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L’EUROPA SI DICHIARA “LGBTIQ FREEDOM ZONE”

di Sarrie Patozi

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Durante la sessione parlamentare dell’11 marzo, gli eurodeputati hanno deciso di rispondere in questo modo alle leggi arretrate della Polonia e dell’Ungheria sui diritti della comunità LGBTIQ. Marek Dziewiecki, sacerdote della diocesi di Radom in Polonia, ha infatti dichiarato in un’intervista che l’ideologia gender “è pericolosa non soltanto per il fatto che cerca di annullare la ragione” ma anche perché “cerca di annullare le verità di base sull’uomo e la sua natura”. A Częstochowa poi, un’altra località polacca, Henryk Grządko afferma "un'invasione di civiltà minaccia la Polonia, arrivano con bandiere arcobaleno per strapparci i nostri valori". Ma tale politica di violenza nei confronti della comunità LGBTIQ era già iniziata nel marzo 2019, anno in cui numerosi distretti polacchi si dichiararono “liberi dall’ideologia LGBTQ+”. A fomentare rappresaglie discriminatorie sono anche gli stessi “funzionari eletti”, si pensi ad esempio all’attuale primo ministro della Polonia Mateusz Morawiecki. Suo nipote, Frank Broda, attivista LGBTQ+, ha raccontato a VICE World News uno scorcio sulla vita della

suddetta comunità, vista e vissuta innanzitutto da se stesso. “La Polonia ha davvero un grande problema con la cultura della vergogna. Odiamo le persone che vogliono essere loro stesse senza alcun rimorso [...] Il governo manda costantemente segnali negativi attraverso i media, dicendo spesso che noi vogliamo rovinare i ragazzini. Come risultato, se ti mostri per quello che sei, sei in pericolo. Un mio amico è stato aggredito su un mezzo pubblico per il semplice fatto di avere indossato delle stringhe arcobaleno sulle scarpe. Personalmente, mi è capitato di essere minacciato per la stessa ragione. Dunque sì, la vita in Polonia per noi è dura. Dobbiamo aspettarci di essere infilati in un ghetto?” Tuttavia episodi simili si sono verificati anche in Ungheria e non interessano solo la comunità LGBTIQ ma anche le donne. La ministra ungherese Katalin Novák ha infatti invitato le donne, tramite un video pubblicato sui social, a non pretendere lo stesso stipendio degli uomini. Queste sono state le sue parole: "non credere che in ogni momento della nostra vita dovremmo confrontarci gli uni con gli altri e avere per forza lo stesso posto o lo stesso stipendio dell'altro". Il Paese ha inoltre impedito a coloro che non si riconoscono nel proprio genere natio di cambiare sesso. Nella costituzione è stato addirittura inserito un paragrafo che puntualizza come l’Ungheria protegga “il diritto dei bambini all'identità sessuale con la quale sono nati”, volendo garantire “un'educazione corrispondente ai valori che sono alla base dell'identità costituzionale e alla cultura cristiana" del Paese. Con 492 voti favorevoli, 141 contrari e 46 astensioni il Parlamento europeo ha dichiarato l’Europa “LGBTIQ freedom zone”. Numerosi eurodeputati chiedono ora a Bruxelles di attivare le procedure d’infrazione (in particolare l’art. 7 del trattato sull’Unione Europea che prevede “la possibilità di sospendere i diritti di adesione all'Unione Europea […] in caso di violazione grave e persistente da parte di un paese membro dei principi sui quali poggia l'Unione, ovvero libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo, delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto) per porre rimedio alle vergognose violazioni umane commesse dalla Polonia e dall’Ungheria.

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