizione, bisogna avere carattere.»

Qual è l’identità di Rubeus, in tre parole? «Esclusività, diversità, stile nuovo»

Hai avuto dei mentori o delle guide a cui ti sei ispirata?

«Mi sono ispirata a tutta la cultura italiana, partendo da Firenze. In ogni nostro singolo progetto, per categoria di prodotto, è chiara l’ispirazione all’architettura che è anche la mia base di partenza.»

Se tornassi indietro, al 2013 quando hai iniziato a lavorare su Rubeus, c’è qualcosa di particolare che ti diresti?

«Alla me stessa di allora direi “Brava Nataliya, sei coraggiosa, vai avanti!” Anche se non avessi mai immaginato di lavorare così tanto (ride).

Oggi non mi posso più fermare, è come fare continue maratone. Inoltre ho la mia famiglia e due figli di 11 e 12 anni che vanno seguiti.»

Qual è la tua fonte di ispirazione per le tue collezioni? «I viaggi. Mi trasmettono innanzitutto felicità. E poi tutto ciò che è italiano.»

Ci sono delle donne che rappresentano delle icone per te e sulle quali ti piacerebbe vedere un gioiello o un capo di abbigliamento Rubeus?

«Mi piacerebbe vedere le mie creazioni indossate da Sophia Loren e Monica Bellucci. Due donne che mi ispirano tantissimo per ciò che rappresentano, per la loro bellezza e il loro carisma unico. Secondo me oggi manca l’eleganza, quella più classica del termine.

Tra le più giovani invece stimo Chiara Ferragni, nella sua veste di imprenditrice. Secondo me ha fatto tantissimo per questo paese durante il Covid, e non solo.

Reputo la sua una bella famiglia. Rappresentano la nuova generazione attiva e c’è sempre più bisogno di esempi così. Abbiamo necessità di cambiamenti e loro sono l’espressione di un mondo in movimento.»

Cosa ti piacerebbe che le donne provassero quando scelgono di indossare le tue creazioni?

«Felicità e fortuna.»

Interessante il concetto di fortuna…

«Sì, per me la fortuna esiste e aiuta gli audaci. Ovviamente bisogna crederci. Proprio durante il lockdown è nata la collezione che porta questo nome: oggetti porta fortuna, talismani che possano aiutarci e ci regalano vibrazioni positive. Jashi in giapponese, Nazar in hindi, malocchio in italiano: indicano tutti una delle superstizioni più diffuse. Noi abbiamo reinterpretato l’Evil Eye e l’Occhio che tutto vede facendoli diventare l’Occhio dell’Amore, un gioiello pensato perché in un momento così difficile tutto il mondo ha bisogno dell’amore divino. Il nostro designer, Frederic Mane, ha deciso così di unire due potenti simboli che sottintendono la ricerca della verità nascosta, che richiede saggezza e coscienza, ed è la fonte di tutto nell’esistenza, il bene perfetto e il trionfo sul male. Tre codici colore, sei combinazioni vibranti di materiali e texture.

Oro bianco, giallo e rosa abbinato a diamanti, gemme colorate come gli zaffiri e pietre semipreziose tra cui lapislazzuli, tormaline e rubeliti. Ed è solo l’inizio: la collezione “Fortuna”verrà ampliata con nuovi pezzi, nuove combinazioni di colori e nuovi talismani. Oltre ad anelli, bracciali e ciondoli, la collezione comprende anche i sautoir.»

Cos’è il lusso per te?

«Il lusso innanzitutto è personale, ovvero rappresenta quel qualcosa di esclusivo per te, unico. Quell’oggetto che, quando una persona te lo vede addosso, lo puoi raccontare. Ecco, questo mi ispira. La nostra non è una grande produzione, non lo vuole essere proprio per questo motivo.»

Quante clienti ti chiedono le personalizzazioni?

