9 minute read

Anna Gagliardi

Next Article
Gabriella Bechi

Gabriella Bechi

La ricerca presentata da Nomisma al convegno di Confagri su Farm to Fork a Rimini, dimostra l’impegno dell’Italia verso gli obiettivi fissati e spiega perché l’import è così fondamentale per la sicurezza alimentare del Paese

di Anna Gagliardi

Advertisement

La transizione ecologica che l’Unione europea chiede all’Italia non è a costo zero, soprattutto in uno scenario complesso come quello attuale, aggravato dalla difficoltà di approvvigionamento e da costi di produzione in crescita e molto volatili, che si rimarcano anche a valle con un aumento dell’inflazione. Gli obiettivi che erano stati posti a fine 2019 con la Farm to Fork vedono oggi gli agricoltori italiani aver già fatto molti sacrifici, in particolare sull’aumento delle superfici coltivate a biologico, la riduzione degli agrofarmaci, dei fertilizzanti. Tuttavia, se si deve arrivare all’obiettivo della riduzione del 62% dei primi e del 20% dei secondi, dobbiamo trovare delle alternative. Quali? Al convegno “Farm to Fork 2.0: filiere agroalimentari rigenerative, food security, competitività economica”, organizzato da Confagricoltura con Federalimentare, Enea e il Comitato tecnico scientifico di Ecomondo, Denis Pantini, economista di Nomisma, ha indicato la transizione digitale e gli strumenti innovativi che ne fanno parte, nonostante la

Il prezzo della transizione ambientale

difficoltà nel trovare un quadro di regolamentazione europea. “Il rischio è quindi di avere obiettivi molto ambiziosi, ma con mezzi che per gli agricoltori non sono sufficienti”. Nella ricerca presentata a Rimini, Pantini scende nel dettaglio: l’Italia è il quarto esportatore mondiale, ma non è autosufficiente a livello alimentare; è inoltre un importante Paese trasformatore in cui le importazioni sostengono le performance dell’export. “Per l’Italia, dove la Sau è appena il 3% di quella statunitense e meno della metà di quella francese, e il 27% delle aziende agricole produce solo per autoconsumo, è difficile poter pensare di crescere ulteriormente nella produzione trasformata senza il ricorso alle importazioni (per il 57% da Ue)”. A questo quadro occorre aggiungere le commodity, concentrate nelle mani di pochi, tra cui Russia e Ucraina. La corsa dei prezzi delle commodity è antecedente lo scoppio della guerra, quando è aumentata la domanda, ma la fiammata dei prezzi di input e delle commodity mette a rischio la tenuta economica delle imprese e genera inflazione. La transizione ecologica insomma è necessaria, ma, appunto, non è a costo zero, poiché tra gli obiettivi, le azioni e gli impatti ci sono forti discrepanze. “Rispetto agli obiettivi della Farm to Fork - ha ribadito Pantini - l’Italia ha fatto molto. Ad esempio, sul biologico è al 18%, ben oltre il 9% della media europea. Sulle emissioni di gas serra l’incidenza dell’agricoltura italiana è del 9%. Sugli agrofarmaci, l’Italia ha diminuito l’utilizzo del 20% dal 2011; su fertilizzanti, antimicrobici e biogas ci sono ottime medie, ma le recenti proposte normative (regolamento sull’uso sostenibile dei fitofarmaci, direttiva emissioni) potrebbero penalizzare pesantemente il nostro sistema agroalimentare e di conseguenza mettere a rischio la nostra food security”.

