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Politica Cambierò, giuro cambierò

Politica

Cambierò, giuro cambierò

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Raffaele FLAMINIO

L’unica cosa certa desumibile dal dibattito (Next Generation eu) che si è sviluppato in Europa ai tempi del Covid, sono le cifre che sono ingenti, oltre 700 miliardi di euro con la possibilità di un aumento progressivo via, via, che la crisi sanitaria lo richieda. Al nostro Paese ne sono stati destinati oltre 200 miliardi di euro. Le linee guida e- spresse dalle autorità continentali raccomandano di stilare, per i Paesi membri, dei piani nazionali. Il nostro è chiamato PNRR (Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza). Questa immensa mole di danaro a cosa deve servire? A quali impegni dobbiamo far fronte? Di chiacchiere sull’argomento ne sono state fatte tante, uno Tsunami di parole e buoni propositi sfociati nell’onda lunga di una crisi di Governo e Istituzionale che noi cittadini ed elettori non abbiamo capito. Non abbiamo capito il perché la politica non l’abbia compreso e non l’abbiamo capito per la scelta temporale se, consideriamo la gravità dei tempi che sono drammatici. Ai sondaggi erogati, post crisi di Governo, le nostre risposte sono state sempre le stesse, lavoro si-

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curo e certo, fiscalità equa, e ambiente. Tutte legate ad uno stesso filo: la rivoluzione verde che è la premessa di tutti i documenti editi dalle autorità continentali e nazionali. Le urgenze rilevate, poi, dai rapporti Istat, Cnel. Bankitalia, Eurostat, Commissione Europea e altri istituiti di ricerca statistica, sono relative ai cambiamenti climatici e l’utilizzo corretto e responsabile delle risorse del pianeta, indicando anche le strade e le strategie da percorrere per avviare e accompagnare il Cambiamento. Il nostro Paese nei suoi fragili e friabili intendimenti sulla transizione ecologica ha appostato nel PNRR circa 69 miliardi di euro, un terzo circa di tutte le risorse disponibili per l’Italia. Le industrie dell’energia in Italia sono tutte di Stato, sarà pur possibile imbastire uno straccio di programma che non sia solo pubblicità ingannevole? È possibile creare una sinergia tra i due colossi dell’energia nazionali, con progetti condivisi e consequenziali alle riduzioni delle emissioni di CO2 in linea con la Conferenza di Parigi? Sembra che gli avvitamenti della politica, denunciati in questo frangente, non affrontino né la verità dei numeri né la strutturalità dei fenomeni climatici. Il tentativo, misero, della messa al bando del CTS (Comitato Tecnico Scientifico) nel nostro Paese ne è l’emblema. Non si capisce perché i numeri dell’economia siano cifre più attendibili di quelli che riguardano quelli della scienza che studia i fenomeni dell’emergenza climatica. I numeri che la natura ha proposto durante il prolungato blocco delle convenzionali attività umane, sono stati inoppugnabili e chiari. Tutti gli indici di monitoraggio dell’inquinamento sono velocemente precipitati, un’indicazione chiara e inappellabile: il nostro modello di sviluppo è vetusto, costoso, mortale. E’ di soli pochi mesi fa l’applauditissimo discorso di Greta Thunberg, la giovanissima attivista svedese per lo sviluppo sostenibile, intervenuta all’assemblea Onu su cui incombeva l’imbarazzante presenza di Donald Trump. Ora lo scenario è di nuovo cambiato. L’ultimo brandello di scuse possibili è stato, dolorosamente, estirpato; dunque, gli accordi sanciti dalla conferenza di Parigi possono viaggiare spediti. Ognuno deve fare la sua parte. Quale parte vorrà svolgere l’Italia è scritto nel PNRR, un documento di 160 pagine stilato dal precedente Governo e ritenuto utile e valido, suscettibile di poche modifiche, dal nuovo Presidente del Consiglio incaricato. Diviso in molti capitoli di spesa descrive e circoscrive le aree d’intervento, tentan-

