4 minute read

Antigone e il Dogma

Cultura

Antigone e il Dogma

Advertisement

Chiara TORTORELLI

Non anteporre mai nessuna norma esterna ai valori intrinseci dell’animo umano.

Questo ci racconta Antigone, personaggio della tragedia greca nato dalla penna di Sofocle, e oggi quanto mai attuale e dirompente.

Antigone, figlia di Edipo e Giocasta, figlia quindi di un rapporto incestuoso (Edipo e Giocasta erano madre e figlio) eredita da quel legame fuori dalle righe la natura eretica dell’animo umano.

Sorella di Eteocle e Polinice, dopo la lotta che ha visto scontrarsi i due fratelli e l’uccisione di Polinice per mano del fratello Eteocle, lei scontrandosi col volere

50

dello zio Creonte, re di Tebe, vorrebbe seppellire il fratello, e dargli degna sepoltura.

Per Antigone la legge dello Stato non può contrapporsi alla legge sacra del cuore, che è anche la legge dello Spirito, non dando un’adeguata sepoltura a Polinice si condanna la sua anima a non trovare pace neanche nell’Aldilà e questo è inaccettabile.

Si scontra con Creonte e non cede alle minacce, decide di seppellire il fratello in gran segreto ma viene scoperta e condotta al cospetto del re di Tebe.

Per Creonte la norma è tutto e va difesa con rigore e intransigenza, quindi il re di Tebe chiede alla nipote di rinnegare il fratello e di cedere all’odio ma Antigone risponde:

“Non sono nata per condividere l’odio, ma l’amore”. E per la legge del cuore, per l’integrità della sua anima sarà disposta a morire.

Antigone è un dramma che attraversa i tempi e si presta a essere letto in chiavi diverse.

Una splendida rivisitazione ne fece Anouilh negli anni Quaranta, per dare un affresco sull’umana natura, sulla tendenza dell’uomo al servilismo e alla sottomissione.

In Anouilh i personaggi del mito non riescono a comunicare tra loro, e dalla non comunicazione si evince l’assurdità propria della dimensione umana, della morte e del destino.

Sembra quasi un gemellaggio con i romanzi Kafkiani, nel nichilismo che trasuda. Manca Tiresia e quindi si perde il legame profetico con la religiosità e la trascendenza, e ad Antigone viene tolto tutto, anche la dimensione ideale, perciò la sua a-

51

zione diventa “ostinata” e senza scopo e Creonte non è che un individuo preso in un meccanismo a lui ignoto, che lo fa girare come una marionetta.

È interessante mettere in parallelo i due drammi, l’Antigone storica e l’Antigone del Novecento costruita su ciò che è la nuova polis, la nuova vita politica e sociale in chiave nichilista, quando viene privata del valore spirituale e trascendente, della chiave dell’anima e della vita interiore.

E quindi quando ogni gesto anche il più nobile appare fine a se stesso e senza scopo.

Come non legare questa comparazione ai nostri tempi?

La riflessione di Antigone sembra quanto mai attuale in questo tempo storico, in questa società priva di valori fondanti dove ci troviamo a vivere e dove sembra sempre di più appannarsi la legge del cuore che è quella dell’empatia, del rispetto, del riconoscimento, quella che ci porta a considerare le ragioni dell’altro e che ci pone in ascolto della complessità dell’animo umano.

Oggi la cultura tecnocratica, scientista e a volte spietata, privata della cultura dei valori, siano essi religiosi, etici o semplicemente umani, mira a ridurci ad algoritmi, a numeri, a macchine, trascurando le peculiarità del cuore, quelle leggi sacre del Cosmo e dello Spirito che raccontano la verticalità dell’approccio all’esperienza.

Abbiamo costruito tutto su una chiave orizzontale, semplicistica, dove l’essenziale è stato reso banale e in questa chiave tutto è diventato schieramento, bene/male, sì/ no, giusto/sbagliato, abbiamo reso la psiche un luogo meccanico da indagare con strumenti diagnostici, dimenticando la chiave filosofica, la dimensione della domanda che non necessariamente prevede una risposta ma si definisce nel suo man-

52

tenersi aperta, e in quel suo accogliere pareri, opinioni “altre”, anche divergenti o dissonanti.

La cultura della “ricetta” ha sostituito la cultura della riflessione, e assistiamo impotenti alla comunicazione propagandistica, costruita per fare effetto sugli slogan, sulle barricate, sulla violenza ideologica fine a se stessa.

La violenza dello scalpo ha preso piede scalzando l’etica del confronto.

Su questa base la norma non nasce più su una base democratica ma estrapolata dalla legge morale e dall’etica, dal fine spirituale, inteso come propriamente evolutivo e costruttivo, insito nella dimensione verticale dell’umana natura, diventa un’arma. L’arma della ricerca, impossibile perché cercata dove non potrà mai esserci, delle certezze e degli assoluti. La norma che nasce dalla paura farà parte del dogma, e sui dogmi si può costruire soltanto una cultura totalitarista, quella degli ordini ciechi a cui obbedire senza alcun discernimento, di cui ci racconta la Arendt ne “La banalità del male”.

Antigone ci ricorda invece dalla notte dei tempi la “legge” della compassione, del sentire, non del dogma.

Legge del cuore e Legge di Stato devono unirsi per creare ciò che si pone oltre il Dogma e diventa chiave di Etica e Giustizia.

E se ascoltassimo la voce di Antigone, non esisterebbe più la logica stringente della dicotomia, per cui si idolatra un assoluto impossibile, il diverso diventa nemico e la parola si veste di violenza, ma potremmo fare di nuovo spazio all’Altro come portatore di ricchezza, dialogo e confronto.

53

This article is from: