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Ipergigante dei Voina e la responsabilità di essere indipendenti di Fabrizio Tamma
from N. 30 MARZO 2020
by Scomodo
Musica
-------------------------------------------------------------------- Ipergigante dei Voina e la responsabilità di essere indipendenti
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Indipendente è un aggettivo che riesce a mostrare orizzonti tanto ampi quanto più fa avvertire il peso della sua responsabilità, perché l’indipendenza ha un prezzo, spes- so molto alto sotto vari punti di vista e non tutti vogliono pagarlo o sono disposti a farlo. Occupiamoci ora dell’abbreviazione di indipenden- te: Indie. Quest’ultima espressione è diventata main stream e d’utiliz- zo comune alla stessa velocità con cui si è affermato il tipo di musica a cui questo termine di origine in- glese è associato, portandosi con se, allo stesso tempo, un’infinità di contraddizioni e permetten- do la sua associazione, ahimè, all’etichetta pop: quanto più di lon- tano dall’indie dovrebbe esserci. Fino a un decennio fa non avrem- mo mai pensato - e probabilmente nemmeno auspicato - di vedere gli Zen Circus, Lo Stato Sociale e al- tri su un palco nazional popolare come quello di Sanremo, mentre oggi ritroviamo questo genere, o ciò che si spaccia per esso, in bando al televoto e alle major discografiche. Noi, però, pensiamo che nonostante tutto si possa respirare un aria musi- cale differente, una musica indipen- dente diversa che sappia parlare di disillusione e fallimento generazi- onale oltre che del sole di riccione. Da Lanciano infatti arriva, Ipergi- gante, ultima produzione del 2020 per la band abruzzese Voina, con la quale il gruppo è riuscito a riem- pire di senso l’utilizzo dell’elettron- ica mescolandola in maniera non banale con altre sonorità tipiche di altri generi. In brani come Mercurio cromo emerge in maniera prepon- derante l’allontanamento dalle loro radici sonore del post hardcore ri- dimensionate a qualche ritornello distorto e a riff minimali per lasc- iare spazio a una maggiore speri- mentazione di sonorità che spazia- no da basi ritmiche che ricordano la trap a un cantato che in Shin- igami si avvicina al rap lasciando intatto il loro sound indentitario. Se quindi da un lato emerge la volontà di seguire un percorso musicale diverso da quello che ha caratterizzato l’indie origina- le derivante dal punk che faceva rima con underground, da un al- tro rimane orgogliosamente mar- cata l’anima post punk, di cui è emblematica la voglia di gridare e vomitare fuori, non più come bi- sognerebbe “fottere il sistema pri- ma che ci fotta” - tipico del punk -, ma di come “siamo stati fottuti” e continuiamo a vivere questo fal- limento generazionale quotidi- anamente a livello esistenziale. La rabbia diventa autodistruzione, come anche l’amore che viene messo a parole; parole per nulla ro- mantiche, sporche, intime, che ri- escono a mettere a nudo la brutale semplicità che chiunque, apparte- nente alla nostra generazione, ha molto probabilmente vissuto al- meno una volta nella propria vita. Ci ritroviamo così davanti a un in- die familiare, ma che suona diver- so, perché arriva come un pugno nello stomaco e non come un testo sconnesso, dalla composizione dis- cutibile e musicalmente banale. Ci viene sbattuto in faccia il nostro ri- tratto di tutti i giorni: una generazi- one in saldo, universitari e studenti fuori sede; un esercito cognitivo in cerca di auto valorizzazione per es- sere il più appetibile possibilie a chi, speriamo un giorno, ci comprerà.