Rovaniemi
C’
è un momento esatto in cui ho sentito di morire e subito rinascere. Immagino che nell’arco di una vita accada spesso. A me è capitato molte altre volte. Non me ne sono accorto oppure ci ho fatto caso col tempo. Tanto comodo è il senno di poi. Quella volta di comodo però non c’era nulla anche se ero stato bene fino a poco prima. Forse era scritto nel mio destino già in partenza eppure ci sono voluti centoquaranta chilometri per realizzarlo, conosco vie più brevi in effetti. Ne mancavano una decina al traguardo, mi girai e ancora adesso non mi è chiaro perché l’abbia fatto. A ripensarci una fortuna ma in quell’istante non mi sembrò così per niente. Erano dieci ore che non vedevo nessuno a piedi e non sono mica tanto sicuro di averlo visto davvero. Magari un’allucinazione, non troppo vicino eppure nella mia testa già davanti. Come si chiamava non me lo ricordavo in quel momento e faccio fatica a mettermelo in testa anche ora, però sapevo benissimo chi fosse. Spagnolo, aveva corso la Maratona des Sables e perciò a differenza mia era cosciente di cosa stesse facendo, i suoi fantasmi li aveva inseguiti e battuti così come, ne ero certo, avrebbe fatto anche col sottoscritto. D’accordo, quello marocchino era il deserto e questa lappone è tutta una lastra di ghiaccio, che a rifletterci però hanno l’identica sospensione in equilibrio tra inferno e paradiso nel loro concetto monocolore di distesa.
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