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Daniele Gennaioli di Terra chiama Fulci, risponde JustR3mo
from N. 27 DICEMBRE 2019
by Scomodo
La necessità di intrattenersi accomuna qualsiasi livello di utenza, dall’audience televisiva fino a quel residuo di affluenza nei cinema multisala. Dalla commedia al dramma romantico, passando per il film d’animazione e a quelli dell’orrore, i generi nell’audiovisivo hanno sempre costituito l’impalcatura di questa necessità: l’individuo, cosciente o meno, trova davanti a sé una rosa di possibilità e di interessi che gli consentono di passare un bel pomeriggio, che sia davanti un maxischermo o davanti al tablet di famiglia. Tutto ciò collide quando questa varietà viene a mancare con il tempo, con le mode che si azzuffano e le tendenze che si sgretolano in favore delle nuove. Oltre ad un forte ricambio nei contenuti, questo millennio ci ha anche evidenziato la fragilità dei generi stessi: prendiamo come esempio l’horror, quella sezione iconica dove i mostri di Lovecraft e i vampiri transilvani trovano dimora. Negli ultimi trent’anni il nostro paese ha avuto una fortissima de-produzione nel campo dell’horror cinematografico, film per i quali il pubblico è vegeto e spinge per mantenere su quell’anelito che è l’industria della produzione e distribuzione italiana. I titoli degli horror made in Italy, eredi di una lunga tradizione dei Bava, Fulci, Argento, Margheriti e così via, sono diminuiti tendendo a scomparire del tutto, senza una possibilità di ricambio, con piccole produzioni di film indipendenti che rimangono rinchiusi nelle cortine dei festival regionali (fra tutti, il FiPiLi Horror Festival di Livorno o, come esempio cinematografico, lo splendido Across The River di Lorenzo Bianchini). Eppure, il pubblico il ricambio lo trova, anche quando è nolente dalla nostalgia: fra tutte, la piattaforma YouTube è stata stranamente una delle più grandi contributrici in questo processo di riassestamento dell’intrattenimento orrorifico, creando nella cultura pop-urbana figure su figure che hanno raggiunto una certa popolarità o status di culto per via della propria trascendenza. Mostri amatoriali, assassini dietro la porta della cameretta, creepypasta da salto sulla sedia e decine su decine di personaggi creati a tavolino che sfiorano l’assurdo, compiendo azioni deplorevoli e disturbanti. L’antesignano di quest’ultima frangia, quella più vicina all’idea di “shock movie”, è sicuramente Matteo Montesi, classe 1978. Ex-operaio di fabbrica, il content creator di Loreto diventa una vera e propria leggenda sul web per i piccoli mockumentary che carica sulla piattaforma di Youtube: preso dalla propria personalità di fanatico religioso, Montesi investiga in stabilimenti abbandonati la presenza del diavolo, che nella sua continuity prende la forma di un topo. Questo motivo del “topettìgnao”, soprannome che dà al demonio, e dell’“Orguamentale Dominio”, termine per la quale vuole intendere la dimensione di ascesi all’unico Dio nostro Signore, diventano la colonna dei suoi mediometraggi che tuttora escono, con la stessa cadenza con la quale Youtube li censura e gli chiude più e più volte il canale. La ragione è piuttosto evidente, dal momento in cui per sfidare il demonio fa vedere in camera come se lo mangia, usando cadaveri di piccoli roditori trovati per accidente sul percorso. Se quindi sono queste le umili radici di quella che poi diventerà una vera e propria exploitation, la crescita dei rami ha toccato più sottogeneri, più allegorie dell’incubo moderno. Fra tutte, spicca la carriera di Gianmarco Zagato, radiologo in un centro di chirurgia plastica che ha correlato alla sua carriera di influencer la sua attività di vittima del paranormale. Nel lontano 2016 ha iniziato a pubblicare più serie a riguardo, superando il milione di iscritti al canale con l’ausilio della sua punta di diamante, il memorabile “Stalker Della Bibbia”, una liaison horrorifica con più di 23 video a riguardo. In sintesi, un losco figuro insegue il nostro eroe nella sua vita quotidiana, nelle sue uscite con gli amici e duranti gli stessi vlog che lui gira per tutto il Veneto, Terra chiama Fulci, risponde JustR3mo -------------------------------------------------------------------- Come il declino del cinema horror italiano ha permesso l’ascesa dell’orrore amatoriale sul web
