5 minute read
Le fasce spondali e le zone umide
Come già accennato la fascia delle acque basse è strategica per valorizzare naturalisticamente un sito estrattivo.
Poiché la profondità dell’acqua condiziona pesantemente lo sviluppo della vegetazione, particolare attenzione va posta nell’attuare una morfologia spondale che faciliti l’attecchimento di una vegetazione variata in ragione della presenza dell’acqua.
Advertisement
Una sequenza classica, e di massima funzionalità per gli habitat faunistici di interesse per queste zone, presenta le seguenti tipologie vegetazionali: zona dei salici e degli ontani • zona dei grandi carici (magnocarice- • to) zona della cannuccia palustre • (fragmiteto)
• zona delle tife (tifeto)
• zona delle piante acquatiche.
Inoltre i diversi popolamenti sono anche influenzati dalle variazioni di livello della falda, diversificando ulteriormente le condizioni ecologiche nel raggio di pochi metri.
Questa complessità concentrata dell’habitat vegetazionale è una premessa indispensabile per l’insediamento di una fauna diversificata che, a partire da consumatori primari giunge sino ai predatori, (insetti, crostacei, pesci, uccelli) costituendo una complessa rete alimentare.
Nelle sponde dei bacini di cava con sezione appositamente studiata per favorire la naturalizzazione delle acque basse, la colonizzazione delle piante igrofite ed elofite avviene per lo più spontaneamente, vista la rapidità di diffusione e di adattamento di molte specie. In qualche caso è necessario innescare il processo di colonizzazione tramite l’introduzione di nuclei di idonee specie erbacee, accelerandone i tempi di sviluppo, assumendo come riferimento le serie vegetazionali che caratterizzano le più vicine lanche, nei diversi stadi di impaludamento e di interrimento.
Sulla base del livello medio dell’acqua si distinguono tre situazioni tipiche: le fasce a maggiore profondità, con • livello medio della falda compreso tra -150 cm e -80 cm, destinate alle macrofite sommerse appartenenti all’All. Potamion, con presenza talvolta di specie appartenenti all’All. Nymphaeion (macrofite galleggianti): Callitriche stagnalis, Potamogeton nodosus, Potamogeton pusillus, Ceratophyllum demersum, Myriophillum spicatum prevalenza di Phragmites australis, con presenze di Nasturtium officinale, Veronica anagallis-aquatica, Sparganium erectum, Iris pseudacorus, Rumex conglomeratus, Alisma plantago-aquatica la fascia al limite dell’asciutto, • maggiore di -30 cm, ma comunque con falda non più profonda di 30 cm, con i tipici popolamenti di interrimento a carice: Carex elata, Carex pseudocyperus, Lycopus europaeus, Lysimachia vulgaris, Polygonum hydropiper, Mentha aquatica, Lythrum salicaria, Myosotis scorpioides, Equisetum palustre. le fasce intermedie, comprese tra -80
• cm e -30 cm, adatte ai canneti a prevalenza di Typha latifolia e delle prime forme di interramento a
Nell’altra pagina e sotto, successione degli habitat vegetazionali e faunistici che caratterizzano gli ambienti acquatici e spondali (da Le Cave in Provincia di Cremona 1996)
Per mantenere un buon ricambio d’acqua è opportuno che nelle aree estese di acque basse siano presenti canali con acque di profondità maggiore di 150 cm (quindi poco o nulla vegetate). Le aree ad acque basse si realizzano normalmente con scavi fino a 150-200 cm dal livello medio della falda e, ove necessario, con un successivo riporto di terreno non sterile con pendenza modesta, in modo da stabilire una situazione dove spontaneamente si attesti l’intera sequenza vegetale (e faunistica) dell’ecotono acqua-terra. Ove necessario i materiali di scavo possono essere riutilizzati per la formazione di rilevati che modellano la parte in asciutto, ad esempio a formare le scarpate per uccelli fossori (vedi oltre).
La colonizzazione delle macrofite sommerse si ottiene affondando fastelli di canne, nel periodo della prima primavera. Dove possibile è opportuno utilizzare rizofite a foglie galleggianti e a foglie sommerse, comuni nel passato nelle lanche, sia per l’estetica (le fioriture) che per il ruolo di ossigenazione dell’acqua e di formazione di ambienti adatti alla riproduzione di anfibi e (quindi) di avifauna. Per il canneto e il cariceto si avvia il popolamento (che successivamente procede spontaneamente) con messa a dimora di rizomi nel tardo inverno, piantandoli nel fondo bagnato o in ceste di rete metallica, se a maggiore profondità. Per le specie di difficile reperimento o riproduzione si utilizzano piantine coltivate.
Un caso: Lanca di S.Michele (Carignano- Carmagnola)
La lanca, prodotta da un salto di meandro del 1976, risulta in fase di progressivo interramento nel 1998, quando si avvia il progetto di recupero del sito (di oltre 100 ettari, comprensivo di due grandi bacini estrattivi e del Bosco del Gerbasso, area pubblica in un’ansa del Po rimboschita negli anni ’70).
Il progetto di sistemazione da una parte prolunga la vitalità della lanca, ripulendola dalle tife e aprendo varchi di acque libere, dall’altra riproduce nelle immediate vicinanze, al bordo del lago di cava, uno spazio di acque basse di dimensioni e caratteristiche vegetazionali simili, ma reso vivo in permanenza per il contatto con le acque profonde del lago estrattivo.
Preventivamente all’attività estrattiva profonda, è stata quindi realizzata al bordo del lago una fascia di acque basse vegetate di dimensioni simili a quelle della vicina lanca in progressivo interramento. I profili e le profondità sono stati studiati per mantenere un equilibrio ecosistemico nonostante le significative escursioni di quota della falda (oltre 120 cm.) e l’intervento di naturalizzazione ha riprodotto le popolazioni vegetali della lanca “storica” vicina, che si sono sviluppate velocemente (in meno di 5 anni), comportando una spontanea ricollocazione preferenziale dell’avifauna stanziale e di passo.
Nuove aree ad acque basse, canneto e saliceto realizzate in prossimità dell’antica lanca in progressivo interramento
Il saliceto connota la fascia spondale dei corsi d’acqua padani, oggi spesso con tratti degradati e discontinui (soprattutto lungo le acque minori e poco tutelate). Anche la vegetazione spontanea delle sponde dei bacini estrattivi abbandonati sviluppa saliceti, ma quasi sempre risulta limitata e degradata da un punto di vista della varietà floristica.
Con l’abbandono delle pratiche colturali che utilizzano il salice come materiale per gli usi domestici, è ormai raro trovare saliceti arborei (e non arbustivi) in posizioni distanti dai fiumi e in configurazioni di macchia estesa e non solo lineare. Per questa rarità relativa, e per il ruolo consolidato che svolgono nel sistema vegetale ripario, ad integrazione delle fasce umide e delle acque basse, i saliceti sono importanti nei progetti di recupero dei bacini estrattivi. Anche in questo caso l’impianto serve solo come start-up di un processo che si sviluppa naturalmente. Per il solo salice bianco (Salix alba) è in generale facile prelevare talee in aree prossime alla zona dell’intervento, con costi modesti. Per arricchire il sistema, con l’ontano nero (Alnus glutinosa) ed il pioppo bianco (Populus alba) e da arbusti tendenzialmente mesoigrofili, generalmente si ricorre all’utilizzo di piantine radicate.
A completare la sequenza acqua-terra svolge un ruolo ecosistemico rilevante il “prato bagnato”, che viene sommerso in certi casi di falda alta o di microeventi alluvionale, e che in natura rappresenta la fase più evoluta
A destra, sponda con spiaggia ghiaiosa e sequenza saliceto, prateria, arbusteto, bosco mesofilo Sotto, aree spondali a saliceto di interramento delle lanche e delle paludi. Il miscuglio da utilizzare per l’inerbimento fa riferimento ai raggruppamenti fitosociologici della Classe Molinio-Juncetea Br.Bl. (Ordine Molinetalia coerulae): sono popolamenti di un certo interesse ecosistemico funzionali soprattutto dove integrate ai saliceti, alle aree umide a canneto ed alle acque basse. Anche in questo caso l’inerbimento artificiale serve solo ad innescare il processo di colonizzazione dell’area che evolve in una formazione stabile attraverso la selezione naturale delle specie ecologicamente più adatte.
A complemento della sequenza vegetale delle sponde umide, per la biodiver- sità delle fasce fluviali sono importanti le spiagge in ciottoli e ghiaia, che formano microambienti xerici, la cui funzionalità è migliore se sono localizzati a monte dell’area umida, in prossimità delle macchie alberate mesofile. L’interesse delle zone xeriche è prevalentemente faunistico: sono frequentate per la sosta o la nidificazione per specie di uccelli poco comuni quali il fraticello (Sterna albifrons), la sterna (Sterna hirundo) e il corriere piccolo (Charadrius dubius); inoltre sono aree adatte ai rettili, per i quali è opportuno sistemare microhabitat di rifugio, formati da cumuli di pietrame grossolano, di ramaglie o di tronchi morti.