Collana TRACCE
Seminari del Dottorato di Ricerca in Architettura. Teorie e Progetto
Direttrici della collana
Domizia Mandolesi
Nicoletta Trasi
Comitato Scientifico
Andrea Bruschi
Orazio Carpenzano
Filippo De Pieri
Susanna Ferrini
Francesca Romana Forlini
Lidia Gasperoni
Andrea Grimaldi
Hansmichael Hohenegger
Antonello Marotta
Caterina Padoa Schioppa
Rosario Pavia
Valerio Perna
Loris Rossi
Antonino Saggio
Antonello Stella
Stefan Tischer
I volumi pubblicati in questa collana vengono sottoposti a procedura di peer-review
DiAP Dipartimento di Architettura e Progetto
Sapienza Università di Roma
Direttrice
Alessandra Capuano
Dottorato di Ricerca in Architettura.
Teorie e Progetto
Coordinatore
Orazio Carpenzano
Collegio dei docenti del Dottorato
Orazio Carpenzano (Coordinatore)
Andrea Grimaldi (Vice coordinatore)
Rosalba Belibani
Maurizio Bradaschia
Andrea Bruschi
Roberto Cherubini
Alessandra Criconia
Paola Veronica Dell’Aira
Emanuele Fidone
Nicola Flora
Gianluca Frediani
Cherubino Gambardella
Maria Clara Ghia
Anna Giovannelli
Paola Gregory
Paola Guarini
Filippo Lambertucci
Renzo Lecardane
Domizia Mandolesi
Luca Molinari
Caterina Padoa Schioppa
Antonella Romano
Antonino Saggio
ISBN 978-88-6242-842-2
Prima edizione Maggio 2023
È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura.
Book design: Stefano Perrotta
LetteraVentidue Edizioni S.r.l.
Via Luigi Spagna 50 P
96100 Siracusa
www.letteraventidue.com
Guendalina Salimei
Antonello Stella
Nicoletta Trasi
Nilda Maria Valentin
Massimo Zammerini
Membri esperti
Lucio Altarelli
Lucio Barbera
Renato Bocchi
Marcello Pazzaglini
Franco Purini
Giancarlo Rosa
Piero Ostilio Rossi
Roberto Secchi
a cura di Domizia Mandolesi
ARCHITETTURA
ITALIANA
CONTEMPORANEA
5 INTERVISTE + 1
contributi di
Andrea Ariano
Luigi Arcopinto
Ilia Celiento
Miriam Confetto
Paolo Pizzichini
Claudia Ricciardi
INDICE
ARCHITETTURA ITALIANA CONTEMPORANEA. LINEE DI RICERCA, TEMI, LINGUAGGI
Domizia Mandolesi
LE IDEE SONO ARMI. L’ANARCHITETTO GIANNI PETTENA
Andrea Ariano
Intervista a Gianni Pettena
DALLA RESPONSABILITÀ ALL’ESIGENZA DI UN’ESPRESSIONE FORMALE.
L’ARCHITETTURA ASSERTIVA DI C+S ARCHITECTS
Luigi Arcopinto
Intervista a Carlo Cappai e Maria Alessandra Segantini
ELASTICOFARM.
L'ESPRESSIONE DELLA MATERIA E LA SINTESI DELLA FORMA
Ilia Celiento
Intervista a Stefano Pujatti
UFO – URBAN FUTURE ORGANIZATION. LA COSTRUZIONE PARAMETRICA DELL’ARCHITETTURA
Paolo Pizzichini
Intervista a Claudio Lucchesi
06 13 29 47 67
18 34 50 72
EMPATIA, MATERIA, MEMORIA. STUDIO MODUS ARCHITECTS Miriam Confetto Intervista a Matteo Scagnol PER UN’ARCHITETTURA DI RELAZIONI. STUDIO LABICS Claudia Ricciardi Intervista a Maria Claudia Clemente e Francesco Isidori BIBLIOGRAFIA BIOGRAFIE 83 103 121 122 88 106
ARCHITETTURA COMUNICAZIONE ARTE AMBIENTALE
LE IDEE SONO ARMI. L’ANARCHITETTO GIANNI PETTENA
Andrea Ariano
Virus radicale
Gianni Pettena (Bolzano, 1940) – architetto, artista, docente, critico, storico, performer – è uno dei protagonisti dell’avanguardia radicale italiana. Come spesso accade, la vita e l’attività artistica di Pettena si compenetrano a tal punto da divenire impossibile scinderle, qualsiasi giudizio critico non può trattare dell’una senza tenere in conto l’altra.
