5 minute read
PATEK PHILIPPE / HAUSMANN & CO
PATEK PHILIPPE / HAUSMANN & Co.
IL MULTIFORME TEMPO DI ROMA
Advertisement
HAUSMANN & CO. ha una storia che inizia nel 1794: un onore oppure un onere?
«È un privilegio. Avere la responsabilità dirigenziale di una azienda plurisecolare è una possibilità unica, soprattutto quando l’obiettivo è confermare quotidianamente la percezione di qualità assoluta, competenza, affidabilità. La sfida imprenditoriale che ne consegue ha i suoi oneri, ma è inutile nascondere che ogni lavoro di responsabilità ne imponga. Il mio lavoro mi permette di aggiungere a questo motivazione e passione.»
Tanti i cambiamenti in questi anni, quali sono state le vostre tappe più importanti?
«Hausmann & Co. ha rivoluzionato la sua strategia retail: le tre aperture su via dei Condotti delle Boutique Rolex (2018), Patek Philippe (2019) e Tudor (2020) hanno focalizzato l’attività di Hausmann & Co. quale concessionario plurimarca sull’elegante salotto di Via del Babuino 63, trasformando così il nostro Gruppo in un ingranaggio di trasmissione fondamentale delle strategie dei Brand che rappresentiamo in tutti e quattro i nostri attuali punti vendita. È meno visibile ma altrettanto strategica l’evoluzione organizzativa del Gruppo, che ha centralizzato le funzioni di staff all’interno di un nuovo ufficio dal 2019, consolidando processi e sistemi informativi quali spina dorsale dell’attività dei negozi. I cambiamenti sono funzionali per la ricerca dell’eccellenza, per questo continueremo a realizzarne.»
Roma viene chiamata la città Eterna, qual è il rapporto dei romani con il tempo e con gli orologi?
«Il tempo di Roma è multiforme: lo Stato della Chiesa lo segnava con campanili che a volte ancora si ricordano di battere le ore, la Capitale del Regno D’Italia ci ha lasciato lo sparo del cannone del Gianicolo ogni mezzogiorno, le case degli aristocratici romani di entrambe le epoche lo lasciano scandire dai rintocchi delle pendole che ancora ripariamo. I romani oggi prestano poca attenzione a questi suoni del tempo, perché esattamente come nel resto del mondo il tempo è scandito da strumenti tecnologici (su tutti il cellulare) ancor prima che dall’orologio. Ma è sbagliato considerare l’orologio un oggetto superfluo: l’ora la possiamo conoscere in molti modi, ma è indiscutibile che chiunque indossi l’orologio quotidianamente si senta poi smarrito quando malauguratamente non lo abbia al polso.»
Voi siete storici concessionari Patek Philippe. Tanta tradizione ma anche tanta competenza per riuscire a trattare una marca così importante. Tutta esperienza sul campo, oppure bisogna studiare per raggiungere il necessario grado di competenza?
«Lo studio costituisce la base per l’apprendimento sul campo e per l’evoluzione innovativa del ruolo di concessionario. La nostra azienda si è dotata nel tempo di competenze in economia e organizzazione aziendale, orologeria e meccanica, queste ultime sviluppate anche grazie ad un modello di formazione di Patek Philippe d’avanguardia. Queste conoscenze abilitano l’apprendimento sul campo, che avviene tramite le esperienze tramandate dai colleghi più esperti, gli incontri con collezionisti e esperti di settore, il confronto tecnico con i colleghi orologiai interni ai negozi. Vale inoltre la regola di ogni settore: la formazione continua. Perché le competenze non rimangono stabili nel tempo, se non usate, si deteriorano. Aggiungo a competenza ed esperienza sul campo anche un altro fattore distintivo: i valori aziendali di serietà ed eccellenza del servizio; questi elementi insieme determinano la nostra capacità di interpretare le richieste dei clienti e le strategie di Patek Philippe con la nostra personale firma.»
Cosa vi chiedono i vostri clienti Patek Philippe e cosa vorreste che vi chiedessero?
