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Dove c’era l’acqua
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L’estate peggiore per il Po. Danni all’ambiente e all’agricoltura. Turismo in difficoltà. Quali soluzioni? Grandi e piccoli invasi per trattenere le acque invernali dei torrenti. Il progetto Restart Berceto
Testi e foto DI DANIELE PATERLINI
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Quasi contemporaneamente. A Boretto, mentre il Po raggiungeva il livello minimo storico, -4,81 metri rispetto allo zero idrometrico superando il precedente record del luglio 2006 di -4,51 metri, si spegneva a 79 anni Alberto Manotti, da tutti conosciuto come il Re del Po. Grande raccontatore di storie e aneddoti, Manotti incarnava l’anima del Grande Fiume e con i tronchi e i rami che il fiume lasciava dopo ogni piena, Manotti negli anni aveva costruito un mondo fantastico sulla riva, una complessa architettura, che Manotti chiamava casa. Oggi è ancora lì, sulla riva sud a pochi passi dal ponte che collega Boretto con Viadana, invasa dalla vegetazione e distante, molto distante dall’acqua. Sì, perché come per una beffarda coincidenza la scomparsa di Manotti è avvenuta durante la più grave crisi del Po che si ricordi. Il Po è malato. I quasi cinque metri al di sotto dello zero idrometrico danno la parvenza visiva della gravità della situazione, lasciando scoperte ampie porzioni del letto e creando smisurati sabbioni, così vengono dette le ampie spiagge di sabbia finissima (e preziosa) che si formano quando cala il livello dell’acqua in Po. Ma il dato più preoccupante è quello della portata, dei metri cubi al secondo di acqua Nelle pagine precedenti il sabbione nei pressi di Boretto. A lato e in basso il porto fluviale e il pontile. Al centro il ponte di Viadana. Nell’altra pagina l’impianto di sollevamento irriguo della Bonifica Emilia Centrale, costantemente dragato. In fondo il Porto di Mezzani
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che transitano in un determinato punto. Sempre a Boretto il 28 luglio sono stati registrati 151 mc/s contro una media mensile di 705 e un minimo mensile di 253. Analoghe proporzioni si registrano a Cremona (205 mc/s di portata, contro un minimo mensile di 253) e sono ancora più marcate a valle, a Pontelagoscuro nel ferrarese la portata è scesa a 123, quasi la metà del minimo mensile registrato nel 2003 di 237 mc/s. E calando la portata e la forza del fiume, in prossimità del Delta il mare avanza, facendo risalire il cuneo salino a 40 chilometri dalla foce. Questo significa che terreni e falde si salinizzano, diventando improduttivi e inutilizzabili per l’agricoltura, con danni ambientali gravissimi. Cosa ha originato questa inedita situazione? L’estate 2022 si sta configurando come una delle più calde di sempre: le temperature massime da giugno alla seconda decade di luglio sono state simili a quelle registrate nella storica annata del 2003, con quantitativi di pioggia inferiori alle annate più siccitose (2012 e 2017). La scarsità di piogge si riflette anche sulla dotazione idrica della falda che vede ora profondità molto elevate. A completare il quadro ci sono stati un inverno particolarmente secco e poca neve sull’arco alpino. È il cambiamento climatico in corso, con la tendenza alla subtropicalizzazione del clima padano. “Significa che le precipitazioni, nominalmente, resteranno simili nei valori assoluti alla media storica, ma si ridurranno in numero gli eventi piovosi, diventando più intensi – spiega l’ingegner Marco Gardella dell’Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po – saranno maggiori i danni dei benefici”. Rischi di grandinate estive e alluvioni autun-
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nali vanno quindi messe in conto per il futuro e questo ci obbligherà a rivedere l’approccio all’ambiente e all’utilizzo del territorio di pianura. Ma già ora
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MAGAZINE A lato, l’argine a Viadana, sotto il palo con i livelli storici delle piene a Brescello, coperto dalla vegetazione. Nell’altra pagina lo Stradivari fermo a Viadana
l’agricoltura è in sofferenza. “La Bassa è veramente in difficoltà. I campi di pomodoro, le colture di mais, ma anche di erba medica stanno patendo calore e siccità. Si sta rinunciando all’acqua del Po per l’irrigazione – spiega Luca Cotti, presidente di Coldiretti Parma - C’è un calo della produzione vistoso, senza irrigazione si ferma la crescita, tanto che si sta raccogliendo il mais senza che la pannocchia sia formata, questo significa produrre trinciato e mangimi per gli allevamenti poveri di nutrienti, con ripercussioni su tutta la filiera produttiva. Non va meglio per il pomodoro, il raccolto è ormai compromesso nella qualità e nella quantità del prodotto. La fienagione è carente e si consideri che il 75% delle aziende della filiera del Parmigiano produce fieno per autoconsumo”. C’è anche un impatto diretto sulle potenzialità turistiche della Bassa. “In questi anni abbiamo investito tanto nel turismo rivierasco e, ovviamente, i bassi livelli del Po hanno effetti negativi su tutta la filiera – sottolinea Nicola Cesari, sindaco di Sorbolo Mezzani - A giugno la nave Stradivari è rimasta insabbiata e giugno è il mese su cui vi sono più aspettative turistiche, per il clima quasi estivo e l’alto livello delle acque, per lo scioglimento delle nevi. Invece quest’anno abbiamo dovuto interrompere tutte le attività, tra cui il progetto di intermodalità (bici più treno) con Sabbioneta, Mantova, Casalmaggiore e Cremona e la promozione del collegamento con la ciclovia Vento (Venezia, Torino) e con il Garda. Attualmente la navigazione è vietata e la pesca turistica è ferma. La fauna ittica è in sofferenza per le alghe e le acque calde”. Che fare? “Ora stiamo cercando di stabilizzare i parametri attraverso il rilascio controllato di acqua dai grandi laghi, il Maggiore, il Garda, l’Iseo – chiarisce Marco Gardella dell’Autorità di Bacino – cercando di mantenerli in equilibrio. Stessa operazione con i bacini idroelettrici montani, sapendo però che dovranno mantenere determinati livelli per la produzione energetica. Poi stiamo predisponendo le limitazioni, che riguarderanno i prelievi. Saranno possibili solo per portare a termine le colture agricole di pregio”. Ma oltre l’emergenza è aperto il dibattito sul futuro. “In passato si era ragionato sulla bacinizzazione del Po – spiega ancora Gardella – ma il rapporto costi benefici era risultato negativo”. Resta il tema di come trattenere le acque autunnali per gli usi estivi necessari all’agricoltura. “Come Coldiretti sono almeno dieci anni che diciamo che servono gli invasi per trattenere l’acqua appenninica, vediamo se ora, con l’emergenza, ci ascoltano – afferma Luca Cotti - Le dighe vanno bene, ma anche i piccoli invasi che trattengono l’acqua anche solo per un mese, il periodo che serve per l’irrigazione supplementare per garantire qualità e quantità dei prodotti agricoli sono necessari”. Simile la posizione di Mario Marini, presidente di Confagricoltura Parma: “Gli agricoltori non possono indicare le soluzioni tecniche. Grandi invasi, micro invasi a noi non interessa quale sarà la scelta, non vogliamo entrare in queste polemiche.
