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INNOVAZIONE SMART LAND

Storia e bellezza

A Gorizia l’azienda Castelvecchio valorizza il territorio. Sostenibilità, economia circolare e cultura

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di Paola Castello

Sorge sul Carso, luogo noto soprattutto per le vicende della Prima Guerra mondiale, l’azienda Castelvecchio, un’oasi lontana dalla frenesia del mondo, tra le Alpi Giulie e il golfo di Trieste, che ricava dalla terra le ricchezze di un territorio che ha moltissimo da offrire. Parlare dell’azienda agricola dei Terraneo equivale a parlare della storia del posto in cui si trova, un’area da sempre vocata alla coltura della vite, dell’ulivo e di varie primizie, come rivelano testimonianze risalenti all’epoca romana. Una zona ricca di storia e di bellezza, non solo dal punto di vista paesaggistico, ma anche architettonico. Ne è un esempio - tra gli altri - la settecentesca Villa dei Conti della Torre Hohenlohe, all’interno della grande proprietà agricola che domina la cittadina di Sagrado, luogo di rappresentanza e villeggiatura degli allora proprietari. La struttura aziendale oggi è caratterizzata da due cantine, una di recente costruzione ed una storica costituita dal basamento di un’antica torre, a ridosso della Villa Veneta. I Terraneo, proprietari della tenuta dal 1986, hanno deciso di assecondare e valorizzare la vocazione di questo territorio, dedicandosi alla produzione di vino, olio e miele, ma non solo! Oltre a produrre vini di altissima qualità, olio molto pregiato e un ottimo miele, come racconta la proprietaria Mirella della Valle Terraneo, hanno intrapreso nel 2007 un percorso di recupero funzionale delle antiche strutture esistenti nel luogo, per preservarle, valorizzarle e dar loro vita nuova. Da qui si è messa in moto una macchina cha ancora

oggi procede per una strada costellata di riconoscimenti e soddisfazioni. Innanzitutto sono stati restaurati gli edifici della Barchessa, della Villa Veneta e la Limonaia, nonché una grande cisterna in pietra per la raccolta delle acque, che costituiscono oggi il cuore di quello che la famiglia Terraneo ha voluto creare: un vero e proprio polo culturale e attrattivo per un turismo storico, letterario e della memoria. Accanto al recupero è stato anche fatto un ammodernamento generale dell’intero complesso e nel 2007 è stato realizzato un impianto fotovoltaico per consentire il risparmio energetico e una considerevole riduzione delle emissioni di CO 2 . Risale al 2016 un altro importante cambiamento: la conversione colturale dell’azienda (120 ettari tra vite, olivo, pascolo e bosco)

in agricoltura biodinamica; trasformazione facilitata dalle caratteristiche della zona, asciutta, ma su cui arriva da lontano l’alito del mare. Si è proseguito poi creando un sistema impiantistico integrato (geotermico, solare e a biomasse) tendente all’autosufficienza energetica, per alimentare tutta l’azienda. Tutto questo ha comportato anche l’introduzione di nuovi macchinari e strumenti tecnologicamente più avanzati, come ad esempio le macchine trita-roccia, il cui tritato viene poi lasciato in loco per trattenere l’umidità nel terreno. Per apportare questi cambiamenti e fare queste innovazioni - ci racconta Mirella della Torre Terraneo - sono entrate a far parte dell’organico dell’azienda anche nuove professionalità. L’eccellenza dei prodotti, che hanno ottenuto diversi ricono scimenti, il valore della memoria e della cultura sono elementi indissolubi li l’uno dall’altro per l’azienda Castelvec chio, insignita l’anno scorso da Confagricol tura del Premio nazionale per l’innovazione in agricoltura, per la categoria “Smart land, smart city”. Il riconoscimen to ha voluto premiare, in fatti, l’innovazione sviluppata dall’azienda, che ha avuto ricadute nel rap porto tra agricoltura e territorio e ha rafforzato il legame con la cultura e turismo. Tutto questo è particolarmente evi dente nel caso dell’azienda Castelvecchio, che ha concepito un nuovo modo di fare turismo, coniugando storia, memoria, quindi cultura (dall’azienda si accede tra l’altro al Parco lette rario Ungaretti) con l’amore per il territorio e per le specialità enogastronomiche che produce, ma che significa anche ciclotu rismo e agriturismo. Il tutto in una cosiddetta “terra di mez zo”, ovvero in una località non di montagna, né di mare, ma nell’entroterra, in cui però l’eco del mare arriva. Con la costituzione della Rete del Carso, l’azienda Castelvecchio, inoltre, è impegnata nel recupero di altri territori, nonché nell’apertura di un nuovo agriturismo e di vie ciclabili anche nelle località circostanti. Una realtà aziendale, quella dei Terraneo, capace di restituire al pubblico - attraverso percorsi guidati, visite in vigna e piste ciclabili - un territorio importante, e che continua ad esercitare un forte fascino non solo sui fruitori più vicini, ma anche sulle scolaresche che vi vanno in visita da tutta Italia. nnn Seconda classificata al Premio innovazione categoria Smart Land

