Anno 30 Numero 2
I.I.S. LUNARDI - BS
Novembre 2021
L'ESPERIENZA COVID-19. LA RISCOPERTA DELLA RELAZIONE EDUCATIVA NELLA SCUOLA
Foto di gruppo. Serata del 27 Ottobre 2021 Sabato 23 ottobre presso l’auditorium San Barnaba si è svolto un convegno legato al concorso organizzato in primavera dal nostro istituto dal titolo: “L’esperienza Covid-19. La riscoperta della relazione educativa nella scuola”. La mattinata, divisa in tre parti principali, è iniziata con un'introduzione dell'assessore alle Politiche Giovanili e alle Pari Opportunità, Roberta Morelli, che si è dimostrata subito favorevole a questo progetto, in quando rientra perfettamente nei quattro indirizzi dei quali si occupa il suo assessorato: il disagio giovanile e le problematiche adolescenziali, la scuola e il lavoro, la cittadinanza attiva e, infine, l'arte e le manifestazioni artistiche. Ha affermato, inoltre, che l'assenza della relazione educativa nel corso della pandemia ci ha fatto capire l'importanza della scuola e la necessità di riflettere tra la scuola reale e quella sognata che spesso non coincidono e ha annunciato che Brescia è stata nominata città italiana dei giovani 2021.
L'esperienza Covid-19: il Grande flagello
Dopo una breve introduzione del professor Guerra, ha preso parola Massimo Tedeschi, un gior nalista del «Corriere della Sera» che ha introdotto i temi della prima parte dell'incontro e ha mostrato la difficoltà della nostra città che, insieme a Bergamo, ha affrontato nella prima ondata della pandemia, comparando i numeri altissimi delle vittime del Covid a Brescia a quelli di altre tragedie storiche, come la spagnola e le guerre mondiali. Ma perché è accaduto a Brescia e a Bergamo? Ha rivelato che non ci sono risposte certe, ma si pensa che sia perché viviamo nel posto più avanzato dell'Europa, in quanto nella scala di sviluppo di tutte le province europee, Brescia e Bergamo si trovano rispettivamente al terzo e al quarto posto. Poi ha dichiarato che la Lombardia possiede gli ospedali più avanzati del continente e che è riuscita ad adattarsi alla situazione, cambiando modello ospedaliero, raccogliendo 16 milioni di euro e montando ospedali da
campo. Ha concluso il suo intervento dicendo che in queste grandi tragedie, tutti diventiamo protagonisti e abbiamo qualcosa da raccontare e che non dobbiamo ripartire, ma rigenerarci, assimilando l'esperienza vissuta e apportando i dovuti cambiamenti.
IN QUESTO NUMERO: L’esperienza COVID-19 pag. 4 Cari ragazzi… pag. 9 EYE 2021 pag.10 COP26 pag.12 La rinascita del supersonico nel settore civile pag.13 L’Ungheria e i suoi misteri pag.14 Alla riscoperta della Corea del sud pag.16 Laboratorio Teatrale del Lunardi pag.18 LA MATRIOSKA pag.20 Bookclub pag.21 Anime & Manga pag.23 Anche in Cina guardano il cielo pag.24
2 Successivamente ha parlato Paola La Boria, dottor essa del r epar to di neuropsichiatria infantile degli Spedali Civili di Brescia che ci ha illustrato l'impatto della pandemia sui bambini, parlandoci delle loro paure di perdere le persone più care e mostrandoci alcuni disegni realizzati dai ragazzi riguardanti le loro opinioni sull'anno 2020. Ha riferito, poi, che si è verificato un aumento del numero e della gravità dei ricoveri causati dai social, in quanto non c'era più un equilibrio tra il mondo reale e quello di Internet, con una mancanza di privacy, visto che i ragazzi erano costretti a condividere i loro spazi personali con fratelli o altri familiari, con una perdita d'identità e grandi incertezze, provocate dall'assenza di esperienze con gli amici e momenti di ribellione. Un altro fattore importante è la mancanza di occasioni per poter uscire, che ha portato gli adolescenti a vedere la casa come una prigione o un rifugio, innescando un processo di regressione e alterando la quotidianità dei ragazzi. In seguito, ha letto una frase di Murakami: “Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia fini-
REDAZIONE ABATTI VALENTINA, 4°AL BAJENARU VANESSA, 3°FL BUIZZA LAURA, 3°BT CARATTI CRISTIANO, 3°BT CEBOTAREAN NICHITA-MICO, 3°ER FAUSTINONI VALENTINA, 3°EL FRANCESCHINI ELISA, 3°FL IANNELLO LUCIA, 5°CL PICENI ILARIA, 3°DL REBOLDI IRENE, 4°DL SCHIVARDI JENNIFER, 4°CL SENES ELISA, 3°CR VODOPYAN NAZAR 2°FL
LUNARFOLLIE ta per davvero. Ma su un punto non c'è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato”. Con questa citazione ha spiegato come il Covid abbia messo in luce alcuni difetti nelle strutture sanitarie, che sono stati immediatamente risolti, riuscendo a migliorare
i servizi verso i pazienti. Ha terminato il suo discorso condividendo alcune riflessioni di uno psicoterapeuta, Massimo Recalcati, che dice che il Covid ci ha insegnato che libertà non vuol dire essere privo di legami con gli altri, ma poter partecipare, perché da soli non facciamo niente. L'ultimo intervento della prima parte del convegno è del professor Angelo Luigi Sangalli, insegnante di pedagogia all'Università degli Studi di Verona, che ha parlato dell'importanza della scuola in presenza, presentando il modo in cui il nostro cervello reagisce durante le lezioni in
classe e quelle online. Nelle prime si verifica una maggiore capacità di concentrazione in quanto ci focalizziamo sulla visione del volto umano, in particolare gli occhi e la bocca nelle tre dimensioni che attivano determinate aree del cervello che stimolano l'attenzione; nelle lezioni a distanza, invece, visto che non c'è un contatto visivo, si attivano altre parti del cervello che aumentano la fatica ad ascoltare e a concentrarsi. Successivamente, ha suggerito di creare relazioni e gruppi di discussione, con attività creative pomeridiane nella scuola che possono incrementare l'interesse e le passioni degli studenti e incontri di 15 minuti, in modo da riuscire a focalizzare l'attenzione in quella durata di tempo. Il valore di un concorso: la riscoperta dell'importanza della relazione educativa nella scuola Il professor Guerra ha presentato la seconda parte del convegno, nella quale ha parlato del concorso: sono arrivati 200 lavori, suddivisi in testi scritti, video, fotografie e disegni di più di 600 studenti provenienti da 27 istituti superiori della provincia di Brescia. I veri protagonisti, però, come ha affermato il professore,
prof.ssa Rita Pilia prof.ssa Elena Bignetti prof. Antonello Ratta Composizione e stampa a cura di Lino Martinazzoli Lunarfollie viene pensato, prodotto, stampato e distribuito presso il CIMP dell’ IIS “A. LUNARDI” via Riccobelli, 47 Tel. 030/2009508/9/0 Email: lunarfollie@lunardi.bs.it
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siamo noi, che siamo riusciti ad urlare i disagi, le paure, le angosce, portando alla luce i problemi che la pandemia ha creato, soprattutto nell'ambito scolastico. Numerose sono state anche le associazioni che hanno contribuito alla realizzazione di questo concorso, mettendo a disposizione le proprie risorse permettendo così la perfetta riuscita del progetto. Successivamente sono saliti sul palco alcuni dei ragazzi che hanno partecipato al concorso che hanno presentato le loro opere, spiegando le idee e i pensieri che si celavano dietro ai lavori che hanno realizzato e i motivi che li hanno spinti a prendere parte a questa iniziativa. La scuola dopo il Covid: prospettive ed orientamenti La terza parte è iniziata con l'intervento del professore Raffaele Mantegazza, docente di pedagogia all'Università degli Studi di Milano Bicocca che ha raccontato la storia di Davide, un ragazzo appassionato di latino e greco che frequenta il liceo classico. Un giorno Davide sta molto male e viene portato al pronto soccorso, dove scopre di avere una forma di leucemia molto
3 grave ed è costretto a lasciare la scuola, iniziando a frequentare le lezioni in ospedale. Le cure, però, non stavano funzionando e la salute del ragazzo peggiorava sempre di più, ma volle ugualmente svolgere una versione di greco che un'insegnante aveva assegnato ai suoi alunni la mattina precedente, chiedendole di correggere il suo compito come se fosse stato uno studente normale. Lei lo accontentò e corressero insieme la verifica appena il ragazzo l'ebbe terminata: aveva preso 9. Davide era felicissimo di aver preso un voto così alto. Il giorno seguente l'insegnante tornò in ospedale, ma il letto di Davide era vuoto: era morto poche ore dopo che la professoressa se n'era andata. Quel voto, ha riferito il professor Mantegazza, è stato, secondo lui, uno dei voti più umani e importanti che sono stati assegnati, poiché la valutazione non è stata influenzata dalle condizioni fisiche del ragazzo, ma dal suo impegno. Successivamente è intervenuto il professore Domenico Simeone, pr eside della Facoltà di scienze della formazione dell'Università Cattolica di Milano, dicendo che, secondo lui, la pandemia ha portato alla luce la necessità di costruire un rapporto tra le generazioni, che si si è complicato in seguito al bisogno dei giovani di uscire e delle persone più anziane di farli rimanere in casa per non correre troppi rischi. Citando Don Lorenzo Milani e un proverbio africano, ha poi spiegato come docenti e genitori debbano essere in grado di aiutare un ragazzo nel suo percorso di crescita personale, sostenendolo nei momenti di maggiore difficoltà e appoggiarlo nella realizzazione dei suoi sogni. Purtroppo, come ha affermato il professor Simeone, il virus ci ha colti imprepa-
rati e, seminando dolore e paura, è riuscito ad impadronirsi dei nostri progetti. La chiusura di spazi fondamentali per la nostra vita quotidianità e la condivisione di spazi domestici, che hanno reso le case troppo piccole e soffocanti, hanno contribuito al peggioramento della salute mentale degli adolescenti e all'aumento di litigi con familiari e amici. L'ultimo intervento è stato quello dell'ex-preside del Lunardi e Direttore generale dell'USRL, Giuseppe Colosio, che ha dichiar ato che emerge l'esigenza di avvertire la scuola come un luogo che pone al centro l'alunno impaziente di apprendere nuove conoscenze e sviluppare le sue capacità con l'aiuto di un insegnante che lo guidi in questo percorso, alleggerendo il peso dei contenuti e favorendo lo sviluppo personale e delle scelte quotidiane di ogni studente. Il professor Colosio ha inoltre spiegato che la pandemia ha portato anche ad una rivoluzione digitale che ha effettuato un cambiamento radicale nel modo di produrre e di far arrivare le conoscenze: c'è stato il passaggio dai libri di testo e dalle enciclopedie a libri digitali e ricerche in Internet, che però non assicurano la validità e la certezza di un'informazione. La mattinata si è conclusa con i ringraziamenti da parte della nostra Dirigente Gemma Scolari e dell'assessore Roberta Morelli, rivolti specialmente a tutte le persone che hanno partecipato e ai docenti che hanno aiutato a realizzare il concorso, coinvolgendo i loro alunni. Per concludere, vorrei riportare una frase che mi ha colpito molto che è stata ripetuta varie volte nel corso del convegno: “Il Covid ha provocato delle cicatrici su ognuno di noi che non dobbiamo nascondere o dimenticare, ma dobbiamo crescere partendo da esse”. Jennifer Schivardi 4^CL