Sfogliando la monografia Gianni Pettena: 1966-2021, pubblicata nel 2020 per i tipi di Mousse Publishing, ci si rende subito conto della mole impressionante di opere realizzate dall’artista nel corso della sua lunga e fruttuosa carriera. Continuando a sfogliare si ha modo di percepire lo spessore e l’importanza della sua produzione. Mutuando il pensiero di Gramsci, «non può esistere quantità senza qualità e qualità senza quantità (…) ogni contrapposizione è un non senso razionalmente»1, e questo è verissimo nell’opera di Pettena.
Ciò che emerge con evidenza sono, da una parte, la grande coerenza, dall’altra, la capacità dell’artista di reinventarsi continuamente, di sperimentare strumenti e linguaggi sempre nuovi nel corso di oltre cinquant’anni, in un dialogo incessante con una società che nel frattempo è cambiata così tanto da essere irriconoscibile. Un altro dei meriti di Pettena, che con la sua lunga carriera abbraccia luoghi e tempi lontani, è che, in qualche modo, a differenza degli altri compagni di viaggio, forse è l’unico che negli anni ha mantenuto lo spirito, l’attitudine e le maniere che avevano caratterizzato l’esperienza radicale.
Oggi, gli anni Sessanta sembrano essere una specie di ossessione: così diversi e lontani da apparire quasi esotici, eppure così magnetici e attraenti, anni in cui si aveva l’impressione di vivere davvero. Ciò dipende in parte dalla serie di condizioni, probabilmente irripetibili, che hanno caratterizzato l’epoca in cui, per citare Marcuse, c’era lo spettro di un mondo
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di ricerca che ritenevo interessante, e che parallelamente lo avrei indagato anche io, così alla fine valutavo non solo i loro lavori, ma anche il mio. Credo che il giudice più severo sia sempre te stesso. Ero un docente molto vicino alla generazione degli studenti e da subito capii che nel rapporto con loro si deve operare con la massima delicatezza. Per me era importante trasmettergli cosa fare per cambiare, o quantomeno provarci, un mondo in cui si riconoscevano a fatica. Credo che la cosa più importante fosse fargli capire che si vive una volta sola e che bisogna fare di tutto perché il mondo in cui ti trovi non ti impedisca di essere te stesso.
Questo principio va difeso fino all’ultimo: ci vuole etica innanzitutto verso sé stessi. È così che di virus radicale ho contaminato parecchie generazioni.
Questa era una sorta di anticipazione di Global Tools, che non è forse una riunione di studenti insoddisfatti che inventano la scuola che avrebbero voluto avere? L’esperienza di Global Tools nasce proprio dal desiderio di un’educazione mancata e che finì con l’essere una scuola di approfondimento, di ricerca… Era una scuola strana, non c’erano docenti e non c’erano stu-
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About non conscious architecture, USA 1972. Foto di Gianni Pettena
denti, noi membri sceglievamo autonomamente i campi di ricerca, i raggruppamenti di lavoro e producevamo lavori sperimentali. Per noi radicali fu un’esperienza molto importante, seppur breve, perché era la prima volta che lavoravamo insieme, prima non sapevamo su cosa stessero lavorando gli altri, se non a posteriori attraverso le pubblicazioni e le mostre.
Uno degli aspetti, a mio avviso, più importanti del suo lavoro e della sua riflessione è proprio questa ricerca continua.
