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Mare fuori

Mare fuori

zione in vitro, nonostante la donna si dimostri alquanto ambigua, tentando di sedurlo sessualmente. Di conseguenza, Costantino non riesce a confessare al magistrato che il figlio atteso da Grete, e perduto in seguito all’incendio, fosse il suo, in quanto considerato incestuoso.

La sera prima dell’incendio, dopo una delle tante feste organizzate nell’agriturismo, Costantino scopre che, a notte fonda, i turisti vengono guidati da Mario e Grete in una grotta nei dintorni per organizzare delle orge collettive, perversione praticata dalla coppia già da tempo e considerata da Grete come un gioco, come tutto il resto. Di fronte allo squallore di una terra dissacrata, Costantino sceglie di dare fuoco all’agriturismo mentre il figlio è fuori, sentendosi ora in colpa per non aver atteso che il furgone oltrepassasse la collina per non permettere loro di tonare indietro. Il protagonista confessa al magistrato di essere colpevole, ma, in preda alla vergogna, decide di tenere il movente per sé.

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TTratto dall’omonimo romanzo di Giulio Angioni e candidato tra le sceneggiature non originali ai David di Donatello 2021, il film di Salvatore Mereu riconfigura l’estremo realismo della messa in scena all’interno di un apparato narrativo e formale in cui il ricordo, la menzogna, il senso di colpa ristrutturano l’apparente rapporto mimetico delle immagini con l’umile contesto pastorale e contadino del protagonista. Nonostante la sua (apparente) dipendenza estrema dal reale attraverso un’estetica che fa ampio utilizzo del suono in presa diretta, di un’ambientazione popolare, della camera a mano e dell’ausilio del dialetto, l’immagine di Mereu ri-figura il contesto sardo di fine XX e inizio XXI secolo all’interno di un regime misterioso, capace di restituire le contraddizioni della natura umana, favorite maggiormente dallo sguardo dell’autore e cristallizzate nell’ambiguo racconto di Costantino, resoconto autobiografico che incontra l’ambivalenza perversa dei personaggi che lo abitano, raggiungendo il suo apice nella surreale e kubrickiana orgia in costume nella grotta.

Sebbene privilegiante il soggetto rispetto al contesto, il racconto priva i personaggi di identità rigidamente definite, così come la macchina da presa favorisce un maggior contatto con i corpi rispetto all’ambiente bucolico e arcaico circostante, osservando i soggetti nelle loro enigmaticità, tanto vittime quanto carnefici, mossi da una fascinazione verso il primitivo e il folkloristico, ma da una prospettiva tanto feticistica quanto capitalistica, ossimoriche rispetto al saluto al sole di cui il nome dell’agriturismo, che dà il titolo al film, si fa portatore. Nonostante il rapporto con la modernità (l’inseminazione artificiale, l’attestazione fotografica pre-selfie dell’esperienza…), Assandira sembra costituire una realtà che rifugge dalla civiltà e dalle imposizioni morali e punitrici per la salvaguardia degli impulsi primordiali dell’essere umano, fuori dalla Legge, per rigenerare perversamente il soggetto prima del suo ritorno in società, nella riscoperta di un arcaismo non tanto del luogo ma dell’individuo, della propria sessualità animalesca, nella dissacrazione del contesto e dei suoi rituali, sancendo il predominio della natura umana rispetto alla natura del posto e delle sue tradizioni.

leonarDo MaGnante

FFuori piove, una sagoma distesa su un letto, una voce off sembra guidarla in un risveglio sicuro.

In una sala d’aspetto un uomo, Sirio, e due donne, tra cui Nadia, confrontano i referti delle sedute.

Stanze vuote di un appartamento, Sirio mangia in cucina, su una lavagnetta campeggia la scritta “Pulcina dolce ti amo”. Tramite un flashback lo ritroviamo da Tarika, una medium, attraverso la quale cerca di riconnettersi con Betty, la moglie scomparsa.

di Laura Cini

Origine: Italia, 2019 Produzione: Massimo Arvat e Francesca Portalupi con Takira Di Maggio, Nadia Angilella e Sirio Zabberoni per Zenit Arti Audiovisive e Rai Cinema Con il contributo di Piemonte Doc Film Fund Regia: Laura Cini Soggetto e Sceneggiatura: Laura Cini Durata: 83’ Distribuzione: Zenit Distribution Uscita: 2 novembre 2019

Nadia canta con le amiche, poi racconta della seduta riguardante sua madre. Sempre in flashback grazie a Tarika scopre alcuni lati nascosti materni.

Il cane festeggia il rientro a casa di Tarika, che sul balcone riflette tra tetti di Firenze.

