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Francesco Bellizzi
Le aziende hanno scelto
La fotografia del settore primario italiano scattata dal Rapporto Agricoltura100 descrive un’economia che nel 2021 non ha smesso di guardare al futuro, nonostante le difficili condizioni in cui si trova ad operare. Il dato comune tra gli attori del settore primario è una rinnovata sensibilità verso i temi della sostenibilità. È proprio la gestione dell’emergenza, come si legge nel Rapporto presentato all’Ara Pacis, ad aver “rafforzato la cultura della sostenibilità nelle imprese agricole”. Nel corso del 2020 l’emergenza sanitaria si è fatta sentire sull’andamento del fatturato delle aziende. Delle 2.162 imprese agricole (nel 2020 erano state 1.850) che hanno aderito al questionario della seconda edizione dell’indagine di Confagricoltura e Reale Mutua, il 48,8% dichiara di aver subito una flessione dei ricavi e per il 23% di queste si è trattato di una riduzione consistente. Un dato che preoccupa, ma che viene controbilanciato, almeno in parte, dal 12,1% degli intervistati che ha chiuso l’anno in controtendenza, con una crescita di fatturato e dal 51,6 che comunica una sostanziale stabilità delle vendite. Le principali preoccupazioni per il futuro sono legate al rischio di caduta dei prezzi, al calo della domanda, alle difficoltà produttive e di reperimento della manodopera. L’atteggiamento proattivo del settore è testimoniato dalle rilevazioni Istat dello scorso 6 dicembre che certificano la chiusura del 2021 con una crescita di 6,3 punti percentuali, prevedendo per l’anno appena iniziato un +4,7%. Aspettativa ottimistica e realistica, perché basata anche sulle risorse stanziate nel Piano Il 2021 è stato l’anno della svolta. Nelle imprese agricole cresce la cultura della sostenibilità e la propensione all’innovazione
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di Francesco Bellizzi
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Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) per il settore. Denaro messo a disposizione di chi saprà dare vita a modelli di sostenibilità che tengano insieme innovazione tecnologica, coesione sociale e transizione ecologica. Che l’agricoltura stia reggendo l’impatto con il Covid-19 meglio di altri settori produttivi lo dice l’Istat, secondo cui il settore si è posizionato nel 2020 al terzo posto in Europa con 56,3 miliardi di euro davanti alla Spagna (52,9 mld) e con un minimo stacco, dopo la Germania (56,8 mld). La continuità delle attività che le aziende hanno saputo garantire negli ultimi due anni ha permesso, quindi, ai volumi della produzione di risentire della crisi meno di quanto ne abbia risentito il fatturato. Ottimo anche il posizionamento del settore italiano per valore aggiunto che, con 31,4 miliardi, ha conquistato il primo posto davanti alla Penisola Iberica (29,3 miliardi) e alla Germania (20,3 mld). Da segnalare anche la crescita della capacità competitiva, basata sulla qualità, nella quale l’Italia è prima in Ue da lungo tempo: se nel 2019 i prodotti registrati Dop, Igp e Stg erano 824, l’anno successivo sono passati a 838. Anche la riduzione della manodopera (complessivamente il primario impiega 3,5 milioni di persone, distribuite su 1 milione di imprese) e delle giornate lavorate è stata contenuta: il 70,1% delle imprese intervistate ha mantenuto stabile o ha addirittura aumentato l’impiego di personale. Con il nuovo Rapporto, Confagricoltura e Reale Mutua dimostrano quanto, in soli 48 mesi, sia diventata importante la propensione all’innovazione. La maggioranza degli intervistati parla dell’esperienza della pandemia come fattore di cambiamento profondo e individuano sei valori guida legati alla sostenibilità. In primo luogo, la qualità del prodotto a tutela della salute alimentare, fondamentale o molto importante per l’86,4% degli agricoltori. Subito dopo c’è la protezione dell’ambiente (79,2%). L’importanza delle relazioni di filiera è sentita dal 71,9% degli imprenditori; l’innovazione di prodotto, di processo e di filiera è una priorità per il
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Sono 2.162 gli imprenditori che hanno aderito al questionario di Confagricoltura e Reale Mutua
70,4 %; la promozione del territorio per il 67,1; e il ruolo sociale dell’impresa per il 63,7% dei partecipanti all’indagine. Le iniziative concretamente avviate vedono al primo posto il miglioramento nell’utilizzo delle risorse naturali di acqua, suolo e energia (98,8%); al secondo (91,5%) la tutela della qualità e della salute alimentare. Seguono la gestione dei rischi (il 76,5), la tutela della sicurezza nel lavoro (66,8%), la valorizzazione del capitale umano (64,4%). Diretta conseguenza di ciò è l’aumento delle imprese con un livello alto e medio-alto di sostenibilità che, nell’arco del 2021, sono passate dal 48,1% al 49,1% del totale. A dare il segnale di un cambiamento di paradigma nel settore è la riduzione delle attività imprenditoriali con un livello di impegno sul fronte della sostenibilità ancora embrionale o limitato che scendono dal 17 al 12,7 per cento, andando a popolare la fascia di livello medio che passa dai 34,5 punti percentuali ai 38,2. La sensibilità per i nuovi (e necessari) modelli economici e produttivi non è esclusivo appannaggio dei grandi. Anche le microimprese (meno di 5 addetti) si dimostrano sensibili al tema, con un 44% inserito a pieno titolo nella fascia di sostenibilità alta o medio-alta. Per quanto riguarda i comparti, i livelli di eccellenza vengono raggiunti dall’ortivo, dal fruttifero, e dalla viticoltura. Omogenea è anche la distribuzione geografica delle iniziative legate alla sostenibilità, con un’oscillazione tra il 50,9% del Centro Italia e il 44,2% del Sud. Le differenze si registrano invece se si prende in considerazione il fattore della dimensione aziendale. Le attività grandi (sopra i 50 ettari e con più di 10 addetti) dimostrano di maturare più rapidamente strategie competitive fondate sulla sostenibilità. Per calcolare quante imprese abbiano fatto della sostenibilità un modello strategico, Agricoltura100 ha identificato cinque profili di orientamento aziendale, usando come criterio l’ampiezza del range delle iniziative. Al primo, il più alto, definito “approccio integrato alla sostenibilità”, appartengono le aziende il cui impegno sulla sostenibilità è sistematico e non confinato in ambiti specifici. Questa fascia ha registrato nel 2021 un’importante crescita passando dal 14,1 al 16,9 per cento del totale dei soggetti coinvolti nell’indagine. Seguono i profili “orientamento all’ambiente”, “orientamento sociale” e “orientamento alla gestione,” di cui fanno parte le aziende con un livello alto o medio-alto di sostenibilità in almeno una delle aree individuate dalle Nazioni Unite sotto l’acronimo Esg (environment, social, governance). Il quarto e ultimo profilo comprende le aziende ferme al livello medio in tutte le aree, che subiscono una flessione passando dal 26,6% al 22,1%. “Erano il segmento più numeroso - si legge nel Rapporto - ora sono il terzo. Ciò dimostra un’importante evoluzione culturale delle imprese agricole italiane”. nnn
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