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Psicologia: NUTRIRSI NON SOLO PER SOPRAVVIVERE

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<Psicologia>

NUTRIRSI NON SOLO PER SOPRAVVIVERE

Dott.ssa Laura Bonaffini

Il cibo, fin dalla nascita, è fortemente legato all’esperienza di relazioni con gli altri, in esso sono insiti ricordi, affetti, condivisioni, relazioni ed emozioni. Per ogni persona il cibo rappresenta, quindi, un momento di convivialità e di condivisione. Considerando questi aspetti, possiamo comprendere come la diagnosi di celiachia possa causare nell’individuo un grande cambiamento che a volte finisce per tradursi in un disagio psicologico.

Ci si ritrova costretti a mettere in atto una ridefinizione della propria identità sia in termini concreti, ad esempio per quanto riguarda una costante attenzione al cibo, che nei termini della rappresentazione mentale che una persona ha di sé e del modo in cui gli altri la percepiscono. Accettare la diagnosi di celiachia non è del tutto semplice, l’idea di dover seguire per sempre una ristretta dieta priva di glutine, provoca certamente uno stato emotivo di forte demoralizzazione e sconforto, in quanto viene minata la qualità della vita, consapevoli che il cibo è un aspetto importantissimo che va ben oltre la necessità di mangiare.

L’evento diagnostico può, quindi, rappresentare un esempio significativo di “crisi”, un momento che separa una maniera di essere da un’altra differente, quasi fosse una “perdita” la quale necessita di tempo per essere “masticata”, elaborata ed accettata. L’ansia e la tristezza per la dia

gnosi, per esempio, possono portare a sentimenti di inadeguatezza, chiusura, passività con conseguente ritiro dalle relazioni sociali, questo può essere considerato come un trauma che lascia tracce nella mente e nelle emozioni, quelle emozioni che arrivano all’intestino.

Cuore, intestino e cervello comunicano intimamente attraverso il nervo “pneumogastrico”, il nervo maggiormente coinvolto nell’espressione e nella gestione delle emozioni, in tal senso, in modo del tutto naturale sperimentiamo le nostre emozioni più devastanti come strappi allo stomaco.

Numerosi studi hanno dimostrato che, come il cervello, anche l’intestino è dotato di un sistema nervoso costituito da una fitta rete di neuroni ed è costantemente in comunica

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zione con gli emisferi cerebrali ma, contemporaneamente, è autonomo e indipendente. Le neuroscienze parlano di un vero e proprio asse pancia-testa, con il dominio nella pancia, più intellettuale del cuore. L’intestino può pensare, prendere decisioni, provare sensazioni in modo autonomo dal cervello, ma qualunque emozione o stress che coinvolge il “primo cervello” influenza inevitabilmente la salute e il benessere del “secondo cervello” e viceversa.

Tutti gli eventi della nostra vita vengono, quindi, elaborati ad entrambi i livelli, per tali ragioni sarebbe opportuno cercare di elaborare nel miglior modo possibile, anche attraverso l’ausilio di professionisti

specializzati, la diagnosi di celiachia prendendosi cura delle emozioni che vengono masticate nello stomaco.

Le persone celiache sono dotate di grande spirito di sacrificio il quale ha un grande impatto a carico emotivo nella loro vita. Devono fare i conti non solo con il malfunzionamento fisico e la percezione del proprio malessere, ma anche con l’etichetta che il mondo esterno attribuisce, per questo è fondamentale ascoltare e capire quanto sia reale e presente questa condizione per chi la vive, senza banalizzarla.

La celiachia è un malessere “invisibile” che in alcuni casi può portare a sviluppare non

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solo disturbi di ansia o depressione, ma anche disturbi del comportamento alimentare, accompagnati da pensieri e comportamenti associati al mangiare e all’immagine corporea, che diventano predominanti nella vita del celiaco.

Questo disturbo può nascere anche nella dieta stessa, che oltre a portare il celiaco a riassorbire quegli alimenti che prima non assorbiva facendo prendere peso e modificando la fisionomia del corpo, contribuisce a focalizzarsi su una rigidità alimentare, che tende a far diventare la persona ipercontrollante. Inoltre, il “terrore” della così sottovalutata contaminazione, a volte, porta l’individuo a digiunare piuttosto che andare in contro

Ma oggi qual è il paradosso della celiachia?

