Sogni e deliri

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Maya Mircheva

Sogni e deliri brevi scritti in quarantena


Cover photo by Chris Liu on Unsplash Maya Mircheva © 2020


Questi brevi scritti sono stati creati nel periodo da marzo a giugno 2020 nell’ambito dei corsi di scrittura creativa di Colori Vivaci (Strange Days, Chiaroscuro Vivace e La Tua Canzone). Ringrazio Antonella Petrera e Annalisa Falcicchio per il sopporto e l’ispirazione.



INDICE Vicini Lonani....................................................................................................6 Troppo triste.....................................................................................................8 </love>........................................................................................................10 Intermezzo.....................................................................................................12 Il giudizio universale.....................................................................................14 Il cammino....................................................................................................16 Che spettacolo!..............................................................................................18 La bambina che non piangeva.......................................................................20 Ti aspetto.......................................................................................................22 Pane e pomodoro...........................................................................................24 Senza peso....................................................................................................26 Quantum.......................................................................................................28 Randagia........................................................................................................30 Mille...............................................................................................................32 L’amore dei cinque sensi................................................................................34 Con dedica.....................................................................................................36


Vicini Lontani

Photo by Antonina Bukowska on Unsplash

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D

a sei anni abito in questo condominio e non conosco nessuno dei miei vicini di casa. Percepisco la loro esistenza, ma sinceramente me ne frego. Anzi, cerco di evitarli. Mi riesce bene. La mattina prima di andare al lavoro, allungo le orecchie: se sento una porta sbattere e poi il rumore dell’ascensore che sale al mio piano mi fermo e aspetto. Nel dubbio butto l’occhio nel spioncino: vorrei evitare ogni possibilità di incontro. Vedo la vicina di fronte che ogni mattina alle nove esce per fare jogging. Ma non lavora questa? Tra l’altro, sono abbastanza in ritardo ma aspetto finché se ne va. Scesa. Finalmente via libera, scapo alla velocità della luce. A volte l’ascensore si ferma a qualche piano in giù solo per darmi fastidio. Appena sento che si rallenta e sta per accogliere un altro sconosciuto, il mio cuore comincia a battere forte. Mi allontano dallo specchio dove qualche secondo prima mi aggiustavo i capelli e tiro fuori il telefono nel tentativo di evitare ogni sguardo. Se ho tempo, mi metto gli auricolari. “Buongiorno.” “Buongiorno” (Ma chi ti conosce?) Un minuto interminabile di silenzio mentre l’ascensore si avvicina al piano terra... (Devo vivere in una casa indipendente.) La sera al ritorno dal lavoro incontro la vicina sportiva che mi sorride aprendo la porta d’ingresso mentre io aspetto l’ascensore. Caspita, le devo tenere la porta finche arriva, per forza. Mi ringrazia. È pure simpatica, la stronza.

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Troppo triste

Photo by Félix Prado on Unsplash

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T

amara viveva a Bitritto. Aveva trentatré anni ed era una tipica donna di casa, sposata, con tre creature e ne aspettava una quarta. Prima aveva studiato per diventare attrice ma poi è finita per essere madre a tempo pieno. Suo marito era scrittore, o così diceva, ma non era ancora riuscito a scrivere niente tranne brevi trattati filosofici che non interessavano a nessuno. Mentre aspettava di diventare ricco e famoso, si dava da fare come aiuto cuoco in una trattoria. Una mattina Tamara stava nettando i pavimenti che i bimbi avevano imbrattato, quando sentì una fastidiosa stanchezza. “Uffa, questo terzo trimestre...”, pensò. Affaticata, si sedette su una sedia e presto si addormentò. Si destò di un rumore strepitoso - era in un teatro. “Bravissima!”, risuonava da tutti i canti. Tamara, vestita di seta, tutta infervorata, stava facendo un inchino dopo una recita riuscita. Vide un uomo affascinante e sorridente che si affrettava a scendere in scenario, con un mazzo di fiori in mano. “Tamara, cara, eccomi!” Suo marito era appena rientrato. Tamara si mirò intorno. Invece di un vestito di seta vide uno straccio sporco e stropicciato. Tirò un sospiro. Si sentì troppo triste.

