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L’ultimo saluto a Vito Zucchi big dell’economia cremonese
Distribuzione e all’affermazione di importanti marchi del Made in Italy come partner affidabile del settore oleario. Dal 1996, ha continuato a ricoprire il ruolo di Presidente del Consiglio di Amministrazione e Consigliere Delegato e, dal 2012, ha passato il testimone ai figli Giovanni e Alessia per la guida operativa della storica azienda. Numerose le cariche ricoperte sia nel sociale sia in ambito economico. Vito Zucchi era animato da uno spirito non solo imprenditoriale, ma di servizio nei confronti della comunità all’interno della quale si era trovato ad agire, sia nella vita economica che culturale. Attivo sin da giovane nell’Associazione degli Industriali della Provincia di Cremona, ha svolto all’interno di essa svariati incarichi e ne è stato Presidente dal 2001 al 2005. È stato, inoltre, prima membro e, in seguito, Vice
Presidente del Consiglio Direttivo e membro del Comitato Ristretto di Confindustria Lombardia, rappresentando la Giunta a livello regionale. Nell’impegno verso la propria città, ha ricoperto altri ruoli in importanti realtà del territorio: tra il 2004 e il 2016 è stato Presidente della Fondazione Banca Popolare Italiana di Cremona, e dal 2015, su nomina del Sindaco, è stato Consigliere della Fondazione Teatro Ponchielli di Cremona, della cui costituzione è stato uno dei promotori e in cui precedentemente ha ricoperto, per due mandati, la carica di Vice Presidente.
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A suggello del suo impegno, Vito Zucchi è stato nominato Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana nel 1977 e, nel 1985, gli è stata conferita l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Chi lo ricorda come uomo e imprenditore ne sottolinea la riservatezza, i toni garbati, la generosità silenziosa e la finezza del pensiero.
Un ringraziamento, da parte della famiglia, è stato rivolto a quanti hanno espresso il proprio cordoglio attraverso le dimostrazioni di vicinanza e affetto che sono giunte numerose alla famiglia. Ieri, giorno dei funerali, l’azienda è rimasta chiusa in segno di lutto.
CREMONA SOLIDALE, LA CASETTA CHE HA SEGNATO L’EPOCA DEL COVID RIAPRE AL VOLONTARIATO
Resta la prudenza, ma si allentano le restrinzioni. Cremona Solidale ha recepito con sollecitudine le trasformazioni che, a livello normativo, hanno posto fine all’obbligo di esibire il green pass per i visitatori di strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali, dal primo gennaio del nuovo anno. Momentaneamente sospeso, dunque, un servizio ormai entrato a far parte della quotidianità della struttura: quello della “Casetta dei Volontari”; il cui operato ha preso avvio il 20 ottobre del 2020, in un momento quanto mai drammatico. È stata l’epicentro della pandemia da Covid-19.
Per oltre due anni, ai volontari operativi all’interno della casetta (posizionata appena prima del percorso che, dall’entrata di via Zocco, conduce alle varie palazzine di Cremona Solidale) è stato affidato il compito di monitorare qualsiasi ingresso (quando possibile) all’interno della struttura. Contribuendo a mantenere viva negli ospiti, anche in tempi tanto duri e sofferti, la consapevolezza più importante: quella di non essere mai stati dimenticati. Fino al 31 dicembre 2022, il servizio dei volontari collocati presso la casetta (che ha visto la regolare turnazione di un gruppo di circa 15-20 persone), ha previsto apertura mattutina e pomeridiana, dal lunedì alla domenica.
«Quando gli ingressi sono stati reintrodotti, la casetta si è occupata della regolare verifica dei green pass dei famigliari; della misurazione della temperatura corporea e del costante invito a sanificare le mani» ricorda Donata Bertoletti, portavoce del Forum provinciale del Terzo Settore e Presidentessa di Auser Cremona. «Ma nel momento più doloroso, in cui la pandemia era al suo apice e neppure ai volontari era concesso accedere alla struttura, poter svolgere un servizio di “mediazione” tra gli ospiti ed il mondo esterno, risultava, in tal senso, ancor più determinante. In questa fase, la casetta costituiva, per i famigliari, un punto di accoglienza e di raccolta. Qui venivano infatti consegnati i pacchi destinati agli ospiti, contenenti principalmente capi di vestiario e piccole “dolcezze” alimentari, che, con l’aiuto degli educatori e del personale delle varie palazzine, venivano smistati e recapitati ai legittimi destinatari. Un modo per continuare a garantire, agli ospiti, di poter affacciarsi ad una “piccola finestra sul mondo”. Per chi era solito accedere alla struttura dal parcheggio di via Zocco, la casetta dei volontari era ormai divenuta una istituzione. D’un importante punto di riferimento si è trattato, inoltre, anche per il composito mosaico dell’associazionismo cremonese: sotto questo profilo, la casetta è divenuta un proficuo “luogo di incontri ed un intreccio di inserimenti sociali».