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do di individuare il da farsi, la lettura delle sue pagine appare semplice e scontata e non può essere che così. Gli indirizzi sono tracciati e identificabili. Gli interventi primari sarebbero da definirsi sulla salvaguardia del territorio (coste, montagne, bacini idrici, fiumi) tutti interventi già sentiti e urgenti. Quali invece le competenze e le intelligenze da utilizzare sono un mistero, o forse no. Le parentele e i nepotismi sono noti; è solo questione di peso e forse di prezzo da pagare. Terremoti e disastri accaduti sono ancora lì, difficili da dimenticare e digerire. Speriamo nel tempo stabile e sereno dopo i nubifragi da incentivi ed eccezioni. Un Paese come il nostro che è in decrescita demografica, affetto dal terrore dell’altro, con una scuola senza indirizzo e abbandonata ‘all’autonomia’, una pubblica amministrazione che si regge ancora sui timbri, che favoleggia di magnifiche e miracolose app, come può sostenere la digitalizzazione strombazzata? Provate a fare lo spid con la app delle poste e ditemi se non è meglio fare la fila fuori all’ufficio postale piuttosto che sentirsi ripetere riprova. Dal nulla alle stelle, le idee senza infrastrutture sono chimere. La crisi del clima è incombente, come è più della crisi sanitaria che stiamo attraversando. Sono previsti aumenti della temperatura di circa tre gradi centigradi rispetto all’epopea preindustriale, almeno fino al 2050. È facile ipotizzare l’effetto a catena che si produrrà sul Pianeta. Le emissioni globali, dei gas serra, continuano ad aumentare, sono circa 50 miliardi di tonnellate ogni anno rilasciate in atmosfera, nonostante la ratifica del trattato di Parigi. In sette anni, secondo il calcolo compiuto dagli esperti, possiamo giocarci o no il jolly di contenere il surriscaldamento a 1,5 gradi centigradi. Le fonti di energia rinnovabili per i sistemi produttivi ed infrastrutturali comprendono l’energia idroelettrica, solare, eolica, geotermica, bioenergetica, del moto ondoso e delle maree. Tutte materie prime disponibili e biocompatibili. Parliamo di economia circolare e di risorse fino ad oggi ritenute perpetue se responsabilmente utilizzate. Proviamo a pensare all’acqua delle continue alluvioni che colpiscono il nostro Paese se fossero convogliate e sfruttate correttamente quale giovamento ne trarremmo. Proviamo a pensare alle legislazioni emergenziali continue che divorano spaventose quantità di risorse economiche. Proviamo a pensare di immettere in atmosfera vapore acqueo, piuttosto che anidride carbonica. Proviamo a progettare un mondo nuovo indirizzato al Cambiamento. Resta da vedere se il calo delle emissioni da carbonio sia contingente alla pandemia o un ripensamento generale sia in atto. Il ritorno degli U.S.A. negli ac-

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cordi di Parigi e l’intenzione cinese di anticipare il calo delle emissioni nocive entro il 2030, potrebbe far ben sperare ma, siamo, purtroppo solo nelle ipotesi. Decarbonizzare velocemente le attività umane è un imperativo, partendo dalle principali che sono la generazione elettrica e di calore (30%) agricoltura e allevamento (18%) trasporti (18%). Il Grenn New Deal Europeo, l’impegno della Cina ad azzerare entro il 2060 le sue emissioni nette e i duemila miliardi, corrisposti in un piano pluriennale, dalla nuova amministrazione Biden lascerebbero ampi spazi al Cambiamento. La banalità del cambiamento delle nostre abitudini alimentari rispetto, anche solo al consumo delle carni (rosse prevalentemente) al netto della conservazione, delle lavorazioni, degli imballaggi, consumo di suolo, contribuirebbe a ridimensionare quel 18% attribuito, dagli studi, all’allevamento e all’agricoltura con le mono colture. Il circuito economico attuale è circolare, come circolare è il ciclo naturale, se si e- strae fossile, si riceve carbonio nelle sue più svariate composizioni, la siccità, per esempio, è un agente e un reagente di ritorno. Dell’inquinamento dei trasporti e dell’industria sappiamo numeri, statistiche, malattie e conseguenze, il Covid 19 ha poi amplificato i fenomeni ma dibattiamo ancora, tutti e dovunque, di come arrivare al lavoro, a scuola, o solo fare una commissione. La risposta possono essere solo i monopattini? Oppure, sarebbe possibile immaginare e progettare le superfici delle città con i tram invece che con i bus, con traversine invece che asfalto? Con aiuole invece che transenne, con polizze assicurative senza RCA auto e polizze invece che promuovono la sostenibilità? Erogazione del credito che convogli il risparmio verso la produttività imprenditoriale ai fini della sostenibilità educando? Ciò si riferisce alla RSI (Responsabilità Sociale d’Impresa). Il compito della Politica è di affiancarsi alla scienza, saper leggere i numeri disponibili in gran quantità, per coniugarli con scelte coraggiose e responsabili con lo sguardo avanti e la schiena diritta, senza paternalismi, superbia e autoreferenzialità contribuendo, se è possibile, a coltivare un Cambiamento a cui noi ci dobbiamo affidare e contribuire a proporre. Se i partiti entusiasti e voltagabbana riusciranno a metterlo in atto questo e tutto da

vedere.

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