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L’ESPERIENZA COVID-19: per non dimenticare
Ormai è più di un anno e mezzo che conviviamo con uno scomodo inquilino della Terra, il COVID-19; inizialmente il problema non ci toccava personalmente dato che il virus si trovava a più di ottomila chilometri da noi e solo con il suo arrivo in Italia ci siamo resi conto di quanto la situazione fosse drammatica. Sicuramente la pandemia ha lasciato cicatrici in tutte le persone, anche in noi ragazzi, che abbiamo dovuto vivere una realtà scolastica inedita. Le nostre giornate erano vuote, ripetitive e prive di stimoli. Questo è quello che è emerso dai molti lavori del concorso “L’esperienza COVID-19. La riscoperta della relazione educativa nella scuola”, progetto ideato nel nostro istituto dalla Commissione Cultura dell’anno 2020/2021 ed esteso a tutte le scuole di Brescia e provincia, in collaborazione con l’assessorato alle politiche giovanili e alle pari opportunità del comune di Brescia. Gli studenti si raccontano attraverso le loro opere, artistiche, letterarie o multimediali e ciò che si percepisce maggiormente in esse è la necessità di esternare i sentimenti di solitudine, sofferenza e confusione. Visto il riscontro positivo che il concorso ha avuto tra gli studenti, gli enti organizzatori hanno deciso di dare risalto ai lavori con degli eventi, che hanno dato la possibilità al
pubblico di ascoltare la lettura di alcuni elaborati e di visionare dei video presso il cinema Nuovo Eden; inoltre, è stata allestita una mostra alla Piccola Galleria U.C.A.I. per poter ammirare le opere artistiche. Entrando nella Galleria, l’opera che salta subito all’occhio è Schermatura, di Elisa Faccoli, del Liceo Golgi di Breno. È realizzata in fili di metalli diversi, che formano una gabbia aperta nella parte superiore con all’interno una figura stilizzata. Essa rappresenta la camera da letto di una adolescente, trasformata in uno spazio di solitudine. L’artista dedica la sua creazione a tutti i giovani che si sono sentiti isolati e confusi, per ricordare loro che non sono soli perché “siamo tutti sotto lo stesso cielo”.
Schermatura
Squalificato
La DAD ha “deumanizzato” gli studenti, privandoli della loro identità, ed è quello che Eleonora Bordiga, del Liceo Leonardo, ha voluto rappresentare con la sua opera, intitolata Squalificato, in cui si vede una classe in posa per essere fotografata. La sua particolarità è che il volto degli studenti viene coperto dai tipici bollini che appaiono sulla piattaforma di Google Meet quando le telecamere vengono disattivate. Un’altra opera, Il tempo sospeso di Giulia Cominelli, del Liceo Golgi di Breno, rappresenta un equilibrista, che cammina su un filo sospeso. Questo filo collega una città ad un groviglio colorato ed indefinito. Al di sotto del funambolo c’è un orologio le cui lancette sono ferme. L’equilibrista simboleggia la nostra società che sta attraversando un periodo difficile, la città è il passato, mentre il groviglio è il futuro. L’orologio con le lancette ferme ricorda il “tempo sospeso” durante il lockdown.
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Il tempo sospeso In una stanza adiacente a quella principale, una chiesa sconsacrata in cui si potevano ancora vedere piccoli affreschi del passato, erano presenti le tre opere che hanno vinto il concorso: La terza classificata è Sofia Bruschi, del Liceo Leonardo, con Periodo Blu. Il disegno digitale rappresenta un personaggio con una maschera, circondato dal buio. In secondo piano, alle spalle del personaggio, c’è uno spirito dagli occhi rossi. Lo spirito rappresenta tutti i sentimenti negativi che hanno pervaso l’animo dello studente. La maschera, invece, rappresenta l’idea dello scolaro modello, che molti hanno dovuto interpretare per
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non deludere La Maschera chi è intorno a noi. Il secondo classificato è Luca Stefano Minelli, del Liceo Calini, con La Maschera. Il dipinto rappresenta la scrivania dell’artista, con gli oggetti della sua monotona quotidianità. Lo schermo bianco del computer simboleggia l’impossibilità di avere un rapporto umano con professori e compagni; dietro allo schermo ognuno indossa una maschera. La prima classificata è Sofia Poliani, del Liceo Leonardo, con La Gabbia, un assemblaggio polimaterico che rappresenta una gabbia sospesa nel vuoto, una ragazza che fugge da essa con funi da carcerato e atterra su una montagna di libri. All’interno della gabbia c’è un tavolo con un computer, che caratterizzano i rapporti virtuali. I libri simboleggiano la scuola e la cultura, che sono state fondamentali per l’artista in quel momento difficile.
te le opere hanno in comune non solo la sofferenza, ma anche la speranza di uscire da questa situazione. Al cinema Nuovo Eden si sono svolti tre appuntamenti in cui dei ragazzi hanno letto alcuni dei 300 testi pervenuti e sono stati proiettati alcuni video. La partecipazione dei ragazzi del Lunardi si è concentrata maggiormente sulla categoria della narrativa, infatti la vincitrice della sezione narrativa e poesia del concorso è Maria
La mostra ha messo in risalto come le emozioni possono essere la base della creatività. Inoltre tutPeriodo blu
La Gabbia
6 Vittoria Nizzardo, che oggi frequenta la classe 2FL del nostro istituto. Il suo lavoro, intitolato La nostra odissea, è un testo che parla di un viaggio paragonabile a quello di Ulisse, ricco di emozioni contrastanti, in cui lei si vede inghiottita in un vortice di insidie, paure e difficoltà, in balia di una tempesta nella quale l’unico approdo è la speranza che si fa via via sempre più remota fino ad arrivare ad un punto in cui l’oblio sembra essere la realtà ormai stabilita. Ecco che però, dopo aver toccato il fondo, il testo riporta il lettore da una condizione di angoscia ad una situazione di sicurezza interiore sviluppata grazie alla fiducia in un futuro migliore. Maria Vittoria spiega che scrivere questo testo è stato per lei terapeutico e le ha dato l’opportunità di mettersi in gioco e di raccontare quello che ha vissuto. Anche i video hanno riscosso l’apprezzamento del pubblico, per esempio “D.I.D.”, di Riccardo Kubelka, Lucrezia Fusco e Felicia Tiralongo, del I.I.S Don Milani. La clip rappresenta un ragazzo che vive la monotonia in un susseguirsi di azioni ripetitive fino alla perdita della propria identità. Sette e quarantacin-
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que è il lavor o por tato da Giacomo D’Anna, del Liceo Moretti di Gardone Val Trompia. Il video rappresenta un incubo: sentire che qualcuno vive al tuo posto la tua normalità
e vedersi vivere in terza persona. Giacomo dice di aver voluto rappresentare come nella realtà tutto questo sia stato un vero motivo di sofferenza per gli studenti. La serata si è conclusa con un intervento del professor Luca Guerra, che con soddisfazione ha annunciato l’uscita di un libro, in collaborazione con la Microeditoria di Chiari, che raccoglierà i lavori dei ragazzi. Il volume, che uscirà all’inizio dell’anno prossimo, darà la possibilità a tutti i cittadini di potersi emozionare attraverso le meravigliose opere dei giovani talenti. Elisa Franceschini, 3°FL
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ESPERIENZA COVID-19
IL CONCORSO CHE HA DATO VOCE AGLI STUDENTI Noi giovani siamo quelli che il tempo non aspetta, quelli che hanno sempre fame di sogni, di futuro, di vita. Siamo quelli dalle facce indecifrabili, dai caratteri volubili, dalle emozioni instabili. Ma cosa accade se d'un tratto, da un giorno all'altro ci troviamo confinati, isolati nelle pareti di casa? Beh, all'inizio salti, ur la di gioia perché "la scuola rimarrà chiusa questa settimana", ma poi a quella settimana se ne aggiunge un'altra, poi un'altra ancora, e quelle settimane diventano mesi. Mesi infernali, infiniti, vissuti al limite con il fiato mozzato, il fastidio nelle vene, i nervi tesi e un insaziabile desiderio di uscire. Niente visite ad amici e parenti. Di passeggiate non se ne parla, massimo a 200m da casa. Il tempo, inesistente, e le ore, scandite dalle sirene delle ambulanze, uniche abitanti di una città fantasma, che vive nascosta sotto i tetti delle case. Altro non è che un inquietante paradosso. Case, che non sono più case, ma uffici, scuole, università, ospedali, palestre, campi di battaglia. Tanta fr ustr azione e tanta rabbia contro un essere microscopico, nemico invisibile, tanto intangibile quanto deleterio. Certo, non è mai tutto bianco o tutto nero, la dad ha portato con sé anche momenti preziosi, una crescita personale. Niente ritmi frenetici e nottate passate sui li-
bri. Una scuola che non era scuola, molto più tempo da investire su noi stessi, nuove passioni sono fiorite e antichi valori ritrovati. Una vita nuova è sorta in noi, ma troppo, troppo spesso mescolata a quel sentimento di isolamento, confusione, sconforto, che i metodi virtuali non placavano, ma alimentavano. Giorno dopo giorno i taccuini si riempivano di diari, scarabocchi, grida soppresse. L'importante era scaricare il dolore da qualche parte, mai lasciarlo dentro a marcire, imprimerlo su carta e farlo perire. Parallelo però, un desiderio altrettanto incalzante di annunciare a tutti questo
maledetto patire, esternarlo, manifestarlo. Di più, un desiderio di demolirlo se pronunciato all'unisono; speravo che la mia voce potesse unirsi alle altre e sfondare quel muro di paura. Così, per caso, un giorno notai l'annuncio del concorso bandito dal Lunardi. Non ebbi alcun dubbio, io dovevo partecipare. Non m'importava altro, ne avevo bisogno. Era come se qualcuno avesse colto quella voce che si faceva sempre più urgente, minuto dopo minuto. Quel qualcuno è il professor Guerra, che si è impegnato ad organizzare il concorso e con lui, tutti coloro che si sono messi in gioco, a cui sono infinitamente grata. Da lì tutto è cambiato, i giorni si rivestirono di significato, finalmente compresi quel che mi mancava, quel vuoto a cui non riuscivo a dare un nome, finalmente avevo uno scopo. Cominciai a leggere la scuola, la dad in chiave nuova,
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LUNARFOLLIE Dopo aver assistito e partecipato a questo trepidante tripudio di emozioni, mi fa rabbia sentir dire che noi giovani siamo svogliati, rassegnati, gonfi di vanità e privi di ambizioni. Designati, gli adolescenti coi loro telefoni, come esseri siamesi, dalle bocche troppo aperte e le teste troppo vuote, siamo quelli dispersivi, stracchi e inconcludenti, apatici e indifferenti. No professori, no mondo, noi non siamo solo questo.