«Moltissime! Vogliono avere la garanzia di avere creazioni realizzate esclusivamente per loro. Vi faccio un esempio: per i matrimoni mi chiedono,

più spesso di quanto non si creda, di realizzare anelli ad hoc. Quando ami una persona non vuoi il gioiello più bello che c’è? Nelle borse personalizziamo le fodere interne, la metallerie e spesso le arricchiamo di gioielli, di diamanti o pietre preziose. Noi lavoriamo con quell’1% del mondo che sono stanchi dei soliti nomi blasonati, offrendo loro un universo di possibilità con una miriade di scelte esotiche di materiali rari e gemme leggendarie. Si annoiano a vedere sempre le stesse cose, vogliono nuovi marchi. E di sicuro, per diventare un nuovo brand è necessario avere una strategia chiara e ben definita, oltre ad una buona capacità economica per affrontare questo percorso.»

Che rapporto hai con il colore? Le tue collezioni ne sono ricche.

«Trovo il colore nero particolarmente banale. Amo molto di più l’idea di poter raccontare delle storie attraverso il colore. Io vedo l’Italia come un paese molto colorato e questo per me è fonte di ispirazione. Venezia, Firenze e tante altre. Avete presente la Dolce Vita? Ecco, a colori. Uno dei nostri punti cardine è trasmettere ai nostri clienti lo stile italiano perché l’Italian Style, ambito e desiderato in tutto il mondo, non è solo moda e design ma anche e soprattutto un modo di vivere fatto di bellezza e felicità.»

Come è nato il profumo?

«Era uno dei nostri sogni realizzare una fragranza che portasse il nostro nome. L’idea di “vestire” la donna Rubeus è un concetto che la coinvolge a 360 gradi, anche con il profumo. Che poi si sono moltiplicati. Per me rappresenta ciò che rimane dopo un incontro. Sappiamo che per noi non è importante solo la vista ma lo è altrettanto l’olfatto. Il nostro odore ci definisce e rimane impresso nella memoria esattamente come il resto. In fondo il nostro lato animale - quello più naturale, istintuale - esiste e la chimica fa il suo corso. Il profumo ti racconta la personalità e il carattere di chi lo indossa e ti lascia un messaggio, che sia un incontro di lavoro, di amicizia o per amore. Sono molto sensibile a questo aspetto, in positivo e in negativo. Viviamo di prime impressioni. Ve la immaginate una persona senza?»

Hai accennato al fatto che ci sono più fragranze Rubeus…

«Il primo nato, “Rouge”, ha preso ispirazione dalla borsa “Midas”, ricalcandone le fattezze sulla bottiglietta. Le sue note di testa sono ribes rosso e Champagne. Una fragranza molto fresca, agrumata grazie anche alle note di mandarino. Perfetta per l’estate. Poi è arrivato “Vert”, nato per il mercato arabo: più intenso, con spiccate note legnose e infine “Bleu” dove gli agrumi, l’iris e le erbe si fondono con il talco e la pelle. I nostri profumi non sono mai banali, come non lo è il mondo Rubeus. Per la prima linea poi, abbiamo voluto creare un packaging davvero prezioso con tappi gioiello – veri gioielli! - che possono essere usati anche come spille. Siamo usciti dalla logica di avere un tappo che, per quanto prezioso, rimanesse unicamente sulla bottiglietta. Il gioiello è il leit-motive di tutte le nostre collezioni e in questo modo assume un doppio significato.»

Dove siete distribuiti?

«In tutto il mondo, Emirati Arabi compresi.

A seconda della categoria merceologica abbiamo diversi punti vendita o siamo posizionati nei migliori Department Store come Mercury o Harrods. Stavamo iniziando a lavorare con l’Asia ma la pandemia ci ha bloccato impedendoci di andare in loco a presentare le nostre creazioni. Abbiamo rimandato all’anno prossimo. Al momento siamo presenti in Cina con un canale dedicato, così come in altri paesi attraverso siti specifici per la vendita online. Ma non ci fermiamo. Per questo secondo semestre e per il 2022 avremo tante altre sorprese.»

Puoi anticiparci qualcosa?

«Vi dico solo che il nuovo progetto si chiamerà “Giardini di Venezia” e sono sicura vi piacerà!»

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