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MAURIZIO POLLINI, UN PIANISTA SENZA ETA'
di Giovanni Guidi
7 febbraio 2022… Maurizio Pollini è tornato! La Sala Santa Cecilia del parco della Musica di Roma era gremita di gente e, nonostante aspetto ed età diversi, eravamo lì tutti per lo stesso motivo, ovvero quello di assistere al concerto di uno dei più grandi pianisti contemporanei che, pur avendo da poco compiuto 80 anni, non ha perso né il suo spirito né la sua espressività senza pari. “Pollini non suona mai per dimostrarti quanto è bravo, ma per farti sentire quanto è bella la musica che sta facendo”, tali parole del violinista Salvatore Accardo sono sufficienti per delineare uno degli aspetti principali di questo artista; infatti, è proprio l’umiltà che, in unione con la sua ineguagliabile bravura, lo rende il formidabile pianista che è oggi, quel pianista che, nonostante l’età, segue la sua passione a tal punto da scegliere un programma estremamente complicato, ma che non lasci fuori Beethoven, Schumann e Chopin, i suoi tre compositori preferiti con i quali il rapporto è quasi fraterno. Il suo ingresso in sala è stato come un’apparizione e lo scroscio di applausi così immediato e intenso che sarebbe potuto continuare per ore, ma Pollini, dando prova ancora una volta della sua forte personalità, lo ha bruscamente interrotto sedendosi di fronte a quel meraviglioso Steinway e iniziando ad accarezzarne i tasti. Dalle prime e amabili note della Bagatella op. 126 n. 3 di Beethoven a quelle forti e decise dello Scherzo n. 1 di Chopin, ultimo brano del programma, l’emozione e la felicità erano palpabili nell’aria e visibili sul volto di chiunque. Quando il concerto è terminato, oltre che a non andarsene, nessuno di noi accennava a muoversi, come se quelle stesse sensazioni provate fino a poco prima volessero tenerci lì inchiodati per paura di svanire o di essere dimenticate. Allo stesso modo di un sogno, questo momento sembrava interminabile, ma, pochi attimi dopo, tutti stavamo applaudendo anche se, in realtà, nessuno di noi ne era cosciente; l’entusiasmo era tale da rendere il gesto spontaneo come il respiro e, nonostante i minuti passassero, nessuno sembrava intenzionato a far cessare quel momento, diventato per tutti indispensabile. Questa magia, però, si era spezzata, o meglio aveva raggiunto il culmine, quando Pollini, rientrato in sala per l’ennesima volta, si era seduto e, con quella sua immancabile delicatezza e profondità, aveva cominciato a suonare la ballata n. 1 di Chopin. È proprio con quest’ultimo brano fuori programma, che il concerto è definitivamente terminato e noi eravamo lì, sbalorditi e in ammirazione verso quel pianista che rispetto all’inizio dell’esibizione sembrava cambiato poiché, come dice spesso: “soli, immersi nella musica, il tempo si ferma. A volte persino va indietro e si torna giovani”.
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