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Il cambiamento climatico porterà eventi estremi anche in Pianura Padana. L’estate del 2022 è già più calda del 2003 e il Po non è mai stato così basso
Occorre invece far presto, non perdere ulteriore tempo. Vogliamo che si aprano i cantieri, non potremo reggere un’altra estate così”. Ha le idee ben chiare Nicola Cesari: “Sono a favore della diga di Vetto da tempi non sospetti (da molti anni): per noi a Sorbolo è importante la regolamentazione delle acque, per garantire la sicurezza dalle piene e l’apertura del ponte che collega Parma con Mantova e la Cispadana”. Se trattenere con grandi o piccoli invasi le piene dei torrenti appenninici appare come la prima soluzione da adottare, sul medio e lungo termine stanno avanzando progetti di gestione dell’area montana, innovativi e meno impattanti dal punto di vista ambientale e paesaggistico. Restart Berceto, presentato al Ministero della Transizione Ecologica è un progetto pilota dell’Autorità Distrettuale del fiume Po per ridare vita ad alcune aree del nostro Appennino. Partendo dalla mitigazione dei fenomeni di dissesto idrogeologico, attraverso nuove strategie di gestione delle aree forestali, si attiva un’economia circolare e green, grazie allo sviluppo di tecnologie inno-
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Irene Priolo, assessora all’Ambiente dell’Emilia Romagna: “Dall’emergenza alla pianificazione, 10,9 milioni per Parma”
Su quale strada si sta orientando la Regione per affrontare possibili futuri scenari di siccità analoghi a questo 2022? Lo abbiamo chiesto a Irene Priolo, assessora all’Ambiente della Regione Emilia Romagna. “Nell’immediato con i fondi della dichiarazione dello Stato di emergenza nazionale, per cui abbiamo ricevuto 10,9 milioni, nel parmense investiamo 2,88 milioni che finanzieranno 20 interventi (sigillatura di serbatoi, riduzione delle perdite nello stoccaggio, opere su pozzi di captazione e impianti del Consorzio di bonifica). Ma serve lavorare con un approccio sistemico sui temi ambientali. Si parla molto di invasi, infrastrutture fondamentali che saranno al centro anche del nuovo Piano di tutela delle acque, ma, se non saremo in grado di contrastare i cambiamenti climatici, realizzeremo bacini che resteranno vuoti. Ecco perché sul fronte energetico investiamo sulle fonti rinnovabili e sostenibili; con il Piano della Qualità dell’Aria, puntiamo, insieme alle altre regioni del Bacino padano, a mettere in campo misure per ridurre le emissioni climalteranti ed evitare l’innalzamento delle temperature, sui rifiuti adottiamo un approccio che fa dell’economia circolare il proprio faro, che vede il rifiuto non più come scarto ma come risorsa. Bisogna uscire da una logica dell’emergenza ed entrare in quella della pianificazione al 2030. Già oggi, per il territorio parmense, sono stati realizzati, o sono in corso di realizzazione, interventi per 33 milioni di euro destinati ad accrescere la capacità di stoccaggio. Abbiamo ben chiari anche altri due pilastri: il riuso dell’acqua depurata a fini irrigui e il risparmio idrico che è collegato all’efficienza della rete. Nel territorio parmense su quest’ultimo punto, Atersir ha candidato interventi per circa 37 milioni di euro, nell’ambito del PNRR su complessivi 197 milioni. Insomma, il lavoro da fare è tanto, ma noi siamo pronti”.
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vative come la pirolisi e la produzione di idrogeno verde, oltre al recupero dei salti idraulici di rii e torrenti che, in passato, alimentavano vecchi mulini e oggi potrebbero anche produrre energia. Alla base di tutto sta una gestione dell’ambiente forestale, che dovrebbe essere in grado di assorbire molta più acqua piovana di adesso, rilasciandola poi durante l’anno attraverso le sorgenti o le falde in modo da garantire anche alla pianura una più costante disponibilità di acqua durante la stagione estiva. Perché ormai è chiaro anche in Pianura Padana l’acqua è diventata una risorsa, finita e da gestire con cautela e attenzione, proprio qui dove fino a pochi anni il problema era come drenarla e disperderla.