Da diverso tempo, il cibo non è più considerato mero sostentamento, ma forma d’arte, abile intreccio di aromi e profumi, di colori e suoni, cibo da fotografare, da mangiare prima con gli occhi e poi per necessità.

Per questo possiamo permetterci il cibo “senza”: senza grassi, senza zuccheri, senza ogm, e senza glutine. Una nuova moda alimentare che prende in prestito l’unica terapia attualmente esistente per il disturbo alimentare più diffuso al mondo: la celiachia Oggi la dieta senza glutine è diventata una vera moda alimentare, infatti un numero sempre maggiore di persone si auto-prescrive una dieta senza glutine per i motivi più svariati: la speranza di dimagrire, di eliminare le tossine, perché “il glutine fa male”.

Le conseguenze di questa tendenza a demonizzare il glutine e delle derive comunicative connesse sono paradossali: la maggior parte di coloro che seguono una dieta gluten free non dovrebbero farlo, perché non sono celiaci, mentre chi ne avrebbe davvero bisogno spesso non segue un regime alimentare particolare, perché non gli è stata ancora diagnosticata la malattia.

In un periodo storico in cui cresce l’ossessione per il cibo, l’unica colpa dei celiaci è quella di avere una malattia con una terapia diventata trendy, in fondo innocua per i non malati: chi mangia cibi per celiaci pur non essendolo non rischia nulla di grave, al massimo vede sgonfiarsi il portafoglio e ingrassa un pò.

Laura Bonaffini

Psicologa

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<Psicologia>

IL RIENTRO A SCUOLA: SOCIALITÀ, PAURE, CREATIVITÀ, RIADATTAMENTO… E… ANCHE LA MERENDA VUOLE LA SUA PARTE

Dott.ssa Francesca Miglio

L’ energia della vita è la felicità e il benessere dei bambini. Il rientro a scuola è un po’ come il rientro dalle vacanze: un momento di inevitabile stress, sia per i bambini/ ragazzi, che per i loro genitori; un momento, soprattutto quest’anno, che può essere vissuto quasi come se fosse un “lutto”: un momento, cioè, in cui si “perde” qualcosa ( L’abitudine, se pur forzata, acquisita dai genitori e dai figli, di dover rimanere a casa) e si è invitati ad accettare delle novità, anche anomale, non tutte e non sempre piacevoli.

Bisogna adattarsi, ancora una volta, ad una situazione completamente nuova, poiché, quest’anno, più degli anni precedenti, i bambini si ritroveranno a vivere tutto un contesto molto diverso, a causa delle nuove regole anti-contagio, per proteggersi dal coronavirus.

Soprattutto nei bambini più piccoli, che non hanno ancora ben sviluppato la capacità di verbalizzare le proprie emozioni, i propri eventuali disagi… è possibile che si sviluppino delle somatizzazioni, come

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i mal di pancia, i mal di testa, la stanchezza, l’insonnia, etc.. oppure possono presentarsi delle piccole regressioni, che riguardano le competenze e le abilità già acquisite. I ragazzi più grandi, invece, possono manifestare irritabilità, ansia, pigrizia, tristezza etc…

Non è il caso di allarmarsi: un minimo di “stress da rientro” è normale per tutti (e ad ogni età); solo nel caso in cui tale condizione di malessere, associata ad un rifiuto della scuola, un rifiuto ad uscire di casa, a socializzare, ad abbandonare la propria “zona confort” e ad uno stato quasi depressivo, con la presenza di una pronunciata sintomatologia psicofisica… e soprattutto la scomparsa del sorriso dal viso dei nostri figli… può e deve spingerci ad approfondire la situazione.