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</love>

Photo by Juliana Malta on Unsplash

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I

l tipo è in ritardo. Angela gira nervosamente la tazza di cappuccino freddo fra le mani. È da più di dieci anni che non mette più smalto sulle unghie. È andata con la sua amica, quella che le aveva consigliato di iscriversi al sito di incontri. “Devi uscire, divertirti! Guarda che la solitudine è come un veleno, pian piano ti uccide! Fidati dell’algoritmo per trovare l’anima gemella, è infallible!” “Angela?” Una ruvida voce maschile interrompe i suoi pensieri. <Luca, 45 anni, 180cm, sportivo> “Scusa il ritardo, dovevo prendere mio figlio dal calcetto.” <divorziato, 2 figli> Si siede e sorride un po’ forzato. “Cosa prendi? Scusi, posso avere un calice di vino?” <astemio> “Mi sa che hai i capelli diversi.” Angela si tocca i capelli pensando che sono un po’ grassi. “Tu invece sembri uguale”, sorride. Si scambiano qualche battuta banale interrotta da lunghi silenzi. <socievole> Angela si accorge di aver strappato un pezzettino di smalto dal mignolo. “Ma dove cavolo è andata a finire questa cameriera?” Il tipo si guarda intorno infastidito. <paziente> In questo momento arriva la cameriera che è subito aggredita dal tipo per averci messo troppo tempo: “Chi si crede di essere?!” <tranquillo, amabile>. Angela guarda il tovagliolo dove c’è una goccia di sangue: si è graffiata il mignolo. (L’algoritmo è infallibile.) Appena rientrata in casa, il gatto subito si strofina contro le sue gambe. Si sente stanca, intorpidita. Mette un cerotto sul mignolo e comincia lentamente a rimuovere lo smalto. La stanza si riempie di puzza di acetone, puzza di veleno.

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Intermezzo

Photo by Markus Spiske on Unsplash

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Q

uando lo capisci che non ti ama? Lui sì che mi ama, lo sento, lo so... Povera illusa, ci credi ancora... Dopo tutti quei mesi in cui ti ha dimostrato in mille modi che non ti accetta, non ti rispetta, che proprio gli dai fastidio con ogni piccola cosa che fai, tu ci credi ancora? Che cos’è l’amore secondo te? Sapresti riconoscerlo? Smettila! No, cara, tu non sai che cos’è perché non l’hai mai provato. Nessuno ti ha mai amato davvero e tu finisci sempre in rapporti tossici che non fanno altro che confermare la tua più profonda convinzione - che sei una disgraziata fallita inamabile. No, no, non è così... lui è sempre stato dolce con me, gentile, tanto paziente... Sono io quella che sbaglia, se magari potessi cambiare, se facessi le cose meglio, se gli dimostrassi ogni giorno che lo amo, tutto tornerebbe come prima. Ti arrampichi sugli specchi. Ci sposeremo, metteremo su famiglia... Ti aggrappi come una naufraga a una nave ormai affondata. Quanto tempo ancora puoi stare in apnea? SVEGLIA! Sei l’unica che non lo vede? Sei così tanto stupida o fingi di esserlo?! NON TI AZZARDARE A PARLARMI COSÌ! Tu non ne sai niente! Sei solo un fottuto pesce! Stupida idiota... continua a fare la vittima e sprecare la tua vita. Ti piace essere infelice? E più comodo così, vero? Ma con chi parli? È pronta la cena? La sto preparando, tesoro. Un po’ di pazienza ancora. Ti amo!

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il giudizio universale

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Cosa fai lì nel buio?” “Niente, sto pensando.” “A che?” “A noi, a ciò che succede, a tutto... questi giorni faccio fatica a calmare il chiacchiericcio costante della mente.” “Dovresti provare a fare meditazione”, sorride. Sarcasmo, non ha mai creduto a queste cose. “Sì... è la fine del mondo questo?” Mi ricordo dal catechismo i quadri con gli angeli maestosi che suonano trombe con tanto pathos e gloria celeste che ti viene proprio la voglia di essere uno dei giudicati per assistere a questo strepitoso spettacolo. “Ma che dici? Sei impazzita?” Ride. “Adesso ti sembra dura ma tra un po’ torneremo alla normalità. Vedrai, ne usciremo presto.” “Io non so più cosa sia normale... come saremo cambiati quando tutto finirà? Come sarà cambiato il mondo?” “ [...] io vado a dormire. Anche tu non fare tardi. Buonanotte.” “Notte.” Spengo il telefono e cerco di concentrarmi sulle sensazioni del corpo: il fiato che entra nei polmoni, la leggera tensione della schiena appoggiata sul materasso duro. Fisso il teatrino di luci ed ombre sul soffitto. Non si sentono trombe celesti ma solo l’opprimente silenzio di una città sventrata. Sento un cane abbaiare nella notte, lo scricchiolio del parquet dei vicini di sopra e poi, appena percepibile, un singhiozzo smorzato, inconsolabile. Così finisce il mondo Così finisce il mondo Così finisce il mondo Non in un baccano ma in un piagnisteo.

