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In asciutto:praterie e cespuglieti
Le praterie, da sfalcio o da pascolo, svolgono un importante ruolo ecologico, di radura e intervallo delle aree boscate ed arbustate, contribuendo alla biodiversità vegetazionale e faunistica. E’ un ruolo ormai consolidato nell’ecosistema attuale, in parte legato alle attività antropiche, perchè nei processi naturali il prato, nelle situazioni geoclimatiche della pianura, non è una forma stabile: evolverebbe verso il bosco se non ci fosse l’intervento umano a mantenerlo pulito dal novellame di alberi e arbusti.
Quindi negli interventi di naturalizzazione vanno mantenute alcune superfici erbate, che rendono aperto il bosco planiziale e facilitano l’arricchimento della gamma ecotonale (cioè della fascia preziosa dove sono compresenti due ecosistemi) tra zone umide e sistema alberato.
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Nei recuperi di aree che sono state a lungo denudate e sterili l’operazione preliminare è la ristesura di terreno “vegetale” (in buona parte derivante dagli accumuli fatti all’inizio delle attività estrattive, e quindi giacente da anni senza areazione e rinnovo delle parti vitali). E’ in questa prima fase che l’inerbimento costituisce una fase iniziale, di una durata di almeno 2-3 anni, obbligatoria per stabilizzare la terra stesa di recente e per ricostituirne un minimo di vitalità fertile.
L’inerbimento può essere effettuato con la semina meccanica o in alternativa, su terreni in pendenza o di difficile accessibilità, con l’idrosemina, consistente nella distribuzione di una miscela complessa di sementi, concimi, collanti ed acqua con una speciale pompa, l’idroseminatrice, normalmente utilizzata nei recuperi ambientali. Particolare attenzione deve essere rivolta alla scelta del miscuglio di sementi, che deve tener conto delle specie rilevate in zona, delle caratteristiche ecologiche che presumibilmente si instaureranno nella situazione finale, degli aggruppamenti fitosociologici di riferimento e della disponibilità sul mercato, scartando le varietà commerciate correntemente per le aree verdi urbane oppure come foraggere per l’allevamento.
Per introdurre elementi di valorizzazione paesistica e naturalistica della prateria nel primo periodo di recupero, si possono utilizzare arbusti autoctoni, notevoli per il fogliame o le fioriture (sia per l’uomo che per l’avifauna), che si dovrebbero impiantare a macchie di 20-30 arbusti, irregolari come grandezza, forma, disposizione, anche ad integrazione della vegetazione arborea preesistente.
Le specie arbustive da utilizzare possono essere: biancospino (Crataegus monogyna), rosa selvatica (Rosa canina), prugnolo (Prunus spinosa), crespino (Berberis vulgaris), ligustro (Ligustrum vulgare), nocciolo (Corylus avellana), pallon di maggio (Viburnum opulus), berretta da prete (Euonymus europaeus).
Sopra e a fianco, esempi di recupero naturalistico a praterie
Come il prato, l’arbusto e il cespuglio costituiscono formazioni instabili che spontaneamente tendono ad evolvere nelle formazioni boschive planiziali. Solo una gestione antropica, anche se discreta e attenta ai processi naturali, consente il mantenimento di un paesaggio variato e complesso, in cui il cespuglieto costituisce uno degli elementi di maggiore pregio per la ricchezza di forme e colori stagionali, costituendo d’altra parte un importante appoggio alimentale e di nidificazione per l’avifauna.
Il cespuglieto arbustivo assume diverse connotazioni a seconda delle diverse situazioni in cui è inserito.
A macchie isolate è corredo del prato, se aumenta in densità e si posiziona al bordo del bosco di piante arboree costituisce un complemento vegetazionale importante per ospitare una varietà di piccola fauna e di insetti. D’altra parte l’introduzione di impianti a cespugli è una pratica di notevole utilità nel processo di attuazione del recupero, dato che permette di ottenere risultati significativi in un periodo medio-breve, mentre la parte arborea si afferma solo in tempi più lunghi. Queste performance derivano dalla relativa facilità di propagazione, dalla rapidità di crescita che consente di avere validi risultati estetici in tempi brevi e le resistenza anche nelle fasi di prima crescita (in molti casi si tratta di piante pioniere).
Sopra e a fianco, esempi di recupero naturalistico con cespuglieti arbustivi
Un caso: Cava Fornace Violani a Ravenna
Gli impianti di una fascia di cespugli di bordo della ex cava, hanno lo scopo di arricchire la vegetazione dell’area, procurare nuove nicchie per la fauna selvatica, nonché contenere lo sviluppo delle specie esotiche (es. robinia) e, infine, proteggere meglio gli ambienti interni al sito (l’area è in un contesto ad elevata antropizzazione e la vicinanza di infrastrutture viarie la mette a rischio di intrusioni, discariche abusive etc.).
Si è posta particolare attenzione al reperimento del materiale impiegato, realizzando appositamente alcuni “vivai volanti”, dove le piante erano riprodotte da seme (proveniente dal limitrofo parco del Delta del Po) o comunque recuperate in natura (talee poi fatte radicare o giovani individui). Alle piante messe a dimora (alte circa un metro e dell’età di 2-3 anni) si è assicurata una manutenzione per i primi 3-4 anni dall’impianto: messa in posto di un film plastico nero attorno alla siepi all’impianto; sfalci delle specie erbacee e lianose nel raggio di 50 cm, mediante decespugliatore portatile. Nell’arco di 10 anni le siepi perimetrali si sono impiantate stabilmente (senza più necessità di manutenzione da almeno 5 anni). In particolare, si è ottenuto un significativo incremento della biodiversità, con l’inserimento di specie che ormai da secoli erano scomparse dal territorio considerato.