È importante, in ogni caso, non sminuire il disagio del proprio figlio, con frasi del tipo: ”Ma cosa dici? Non essere esage

rato! Non vedi che tutti gli altri vanno a scuola?”. In questo modo il bambino non si sentirebbe compreso e tenderebbe a chiudersi in sé stesso, a non voler più manifestare le proprie emozioni o, addirittura a negarle a sé stesso, sentendosi “sbagliato” o giudicato.

A volte, un semplice: ”Ti capisco; anche io da bambina/ragazzina non volevo andare a scuola”, “Anch’io non ho molta voglia di rientrare a lavoro”… può essere utile per trasformare un vissuto di disagio in un’esperienza di cambiamento e di stress provato un po’ da tutti, che va accolto, vissuto e superato, come una sorta di fase transitoria che tutti attraversano, anche la mamma ed

anche il papà! Un vissuto da cui imparare e progredire.

I bambini, comunque, sono molto bravi ad apprendere nuove cose e a riadattarsi alle novità, specialmente se noi adulti li accompagniamo e li guidiamo in tal senso, mostrando loro il cambiamento non come una costrizione o un evento infelice, che comporta la rinuncia, la perdita di un equilibrio, la rivoluzione della propria routine quotidiana, delle proprie abitudini; piuttosto possiamo presentare il cambiamento ai nostri figli come un’opportunità, positiva, quindi, per acquisire nuove conoscenze, nuove abitudini… per scoprire di sé ciò che ancora non conoscono e che li stupirà, che li farà cre

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scere e sentire efficaci, bravi, felici, soddisfatti. Possiamo fargli vedere la “ripartenza a scuola” non come un “fulmine a ciel sereno (adesso che si erano abituati a non andarci più, fisicamente), bensì come un arcobaleno dopo una tempesta: pieno di colori! Piacevole!

La scuola è un luogo fisico, sì, in cui socializzare, conoscere, imparare, ma… la scuola è, soprattutto, un’agenzia, basata su servizi educativi in cui sono presenti 3 importanti dimensioni: la dimensione comunitaria, la dimensione culturale e la dimensione didattica; tre dimensioni che la rendono funzionale per lo sviluppo sano di un bambino, permettendogli di crescere, comu-

nicare, sviluppare le proprie abilità, acquisire competenze, sentirsi stimolato e motivato e che gli permettono anche di relazionarsi con i coetanei, sviluppando sentimenti come l’affetto, il rispetto, la solidarietà etc. Anche il momento del pasto a scuola è un momento di grande importanza, in quanto i bambini, in gruppo, condividono qualcosa che li fa sentire simili tra loro; un momento di scambio, un momento di nuovi sapori da gustare, insieme, da condividere.

Non sempre, però, condividere un pasto è concretamente possibile, come nel caso in cui uno dei bambini soffra di un’intolleranza o di un’allergia alimentare.

Il bambino CELIACO, ad esempio, già provato psicologicamente, emotivamente a causa di tutte le restrizioni che oggi la vita ai tempi del covid impone, può percepirsi come “sbagliato”, diverso, demotivato a trascorrere il momento della merenda in compagnia dei suoi amici, tendendo, così, ad isolarsi o a rifiutare il pasto (colpevole della sua “differenza”).

Possiamo aiutare il bambino, anche in questo caso. I bambini sono creature speciali e profondamente sensibili ed autentiche; basta poco per emozionarli e per farli sorridere, entusiasmandoli per la semplicità delle cose (caratteristica che noi adulti abbiamo, ahimè, perduto). Anche questa volta, offriamo al bambino una visione diversa da quella più ovvia: la merenda senza glutine non deve essere e non è una limitazione; tutt’altro: la merenda senza glutine è un’opportunità di benessere, di fantasia, di socialità.

Probabilmente i compagnetti arriveranno in classe con la merendina confezionata, acquistata al supermercato, di cui tanto parla la pubblicità, o con un buon panino al prosciutto o con la crema spalmabile alla nocciola appena uscita in commercio, oppure con un succo di frutta e un pacco di crackers etc…

Beh, le cose più buone non sono quelle che tutti vediamo

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in pubblicità, molto spesso. Pensiamo, ad esempio, ad una bella macedonia di frutta fresca, con dei semi oleosi misti (sesamo, girasole etc) oppure ad una fetta di torta fatta in casa, tipo ciambellone o torta allo yogurt… Non esiste una pubblicità per queste proposte di merenda… eppure sono ottime e preparate con tanto amore!