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il cammino

Photo by Matthew Smith on Unsplash

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S

ono le dodici in punto. L’aria è immobile, incandescente, schiacciata sotto la luce corposa di un mezzogiorno d’agosto, carica di odori di terra calda, erbe selvatiche e un tocco di muschio. Il silenzio è ingombrante, si sente solo il ronzio delle api, il canto stridente e monotono delle cicale e lo scrocchio di decine di passi sulla ghiaia polverosa della banchina. Marisa prosegue lentamente. Ha i piedi stanchi, gonfi, coperti di vesciche, le caviglie piene di graffi che bruciano dal sudore. Ogni singolo passo è come un fulmine di dolore. Marisa si sta godendo ogni passo. “Che lunga giornata eh? Mancano ancora 20 km al paese più vicino.” Marco, cinquantenne, ha perso il figlio, venuto qui per cercare la pace. “Dicono che il cammino rende felici, ma invece è questo!” Fa un gesto con la mano disegnando un cerchio largo intorno a se. Come dargli torto? La pianura interminabile spalancata in mezzo al nulla, tagliata solo dalla strada emette calore e tranquillità. E il sole, questo sole iberico che ti inonda di luce abbagliante a far male agli occhi, ti fa sentire il solletico di ogni poro che si apre per rilasciare insieme al sudore il veleno della tristezza di una vita. Marisa non si sente così viva da molto tempo, molto prima di passare dei mesi arricciata sul letto a rimpiangere il divorzio che le ha tolto la voglia di vivere. “Cara, mettiti un po’ di crema solare, ti stai bruciando!” Il consiglio viene da una giovane che la sta sorpassando a passo veloce. Con il suo zaino fatto a regola sembra una di quelli che girano il mondo per poi scriverne nel loro blog da viaggio. “Grazie, sto bene così”, Marisa sorride stanca. È stata troppo lungo nel buio.

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che spettacolo!

Photo by Alex Antropov on Pixabay

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15:15:00

L

a prima cosa che vide sotto le palpebre chiuse era la luce abbagliante, più forte di mille soli, che in un attimo sommerse tutto in bianco. Appena recuperato dalla cecità temporanea, il vecchio, che pochi secondi prima stava dormicchiando nella sedia a dondolo accanto alla finestra, guardò fuori e registrò una palla di fuoco che lentamente cresceva in alto. “Che spettacolo!”, fu la prima cosa che gli venne in mente. Poi arrivò il tuono che scosse la terra. Con le punte delle dita appoggiate sui braccioli percepì l’ondata d’urto che si spinse dall’epicentro caldo verso la periferia, verso la sua finestra. Il vecchio era calmo. Chissà perché, forse perché si era appena svegliato e la sonnolenza lo avvolgeva ancora in una nebbia che attenuava i sensi e rallentava la mente. Tuttavia, all’improvviso una visione si piantò davanti ai suoi occhi e fece sparire la stanza, la sedia a dondolo, la finestra e quello strano spettacolo fuori. Vide se stesso alzare il suo primogenito appena nato nella luce fluorescente dell’ospedale. Vide sua moglie il giorno del loro matrimonio che si avvicinava all’altare, un’apparizione fiabesca in controluce. Poi vide il loro primo bacio, abbracciati sulla panchina al bordo del mare, bagnati dei primi raggi dell’alba. “Che spettacolo era...”, pensò . Le sue pupille riflettevano la luce spietata di quel mostro di fuoco ruggente che alla velocità dell’assurdo gli si urtava addosso. Il vecchio chiuse gli occhi e sorrisi. 15:15:10 L’ultima cosa che ricordò era la tenda sulla finestra che sventolò accarezzandogli soavemente il viso.