GP La ricerca è sicuramente stata la base di tutto il mio lavoro. In parte è proprio ciò che mi ha fatto tornare dagli Stati Uniti: lì si veniva apprezzati perché si rappresentava la visione europea, più che per quello che si faceva, e poi non volevo diventare uno dei tanti che aspirava a una carriera regolare, che avrebbe sicuramente comportato il negoziare la mia etica con un’etica in cui mi riconoscevo poco. Anche nella professione è così, ed
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About non conscious architecture, USA 1972. Foto di Gianni Pettena
Intervista a Gianni Pettena
INTERVISTA A CLAUDIO LUCCHESI
7 Gennaio 2021
a cura di Paolo Pizzichini
Il network è il punto di forza del funzionamento e dell’impostazione di UFO. Gestire una rete di progettisti che abbraccia varie zone del globo comporta conseguenze che riguardano non solo l’ovvia eterogeneità culturale dei suoi membri, ma anche una diversa interpretazione dei ruoli che ciascun individuo ricopre (in una “rete”, ogni maglia ha un peso uguale alle altre): come è gestita la singola commessa progettuale? Il nuovo incarico comporta il coinvolgimento totale della “rete” o esiste un confine entro cui il globale cede il posto al locale, anche in termini di linguaggio architettonico?
CL Nel nostro acronimo UFO, la “O” indica Organizzazione perché non volevamo dare vita a una struttura rigida e gerarchica, ma efficiente e versatile. Come scritto nella tua domanda, per noi ogni maglia della rete ha un peso uguale alle altre. Nel nostro gruppo di lavoro non c’è un soggetto che emerge quale figura guida, come per esempio Peter Cook degli Archigram o Rem Koolhaas di OMA. Ci impegniamo per raggiungere lo scopo principale, che è quello di creare una buona architettura. Riguardo i nuovi progetti non è obbligatorio un coinvolgimento totale della rete, ma è desiderio comune aprire a chiunque abbia tempo, voglia e interesse per quel determinato lavoro in un determinato momento. Si tratta comunque di un’organizzazione in continuo cambiamento. L’idea di essere un insieme, come auspicato e incoraggiato da Jeff Kipnis, non è mai cambiata e, proprio per questa ragione, tutti i nostri propositi si sono evoluti con le tecniche emergenti, i materiali e le tecnologie, le ibridazioni nelle tipologie, le conseguenze nell’ambiente, la forma e gli effetti architettonici. I nostri interessi sono sempre molto diversi e influenzati dai continui aggiornamenti che ogni membro dell’organizzazione porta con sé da ogni parte del mondo. Le proposte progettuali cercano sempre di rivolgersi alle differenze locali. Il nostro,
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73 Intervista a
Claudio Lucchesi
Simone Gatto Lemon Factory, San Pier Niceto 2008. Foto di UFO
In questa e nella pagina seguente: Sarajevo National Concert Hall, Sarajevo 1999. Immagini di UFO
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Lucchesi
TreeHugger, Bressanone
2019. Immagini di MoDus
architects, foto di Oskar
Da Riz
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95 0 10 2 5 0 10 2 5 Intervista a Matteo Scagnol
TreeHugger, Bressanone 2019. Immagini di MoDus architects
In questa e nella pagina seguente: Jacaranda, Milano 2018. Immagini di Labics, foto di Marco Cappelletti
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Avete avuto il grande privilegio e al contempo la grande responsabilità di operare nella capitale attraverso progetti di nuova costruzione o anche di intervento sul costruito. Penso ad esempio al progetto della Città del Sole e a quello sui Mercati Traianei, un’area eccezionale ma anche estremamente fragile. In che modo è possibile dialogare con il patrimonio storico della città? Che cosa ha significato fare architettura, per voi, a Roma?
MCC Roma è una città meravigliosa che ha saputo crescere su sé stessa accettando demolizioni e ricostruzioni. È un grande palinsesto, che conserva ancora un tessuto medievale, che in molte città come Parigi, ad esempio, è scomparso. È una città che si apre, che accoglie, generosa, fatta di spazi interni. Meravigliosa perché nel tempo è stata riscritta, sovrapposta. Le città non si dovrebbero fermare mai, cosa che purtroppo Roma ha fatto tempo fa. Noi, ad esempio, siamo in Prati e guardando gli interventi sul
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Intervista a Maria Claudia Clemente e Francesco Isidori