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vestito con la maschera da dottore della peste e con l’unico scopo di rinchiuderlo, di “venirlo a prendere” in gergo filmico. Il tutto è magistralmente condito da enigmi, messaggi in codice e minacce per via dei versetti della Bibbia di cui lo stalker fa uso, un’idea ironica se si pensa che pittorescamente il popolo veneto ha un rapporto particolare con l’uso delle bestemmie. Ma non finisce qui: più manca l’offerta nei cinema, più salgono i numeri sul web. Ipalboy Tv, JustR3mo, Alessandro Montesi (due cognomi ma sempre un solo maestro) e Anthony Di Francesco sono solo alcuni tra quelli presi di mira dal “Killer Clown”, un mito urbano statunitense riconvertito in un amatoriale “all’italiana”. Giovani videomaker si mettono all’asta, le loro facce pullulano spaventate nei thumbnail della sezione “Tendenze” di Youtube. Alcuni di questi sono talmente estremi, da fare il giro e risultare simpatici: Charlotte M., una giovanissima ragazza immagine, che con lo zio Franco ottuagenario affronta le più iconiche creature, dalle streghe all’amico Frank di Donnie Darko, armata di clava di plastica e della forza dello zio dalla canotta militare. Ma, se si dovesse scremare il mercato dalla scarsità dei mezzi e dalla qualità delle immagini, in piedi rimarrebbero solo loro, gli onnipresenti Me Contro Te. Contando più di quattro milioni di iscritti, oramai i due fidanzati si ritrovano in un sistema di produzione e distribuzione talmente pregiato, da poter essere considerato degno rivale delle trasmissioni per i ragazzi sulla tv via satellite. Sempre in accordo all’età media dei loro fan, che oscilla tra i tre e i sette anni d’età, i due strilloni per eccellenza hanno concepito la perfetta nemesi, lo stalker talmente edulcorato da non essere definito nemmeno per intero, il “Signor S”. Tutto va a dimostrare che anche quel lato dell’orrore più bambinesco, meno impressionante, quale quello di “Piccoli Brividi” o dei classici come “Gremlins”, non è dimenticato. Si sviluppa, prende nuove forme più povere in termini di qualità, ma sicuramente più immediate da consumare, potendole avere a portato di mano. Una menzione onorabile va tenuta anche ai P.I.T – Paranormal Investigation Team, dei veterani sulla rete che hanno letteralmente formato un team di acchiappafantasmi e investigano, con una cadenza quasi giornaliera, sulle storie di ectoplasmi, possessioni e altre entità gotiche. La fanbase in questo caso già inizia ad essere più rarefatta, contando “solo” 350.000 iscritti al canale, colpa del fatto che l’età media dei videomaker in questione supera i trenta e quindi gli interessati guardano i loro prodotti probabilmente perché credono agli eventi che testimoniano. Anche qui, i riferimenti sono plurimi: dalla celeberrima serie di Paranormal Activity al classico pop Ghostbusters, con qualche riferimento nei movimenti di macchina al capostipite dei docu-horror: REC di Jaume Balaguerò. Tirando le somme, la piattaforma più visitata del web, dopo le controparti pornografiche, ha a disposizione un banchetto pantagruelico di contenuti, di cui però passa la paura dopo poco, di cui non se ne può veramente essere turbati nel profondo. La metamorfosi di questo genere, che dalle più alte ambizioni artistiche ha avuto un impoverimento abissale in termini di linguaggio e sostanza, è essa stessa la prova di come ci stiamo riproducendo artisticamente: non siamo più tenuti a rappresentare il nostro periodo storico, le influenze che ha la politica su di questo e sul nostro inconscio, non siamo più perseguitati da quegli incubi che visceralmente ci attanagliano e che consequenzialmente ci guidano verso la definizione di quella che è la nostra generazione. Il genere ha preso sempre più una piega semplicistica, colpevoli non tanto chi semina le centinaia di clip che si possono trovare, nemmeno chi ci si intrattiene, giustamente affascinato dalla notifica in pop-up che gli arriva sullo smartphone. Se le cause sono evidenti, se il cinema dell’orrore non riesce a reinventarsi, scomparendo del tutto nel nostro Belpaese, allora la responsabilità sta nelle mani di chi ancora è disincantato da tutto questo, di chi conosce e vuole che le persone si spaventino, se vogliono veramente spaventarsi, come specialmente gli italiani negli anni ‘70 e ‘80 sapevano fare. Una responsabilità che non classifica i pochi come timonieri per chissà quale viaggio nelle profondità della psiche, ma li ricopre di una veste tanto sottovalutata quanto essenziale: quella di chi questa sera avrebbe da proporvi un bel filmetto. di Daniele Gennaioli “Tutto va a dimostrare che anche quel lato dell'orrore più bambinesco, meno impressionante, quale quello di “Piccoli Brividi” o dei classici come “Gremlins”, non è dimenticato.”
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