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La bambina che non piangeva

Photo by Aliyah Jamous on Unsplash

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E

ra una calda giornata d’estate. Come ogni anno la piccola Ada passava le vacanze estive insieme a suo fratello da sua nonna. Quel giorno Ada stava dentro al fresco a sfogliare dei fumetti quando sentì la porta d’ingresso aprirsi. Qualcuno entrò e qualche secondo dopo sentì una confusione e il pianto disperato di sua nonna. Ada corse a vedere che succedeva nascondendosi dietro la porta. Da poche parole capì che qualcuno era morto. Questo qualcuno era suo padre. Ada si buttò sul letto e spinse le mani contro le orecchie per bloccare la realtà. Il giorno dopo i due bambini vennero caricati d’urgenza sulla macchina degli zii e riportati a casa in silenzio opprimente. Il fratello non capiva che stava succedendo però Ada non gli disse nulla, teneva il segreto fra i denti stretti. Una volta arrivati a casa si riunirono a tavola per pranzo. L’aria era densa a tagliare col coltello. La madre fece un brindisi per annunciare così la brutta notizia ai figli. Pianti. Fratello sconvolto. Ada, a occhi asciutti, alzò la forchetta in silenzio e mangiò. La guardarono come se fosse un mostro. Ada invece crebbe una ragazza sensibile. A volte tornava a casa in lacrime perché a scuola le avevano detto qualcosa di brutto. La madre, secca: “Smettila, tu non hai pianto al funerale di tuo padre. Avrai un motivo per piangere quando sarò morta io.” Così Ada smise di mostrare i sentimenti. Ada diventò una donna. Ebbe molte relazioni fallite perché non riusciva a mostrare i sentimenti, ne quelli belli, ne quelli brutti. Finché un giorno successe qualcosa che le fece pensare: “Mi manca mio padre. Quanto mi piacerebbe che ci fosse qui con me.” E a pensare questo, all’improvviso le lacrime traboccarono dagli occhi, le bagnarono il viso, caddero per terra e continuavano a cadere come se non avessero mai finito. Ada non fece neanche un cenno per asciugarle. Per la prima volta nella sua vita si sentiva leggera, sollevata, libera. 21


ti aspetto

Photo by Nine Kรถpfer on Unsplash

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T

i aspetto seduta su una panchina nel parco. Hai detto che arrivi alle dodici in punto. Non ci sei. Alzo lo sguardo e vedo un raggio di sole che balla nel fogliame degli alberi. Chiudo gli occhi e sento la sua carezza sul mio viso. Ma tu non ci sei. Dove sei? Passa un cagnolino e si dirige dritto verso di me. Mette le sue zampe sulle mie ginocchia, scodinzolando. Vuole giocare. Gli do una carezza sulla testa e se ne va felice. Guardo una coppia che si siede davanti a me. Lui le tiene la mano e le sussurra qualcosa nell’orecchio. Ridono. Anche a me ha strappato un sorriso. Vorrei che ci fossi anche tu per vederlo. Sono le dodici e un quarto. Dopo un po’ me ne vado. Una bambina si avvicina timidamente. Nasconde qualcosa dietro la schiena. Mi guarda con gli occhi enormi e tondi. Le sorrido e lei tira fuori la manina che tiene una margherita. Me la regala. La madre si scusa e me la porta via. Tengo la margherita in mano e mi chiedo dove sei. “Tutto bene signorina?” Un vecchio si è seduto accanto a me. “Ho aspettato qualcuno ma non è venuto.” Guarda la margherita e io gli racconto cosa è successo. “Mi sembra che nonostante tutto Lei ha avuto una bella giornata.” E infatti, così era.

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pane e pomodoro

Photo by Liberty Sutton on Unsplash

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M

ina apre il forno e sprigiona il profumo di pane appena fatto. Lo prende con tanta cura come se prendesse il bambino che non ha mai avuto e lo mette attentamente sul bancone per lasciarlo raffreddare. Ci avvicina la faccia per sentire il suo calore sulle guance e annusa la sua dolce anima. Sotto il dito sembra soffice e croccante al punto giusto. Mina è fiera di se - anche questa volta ha fatto un figurone. Mina si appassiona per la cucina e per il bene nel mondo. Lavora per se stessa come consulente sociale ed è molto impegnata. Ha una vita piena e molti amici nonostante il fatto che da quarantenne single secondo l’opinione pubblica è in qualche modo una donna fallita. Mina non si interessa dell’opinione degli altri. Non cerca nessuno perché si sente già completa. Trova il suo perché nelle piccole cose: il pane appena sfornato, i sorrisi dei bambini con cui lavora e le fusa ipnotiche del suo gatto Leo. Oggi si è svegliata con la voglia di pomodori, quelli veri, rossi, dolci e imperfetti che sanno di sole. Dopo il lavoro passa dal suo fruttivendolo di fiducia. Sceglie con cura ogni pomodoro, li stringe leggermente fra le dita per sentire il loro morbido cuore pensando a nuovi incantesimi. Al banco attacca discorso con un tipo a cui consiglia i migliori pomodori. Sia per gratitudine o per simpatia il tipo la accompagna per un tratto di strada mentre si scambiano delle ricette con entusiasmo infantile. Si è guadagnato un invito a cena. Con pane, pomodori e un po’ di magia.