Bia è leader nella produzione dell’alimento apprezzato in tutto il mondo

di Gabriella Bechi

Couscous made in Italy

Couscous made in Italy? Assolutamente sì. Si fa ad Argenta, un piccolo paese in provincia di Fer rara. L’intuizione è stata di Luciano Pollini, inge gnere e manager di lungo corso nel settore dell’informatica e della consulenza agroindustriale, arriva to nello storico pastificio italiano in un momento di gravi difficoltà finanziarie, superate grazie all’in gresso di nuovi soci e manager che hanno pianificato un cambio di indirizzo produttivo puntando tutto sul couscous. Scommessa vinta. Il risultato, infatti, è che in poco più di un decennio la nuova società Bia Spa è diventata leader, con il 60%, della produzione na zionale di couscous, il principale produttore di couscous made in Italy d’Europa e primo al mondo nella fornitura di prodotto da col tivazione biologica. Con una produzione più che triplicata. “Ho capito subito che c’era un mercato che aspettava, bisognava solo raggiungerlo - spiega Pollini -. Abbiamo puntato tutto sul brand made in Italy e partecipato a tutte le fiere del mondo. Siamo cresciuti velocemente

Per Couscous Bia filiera di grano duro cento per cento italiana

e in tre anni abbiamo sistemato i conti. Ciò ha comportato investimenti in tecnologie innovative sul processo produttivo e, sul fronte commerciale, l’apertura a una politica più elastica, che ci ha portato a fare accordi con i più importanti pastifici italiani all’estero, come Barilla e De Cecco, e con la GDO, proponendo sia il marchio Bia, sia il cosiddetto private label. Contemporaneamente abbiamo provveduto a una riorganizzazione aziendale puntando su un modello fatto da giovani molto responsabilizzati e investendo in macchinari e moderne tecnologie”. Oggi Bia Spa dispone di tre stabilimenti produttivi con circa 70 dipendenti e sforna qualcosa come 350mila quintali di prodotto, 25 milioni di confezioni all’anno, di 30 diverse tipologie, semola inte grale o semi-integrale, farro, kamut, orzo, 4 cereali, mais e riso, quinoa, fino al gluten free e alla nuovissima linea Benessere, ca ratterizzata da couscous ricchi di proteine vegetali e/o di fibre: grano sarace no, lenticchie rosse e ceci. Di tutto questo

solo una minima parte, il 10% circa, è destinato al mercato italiano. L’altro 90% viene esportato in una cinquantina di Paesi nel mondo, a cominciare dalla Francia che è il maggiore consumatore di couscous d’Europa. Ma anche in Sud America, Australia e Sud Africa e nei Paesi dell’Est europeo, dove viene esportato in sacchi da una tonnellata. Perché il couscous, origini nordafricane e alimento tipico delle popolazioni magrebina e subsahariana, è assai diffuso in ogni parte del globo. A riprova di questa attenzione alla qualità dei prodotti e dei processi, l’azienda detiene le certificazioni: BRC, IFS, Kosher, Halal e Vegan Ok, oltre alle certificazioni sulla logistica, basate sulla misurazione della temperatura e dell’umidità. Prodotto ‘povero’ ottenuto dalla lavorazione prevalente di semola di grano duro, questo alimento ben si presta per preparare pietanze a base di pesce, carni, verdure, legumi e anche ottimi dolci, arricchiti di uva passa, frutta secca e miele. Il che ne fa una proposta naturale, ipocalorica, gustosa, di facile e veloce preparazione (anche con acqua fredda); ideale per adulti, bambini, anziani, sportivi, intolleranti al glutine ed amanti dei prodotti biologici. Non solo, è anche ampiamente accessibile a tutte le tasche ed è “ecosostenibile”, perché consente di risparmiare acqua e anche energia. “È un prodotto straordinario”, ci dice l’ingegner Pollini, che ha coniato il divertente motto ‘Spegni i fornelli e accendi la fantasia’. Le caratteristiche intrinseche dei prodotti Bia sono garantite dalla tecnologia d’avanguardia, dai si stemi completamente automatizzati e dalla meticolosa selezione delle materie prime che consen tono all’azienda di offrire costantemente un elevato standard qualitativo. Tutti i processi di pro duzione e confezionamento sono completamente automatizzati. Questo permette a Bia di lavora re a livelli ottimali di efficienza e flessibilità: dopo il ricevimento della materia prima inizia il pro cesso di lavorazione che prevede innanzitutto l’analisi qualitativa da parte del laboratorio. La semo la viene quindi stoccata e dosata nei silos e poi trasferita in un’im pastatrice che simula il movimento delle mani della tradizionale “incocciata” dove viene frantuma to e poi essiccato, perdendo gradualmente umidità. “Il nostro obiettivo è crescere ancora - aggiunge Pollini -. Il prodotto ha ancora il 40% di potenzialità inespresse, per questo abbiamo in programma nuovi investimen ti che potremo realizzare grazie all’ingresso in Bia di un fondo di investimento che ha acquisito il 95% della società”. nnn

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