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Anna Cassanellidi La Copertina
from N. 32 MAGGIO 2020
by Scomodo
Emanuele Cantoro è nato nel 1997 a Roma, dopo qualche anno e qualche scarabocchio è nato Faro. Nel 2017 stampa le sue prime autoproduzioni e nasce una collaborazione con la rivista Scomodo, nel 2018 fonda la rivista Profondissima, con la quale dal 2019 gira i festival di tutta Italia. Attualmente confinato nella propria stanza a Bologna, continua a disegnare non accorgendosi di niente.
Una rubrica per raccontare chi ha deciso di donare la sua arte e il suo lavoro come copertina del mese
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Hai frequentato il Liceo Artistico ora studi all’Accademia delle Belle Arti di Bologna, quando hai deciso che nella vita avresti fatto l’artista?
Scegliere di fare l’artista non dipende sicuramente dal percorso di studi che si intraprende, ma è uno stile di vita che deve essere scelto ogni giorno. Non ti svegli una mattina da artista, ma lo diventi. Diversamente da quello che credono in molti non è un “tutto subito”, ma una conquista lenta. Nel mio caso il percorso è iniziato sentendo un’intervista a Gipi nella quale diceva che fare l’artista è un privilegio, essere un artista signi ca appartenere ad un'elite che ha la fortuna di poter vivere in maniera diversa. Essere un artista invece è una cosa di cui ancora non posso parlare, non ne so niente!
Da disegni sparsi, a Scomodo, a Profondissima ti sei quasi sempre occupato di lavori brevi. Come è stato gestire un progetto più lungo e complesso come quello del libro “Nuns”?
In realtà “Nuns” è solo la conclusione di una riflessione artistica che avevo sviluppato nel tempo e la realizzazione del libro in sé mi ha preso un giorno solo. Diverso è stato poi adattarlo per renderlo riproducibile, perché era tutto su carta velina. Paradossalmente è molto più lungo il lavoro con Profondissima. Lì è come se ogni volta dovessi realizzare il miglior libro possibile coordinando i lavori di molti artisti diversi, ognuno con il suo carattere. Il mio ruolo in Profondissima è principalmente di coordinare e più che disegnare scrivo. Sto anche lavorando ad un nuovo libro, molto diverso da “Nuns” e quello sì che è un lavoro molto lungo, lo avrò riscritto almeno dieci volte!
I tuoi disegni presentano spesso immagini distorte e a volte grottesche, vieni ispirato da qualche creativo in particolare?
La verità è che siamo spugne, ogni disegno è figlio di un percorso lunghissimo e nel mio caso non c’è nessun artista la cui influenza sia stata tale da poter dire che mi sono ispirato a lui. Ho sempre odiato i disegni puliti e dettagliati, perciò ho cominciato a muovere la mano sul foglio e le distorsioni sono venute da sole. Ho sicuramente guardato tanto all’arte e alla scultura moderna, più che al fumetto, ma alla fine ogni mio disegno deriva da un insieme di conoscenze che vanno anche al di là del solo campo artistico. Quindi è possibile che qualcosa derivi anche da miei approfondimenti del momento: sull’uomo nello spazio, sui lombrichi, sui Beatles o quant’altro!
Nella copertina compare una città destrutturata, lontana dallo stereotipo della città moderna. Sembra quasi raffigurare un mondo digitale incapace di collegare le persone. È un’interpretazione corretta? Cosa ti ha portato a concepire in questo modo la tematica del focus, quella del digital divide?
Il discorso è lungo, ma proverò a fare una sintesi. Ogni volta che c’è la possibilità di connettersi, di collegarsi, c’è anche quella di dividersi. Così come nel passato si facevano guerre per il petrolio o per il nucleare, oggi si combatte per il virtuale, la causa del conflitto è sempre la ricerca di uno strumento. La presenza di disparità tra chi non ha e chi ha troppo è una costante storica. Così ho deciso di rappresentare persone imprigionate da trappole diverse, c’è chi è imbrogliato tra i li, chi è immerso nella rete e chi incastrato in uno schermo, sempre tenendo a mente le forti disparità di fondo.
Cosa ti aspetti dal tuo futuro come artista in questo periodo incerto in Italia?
Non ho mai affidato le mie competenze al paese in cui vivo. L’artista, come ho detto prima, è chi sceglie di esserlo quotidianamente, l’unico fallimento è non fare più quella scelta. Personalmente non sono nato in un paese che fa di te un artista, perciò non ho mai avuto questo sogno, e nemmeno in un paese che mantenga lo status di artista una volta arrivati all’obiettivo, anche perché non c’è modo di arrivare, si continua sempre a crescere. E poi essere artista è uno status che va guadagnato, è per pochi, se così non fosse l’arte si ridurrebbe a qualcosa di dozzinale e il museo all’ennesima pagina su un social network con l’hashtag #art. Diciamo che mi do dei cervelli, troveranno un modo.
di Anna Cassanelli
Maggio 2020
32 n°