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senza peso

Photo by Abhishek Upadhyay on Unsplash

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P

er far volare Una mongolfiera, Un palloncino, Un’anima smarrita, Amore mio, Butta giù per terra Il peso che la tiene impedita. Lascia andare L’egoismo smisurato, La gelosia cieca, La paura brutta. Amore mio, Mettili di lato, Non servono a quello che si butta. Buttati dentro Nel incognito struggente, Nel buio scuro, Nella voragine senza fine. Amore mio, Non temere niente Perché per noi non ci sarà confine. Stammi vicino, Il fuoco è acceso. È quasi ora, prendimi la mano. Amore mio, Siamo senza peso E voleremo sempre più lontano.

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quantum

Photo by Greg Rakozy on Unsplash

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S

tamattina al risveglio Ho creato l’universo. Con un battito delle mie palpebre Dal mare di possibilità Ho ricavato la realtà. Con uno sguardo veloce Ho spazzato via il caos. Le particelle dei miei pensieri Hanno tessuto il mondo Sul telaio della giornata. Poi ho chiuso gli occhi E ho distrutto l’universo. La materia è crollata Nel vortice dei miei sogni Aspettando il Big Bang. Un altro giorno, Un’altra scelta, Un altro universo.

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randagia

Photo by Danielle Dolson on Unsplash

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E

ccomi, sono tornata Nella mia casa zeppa di ricordi sfusi. Mi guardo dentro, di pensieri frastornata, Di turbamenti d’anima confusi. Mi sono persa, ho vagato tanto In mille posti sconosciuti e lontani. Alla vitaccia brutta ho raccolto il guanto Lanciandomi, sporcandomi le mani. Ho lavorato duro per trovare Un modo per sentirmi accettata. Ma nel frattempo ho smesso di amare. La solitudine da emigrata. Adesso torno e non sento niente, Mi sembra tutto inconsueto, freddo, strano... Quando tornai cosĂŹ indifferente? PerchĂŠ cercare casa e invano? In tutto ciò mi son dimenticata: In questi tempi spietati e selvaggi Sono in tanti a far la vita sradicata, Vita perplessa, vita da randagi.

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mille

Photo by Olia Gozha on Unsplash

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Q

uanti granelli di polvere Fanno mille giretti in un raggio di sole Una danza incantata? Quante volte le nuvole Stendono una coperta di mille colori A fine giornata? Mille. Quante piccole stelle Spargono mille riflessi brillanti In un bicchiere di vino? Quante dolci storielle sussurrano mille fate nascoste nei canti Quando mi avvicino? Mille. Apri gli occhi e prova A vedere il mondo in un modo diverso. Credimi, chi cerca, trova Un intero universo Nel bucato appena lavato, Nelle morbide zampe del gatto, Nel cassetto delle stoviglie... Tante piccole meraviglie, Mille.

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l’amore dei cinque sensi

Photo by Joseph Barrientos on Unsplash

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A

nnuso il tuo profumo Ricco di sfumature Note di testa e di fondo Tolgo strato dopo strato Come se ti scoprissi. Vedo il tuo corpo liscio Steso davanti a me Stringersi ed espandersi In ondulazioni continue Come se respirassi. Ingoio il tuo respiro Salato sulle mie labbra Stuzzica la mia lingua Mi ricorda qualcosa di dolce Come se mi parlassi. Ascolto la tua voce Lei penetra ogni mia cellula Vibra nelle mie vene Mi avvolge in tenerezza Come se mi abbracciassi. Mi sciolgo nel tuo abbraccio Sento la tua mano fresca Accarezzare la mia pelle Mi lascio andare nel tuo ritmo Come se mi portassi via.

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con dedica

Photo by Volkan Olmez on Unsplash

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Q

uando in uno sguardo Vedi il riflesso della tua anima, Il tuo rifugio delle tempeste feroci della vita, La tua più grande fragilità, La tua più grande speranza, Il tuo futuro, i tuoi figli non nati, Fermati, Ricorda questo sguardo E chiudilo dentro la stanza più interna del cuore, Perché un giorno Quando ti fa male l’anima, Quando ti abbattono le tempeste E ti senti a pezzi, Quando non trovi speranza, Ne futuro e il sogno dei figli è sparito nel nulla, Quello sguardo ti servirà Quando ti guardi nello specchio.

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