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DUE CONSIGLI SULLO SCAFFALE

di Marianna Bezzenghi

Anche questo mese vorrei condividere con voi qualche titolo dai miei scaffali che, per un motivo o per un altro, ho particolarmente apprezzato, sperando di fornire spunti utili per la scelta di una nuova lettura!

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Una storia semplice (Leonardo Sciascia, 1989)

Con una racconto poliziesco di davvero poche pagine (per la precisione 66, nell'edizione Adelphi) Leonardo Sciascia, come suggerisce il titolo, narra quella che in apparenza sembra una vicenda semplice, ma in verità nasconde tutta la complessità del sistema criminale purtroppo presente nella sua amata terra, la Sicilia. Lo scrittore come suo solito, toccando amare tematiche quali l'ingente quantità di indagini aperte e successivamente insabbiate, l'intreccio tra delinquenza e autorità, il diffuso traffico di droga e, implicitamente, l'onnipresenza della mafia, affronta un caso di trafugamento di patrimonio artistico, spaccio, omicidio e suicidio, ispirato al realmente accaduto furto della “Natività con i santi Lorenzo e Francesco d'Assisi” di Caravaggio. Consiglio questa breve lettura sia perché, trattandosi di pochi capitoli, può essere un agevole primo approccio all'autore, sia perché personalmente la trama mi ha coinvolta e affascinata di più rispetto anche a classici maggiormente inflazionati come il notissimo“Il giorno della civetta”. A livello stilistico tendo a trovare la narrazione di Sciascia talvolta poco scorrevole e a tratti complicata da seguire soprattutto a causa delle numerose proposizioni incidentali; tuttavia mi sono veramente appassionata a questi romanzi sia per la lucidità con cui l'autore riesce ad affrontare il tema della criminalità (essendo stata una realtà molto vicina a lui, che era anche un uomo di politica) sia per l'incredibile capacità di trasportare i lettori fin dentro le strade dei paesi siciliani a respirarne l’aria.

Dalla parte delle bambine (Elena Gianini Belotti, 2018)

In occasione del mese nel quale ricorre la festa dedicata alla donna, ho pensato di presentarvi uno dei miei saggi preferiti in assoluto, che ha come oggetto proprio la difesa e l'emancipazione del genere femminile. Con questo libro infatti, la scrittrice, pedagogista e insegnante Elena Gianini Belotti ci espone come, in base ai suoi studi e pareri, le diverse inclinazioni di gusti e di carattere tradizionalmente e visibilmente manifestate dai maschi e dalle femmine non siano un fattore innato, bensì il frutto dei distinti modelli educativi che sono tutt'ora e sono sempre stati adottati da parte delle figure di riferimento nella crescita. Attraverso svariati esempi, nonché veri e propri studi psicologici, l'autrice dimostra che le tanto discusse barriere che si ergono tra i generi non solo non sono state affatto abbattute, ma ancora oggi la società si presenta prevalentemente più aperta e favorevole alla figura dell'uomo. Sull'argomento della disparità dei sessi sono ormai state scritte ingenti quantità di libri, ma personalmente ho apprezzato questo per la chiarezza dell'esposizione, la vicinanza che ho percepito con gli esempi riportati e il fatto che venga utilizzato un tanto di tono polemico sufficiente per farsi sentire senza però sfociare in vana eccessività. Il messaggio che ne viene è forte e lampante: sono state le condizioni costantemente imposte nella storia a determinare la disparità di genere che vige nella società, ma allo stesso tempo devono essere i componenti della società stessa, attraverso l'educazione e cambiando gli ormai datati canoni, a rivoluzionare la situazione e instaurare il tanto desiderato concetto di “uguaglianza”. Proprio in questo mese dunque, leggere qualcosa su questo argomento potrebbe rivelarsi uno spunto davvero utile.

L'orto di un perdigiorno (Pia Pera, 2003)

Come già ho avuto occasione di ricordare nell'articolo pubblicato nel numero di febbraio (nel quale ho parlato anche del romanzo “Due vite” di Emauele Trevi), Pia Pera è una scrittrice italiana morta prematuramente nel 2016 che, a metà della sua vita, ha deciso di fuggire dalla frenesia della città, comprendendo che ritirarsi nel podere di famiglia in Toscana per curare appassionatamente giardino e orto (e scrivere libri su questi) sarebbe stata la scelta che l'avrebbe resa più felice. Possiamo definire questo testo un vero e proprio “diario stagionale”, ciascun capitolo del quale corrisponde a un mese di un anno che l'autrice ripercorre attraverso il minuzioso e, talvolta, anche molto tecnico resoconto del suo stile di vita agreste. Con tono ironico e trasparente ella racconta sé stessa mediante il giardinaggio, varie ricette orgogliosamente preparate con gli ortaggi da lei coltivati e rigeneranti passeggiate con gli amici dei terreni confinanti, oltre a includere tutti gli alti e i bassi del lavoro contadino e mostrarci che il rapporto con la natura è tutt'altro che semplice, poiché richiede impegno e dedizione costanti. A primo impatto può sembrare una lettura molto tecnica, magari un po' noiosa e non in sintonia con il gusto dei più ma, nonostante fossi io stessa titubante a intraprenderla, posso affermare che la lentezza con cui la narrazione procede è proprio una delle caratteristiche che la rende gradevole ed è capace di alleviare il nozionismo; una volta finito, ho davvero sentito la mancanza dell'atmosfera che si respirava tra le pagine e della serenità interiore che riusciva a procurarmi. Si è inoltre rivelato per me uno stimolo per riscoprire l'interesse verso le piante e cimentarmi in piccole operazioni di giardinaggio per contribuire alla cura del giardino, cosa che ai miei genitori non dispiace affatto!

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