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LA STELLA DEL NUOTO

Donne e uomini in gara insieme: la grande rivoluzione

La sfida di partecipare alla sua quinta Olimpiade, ma anche il sogno di allenare le nuotatrici di domani. Federica Pellegrini racconta che cosa desidera per se stessa e per lo sport dopo l’ultimo anno. «A Tokyo in vasca per la prima volta vedremo una staffetta mista», dice. «È una novità che abbatte le barriere tra gli atleti»

di FEDERICA PELLEGRINI foto di ROSSANO RONCI

La pandemia ci ha insegnato che un mondo senza sport non potrà mai esistere, anche se si sta chiusi in casa. Nel primo lockdown gli atleti hanno cercato di essere un esempio per gli altri, e i social sono stati la nostra vetrina, anche per gli esercizi da fare in salotto. Ma lo sport non è solo questione di movimento fisico: è la voglia di sentirsi vivi. L’ultimo anno è stato molto difficile anche per noi professionisti, che ci prepariamo ormai da tanti mesi alle Olimpiadi, perché è stato un periodo dominato dall’incertezza. Ho 32 anni, ad agosto ne avrò 33 e mi preparo per le gare di qualificazione per la quinta volta ai Giochi: perché vadano bene dovrò essere al 120 per cento. In altre parole non bisognerà sbagliare neppure una virgola. Posticipare di un anno le gare, non potere andare in piscina per sei settimane nel primo lockdown è stato complicato ed è stato destabilizzante non avere le competizioni che scadenzano normalmente la preparazione: l’aspetto psicologico è fondamentale per un atleta. Poi in ottobre è arrivata la notizia che ero positiva al Covid: quando ho annunciato la notizia su Instagram, ho pianto. Non avevo paura della malattia, ma temevo quel che avrebbe comportato fermarmi qualche settimana. I 200 stile libero sono una gara difficile, ogni anno ci sono ragazzine che fanno tempi stratosferici. Voglio arrivare lì preparandomi come dico io, per potermela giocare. E so già che davanti a quei blocchi di partenza vivrò le stesse emozioni di quando avevo 16 anni: la tensione che ti mangia dentro. Dopo mesi di incertezze, sappiamo che le Olimpiadi di Tokyo si faranno, anche se ci sono ancora tanti punti di domanda. L’ultima notizia positiva su Tokyo viene dalla presidente del comitato olimpico giapponese, Seiko Hashimoto: ha dichiarato che si faranno con il pubblico, anche se una decisione finale sarà presa verso fine marzo, con la consultazione del Comitato Olimpico Internazionale e le altre entità specializzate. In questi Giochi ci sarà anche il debutto olimpico della staffetta uomini-donne nel nuoto: un segnale che rompe le barriere tra i generi. In Giappone, comunque, gli atleti sono portati in palmo di mano, c’è molto rispetto e lì ho già molti fan. Sarà un evento indimenticabile. E dopo Tokyo, deciderò se dare l’addio alle gare. L’acqua mi ha insegnato a dominare e governare me stessa, in vasca ho preso le decisioni più importanti. In questi anni non ho avuto solo passaggi facili, ma ho tirato sempre dritto, senza preoccuparmi di quello che pensavano gli altri. Da adolescente ho combattuto contro i disturbi alimentari, poi ho avuto le crisi d’ansia e ho perso figure importanti nei momenti più sbagliati. Sono caduta e mi sono rialzata tante volte. La carriera del nuoto si è allungata per noi atleti, ma alla fine gareggi solo se senti di dare ancora qualcosa. Oggi non ho alcun rimpianto, ciò che dovevo fare l’ho fatto, per me e per il nuoto: queste Olimpiadi chiuderanno il cerchio di questa parte della mia vita. E non avrò paura di vivere quel giorno che stabilirà

IN QUESTA PAGINA, DUE RITRATTI DI FEDERICA PELLEGRINI E DUE MOMENTI DEL SUO ALLENAMENTO. LA CAMPIONESSA STA INSEGUENDO LA QUALIFICAZIONE ALLE OLIMPIADI DI TOKYO.

la fine della mia carriera agonistica. A me piace faticare, allenarmi per me è l’unica strada. Questi anni, dai miei primi Giochi ad Atene quando ho vinto l’argento a 16 anni fino a oggi, sono stati bellissimi, sofferti, ricchi di emozioni forti che vivrò con altre modalità. Non mi dispiace una certa tv. L’esperienza di Italia’s Got Talent mi ha permesso di sentirmi me stessa davanti alle telecamere e di conoscere bene Mara Maionchi, una donna tutta d’un pezzo, icona di parità, saggia e lottatrice. Questo programma mi ha aiutata anche a staccare la testa, a non pensare solo alla piscina. Ma la mia storia d’amore con il nuoto è più forte e non finisce qui. Forse farò l’allenatrice o fonderò un’Academy per trasmettere ciò che so alle ragazze che si avvicinano alla piscina. Oppure mi impegnerò a rivoluzionare la parte professionistica del mio sport che purtroppo per ora è considerato uno sport amatoriale, dando per esempio ancora più visibilità all’Isl in Italia, l’International Swimming League, una vera gara a squadre, un modo per creare spettacolo intorno al nuoto. Per dare più spazio e soldi al mio sport la strada è forse proprio questa: creare show internazionali, imitando anche l’NBA, la lega di basket americana. La verità è che oggi in Italia, a parte il calcio, l’unico modo che ha un atleta di sopravvivere con lo sport è cercare di avere delle sponsorizzazioni ma molto spesso le risorse delle Federazioni e le sponsorizzazioni bastano solo ai più performanti di noi. Una ricetta non ce l’ho, ma servono volontà e investimenti per mettere in piedi nuove idee. Mi terrò invece lontana dalla politica, perché voglio restare una sportiva, ma tuttavia credo che un atleta di alto livello abbia il diritto-dovere di impegnarsi socialmente, sfruttando la sua immagine per schierarsi, per esempio, contro il razzismo. O per lanciare una campagna di sensibilizzazione pubblica. L’ex premier Giuseppe Conte, per esempio, ha avuto un’idea giusta chiamando nel primo lockdown Fedez e Chiara Ferragni per lanciare un appello agli italiani per usare costantemente le mascherine per proteggersi dal Covid. Anche i social d’altra parte sono diventati uno strumento di comunicazione imprescindibile per gli atleti. A me piace mostrare la mia normalità fuori dalle vasche. Certo, sono stata presa di mira spesso dagli haters, ma ho deciso che continuerò a parlare di me, stando attenta a tenere alcune cose solo per me. Altri miei progetti futuri? Un libro e un docufilm sulla mia preparazione per Tokyo. E poi la maternità. Non so che mamma sarò. Ma di una cosa sono certa: mia madre è la più pronta. Ormai continua a chiedermi: “Allora? Dai, che sto aspettando” battendo sull’orologio. Sempre di tempo si parla ma d’altronde come poteva essere diversamente nella mia vita? (Testo raccolto da Marina Speich) ■ «Un atleta di alto livello ha il diritto-dovere di impegnarsi socialmente, sfruttando la sua immagine per schierarsi nelle cause in cui crede, per esempio contro il razzismo»

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