In un incontro collettivo, la sensitiva tratteggia la fisiognomia delle persone oggetto delle meditazioni dei pazienti, parallelamente grazie a Lucia, un’illustratrice, prendono forma dei ritratti su carta.

Sirio si reca con un amico dopo molto tempo sulla tomba di Betty. Nadia cercando tra i ricordi ritrova l’unica foto di sua madre e con Laura, sua figlia, confronta i percorsi esistenziali accomunati dal biasimo per la troppa indipendenza.

Tarika passeggia sulle rive dell’Arno col cane, ogni tanto la voce di Betty le fa visita, la stessa che sembra abitare la casa di Sirio. La medium racconta all’uomo la richiesta di comprensione della moglie per il proprio suicidio.

Da sola ascolta e scrive le suppliche di Betty che chiedono di andare oltre il coinvolgimento di Sirio nella vicenda.

Si alternano foto della gioventù di Tarika. Con la sorella rammenta le notti insonni, l’incontro con gli spiriti e la propria formazione.

Sirio chiede consiglio a Nadia per vendere i mobili scelti con la moglie.

Attraverso le indicazioni di Tarika, in una sorta di indovinello, Lucia dipinge il ritratto dello spirito.

Nadia legge con la figlia il diario di quando era in collegio: carattere ribelle in conflitto con le suore, quasi rinnegata dal padre. Sirio svuota i mobili tra le istanze di Betty che sembrano cadere nel nulla.

In occasione di una mostra Lucia e Tarika ricordano le personalità e gli aneddoti legati ai ritratti, che sembrano emanare suoni, colori e parole. La disegnatrice vorrebbe più prove e la facoltà di sensitiva propri della medium.

Nadia si reca all’ufficio anagrafico per avere notizie del padre, qui scopre che è morto da tempo. In una seduta con Tarika chiede conto al genitore del loro rapporto conflittuale: lei subiva le conseguenze derivate dal comportamento materno.

In sala di aspetto Sirio lascia sfogare Nadia prima di entrare a sua volta. Vecchie foto e stanze vuote accompagnano le parole di Betty. Tarika guida il dialogo tra i due, la moglie sente la mancanza di un riconoscimento per l’amore che ha dato, il marito prova a distaccarsi dalla sua visione centripeta e ad assecondarla.

Nadia mostra alla figlia le foto del padre al suo matrimonio. Sirio osserva gli operai portare via i mobili, dopodiché pulisce casa. Il filmino del matrimonio ritrae una coppia felice, il bacio fuori dalla chiesa, la voce di Betty, tramite Tarika, chiede un abbraccio.

Nadia e Laura visitano il cimitero dove è sepolto l’avo, un piccolo loculo senza fotografia, le parole del padre ringraziano la figlia per la visita.

È notte, Tarika si addormenta. Una sua foto da ragazza la ritrae addormentata, la sua voce si fa carico del ringraziamento di coloro che stanno al di là.

La luce azzurrina del mattino filtra, lei si sveglia e apre le tende. G Giunta al terzo lungometraggio, Laura Cini prosegue la personale ricerca sul soprannaturale con Medium. Scartando l’ipotesi del biopic la regista si indirizza ad un esplorazione del lavoro di Tarika, sensitiva fiorentina e delle storie che coinvolgono gli avventori del suo studio.

Senza preclusioni e tentazioni giudicanti, il documentario mostra l’attività della medium come un processo che rivela affinità con lo psicodramma e la seduta psichiatrica.

Per raggiungere questi esiti le vicende ed i ruoli di Nadia e Sirio assumono la rilevanza di testimonianze e coprotagonisti. Tutto questo è favorito da una sceneggiatura che pone le due storie in parallelo con una struttura narrativa forte e, almeno all’inizio, schematica. Questo modello facilita interferenze e rimandi dando unità all’opera.

In filigrana è possibile scorgere temi ricorrenti che assumono significati particolari, nella vicenda di Sirio e Betty assistiamo ad una decostruzione di un rapporto e la conseguente messa in discussione del proprio ego, che si materializza nelle stanze vuote, nelle foto e filmati della moglie, nella scritta che feticisticamente campeggia in cucina e che si risolve nella vendita nei mobili, forse una trasfigurazione della liberazione di Betty e di un cambiamento del marito.

La storia di Nadia si struttura come una ricerca famigliare sulle figure sbiadite della madre e successivamente del padre, con i documenti scritti a fungere da guida. Scritture che assumono connotazioni diverse a seconda della tipologia e che instaurano un percorso significativo, il diario adolescenziale vergato di propria mano da Nadia, la grafia interpretante di Tarika che sfocia nel disegno, la fredda stampa ufficiale che attesta la morte del padre.

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