«I volontari dell’Associazione amici della Terza Età (poi assorbita da Auser) sono stati tra i primi, ad aver reso possibile il servizio della casetta - osserva, ancora, la presidentessa Bertoletti -. Ma importanti contributi sono giunti, per esempio, anche dal Corpo degli Alpini, dai giovani volontari del Servizio Civile e da altri servizi socialmente utili».
Terminata la situazione emergenziale, naturalmente, ciascuna associazione è ritornata alla propria attività. Auser, invece, resta sul campo: ma non dimentica la gratitudine verso quanti hanno voluto condividere il suo impegno e la sua missione, in un momento della storia condivisa tanto complesso per tutti.
L’impegno di Auser all’interno di Cremona Solidale si manterrà, infatti, costante anche nel 2023. Rinnovata la convenzione con la struttura anche per l’anno corrente, i volontari hanno già ripreso le propria attività di supporto all’interno delle varie palazzine, al fianco degli educatori, du- rante i momenti ludico-ricreativi destinati agli ospiti.
In arrivo, inoltre, altre novità: tra queste, l’iniziativa Belle ad Ogni Età, che vedrà i volontari di Auser impegnati nel facilitare l’accesso delle ospiti al servizio di parrucchiera.
E per quanti provino una certa nostalgia, per l’immancabile benvenuto dei volontari all’ingresso, una lieta notizia. L’attività della casetta riprenderà infatti dal 6 al 19 febbraio, supportando la customer experience destinata ad ospiti e famigliari di Rsa e centri diurni.
Del resto, la sinergia con le associazioni del territorio rappresenta per Cremona Solidale, oramai da molti anni, un valore aggiunto irrinunciabile.
Allo scadere del 2022, la contestuale delibera del Cda ha approvato, infatti, uno schema di convenzione valevole per il biennio 2023-2024, che, oltre ad Auser, vedrà coinvolte al fianco della struttura le associazioni Siamo Noi, Avulss, Dal Naso al Cuore, Go On Odv, La tartaruga Odv, Angeli Custodi, A.I.M.A., EnriCoNoi e Cadash Viscontea.
Perché il dono più prezioso - quello dell’ascolto, e della presenza – non si esaurisce con la situazione emergenziale. Ma prosegue con la testimonianza di vita e di impegno attivo dei volontari, e con la generosità di chi decide, giorno dopo giorno di voler continuare, semplicemente, ad “esserci”.
IL RICORDO • In alcune interviste Giovanni Borsella ripercorreva le vicende della sua famiglia, dalla fortuna in America all’antifascismo
Le righe che seguono sono estratti di diverse interviste pubblicate dal quotidiano La Cronaca di Cremona che Paolo Dossena fece a Giovanni Borsella, che come abbiamo riportato sul numero scorso è morto il 27 gennaio, e i cui funerali si sono celebrati martedì in Cattedrale, in cui ripercorre la storia della sua famiglia e traccia un ricordo di Monsignor Giovanni Cazzani
Angelo “Nino” Borsella era nato a Manhattan (New York, 1895) ed era un coltivatore diretto di Cividale (a metà strada fra Cremona a Mantova), infatti suo padre Giacom o , tornato dall’America con i dollari, aveva comprato circa cento pertiche di terra. La storia di Angelo Borsella è così raccontata da suo figlio Giovanni.
«Cividale (frazione di Rivarolo Mantovano) fu sede dimostrata di una fara longobarda. Infatti il patrono di Cividale è Santa Giulia, longobarda, una santa longobarda».
Allo scoppio della prima guerra mondiale Angelo Borsella parte per il fronte: era molto cattolico e dunque contrarissimo al conflitto.
Racconta Giovanni Borsella che da bambino domandava a suo padre Angelo: “Pupà, chi l’à vurìda la guèra?” (papà, chi ha voluto la guerra?).
Risposta: “I l’à vurida quatar nimai” (l’hanno voluta quattro maiali).
«Ma se eri renitente – racconta
Giovanni Borsella – se ti andava bene ti mandavano al battaglione di disciplina, se no ti fucilavano. Il compito di mio padre, al fronte, era recuperare i morti, li caricava su un carro e li bruciava.
Trovò un povero, giovane ferito austriaco con le budella di fuori che gridava. Gli diede la grappa (alla truppa davano la grappa, agli ufficiali il cognac). L’austriaco ha bevuto tutta la grappa ed è morto, in cambio il papà si è preso la sua cintura, dato che lui non l’aveva: teneva su i pantaloni con una corda.
Dopo la guerra il papà tornò a Cividale, che era tutta rossa. In tutto il paese – a parte le donne – c’erano solo due uomini che andavano in chiesa, Silvio Braga e Angelo Borsella. Invece i socialisti andavano all’osteria Malerba. Mio padre subì vessazioni e minacce dai fascisti, eredi dell’interventismo, al punto che girava armato con una pistola calibro 32. Un giorno fu affrontato da un gruppo di fascisti, cui disse: siete in dieci, ma sei di voi non torneranno a casa. Fu salvato
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