della transizione ambientale

A fronte di questo scenario, pur non potendo prescindere dall’estero, una maggiore integrazione di filiera e un incremento delle produzioni italiane rappresentano, secondo Nomisma, un duplice obiettivo prioritario da raggiungere ai fini di una sicurezza alimentare nazionale. Contestualmente, la necessità di raggiungere traguardi di sostenibilità richiede strumenti e strategie innovativi in grado di non pregiudicare i livelli di produzione agricola interna, per non mettere a rischio la tenuta della filiera nel suo complesso e i vantaggi competitivi raggiunti in termini di export. Abbinare la transizione digitale a quella ecologica rappresenta insomma la strada da percorrere, ma gli ostacoli da superare non sono pochi e non eliminabili in tempi brevi. È quindi necessario un cambio di passo che permetta una maggiore diffusione della digitalizzazione nelle aziende, così come l’adozione di nuove tecnologie (anche in tema di genetica) di cui lo stesso legislatore europeo riconosce l’utilità, ma per le quali procede troppo lentamente nella regolamentazione rispetto ai repentini cambiamenti di contesto. I commenti dei protagonisti “La sicurezza alimentare non è scontata per sempre - ha detto il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti -. Ha bisogno di attenzione, cure e rinnovate strategie che la preservino. La strada prefigurata dalla Commissione Ue, fatta di divieti, tagli e burocrazia, mette a rischio il potenziale produttivo delle aziende e la certezza dei rifornimenti. Dobbiamo guardare a un modello agricolo rinnovato, basato su scienza e tecnologia per rispondere alle richieste del Pianeta e dei consumatori”. Per il numero uno di Federalimentare, Ivano Vacondio, “riguardo alla Farm to Fork bisogna affermare il principio che la sostenibilità va sempre vista

Senza una cornice normativa europea chiara, il rischio è avere obiettivi molto ambiziosi, ma con mezzi insufficienti per gli agricoltori (Denis Pantini, Nomisma)

in tutte le sue componenti ed evitare che si trasformi esclusivamente in uno strumento di politica commerciale tendente a compromettere interi settori, mettendo fuori mercato molti prodotti del Made in Italy alimentare, che rappresenta il fiore all’occhiello del nostro Paese”. Una gestione oculata di tutte le risorse e concretezza su digitalizzazione e sostenibilità sono i due punti che stanno a cuore a Elena Sgaravatti, presidente di Federchimica Assobiotec. “Le scienze della vita, le biotecnologie avanzate, continueranno ad avere un ruolo determinante - ha aggiunto -. La possibilità di intervenire con i metodi precisi del genome editing, capaci di valorizzare la biodiversità del patrimonio varietale italiano, apre strade che dobbiamo percorrere con determinazione”. Riccardo Vanelli, presidente di di Federchimica Agrofarma, ha chiesto che venga definito “un contesto normativo che valorizzi l’introduzione di nuove soluzioni e che, al contempo, tuteli la competitività del Made in Italy, e non di limiti quantitativi fissati senza un’adeguata valutazione d’impatto complessiva”. Infine, Federchimica Assofertilizzanti con il suo presidente, Giovanni Toffoli, spera in “un sostegno concreto da parte delle istituzioni per garantire la capacità produttiva europea, ribadendo l’importanza della fertilizzazione per la sicurezza alimentare”. Toffoli ha anche promosso il nuovo Regolamento fertilizzanti che sostiene “le imprese del settore che stanno portando avanti attività di ricerca per prodotti sempre più sostenibili ed efficaci”. nnn

Fonte: elaborazione Nomisma su dati Ismea | produzioni/consumi (apparenti)

g MONITORARE L’UMIDITÀ DEL SUOLO CON I RAGGI COSMICI

Le fiere sono soprattutto l’occasione non solo per farsi conoscere, ma per conoscere esperienze altrui. Tra le realtà più interessanti con cui Confagricoltura è entrata in contatto durante Ecomondo Rimini c’è Finapp, spin-off dell’Università degli Studi di Padova, da cui è nata una startup che ha realizzato un nuovo sistema per la gestione delle risorse idriche. Si tratta delle sonde CRNS (cosmic ray neutrons sensing) per il monitoraggio dell’umidità del terreno, della biomassa e per la prevenzione dei fenomeni franosi. Ambiti di applicazione che rientrano nelle pratiche dell’agricoltura di precisione su cui la Confederazione è attiva da tempo. La tecnologia di Finapp, già usata in campo, utilizza i raggi cosmici che raggiungono la superficie terrestre ed entrano in contatto con le molecole d’acqua presenti nel suolo, nelle piante e nella neve. Da questa interazione deriva una nebbia di neutroni, che le sonde della startup padovana riescono a contare, ricavandone dati e informazioni utili alla gestione delle colture e dei terreni. Si tratta, quindi, di un sistema alternativo o integrato all’uso di satelliti, droni, algoritmi, termocamere.