Mamma e figlio possono pensare e ideare, ogni giorno, per il giorno successivo, una merenda sana, a base di cereali o farine naturalmente prive di glutine; preparare un porta-merenda dei personaggi preferiti tutto da riempire, ogni giorno con qualcosa di diverso e anche originale, perché no?! Spazio alla fantasia! La mamma può far scegliere al proprio figlio tra tante alternative sane e divertenti oppure scegliere lei stessa e creare l’effetto sorpresa (e gioco) ogni volta che il bambino, in classe, aprirà il suo “cestino”. Questa strategia può dare “leggerezza” ad un problema,

eventualmente vissuto con disagio. I compagni possono aspettare il momento della merenda con gioia e positiva attesa, con curiosità, così da far sentire “integrato” il piccolo celiaco. È, certamente, importante che il bambino sappia bene cosa può e cosa non può mangiare e come comportarsi per evitare eventuali contaminazioni, ma questo non deve assolutamente essere un motivo per allontanarlo dal gruppo. Il mercato dei cibi senza glutine è ormai ricco di alternative gustose e analoghe, sia nell’ estetica che nei sapori, ai cibi glutinosi e, davvero, il bambino può soddisfare ogni suo desiderio.

L’alternativa “gluten free”, comunque, offre moltissime possibili combinazioni di alimenti sani, naturalmente privi di glutine, ricchi di nutrienti, ma leggeri, a cui è bene che il genitore educhi il proprio figlio.

Un’alimentazione sana e cor

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retta è, senza dubbio, alla base del benessere di ogni individuo, infatti.

Dunque: ampio spazio alla frutta fresca e secca, ai cereali e al muesli con cereali privi di glutine (mais, riso, quinoa, amaranto, sorgo, teff, grano saraceno e persino avena deglutinata! C’è l’imbarazzo della scelta); ampio spazio ai tramezzini gluten free intergrali o ai semi o ai cereali con confetture (senza glutine: ce ne sono tantissime ormai, in vendita, se non si ha il tempo di prepararle in casa) o con miele o formaggio magro (naturalmente privi di glutine), ad esempio con ricotta, un filo di miele e qualche goccia di cioccolato fondente; ampio spazio a biscotti genuini fatti in casa con le forme che il bambino più preferisce oppure anche biscotti in vendita nei negozi specializzati, gluten free, della linea “bio”, preferibilmente; e ancora ampio spazio a creme al cacao spalmabili a base di legumi, come ad esempio la “fagiotella” (ricetta vegana su-

per nutriente a base di cacao, fagioli cannellini, zucchero, dal sapore eccezionalmente buono e con pochissimi grassi) o addirittura la mamma, insieme al proprio bambino, può preparare delle chips di verdure o delle semplici e veloci crocchette con le verdure!

Niente va demonizzato: ogni alimento è salutare, se consumato nelle giuste dosi. Il bambino celiaco ha la stessa voglia del compagnetto non celiaco di mangiare bene e con gusto, aspettando con ansia la merenda per vivere la convivialità del momento in serenità, senza isolarsi e senza rinunce.

Una buona merenda, bilanciata, desiderata e… senza glutine sarà, sicuramente, motivo di chiacchiera e curiosità per i compagni di scuola e ciò sarà gratificante per il bambino celiaco, che si sentirà sereno e vivrà il ritorno a scuola con meno disagio… perché la celiachia è una malattia autoimmune seria, ma… non deprivante. E… con tanta “sicura” bontà senza glutine, la possibilità di immaginare il bambino con il suo porta-merenda “originale” a scuola, insieme agli amici, a chiacchierare, nutrendosi senza disagio, sarà un motivo in più di serenità anche per il genitore.

Miglio Francesca,

dott.ssa in psicologia clinica e della riabilitazione dott.ssa in scienze dell’educazione e della formazione Istruttore Mindfulness

francescamiglio@hotmail.it

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