Il prossimo mese, precisamente dal 23 al 25 aprile, si terrà la quarta edizione dell’Italian Street Photo Festival realizzato in partnership con FIAF, che per le note vicende legate alla pandemia di Covid19, quest’anno sarà interamente online, con letture, workshops e talks in streaming. Fra i numerosi ospiti della manifestazione un ruolo certamente di primo piano è affidato a Richard Bram, giudice del contest dedicato alle foto singole, e animatore di uno dei workshop previsti dal programma del Festival. Membro fondatore di iN-PUBLiC, il primo e più noto collettivo internazionale di fotografi di strada, di Bram proponiamo un lavoro che si allontana da quelli realizzati nelle complesse società metropolitane, di cui si può definire un cantore: Londra, e soprattutto New York. Senza dubbio la sua è una fotografia che vive di quei meccanismi narrativi tipici della street, fatti di rapporti e contrasti fra primo piano e ambientazione di sfondo, ma che allo stesso tempo non si esaurisce nella ricerca dell’effetto “meravigliao”. Tant’è che spesso necessita di quel supplemento di sguardo che conferisce allo scatto la profondità di un piccolo racconto, a partire da un “gesto significativo”, come lo definisce lo stesso Autore. In questa nostra riflessione periodica sulla fotografia street/urban i suoi “Appunti cubani” ci aiutano piuttosto a mettere in luce i rapporti osmotici fra street e reportage; non è un caso infatti che l’Autore titoli “appunti” questo lavoro, sottolineandone la collocazione in una terra di confine fra due generi che in questo caso, piuttosto che realizzare un’ibridazione, rivelano una dimensione di complementarietà al servizio di un’esigenza narrativa. D’altra parte, se nella street le serie sono selezioni che si stratificano nel medio-lungo periodo, pur rimanendo comunque dei lavori ongoing, altra cosa è misurarsi con un tempo limitato come quello di un breve viaggio, che obbliga necessariamente ad un approccio diverso. Già ospite anche lui dell’Italian Street Photo Festival nel 2018, Gabi Ben Avraham è il vincitore dello Street Photography Award 2020 di Lensculture per foto singole. Come ricorda Maria Francesca Pantano, la sua è una fotografia in attesa, spesso decisamente lunga, che “le cose convergano”. Espressione che insieme al “gesto significativo” di Richar Bram ci parla dei tentativi, anche brillanti, di allontanarsi dalla definizione- manifesto bressoniana. E, al tempo stesso, di quanto questa rimanga pur sempre un tributo obbligato per chi venga richiesto del senso del proprio fotografare. C’è poi la calda intensità dei colori di Michelle Rick, il cui uso ricorda la straordinaria “modernità” - secondo il titolo di una pubblicazione antologica che ne ufficializza l’ingresso post mortem nell’empireo dei Grandi Autori -, di Fred Herzog. È anche per questo che nonostante i nuovi frequentatori di luoghi come Coney Island, riferimento iconico ad una sorta di palestra obbligata per generazioni di autori, ad iniziare da Harold Feinstein, che nelle foto della Rick si respira un’atmosfera vintage. Assolta però la carica rivoluzionaria delle origini, la saturazione di oggi appare, come rileva Antonio Desideri, un’efficace metafora della società contemporanea, “satura nel senso della densità degli eventi, dei messaggi, delle persone; dei significati, in ultima analisi.” Nell’esplorazione dei diversi linguaggi della street contemporanea, la proposta di questo numero si completa con la Shanghai notturna di Cody Ellingham, che a dispetto dei 30 milioni di abitanti che ne fanno la seconda metropoli più popolosa al mondo, è solitaria, silenziosa, lontana sia dal caos diurno, che da quella scintillante ad uso turistico. Ma se la fotografia street/urban vive del rapporto fra i luoghi e le persone, in questa prospettiva ci si potrebbe domandare allora se una città vuota non sia un ossimoro. In realtà questa Shangai è una città che risuona dei passi randagi dell’Autore, protagonista, anche se non visibile, di queste che appaiono delle riprese cinematografiche in soggettiva, indifferenti alla verticalità, e per questo lontane dall’essere semplice paesaggio urbano. Se in genere sono gli altri ad essere i soggetti della fotografia, in questo caso è l’autore stesso che racconta, attraverso una passeggiata insonne nella notte cittadina, qualcosa di intimo che invita al riconoscimento. Del resto, cosa fanno street e urban se non parlare di noi? Attilio Lauria