«La cosa più importante forse è cosa tutti i clienti si aspettano a fronte dei loro desideri di acquisto. Serietà. Di questo ne facciamo una bandiera. I clienti affezionati e realmente appassionati lo
Giulia Mauro Co-amministratore Hausmann & Co.
riconoscono e lo apprezzano, anche quando si trovano a vivere anni di attesa per modelli molto rari. Ci piacerebbe che il cliente di passaggio, che si relaziona con noi per la prima volta, ci chiedesse di scoprire i segreti tecnici ed artistici di Patek Philippe piuttosto che la semplice disponibilità di specifici modelli.
Ma siamo soddisfatti del fatto che i nostri clienti affezionati abbiano ormai una vera passione per questi argomenti, e di questo il merito va tutto riconosciuto al preparatissimo staff della Boutique Patek Philippe insieme al contesto privilegiato di una boutique monomarca.»
Oggi il mondo sembra impazzito per alcuni modelli, uno di questi è il Nautilus. Come fate a gestire le mille richieste che sicuramente avrete?
«Con trasparenza. I clienti sono consapevoli che la produzione di orologi delle collezioni Nautilus ed Aquanaut è estremamente limitata, e di conseguenza lo è la nostra disponibilità. In un contesto di domanda esponenzialmente cresciuta, i clienti hanno capito che siamo obbligati a riconoscere la priorità ai nostri clienti affezionati del brand Patek Philippe, interessati a costruire una collezione completa fatta di complicazioni e grandi complicazioni, orologi sportivi dal design unico e rarità classiche ed innovative.
Usando le parole di Thierry Stern, spieghiamo che non può esistere un cliente “Nautilus”, ma esiste un cliente “Patek Philippe”, che apprezza la filosofia del brand ed è appassionato delle caratteristiche intrinseche di eccellenza di ogni suo prodotto. Certo non tutti sono contenti di questa risposta, ma è la più onesta e trasparente che possiamo fornire. Se fossi un cliente, cercherei proprio questo nel partner con il quale costruire la mia collezione di orologi.»
Lavorare in orologeria è un obbligo familiare oppure una scelta?
«La mia carriera professionale è iniziata nella Consulenza di Direzione, che mi ha strapazzata e spostata per l’Italia per circa 6 anni. Lavorare “in negozio” (così si è sempre detto a casa) non era una opzione considerata all’epoca, né da me, né da mio padre. Quando mi sono trovata a pianificare un diverso percorso professionale, ho deciso che valesse la pena versare sudore per aggiungere valore all’azienda di famiglia piuttosto che per aziende di altri. E il momento era quello giusto per impostare il futuro passaggio generazionale.»
Cosa le piace di più del mondo dell’orologeria e del suo lavoro?
«L’orologeria è ricca di contrasti unici: unisce meccanica ed arte, coinvolge collezionisti e grande pubblico, parla la lingua della rarità insieme a quella della produzione industriale, è insieme strumento e superfluo. Il nostro è un settore che dall’esterno affascina per la sua patina di mistero, e anche per questo è divertente viverlo dall’interno.»
Cosa le piace di meno?
«La gestione dei clienti che sono più affascinati dal margine di profitto della rivendita dell’orologio rispetto all’orologio stesso. Danneggiano il settore in tanti modi ben noti, e soprattutto causano la frustrazione dei clienti realmente interessati ad acquistare un orologio per il puro piacere di indossarlo e l’amarezza del concessionario che fidandosi, li accontenta.»
Il suo primo orologio?
«Ho imparato a leggere l’ora con un Flick Flack rosa, che mi ha permesso poi di indossare quotidianamente il Tudor Oyster Prince al quarzo misura 26mm che mi è stato regalato per la Prima Comunione.»
L’orologio dei sogni?
«Il calendario perpetuo Patek Philippe per signora referenza 7140G. Un quadrante di eleganza sopraffina che veste la grande complicazione meccanica con grazia e determinazione. Anche per le donne il calendario perpetuo diventerà simbolo di affermazione consapevole e ricercata.»
Patek Philippe ref. 5204R_011