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Adolescenza e bullismo 1. Adolescenza: teorie psicologiche ed educative
from Cyberbullismo
by Jon Bove
CAPITOLO 1
ADOLESCENZA E BULLISMO
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1. ADOLESCENZA: TEORIE PSICOLOGICHE ED EDUCATIVE
Il termine adolescenza deriva dalla parola latina adolescere ovvero “crescere” e fa riferimento a quella fase di transizione della vita dell’essere umano in cui egli abbandona la confortante fase infantile per lanciarsi in una fase volta al raggiungimento dell’età adulta. Questo momento della vita è caratterizzato da grandi interrogativi sulla propria esistenza che porta a squilibri e instabilità nel soggetto, il quale, trasportato dalle potenti modificazioni fisiologiche, cerca conforto in quegli stessi ambienti sociali intrisi di volubilità e incostanza. Se allo stesso tempo vi è un’avvicinamento dell’adolescente alle figure dei pari, allo stesso modo vi è un allontanamento dal nucleo familiare che diviene agli occhi del ragazzo un ambiente di restrizioni e di incomprensioni. Queste conflittualità sono determinate sopratutto dai grandi
cambiamenti che caratterizzano questa fase evolutiva, sia dal punto di vista fisico che psicologico. A tal proposito è fondamentale porre una distinzione tra fase preadolescenziale e adolescenziale. Con il termine preadolescenza ci si riferisce all’incirca a un’età dell’individuo inclusa tra gli 11 e i 15 anni, ed essa è strettamente legata allo sviluppo puberale che ha importanti effetti ormonali non solo sulla crescita organica e sessuale del soggetto, ma anche sul piano psicologico, determinando labilità, aggressività e depressione. Infatti, i cambiamenti fisici che iniziano ad accennarsi nel corpo del bambino hanno delle ripercussioni sul piano emotivo, andando ad influenzare la percezione del rapporto che il soggetto ha con la propria figura fisica. Tutte le insicurezze derivanti dalla fase predolescenziale, e dunque anche dallo sviluppo puberale, divengono poi elementi permanenti nel ragazzo adolescente il quale si ritrova costretto a dover affrontare il processo trasformativo a cui è soggetto. Il cambiamento fisico, sessuale e psicologico comporta un’esigenza da parte dell’adolescente di abbandonare quel caro protetto mondo infantile, in cui i genitori e, in generale, l’ambito familiare, avevano la priorità, cercando invece conforto e certezze nel gruppo dei pari. Ed è proprio nell’ambiente esterno, mediante il confronto con l’altro, che il ragazzo tenta di sintetizzare il senso di sè, e di trovare risposte a quegli interrogativi identitari
che contraddistinguono questa fase evolutiva. Durante l’adolescenza lo sviluppo fisico e cognitivo si va sempre più a delineare e la maggiore libertà concessagli dalla famiglia mette il ragazzo in grado di sperimentare la realtà esterna con più facilità: è l’età dei primi affetti, ovvero dell’insieme di quelle esperienze che gli conferiscono lo status di “ragazzo”. Il passaggio da infante ad adolescente è dunque determinato anche da questi avvenimenti che rappresentano dei passi fondamentali per quanto riguarda lo sviluppo mentale e psicologico dell’individuo. Dal punto di vista teorico, l’adolescenza è divenuta oggetto di studio per la prima volta con lo psicologo e pedagogista statunitense Stanley Hall (1844-1924) il quale, attraverso un metodo scientificamente fondato, e mediante l’influenza della Teoria dell’evoluzione biologica di Charles Darwin (1809-1882), individuò come lo sviluppo della persona sia contraddistinto da diverse fasi che presentano delle differenze intrinseche: infanzia, fanciullezza, giovinezza e adolescenza. È mediante le sue ricerche condotte alla Clark University che lo psicologo potette pubblicare l’importante opera Adolescence (1904), con cui l’autore venne coniato come fondatore della psicologia dell’adolescenza. Egli infatti parlava dell’adolescenza come una seconda nascita in quanto vi è un rinnovamento totale della personalità del soggetto. Hall fu il primo a comprendere
che la mente dell’infante era molto diversa da quella dell’adolescente: il bambino ha interesse principalmente per il mondo materiale, mentre l’adolescente è rivolto alla propria interiorità. Le riflessioni di Hall vennero poi condivise da altri due importanti psicologi e studiosi: Sigmund Freud e Jean Piaget. Se Freud (1856-1939) basò principalmente la propria teoria relativa all’adolescenza sul concetto di sessualità e abbandono, il pensiero di Piaget (1896-1980) fu sopratutto rivolto alla dimensione cognitiva. Egli individuò, nella fase adolescenziale, ciò che viene definito come stadio operatorio formale in cui si vanno ad affinare le capacità logiche, astrattive e di confronto. Il pensiero adulto rappresenta la fase più avanzata dello sviluppo dell’intelligenza, mediante cui il ragazzo comincia ad esercitare le prime forme di critica verso idee e comportamenti del mondo adulto. Secondo Piaget, in questa fase, si ha il completo equilibrio fra le strutture logiche e il definitivo rapporto fra il soggetto epistemico e l’oggetto della conoscenza: il ragazzo diviene capace di riflettere sul pensiero proprio e altrui, formulando ipotesi e deduzioni che gli permettono anche di costruire teorie e di criticare lucidamente il contesto in cui vive. In questa fase, dunque, le elaborazioni logiche si determinano non più sul piano della manipolazione concreta ma quello a delle idee, senza più servirsi più della percezione e dell’esperienza.
Le nuove possibilità fornite dal pensiero formale portano alla libera attività della riflessione spontanea che conduce a una nuova forma di egocentrismo adolescenziale. L’egocentrismo tipico dell’adolescente, nominato da Piaget anche come l’onnipotenza del pensiero, è caratterizzato da una fiducia sfrenata nei confronti della capacità intellettiva e da una certa noncuranza per gli ostacoli pratici; come nel bambino, anche nel ragazzo il pensiero immediato si proietta verso un ipotetico futuro, pieno di teorie e di progetti di vita.
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