con molta più positività, perché avevo la possibilità di cavalcare un'onda salvifica, potevo far parte di qualcosa di grande, che avrebbe unito me e tutti gli altri ragazzi che si stavano perdendo o si erano persi. Una possibilità di riscatto, di far sentire la mia voce, di farla diventare una tessera in quello che poi è diventato un mosaico di esperienza umana. Scelsi gli occhi, perché erano l'unico mezzo di evasione, territorio marcato dalla tristezza e dalla gioia, e così scelsi la lacrima. Lo sguardo si posava incessantemente su angoli della casa già noti, squarci di vita fin troppo vissuti. Con gli occhi navigavo in emisferi lontani tra le pagine di un libro, in regni di invenzione nel tessuto della notte, lungo il profilo delle stelle; con loro arrivavo finché l'orizzonte si interrompeva, dove ogni sogno iniziava a sorgere. Tutto quanto pareva essere sospeso e irreale, difficile dare forma ai pensieri. Il pc che blaterava versi incomprensibili, lo schermo che lacerava e quella strana malinconia che non pareva voler andarsene. Un desiderio di porre fine a tutto quanto lo sentivo martellante nel petto. Così dalle lacrime
sgorgò la vita repressa e potei consumare quella agognata libertà che era ovunque e in nessun luogo, se non nei miei occhi. Così ho vissuto la dad, tra perdita e rinascita, spavento e meraviglia, paura e serenità. Credo che questo concorso sia stato l'ancora di salvezza per molti, poiché ho visto e ascoltato quello che ognuno di noi ha donato, e ha lasciato in me una traccia indelebile, alla quale non si può restare indifferenti. In quelle ore passate a leggere i significati delle opere, e a vedere e ascoltare i video e le composizioni letterarie nei quali si rifletteva l'incredibile varietà della nostra natura, ho imparato molto di più che in pagine e pagine di nozioni.
Siamo inesperti, questo sì, perdonatecelo, ma è vero anche che siamo i primi che scaglierebbero il telefono contro il muro per vedere una rosa sbocciare, una persona sorridere. I nostri cuori non sono sterili, forse solo timidi e un po' impacciati, ma pur sempre desiderosi di conoscere, sperimentare e vivere. Ho voluto dedicare il mio lavoro a chiunque abbia scelto di avere fiducia nella vita, persino quando le è stato chiesto di fermarsi, ma soprattutto voglio ringraziare chi mi ha dato la possibilità di capirlo, prima ancora di comunicarlo. Irene Reboldi 4°DL
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Cari ragazzi … Al cinema Nuovo Eden, al termine dell’ultima giornata di proiezione di video e di lettura di testi di studenti che hanno partecipato al concorso “L’esperienza Covid 19. La riscoperta della relazione educativa nella scuola”, la prof.ssa Fausta Moreschi, a nome della Commissione Cultura del Lunardi, rivolge il saluto conclusivo ai presenti.
non farcela. In questi quasi due anni di pandemia abbiamo capito tutti, voi studenti e noi docenti, la bellezza dell’essere scuola come comunità di persone che camminano fianco a fianco nella stessa direzione e che ogni mattina riempiono le
Carissimi ragazzi, gentili docenti e genitori, ospiti tutti presenti in sala, vi do il benvenuto a questo evento a nome della Commissione Cultura dell’Istituto Lunardi, di cui faccio parte. Siamo giunti quasi al termine di quella che Fotografia di Margherita Chiappa, 5°BL strade, varcano i cancelli, si inil collega Luca Guerra ha deficontrano all’interno di edifici manito “una straordinaria follia pegari anche vecchiotti e screpolati, dagogica”. Mesi fa ci siamo ma pieni di libri, di zaini, di banbuttati in questa avventura senchi, di corpi in movimento, di voza avere ben chiaro dove saremci e di occhi che sormo arrivati e che cosa avremmo ridono al di sopra di trovato. Sapevamo solo che era una mascherina, anla vostra voce quella che voleche nonostante una vamo sentire e non certo in verifica andata male. un’interrogazione o solo nei poL’abbiamo capito chi minuti di chiacchiere prima forte e chiaro e non ci dell’inizio di una lezione in accadrà mai più di diDad. E la vostra voce ci è arrimenticarlo o di darlo vata, limpida e potente, attraverper scontato. so i testi che avete scritto, i viIn un racconto della deo che avete girato, le diverse scrittrice Paola Biglia opere artistiche che avete realizintitolato “Penelope”, che ho rezato. Ci siamo emozionati, ma centemente letto con i miei alunnon più di tanto sorpresi perché ni, il protagonista, un carcerato ciò che voi, ragazze e ragazzi, che da sempre prova ribrezzo per avete provato durante i mesi di i ragni, cerca per giorni e giorni lockdown e di Dad è ciò che andi liberarsi di quello che si è inche molti di noi hanno speristallato sul soffitto della sua cella, mentato: lo stesso smarrimento, distruggendone sistematicamente la stessa sensazione di essere le ragnatele, che il ragno, però, prigionieri di un incubo, la stescon perseveranza, tesse di nuovo, sa solitudine, la stessa paura di
ancora e ancora. E questa perseveranza spinge il detenuto a pensare che il ragno – a cui nel frattempo ha dato il nome di Penelope – possa insegnare qualcosa anche a lui: “Non so, vedere Penelope lavorare così, ricominciare dopo che le avevo spazzato via inesorabilmente ogni opera costata tanta fatica mi ha fatto riflettere. Possibile che abbia un senso anche per me ricominciare? Ricostruire qualche cosa che è fragile, che sembra inutile, che tutti quanti possono spazzare via? Iniziare ancora ciò che non sono mai riuscito a terminare? Non lo so. Però ve lo voglio dire: erano anni che non prendevo più in mano una penna e un foglio di carta, e ora l’ho fatto. Sapete, penso che appena avrò terminato di raccontarvi queste cose, prenderò un altro foglio. E questa volta forse riuscirò a scrivere a mio figlio la lettera che aspetta da tanti anni”. Ecco, mi piace pensare a noi, studenti e insegnanti insieme, come a tanti ragni-Penelope legati da mille fili sottili e pazientemente al lavoro per ricostruire la ragnatela della scuola che tutti noi, in fondo, sentiamo un po’ come casa. Il Covid ha colpito duro, ha lasciato nei cuori e nelle menti delle ferite, anzi, delle crepe, come qualcuno di voi ha detto, ma, come nell’arte giapponese del kintsugi ricordataci dall’assessore Morelli, useremo l’oro per riempirle e per guarirle, trasformando in bellezza il dolore. Quindi, a tutti voi, buon anno scolastico, buona tessitura e buona vita! Prof.ssa Fausta Moreschi
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EYE 2021 UN VIAGGIO A STRASBURGO
Avevate mai sentito parlare dell’EYE? NOOO? A dire la verità fino a poco tempo fa nemmeno io, invece è stata una delle più belle esperienze della mia vita: anche se per poco tempo, infatti, mi sono ritrovata circondata da coetanei provenienti da tutto il mondo, con i quali ho potuto confrontarmi e divertirmi in un luogo più che inaspettato. Ma dunque che cos’è EYE? É l’European Youth Event che si tiene ogni due anni all’interno di una delle sedi del Parlamento europeo. Si tratta di un evento totalmente dedicato ai giovani che possono partecipare a numerose attività all’interno dell’istituzione europea. Io sono partita grazie a YOUMORE, un’associazione che mi ha offerto l’opportunità di prendere parte a questa meravigliosa esperienza e alle sue molteplici attività: wokshop, conferenze e giochi di ruolo riguardanti temi molto attuali, quali l’economia, la politica, il cambiamento climatico, i diritti umani, le discriminazioni, il lavoro, l’istruzione e tanti altri. È stato particolarmente interessante, perché ho avuto una vasta scelta di attività, ma anche perché i temi trattati riguardavano noi gio-