L’Italia è il primo Paese ad avere una Strategia forestale nazionale, ma c’è ancora molto da fare per dare forza al comparto. Ne hanno parlato a Rimini il presidente Fnp, Allasia, e la dg Masaf, Stefani

Nuove frontiere per il bosco

di Anna Gagliardi

Enrico Allasia, presidente FNP Risorse Boschive insieme a Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica nello stand di Confagricoltura a Ecomondo

“F inalmente abbiamo codificato una politica nazionale coerente con gli indirizzi europei e internazionali, in grado di dare un contesto lineare perché ciascuna regione italiana sviluppi poi una politica locale”. Il direttore generale per la valorizzazione dei territori e delle foreste del Ministero, Alessandra Stefani, alla platea del convegno organizzato da Confagricoltura a Ecomondo sulle nuove frontiere per le filiere forestali, evidenzia con orgoglio il fatto che l’Italia è stato primo Paese Ue ad essersi dotato di una strategia di settore. Un traguardo importante, ma anche un punto di partenza per un comparto che rappresenta, in termini superficie, oltre 11 milioni di ettari, pari al 36,7% del territorio nazionale, con una crescita del 3,7% rispetto all’ultimo rilevamento del 2005. L’altro lato della medaglia è costituito dalla difficoltà degli approvvigionamenti. Enrico Allasia, presidente della FNP Risorse Boschive di Confagricoltura, snocciola i dati. “Il fabbisogno nazionale di legname è di 53 milioni di metri cubi, ma l’Italia ne garantisce soltanto 15. Anche per quanto riguarda la legna da ardere - aggiunge -, di cui i nostri boschi sono ricchi, siamo costretti a importarne 700mila tonnellate”. In pratica, sebbene la superficie dedicata sia cresciuta, parallelamente si è consolidato un gap di approvvigionamento e si sono ridotte le attività selvicolturali: poco meno della metà della superficie forestale risulta abbandonata. Dal 1990 ad oggi circa 1,5 milioni di ettari sono stati persi dall’agricoltura a beneficio di una superficie forestale non gestita, il che significa aumento del pericolo di incendi, perdita di valore paesaggistico e aumento dei rischi idrogeologici. “Dobbiamo assolutamente lavorare sul riordino fondiario, sull’aggregazione, sulla pianificazione forestale che oggi coinvolge solo il 15% delle superfici e sulla formazione degli operatori che lavorano nel bosco. Confagricoltura si è attivata con altri partner, quali Alberitalia, Sisef, lo stesso ministero, per cercare di portare avanti il concetto di valorizzazione del bosco”. Posizione che lo stesso neonato Masaf intende perseguire incentivando l’associazionismo del comparto “che vuol dire legno nelle zone vocate - precisa Stefani - ma anche turismo ed economia di base per i prodotti considerati a torto secondari, quali funghi e tartufi, e anche perché sta crescendo la domanda di filiere medicali per le foreste”. nnn

g CONFAGRI RACCONTA IL PROGETTO C-FARMS A RIMINI

Alla fiera Ecomondo Confagricoltura ha rilanciato i primi risultati del progetto life C-FARMS, giunto a metà del suo percorso sperimentale, per evidenziarne le finalità in linea con gli obiettivi europei di transizione ecologica al 2030. Il progetto, finanziato dalla Commissione europea, vede una compagine ampia di attori che vanno dal mondo della ricerca a quello delle associazioni agricole e forestali, e mira a proporre un set di buone pratiche in grado di ridurre l’impatto delle emissioni di anidride carbonica e gas climalteranti ed al contempo a proporre tecniche, adottabili dalle aziende, per aumentare la resilienza dei sistemi agroforestali. Tra i primi risultati del progetto sta prendendo forma il sistema informativo geospaziale dimostrativo ad alta risoluzione (GIS-FARMs), per identificare il potenziale di mitigazione del settore agricolo; piattaforma che sarà poi di supporto per la definizione di un quadro normativo per la certificazione delle pratiche del Carbon Farming a beneficio delle aziende agricole, zootecniche e dell’arboricoltura da legno e, ovviamente dell’ambiente.

This article is from: