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Jaca

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esservi sepolti, e nei loro testamenti chiesero messe al suo altare.Tra le altre, merita un ricordo particolare la cappella di San Salvador, detta anche del re di Francia, perché Luigi XI, quando era ancora Delfino, la dotò riccamente nel 1447. Oltre al grande ingresso del Pórtico de la Gloria, la cattedrale, liturgicamente orientata, ha altri ingressi: la Puerta Santa o del Perdón, che dà accesso alla cattedrale alle spalle dell’altare maggiore, tra la cappella di San Pedro e quella del Salvador, la Puerta del Reloj o de la Quintana, la Puerta de las Platerías e quella de la Azabachería: a ognuna di queste corrisponde una piazza, grande o piccola. La Puerta Santa, o del Perdón, si apre a est: è quella il cui passaggio garantisce l’acquisto delle indulgenze degli anni giubilari, e solo in quegli anni viene aperta. Èornata da statue eseguite da Maestro Mateo, per un coro poi distrutto: la vediamo oggi come la costruì nel 1611 Fernández Lechuga. La Puerta de la Quintana (che pure si apre a est) dà sull’omonima piazza, divisa nelle due parti della Quintana dos Vivos e della Quintana dos Muertos. Questa assunse l’aspetto attuale nel 1600: vi si apre la Casa de los Canónigos della cattedrale, ed è centro della vita degli studenti. La Puerta de las Platerías a sud, con portale romanico, dei secoli XII e XIII, presenta raffinati bassorilievi, tra i quali il Re Davide. La Puerta de la Azabachería apre a nord, sulla piazza della Inmaculada dove sorge l’attuale arcivescovado. Il Palacio Arzobispal, alla sinistra della cattedrale, è costruzione del XVIII secolo, ma conserva, al suo interno, il Palacio Gelmírez, del XII secolo. Quando nel 1486 Isabella di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona si recarono in pellegrinaggio a Santiago, furono colpiti dalle cattive condizioni dell’ospizio per i pellegrini, e presero quindi iniziativa per una nuova costruzione, l’Hostal de los Reyes Católicos. Le loro risorse però non erano sufficienti, benché regali, a un’opera così imponente. Si rivolsero quindi al papa, Innocenzo VIII (1484-1492): venne costituita allora una Confraternita, affiliata all’ospizio, i cui membri beneficiavano di importanti favori ecclesiastici, in cambio del sostegno alle attività dell’ospizio. I lavori furono iniziati nel 1501, affidati a uno specialista di costruzioni ospedaliere, Enrique de Egas; le grandi dimensioni dell’Hostal e della cattedrale dettarono poi quelle delle altre costruzioni della piazza. Egas ha ripetuto in questo ospizio la struttura tipica degli ospedali dell’epoca: una croce iscritta in un quadrato; al centro della croce, la cappella. L’edificio, nel suo insieme, conserva l’originale impianto cinquecentesco: dei quattro grandi cortili, due sono originali e due del XVIII secolo. La facciata attuale, rifatta nel 1678, conserva il grande portale plateresco di Enrique de Egas. Ancor oggi, sia pure in forma mutata, continua la tradizione dell’ospitalità: è stato infatti trasformato in un albergo di lusso, quello nel quale, fra l’altro, è ospitato il re di Spagna quando si reca, anche lui pellegrino, a Santiago. Si mantiene anche, come diremo più avanti, una attenzione particolare per coloro che vanno a Santiago a piedi. Il Palacio de Rajoy, oggi sede dell’Ayuntamiento e della Giunta della regione di Galizia, fu costruito nel XVIII secolo su progetto di García de Quiñones, come seminario per la preparazione dei religiosi e missionari in America Latina: è sormontato da una grande statua di Santiago Matamoros. Il Colegio de San Jerónimo, fondato nel 1501, risale alla fondazione dell’Università. Della primitiva costruzione presenta solo il bellissimo portale, mentre il resto dell’edificio è del XVII secolo.

Pagine precedenti: 13. Veduta del transetto della cattedrale di Santiago de Compostela. Si notino le originarie forme romaniche.

14. Navata maggiore e altare della cattedrale di Santiago de Compostela. Dagli organi contrapposti sporgono le canne a tromba caratteristiche dell’arte organaria spagnola, cosiddette perché in grado di riprodurre il suono della tromba.

15. La Puerta de las Platerías, lato meridionale della cattedrale, conserva ancora la struttura romanica originaria. Il monastero di San Martín Pinario fu fondato dai monaci che prestavano servizio al santuario e fu uno dei monasteri più importanti della Galizia. L’attuale aspetto è dei secoli XVI-XVIII; sulla facciata vediamo una grande statua di san Martino (con un cappello singolarmente simile a quello di san Giacomo pellegrino) mentre sta dividendo il mantello col mendicante. Il retablo, all’interno della grande chiesa che colpisce per la sua ampiezza, è del 1730 in stile churrigueresco, su disegno dell’architetto Casa y Novoa. La fondazione del monastero di San Francisco si fa risalire a san Francesco stesso, quando, secondo la tradizione, nel 1214 venne pellegrino in Santiago; l’attuale chiesa è opera iniziata nel 1613, e davanti vediamo una statua assai grande (nove metri) di san Francesco, dello scultore compostelano Asorey. Il convento di Santo Domingo de Bonaval risale al XVII secolo, e conserva una bella chiesa romanico-gotica, del XIV secolo; assai bella è anche la grande scala a chiocciola di Domingo Antonio de Andreade. Oggi è sede del Museo Municipal y Museo del Pueblo Gallego. Da vedere in Santiago è anche la chiesa di Santa María Salome, del XII secolo, con un bel portico romanico, e, nelle vicinanze, nella frazione di Barrío de Sar, a un chilometro a sud-est, possiamo ammirare nella chiesa di Santa María de Sar un bel chiostro ornato da Maestro Mateo.

Il santo, il rito, la città Avvicinarsi al santuario comporta una ritualità precisa, che inizia con la partenza. Si sia partiti per devozione, per penitenza, per voto, per grazia ricevuta: oggi, magari, per curiosità o per turismo; a qualunque titolo si sia partiti, per se stessi, per una vicenda personale, o addirittura come capi di stato, o come pastori, la ritualità del partire non è molto diversa. Ognuno si prepara, ciascuno secondo il suo stato. La strada ha offerto incontri e paesaggi che sono stati per un cambiamento: ogni passo è stato significativo, ed è per questo che costruire un ponte o una strada per i pellegrini, per i «poveri di Dio» poteva essere l’opera di tutta una vita. Il pellegrino che si avvicinava a Santiago era già salito al Cebrero, al luogo dove l’incarnazione si era resa tangibile. Veniva poi il momento della purificazione del corpo, figura di quella dello spirito: questa avveniva nel río che ne prese il nome, il Labacolla, il Lava-

16. Il corteo processionale del mezzogiorno del 25 luglio: i «Giganti» rappresentano le parti del mondo che onorano l’apostolo. 17. L’urna con la reliquia del santo, racchiusa in una statua che lo rappresenta, è portata sotto il baldacchino d’argento, sormontato da una figura di san Giacomo a cavallo. mentula del Codice Callistino. I moderni pellegrini tuttavia trovano altri modi per esprimere lo stesso processo di purificazione, come possiamo vedere nel caso di chi, giunto in abiti moderni, sente però la necessità, avvicinandosi al santuario, di sostituire i propri indumenti con vesti di foggia più antica e significativa. Dopo Labacolla le alte guglie della cattedrale indicano la strada, rivelando con ciò che la grande altezza di tante cattedrali e campanili ha proprio questa funzione, di essere guida per il cammino. Prima dell’ingresso in Santiago c’è un colle il cui nome ricorda la gioia che si prova allo scorgere il santuario: è il monte Gozo, Monxoi, Mons Gaudii, nome che troviamo variamente nei dintorni di molti santuari. Oggi vi si trova un moderno monumento, a segnalare il luogo. Raymond Oursel ricorda a proposito di questo monte una tradizione che ha lasciato traccia concreta tra i Francesi. Quando i pellegrini, i jacquaires, ar-

rivavano ai piedi di quest’altura, si lanciavano in corsa per vedere chi giungesse primo a piantare una croce sulla cima: «Questi veniva consacrato “re del pellegrinaggio”; e i nomi di famiglie come Roy o Leroy non hanno altra origine che questa»2 . Arrivare ai piedi della scalinata, all’ingresso della cattedrale, è l’ultima fatica: poi, per quelli che hanno custodito la tradizione, entrati nel Pórtico de la Gloria, la prima cosa da fare è mettere la mano là dove l’hanno messa milioni di pellegrini prima di loro, alla base del tronco di Jesse: non c’è bisogno di cercare, perché l’orma è stata preparata da quanti li hanno preceduti, non si deve che seguire. Con questo semplice gesto, chinando il capo su quello di Adamo ai piedi dell’albero di Jesse, si dice di appartenere alla stirpe di Adamo, di quell’Adamo la cui caduta preparava la gloria della resurrezione. Il semplice ingresso nel Pórtico de la Gloria voleva dire per il pellegrino, secondo la tradizione, ottenere con certezza una delle tre grazie di cui aveva maturato la richiesta durante il pellegrinaggio, e che non necessariamente

18. Particolare del baldacchino col reliquiario. La copertura del baldacchino nei suoi molti riquadri ripete varie volte i simboli della stella e dalla conchiglia. 19. La processione arriva in Plaza de Obradoiro. erano quelle per cui era partito, perché il Cammino è di purificazione e cambiando il cuore ne cambia anche i desideri. Entrati, si può seguire un’altra tradizione, che riguarda la statua di Maestro Mateo: si usa infatti battervi sopra il capo, perché nel pellegrino trapassi con questo contatto un po’ dell’abilità dell’artista. Per ogni battuta, bisogna dire una preghiera e per ogni battuta si può chiedere una grazia: naturalmente, di queste grazie nessuna tradizione garantiva l’esaudimento. Dopo aver proseguito lungo la navata, e trovandosi di fronte alla grande statua di san Giacomo, il pellegrino si trova al momento culminante del suo viaggio. A destra infatti dell’altare, può imboccare la scaletta che lo conduce sopra l’altare, dietro al santo: e, qui, può abbracciarlo, proclamando con questo atto di essere pronto a seguirne l’esempio, di essere pronto a partecipare a Cristo così come lui ne partecipò, testimoniando col sangue. Un tempo, questa grande statua, che raffigura san Giacomo in abito da pellegrino, aveva anche un cappello, di legno, che si poteva togliere: i pellegrini lo prendevano e se lo ponevano in capo. Rimasta solo l’aureola, i pellegri-

ni, forse intimiditi da un così esplicito segno di santità canonizzata, non osano porsela in capo. Con questo si compie, per il santuario di Santiago de Compostela, il culmine del rito per il pellegrino, la concreta partecipazione al sacro, toccandolo. Questo toccare con mano accomuna tutti i grandi santuari, ed è lo stesso a Lourdes (per la roccia della grotta), a Loreto (per le mura della Santa Casa), a Padova (per la pietra tombale di sant’Antonio); e l’elenco potrebbe continuare e dettagliarsi. Dopo l’abbraccio al santo, si scende nella cripta per inginocchiarsi davanti all’urna delle reliquie. Al contatto rituale con le reliquie, si aggiunge quello sacramentale, la partecipazione alla messa: la liturgia prevede una messa del pellegrino. In particolare, un pellegrinaggio organizzato può chiedere una speciale celebrazione, officiata dal sacerdote che l’ha guidato, e spesso anche da uno dei canonici della cattedrale. Durante tale celebrazione ha particolare risalto il rito dell’ofrenda; al momento della preghiera dei fedeli, a nome di tutto il gruppo, un pellegrino legge una preghiera di offerta, in cui si chiede di imitare san Giacomo, e ci si offre al Signore. L’ofrenda è solita-

20. Il rientro dell’urna nella cattedrale. 21. I parrocchiani di una comunità galiziana si apprestano, dopo aver indossato gli abiti tradizionali, a danzare in onore dell’apostolo, prima di entrare nel santuario per le devozioni personali. mente scritta, e l’archivio ne conserva numerosi esemplari da alcuni secoli. Il pellegrino che giunga da solo, ed è la cosa più frequente, può però chiedere, e naturalmente ottenere, di presenziare alla messa di un altro gruppo organizzato per partecipare a questo rito. Per il pellegrino giunto a piedi, e che lo dimostri con i timbri sulla sua credenziale, il viaggio si conclude poi col ricevere la Compostela, la dichiarazione, cioè, da parte dei canonici della cattedrale, del suo esser giunto alle reliquie dell’apostolo: documento prezioso, e non solo per quanto rappresenta. Un tempo bisognava aver fatto tutto il percorso a piedi, o in bicicletta o a cavallo dai Pirenei; dal 1993 bastano cento chilometri a piedi, oppure centocinquanta in bicicletta o a cavallo. La tradizione dell’accoglienza e dell’assistenza all’Hostal de los Reyes Católicos, divenuto un albergo di lusso, rimane ancor oggi: infatti, esibendo la Compostela ottenuta avendo realizzato a piedi l’intero percorso, si ha diritto ad un pasto gratuito insieme al personale, e al corrispondente in denaro per alloggiare in un più modesto albergo. In occasione poi di solenni celebrazioni, si fa nella cattedrale una cerimonia

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