vani in prima persona e combaciavano con gli interessi di tutti. Sono partita giovedì sera in un lungo viaggio verso Strasburgo: dopo poche ore di sonno, mi sono diretta di prima mattina, insieme al mio gruppo, verso il Parlamento e, dopo un'estenuante attesa per diversi controlli, siamo finalmente entrati all’interno dell’istituzione europea. Il gruppo si è diviso per seguire ognuno l’attività che più gli interessava; io e un’altra ragazza, invece, siamo andate alla scoperta dell’edificio per iniziare ad orientarci… inutile dire che ci siamo perse più di
una volta, ma con l’aiuto dello staff ce l'abbiamo fatta! La prima attività che ho seguito è stata una conferenza riguardante il cambiamento climatico, che si è svolta all’interno dell’emiciclo, uno dei luoghi simbolo del Parlamento: è stato emozionante sedermi al posto degli europarlamentari e mettermi nei loro panni. La parte più bella è stata infatti abbattere qualsiasi tipo di distanza tra una delle istituzioni più importanti e noi giovani che non veniamo mai ascoltati: è stata l'occasione per ognuno di noi di esprimersi e dire la propria opinione. Il secondo giorno, invece, mi sono dedicata ad altre due attività molto particolari: la prima è stata ascoltare la conferenza degli eurodeputati all’interno della Commissione del lavoro e dei diritti sociali, che ha trattato il tema dell’occupazione giovanile post-covid e come la nostra generazione sia stata quella più colpita. Ho avuto anche l’occasione, alla fine della conferenza, di parlare con uno dei rappresentanti della Commissione, Nicholas Smith, con cui, insieme ad altri ragazzi, ci siamo confrontati sul tema dei vaccini. La seconda attività è stata più
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interattiva: ho infatti partecipato alla simulazione di legiferazione all’interno del parlamento. Io e altri ragazzi siamo stati divisi in tre grandi gruppi (parlamentari, rappresentanti del consiglio e lobbisti): io mi sono ritrovata nei panni della lobby a dover influenzare a mio favore coloro che avrebbero poi votato la legge e, se devo dirla tutta, è stata davvero un’ardua impresa da cui purtroppo non sono uscita vincitrice. È stato particolarmente interessante, però, perché, essendo un'attività interattiva, sono riuscita a capire
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meglio il processo di approvazione delle leggi e le varie dinamiche all’interno del Parla-
mento. Come gruppo Youmore, abbiamo avuto inoltre la possibilità di essere inseriti nel programma ed organizzare una nostra attività, il cui titolo era “The day after tomorrow, what’s next?” che ha trattato di come la comunicazione e il confronto tra le diversità delle persone sia fondamentale e come possa arricchire senza essere una barriera, come molti invece ritengono. Oltre a noi organizzatori hanno partecipato persone di diverse nazionalità, per cui è stato stimolante parlare con loro e confrontarci nonostante le nostre diversità. Quindi, consiglio questa esperienza? Assolutamente sì! Youmore è un gruppo di persone meravigliose che, seppur per poco tempo, mi ha accolto e mi ha fatto sentire parte di una grande famiglia, con la quale ho potuto vivere nel miglior modo possibile questa fantastica esperienza. Lucia Iannello Classe 5CL
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COP26
UNA CORSA CONTRO IL TEMPO Il 1° novembre 2021 a Glasgow è iniziata la 26a conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, ovvero “Conferenza delle Parti”. La COP è un evento a cadenza annuale che riunisce i leader di tutti i paesi del mondo da quasi trent’anni per raggiungere un accordo su come intensificare gli interventi a livello globale contro la crisi climatica. Attraverso le ricerche scientifiche svolte negli ultimi anni è stato appurato che limitare l’aumento delle temperature ad un massimo di 1,5ºC è la nostra speranza migliore per salvare il pianeta dai crescenti, disastrosi e a volte irreversibili effetti del riscaldamento globale come le ondate di calore, le inondazioni e gli incendi boschivi che si verificano in maniera sempre più frequente e intensa. Attualmente i paesi del mondo non si stanno dimostrando in grado di limitare gli innalzamenti delle temperature con il r ischio di raggiungere un riscaldamento ben superiore ai tre gradi rispetto alle temperature registrate nei periodi preindu-
striali entro il 2100, perciò è fondamentale impegnarsi a dimezzare le emissioni nei prossimi dieci anni e azzerare le emissioni di carbonio entro la metà del secolo.
mente colpiti, col fine di garantire una crescita omogenea verso uno stile di vita più ecosostenibile. Data l’estrema urgenza di intervento è fondamentale che i
Per riuscire a raggiungere gli obiettivi è inoltre necessario il re indirizzamento dei fondi verso iniziative industriali meno dannose per l’ambiente, ma anche il sostegno dei paesi più industrializzati nei confronti dei più vulnerabili, che nonostante siano quelli che hanno contribuito di meno alla crisi climatica sono i maggior-
capi di stato colgano questa occasione per collaborare contro questa minaccia che da anni mette in serio pericolo il nostro futuro e quello del nostro pianeta. Nel prossimo numero scopriremo quali accordi siano stati presi. Valentina Faustinoni, 3°EL
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La rinascita del supersonico nel settore civile Come a molti sarà noto, l’aviazione supersonica civile non è una novità. Abbiamo assistito alla nascita, al declino e al disastroso fallimento del Concorde dalla fine degli anni ’70 ai primi del 2000. Quella che si pensava potesse essere un’innovazione allargabile è rimasto un lusso che includeva anche alcuni rischi, per non parlare dell’eccessivo inquinamento che ne produceva. Tuttavia, l’idea non è morta insieme al Concorde. Parliamo di una vera propria rinascita con il caso della Boom Technology, Inc. fondata nel 2014 a Denver, Colorado, U.S. Ricevendo diversi finanziamenti, quello definitivo dalla JAL (Japan Airlines), per un totale di $51 milioni, la compagnia riesce a costruire il suo primo prototipo: l’XB-1 “Baby Boom”. Questo prototipo monoposto, capace di raggiungere una velocità di Mach 2.2, è il primo aereo supersonico indipendente. Nonostante tutto, non è altro che un veicolo di test per raggiungere il vero scopo dell’azienda, il progetto che promette di rivoluzio-
nare il nostro modo di viaggiare: Boom Overture, un aeromobile da 55 posti completamente in Business Class. Equipaggiato con 3 motori RollsRoyce, permetterà di raggiungere una velocità di 1.7 Mach ad una quota di 18 chilometri (60.000 piedi), alimentati con 100% SAF (Sustainable Aviaton Fuel) in partnership con Prometheus Fuels, Carburante a 0 emissioni. Un volo da New York a Londra durerà solo 3:30 a fronte delle 6:30 di un aereo subsonico. Il biglietto andata e ritorno costerà “solo” $5.000 a fronte dei $20.000 per la stessa tratta di un Concorde, tuttavia Boom Supersonic si propone di ridurre i costi in futuro, finalizzando uno degli obiettivi fondamentali, ovvero rendere più accessibile il volo supersonico. L’azienda ha altrettanto annunciato la collaborazione con JAP Design per l’arredamento interno e con Collins Aerospace per le tecnologie di silenziamento. Nonostante il suo lancio sia
previsto per il 2029, United Airlines ha già annunciato il 15 gennaio di quest’anno un preordine di 15 esemplari, con la possibilità di allargarlo fino a 35, diventando il primo e più solido acquirente. Anche JAL, principale investitore dell’azienda, ha annunciato un preordine di 20 esemplari. Ad essere interessati al progetto non sono stati solo le tradizionali compagnie aeree: U.S Air Force ha espresso il proprio interesse ad utilizzare l’aeromobile per i viaggi dei diplomatici statunitensi e persino come Air Force One, aeromobile adibito al trasporto del Presidente degli Stati Uniti.
