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IBRIDAZIONE Vista sul domani

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CONTAMINAZIONE

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Foto CONTRASTO

Dall'alto, in senso orario: un negozio di abbigliamento in via Paolo Sarpi nel quartiere Chinatown, che ospita la più antica comunità cinese in Italia; il bar Addis Abeba in via Lecco, quartiere multietnico amato dalla comunità arcobaleno; Murkarin Phutsorn e Shrnilyn Medalla fotografate nel Parco Biblioteca degli Alberi, area verde tra piazza Gae Aulenti e il quartiere Isola, in piena trasformazione; il ristorante cinese Kung Fu Bao nel quartiere in espansione di NoLo, acronimo che significa “a nord di piazzale Loreto”.

«Milano è la città che meglio rappresenta il volto internazionale dell’Italia». La definizione è di Zaha Hadid, Arata Isozaki e Daniel Libeskind, i tre architetti di City Life, uno dei progetti che hanno cambiato il volto e lo skyline della città.

Una vocazione internazionale, quella di Milano, che si sviluppa dal secondo dopoguerra, ma che ha subito una forte accelerazione negli ultimi vent’anni, fino a trasformare la grigia metropoli lombarda in “the place to be”, il luogo dove essere per merito, prima di tutto, di un’apertura al mondo, di una profonda capacità di integrare persone e culture diverse. Come ha scritto Florencia Andreola, architetta argentina che ha studiato al Politecnico di Milano e coautrice del libro Milan Architecture Guide 19452015: «È la città italiana più capace di assorbire

gli stranieri, la diversità. È ibrida non solo dal punto di vista architettonico ma, più in generale, per la disponibilità ad aprire le porte ad altre

culture. Milano ha accolto tutti senza limitarne la possibilità di integrazione». Per respirarne l’atmosfera multiculturale, basta una passeggiata alla Biblioteca degli Alberi, in zona Porta Nuova, uno dei parchi più innovativi al mondo, progettato dai designer paesaggistici olandesi Petra Blaisse e Piet Oudolf (lo stesso che ha disegnato i giardini della High Line di New York). «È il luogo dove, con il bel tempo, la gente converge da tutta Milano, uno degli spazi più internazionali e inclusivi insieme con Porta Venezia, quartiere storico dove la Milano bene convive con gli artisti e la comunità africana», dice il fotografo Mattia Zoppellaro, autore del reportage in queste pagine. A Milano, Zoppellaro ha studiato ed è tornato a vivere dopo un periodo a Londra, «che mi sembrava il cuore dell’Europa e che, invece, la capitale lombarda ha superato in termini di vitalità e di offerta culturale».

Nell’area metropolitana, i cittadini stranieri sono circa 460 mila. Tra i primi ad arrivare, già negli Anni 20 del secolo scorso, i cinesi, che fondarono

il loro quartier generale in zona Paolo Sarpi e che, con la crescita della comunità, si sono espansi verso NoLo, area popolare a nord di piazzale Loreto dove convivono gallerie d’arte, botteghe etniche e locali: un mix di sudamericani, africani e, appunto, cinesi.

Ma a rendere Milano contemporanea e internazionale è stata anche la profonda trasformazione urbanistica, avvenuta grazie al recupero di aree ex industriali e di scali ferroviari dismessi. Grandi opere di riqualificazione come il progetto Porta Nuova, che include il Bosco Verticale di Stefano Boeri, piazza Gae Aulenti, la Torre Unicredit,

Inclusività. Oggi per domani.

e altri edifici che hanno ridisegnato il quartiere Isola. O la creazione di City Life, citata all’inizio, nell’area ex Fiera nel quartiere Portello. E, ancora, il Museo d’arte Contemporanea della Fondazione Prada, dell’architetto olandese Rem Koolhaas. Un progetto importante perché ha indicato una strada per coniugare innovazione e tradizione. L’istituzione culturale, sorta al posto di una vecchia distilleria, è un insieme di costruzioni nuove e di edifici preesistenti. Come la Haunted House, inalterata nei volumi originali, ma rivestita interamente di foglie d’oro.

Talmente iconica da imprimere un’accelerazione a tutto il quartiere, ribattezzato SuPra, o South

of Prada. «Forse il progetto più bello degli ultimi decenni», secondo Zoppellaro, che cita tra le altre zone capaci di coniugare vocazione globale e radici storiche la Bovisa. I poli universitari hanno giocano un ruolo centrale nell’apertura al mondo di Milano. Ma se il quartiere Bicocca ha quasi completato la propria trasformazione, con l’apertura del campus, lo spazio espositivo HangarBicocca e il teatro Arcimboldi, Bovisa è in pieno divenire grazie al progetto Bovisa Goccia, che prevede l’ampliamento del Politecnico, il recupero di due ex gasometri e la realizzazione di un’enorme zona verde. Mentre nell’area Expo, da cui è partita la rinascita, sorgerà un altro progetto dal respiro internazionale: il centro per la ricerca scientifica Campus Human Technopole.

Milano, soprannominata la città che cambia, si muove verso i Giochi olimpici invernali del

2026 con tantissimi progetti. Ambiziosi ma anche piccolissimi, come quelli della Scuola dei quartieri, un’iniziativa del Comune per finanziare mini proposte in grado di migliorare le periferie. L’obiettivo, però, è uno solo: rimanere quella che lo scrittore Ernest Hemingway, un secolo fa, descrisse come «la città più moderna e vivace d’Europa».

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Da sinistra in alto, in senso orario: una foto tra i grattacieli di piazza Gae Aulenti; Monica Gong Ping nella piazza; l'insegna di un spazio di moda nell'ex quartiere operaio di Bovisa, oggi sede universitaria con molti locali di tendenza; Greta Guglielmetti e Alessandro Mastroagio nel quartiere Porta Nuova, che è anche il cantiere più grande d'Europa; il cortile della Fondazione Prada, dove si organizzano esposizioni d'arte.

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