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Interventi specifici per la fauna

La geografia delle aree a valenza ambientale nella piana saluzzese evidenzia sia la rarità delle connessioni ecologiche tra versanti e piana occidentale sia la mancanza di adeguate connessioni ecologiche lungo l’asse nord sud, nonostante le fasce fluviali. Infatti lungo il primo tratto del Po di pianura è ormai rada la vegetazione spondale e le uniche isole di (relativa) qualità ambientale sono le parti recuperate delle cave. La connettività ecologica a scala territoriale si deve assegnare soprattutto alle aree recuperate intorno ai bacini di cava, che formano stepping stones, cioè punti tappa, funzionali per l’avifauna, in transito o stanziale.

Per questo in generale l’obiettivo principale delle sistemazioni dei laghi di cava è indirizzato a formare oasi per l’avifauna, soprattutto nelle parti spondali, e, per quanto possibile, a migliorare le connessioni fini (almeno in termini di siepi e filari) ramificate nel contesto agricolo.

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Isolotti artificiali

Nelle aree umide sono preziose per l’avifauna le parti più isolate, non disturbate e difficilmente accessibili ai predatori. In questo senso valgono gli isolotti, con ridotta copertura vegetazionale, affioranti dalle acque anche in condizioni di falda alta.

Quando non è possibile realizzare isolotti naturali, sono utili gli isolotti artificiali. A titolo di esempio, di seguito si riporta la realizzazione di isolotti artificiali per un progetto di assistenza alla nidificazione di una colonia di Sterne.

Per la nidificazione delle Sterne comuni è importante predisporre idonee zattere ancorate ricoperte di ghiaioni, con tegole o ripari antipredazione per i piccoli, adeguatamente sollevati rispetto all’innalzamento del livello dell’acqua anche a seguito di forti precipitazioni.

Un caso: Cava le Chiesuole (Parma, tra Madregolo e Collecchiello)

Il recupero naturalistico esemplare della cava, utilizzata fino al 1998, ha ricostituito un complesso di zone umide con differenti profondità dell’acqua, che si è fuso con la parte a terra, già densamente colonizzata dai canneti e da boschetti di salici e ontani. L’ampia rete di canali alternati a lembi parzialmente inondati popolati da tife, giunchi e carici costituisce un ampio comparto idoneo per la riproduzione di anfibi e per il rifugio di aironi e rallidi. Nel bacino lacustre si trovano alcune isole in ghiaia a cui si sono aggiunte numerose “zattere galleggianti”, che ospitano la più numerosa colonia di sterne comuni presente nel Parco, che si aggiungono alle varie specie di aironi, anatre, rapaci diurni e notturni che ormai sono presenti con continuità.

Le zattere, ancorate in modo da seguire le oscillazioni della falda, sono di dimensione intorno al metro quadrato (adatte ad una coppia di sterne), possono essere collegate rendendo disponibili piattaforme più ampie. I materiali sono semplicissimi: la base in legno trattato (spesso si utilizzano pallet), con una rete al fondo che contiene pani di polistirolo per assicurare il galleggiamento, coperti da uno strato di argilla e rifinito con ghiaietto e ramaglia. A complemento una rampetta per facilitare l’accesso all’acqua dei pulcini, sponde di assi per proteggere la nidiata nelle giornate ventose, tegole come ripari antipredazione (le cornacchie e i gabbiani).

Isolotto artificiale per la nidificazione delle sterne, particolari e collocazione nel bacino di Le Chiesuole

Scarpate verticali per la nidificazione

Le pareti nude, di sabbie e ciottoli, costituiscono importanti habitat per la nidificazione di specie ornitiche fossorie solitarie (martin pescatore) o coloniali (gruccione e topino).

Poiché ormai tali tipologie sono scarsamente rappresentate lungo le sponde fluviali, occorre prevedere la creazione di pareti verticali stabili, non disturbate da attività antropiche e prive di vegetazione, in substrati consistenti ma non troppo duri. Sono necessari tratti di scarpata di lunghezza di circa a 50-100 m e di altezza intorno ai 3 m, con un’esposizione soleggiata.

Siepi e filari

La progressiva scomparsa delle siepi e dei filari, tradizionalmente posti lungo strada, lungo canale e spesso ai confini dei lotti, riduce di molto la permeabilità ecosistemica del territorio rurale, oltre a banalizzare e impoverire il senso del paesaggio agrario.

Perciò i progetti di recupero dei siti alterati devono tenere conto il più possibile delle connessioni aperte con il territorio, partecipando alla ricostituzione di filari arborei e di un sistema di siepi utili per la piccola fauna.

Le essenze tradizionali dei filari erano spesso connesse a funzioni utilitaristiche complementari all’agricoltura alimentare: il gelso per la seta e la paleria, il salice per i vimini, l’acero per l’oggettistica; le siepi svolgevano ruolo di frangivento e di protezione. I filari lungo strada o all’ingresso delle cascine o dei paesi sono di specie decorative per il portamento, le fioriture, l’ombra (il tiglio, l’ippocastano, il platano), ma anche per le siepi a bordo di giardini e orti ha avuto importanza la componente estetica, dei fiori e dei frutti. Le specie più diffuse sono: Biancospino (Crataegus monogyna), Crespino (Berberis vulgaris), Spincervino (Rhamnus catharticus), Prugnolo (Prunus spinosa), Ligustro (Ligustrum vulgare), Nocciolo (Corylus avellana), Rosa selvatica (Rosa canina).

Le siepi contribuiscono al controllo delle popolazioni di organismi dannosi alle colture agrarie attraverso una maggiore diffusione di uccelli insettivori e riducono l’eutrofizzazione delle acque svolgendo la funzione di filtro biologico dei fertilizzanti utilizzati nel campo.

Per questi motivi almeno la fascia di confine tra aree sistemate naturalisticamente ed aree agricole circostanti devono essere messi a dimora siepi e possibilmente filari arborei. Dove è documentato l’assetto storico dei filari nel territorio circostante (ad esempio con riferimento alle carte IGM di 100 anni fa) è opportuno prevedere l’estensione dei filari nella campagna, sin dove possibile, in ragione delle proprietà e delle disponibilità degli operatori.

Nei filari le piante si pongono con sesto di impianto di circa 5 metri, con un eventuale diradamento alla loro maturità: nei filari decorativi il sesto è di 8/10 metri, per piante che raggiungono i 20 m di altezza.

Le siepi e gli arbusti sono posti su due file parallele ma sfalsate (quinconce), con un sesto di impianto di circa 50 cm; vengono quindi poste a dimora 4 piante arbustive per metro quadro, permettendo la totale chiusura della siepe nell’arco di pochi anni.

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