Sarà questo veramente il futuro del trasporto aereo? A questa domanda può rispondere solo il tempo, ma nell'attesa perché non sognare un po’? Nikita Cebotarean, 3°ER
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L’Ungheria e i suoi misteri
Il termine Ungheria o “Magyarország”, come viene chiamata dal popolo magiaro, significa terra dei Magiari. Questo paese dalle mille sfumature nasconde più misteri e storia rispetto a tutti i paesi europei, a partire dall’alfabeto: durante l’alto Medioevo, infatti, si utilizzava un antico alfabeto runico, il Füßark; solo in seguito venne introdotto l’alfabeto latino. Il numero di fonemi e grafemi presenti è elevatissimo, se comparato con quello di tutte le altre lingue: l’ungherese, infatti, può essere definito una lingua euroutopistica perché al suo interno possiamo trovare grafemi e fonemi difficili da pronunciare per noi Europei come ő , ű , gy , ö , ü , s , sz , zs. Perché dico difficile per noi Europei? Semplicemente perché quasi tutta l’Europa dal punto di vista linguistico è indoeuropea, eccetto l’Ungheria, la Finlandia, l’Estonia e la Turchia. Le famiglie linguistiche a cui appartengono le lingue di questi Paesi, sono differenti dall’Indoeuropeo. Nello specifico la lingua ungherese appartiene al gruppo ugrofinnico ovvero alla famiglia delle lingue uraliche. Le lingue uraliche sono più di trecento, sparse per tutta la Russia centrale e nord occidentale, ma l’ungherese è la più bella sia per la musicalità che per la scrittura. Per quanto riguarda la società, in Ungheria vive il popolo più rura-
le e campagnolo d’Europa. L’Ungheria cerca sempre di ampliare e migliorare la campagna, costruendo case, negozi e nuove infrastrutture strategiche. Io quest’estate sono stato in Ungheria per tre giorni: ne ho trascorsi due nella capitale Budapest e uno nelle vicinanze di Balaton/ Veszprém (Nord Ovest dell’Ungheria). Mi piacerebbe descrivervi tutte le località che ho esplorato, ma per questo articolo mi limiterò a evocare il fascino di città come Budapest , Érd e Veszprém e la bellezza dei corsi d’acqua ungheresi: i laghi Balaton tó e Velencei e i celebri fiumi Danubio e Tisza. Il Danubio, con i suoi 2850 km, è il fiume più lungo d’Europa e attraversa ben quattro capitali (Vienna, Bratislava , Budapest e Belgrado) e nove paesi (Germania, Austria, Slovacchia , Ungheria, Serbia,Romania ,Bulgaria, Moldavia ed Ucraina); il Tisza (in Italiano Tibisco) attraversa invece quattro paesi (L’Ucraina , Romania , Ungheria e Serbia). Il Danubio divide l’antica Buda dalla moderna Pest. La sponda est è la parte più importante della città ed è Pest. Qui si intravedono le università costruite nel 1800 e vari negozi di vestiti alla moda. Molti stilisti e parrucchieri si stabiliscono lì proprio per questo. A Pest nella zona industriale si possono vedere, inoltre, zone commerciali sia europee
che cinesi. Gli amanti della lettura, poi, possono cercare la Pal Utca (la Via Pal, menzionata nel titolo del romanzo I ragazzi della via Pal di Ferenc Molnár). Come luoghi veri propri, troviamo il parlamento Órszagház sulla sponda del Danubio, il bazaar degli zingari o bazaar centrale Nagyvasárcsarnók, la sinagoga ebraica più grande d’Europa Zsinagoga ed altri luoghi molto belli come la linea metropolitana più antica del mondo, la linea 1, e le terme più grandi del mondo Szechenyi. Una mia amica che vive nelle vicinanze di Budapest, nel villaggio di Üröm, studia nella capitale e mi racconta che ogni volta che deve andare a scuola spende meno di 50 centesimi per il bus e il trasporto lì è perfetto. Con le sue 4 linee metro e 5 di tram, è molto facile spostarsi da una zona all’altra. Il traffico non è mai eccessivo. Altre due città interessanti al di fuori della capitale sono Érd e Veszprém. Érd è una cittadina grande come Sesto San Giovanni a Milano, con bellissime case nuove e un sistema di trasporti efficiente. È l’ideale solo per farci solo un giro, ma nulla di più. La mia amica mi ha detto, ironicamente, che Érd esiste e basta. A nord del lago Balaton troviamo la città di Veszprém, una citta particolare perché si trova in mezzo a 7 colli, un po’ come Roma. In generale le città Ungheresi si trovano in Pianura, Veszprém rappresenta dunque un’eccezione. Ha solo 50.000 abitanti ed è famosa per la coltura di verdure come paprika e carote (in Ungherese Sargarepa). La parte bella della città è il centro storico con il suo castello abbastanza immenso. È vicina al lago Balaton e si tro-
LUNARFOLLIE va a 50 km dal confine austriaco di Sopron. La gente perciò usufruisce del Balaton per le vacanze estive e delle Alpi Austriache per l’inverno. A livello di infrastrutture, l’Ungheria è dotata di una rete autostradale strategica, confinante con quasi sette paesi, eccetto l’Ucraina. A differenza dell’Italia e della Francia, l’Ungheria come la Svizzera e la Slovenia, utilizza un sistema di vignette (etichette in plastica o elettroniche applicate nella parte superiore del parabrezza e rilevabili da telecamere autostradali) che consentono di velocizzare i pagamenti: non è necessario fermarsi ogni tot chilometri perché basta pagare una cifra di soli 12€ (Moneta Nazionale 4170 Forint) per uso mensile di tutte le autostrade senza eccezioni. Consiglio di pagare sempre con la valuta nazionale per risparmiare qualche euro, utile per provare qualche snack dell’autogrill o un buon Langos Ungherese. L’Ungheria oltre a infrastrutture moderne e paesaggi incredibili offre, infatti, anche cibo molto buono da consumare sia dentro i locali che all’aperto. Con 3 euro (l’equivalente di 1020 Forint) si può comprare un ottimo caffe in autogrill;Hosszú fatto con acqua con due hot dog all’ungherese:
questa variante prevede un panino a forma esagonale, grigliato con Wurstel alla Paprika o senza, se non si ama il piccante. Un detto Ungherese, tuttavia, afferma che se non ami il piccante non sei Magiaro. Chi non avesse voglia di hot dog, potrebbe assag-
15 giare uno snack al cioccolato: il più famoso è il Balaton, ispirato al nome dell’omonimo lago.
Se non ci si trova in Autostrada, ma in città, invece, perché non provare come cibo di strada il Langos? Si tratta di una pizza farcita ungherese che al posto di mozzarella e pomodoro, ha tanto formaggio Ungherese grattugiato e tanto prezzemolo. Chi vuole risparmiare, poi, potrebbe provare le patate al forno o fritte del Balaton, accompagnate da formaggio sciolto e Wurstel Magiari. Se invece volete provare la cucina tradizionale in un locale dove si possa ascoltare bella musica folkloristica magiara, non dovete mai dimenticare di ordinare il Gulyas (famoso stufato ungherese diffuso in tutta l’Europa centrale, inclusa la Germania). Si tratta di un piatto a base di carne di bovino ben scelto e tagliata a cubetti, paprika, patate bollite e prezzemolo). Se, invece, nell’animo vi sentite più simili a lupi mannari o vampiri, dovete provare a mangiare il sangue di pollo fatto sotto forma di tortino Piritot csirkever, oppure la crêpe ungherese Palacsinta Hortobagy, preparata con carne stufata di vitello o pollo, paprika, tanta cipolla e funghi. Per quanto riguarda i dolci tipici, non sono numerosi, ma in compenso sono tutti buonissimi. Il primo è il Kürtőskalacs, chiamato anche il corno: non è altro che un grosso cannolo, ma bello cotto e
con tanta panna o pistacchio sciolto. Una vera delizia magiara. Se invece si preferisce una fetta di torta alla magiara, perché non provare la Torta Dobos, creata dal pasticcere Jozsef Dobos nel 1884? Ha tanto caramello sopra, un cuore di pan di spagna sotto e un intenso gusto di nocciole e castagne. In generale l’Ungheria ha tante cose da offrire e ci sono tante curiosità da conoscere. Sapevate che il cubo di Rubik è stato creato in Ungheria? Invece la penna birò? Vi siete mai chiesti perché si chiami biro? Birò è il nome dell’inventore ungherese Laszlo Birò. E la vitamina C? Germania Bayer? Nein, è stata scoperta a Magyarorszag. Anche la nostra amatissima paprika è di origine Magiara. Infine, sapevate che negli anni
‘50 venne emessa la banconota con la più alta cifra mai registrato al mondo? La banconota da 50.000.000.000 pengő (vecchia valuta Ungherese). E per concludere vi sfido a pronunciare la parola ungherese più lunga Megszentségteleníthetetlenségeskedéseitekért. Essa significa “per il tuo comportamento continuato come se non potessi essere profanato”. Non sembra avere senso in italiano, ma è senz’altro un ottimo scioglilingua. Sta a voi a provarlo. Nazar Vodopyan, 2°FL
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potrà ammirare un bellissimo e magico panorama. Perciò se si cerca un approccio diretto con la spiritualità coreana, beh questo tempio è l’ideale.
Cercate una meta da sogno per una vacanza piena di avventura e ‘‘all’avanguardia’’? La Corea del Sud è perfetta per voi! I paesaggi tipici vi stupiranno, la particolare cultura vi affascinerà e il cibo vi farà venire l’acquolina in bocca. E ora… Basta con le chiacchiere, seguiteci lungo questo interessante percorso. ITINERARIO Si parte alla scoperta della Penisola Sudcoreana con il tempio di Samgwangsa. Situato nella seconda città più importante della Corea, Busan, nel giorno del compleanno di Buddha, si accende con delle bellissime e coloratissime lanterne e rimane così fino all’alba. Dieci migliaia di lanterne vengono appese alle pendici del monte Baegyangsan, e illuminano tutto il sito. È un festival di notevole importanza e, soprattutto, molto ma molto particolare, in quanto le bellissime luci illuminano l’oscurità ‘‘attraverso la saggezza di Buddha’’, co-
me dice la tradizione. Questo posto è quindi perfetto per fuggire dalla realtà e rifugiarsi in un variopinto mondo di fantasia. La seconda tappa è il tempio di Haedong Yonggungsa, che è situato nella costa nord-est di Busan. Questa magnifica attrazione offre ai turisti un raro esempio di tempio sul mare, una cosa rara visto che di solito sono situati sui monti. Il sito è un tipico tempio buddista. L’Haesu Gwaneum Daebul (Il sacro Buddha protettore dei mari), il santuario principale di Daeungjeon, il santuario di Yongwangdang, il santuario buddista di Gulbeop (scavato in una caverna), e la pagoda si affacciano sul mare. Dopo aver attraversato i 108 piani per salire al santuario principale si
Si continua poi con il sito di Gyeongbokgung, il quale si trova nel cuore della capitale, Seul. Con alle spalle il monte Bugaksan e di fronte il monte Namsan, questo sito è composto da cinque palazzi di cui il più importante è appunto quello di Gyeongbokgung. Questo posto era un importante sede diplomatica, in quanto era la sede del governo. Oggi il sito ospita il museo folkloristico nazionale di Corea. Dunque, se si desidera un assaggio della intricata storia coreana, questo è il luogo perfetto. Si arriva infine al villaggio di Bukchon Hanok, che è uno dei quartieri tradizionali di Seul, nonché uno dei più visitati, e si trova tra il palazzo reale di Gyeongbokgung e il Changdeokgung. Bukchon
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significa ‘‘villaggio settentrionale’’, proprio perché si trova a nord di Jongno. Pur avendo subito diverse trasformazioni nel corso dei secoli, questo quartiere contiene ancora 900 hanok (le tradizionali case coreane), che risalgono al periodo della dinastia Joseon. È quindi un posto perfetto per concludere il viaggio, con un grande bagaglio culturale tutto sudcoreano. CUCINA Il cibo è una parte importante della cultura di un paese; quindi, andiamo alla scoperta di questo aspetto nel territorio sudcoreano. La Kimchi Jjigae è una zuppa i cui ingredienti sono Kimchi, cipolla, tofu e carne di manzo o maiale. Il kimchi è un contorno dall’aroma molto particolare, ottenuto dalla fermentazione di cavolo condito con aglio, zenzero, cipolla, polvere di peperoncino piccante e altri ingredienti che possono variare in base alla zona in cui ci si trova. È un piatto molto saporito e piccante che viene sempre accompagnato da una ciotola di riso, molto utile per smorzarne la piccantezza. Da mangiare assolutamente se si vuole provare un sapore tipico coreano.
17 I Mul Neangmeyon sono dei sottili noodles di grano saraceno immersi in una ciotola di brodo freddo, conditi con fettine di cetriolo, rapa, carne e un uovo sodo a coronare il tutto. Il brodo a volte viene servito con ancora del giaccio dentro, il che rende i mul naengmyeon il piatto ideale con cui affrontare la calda e umida estate coreana.
Questo piatto è una prelibatezza che cambierà la vostra estate in Corea. IL KPOP La musica pop coreana è nata circa 30 anni fa, quando Lee Soo Man fondò l’azienda SM Entertainment. Nel 1992 il gruppo Seo Taiji and Boys partecipò a uno show televisivo coreano, presentandosi con
una performance che incorporava nei testi delle canzoni alcune parole inglesi, dal ritmo hip hop e R&B, con coreografie e motivetti che miravano ai teenagers; infatti, i più giovani l’apprezzarono a tal punto che scalò le classifiche rimanendo in prima posizione per 17 settimane di fila. Sull’onda del successo di questo nuovo genere musicale, alla fine degli anni ’90 in Corea vennero fondate altre due grandi case discografiche: JYP Entertainment e YG Entertainment. Ciò che portò a un boom del kpop fu la canzone ‘‘Gangnam style’’, di PSY, che nel 2012 ottenne oltre 1 miliardo di visualizzazioni su YouTube. Per i gruppi kpop molto importanti sono le collaborazioni con artisti stranieri, infatti brani come ‘‘Kiss and make-up’’ delle Blackpink e Dua Lipa, o ‘‘Boys with luv’’, dei BTS e Halsey, hanno portato un notevole aumento degli ascolti dei gruppi sudcoreani. Fonti: gogohanguk.com; blueberrytravel.it; orienterosso.com; wikipedia.com; visitcorea.kr A cura di Cristiano Caratti e Laura Buizza, classe 3^BT
Blackpink, famoso gruppo sudcoreano
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Laboratorio Teatrale del Lunardi INTERVISTA A VALENTINA PESCARA
Recentemente abbiamo avuto l’occasione di intervistare Valentina Pescara, una giovane donna che ha deciso di dedicare il suo tempo insegnando recitazione ai ragazzi, tra i quali ci sono anche quelli del laboratorio teatrale del Lunardi. Io e Laura abbiamo deciso di intervistarla, per scoprire qualcosa di più su di lei.
Laura: Ci parli un po’ della sua vita professionale… Ho iniziato a dedicarmi al teatro in modo professionale intorno ai 20 anni, quando cominciai a studiare alla scuola Arsenale di Milano. Ho frequentato diversi corsi, i più importanti sono stati la scuola precedentemente citata e la HB studio di New York. Sono poi tornata in Italia quando avevo 23 anni e ho iniziato a frequentare dei gruppi di teatro qui nella zona di Brescia, facendo anche dei lavoretti saltuari per avere un minimo di indipendenza economica dai genitori. A partire da questi gruppi di teatro mi sono inserita in diverse realtà che mi introdussero nel vero e proprio mondo lavorativo, permettendomi di sperimentare la recitazione. Ho lavorato per diverse compagnie bresciane, ho sempre la-
vorato a livello locale, ho persino avuto un’associazione mia, chiamata ‘‘Il quattro è rosso’’ (tra l’altro esiste una pagina su Facebook), che però ora non c’è più. Cristiano: Come e quando è nata la sua passione per il teatro? È nata quando avevo 16 anni. Nella mia scuola non c’era un corso o un gruppo di teatro, però c’erano i corsi della circoscrizione. Fortunatamente ho incontrato un’insegnante, Maria Teresa Giudici (che era una degli attori che aveva formato la loggetta, uno dei primi
gruppi teatrali bresciani.), che insegnava teatro in maniera molto classica, infatti, ci faceva fare ore e ore di dizione e studio. Ci fece andare in scena con ‘‘Il diario di Anna Frank’’, e io ebbi la fortuna di essere la protagonista, ciò mi rendeva molto felice, anche perché lo spettacolo piacque molto, finimmo sui giornali e facemmo molte repliche. Da qui nacque la mia passione. Laura: Cosa l’ha spinta ad insegnare ai ragazzi recitazione? Devo dire che non mi sarei
LUNARFOLLIE mai aspettata di fare questo dopo il mio percorso di formazione. Ho avuto la fortuna di incontrare dei maestri, e in particolare la maestra Beatrice Faedi, che mi hanno insegnato a insegnare, facendomi appassionare anche a questo. Ho iniziato facendo l’assistente della mia maestra, finché non è arrivato anche il mio turno di cimentarmi in questa esperienza. Ho insegnato a diverse fasce d’età finché, 5 anni fa, ho iniziato la mia esperienza con i ragazzi delle superiori, ovvero quelli del Lunardi.
Cristiano: Ha dovuto fare scelte difficili o rinunciare a qualcosa per Intraprendere questa carriera? Fortunatamente no, non ho mai dovuto rinunciare a nulla in particolare, mi sono creata sin da subito un giro prettamente locale, quindi non ho mai dovuto neanche abbando-
19 nare la mia famiglia, che, tra l’altro, mi ha sempre sostenuta. Non ho neanche mai pensato di fare un lavoro diverso, quindi devo proprio dire di essere stata fortunata. Laura: Il fatto di essere una donna l’ha mai penalizzata in questa carriera? Ci sono delle differenze, ma non sono sostanziali, dipende tutto da quanto peso si dà alla cosa. Io non ho mai dato importanza a ciò, io ho sempre guardato la persona. Poi certo, un uomo alto con la barba magari mette più soggezione di
me, quindi le persone con cui lavoro e ho lavorato (soprattutto i bambini), mi vedono un po’ più materna e prendono un po’ più di spazio. Un’altra differenza che però è un po’ più svantaggiosa è il fatto che, per esempio a un provino, c’è una maggioranza di attrici donne, quindi c’è
Per informazioni sul Laboratorio Teatrale del Lunardi, contattare: le Prof.sse Carla Laudati e Laura Vavassori.
molta concorrenza, dunque saranno molte di più le attrici che verranno scartate. Cristiano: C’è un momento legato alla sua carriera che si ricorderà per sempre? Ho vissuto molte belle esperienze, ma quella a cui sono più legata è quando ho conosciuto mio marito. Lui è un musicista e venne a fare una sostituzione durante una lettura che io stavo facendo e ci siamo conosciuti. Ci innamorammo segretamente e dopo due anni ci rincontrammo e venne tutto fuori. Laura: Le piacerebbe avere un’esperienza recitativa in un contesto televisivo? In realtà una volta ho partecipato ad un provino per un film, ma si è poi rivelata una cosa da cui scappare. In seguito però ho partecipato a delle situazioni che invece sono state positive. Bisogna stare attenti a chi si trova dietro la videocamera per poter essere soddisfatti del lavoro che si ha fatto. Ho partecipato anche a cortometraggi e pubblicità, c’erano volte in cui ero molto sorpresa, c’erano truccatrici, belle scenografie, i carrelli che passavano con telecamere, cavi, luci, era molto bello. Adesso come adesso starei più attenta a selezionare le offerte, non farei tutto quello che mi capita.
Questa è l’intervista che abbiamo fatto alla gentilissima Valentina Pescara, che ci ha dedicato un po’ del suo tempo per parlarci di quello che fa e della sua esperienza. Le auguriamo il meglio e tanta buona fortuna per il futuro. A cura di Cristiano Caratti e Laura Buizza, classe 3^BT
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LA MATRIOSKA Cos’è esattamente la matrioska? Ho provato a fare un mini sondaggio chiedendo ad alcuni dei miei compagni che, al contrario di me, studiano cinese, se sapessero cosa fosse una “matrioska”. Generalmente hanno riposto tutti la stessa cosa, ovvero: “è una bambolina di legno che ne contiene altre più piccole” oppure “è un insieme di bamboline che vanno dalla più piccola alla più grande”. Risposte decisamente attendibili se confrontate con la realtà, ma entriamo un po’ di più nel dettaglio. La matrioska fu inventata a fine Ottocento da Savva Mamontov, un artigiano russo. Dall’EXPO di Parigi del 1900 in poi, è considerata uno dei simboli più iconici e rappresentativi della Russia. L’origine della sua forma strutturale non è però certa: si dice che sia nata dall’incontro tra la cultura giapponese e quella russa, che presero entrambe come riferimento le famose scatole cinesi, le quali sono inserite una dentro l’altra in ordine di grandezza. Ma il come venga esattamente costruito questo manufatto rimane un segreto alla base della tradizione sovietica; sappiamo solamente che la prima figura realizzata è quella più piccola, che sta al centro ed è chiamata “seme” e l’ultima è quella che le riveste tutte. Il significato etimologico della parola deriva dal latino mater (ovvero madre). In russo matrioska (матрёшка), deriva dal nome Matrena, che vuol dire “matrona”, ciò testimonia il fatto che quella del tempo fosse una società matriarcale. La donna oltre essere collegata alla maternità era anche collegata al concetto di fertilità del terreno, motivo per cui la statuina è solitamente raffigurata come una contadina in sgargianti e variopinti abiti tradizionali che tiene tra le braccia utensili, piccoli animali o
bambini in fasce. La donna era considerata parte indispensabile per la forza-lavoro. Infatti un antico detto russo dice “se l’uomo è la testa, la donna è il collo”, ciò dimostra che le due figure sociali non sono comunque poste sullo stesso livello, ma sono entrambe indispensabili l'una per l’altra. Durante il periodo di nascita di questo cimelio relativamente recente, l’affermazione della donna è stata notevole, soprattutto messa in confronto alla posizione sociale che occupava la figura femminile nel Medioevo. Grazie anche alle zarine settecentesche, la donna russa nell’Ottocento è stata musa ispiratrice della fioritura di un’indimenticabile e eterna letteratura sovietica, la quale poneva come personaggi di primo piano donne e fanciulle. Un’altra originale interpretazione che è stata data nel corso di anni più recenti è che rappresenti la donna, la quale al suo interno ha “altre donne”, ovvero varie personalità, evolute o in evoluzione, che possono essere scoperchiate in qualsiasi momento di necessità, ovvero: la donna ha mille personalità! Il numero di bamboline in una matrioska classica sono otto, le
quali rappresentano, dalla più grande alla più piccola, cinque contadinelle, una ragazza, una bambina e una neonata, quasi a mostrare un esempio di gerarchia familiare. La quantità di figure però può anche variare, ad esempio la matrioska più grande del mondo costruita a New York nel 2003 ne contiene ben 51! Questa sua molteplicità sta anche a rappresentare quanto, a differenza di oggi, fossero numerose le famiglie, soprattutto quelle contadine. Inoltre è facilmente notabile la forma tondeggiante del ventre della statuita, che serve a riprendere il concetto di maternità e di fertilità, come nella preistoria si ipotizza rappresentassero le veneri preistoriche. Oltre al significato che risiede nella figura rappresentativa delle matrioske, c’è anche un forte piacere visivo nell’osservarle. Essendo prodotti artigianali, sono principalmente prodotte e dipinte a mano. La precisione dei dettagli spesso può lasciare senza fiato. Queste piccole contadine, agghindate da screziati abiti decorati da fiori, foglie, ghirigori, danno luce a un sentimento di gioia e giocondità tipiche della vita rurale sovietica. Vanessa Bajenaru, 3°FL
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Diario di bordo del Bookclub Docenti Appunti di lettura
Il 21 ottobre 2021, alle ore 14:30, si è tenuto il secondo incontro sia IN PRESENZA che A DISTANZA del gr uppo di lettur a dei docenti del Lunardi. Non tutti coloro che di solito partecipavano sono riusciti ad esserci a causa dei consigli di classe, ma pur rimanendo solo in cinque – sempre tutte donne! Colleghi, dove siete? – le riflessioni emerse sono state interessanti e degne di essere condivise. Il nostro gruppo era composto da: prof.ssa Rita Pilia (Lettere); prof.ssa Gilda Bresciani (Lettere); prof.ssa Mariacristina Cristini (Economia); prof.ssa Caterina Sora (Diritto); prof.ssa Laura Vavassori (Filosofia). Le opere su cui ci siamo soffermate sono due: Inventario di alcune cose perdute di Judith Schalansky Ci hanno stupito questi 12 racconti ispirati ognuno a una cosa (un oggetto, un animale, un luogo, uno scritto, una particolare caratteristica fisica…) realmente esistita, ma andata perduta nel corso del tempo. L’autrice inizia, descrivendo un villaggio di pescatori nel cui centro, al posto della piazza, si trova un cimitero che costringe gli abitanti a vivere ogni giorno letteralmente con la morte davanti agli occhi. Tutto prima o poi scompare – sembra volerci ricordare subito la Schalansky, ma può capitare che un giorno riemerga, nella realtà o nell’immaginazione. Lo stesso
“presente non è che un passato che riemerge nel futuro”. Bisogna rimanere con gli occhi ben aperti alla ricerca di quei varchi sottili che consentono di superare le distanze e sentire vicino qualcosa che non è più. Solo così potremo sentire il respiro affannoso dell’ultima tigre del Caspio, mentre affonda le zanne sul collo del leone; il lamento di Greta Garbo che, vagando per la città, in un monologo allucinato rimpiange la bellezza perduta; il progressivo avanzare dell’erba sui ruderi di Villa Sacchetti o il rumore secco della matita che si spunta nel tentativo di ritrarre la luna. E queste sono soltanto alcune delle infinite suggestioni che questa raccolta ci riserva. Una delle storie su cui ci siamo interrogate maggiormente è l’Unicorno di Guericke. L’autrice non intende tanto descrivere l’animale mitologico né convincerci della sua esistenza, quanto farci riflettere sul significato che i mostri assumono per la vita dell’uomo. Perché civiltà completamente estranee l’una all’altra si raccontano storie simili, tutte popolate da creature mostruose? L’uomo ha forse bisogno dei mostri per dare un volto alla paura? Il mostro è una creatura naturale, primigenia, o qualcosa di artefatto e costruito come il Leviatano di Thomas Hobbes, Frankenstein o il più recente Edward mani di forbice, tanto caro agli amanti di Tim Burton? Altre interessanti riflessioni riguardano la nostra epoca, noi stessi che ci affanniamo a conservare materiale in archivi e musei o addirittura nelle sonde spaziali per salvarci dal tempo. Ma la luna non è più un deposito tanto affidabile come nell’Orlando Furioso, racconta la Schalansky nell’ultima storia. E forse c’è più fascino e emozione nel perdere e perdersi che nel conservare…
La società senza dolore di Byung-Chul Han Un elogio del dolore a tratti provocatorio e disturbante, ma sicuramente denso di stimoli. Vale la pena soffrire o comunque imparare a non temere in modo eccessivo la sofferenza, per capire veramente chi siamo e la profondità del nostro sentire. Soffro dunque sono. Il modo di reagire di fronte al dolore rivela la persona. Il dolore ci rende umani e ci aiuta a riscoprire il senso di solidarietà e fratellanza (siamo uniti nel dolore), ci permette di comprendere gli altri in una dimensione autentica. Ci si può arrendere alla sofferenza oppure provare a trasformarla e elaborarla in un processo di ri-significazione, come accade nell’Arte. Dare dignità al dolore, riconoscerlo, è una forma di rispetto di sé. Non mancano capitoli politici in cui l’autore discute del rapporto tra malattia e libertà nell’epoca del Covid e associa il dolore a una dimensione eroica dell’esistenza. Una società narcisistica e sempre più anestetizzata quanta sofferenza è in grado di sopportare?
22 Infine, l’incontro si è concluso con la scelta di due nuovi libri –– per il prossimo mese. Nell’incontro del 18 novembre, in presenza, sempre alle 14 e 30, riprenderemo comunque il discorso sull’Inventario e la Società senza dolore.
L’amica geniale di Elena Ferrante. Scelto a grande richiesta. Dagli anni ‘40 fino al 2000 l’amicizia tra Lila e Lenù si trasforma nel tempo in una narrazione fiume che vorremmo davvero non finisse mai. Inizieremo a esplorarla con il primo volume. Chernobyl Herbarium. La vita dopo il disastro nucleare di Michael Marder. Un testo insolito in cui i frammenti poetici di Marder, filosofo ambientale e vittima indiretta delle radiazioni, si uniscono a delicati fotogrammi vegetali dell’artista Anaïs Tondeur. Vi aspettiamo! Prof.ssa Rita Pilia
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Bookclub Studenti UNA VITA COME TANTE, UNA VITA IN TEMPESTA Yanagihara non racconta, travolge. Non si tratta solo di una storia triste. Una vita come tante afferra il lettore e lo colpisce in piena faccia. Tratta, infatti, di temi molto forti quali abuso sessuale, autolesionismo e suicidio, dando loro il giusto peso e rendendoli tutt’altro che estranei alla vita quotidiana. Spiega le emozioni più complesse, quelle più profonde e inumane attraverso la vita di quattro amici. Amore, odio, disperazione, gratitudine vengono portati all’estremo e raccolti in un incessante fiume di parole e pensieri così reali da spingere alle lacrime. I protagonisti sono pieni di difetti ed è proprio questo che li rende così veri. Si odiano, si amano, si fidano, dubitano l’uno dell’altro, a volte addirittura si scoprono invidiosi, mettendo in chiaro che nessuno però, per quanto successo possa avere nella vita, è mai completamente, perfettamente felice. I personaggi qui si ritrovano a cadere all’infinito in una voragine di emozioni, ricordi, dolore, ma mai abbandonando la voglia di migliorare e di stare meglio. Per questo amano, pr ovano e vivono con tutte le loro forze. Prendono la vita per mano e si supportano l’un l’altro, nonostante il passato dia loro costantemente la caccia. Il libro segue i quattro ragazzi per tutta la loro vita, a partire dal momento in cui finiscono il college. JB è un artista, Malcolm un architetto,
Willem un aspirante attore e Jude un avvocato. Quest'ultimo è particolarmente riservato. Più avanti è proprio su di lui che ricadrà maggiore attenzione. Mentre si legge si ha l’impressione di togliere strati e strati di polvere dal passato di Jude fino a ritrovarsi davanti un libro aperto. Non possono dire lo stesso i suoi amici, che cercano senza successo di farlo schiudere. Yanagihara ci presenta queste vite, ci fa affezionare, gioire per i loro successi, piangere per le loro sconfitte. Diventano parte della nostra famiglia, se non addirittura parte di noi stessi. Ma nulla può rimanere invariato. Scavando nelle pagine, superando quell’attaccamento superficiale che si ha con qualsiasi personaggio di un qualunque libro, l’autrice li distrugge, li cambia, li deforma. Paradossalmente in questo modo il lettore si affeziona ancora di più, perché si sa che la vita ha l’abitudine di cambiare le persone. Amicizie che si slegano e si disperdono nel nulla. Nuovi legami e nuove conoscenze vanno e vengono come onde di un mare in tempesta. Ma il lettore continua a navigare. Prosegue influenzato da ciò che succede attorno a lui, ma stranamente protetto dall’inchiostro sulle pagine. Valentina Abatti, 4^AL
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Il genere spokon Dopo aver raccomandato più volte sia anime classici che moderni, in questo articolo voglio consigliarvi i manga più rilevanti in uscita, ovvero i cofanetti di Attack on Titan (AOT, Shingek i no kyojin) di Hajime Isayama per Planet Manga, e gli anime popolari della stagione: Komi can’t communicate Demon Slayer (seconda stagione) Blue period Platinum End
Le novità autunnali continuano con una rubrica dedicata ogni mese a un diverso genere per far scoprire a chi fosse ancora alla alle prime armi, quale potrebbero essere gli anime e i manga più adatti alla propria personalità, a cui potersi appassionare. Dato che in questo periodo sempre più centri sportivi stanno riaprendo, il primo genere di cui parlerò è lo SPOKON: dall' unione di Supotsu e Konjo, Spokon significa “Tenacia Sportiva”. Gli anime spokon trattano di ogni tipo di sport: dai più classici come calcio, basket, pallavolo, skateboard a quelli più di nic-
chia come, ad esempio, tiro con l’arco, surf o pattinaggio sul ghiaccio. Tra questi sono molto apprezzati: Haikyuu!!! (5 stagioni); Kuroko no basket (3 stagioni) e Sketatheinfinity (una stagione). Consiglio inoltre Yuri on ice (una stagione/ pattinaggio sul ghiaccio); Free (3 stagioni + film/ nuoto); Shōnen wa yaniwa ni (una stagione/ tiro con l’arco); Bakuten!!! (una stagione/ ginnastica artistica); Inaizuma Eleven (3 stagioni + 5/ calcio); Stars Align (una stagione / drammatico e tennis); Number 24 (una stagione r ugby) e Wave (una stagione surf). Infine da non dimenticare il manga Slam Dunk: 20 volumi di basket e commedia per tutti coloro interessati ad un racconto simpatico, ma comunque inerente al tema. C’è solo l’imbarazzo della scelta. Lo spokon è un genere molto svalutato da chi spesso parte prevenuto, ma credetemi in ogni partita o gara potrete sentire l’emozione e il brivido di chi sta guardando un vero
incontro. Sono anime e manga molto esplicativi delle varie discipline e ciò aiuta ad imparare e/o approfondire campi conosciuti o inesplorati. Una caratteristica spesso ignorata di questo genere è che fondamentalmente fa leva soprattutto sulle emozioni e trasmette valori importanti come il lavoro di squadra, la fiducia, l’amicizia e la passione. Viene infatti spesso rimarcata l’importanza della tenacia nel perseguire ciò che si ama fare. Ricordo che Spokon significa proprio tenacia. Gli anime/ manga sportivi sono, dunque, un grido che urla di seguire sempre i propri sogni ed è per questo che lo SPOKON potrebbe diventare uno dei target che vi entrerà nel cuore. E voi, cosa ne pensate? Ora vi ho incuriositi? Lo spero e vi auguro buon divertimento! Elisa Senes, 3°CR
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ANCHE IN CINA GUARDANO IL CIELO Nove italiani su dieci leggono l’oroscopo. Siamo una popolazione di superstiziosi, desiderosi di qualcosa a cui aggrapparci. Nonostante le credenze popolari la cultura italiana e quella cinese non sono poi così distanti. Lo zodiaco cinese è basato su un ciclo di dodici anni, ognuno dei quali associato ad un animale con caratteristiche diverse. Partendo da quelli più comunemente allevati ricordiamo il bue 牛, il cavallo 马, la capra 羊 il gallo 鸡, il maiale 猪e il cane 狗. I restanti sono ricorrenti nella cultura come il topo 鼠, la tigre 虎, il coniglio 兔, il drago龙 la scimmia 猴. La successione dei vari segni è scandita secondo una leggenda. L’Imperatore di Giada organizzò una competizione lungo un percorso insidioso e con numerosi ostacoli, a cui parteciparono diversi animali. Il gatto ed il topo erano grandi amici, ma erano accomunati da uno svantaggio: non sapendo nuotare non sarebbero riusciti ad attraversare il fiume. Approfittando della gentilezza del bue, si assicurarono un passaggio sul suo dorso. Il furbo topo però spinse l’amico in acqua durante la traversata e, una volta in salvo, fece un balzo e conquistò il primo posto seguito dal bue. Si narra che da qui nasca la rivalità tra topo e gatto, perché il secondo fu tradito e non riuscì a tagliare il traguardo. La forte tigre, spinta dal suo coraggio, superò senza aiuti il torrente e meritò la terza posizione. Grazie alla sua attenzione ai dettagli, il coniglio si mosse saltando da un masso all’altro. La tenacia ma anche la generosità condannò il drago ad essere il quinto classificato per essersi trattenuto a soccorrere un villaggio in difficoltà. Un altro colpo di scena fu il sesto posto del serpente che, grazie alla sua flessibilità, si adattò brillantemente alla situazione e utilizzò
come mezzo la zampa dell’ignaro cavallo che, grazie alla sua determinazione, riuscì comunque ad arrivare settimo. La strategia della capra, mossa dalla sua propensione alla collaborazione, fu un’alleanza con la scimmia e il gallo che, gr azie al lavor o di squadra, si classificarono all’ottavo, nono e decimo posto. Il cane cedette al suo lato giocherellone e, incapace di resistere al richiamo dell’acqua, decise di sguazzarci felice, venendo così condannato all’undicesima posizione. L’ultimo fu il maiale avendo ceduto alla tentazione di qualche pasto o pisolino. Il calendario cinese è definito lunisolare, cioè con elementi sia dei calendari solari che di quelli lunari, usato in Cina fino al 1912, anno della sua abolizione. Il 2021 ormai sta finendo, ma lo possiamo definire un periodo di rinascita da un momento buio come il 2020. Non a caso siamo infatti nell’anno del bue, un simbolo di forza e determinazione, che ci ha permesso di rialzarci senza abbatterci. Il 2022 sarà rappresentato dalla tigre, l’emblema dell’ambizione. Si spera, infatti, che possa portare tante soddisfazioni a livello lavorativo e didattico. Andando nello specifico, vediamo quali segni possiamo trovare al Lunardi. I nostri compagni nati nel 2007 sono rappresentati dal segno del maiale per la lor o incr edibile generosità ed empatia, non è difficile per loro mettersi nei panni degli altri. Nell’ambito scolastico sono gran lavoratori, quando si pongono un obiettivo è difficile smuoverli supportati dalla loro enorme determinazione. Un punto debole è l’ingenuità, perché non sempre vedere il meglio nelle persone è la scelta più ponderata. L’anno 2006 è associato al cane. E’ ricordato per la grande fedeltà nelle relazioni amorose e di amicizia. Il maggior difetto è però la difficoltà nel fidarsi, poiché ten-
dono ad essere diffidenti con le nuove conoscenze. È facile vedervi in giro per la scuola con il vostro fidato gruppo di amici. Gli studenti nati nel 2005 sono rappresentati dal gallo. Estroversi, l’anima della festa, preferiscono stare tra le persone e instaurare nuovi legami. A scuola il loro punto forte è la capacità di incantare, non hanno problemi a catturare l’attenzione di un’ampia folla. I ragazzi del 2004 appartengono al segno della scimmia per la loro creatività, curiosità ed intelligenza. Sono gli alunni che qualsiasi professore vorrebbe per la loro voglia sfrenata di imparare e scoprire a fondo tutto ciò che li stupisce. Il loro difetto è però quello di annoiarsi facilmente. Hanno, infatti, bisogno di circondarsi di persone che li stuzzichino e stimolino. Infine, i nostri alunni più grandi, quelli dell’anno 2003, sono del segno della capra. Non amano stare al centro dell’attenzione, preferiscono infatti una vita da solitari. Sono la rappresentazione vivente del classico personaggio silenzioso che lascia un’aura di mistero dietro di sé per i corridoi. Vi guardiamo tutti con occhi sognanti. Vi invito a scoprire il vostro segno utilizzando l’immagine qui sotto e guardare il cielo anche voi. Ilaria Piceni 3^DL